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ICF NEWS LUGLIO 2012 DISPENSA DI AGGIORNAMENTO DELLO STUDIO MASCHERONI


ICF NEWS DISPENSA DI AGGIORNAMENTO DELLO STUDIO MASCHERONI CORSO BUENOS AIRES, 92 20124 MILANO MAIL: ILCONSULENTE@ICFFARMACISTI.IT WWW.ICFFARMACISTI.IT

Avviso In considerazione delle difficoltà di recapito da parte della nostra rivista cartacea nelle Vostre sedi, per un periodo “in via sperimentale” provvediamo a trasmettere un bollettino a mezzo mail, dalla grafica semplice che confidiamo di migliorare nel tempo. Il servizio è riservato agli abbonati. Le consulenze dei non iscritti potranno essere evase solo se ritenute di interesse generale e pubblicate sul sito. Coloro che non desiderassero che la consulenza fosse pubblicata devono farne espressa menzione in domanda. Le richieste di consulenze potranno essere inviate sempre a mezzo mail tramite il sito www.icffarmacisti.it, o a mezzo fax al n° 02729407035 §§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

Diritto

Il passaggio generazionale della farmacia: Le problematiche irrisolte del patto di famiglia. Dr. M.Mascheroni (Studio Mascheroni – Milano) Il farmacista, sia esso titolare di azienda o società e in quest'ultimo caso dovrà avere il controllo della società stessa potrà decidere di assegnare l'azienda o le partecipazioni a uno o più eredi, escludendo gli altri legittimari, tra cui in ogni caso il coniuge. E’ comparso sulla stampa di settore un recente studio di un noto Economista il dr. Giuseppe Rebecca che affronta in modo lineare le problematiche relative a codesto istituto che trova difficolta’ a decollare nel nostro ordinamento. E’ facilmente applicabile il patto di famiglia alla farmacia? Ovvero per attuare il trasferimento generazionale e’ opportuno ricorrere agli strumenti tradizionali della donazione di azienda? Così recita la norma: «È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, a uno o più discendenti». Quindi il disponente può attribuire in vita l'azienda e/o le partecipazioni a uno o più legittimari, ponendo a carico di questi la liquidazione degli altri legittimari, i cosiddetti "legittimari non assegnatari". In pratica, si è consentita per la prima volta una specifica deroga al divieto dei patti successori.

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Chi deve effettuare la liquidazione ai legittimari non assegnatari? Il disponente destina l'azienda a un erede legittimario, la farmacia, quindi al figlio abilitato. ci si chiede: chi dovrà liquidare gli eredi legittimari che non risultano assegnatari dell'azienda? (ovviamente i figli non abilitati alla professione)Coloro i quali sostengono la tesi della possibilità di liquidazione dei legittimari da parte del disponente ricordano la relazione al disegno di legge, che appunto ciò prevede. Il procedimento proposto dal patto di famiglia (i legittimari non assegnatari, se non rinunciano, sono liquidati dei loro diritti) funziona bene solo con liquidazione da parte del beneficiario; (figlio farmacista) l'istituto non potrà mai funzionare, da un punto di vista pratico, con liquidazione da parte del disponente, anche se in realtà così si sta facendo. E ciò non certamente per gli effetti del momento, ma per quanto può accadere all'apertura della successione. L'art. 768-quater, secondo comma, cod. civ. così prescrive, relativamente alla compensazione: «Gli assegnatari dell'azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli artt. 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura». Quindi dapprima si determina il valore dei beni oggetto della liquidazione (azienda e/o partecipazioni), dopodiché si calcolano le correlate quote spettanti ai legittimari per legge e infine si determinano le modalità di liquidazione (denaro e/o natura). La liquidazione è obbligatoria, e non poteva essere diversamente, ma ne è consentita la rinuncia, in tutto o in parte, da parte dei legittimari. La liquidazione ai legittimari non assegnatari spetta agli assegnatari; questo prevede la norma. La dottrina ha criticato questa ipotesi, poiché nella realtà il beneficiario potrebbe non possedere risorse sufficienti per provvedere alla compensazione. L'assegnatario, anche per la prevedibile giovane età, potrebbe infatti avere un patrimonio limitato. In generale, si ritiene però che la compensazione possa essere effettuata anche dal disponente stesso attraverso il cosiddetto "patto verticale", opposto allo schema orizzontale nel quale l'imprenditore titolare della farmacia attribuisce l'azienda o le partecipazioni a un discendente e sarà poi questi a compensare i legittimari. Nel patto verticale l'imprenditore assegna l'azienda o le partecipazioni societarie a un discendente e provvede lui stesso a liquidare gli altri. E questo è proprio il caso, da taluni peraltro ritenuto non corretto, che può dare origine a problematiche di assegnazione agli eredi. Qualora la liquidazione venisse fatta direttamente dal disponente, non necessariamente si dovrà verificare la corrispondenza tra il valore del credito vantato dagli eredi verso l'assegnatario dell'azienda e il valore del bene trasferito dal disponente stesso. Ne consegue che, ove tale valore (relativamente a quanto attribuito ai legittimari non assegnatari) dovesse superare la quota di legittima sull'azienda o sulle partecipazioni societarie, l'eccedenza, almeno secondo taluni, andrebbe trattata come liberalità, soggetta comunque a collazione e all'azione di riduzione, al momento dell'apertura della successione. In caso contrario, ne potrebbe derivare un pregiudizio per l'assegnatario, anche se, invero, qualora quest'ultimo avesse dovuto ritenere lesi i suoi diritti, molto semplicemente avrebbe potuto non partecipare all'atto. Ove invece il valore dovesse essere inferiore rispetto alla quota di legittima sull'azienda o sulle partecipazioni societarie, il partecipante non assegnatario, accettando di ricevere quanto datogli, manifesterà in modo del tutto inequivocabile l'intenzione di rinunciare alla liquidazione della sua quota di legittima, relativamente (e limitatamente) all'oggetto del patto di famiglia. (Rebecca) Il valore da attribuire all'azienda o alle partecipazioni sociali ai fini della liquidazione della quota è liberamente determinabile dalle parti al momento stesso della stipula del patto, ma è consigliabile fare predisporre una perizia da un esperto, meglio se asseverata, da allegare al patto stesso. Quanto abbiano ricevuto i contraenti del patto di famiglia non è soggetto a collazione, né a riduzione, per legge (art. 768-quater, ultimo comma, cod. civ.). Si ha così il definitivo passaggio della proprietà dell'azienda, o delle partecipazioni sociali, in capo all'assegnatario, essendo appunto precluso l'assoggettamento a riduzione e collazione di tale attribuzione.

