Survivart- Rubrica n°2- Suyatoslav Ryabkin

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© SurVivArt -Rubrica- Art Magazine Online N.1

ART...

After All Rubrica SurVivArt Magazine N°2

Svyatoslav Ryabkin

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Rubrica estratta da © SurVivArt Magazine I Edizione 2020

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Presentazione

Project

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SOPRAVVIVERE Vivere - Arte di Stefano Zanus Nasce il Progetto SurVivArt ! L’arte di chi la fa, di chi la usa, ne parla o solo la guarda. L’arte che è il tubo catodico della nostra fantasia. L’anno duemilaventi iniziato come molti, con progetti in programma a medio e lungo termine dopo pochi mesi prende in contropiede il Mondo! Molti stati chiudono le frontiere, come gli Stati Uniti e l’Inghilterra, ma anche nei paesi europei dell’area Schengen (Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Italia, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia e Svizzera) non si circola più liberamente. questa è una delle tante limitazioni che d’ora in poi verranno prese anche da altre Nazioni ed in modo sempre più restrittivo senza essere certi di quando finirà. Ma quello che nessuno potrà fare è limitare i confini dell’arte. Quotidianamente questi confini sono travalicati dagli artisti che con i prodotti del loro intelletto riescono a profondere la voglia di sopravvivere. Con il “progetto internazionale d’arte survivart” si vuole raccogliere questa grande sinergia in un’unica testimonianza e renderla pubblica! Tutta la storia dell’umanità è stata soggetta a grandi mutamenti dopo eventi che hanno cambiato le abitudini della gente e questo progetto vuole in primo luogo documentare come gli artisti hanno reagito dopo l’evento pandemico del 2020 ed in pratica scrivere quella che sarà la Nuova Storia dell’arte visiva contemporanea. Per fare questo, chiamiamo gli stessi artisti che forniranno la loro testimonianza con le loro opere che per questo motivo, non dovranno essere antecedenti all’anno 2020 o almeno rielaborati da questa data. Il primo strumento del progetto è questo Catalogo, che ha una data di inizio ma non una di chiusura, in quanto man mano che gli Artisti aderiscono verranno di volta in volta inseriti. Un Catalogo diverso, perché non ci saranno artisti storici del passato, ma tutti quelli che stanno lavorando per il futuro!

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Stefano Zanus “Responsabile del Progetto”

Stefano Zanus è un'artista poliedrico, la sua cultura multidirezionale lo ha portato a sviluppare molteplici tecniche artistiche: pittore, grafico, fotografo, scultore, creatore di installazioni, performer, giornalista, animatore di attività artistiche. Un’esperienza tecnico-umanistica lunga quasi cinquant’anni, tutta all’insegna della curiosità, della sperimentazione, della ricerca di nuovi modi e tecniche per esprimere il contemporaneo. Veneziano, diplomato in maturità tecnica, dipinge da autodidatta e si avvicina alla fotografia come “paparazzo”. Nel 1968 la sua prima mostra personale. Nel 1973 va ad apprendere le tecniche incisorie alla Scuola Internazionale della Grafica. Nel 1999 iniziano le sue sperimentazioni di “Dripping Light Art”, dove il supporto fotografico è usato come tavolozza. Tra i tanti eventi che l’hanno visto protagonista, da segnalare la partecipazione a due mostre collaterali della 51° e 53° Biennale di Venezia: “kamikazeartwork n.1” e “krossing”.

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SURVIVART di Gianpietro Cudin Il mondo dell'arte va verso un concetto che si scosta dalla realtà, in un mondo di significati che possiamo dire " una continua ricerca del senso della vita", superando la regola di libertà limitata, perché l'arte può esprimersi in qualsiasi forma. Una realtà idealizzata è spesso manipolata, tutto secondo una proiezione che l'artista ha del suo fare, del suo bisogno di esprimersi, accostando materiali in un pensiero evocativo della capacità creativa. Il desiderio di una ricerca poetica originale, elabora una visione delle cose, degli oggetti, della materia, evocando spesso il proprio pensiero interiorizzato nel vissuto. Proporre un lavoro non può essere un fatto isolato o temporaneo, ma il piacere di rompere l'aspetto cinico e indifferente con cui un'opera viene vista perché non conosciuta. Nell' irrefrenabile voglia di esprimersi dell'artista, non va dimenticata la sua forza interiore che ha oggi nel creare una forma e domani un'altra. E' la leva che lo spinge continuamente nell'andare avanti nell' affermazione della propria personalità, dello stile, di una armonia tra il pensiero interiore, il proprio lavoro e la vita!

