Filodoro 105

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2 FILODORO n. 105

Dicembre 2020 Proprietario e redazione:

Congregazione “Figlie di Gesù”

“La preghiera è come l’ossigeno della vita.

Chi prega non è mai solo”

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Papa Francesco

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SOMMARIO Fratelli tutti

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Finalmente a casa

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L’altare al giusto posto!

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Scherzi da suora

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Feste di casa nostra

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Educare: atto di speranza

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La mia classe: un albero

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L’arte di accompagnare al bisogno di significato

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Con i giovani a Uige

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#tuttinsieme180! Che bello ripartire

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Caro L’Albero

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Una lettera da Reggio Emilia

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Uno “sciopero” riuscito

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Un grest “occasionale”

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Collegio Santa Chiara – Como Nella luce del Risorto

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Fratelli tutti - un sogno di vita per il mondo intero -

A

d Assisi, Papa Francesco il 3 ottobre u.s. ha firmato la sua terza Enciclica “Fratelli tutti”, il cui titolo viene da un’Ammonizione di San Francesco: «Guardiamo, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce».

Questa Enciclica è stata definita una lettera sconcertante e potente. Papa Francesco, facendosi trasformare dal dolore del mondo nei lunghi giorni della pandemia, ha scritto a una società che invece mira a costruirsi voltando le spalle al dolore.

Perciò la figura che dà identità a “Fratelli tutti” è quella del Samaritano (cf Lc 10,25-37).

La parabola di Gesù ci pone di fronte a una scelta: chi siamo noi davanti all’uomo ferito? Ci sono tre possibilità: siamo i briganti che formano la società dell’esclusione? Siamo gli indifferenti che passano oltre tutti presi dalle proprie faccende? O siamo chi sa fermarsi presso il fratello ferito e farsi carico del suo dolore? Tutto ciò impegna il nostro amore personale, ma è chiamata in causa anche tutta la società: occorre una locanda a cui affidare la vittima.

Lo sguardo della fraternità si allarga al mondo intero; non è miope, ma evangelico e più realista di tante ideologie o politiche che si ritengono tali. Il Papa ricorda che ciascuno è custode della pace; nell’architettura della pace c’è un compito delle istituzioni, ma chiunque di noi non è spettatore. L’artigianato della pace è compito di tutti: si deve

osare di più contro la guerra con una rivolta quotidiana e creativa. Se tanti possono fare la guerra, tutti possiamo lavorare come artigiani di pace.

L’enciclica è chiara: per costruire un mondo nuovo, secondo il progetto del Padre, non si tratta di operare qualche ritocco qua e là, ma è urgente cambiare il paradigma dell’umano: è l’amore, solo l’amore che fa passare da una società di soci a una comu-

nità di fratelli.

In Fratelli tutti, c’è la denuncia della guerra, ma soprattutto la speranza di una pace possibile, cantiere aperto a tutti, non solo agli specialisti, perché passa attraverso mille piccoli atti della vita quotidiana. Gli artigiani di pace sono uomini e donne della fraternità.

Si impone una domanda: quale spazio e considerazione trova la fraternità nelle relazioni internazionali? Il Papa non risponde a base di proclami e normative, ma realisticamente afferma: «La società mondiale ha gravi carenze strutturali che non si risolvono con rattoppi o soluzioni veloci meramente occasionali» (FT 179), per questo l’Enciclica non si limita

4 a considerare la fraternità un desiderio, ma delinea una cultura della fraternità da applicare ai rapporti internazionali.

“Fratelli tutti” ricorda l’integrazione tra Paesi, il primato delle regole sulla forza, lo sviluppo e la cooperazione economica ma soprattutto propone come metodo lo strumento del dialogo: arma che distrugge le barriere del cuore e della mente, apre gli spazi per il perdono, favorisce la riconciliazione. L’assenza di dialogo fa sì che i rapporti internazionali degenerino o che ci si affidi al peso della potenza, ai risultati della forza; il dialogo, invece, quando è «perseverante e coraggioso non fa notizia come gli scontri e i conflitti, eppure aiuta discretamente il mondo a vivere meglio, molto più di quanto possiamo rendercene conto» (FT 198).

La storia, le religioni e diversi percorsi di spiritualità parlano di fraternità e ne delineano la bellezza e gli effetti, ma talvolta limitano la fraternità ad un cammino di maturazione individuale; l’Enciclica invece mostra un percorso che, partendo dalla persona, si allarga ed abbraccia la dimensione familiare, sociale, statale fino alla comunità internazionale.

Ecco perché, ci ricorda il Papa, per fare della fraternità uno strumento di vita nei rapporti internazionali «è necessario far crescere non solo una spiritualità della fraternità, ma nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti» (FT 165), per realizzare un bene comune realmente universale.

I tanti feriti del nostro tempo attendono il Samaritano che si chini su di loro; la fraternità ha un ruolo dirompente nella società, poiché nell’Enciclica si lega a concetti nuovi che sostituiscono la pace con gli operatori di pace, lo sviluppo con i cooperanti, il rispetto dei diritti con l’attenzione

alle esigenze di ogni prossimo, sia persona, popolo o comunità. La radice teologica di “Fratelli tutti” che ruota intorno alla categoria dell’amore fraterno si realizza in colui che si è fatto prossimo. L’immagine del Buon Samaritano è richiamo e modello.

La fraternità, nell’Enciclica, ha come protagonista la famiglia umana che, nelle proprie relazioni e con le proprie differenze, viaggia verso la piena unità, ma con una visione lontana sia dall’universalismo astratto sia da certe degenerazioni della globalizzazione. Attraverso la cultura della fraternità Papa Francesco chiama ognuno ad amare l’altro popolo, l’altra nazione come la propria, e a costruire rapporti, regole e istituzioni, abbandonando il miraggio della forza, degli isolamenti, delle visioni chiuse, delle azioni egoistiche e di parte.

Ma per essere fratelli ci vuole un padre.

Perciò tutto il ministero di papa Francesco è volto a narrare al mondo la misericordia del Padre; lui, il primo pastore della Chiesa, vuole riportare tutti al Padre, per dare agli uomini un Padre in cui tutti si riconoscano finalmente fratelli.

Un giornalista ha notato che una verità così “religiosa” piaceva perfino alla Rivoluzione francese; solo che, come dice il papa, se non si vive davvero la fraternità, anche la libertà e l’uguaglianza sono perdute. E il mondo sarebbe perduto.