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Si ritiene che non sia peraltro soggetto a collazione e riduzione nemmeno quanto i legittimali non assegnatari abbiano eventualmente ricevuto ex art. 768- quater, terzo comma, cod. civ, indipendentemente dal fatto che le assegnazioni siano avvenute tramite il patto di famiglia o per mezzo di successivi contratti collegati. Cose complicate e quindi un esempio semplice per comprendere: Farmacista con due figli uno abilitato l’altro no. Trasferisce con un patto la farmacia del valore di 500.000 euro al figlio farmacista , il quale a sua volte liquida il fratello con un immobile del valore di 100.000 euro. Alla morte il padre lascia un patrimonio residuo di 300.000 euro. La domanda : Puo’ il farmacista proporre azione di riduzione per la lesione di legittima non avendo teoricamente percepito nulla in morte e avendo avuto la farmacia attraverso il patto? Al farmacista spetterebbe per legge almeno 1/3 di 300.000 euro cioe’ 100.000 euro? L'opinione di Rebecca e condivisibile e’ quella secondo la quale l'oggetto del patto non possa essere riunito fittiziamente al patrimonio del disponente, in quanto l'art. 536 cod. civ. non può trovare applicazione, vista la natura non liberale del patto. Nel caso più sopra illustrato, l'assegnatario, pur avendo già ottenuto con il patto un beneficio netto pari a 400.000 (500.000 farmacia meno 100.000 al fratello) , , potrebbe quindi agire vittoriosamente in riduzione attraverso la disposizione testamentaria che lo esclude dalla successione del padre. Il patto di famiglia stenta a decollare, tra gli imprenditori e farmacisti un po' per caratteristiche proprie dei farmacisti medesimi un po' per le problematiche che in ogni caso ancora sussistono e un po' anche perché, in definitiva, pare non tutelare sufficientemente i legittimari non assegnatali. Escluso che essi, partecipanti all'atto, rinuncino a quanto loro spettante si possono venire a creare delle situazioni critiche, ai fini della riduzione e/o collazione, quando la liquidazione dei legittimari è fatta direttamente dal disponente. Vale la pena farsi consigliare e valutare comparativamente i vari istituti che assicurano il passaggio generazionale della farmacia. Marino Mascheroni STUDIO DR. M. MASCHERONI Consulenze fiscali e in diritto farmaceutico Contabilità per farmacie, aziende e professionisti Studio in Milano: C.so Buenos Aires, 92 - 20124 Milano Tel. 0229527614 - Fax 0229407035 mail: marino.mascheroni@icffarmacisti.it segreteria mail: loredana@icffarmacisti.it;

il dottor Mascheroni, riceve oltre che in Milano, previo accordi, anche in Bologna, Genova, Verona, Ancona, Alba Adriatica (Te) , Roma, Napoli, Lamezia Terme, Catania, Palermo

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news Studio Mascheroni

Partner in Abruzzo per le farmacie di Marche e Abruzzo Lo studio Mascheroni ha siglato un accordo per la tenuta delle contabilita’ di farmacie di Abruzzo e Marche con lo studio della dr.ssa Livia Mirenda, Commercialista in Alba Adriatica (Te). Vogliamo offrire un servizio di tenuta contabilità e di consulenza professionale per le farmacie della zona che spesso ci hanno interpellato a proposito. Il dr. Mascheroni sara’ presente in studio una volta al mese ovvero per appuntamenti concordati. Lo studio si occupera’: - Tenuta contabilità per farmacie e parafarmacie; - Servizio paghe; - Consulenze nelle materie di elezione di cui lo studio Mascheroni si occupa da oltre 20 anni: Trasferimenti di farmacie; Conferimenti e costituzioni societarie; Passaggi generazionali di farmacie; Sistemazioni tra eredi, Successioni e comunioni ereditarie; Contenzioso tributario; Valutazioni e perizie; Contrattualistica in genere; Consulenze personalizzate per la farmacia. Lo studio applica il Tariffario dell’Ordine Professionale applicando l’onorario minimo. Per informazioni: Studio dr.ssa Mirenda Via Vittorio Veneto, 30 64011 Alba Adriatica (Te) Tel. 0861712854 mail: livia.mirenda@studiomirenda.it;

Studio dr. Mascheroni C.so Buenos Aires, 92 - 20124 Milano Tel.0229527614 Mail: marino.mascheroni@icffarmacisti.it;

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In pubblicazione il testo del Dr. Mascheroni: La titolarita’ della farmacia dopo il decreto liberalizzazioni. Le norme di diritto civile farmaceutico e il coordinamento con gli aspetti tributari e la comunicazione imprenditoriale. UPM - 2012

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News fiscali Videosorveglianza: il consenso del dipendente esclude l'illecito del datore di lavoro In materia di videosorveglianza, la Corte di Cassazione ha chiarito che non può considerarsi perseguibile la scelta del datore di lavoro di installare un impianto di videosorveglianza, in presenza del consenso del/dei lavoratori sorvegliati. Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n. 22611 dell'11 giugno 2012, ha sottolineato che la legittima installazione di videocamere all'interno dell'ambiente di lavoro può essere garantita in presenza di assenso da parte delle rappresentanze sindacali, le quali sono considerate in grado di tutelare gli interessi dei lavoratori. Alla luce di ammissibilità, i giudici sostengono che a maggior ragione la stessa possa trovare fondamento nell'esplicito e documentato assenso del singolo lavoratore, manifestato per iscritto.

Agevolazione 36% e incompletezza dei dati del bonifico: Risoluzione Con Risoluzione 7 giugno 2012, n. 55, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che la detrazione del 36% non può essere riconosciuta in presenza di un bonifico bancario/postale carente dei requisiti richiesti dalla norma, tale da impedire a banche e a Poste Italiane S.P.A., che accreditano il pagamento, di operare la ritenuta del 4%. L'Amministrazione finanziaria ricorda che dal bonifico bancario deve risultare:

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la causale del versamento; il codice fiscale del beneficiario della detrazione;

il numero di partita IVA/codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato.