Survivart

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Gianpietro Cudin “Artista e Pensatore”

Nella sua carriera artistica in continuo divenire, ha partecipato alla Biennale Internazionale della Piccola Scultura di Padova e alla Biennale della Scultura d’Arte Dantesca (Ravenna). La curiosità che accompagna il suo animo gentile lo porta ad esporsi a sempre nuove sfide che lo vedono via a Nanao in Giappone per una realizzazione di un tabernacolo ed esposizione di Grafica e Scultura (1982), a Montrèal in Canada per presentare «Immagini» una cartella di grafica dedicata a Carolyn Carson (1983) a Santa Monica - California USA (1997), a Parigi (1998), in Russia, a Mosca per la realizzazione di più opere scultoree: Macchiavelli, Padre Alexander Men, Raoul Wallenberg per i Giardini della Biblioteca M. Rudomino (1996), a Venezia per una «performance» durante la 48° Biennale d’Arte Contemporanea (1999). Ha realizzato il design del soffitto della chiesa di S. Bellino a Padova e una serie di sculture monumentali che sono state collocate in vari punti della città di Padova e di fronte al Castello Carrarese. Dopo aver Realizzato il busto del «Giusto» G. Perlasca presso l’Istituto di Cultura Italiana a Budapest, copia dello stesso busto è stata collocata a Toronto – Canada, nei giardini della sede associativa degli Italiani-Veneti. Nel 2013 ha realizzato un intervento a Forte Marghera con il gruppo Materia Prima e partecipato all’evento collaterale alla Biennale di Venezia presso il Padiglione Tibet sede a Santa Marta.

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KRONOS E KAIROS di Patrizia Fiasconaro La consapevolezza di scrivere una nuova pagina della Storia, di vivere un momento epocale di passaggio si è fatta strada nel 2020, proprio quando la natura si trovava nella fase di transizione dall’inverno alla primavera. Fu quella volta in cui l’umanità, la nostra umanità, in tutto simile a un formicaio caotico e sfuocato, si trovò improvvisamente costretta a inchiodare, a spingere con forza sul pedale del freno. Con l’auto bloccata in mezzo alla strada, di fronte ad una voragine appena spalancata, il cuore in gola, la testa che girava per la paura e l’ebrezza dello scampato pericolo, ha cominciato a sperimentare qualcosa che -più di un contraccolpo- aveva il sapore del contrappasso: l’essenziale, finalmente smascherato, stava trasformando gli impazienti in pazienti, gli invisibili in visibili, la forza in fragilità, il necessario in superfluo, la vicinanza in distanza e, inesorabilmente, poneva in stand-by assieme alle feste, ogni rituale associativo e lavorativo. Dismesse le maschere del carnevale e della vita, se ne dovettero indossare altre, asettiche, senza sorriso e senza pianto: i nuovi volti di un mondo messo in fila, ingabbiato in un gigantesco, mostruoso condominio, da cui non si poteva uscire. La gente, affacciata ed esposta al davanzale di miliardi di quotidiane finestre, mentre imparava a guardarsi a quadratini, cercò di trasformare in normalità quello che normale non era: ripulì casa, si dilettò a cucinare, sostenne un esercito silenzioso di nuovi eroi, cantò sul balcone, allenò il corpo tondo e goffo sulla piastrella della cucina, si sentì cullata da pubblicità create per sostenere fragili emozioni di un’umanità sospesa. Obbligata a vivere in isolamento, privata di ogni contatto, la società fu costretta a sperimentare alla rovescia la sindrome di Asperger e, nella difficoltà di non riconoscersi, di non rincontrarsi e di non capire più nulla, entrò in panico. Il grandioso reticolo in cui tutto sarebbe dovuto apparire sotto controllo -dalle scadenze alla razionalizzazione delle paure- mostrò le sue crepe: cercare la quadratura del cerchio tramite infiniti numeri di statistiche e percentuali, coniare slogan per tenere insieme nostalgie e speranze, assenze e presenze, solitudini e convivenze obbligate, libertà