In conclusione, papa Francesco propone un sogno vero al mondo globale, che ha spento i fari delle grandi parole e dei grandi ideali. Anche nei nostri giorni segnati dalla pandemia, questa enciclica apre un orizzonte di speranza: divenire sorelle e fratelli tutti. È un sogno per cui vale vivere e darsi da fare con creatività, perché diventi presto realtà.

M. Maria Dora

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Finalmente a casa! È

il 26 agosto 1946 quando la nostra sorella Venerabile, sr Maria Edvige Zivelonghi, è costretta dalla tubercolosi a lasciare Casa Madre per il sanatorio.

La madre generale di allora, Madre Imelda Soave, anni dopo, racconta così ripensando a quel giorno: «La cara sorella era colpita dal morbo inesorabile. L’ammalata seguiva con occhio supplichevole il nostro turbamento: “Qualsiasi sacrificio, Madre, qualsiasi dolore, ma rimanere qui nel mio Istituto, in qualsiasi buco [...]” era la sua preghiera angosciosa. E noi l’avremmo tenuta qui con tanto piacere, era tanto buona, edificante in tutto [...] ma il pericolo del contagio imponeva il sacrificio. Venne il momento in cui dovetti dire: “Suor Maria Edvige, bisogna andare, fa’ un bell’atto di uniformità [...]”. La piccola vittima mi guardò e con voce decisa disse: “È giunta l’ora del sacrificio, andiamo!”. E mentre pronunciava il suo grande Fiat si alzava a sedere sul letto come segno di adesione alla Volontà divina. Uscì dall’Istituto con la certezza di non più ritornarvi».

Invece, a 74 anni di distanza, la richiesta di sr M. Edvige è stata esaudita: un «buco» la accoglie, ed è il luogo che per tanti anni ha ospitato il Padre Fondatore, proprio ai piedi di Maria, che ha accompagnato il cammino della nostra sorella.

Le pratiche per poter riportare a casa i suoi resti mortali sono iniziate già nel 2019: domanda alla Congregazione per le Cause dei Santi a Roma, al Vescovo di Verona, istituzione di un Tribunale Ecclesiastico, accordi con l’AGEC di Verona… ma finalmente mercoledì 14 ottobre di buon mattino dal cimitero monumentale di Verona, la cassetta che raccoglieva ciò che rimane della nostra sorella è giunta in Casa Madre. È così che ha inizio il “ritorno”.

Venerdì 16 ottobre 2020 alle ore 15, si ri-

unisce il Tribunale Ecclesiastico costituito e nominato con decreto dal Vescovo di Verona, mons. Giuseppe Zenti, per la ricognizione canonica dei resti.

Il Tribunale è così composto: Delegato Episcopale mons. Bruno Ferrante; Promotore di Giustizia mons. Massimo Boarotto; Notaio sr Letizia Iacopucci; Periti dott.

Franco Alberton, medico legale, e dott.

Francesco Alberton, ortopedico; Postulatrice della causa sr Maria Silvana Brentegani; Testimoni don Paolo Silvestrini, incaricato dell’Ufficio Cause dei Santi della Diocesi di Verona, Madre Maria Dora Ceccato, sr Alcina Da Gloria Teixeira, sr Agostina Magnoni, sr Maria Jacinta Luengo.

Il Delegato Episcopale inizia la sessione con la preghiera e tutti i convenuti prestano giuramento.

6 Casa Madre e lì riposto. Si conclude, alle ore 17.30, con la preghiera per chiedere un miracolo per intercessione della venerabile sr Maria Edvige Zivelonghi, alla presenza di alcuni familiari della nostra sorella.

Nei nove giorni precedenti alla riposizione, si è creato un imponente movimento di preghiera attraverso i social e i passa-parola: quanto bisogno di intercessione, di vicinanza, di grazie, e quanta unità abbiamo sperimentato!

Siamo certe che sr Maria Edvige ha già operato una prima grazia: ci ha mostrato la strada della preghiera, dell’amicizia con i santi, della fiducia incondizionata in Dio che tutto può.

Allora, carissima sorella, continua ad intercedere per noi e per tutti coloro che si affidano alla tua vicinanza.

Suor Letizia I periti procedono poi all’apertura della piccola urna di zinco nella quale sono contenuti i resti della venerabile, all’estrazione e al riconoscimento delle varie parti, ad un trattamento conservativo.

Sono necessari due incontri per poter portare a termine tutte le operazioni, e il 30 ottobre, tutto viene sistemato in una cassetta e in altre scatole, sigillate con il sigillo del Vescovo di Verona.

Al termine, tutto viene portato solennemente nel luogo predisposto nella Cappella della

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L’ALTARE AL GIUSTO POSTO! Lavori di ristrutturazione del Presbiterio di Casa Madre

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a qualche mese se ne parlava, da anni si sognava e finalmente il 13 gennaio 2020 sono arrivati gli operai: si è dato inizio ai lavori di ristrutturazione del presbiterio e di ricollocazione dell’Altare nella nostra Cappella di Casa Madre.

Il bellissimo altare, opera di Nereo Costantini (1905-1969) - autore anche della celeberrima statua di Giulietta a Verona - era stato collocato nella nostra Cappella per la prima volta il 21 giugno 1958. Qualcuna di noi - postulante all’epoca - si ricorda ancora l’arrivo di questo blocco di marmo e la spiegazione entusiasta di Madre Emma Roverso, e poi soprattutto la solenne celebrazione presieduta dall’allora vescovo di Verona, S. E. Mons.

Giovanni Urbani.

Da quell’epoca il paliotto è rimasto nella medesima collocazione, e quando il Concilio Vaticano II qualche anno più tardi ha riformato la Liturgia, si è provveduto ad una Mensa simile per stile alla Cappella, recuperando le balaustre che servivano per ricevere Gesù Eucaristia nella Comunione.

Negli anni successivi qualcuna ha cominciato a sognare di dare il giusto risalto a quell’opera d’arte raffigurante i due di Emmaus con il Cristo che spezza il pane, ma… i tempi non erano ancora maturi!

Finalmente alla fine del 2019 si è posto mano all’idea: grazie all’ing. Alberto Maria Sartori, sr Elisabetta, con l’apporto insostituibile di sr Adelia e i suggerimenti della

Madre, si è giunti ad un progetto e si è potuto procedere contattando il geom. Piergiorgio Vacchini e la sua impresa, con relativi falegnami, elettricisti, idraulici, marmisti.

Il 13 gennaio 2020 sono arrivati gli operai e hanno cominciato la parte destruens. Sembrava che ad ogni blocco di marmo rimosso se ne andasse un po’ di noi, ma… sappiamo che per giungere allo splendore del nuovo è necessario distruggere il vecchio.