Sisma Emilia Romagna: in vigore anche la sospensione degli adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria È stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2012, il Decreto Legge n. 74 del 6 giugno 2012 recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012. Tra le misure di maggiore interesse per i datori di lavoro sono previste • la sospensione fino al 30 settembre 2012 dei termini relativi agli adempimenti e versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria; • la corresponsione una indennità fino al 31 dicembre 2012, con relativa contribuzione figurativa, in favore dei lavoratori subordinati del settore privato impossibilitati a prestare attività lavorativa a seguito degli eventi sismici, nei confronti dei quali non trovino applicazione le vigenti disposizioni in materia di interventi a sostegno del reddito; • la corresponsione di un'indennità una tantum in favore dei collaboratori coordinati e continuativi, dei titolari di rapporti agenzia e di rappresentanza commerciale, dei lavoratori autonomi, ivi compresi i titolari di attività di impresa e professionali, che abbiano dovuto sospendere l'attività a causa degli eventi sismici. Il Decreto entra in vigore l'8 giugno 2012.

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Per la detraibilità del fisioterapista (e non solo) non più necessaria la prescrizione medica Con una risoluzione/circolare del 1° giugno scorso, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha ribaltato la posizione assunta in passato, secondo la quale le spese per prestazioni rese dai professionisti sanitari “minori”, elencati nel dm. 29/3/01, richiedevano ai fini della detrazione la prescrizione medica che ne certificasse la necessità. Il cambiamento di indirizzo riguarda esattamente i professionisti elencati nell’art. 3 del dm. quali esercenti “professioni sanitarie riabilitative”, e quindi i seguenti: podologo, fisioterapista, logopedista, ortottista – assistente di oftalmologia, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, tecnico della riabilitazione psichiatrica, terapista occupazionale, educatore professionale. L’Amministrazione finanziaria è stata sollecitata ad esprimersi da alcune associazioni di operatori rientranti nelle dette professioni, e dopo essersi consultata con il Ministero della Salute, è giunta alla conclusione che “l’evoluzione delle professioni sanitarie ha portato ad una progressiva autonomia ed assunzione di responsabilità dirette dei professionisti e che la natura sanitaria di una prestazione non può essere definita sulla base del fatto che la stessa sia erogata a seguito di una prescrizione medica.” Diventa pertanto ora sufficiente, per la detrazione di tali spese, che – anche in assenza di una specifica prescrizione medica - dal documento di certificazione del corrispettivo rilasciato dal professionista sanitario risulti la relativa figura professionale e la descrizione della prestazione sanitaria resa. È una risoluzione naturalmente gradita al contribuente.

Consegna del cedolino paga attraverso un sito internet L'obbligo del datore di lavoro di consegna al lavoratore, all'atto del pagamento della retribuzione, del prospetto paga (artt. 1 e 3 della Legge n. 4/1953) può essere assolto, oltre che mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata, anche tramite la collocazione del cedolino su sito web, all'interno di un'area riservata con accesso consentito al solo dipendente interessato mediante password o codice segreto personale. Il Ministero del Lavoro, in risposta al quesito avanzato dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro, con l'Interpello n. 13 del 30 maggio 2012 stabilisce, infatti, la piena legittimità della consegna del prospetto paga anche mediante posta elettronica non certificata, purché il lavoratore possa entrare nella disponibilità del prospetto e possa materializzarlo. Risulta comunque opportuno che il datore di lavoro adotti le iniziative necessarie a comprovare l'avvenuto adempimento rispetto a ciascun lavoratore.

Pignoramento fallito: il lavoratore ottiene il TFR dal Fondo di garanzia INPS Il lavoratore ha diritto al pagamento del TFR maturato da parte del Fondo patrimoniale di garanzia dell'INPS nel caso in cui abbia avviato la procedura esecutiva di pignoramento, ma la stessa si sia rivelata infruttuosa a seguito della chiusura del fallimento relativo al datore di lavoro per mancanza di attivo. Lo afferma la Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 8529 del 29 maggio 2012, la quale precisa ulteriormente che da un'interpretazione della legge nazionale nel verso indicato dalla Direttiva 1980/987/CE, emerge la possibilità di agire nei confronti del Fondo di garanzia dell'Istituto previdenziale nel caso in cui il datore di lavoro inadempiente non sia assoggettato in concreto al fallimento, ovvero lo stesso sia stato chiuso per mancanza di attivo, ovvero se l'esecuzione forzata si rivela infruttuosa.

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Osservatorio Economico Farmacia (1)

Articolo Territorio sud G. Frigato Cari lettori mi è stata proposta l’opportunità, accolta con grande piacere, di scrivere un articolo fortemente orientato ai farmacisti appartenenti ad aree particolarmente investite da quelle che sono le problematiche di liquidità finanziaria attuali. Ebbene è chiaro il mio riferimento alle regioni del centro-sud Italia. Zone che soffrono in modo estremamente gravoso delle complicazioni inerenti alle difficoltà di reperimento di finanziamenti o dilazioni. Cominciamo con una semplice disamina dello scenario globale, e che a cascata sta investendo: l’Italia, le banche (o le società finanziarie), le aziende (produttori o distributori intermedi) e le farmacie. Elementare dichiarare che l’intero sistema Europeo, avviluppato nelle criticità del debito pubblico, abbia in pratica fatto venir meno quella fiducia e quella disponibilità di credito finanziario. E’ altresì evidente che quando ci riferiamo alla nostra “piccola” (da non intendersi modesta) impresa Farmacia ci accorgiamo come l’anello terminale della catena sia il più penalizzato. Seguitemi. Il denaro, ormai, circola con grande difficoltà, e con altrettanta difficoltà viene erogato dal sistema centrale. Le banche locali, a loro volta, negano in modo netto i soldi, rispetto ai precedenti criteri. Infatti si accede al credito solo con garanzie “da capogiro” (e permettetemi, talvolta, sull’orlo del ridicolo). E qui per alleggerire i toni mi piace far riferimento ad uno dei più famosi sketch di Enrico Brignano che dice alla banca <Ehi se avevo tutti quei soldi non venivo a chiederli alla banca>. Ma ahimè quando si verifica la “tempesta perfetta” per le farmacie del centro-sud Italia ? Quando queste sono investite anche dalle nuove problematiche che affliggono la distribuzione intermedia. E vediamo come. In primis, tutti sappiamo come le farmacie delle regioni del mezzogiorno siano vessate dai ritardi dei rimborsi ASL: mesi e mesi di ritardo su importantissimi volumi di farmaci già dispensati. Le forme per supplire a tali ritardi sono stati per anni, (e quasi possiamo dire da sempre, se ci riferiamo alla nostra memoria professionale) dagli interventi delle società finanziarie del settore e forse ancora maggiormente dalle copiosissime dilazioni dei fornitori intermedi. Possiamo dichiarare senza timore che in parecchi casi la dilazione del grossista e la relativa esposizione erano maggiori del valore finanziato dagli istituti di credito o dalle società finanziarie. Eccoci. Perché dunque parlavo di tempesta perfetta. Perché purtroppo il ritardo delle ASL non è praticamente variato, mentre gli istituti di credito (che come abbiamo già visto in precedenza non erogano finanziamenti) hanno tagliato in modo drastico i fidi, i finanziamenti e le relative esposizioni anche ai grossisti. Penso sia a tutti chiaro che i distributori intermedi lavorano con le banche e con le dilazioni delle industrie. Giusto per leggere un paio di numeri proviamo a pensare ad un distributore che fattura 400