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e prigioni, ebbe il sapore di un placebo utile per esorcizzare paure e scoramenti, ma non servì a ripartire: la consapevolezza che quell’evento inatteso, arrivato da Oriente, avrebbe avuto una portata rivoluzionaria esibiva drasticamente il biglietto di sola andata: la vita non sarebbe più stata quella di prima. Per sopravvivere bisognava cambiare ottica, partire dall’etimo della parola crisi, momento in cui Ippocrate, di fronte al malato, respirando l’olezzo di piaghe in putrefazione, cercava di leggere -tra le pieghe della sofferenza- i segni di speranza e di vita. Crisi in medicina era la sottile lama del rasoio che separava morte e vita, dando a ciascuna la medesima possibilità. Ecco, per non avere solo paura del futuro si doveva ripartire proprio da questa duplicità semantica, smarrita nella polvere dei secoli. Crisi era anche sfida. La prima sfida riguardò la percezione del tempo: l’obbligo di stare a casa trasformò Kronos - terribile divoratore di figli- in Kairos, dono. Il tempo si dilatò, divenendo preziosa sacca di riflessione, inatteso spazio di ripensamento. Qui, prima della politica e dell’economia, ritrovò vigore l’arte: riflettendo, raccontando, interpretando nell’immobile attesa, cominciò a rielaborare il lutto; poi, intuendo, pre-sentendo e progettando si fece carico di una nuova responsabilità: traghettare il fragile malato verso la resilienza. Lo fece con l’incisività delle pennellate e il vigore della materia plasmata, con la luce della fotografia e con l’occhio della telecamera, con la pregnanza dei versi e la forza delle lettere. L’arte trasformò la disabilità collettiva in nuova abilità, parlò di nuove opportunità, usò tocchi di originalità per rompere lo spirito gregario ed evitare la sparizione, lo smarrimento totale. Lo fece lacerando griglie, superando confini reali e virtuali; cercò di risocializzare monadi alienate e sempre connesse con nuove domande e nuove risposte, creando esili ponti per andare oltre la voragine abissale. Se ci riuscì nel suo intento globale lo racconterà un’altra storia, intanto a ciascuno di noi sia dato di cogliere e vivere questa sfida. Buon passaggio a tutti!


Patrizia Fiasconaro “Mediatrice tra artista e pubblico”

Patrizia Fiasconaro ha studiato a Venezia presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, laureandosi con il massimo dei voti nel 1991 discutendo una tesi pioneristica sul ruolo della donna in Platone e nelle società antiche, da cui è poi nato un manuale per le scuole superiori e l’Università (edito da Paravia). Vive a Mira e occupa una cattedra a tempo indeterminato di storia e filosofia presso il liceo Majorana-Corner di Mirano. Per anni ha tenuto corsi di filosofia presso le Università Popolari di Borbiago e di Dolo, in provincia di Venezia. Approdata al mondo dell’arte grazie alla curiosità e all’urgenza, tutta filosofica, di capire il perché di un’espressione piuttosto che il come, non si è mai riconosciuta nel titolo di Critico d’arte, preferendo per sé quello di Mediatrice tra Artista e Pubblico. Senza mai venir meno a questa vocazione, da quasi trent’anni realizza e presenta mostre d’arte, convegni, lezioni-conferenza ed eventi culturali per conto di Associazioni, di Amministrazioni Comunali e di scuole superiori dell’intero territorio italiano. In varie occasioni è stata chiamata a far parte o a presiedere giurie di Concorsi poetici e artistici. Socia onoraria del Gruppo Forma & Colore dal 1997 al 2016, vi ha ininterrottamente coperto la carica di vicepresidente dal 2004 al 2016. Molti dei suoi interventi sono contenuti in opere di natura filosofica, poetica, letteraria e in cataloghi d’arte.