A dire la verità - come succede anche per

8 la vita quotidiana e per quella spirituale - la parte destruens è andata avanti con relativa celerità, per cui tutto lasciava pensare che all’inizio di maggio si potesse procedere con l’inaugurazione del nuovo presbiterio.

Purtroppo però è arrivato inesorabile il Covid che ha bloccato tutto, per cui per settimane i lavori si sono interrotti. E che desolazione sentire il freddo, il silenzio e il vuoto della nostra Cappella!

Piano piano – dopo il lock down e non senza mille attenzioni e timori – gli operai hanno ripreso la loro opera e si è ricominciato a sognare. Non è stato semplice, perché – come sa chi si è avventurato nelle ristrutturazioni o nelle costruzioni – ciò che occu-

pa più tempo è la parte construens e tutto sembra faticoso e infinito… ma finalmente si è giunti a luglio con la Chiesa sostanzialmente a posto.

E che stupore vedere l’altare in marmo bianco del Costantini collocato in primo piano sul Presbiterio: al giusto posto!

Dopo una serie di rocambolesche telefonate con il direttore dell’Ufficio Liturgico, don Carlo Dalla Verde, e il segretario del Vescovo, don Nicola Moratello, in una settimana si è giunte anche a stabilire la data della Dedicazione dell’Altare stesso.

Ristrutturare il Presbiterio era necessario, ma soprattutto voluto per dare la giusta collocazione e la giusta centralità ad una vera e propria opera d’arte e per rendere più evidenti i segni della presenza di Cristo in mezzo a noi nella Parola, nel Pane spezzato, nella presenza di colui che presiede. Non è stato semplice giungere a questo giorno, ma tutto è servito per compiere un cammino prima di tutto spirituale e per riscoprire la Provvidenza che guida i nostri passi e per ravvivare il desiderio di fare comunità intorno a Cristo nella Chiesa.

Il Pastore della Chiesa che è in Verona, il nostro Vescovo Giuseppe Zenti, con così poco preavviso ha accettato di presiedere l’Eucaristia e il Rito di Dedicazione sabato 18 luglio.

A causa della pandemia non è stato possibile fare la festa che avremmo desiderato, ma la solennità e soprattutto la partecipazione consapevole e attiva sono state abbondanti.

Il momento più suggestivo e ricco è stato l’unzione con il Sacro Crisma dell’Altare. Il vescovo Giuseppe con tutta la calma, la cura e l’amore del pastore con gesti ampi e precisi ha cosparso dell’olio l’altare e si è premurato affinché ogni parte fosse raggiunta… l’immagine era chiaramente quella di colui che, con amore infinito, unge il corpo dell’Amato.

Una celebrazione unica, carica di significato, di armonia… come una ripartenza per tutte noi.

Anche l’Ambone è stato sistemato: il Nome di Gesù trova risalto e centralità, con l’oro che ne esalta le forme.

Chiediamo ora al Padre di unirci sempre di più a Cristo e di donarci il suo Spirito per essere ciò che celebriamo: corpo di Cristo nel mondo a gloria sua e per il bene dei fratelli, così come ci ha sognate il nostro fondatore, il venerabile don Pietro Leonardi.

Suor Letizia

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Scherzi da Suora N

el corso della mia attività professionale, più volte ho avuto modo di progettare e far eseguire altari. Alcuni di essi, sussistendo le condizioni canoniche, hanno ricevuto la dedicazione, così come è accaduto il 18 luglio scorso per il nuovo altare della Cappella di Casa Generalizia della Figlie di Gesù.

La cerimonia è particolarmente toccante e, debbo dire, tutti i Vescovi che ho visto impegnati hanno sempre trasmesso la piena consapevolezza di un gesto antichissimo che li andava a ricollegare agli antichi patriarchi biblici, a Giacobbe per primo.

Il Sacro Crisma, in questa occasione, viene sparso in abbondanza, quasi per significare la ricchezza di doni che lo Spirito Santo, di cui il Crisma è segno efficace, potrà trasmettere tramite l’altare. Ecco perché, al termine della cerimonia, mi piace poggiare la mano sul marmo della mensa per sentire che ancora conserva il profumo degli aromi e dell’olio consacrato che penetrano nei pori della materia. E non la lasciano più, perché il Crisma produce un segno indelebile anche sulla materia, così come lo conferiscono agli uomini i Sacramenti nei quali il Crisma stesso viene utilizzato: Battesimo, Cresima ed Ordine Sacro.

Se Elia disse di aver incontrato Dio nel mormorio di un vento leggero (una traduzione filologica dice: una voce sottile di silenzio) a noi si può dire che l’incontro con lo Spirito può avvenire anche nell’evanescenza di un profumo e nel ricordo di un aroma.

La sensazione che tali percezioni conducano all’infinito non è confinata solo nella nostra cultura occidentale e per provarlo cito un Haiku, particolare forma poetica giapponese del 1600 racchiusa in sole diciotto sillabe (non si chiamano così, ma è per dare l’idea), com-

posta da Matsuo Basho (1644/94): La campana del tempio tace, ma il suono continua ad uscire dai fiori.

Mi sembra che trasmetta bene la sensazione di un mondo pervaso da presenze immateriali, ma vere e percepibili, che trovano incontro con la biblica voce di silenzio. È chiaro quindi che, quando affronto queste tematiche progettuali, la matita corre ben oltre il segno grafico che vado a tracciare sul foglio, bello o brutto che sia giudicato. Proprio per questa tensione, ho sempre trovato interessante ricercare e leggere quel che hanno scritto coloro che si sono trovati di fronte ad identiche sollecitazioni, anche artisti di gran vaglia, con cui non intendo certo competere ma di cui percepisco l’anelito.

Si trovano nomi famosi e curiosi, che spesso non si sarebbero mai immaginati, ma tutti molto compresi nel ruolo che, per vari motivi, hanno svolto.

Tra essi mi ha colpito particolarmente la storia di Henri Matisse (1868-1954) esponente di maggior spicco della corrente artistica dei Fauves.

Tra le sue opere di maggior notorietà mondiale vi è certamente La Danza, oggi esposta al Museo de L’Hermitage, San Pietroburgo; secondo la critica «L’accurata selezione di co-

10 lori ed il ritmo trasmesso dai movimenti dei protagonisti, trasmettono una forte libertà e sembrano quasi suggerire un approccio edonistico alla vita, volto a vivere il momento con spensieratezza».