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milioni di euro e ha una dilazione media di pagamento alle farmacie, nella sua area, di 120 giorni. Parliamo in pratica di 120 milioni da incassare e che ovviamente non sono capitali propri ! (magari fosse così !). E cosa è accaduto negli ultimi mesi con questa congiuntura economica sfavorevole ? E’ accaduto che anche i distributori intermedi come tutte le imprese piccole, medie o grandi italiane sono state interessate da un “forzato” rientro di esposizione finanziaria, dettato proprio dalla crisi di reperibilità di liquidità presso gli istituti di credito. L’immediata conseguenza è stato l’ordine di scuderia della quasi totalità dei grossisti di diminuire la propria esposizione sui clienti e immediatamente accorciare le dilazioni di pagamento alle farmacie. Questa purtroppo è stata la cosiddetta tempesta perfetta, e nuovamente purtroppo, particolarmente dirompente per le farmacie del centro-sud Italia. Si, perché se le dilazioni in molti casi potevano riguardare operazioni parallele e inerenti ad investimenti di diverso tipo: acquisto di farmacia, ristrutturazione dei locali, acquisto dell’immobile-negozio, nelle aree del mezzogiorno sono pertinenti, e sovente vitali, alla pura e semplice gestione ordinaria quotidiana: necessito un certo agio solo per mantenere l’equilibrio tra tempi di pagamento e incasso. Oggi tuttavia la farmacia non può demonizzare nessuno degli altri attori del settore: finanziarie specializzate, distributori intermedi, industria. Tutti sono vittime, in modo reale, e quanto le farmacie, del sistema. Le colpe sono da ricercare altrove ! Ma qui mi astengo da ogni considerazione ulteriore per non scivolare in aspetti politici. La mia vuole essere una basica analisi tecnica degli scenari in corso. Mentre è doveroso dichiarare con fermezza quanto la farmacia sia, nella sua veste di ultimo anello della catena di proposizione del farmaco, la più sacrificata e la più inerme dei componenti della filiera. Se, invece parliamo di vulnerabilità qui gli aspetti cambiano. Infatti un intervento di rinforzo su una piccola impresa come una farmacia media potrebbe essere ragionevolmente facile da perseguire. Certo, sacrificare un immobile, parte dei risparmi di una vita o reperire l’ausilio di un socio è un fatto fastidioso e decisamente infelice. Ciò nonostante si tratterebbe di un intervento praticabile e sostenibile. Inoltre lo si potrebbe trattare o considerare come un intervento straordinario ed estemporaneo e per il quale rivedere le posizioni in un futuro più roseo. Completamente differente la posizione del distributore intermedio. Per una società che deve reperire svariati milioni di liquidità gli interventi straordinari sarebbero alquanto ininfluenti. Lo smobilizzo di qualche unità immobiliare sarebbe si utile, ma non determinante. La capitalizzazione e gli accantonamenti di un medio grossista sono indubbiamente importanti per la valutazione dello stato di salute dell’impresa: per l’affidabilità nel far fronte ad interventi sul personale (ad esempio i trattamenti di fine rapporto), ad interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria del magazzino o degli uffici. Ma risulterebbe una goccia nel mare qualora fosse necessario per attingere a tali risorse e convertirle in un acquisto di merci da rivendere poi con dilazioni a 180 o anche 270 giorni. La quantità di denaro da impegnare sarebbe mostruosa per il distributore intermedio. Ecco perché l’imperativo dilagante per i grossisti di un (fortunatamente non immediato) graduale rientro dalle dilazioni di pagamento straordinarie rispetto ai 30 giorni tradizionali. Non è mia intenzione manifestare una resa o una sfiducia di fronte a questo scenario, però ecco il motivo per il quale mi è venuto spontaneo parlare di tempesta perfetta. Chi va per mare e possiede una certa esperienza sa che esistono onde anomale, imprevedibili, oppure mari calmi e cieli sereni che si tramutano repentinamente in burrasche che nessuna carta metereologica aveva previsto. In conclusione soluzioni “geniali” o “universali” non ve ne sono. Ogni decisione è corretta e legittima. Può essere comprensibile lasciarsi prendere da una disaffezione e valutare scelte radicali e estreme, oppure intervenire con azioni straordinarie. Ma l’importante è che ogni scelta venga fatta con la doverosa lucidità e con la piena consapevolezza che tutti, ma davvero tutti, siamo rimasti involontariamente “incastrati” in questa drammatica congiuntura. Colpe dirette non ve ne sono. Gli attori del mercato stanno solamente adottando strategie di ripiego e senza alcuna volontà di sottoporre le farmacia a inutili torti. Non dimentichiamoci che della medesima barca siamo tutti ospiti. E, anche ammettendo la presenza di passeggeri di prima classe e passeggeri di seconda o terza classe, voglio auspicare che l’intento comune sia quello di governare le turbolenze per quanto si tratti di una navigazione a vista. E che giammai si voglia adottare la somma poesia di Giacomo Leopardi nell’estratto <Naufragar m’è dolce in questo mare>. Guido Frigato