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IL PERIODO BUIO di Siro Perin Questo è stato un lungo periodo di buio per la cultura: musei chiusi, o con limitati accessi, biblioteche semi-aperte, concerti annullati, teatri chiusi, manifestazioni di vario genere (come ad esempio mostre, fiere, festival, ecc.) posticipate al prossimo. Sembrava che l'arte e la cultura fossero state sospese se non addirittura imprigionate in una sorta di limbo. Insomma durante questa quarantena forzata provocata dall'emergenza Covid 19, le potenzialità del nostro patrimonio culturale passato e presente si sono spente. Ma l'arte, tra gli innumerevoli compiti che manifesta, ha anche quello di interrogare l'uomo, di porgli delle domande sul suo io, su ciò che lo circonda e soprattutto su ciò che gli accade, tentando di favorire riflessioni e, conseguentemente, possibili vie d'uscita. E sempre nel caso di eventi negativi globali quali conflitti e catastrofi e pestilenze, la cultura e l'arte, con il loro agire, si sono mosse nel tentativo di raccontare i fatti (si pensi agli artisti di guerra) consegnandoli ai posteri come simboli eternizzati e moniti. E per avere la conferma di quanto scritto poc'anzi, basta, per esempio, leggere i testi dei letterati, come Giovanni Boccaccio, Alessandro Manzoni e, per rimanere vicino a noi, Albert Camus, e osservare le opere di artisti, quali Mattia Preti, Pieter Bruegel Il Vecchio e Giovanbattista Tiepolo, in cui è stata trattata la tragica tematica del flagello della peste. Oggi, nel ventunesimo secolo, non è più la peste, magari di manzoniana memoria, a colpire l'uomo e la società, bensì la nuova pandemia che abbiamo dovuto affrontare e che risveglia le coscienze degli artisti. L'opinione pubblica e gli intellettuali, ieri come allora, sono dunque chiamati ancora una volta, forse meglio dei politici e degli strilloni di professione, a dare il proprio contributo sul piano morale, sociale e culturale. Chiaramente i mezzi espressivi non sono più quelli di una volta, spesso vicini a una rappresentazione realistica e

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ammantati di richiami religiosi o sacri, ma sono impostati su modalità creative contemporanee molto variegate, tanto che si avvalgono spesso della tecnologia multimediale e dell'informatica. Infatti in questo periodo di lock-down gli artisti hanno continuato, seppur in sordina, a creare, a porsi domande e dunque a riflettere su ciò che accadeva nel mondo, talvolta creando opere dal forte contenuto riflessivo oppure rappresentando semplici rimandi alla natura capaci di elargire momenti di serenità. In questo frangente temporale apocalittico, ci sono state persone che hanno continuato a lavorare per tenere sempre vivo l'aspetto sensibile dello spirito umano, agendo talvolta come visionari Don Chisciotte. Gli artisti hanno cercato di far emergere le inquietudini, lo sconforto le angosce i dolori ma anche la voglia di farcela della società odierna costretta a fermare il suo ritmo frenetico per bloccarsi repentinamente come se fosse piombata dentro un coprifuoco da tempi di guerra. Questo catalogo, impostato secondo la modalità multimediale dei nostri giorni, in modo da essere ancora maggiormente divulgativo, si inserisce in quella scia di manifestazioni per la ripartenza, proponendosi due compiti fondamentali: essere uno strumento per la memoria di ciò che è successo in questi primi mesi del 2020 e trasmettere la voglia di futuro e di rinascita dell'uomo. Ciò comporta un'ulteriore assunzione di responsabilità morale per gli artisti presenti all'interno della raccolta: dovranno impegnarsi veramente, sfruttare al meglio la loro creatività, interrogando se stessi e il mondo con onestà intellettuale in modo da evadere dal banale, da inutili manierismi e ripetitività. Solo così facendo essi potranno essere utili per le generazioni future.