Non posso certo essere io a descriverne la fama e la gloria artistica conosciute anche in vita, insieme con un congruo successo economico.

Non certo per ascetismo di vita, Matisse fu colpito più volte da significativi infarti (dicono non fosse un paziente modello!) ed infine gli venne diagnosticato un tumore all’intestino, che fu asportato con le tecniche del 1942, costringendolo in tal modo ad una forma di sensibile invalidità che lo costrinse all’uso principale della carrozzina per i suoi spostamenti.

Durante la convalescenza l’infermiera che lo assisteva ebbe alcune difficoltà e fu sostituita per un certo tempo da Monique Bourgeois, che non era ancora diplomata, ma si prestava a fare le notti per pagarsi la retta della Scuola. Come spesso accade con i convalescenti, molte notti furono insonni ed il Maestro trovò piacevole conversare con Monique, che aveva pure una certa passione per il disegno.

Quando riprese il servizio l’infermiera titolare, Matisse chiese a Monique di tornare per alcune sedute di posa, trovandone inte-

ressante il viso.

Un ritratto tra i molti, in particolare, sottolinea l’importanza che gli attribuì Matisse, in quanto il titolo fu L’Idole. Egli amava i volti ma, studiandoli, cercava di rifiutare ogni sollecitazione introspettiva. Scrisse: «Guardando le facce non faccio mai della psicologia ma sono colpito dall’espressione, spesso singolare e profonda. Non ho bisogno di formulare con parole l’in-

teresse che suscitano in me, mi avvincono, probabilmente, per la loro particolarità espressiva e per un interesse che è totalmente di ordine plastico».

Parole da tenere a mente, riguardando Monique, le cui visite andarono via via a rarefarsi finché al Maestro giunse una lettera in cui l’infermiera gli comunicò la decisione di entrare nel convento delle Domenicane di Monteils dove, l’8 settembre 1944 divenne suora con il nome di sr Jacques-Marie. Diciamo che Matisse non la prese bene ma, a poco a poco si rassegnò all’idea per l’affetto “da nonno” che nutriva nei confronti della sua ultima

11 modella. Che scherzo!

Ma non era finita.

Dopo qualche tempo sr Jacques-Marie venne trasferita nel monastero di Vence, per problemi di salute, e questo luogo era abbastanza vicino alla residenza di Matisse, alla periferia di Nizza. Qui ebbe modo di assistere fino all’ultimo la Suora sacrestana, vista la sua specializzazione infermieristica, la quale le confidò che il monastero era privo di una cappella (di cui per altro esistevano già le fondamenta), perché la superiora non voleva che un progetto “qualsiasi” togliesse luce ed aria al convento che, oggettivamente, era abbastanza sacrificato da questo punto di vista. Poco prima di spirare santamente la sacrestana le disse che “dopo” ci avrebbe pensato lei per la cappella.

Belle intenzioni, diciamo, finché non ebbe a passare casualmente per il monastero il domenicano padre Louis B. Rayssiquier, il quale avendo saputo per caso che una religiosa del convento conosceva Matisse, chiese per banale umana vanità di incontrare il più famoso pittore francese. Poiché questi non avvicinava sconosciuti senza buon motivo, la Superiora gli disse di chiedere un parere sulla possibile costruzione di una cappella nel monastero di Vence: tanto lei era contraria e le difficoltà si

presentavano come oggettive.

Non sappiamo che cosa si siano detti e quanto abbia soffiato lo Spirito Santo, anche per le preghiere della defunta sagrestana Sr Jeanne del Santo Sacramento, ma il fatto è che Matisse convocò una conferenza stampa annunciando che avrebbe progettato la cappella e ne avrebbe sostenuto le spese per una cifra di 800 milioni di franchi. Bello scherzo!!

Neanche a dirlo il pittore venne investito da critiche feroci da parte degli ambienti laicisti, Picasso per primo, e la progettazione ebbe le sue difficoltà: Sr Anastasia, Madre Maestra di sr Jacques- Marie le scrisse che «È tutto nell’ordine delle cose: i costruttori di chiese non hanno mai edificato niente di bello e di buono se non sulla croce». Comunque sia la Cappella della Vergine del Rosario ebbe compimento e fu consacrata il 25 giugno 1951.

L’opera era stata seguita dal Pittore con cura maniacale, disegnando tutti i particolari degli elementi liturgici, dei quali si faceva spiegare per bene la funzione e la tradizione, per poterli reinterpretare secondo la sua arte.

Comunque la luce fu l’elemento principale, ed ancora oggi entra con forza inondando la Cappella dei colori scelti da Matisse. Due grandi pannelli in ceramica dipinta raffigurano la Via Crucis ma, soprattutto la Madonna con il Bambino.

12 Per queste immagini, come per la grande immagine di San Domenico, presente sul presbiterio scelse di non disegnare i lineamenti del volto, pur avendoli inseriti nei disegni preparatori. Facendo mente a quanto aveva scritto sulle sensazioni che ricavava dal viso delle persone, qui: «È sufficiente un segno per evocare un viso, non c’è alcun bisogno di imporre alla gente degli occhi, una bocca... bisogna lasciare il campo libero al sogno dello spettatore».

Matisse definì così la Cappella: «Questa opera mi ha domandato quattro anni di un lavoro esclusivo ed assiduo, ed essa è il risultato di tutta la mia vita attiva... Lo considero, malgrado tutte le sue imperfezioni, come il mio capolavoro... uno sforzo che è il risultato di tutta una vita consacrata alla ricerca della verità».

Inoltre aggiunse: «Ho creato uno spazio religioso... Prendere uno spazio chiuso, di proporzioni ridottissime e dargli col solo gioco delle luci e delle linee dimensioni infinite».

Chiaramente si era trattato di una sfida, e di una sfida vincente di cui si possono ammirare i risultati, magari non facilissimi da raggiungere, perché Vence non è su di una strada di grande percorrenza.

Da alcuni anni, però, i Musei Vaticani conservano i disegni preparatori ed i bozzetti della Cappella del Rosario di Vence; purtroppo si trovano in uno spazio di passaggio e poco illuminato che i turisti attraversano di fretta dopo aver ammirato Raffaello ed appena prima di precipitarsi all’interno della Sistina. Per questo, quando accompagno qualche amico ai Musei Vaticani, giunti in questa saletta, aspetto che le guide passino velocemente, per ritagliarmi un momento di illustrazione e di personale godimento. In particolare mi colpisce il bozzetto della Madonna del Rosario, pensando che i segni di matita sono autografi e sofferti, come bene si

capisce dal successivo lavorio; di primo impatto mi ha fatto ricordare la Madonna con il Bambino, disegnata nelle Catacombe di Priscilla, opera del II secolo, in cui i lineamenti del volto, ormai cancellati dal salnitro e dall’età, danno spazio all’affermazione di Matisse, per cui è lo spettatore che si deve incaricare di attribuire i lineamenti a Maria la quale, in tal modo può assumere la fisionomia di chi più sentiamo prossimo.