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Osservatorio Economico Farmacia (2) Il bilancio di una farmacia rurale sussidiata del Sud Cosi’ altre mille. Pubblicato su “Quelli che la farmacia” Dr. M.Mascheroni Studio Mascheroni Milano Signori del Governo, Signori che credete che la farmacia sia attivita’ da “Creso” Il direttore sanitario lo deve sostenere lo stato se lo si vuole imporre e non solo nelle farmacie rurali sussidiate, oggi espressione che dice poco, in quanto farmacie urbane di piccolo fatturato ce ne sono a bizzeffe. Rimandare di tre anni l’entrata in vigore: attenuare un’agonia null’altro. Nella farmacia e’’ stato capovolto, spiace affermarlo, il concetto di “imprenditore”: da soggetto che rischia capitali propri si è passati alla situazione -inversa- di rischio dei capitali altrui: non se ne puo’ fare a meno: lo stato paga con ritardi inverosimili, la farmacia e’ l’unica attivita’ che si e’ vista di fronte all’aumento dei costi fissi con l’avvento dell’euro, ridurre i margini di guadagno. E tutto poi ridonda sul farmacista: i capitali altrui non sono piu’ a disposizione e gli interessi passivi mangiano i pochi punti di utile netto. “….Tale esperienza negativa ha fatto sorgere la necessità di modificare l’approccio al sistema di crescita delle imprese: l’obiettivo non deve essere quello di accaparrare quanto più possibile dal finanziamento, che deve essere un mezzo, uno strumento, non il fine.” (noto economista di cui evito di citar il nome) Ma come e’ possibile con questi numeri che sono veritieri: Ricavi: Rimanenze Ricavi Vendite Indennita’ di residenza RICAVI Costi Rimanenze Acquisto Merci Dipendente (1) Utenze, manutenzioni e Locazioni Trattenute Asl Interessi Passivi per anticipi Mutue e c.c ordinari Altre spese Interessi passivi fornitori COSTI Utile ante imposte Enpaf Netto Imposte Netto

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45.000,00 442.125,00 5.126,00 492.251,00 41.000,00 341.125,00 36.000,00 12.450,00 7.995,00 18.000,00 3.500,00 4.150,00 464.220,00 28.031,00 4.000,00 24.031,00 5900,00 (irpef) 18131/13 mensilita’ = E. 1394,69


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Il prezzo per ricetto di codesta farmacia e’ di 16 euro, la mutua pari all’80%, il farmacista fa sconti “obbligati” del 15% sull’extrafarmaco. Questa e’ la realta’ non falsata di un farmacista rurale sussidiato che sta meglio di altri : consiglio a questo e a mille farmacisti come lui “ Non puo’ mantenere il dipendente” Nell’industria in senso stretto (esclusa l’edilizia) la retribuzione annua media netta nel 2010 è stata pari a 21.353 euro (20.095 euro gli operai, 24.688 gli impiegati) ma con differenze significative all’interno del comparto. La cenerentola del lavoro resta la donna delle pulizie con 15.877 euro lordi all’anno, seguita a breve distanza dagli insegnanti della scuola privata (17.993 euro all’anno), il cenerentolo il farmacista del piccolo paese. Retribuzioni miserrime se si pensa al mantenimento di una famiglia e di uno stile di vita che appaia decente, ma a loro differenza il farmacista non ha un TFR, non ha ferie retribuite, e andra’ in pensione con meta’ importo delle categorie accennate. E’ vero ci sono farmacisti ricchi, cosi come ci sono baristi ricchi o macellai ricchi, ma e’ la percentuale che conta. E che si fa? Si aumenta il numero delle farmacie, si creano attivita’ parallele: le parafarmacie, si deve scontare tutto. L’amministratore di Credifarma a Cosmofarma afferma : “ Diciamo che è diffusa l’abitudine a sottovalutare i bilanci. Molti di quelli che vedo non convincerebbero una banca a dare un prestito di un solo centesimo. Le responsabilità sono anche di quei commercialisti che per anni hanno tranquillizzato i titolari con false rassicurazioni. E hanno assecondato la loro propensione a indebitare l’impresa nella convinzione che tanto le entrate avrebbero ripianato tutto. Oggi è utile che i titolari vadano dal loro commercialista, lo guardino negli occhi e decidano se non sia il caso di cambiare consulente.” Questa e’ bella: come se le banche abbiano finanziato senza fiatare …. E senza lucrare. Ma questa e’ un’altra storia, ognuno fa il suo lavoro. Che fare in codesti casi: dare fiducia alla propria azienda e disinvestire beni propri ( se si posseggono) o abbassare la saracinesca? Cari signori, i farmacisti hanno bisogno di certezze per l’immediato futuro non se ne vede la fine: dite subito cosa ci si deve aspettare: nuove liberalizzazioni? Potenziamento delle attivita’ concorrenziali? Sconti maggiori a favore del Ssn; Mantenimento della insolvenza delle Regioni? Tutto dipende da queste domande signori e a vostra risposta sapremo consigliare i nostri assistiti. Con stima. M.Mascheroni