Siro Perin “Storico e Critico d'Arte”

Laureato in Storia dell'Arte Bizantina con una testi sulla "Scultura Esterna Erratica Bizantina a Venezia", dal 2001 insegna materie umanistiche presso Istituti di Scuola Secondaria di primo e secondo grado. Dal 2004 e' il critico ufficiale del movimento d'arte “Materia Prima”. Ha organizzato svariati eventi artistici presso svariati centri d'arte e gallerie, tra cui si ricordano: Business Center dell'aeroporto Marco Polo di Venezia; Galleria Contemporaneo a Mestre con patrocinio della Fondazione Bevilacqua La Masa, Peggy Guggenhein Collection e Centro Culturale Candiani; Palazzo Grassi di Chioggia come evento collaterale all'interno della 51° Biennale d'Arte di Venezia; Forte Marghera (Venezia) come evento collaterale all'interno della 53° Biennale d'Arte di Venezia; “Accademia di Sant'Agostino”, Roma; Galleria “Il Canovaccio”, Roma; Galleria “Gadarte”, Firenze; IV edizione di "Vagiti Ultimi" Atri, Te. Ha presentato mostre collettive e personali di artisti contemporanei come: L. Alinari, F. Angeli, U. Attardi, E. Baj, E. Bajoni, G. Barbisan, V. Basaglia, A. Bomalumi, F. Borghese, R. Borsato, G. Cadorin, S. Campesan, M. Campigli, G. Cardellini, F. Carena, C. Carrà G. Casali, M. Cascella, G. Celiberti, L. Ceschin, G. Cesetti, S. Chia, F. Costalonga, A. Costi, E. Costantini, N. Costantini, S. Dalì, G. De Chirico, A. Del Donno, P. Dorazio, A. Faccincani, T. Festa E. Finzi, S. Fiume, M. Galimberti, G. Giuliani, O. Guarnirei, V. Guidi, R. Licata, M. Lodola, L. Luporetti, L. Marcon, C. Magnolato, Malvisi, D. Marinotto, A. Martini, U. Mastroianni, Movimento Materia Prima (G. Baldessari, G.Negretto, G. Pagliaro, S. Zanus), G. Morandis, A. Murer, G. Novello, R. Nucara, L. Marcon, A. Milesi, A Murer, U. Nesolo, B. Ormenese, P. Penzo, G. Pomodoro, A. Possenti, G. Potenza, Rabarama,

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T. Ravà, M. Romagna, O. Rosai, A. Rossi, M. Rotella, G. Santomaso, Santorossi, Satiam, E. Scanavino, M.Schifano, E. Tadini, O. Tamburi, E. Treccani, G. F. Tramontin, R. Varese, E. Vedova, A. Viani, C. Vighi, T. Zancanaro, L. Zanettin, R. Zanon, e molti altri italiani ed esteri. Ha poi presentato mostre di artisti moderni come : C. Allori, J. Bassano, G. Boldini, G. Fattori, G. fattori, G. Marchini, G. De Nittis, A. Rossi e molti altri Collabora con l'Associazione Culturale I.R.I.S. per gestire gli eventi artistici presso il Centro Culturale “De Andrè” a Marcon (VE), a seguito dei quali è stato realizzato un DVD-raccolta di interviste agli artisti intervenuti dal titolo "La pittura veneta contemporanea". Collabora con vari Comuni ed Enti Culturali in qualità di guida storico artistica di gruppi presso città storiche o altre mostre d'arte nazionali. Ha scritto per conto di alcune gallerie articoli recensioni critiche su giornali come "La Repubblica", "L'Osservatore Romano", "Il Giornale", "Il Gazzettino" e periodici specifici come "Archivio", "Arte e Cultura", "Eco d'Arte Moderna" e molti altri. Ho realizzato una guida storico-artistica su Venezia, edita da “Grafiche Biesse” dal titolo “Per non perdersi a Venezia”, tradotta in cinque lingue; Ha curato l'introduzione critica di numerosi cataloghi di artisti veneti, nazionali ed internazionali tra i quali si ricordano O. Guarnieri, Santorossi, Satyam, F. Costalonga, L. Zanettin, Silviogiovanni Viola, Choi Yoon Sook (Corea), Kiyomi Sakaguchi (Giappone), E. Mazza (RSM), M. Mandelartz (Germania). Ha collaborato con varie emittenti televisive tra cui “Televenezia”, “Televeneto” e “Televenetosat” con interviste e presentazioni di opere in diretta; ho gestito inoltre la rubrica “Il cannocchiale del critico” presso Televeneto e attualmente cura la rubrica televisiva d'arte “Plak Klag whomp”. Ha presenziato in qualità di giudice e critico in premi nazionali ed internazionali Parallelamente prosegue la sua attività di scultore, con mostre nazionali ed internazionali.