La potenza del gesto creatore di un artista passa anche dalle circostanze della vita, che lo conducono a rimeditare ogni linea che sta tracciando, in quanto ormai conscio che non si lavora semplicemente per compiere un’opera, ma per dare un risultato che ci è stato richiesto, anche se talvolta la richiesta è parsa forzare le idee originarie, però: «Ho detto, a Picasso: Sì, io faccio la mia preghiera, e voi anche, e voi lo sapete molto bene: quando tutto va male, noi ci gettiamo nella preghiera, per ritrovare il clima della nostra prima comunione. E voi lo fate. Voi anche. Non mi ha detto di no. Quei disegni là, bisogna che vi escano dal cuore».

Ing. Alberto Maria Sartori

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FESTE DI CASA NOSTRA «Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi anni» (cf Dt 8,2). Sì, vogliamo ricordare i benefici del Signore, ma in realtà, noi possiamo ricordarci di Dio perché, prima di tutto, è Lui che si ricorda di noi: «Che cosa è l’uomo perché di lui ti ricordi?»(Sal 8).

Il ricordarsi da parte di Dio è un evento attivo e creativo: quando Egli si ricorda vuol dire che fa sorgere una situazione nuova e cambia tutto.

60° di Professione Sr Bellarmina, sr Franca, sr Loredana, sr M. Colomba, sr Massimina, sr Pasquina, sr Rosemma, hanno scelto di recarsi a Modena per il loro 60°: là ci sono due Sorelle che non possono spostarsi; insieme hanno celebrato la memoria dei Voti pronunciati nel 1960.

25° di Professione Infatti quando il Signore si ricorda di noi pensa all’alleanza e la rinnova, perciò sr Annalucia e sr M. Jacinta hanno celebrato con gioia il 25° di Professione religiosa a Verona, in Casa Madre, rinnovando il loro sì, alleanza d’amore, con Lui. Don Francesco a Verona e Padre Mimmo a Modena hanno sottolineato la dimensione sponsale della festa e l’importanza della presenza delle religiose nella Chiesa e nella società per mantenere lo sguardo verso l’alto e ricordare a tutti che, come una madre ha cura del proprio figlio, così il Signore ha cura di ciascuno dei suoi figli, di tutti. Sì, Lui non dimentica nessuno.

14 50° e 70° di Professione L’emergenza sanitaria non ha reso possibile celebrare altre due ricorrenze di questo 2020, che saranno festeggiate appena possibile: il 70° di sr Adalgisa e sr Paola; il 50° di sr Annarosa, sr Maria Ambrogia, sr Maria Lea, sr Maria Leide, sr Martina, sr Maura.

A tutte il nostro augurio più grato, perché ci ricordano che Dio è fedele sempre e per sempre!

Professione Perpetua Nel giorno in cui la Chiesa chiude l’anno liturgico con la Solennità di Cristo Re dell’Universo, il 22 novembre 2020, sr Florence ha pronunciato il suo si per sempre a Dio fra le Figlie di Gesù.

L’Eucaristia in cui la nostra sorella ha pronunciato i Voti è stata sobria a causa delle misure di restrizione per il covid-19, ma solenne e molto partecipata.

Ha celebrato mons. Andrea Gaino, alla presenza della comunità di Casa Madre di Verona e di pochi invitati, ma siamo certi che con noi erano presenti le nostre sorelle di tutto il mondo e, nella preghiera, i familiari di sr Florence, che vivono in Costa d’Avorio.

Mentre ringraziamo il Signore per l’Eccomi di sr Florence, gli affidiamo il suo meraviglioso Paese e il mondo intero, chiedendo pace e salvezza per tutti.

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EDUCARE: ATTO DI SPERANZA Papa Francesco e il Patto Educativo Globale Nel maggio 2020 avrebbe dovuto svolgersi il Global Compact on Education, il Patto promosso da Papa Francesco per generare, attraverso l’educazione, un cambiamento di mentalità su scala planetaria. La pandemia, che ha costretto ad annullare l’evento, ha reso l’appello ancora più stringente e, il 15 ottobre u.s., in un incontro virtuale aperto a tutti, Papa Francesco ha trasmesso un videomessaggio, per guardare oltre con creatività. ari fratelli e sorelle, quando vi ho invitato a iniziare questo cammino di preparazione, partecipazione e progettazione di un patto educativo globale, non potevamo immaginare la situazione in cui si sarebbe sviluppato; il Covid ha accelerato e amplificato molte delle urgenze e delle emergenze che riscontravamo e ne ha rivelate tante altre.

Alle difficoltà sanitarie hanno fatto seguito quelle economiche e sociali. I sistemi educativi di tutto il mondo hanno sofferto la pandemia sia a livello scolastico che accademico. Ovunque si è cercato di attivare una rapida risposta attraverso le piattaforme educative informatiche, le quali hanno mostrato non solo una marcata disparità delle opportunità educative e tecnologiche, ma anche che, a causa del confinamento e di tante altre carenze già esistenti, molti bambini e adolescenti sono rimasti indietro nel naturale processo di sviluppo pedagogico.

Secondo alcuni recenti dati di agenzie internazionali, si parla di catastrofe educativa – è un po’ forte, ma si parla di catastrofe educativa –, di fronte ai circa dieci milioni di bambini che potrebbero essere costretti a la-

C

sciare la scuola a causa della crisi economica generata dal coronavirus, aumentando un divario educativo già allarmante, con oltre 250 milioni di bambini in età scolare esclusi da ogni attività formativa. Davanti a questa realtà drammatica, sappiamo che le necessarie misure sanitarie saranno insufficienti se non verranno accompagnate da un nuovo modello culturale.

Questa situazione ha fatto crescere la consapevolezza che si deve imprimere una svolta al modello di sviluppo. Affinché rispetti e tuteli la dignità della persona umana, esso dovrà partire dalle opportunità che l’interdipendenza planetaria offre alla comunità e ai popoli, curando la nostra casa comune e proteggendo la pace. La crisi che attraversiamo è una crisi complessiva, che non si può ridurre o limitare a un solo ambito o settore. È complessiva. Il Covid ha permesso di riconoscere in maniera globale che ciò che è in crisi è il nostro modo di intendere la realtà e di relazionarci tra noi. In tale contesto, vediamo che non bastano le ricette semplicistiche né i vani ottimismi.