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Fisco

ll trattamento fiscale della cessione d'azienda farmacia Dr.ssa Livia Mirenda - Dottore Commercialista in Alba Adriatica Il trasferimento di un’azienda farmacia a titolo oneroso, e' il contratto con il quale l’imprenditore cede un complesso di beni unitariamente considerati e idonei alla continuazione da parte dell’acquirente dell’attivita' di impresa. Di seguito, illustreremo, per linee generali, il trattamento fiscale dell’operazione di cessione di azienda farmacia. LE IMPOSTE INDIRETTE La cessione dietro corrispettivo dell’azienda o di un suo ramo e' un’operazione esclusa dal campo di applicazione dell’Iva, a prescindere dal soggetto che cede l’azienda (imprenditore individuale, societa'). I singoli beni, ad esempio le merci e i macchinari, che sono parte integrante dell’azienda, non sono quindi assoggettati ad Iva al momento della cessione. Al contrario, in base al principio dell’alternativita' di applicazione dell’imposta di registro rispetto all’Iva, che vige nel nostro ordinamento tributario, per il trasferimento dell’azienda o di un ramo di azienda e' dovuta l’imposta di registro.In linea generale, la cessione di azienda o di ramo di azienda sconta l’aliquota del 3%. L’imponibile da assoggettare all’aliquota e' il valore corrente dell’azienda o il valore venale in comune commercio. Tale determinazione deve avvenire con riferimento al valore complessivo dei beni che compongono l’azienda (compreso l’avviamento), al netto delle passivita' risultanti dalle scritture obbligatorie. Oltre all’imposta di registro, e' opportuno ricordare che, qualora nell’azienda ceduta vi siano immobili, sono dovute anche le imposte ipotecaria (2%) e catastale (1%). LE IMPOSTE SUI REDDITI Generalmente, la cessione a titolo oneroso di una farmacia , o di un ramo di essa, genera una plusvalenza tassabile ai fini IRPEF. La plusvalenza da trasferimento di azienda , pur rientrando nella categoria dei redditi d’impresa, non e' invece soggetta ad IRAP. La tassazione e' diversa e dipende, principalmente, da due elementi: 1. dalla data dalla quale l’azienda e' stata posseduta, vale a dire dal giorno in cui l’azienda e' stata acquistata o dal momento della sua costituzione; 2. dalla qualifica del cedente. Sono previsti tre differenti regimi di tassazione.

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1. Il regime normale di tassazione, in base al quale la plusvalenza concorre per intero alla formazione del reddito complessivo d’impresa come componente positiva di reddito nell’esercizio in cui e' stata realizzata 2. Il regime normale-differito, secondo il quale la plusvalenza da cessione concorre, come per il regime precedente, alla determinazione del reddito dell’ esercizio in cui e' stata realizzata ma, a differenza del regime normale puro, l’imprenditore puo' scegliere una modalita' di tassazione piu' vantaggiosa attraverso la ripartizione della plusvalenza in rate costanti (non superiori a cinque). La scelta di tale regime, da fare nella dichiarazione dei redditi relativa all’esercizio in cui la plusvalenza e' stata realizzata, va esercitata attraverso la compilazione dell’apposito prospetto e vale anche per gli esercizi successivi nei quali si intende frazionarla. Se l’imprenditore cedente, durante il periodo di ripartizione della plusvalenza, cessa di svolgere attivita' di impresa, tutte le quote residue vanno tassate nell’esercizio di cessazione dell’attivita'. 3. Il regime di tassazione separata, previsto, esclusivamente e facoltativamente, per l’imprenditore individuale. L’imposta si calcola applicando alla base imponibile, costituita dalla plusvalenza realizzata, un’aliquota media determinata relativamente al biennio antecedente a quello di realizzo. Nell’esercizio in cui si e' realizzato tale componente straordinario di reddito, occorre comunque versare un acconto pari al 20% dell’ammontare imponibile. Secondo tale regime, l’imposta non e' calcolata direttamente dal contribuente in autotassazione ma liquidata dall’Agenzia delle Entrate che comunica al contribuente il versamento da effettuare Livia Mirenda

Studio dr.ssa Mirenda Via Vittorio Veneto, 30 64011 Alba Adriatica (Te) Tel. 0861712854 mail: livia.mirenda@studiomirenda.it;

Studio dr. Mascheroni C.so Buenos Aires, 92 - 20124 Milano Tel.0229527614 Mail: marino.mascheroni@icffarmacisti.it;

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Le consulenze ai nostri lettori

Più di 800 consulenze evase nell’ultimo biennio

Vorrei trasformare la mia farmacia in societa’ con mio figlio farmacista: come devo operare? E’ una pratica complessa. Quali compensi devo attribuire a mio figlio? L’operazione a cui Ella fa cenno consiste nel conferimento della farmacia esercitata in ditta individuale in società. E’ un’operazione estremamente articolata sia dal versante fiscale che da quello giuridico, in quanto la disciplina codicistica sulle societa’ personali lascia ampio spazio alla autonomia contrattuale dei soci. Sarebbe quindi opportuno scendere nel campo concreto del caso di specie per valutare cosa si vuole realizzare e che nuovo assetto si vuol dare alla conferita ria società. In via generale, il conferimento realizza una trasformazione della ditta individuale, come dicevamo in Società: l’operazione richiede un atto complesso che non comporta tassazione alcuna. Il tutto e’ disciplinato dall’articolo 176 TUIR. I n codesta operazione il farmacista titolare apporta la farmacia quale complesso di diritto di esercizio e connessa azienda, l’altro socio o un credito (per esempio nel caso di impresa familiare) o del capitale. Sulla base dei valori attribuiti all’azienda- farmacia e sulla base del valore del conferimento dell’altro socio si realizza la determinazione delle rispettive quote di proprieta’ nella nascente società. Ribadisco che codesta operazione iniziale e’ fiscalmente neutrale. Solo le cessioni di quote successive da uno all’altro socio sono tassate in base al regime del capital gain. Al socio, per rispondere all’ultima richiesta spettano gli utili in base alla percentuale di quote derivante dal conferimento o dalle successive cessione con piena facolta’ dei soci di stabilire diversamente. (p. es attributi 60/40 – utili divisi 50/50) Va posta estrema attenzione al tipo di società alla quale si vuole ricorrere S.n.c o S.a.s e ai patti che disciplinano i rapporti sociali. (dr. M.Mascheroni)