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le Arti e gli Artisti

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Svyatoslav Ryabkin In Italia le opere dell’artista ucraino Svyatoslav Ryabkin sono promosse dal gruppo “Amici di Ryabkin” tramite il sito www.ryabkin.tk curato dalla blogger Elena Sechet, autrice delle recensioni e dei testi. È possibile ottenere ulteriori informazioni sull’Artista tramite l’e-mail ryabkin.andclaudio@gmail.com

Il pittore Svyatoslav Ryabkin è nato nel 1965 nella città di Zhitomir in Ucraina, quando faceva ancora parte dell’Unione Sovietica. Ha studiato all’università di Kharkov conseguendo una formazione scientifica. L’arte ha iniziato ad entrare nella sua vita abbastanza presto, quando è andato a convivere con la donna che sarebbe diventata poi sua moglie. Lei era una pittrice e ha avvicinato l’artista alla tecnica della pittura ad olio su tela tralasciando i pastelli che avevano contraddistinto i suoi primi lavori. Il loro appartamento era ricco di tele, tavolozze e pennelli da sembrare uno studio artistico. Il suo matrimonio non è durato a lungo ma gli ha portato due grandi gioie: una figlia e la pittura. Nel tempo Svyatoslav, chiamato Slava dagli amici, ha trasformato la pittura nel suo lavoro sperimentando una personale stesura del colore che contraddistingue le sue opere. Il colore, spesso vivido e intenso, viene steso copiosamente sulla tela, spalmato con una spatola e infine rigato con la punta del manico del suo pennello. Con l’indipendenza dell’Ucraina l’artista ha avuto la possibilità di organizzare le sue prime esposizioni personali nelle città di Kiev (nel 1996 nella Galleria Nikolay’s House e nel 2009 nella Galleria 36) e Karkhov (dal 1997 al 2005 nella Galleria DAIS) riscontrando l’interesse di connazionali e collezionisti stranieri. La profonda crisi economica che ha segnato l’Ucraina dal 2008 ha avuto ripercussioni anche sulla vita dell’artista che, malgrado il periodo e grazie al sostegno di qualche amico mecenate, ha potuto proseguire con successo il suo lavoro vendendo le opere all’estero e iniziando ad esporre regolarmente in Italia dal 2013. Nel nord Italia ha esposto nella Galleria Villa Simion di Spinea in molte occasioni avendo stretto una collaborazione continuativa e presso il Centro d’Arte e Cultura Brolo e l’Abbazia benedettina a Mogliano Veneto. Nel 2016 ha partecipato alla mostra collettiva presso la Galleria d’arte contemporanea Elle a Preganziol con un’opera che ha ottenuto un giudizio lusinghiero da parte della critica. E l’anno seguente ha tenuto una mostra permanente nella corte Banca Santo Stefano a Martellago. I suoi quadri hanno impreziosito le pareti di ristoranti (l’Osteria Arman a Treviso e Per.Gola a Martellago) e del Salone di bellezza Lui e lei a Mogliano Veneto in cui è stato organizzato uno splendido evento con vari ospiti tra cui un volto noto della televisione. Le opere dell’artista sono state esposte anche nella Sala del Giubileo di Trieste e presso il Castello di Duino. Nel 2019 Ryabkin è venuto per la prima volta in Italia lasciando la sua Mirgorod, città termale ucraina, in occasione di una mostra d’arte a lui dedicata organizzata presso l’Hotel Danieli di Venezia negli spazi del Salone Dandolo. Oggi i suoi quadri fanno parte di numerose collezioni private in molti Paesi tra cui l’Italia, la Russia, la Polonia, l’Uzbekistan, l’Azerbaijan, la Repubblica Ceca, l’Inghilterra, l’Irlanda, la Germania e gli Stati Uniti oltre l’Ucraina dove l’artista tuttora risiede.