Conosciamo il potere trasformante dell’educazione: educare è scommettere e dare al presente la speranza che rompe i

16 determinismi e i fatalismi con cui l’egoismo del forte, il conformismo del debole e l’ideologia dell’utopista vogliono imporsi tante volte come unica strada possibile.

Educare è sempre un atto di speranza che invita alla co-partecipazione e alla trasformazione della logica sterile e paralizzante dell’indifferenza in un’altra logica diversa, che sia in grado di accogliere la nostra comune appartenenza.

Se gli spazi educativi si conformano oggi alla logica della sostituzione e della ripetizione e sono incapaci di generare e mostrare nuovi orizzonti, in cui l’ospitalità, la solidarietà intergenerazionale e il valore della trascendenza fondino una nuova cultura, non staremo mancando all’appuntamento con questo momento storico?

Siamo anche consapevoli che un cammino di vita ha bisogno di una speranza

fondata sulla solidarietà, e che ogni cambiamento richiede un percorso educativo, per costruire nuovi paradigmi capaci di rispondere alle sfide e alle emergenze del mondo contemporaneo, di capire e di trovare le so-

luzioni alle esigenze di ogni generazione e di far fiorire l’umanità di oggi e di domani.

Noi riteniamo che l’educazione è una delle vie più efficaci per umanizzare il mondo e la storia.

L’educazione è soprattutto una questione di amore e di responsabilità che si trasmette nel tempo di generazione in generazione.

L’educazione, quindi, si propone come il naturale antidoto alla cultura individualistica, che a volte degenera in vero e proprio culto dell’io e nel primato dell’indifferenza.

Il nostro futuro non può essere la divisione, l’impoverimento delle facoltà di pensiero e d’immaginazione, di ascolto, di dialogo e di mutua comprensione.

Il nostro futuro non può essere questo.

Oggi c’è bisogno di una rinnovata stagione

di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società. Ascoltiamo il grido delle nuove generazioni, che mette in luce l’esigenza e, al tempo stesso, la stimolante opportunità di un rinnovato cammino educativo, che non giri lo sguardo dall’altra

17 parte favorendo pesanti ingiustizie sociali, violazioni dei diritti, profonde povertà e scarti umani.

Si tratta di un percorso integrale, in cui si va incontro a quelle situazioni di solitudine e di sfiducia verso il futuro che generano tra i giovani depressione, dipendenze, aggressività, odio verbale, fenomeni di bullismo.

Un cammino condiviso, in cui non si resta indifferenti di fronte alla piaga delle violenze e degli abusi sui minori, ai fenomeni delle spose bambine e dei bambini-soldato, al dramma dei minori venduti e resi schiavi.

A ciò si unisce il dolore per le sofferenze del nostro pianeta, causate da uno sfruttamento senza testa e senza cuore, che ha generato una grave crisi ambientale e climatica. Nella storia esistono momenti in cui è necessario prendere decisioni fondanti, che diano non solo un’impronta al nostro modo di vivere, ma specialmente una determinata posizione davanti ai possibili scenari futuri.

Nella presente situazione di crisi sanitaria — gravida di sconforto e smarrimento —, riteniamo che sia questo il tempo di sottoscrivere un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature.

Oggi ci è richiesta la parresia necessaria per andare oltre visioni estrinsecistiche dei processi educativi, per superare le semplificazioni eccessive appiattite sull’utilità, sul risultato standardizzato, sulla funzionalità e sulla burocrazia che confondono educazione con istruzione e finiscono per atomizzare le nostre culture; piuttosto ci è chiesto di

perseguire una cultura integrale, partecipativa e poliedrica.

Ci serve il coraggio di generare processi che assumano consapevolmente la frammentazione esistente e le contrapposizioni che di fatto portiamo con noi; il coraggio di ricreare il tessuto di relazioni in favore di un’umanità capace di parlare la lingua della fraternità. Il valore delle pratiche educative non sarà misurato semplicemente dal superamento di prove standardizzate, bensì dalla capacità di incidere sul cuore di una società e di dar vita a una nuova cultura.

Un mondo diverso è possibile e chiede che impariamo a costruirlo, e questo coin-

volge tutta la nostra umanità, sia personale che comunitaria. Facciamo appello in modo particolare, in ogni parte del mondo, agli uomini e alle donne della cultura, della scienza e dello sport, agli artisti, agli operatori dei media, affinché anch’essi sottoscrivano questo patto e, con la loro testimonianza e il loro lavoro, si facciano promotori dei valori di cura, di pace, di giustizia, di bene, di bellezza, di accoglienza dell’altro e di fratellanza.

«Non dobbiamo aspettare tutto da coloro che ci governano, sarebbe infantile. Godiamo di uno spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e nuove trasformazioni. Dobbiamo essere

18 parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite. Oggi siamo di fronte alla grande occasione di esprimere il nostro essere fratelli, di essere altri buoni samaritani che prendono su di sé il dolore dei fallimenti, invece di fomentare odi e risentimenti» (FT 77). Un processo plurale e poliedrico capace di coinvolgerci tutti in risposte significative, dove le diversità e gli approcci sappiano armonizzarsi per la ricerca del bene comune.

Capacità di fare armonia: questo ci vuole, oggi. Per tali motivi ci impegniamo personalmente e tutti insieme: 1. a mettere al centro di ogni processo educativo formale e informale la persona, il suo valore, la sua dignità, per far emergere la sua propria specificità, la sua bellezza, la sua unicità e, al tempo stesso, la sua capacità di essere in relazione con gli altri e con la realtà che la circonda, respingendo quegli stili di vita che favoriscono la diffusione della cultura dello scarto; 2. ad ascoltare la voce dei bambini, dei ragazzi e dei giovani a cui trasmettiamo valori e conoscenze, per costruire insieme un futuro di giustizia e di pace, una vita degna per ogni persona; 3. a favorire la piena partecipazione delle bambine e delle ragazze all’istruzione; 4. a vedere nella famiglia il primo e indispensabile soggetto educatore; 5. ad educare ed educarci all’accoglienza, aprendoci ai più vulnerabili ed emarginati; 6. ad impegnarci a studiare per trovare altri modi di intendere l’economia, di intendere la politica, di intendere la crescita e il progresso, perché siano davvero al servizio dell’uomo e dell’intera famiglia umana nella prospettiva di un’ecologia integrale; 7. a custodire e coltivare la nostra casa comune, proteggendola dallo sfruttamen-

to delle sue risorse, adottando stili di vita più sobri e puntando al completo utilizzo di energie rinnovabili e rispettose dell’ambiente umano e naturale secondo i principi di sussidiarietà e solidarietà e dell’economia circolare.