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Farmacista direttore tecnico della farmacia ereditata dal padre e fratello non farmacista, anch’egli partecipe alla gestione ereditaria. Come risolvere il rapporto tra loro? Il decesso di un farmacista titolare individuale della farmacia comporta l’insorgere di diritto di una società di fatto incidentale tra i suoi eredi, che potranno gestire la farmacia in via provvisoria ereditaria per il tempo previsto dalla legge, entro il quale dovranno cedere l’esercizio farmaceutico ad un farmacista in possesso dei prescritti requisiti professionali soggettivi. Quanto alla durata della gestione, ove il decesso sia avvenuto prima del 7 agosto 2006 (data di entrata in vigore del decreto Bersani), i termini erano fissati in tre anni, o in dieci anni se uno degli eredi in linea retta o il coniuge risultasse iscritto alla facoltà di farmacia al momento della morte o entro l’anno successivo, ovvero, se più lungo, fino al compimento del trentesimo anno di età del più giovane degli eredi. Invece, nell’ipotesi in cui il decesso sia avvenuto dopo il 6 agosto 2006 (e naturalmente anche prima del 25 marzo 2012, data di entrata in vigore della legge di conversione del dl. liberalizzazioni), il termine di gestione provvisoria è di due anni, mentre gli eredi del titolare deceduto dal 25 marzo in poi potranno gestire in via provvisoria l’esercizio fino al compimento del sesto mese dalla data di presentazione della dichiarazione di successione, che verosimilmente gli eredi avranno cura di produrre alla competente Agenzia delle Entrate in prossimità della scadenza del termine legale di un anno sempre dal decesso (quindi complessivamente, nel concreto, la gestione provvisoria può durare in questi casi circa 18 mesi). E’ opportuno quindi conoscere come si colloca l’evento morte del titolare della farmacia individuale cui Lei si riferisce, perché le soluzioni (civilistiche e fiscali) per il trasferimento della titolarità della farmacia in capo alla sorella farmacista sono molteplici, tenendo tuttavia sempre conto anche della durata legale della gestione provvisoria. Escludendo, infatti, ipotesi di liberalità tra fratelli (sempre molto delicate), se la società di fatto incidentale (o della snc, o della sas eventualmente nel frattempo tra loro regolarizzata) è insorta da meno di cinque anni, si potrebbe pensare allo scioglimento della società stessa con contestuale assegnazione della farmacia, in neutralità fiscale, a favore della sorella in possesso dei requisiti prescritti, salvi eventuali altri accordi trafratelli. Ma, in ogni caso, se il decesso è avvenuto anteriormente al I luglio 2011, sembra più corretto ipotizzare una cessione onerosa della quota della società di fatto (del fratello non farmacista a favore della sorella farmacista), prevedendo un corrispettivo di cessione da determinare d’intesa tra le parti e da liquidare in conformità agli accordi. La vicenda prospettata, in definitiva, va risolta tenendo conto dei vari fattori cui si è fatto cenno. (avv. S. Lucidi)

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Ho versato per anni contributi inps come dipendente ora sto valutando di acquistare una farmacia. Posso continuare a versare all’Inps per avere una pensione decorosa o sono costretta a versare solo l’Enpaf? La titolarita’ della farmacia impone che ella versi i contributi enpaf in misura non ridotta. E’ possibile per ella: Contribuire volontariamente: I versamenti volontari possono essere effettuati dai lavoratori, che hanno cessato o interrotto l’attività lavorativa, per: perfezionare i requisiti di assicurazione e di contribuzione necessari per raggiungere il diritto ad una prestazione pensionistica; incrementare l’importo del trattamento pensionistico a cui si avrebbe diritto, se sono già stati perfezionati i requisiti contributivi richiesti. Il rilascio dell’autorizzazione ai versamenti volontari è subordinato alla cessazione ovvero all’interruzione del rapporto di lavoro che ha dato origine all’obbligo assicurativo. Ovvero: Acquisire la sede con una societa’ in accomandita semplice e rimanere al contempo socio accomandante e dipendente della farmacia, ma in codesto caso sono necessarie della valutazioni di certa consistenza. (dr. M.Mascheroni)

Mio padre e’ titolare di una farmacia rurale sussidiata io lavoro in impresa familiare e sono farmacista. Potremmo fare societa’ e partecipare al concorso in forma associata e mantenere le due farmacie quella vecchia e quella eventualmente vinta? Gentile dottore, il suo caso e’ bloccato su tutti i fronti. A) suo padre potrebbe partecipare al concorso ma non in forma associata (a meno che muti la norma dello sbarramento dei 40 anni), ben tuttavia vincendo la sede a concorso si troverebbe incompatibile ex articolo 7 Legge 362/1991 in quanto titolare unico della farmacia della quale e’ già titolare e socio di quella vinta; B) Il conferire la farmacia in societa’ con ella, impedirebbe la partecipazione al concorso in quanto si realizzerebbe una cessione di titolarita’ della farmacia che e’ assimilata alla vendita e quindi vi sarebbe uno scontro con il mancato decorso del termine decennale di cui all’articolo 12 Legge 475/1968 C) Comunque la giri la vecchia sede e’ destinata ad essere abbandonata. Non le nego che al di la’ del concorso essendo ella in impresa familiare e vantando diritti di credito ex articolo 230 bis c.c. che verosimilmente potrebbero diminuire sarebbe opportuna una trasformazione della attuale ditta individuale in societa’ a sua tutela. Il tutto pero’ dipende dai numeri e dai valori, per cui e’ necessaria un’interlocuzione non a distanza. (dr.M.Mascheorni )

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Gentile dottor Mascheroni in merito al concorso straordinario per l'assegnazione di sedi farmaceutiche, avrei gentilmente necessità di un chiarimento: il proprietario di quote di farmacia rurale sussidiata dovrebbe cederle nel caso in cui vincesse una sede? La ringrazio per l'attenzione e La saluto cordialmente. Il diritto farmaceutico prevede all’ articolo 7 Legge 362/1991 l’incompatibilità tra l’essere socio di una società (quella attuale) e la titolarità unica (quella che eventualmente mi auguro vincerà), per cui la risposta e’ affermativa. ( a meno che partecipi al concorso in forma associata. Cari saluti. (Dr.M.Mascheroni)