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CONTESTO STORICO “FURIA CIECA”

Light in the Window, 2020 olio su tela cm 80 x 60

Nei primi mesi del 2020 il pittore Svyatoslav Ryabkin ha realizzato molti nuovi oli su tela, costretto a casa dalle restrizioni della quarantena dopo la diffusione del Coronavirus o “furia cieca” come lo chiama lui. Il virus ha causato grande instabilità in tutto il mondo portando l’aumento della disoccupazione, gravi perdite economiche e casi di depressione. Più un Paese soffre la povertà, sostiene l’artista, più è vulnerabile agli eventi negativi. Ryabkin accusa indignato le autorità secolari e spirituali ufficiali di diffondere fake news sulla pandemia attraverso i media. Auspica alla verità e alla giustizia; combatte ogni forma di disinformazione perché considerata maligna alla stregua del virus. Ha trovato conforto dal senso di smarrimento e sfiducia nelle Letture del Vangelo da cui trae la forza per guardare con speranza al futuro. Inoltre, sta vivendo anche la critica situazione di aspro conflitto tra le forze militari ucraine e quelle separatiste delle repubbliche di Donetsk e Luhansk che continua dal 2014 nel Donbass sul confine in Ucraina orientale. E ad aprile un altro allarme ha preoccupato le regioni di Kiev e Zhitomir (la sua città natale): molti incendi boschivi si sono diffusi velocemente nelle zone adiacenti la centrale nucleare di Chernobyl facendo temere una dispersione, attraverso il fumo, delle radiazioni ancora presenti nel terreno. Ma Ryabkin ha imparato a tenere duro.

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Road, 2020 olio su tela cm 80 x 70

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Khorol River, 2020 olio su tela cm 60 x 45

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TEMATICHE

KHOROL RIVER L’artista Svyatoslav Ryabkin raffigura e interpreta con il suo stile personale un linguaggio espressionista figurativo. Dipinge ambientazioni favolistiche lasciandosi ispirare dal mondo animale e dell’infanzia. Reinterpreta le proporzioni stimolando nuove percezioni visive, in particolar modo nelle immagini surreali che appartengono alla sfera onirica. Come gran parte del popolo ucraino Ryabkin ha un radicato senso religioso che manifesta in molte sue opere raffigurando Cristo e gli angeli. Spesso però inserisce solo un simbolo della cristianità, come un pesce, una capra e sulla linea dell’orizzonte alcune piccole croci dorate delle chiese ortodosse che veicolano il significato di fede nella risurrezione e speranza dell’esistenza del paradiso dopo la morte. Le sue opere più realistiche riguardano ambientazioni di interni con scene di quotidianità, ma predilige omaggiare la natura con paesaggi rurali spopolati. Ne sono un esempio i campi di girasoli su ispirazione di Van Gogh e l’olio su tela intitolato “Khorol river” (60 x 45 cm, 2020) con cui il pittore ricorda la serenità sulle rive del fiume ucraino Khorol che ha frequentato in diverse occasioni della sua vita. Le pennellate ampie e le tinte fluide contribuiscono a rendere l’effetto dello scorrere delle grosse nuvole nel cielo e il loro riflesso sulla superficie dell’acqua. L’effetto ottenuto è dinamico seppur molto delicato. Un esempio di quadro facilmente riconducibile all’artista è “Light in the window” (80 x 60 cm, 2020) per la predominante presenza del colore blu nelle diverse sfumature, dall’azzurro impalpabile fino al blu più vibrante, e per la sua presenza in stile personaggio dei fumetti al centro della tela e del villaggio. Con lo sguardo rivolto verso l’unica finestra con la luce accesa lascia l’osservatore con il fiato sospeso in attesa di una imminente rivelazione. Come in quest’opera, anche nel dipinto “Road” (80 x 70 cm, 2020) si manifestano le peculiarità della sua personale tecnica pittorica come le evidenti rigature che solcano il colore steso in abbondanza e il soggetto fanciullesco. In quest’ultimo quadro incuriosisce la strada fantastica che arriva fino al cielo; denota la grande capacità d’immaginazione dell’artista. Le case sono spesso protagoniste nelle sue opere come simbolo di intimità e i colori vivaci rendono la gioia dello stare in famiglia. Ryabkin predilige i paesaggi marini agli scenari innevati ed entrambi a volte fanno da sfondo alle sue attività ricreative preferite come la pesca, il ciclismo e la musica. La riproduzione minuziosa di alcuni prodotti della terra dimostra la sua gratitudine per le cose più semplici. Numerosi sono i paesaggi notturni con la luna protagonista. Essi esprimono la poesia che è riuscito a cogliere nella realtà, come nelle opere su Venezia che testimoniano il suo unico viaggio in Italia. Gli esseri umani raffigurati dall’artista ricordano le opere di Chagall. Il pittore esalta la bellezza delle donne e le sue figure femminili sono bionde, spesso in vesti bianche, eteree e diventano l’emblema di puro amore. Quando l’artista le affianca agli uomini, spesso bassi e tozzi, l’insieme assume una connotazione grottesca.