Cari fratelli e sorelle, con coraggio vorremo impegnarci, infine, a dar vita, nei nostri Paesi di provenienza, ad un progetto educativo, investendo le nostre migliori energie nonché dando avvio a processi creativi e trasformativi in collaborazione con la società civile. In questo processo, un punto di riferimento è la dottrina sociale che, ispirata agli insegnamenti della Rivelazione e all’umanesimo cristiano, si offre come una solida base e una fonte viva per trovare le strade da percorrere nell’attuale situazione di emergenza.

Un tale investimento formativo, basato su una rete di relazioni umane e aperte, dovrà assicurare a tutti l’accesso a un’educazione di qualità, all’altezza della dignità della persona umana e della sua vocazione alla fraternità. È tempo di guardare avanti con coraggio e con speranza. Pertanto, ci sostenga la convinzione che nell’educazione abita il seme della speranza: una speranza di pace e di giustizia. Una speranza di bellezza, di bontà; una speranza di armonia sociale.

Ricordiamo, fratelli e sorelle, che le grandi trasformazioni non si costruiscono a tavolino, no. C’è un’architettura della pace in cui intervengono le istituzioni e tutte le persone, ciascuna secondo la propria competenza, ma senza escludere nessuno (cf FT 231).

Così dobbiamo andare avanti noi: tutti insieme, ognuno come è, ma sempre guardando avanti insieme, verso la costruzione di una civiltà dell’armonia, dell’unità, dove non ci sia posto per questa cattiva pandemia della cultura dello scarto. Grazie Papa Francesco

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La mia classe: un albero

Sou professora da iniciação na escola da Caxila II primária (Ondjiva – Angola).

A escola é muito pequena como compartimentos mas grande em termos de extensão, tem mais salas de baixo das árvores em relação às salas com coberturas que são três e atendem a quinta classe e sexta (cada árvore forma duas a três turmas dependendo do tamanho da árvore).

A experiência de leccionar debaixo das árvores é uma questão de fé e de amor porque não facilita nem ao professor que ensina e nem aos alunos que aprendem devido a distração dos carros, das motorizadas e dos animais que levam ao pasto e até mesmo das pessoas que brincam saltitando de um lado para o outro. Por outra não se tem as mínimas condições para professor dar aulas devido a falta de material didático: qua-

Sono un’insegnante nella classe di iniziazione presso la scuola primaria di Caxila II (Ondjiva in Angola).

Si tratta di una scuola piccolissima come scompartimento ma ampia in termini di estensione, ha più aule sotto gli alberi rispetto a quelle con un tetto, che sono tre e servono per la quinta e la sesta classe (ogni albero ha due o tre classi a seconda della sua grandezza).

L'esperienza di insegnare sotto gli alberi è questione di fede e di amore perché non agevola né il maestro che insegna né gli alunni che apprendono per la distrazione di auto, moto, animali che vanno al pascolo e perfino per le persone che giocano saltando da una parte all'altra; la difficoltà aumenta anche per mancanza di materiale didattico come lavagna, cartelloni, materiale di supporto per l'insegnante oltre che per gli studenti… a volte non c’è neanche una sedia per

20 dros, carteiras, material de apoio do professor assim como dos alunos até às vezes não há nem sequer cadeiras para o professor se sentar.

Dar aulas debaixo de uma árvore é um acto de amor porque a pessoa passa sérios riscos com a própria vida. O ano passado numa das salas caiu um galho. A sorte que minutos antes a directora nessa sala, tinha convocado os alunos que fossem a direção; logo que saíram um galho caíu graça a Deus não havia ninguém na sala. Imaginemos se tivessem alunos? Seria um desastre.

A escola da Caxila II é muito humilde em termos de bens materiais mas rica de amor, de irmandade, de solidariedade, nos momentos bons e menos bons.

A minha experiência como professora na sala de aulas, antes de ensinar os alunos matéria científica, ensino eles a rezar, e a serem amiguinhos de Jesus; transmito os valores humanos, e o respeito mútuo.

Enfim, sou feliz de dar aulas nessa escola. Cada dia aprendo muito com os meus directores, com colegas e com os alunos (dentro e fora da sala de aulas). Os meus colegas também são contentes por me terem e dizem que é uma bênção terem uma colega irmã.

Suor Ruth

l'insegnante per sedersi. Insegnare sotto l'albero è un atto d'amore perché la persona è in serio pericolo con la propria vita: l'anno scorso su una delle aule è caduto un ramo… per fortuna che pochi minuti prima la direttrice era in quella stanza e aveva convocato gli studenti in direzione. Non appena se ne sono andati un ramo grande è caduto improvvisamente e grazie a Dio non c'era nessuno nella stanza… immagina se ci fossero stati alunni? Sarebbe stato un disastro.

La scuola di Caxila II è molto umile in termini di beni materiali ma ricca di amore, fratellanza, solidarietà nei tempi buoni e meno buoni. In classe, prima di insegnare agli studenti argomenti scientifici, insegno loro a pregare, ad essere amici di Gesù; trasmetto i valori umani, e il rispetto reciproco.

Sono felice di fare lezione in questa scuola ogni giorno: imparo molto dai miei presidi, dai miei colleghi, dagli alunni (dentro e fuori dalla classe). Anche gli altri insegnanti sono felici di avermi come collega: dicono che è una benedizione avere una suora che lavora con loro.

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L’ARTE DI ACCOMPAGNARE AL BISOGNO DI SIGNIFICATO! Insegnanti di religione e formazione di Verona in collaborazione A cesi con FISM – Verona, intraprende un

nche quest’anno 2020-2021 la Dio-

viaggio formativo con le insegnanti di scuola dell’infanzia che desiderano mantenere l’idoneità all’insegnamento Religione Cattolica. Più corsi infatti, sono già pianificati, durante l’anno, in presenza e online, per dare a tutte le docenti la possibilità di crescere professionalmente ed effettuare una esperienza che intrecci l’essere e il fare quotidiano a scuola, verso quel Trascendente che è insito nel cuore di ogni bambino e bambina.