Possiedo un residence in multiproprietà in montagna e vorrei sapere a chi spetta pagare l’Imu; fino all’anno scorso, per l’Ici, ci pensava l’amministratore, che poi riaddebitava proquota a ciascun condomino; stessa cosa sarà per l’Imu? Perplessità fino all’ultimo sull’Imu, ma qui il dubbio è legittimo, ed è opportuno affrontarlo subito perché la scadenza del termine per il pagamento di quest’imposta è ormai ravvicinatissima. Come Lei ricorda, però, per la soppressa Ici l’art. 19 della legge 388/2000 prevedeva - per gli immobili sui quali sono costituiti diritti di godimento a tempo parziale (come nel caso appunto di multiproprietà) - che il versamento fosse effettuato dall’amministratore del condominio, utilizzando le disponibilità finanziarie di quest’ultimo e provvedendo, poi, a riaddebitare nel rendiconto annuale l’importo versato a ciascun singolo titolare del diritto in ragione della propria quota di possesso. Ora, questa disposizione, non essendo tra quelle richiamate dalla normativa che ha introdotto l’Imu, dovrebbe probabilmente ritenersi ad essa inapplicabile, anche se sulla questione tace persino la recentissima circolare n. 3/DF del 18 maggio 2012, che pure costituisce il primo documento di prassi contenente l’interpretazione sistematica della nuova imposta. Se ne deve concludere pertanto che, almeno allo stato, per la multiproprietà valga la regola generale per la quale ogni condomino è responsabile per il pagamento della propria quota (art. 9, comma 2, D.Lgs. 23/2011: “l’imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota e ai mesi dell’anno nei quali si protratto il possesso”). È evidente peraltro che le stesse esigenze di praticità, che ispirarono allora quella specifica disposizione in materia di Ici, non possono non valere anche per l’Imu: si tratta, cioè, di una chiara lacuna legislativa (tra le tante “patite” dalla nuova imposta, nata frettolosamente dalle ceneri dell’Ici, con un “taglia e cuci” di disposizioni di varie fonti…) cui però, prima o poi, dovrà essere posto rimedio. Nel frattempo, prudenzialmente, ed in attesa di delucidazioni, ogni condomino, come si diceva, dovrebbe versare “il suo”. (F. Marinelli - Sediva)

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La consulenza del mese

Un problema complicato Ho deciso di donare la farmacia a mio figlio farmacista, ho un secondo figlio non farmacista: il Notaio mi ha suggerito di fare una donazione con dispensa ma non ne ho capito assolutamente il meccanismo. Dr. M.Mascheroni La problematica e’ complessa soprattutto da comprendere nei termini giuridici: e’ inevitabile fare ricorso alla menzione di norme civilistiche. Occorre in primis distinguere tra dispensa dalla collazione (art. 737 c.c.) e dispensa dall’imputazione ex se. (art.564 3^ co). In ambito giuridico la collazione, disciplinata dagli artt. 737 e ss. del Codice Civile, è l'obbligo imposto a taluni soggetti (figli legittimi e naturali e loro discendenti legittimi e naturali nonché il coniuge) che accettino l'eredità, di conferire alla massa che compone il patrimonio del defunto, quanto dal medesimo ricevuto in vita per donazione diretta o indiretta, salvo che il testatore non li abbia da ciò dispensati. Presupposto perché operi l'obbligo della collazione è che il donatario accetti l'eredità. Semplifico il concetto: la collazione è un'operazione algebrica che può essere riassunta con questa formula: Asse ereditario = Valore dei beni intestati al defunto, al momento della morte + valore (si considera il valore di mercato, al momento della morte del "de cuius") dei beni donati in vita - debiti relativi all'asse ereditario. L'art. 737 cod. civ. prevede al II comma la possibilità che il disponente dispensi taluno dei coeredi dalla collazione, vale a dire dall'operazione consistente nel conferimento di quanto ricevuto a titolo di liberalità donativa in un'unica massa ai fini della distribuzione dell'attivo tra i coeredi stessi. La dispensa dalla collazione è, più precisamente, il negozio giuridico unilaterale per il cui tramite il disponente esonera il donatario dall'obbligo di conferire ai coeredi ciò che ha ricevuto dal defunto per donazione.

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Ai sensi del predetto II comma dell'art. 737 cod. civ. una siffatta dispensa non produce effetto, se non nei limiti della quota disponibile. Esempio per meglio comprendere: Padre farmacista con due figli: Tizio e Caio che succedono ai sensi del 566 c.c in via paritetica (1/2 e ½ del patrimonio). Tizio farmacista ha ricevuto in vita in donazione dal Padre la farmacia per un valore alla data della apertura della successione di €.600.000,00 con dispensa dalla collazione. Il relictum cioe’ il patrimonio che residua al momento della morte e cade in successione (immobili, denaro ecc) e’ pari ad €. 1.000.000,00 . Cosa succede alla morte del padre? a) Innanzitutto la dispensa avrà quale conseguenza quella di evitare che il farmacista non possa ritenere la farmacia donata che dovrà essere computata nel valore in conto legittima; b) Al fratello spetterà il relictum di valore pari alla porzione di legittima. Meglio continuare coi numeri: Il relictum sara’ pari ad 1.000.000,00 oltre il valore del donatum (farmacia 600.000) cioe’ 1.600.000,00: la porzione di legittima spettante a ciascun figlio e di 1/3 ciascuno cioe’ 1/3 di 1600.000,00 cioe’ a dire 533.000 euro. (1/3 e’ nelle disponibilita’ del de cuis da lasciarsi anche a terzi o in maggiorazione ad un figlio) Indi Tizio farmacista avrà diritto di trattenere la farmacia (533.000), la legittima su 1.600.000 essendo solo i due figli eredi e’ pari al 50% cioe’ 800.000,00. Ora 800.000,00 – 533.000 (valore farmacia) = 267.000,00 che spetteranno a Tizio mentre a Caio spetteranno i 733.000 residuali. Se il calcolo e’ complicato lo e’ piu’ ancora se si optasse per la dispensa dall’imputazione ex se in quanto il valore della farmacia donata sarebbe da imputare alla quota disponibile (1/3)e soltanto per l’esubero alla porzione di legittima. Ora la disponibile sarebbe 1/3 di 1600.000 cioe’ a dire 533.000,00, ai figli spetterebbero 500.000 cadauno, la donazione supera di 67.000 la quota di disponibile (600-533), indi al farmacista spetterebbe sul relictum (500.000 – 67.000) = 433.000 e all’altro figlio la parte residuale (1.000.000 – 433.000) cioe’ 567.000.00 euro. Forse le ho maggiormente confuso le idee ma e’ meglio che si faccia dei conti con valori reali, sempre tenendo presente che la dispensa opera tenendo conto del valore della farmacia al momento non della donazione bensi’ dell’apertura della successione rappresentando cio’ un ostacolo ad una rappresentazione concreta della valutazione. Dr. M.Mascheroni

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