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TEMATICHE

THIS IS THE WAY “Questa è la via” (Таков путь in ucraino, 60 x 100 cm) è il titolo del surreale olio su tela realizzato nel 2020 dall’artista Svyatoslav Ryabkin. Testimonia il percorso della vita degli esseri umani che appartengono alla nostra società. Gli uomini indossano cappelli e abiti scuri, le donne sono preferibilmente bionde e poi ci sono anche i bambini. Sono tutti nel medesimo ampio viale candido, all’apparenza senza insidie, ma le brevi rigature create con la punta del manico del suo pennello sulla superficie esprimono l’imprevedibilità del caso. A tratti monotono, il viale si piega su se stesso come un foglio e curva in una spirale che disorienta. Sono distanti gli uni dagli altri a testimonianza del periodo storico attuale e procedono verso l’orologio del tempo posto al centro della tela. Malgrado le modeste dimensioni, tutto ruota attorno a questo elemento che diventa il simbolo della fine. O dell’inizio? Da qui infatti, il bivio. Ai fortunati spetta la vita eterna e si elevano volando verso il sole caratterizzato da una forte tonalità di ocra. I raggi filtrano tra le nuvole e lasciano tracce di colore sbiadendo nell’azzurro tenue del cielo. Le decise spatolate irregolari di colore pieno creano l’effetto desiderato per lo sfondo. Gli altri, ormai ridotti a scheletri, precipitano a testa in giù nel mare in tempesta, simbolo dell’eterno tormento che accoglie i morti nelle sue oscurità. In questo sorprendete quadro tutte le figure dipinte dal pittore Ryabkin (umani, angeli e scheletri) sono stilizzate. Le tonalità delicate della parte superiore contrastano con le pennellate cariche di colore blu cobalto nella parte inferiore. Le forme circolari (del viale, del sole, delle teste degli angeli e dell’orologio) suscitano un senso di infinito, quindi di eternità. Da notare in quest’opera, come in molte altre dell’artista, le tinte che prevalgono sono il binomio vincente dei colori primari giallo e blu.

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This is the Way, 2020 olio su tela cm 60 x 100


Catalogo Direttore Generale ZANUS Stefano

Testi e Recensione critiche

ZANUS Stefano CUDIN Gianpietro FIASCONARO Patrizia PERIN Siro QAMAR

Progetto Graf ico QAMAR

Casa Editrice © SURVIVART PROJECT 2020

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