Don Antonio Scattolini, delegato vescovile per la pastorale dell’arte, all’avvio di ogni corso, mostrerà a tutte le insegnanti riunite in aggiornamento quanto l’arte può essere nostra alleata nel percorso educativo e quindi come le opere d’arte sono scrigni di vita e mediatrici di incontro. Educare ed educarci alla visione di un’opera d’arte in un mondo in cui tutto corre via velocemente, fa parte di quella saggezza esistenziale in cui ci si percepisce finiti e bisognosi di fermarci su Qualcosa e su Qualcuno che resta per sempre.

E…per opera d’arte non si intende solamente un dipinto, una scultura, un affresco, ma anche qualcosa di vivo: un bel

tramonto, un fiore che apre le sue corolle, un paesaggio, l’immensità del cielo, tutto il mondo creato e tutto l’universo che si muove intorno a noi. Si tratta di imparare a stupirci nella quotidianità! Una bella sfida dunque per chi insegna religione e anche per chi fa altro: accorgerci della vita

che ci attraversa, osservarla e custodirla!

L’arte, nel cammino formativo anche dei piccoli, scioglie la superficialità, rimanda ad una bellezza ulteriore, rende percepibile ai sensi l’anelito spirituale insito nel cuore di ogni uomo e di ogni donna. Ancora potremmo dire che arte è tutto ciò che pulsa nel cuore umano e diventa bellezza visiva per le mani del Creatore e di chi sa disporre forme e colori graditi agli occhi.

Don Domenico Consolini, direttore

22 dell’ufficio diocesano per l’insegnamento della Religione Cattolica, così introduce i corsi di aggiornamento «La formazione per gli insegnanti di Religione Cattolica, anche alla scuola dell’infanzia rientra in quell’aspetto irrinunciabile di formazione permanen-

te che promuove la crescita professionale ma anche quella umana, rafforza le competenze progettuali, organizzative e relazionali per un servizio scolastico di qualità sempre più elevata. Non deve perciò essere considerata come un obbligo o come un compito passivo, ma deve far leva soprattutto sulle motivazioni profonde che muovono l’impegno personale come occasione di maturazione professionale». È fuori dubbio, soprattutto per gli insegnanti che lavorano nelle nostre scuole di Congregazione o in quelle denominate “di ispirazione cristiana”, l’importanza di uno spessore umano alto che mira a fare strada insieme, che va oltre la filosofia dell’io, che riduce gli spazi di autoaffermazione e

competizione, allargandosi ad una nuova antropologia che valorizza nell’esperienza della quotidianità, la condivisione, il donare, lo stare con, il prendersi cura di sé, degli altri, del mondo.

Nelle nostre scuole è allora auspicabile coltivare, consolidare e mantenere la filosofia dell’incontro (tra colleghi, con i dirigenti, con i bambini e con i ragazzi, con le famiglie, fra diversi ordini di scuola, con i territori di appartenenza). E… tutto questo, attraverso una relazione che è rapporto di responsabilità e corresponsabilità.

“Adamo dove sei?”, la responsabilità del proprio sé. “Caino dov’è tuo fratello?”, la responsabilità del fratello!

Così facendo, il cammino dei giorni, nelle nostre realtà educative, sarà leggero, bello, gioioso, generativo, profondo, stupenda possibilità di nascere a vita nuova per allievi, insegnanti, dirigenti!

Suor Agostina

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Con i giovani a Uige (Angola)

A pastoral juvenil tem sido uma experiência única. Ela em si um desafio porque requer, ultimamente, uma preparação, dedicação e entrega... Sim! Tenho lidado directamente com os Amigos de Padre Pedro Leonardi, com os vocacionados em geral, e sou membro ativo do Movimento Eucarístico Jovenil. Com estes grupos juvenis, eu como consagrada tenho procurado ser, no meio deles, um guia, exemplo, e orientadora na medida do possível. * Com o Movimento Eucarístico Jovenil, sou apenas um membro, mas não abstante, não sou um membro comum, sinto a grande responsabilidade de levar o carisma entre eles e fazer chegar com a minha presença no meio deles Jesus. * Com os Amigos de Padre Pedro Leonardi, nos reuníamos todos os Domingos

La pastorale giovanile è un’esperienza unica. È una sfida in sé perché richiede preparazione, dedizione e consegna... Sì! La vivo direttamente con gli Amici di Padre Pietro Leonardi, con i vocazionati in generale e sono un membro attivo del Movimento Eucaristico Giovanile. E con questi gruppi giovanili, io, come persona consacrata, cerco di essere tra loro una guida, un esempio e di orientare nella strada per quanto mi è possibile. * Con il Movimento Eucaristico Giovanile, sono solo un membro, ma nonostante questo, non sono un membro qualsiasi, e sento la grande responsabilità di portare loro il carisma, di far sperimentare con la mia presenza Gesù in mezzo a loro. * Con gli Amici di Padre Pedro Leonardi, ci incontravamo ogni domenica dopo la Messa delle 10 e restavo con loro quando mi era possibile.

Parlavamo di vari argomenti; sociali, teologici,

24 após a Missa das dez horas e permanecia com eles quando fosse possível. O conteúdo, falávamos sobre vários assuntos: sociais, Teológicos, religiosos e Morais.

Com eles, nesta fase da pandemia, criamos um grupo no WhatsApp para facilitar a comunicação. Debatemos temas e criamos outras dinâmicas. Não tem sido fácil, porque nem todos têm condições para aceder a internet. * Ao passo que com os vocacionados e as aspirantes externas desde que iniciou a covid-19, tive pouca comunicação com eles por falta de condições. Mas o desejo de entrar em contato com eles é forte.

Para mim, esse período não tem sido fácil, mas o vivo com muita fé. Acreditando que Deus me pede talvez de parar um poco na minha vida. Porque o normal tem sido uma correria: vai-se a escola, as actividades, e muitas vezes não permite aquele encontro pessoal com o Senhor, e com o seu interior. Quem sabe o Senhor talvez permitiu que isso acontecesse para um retiro, para uma paragem das nossas correrias. É mais ou menos isso o que eu tenho a dizer a respeito da pastoral juvenil.

Suor Joana Manuel

religiosi e anche morali. Con loro in questa fase della pandemia, abbiamo creato un gruppo su WhatsApp per facilitare la comunicazione. E lì dibattiamo temi e altro ancora. Non è facile, perché non tutti possono permettersi Internet. * Mentre con i vocazionati e le aspiranti esterne dall’inizio del covid-19, ho avuto poca comunicazione a causa della mancanza di possibilità. Ma ho già la voglia di mettermi in contatto con loro.

Questo periodo non è facile per me, ma lo sto vivendo con molta fede. Credo che Dio mi voglia forse fermare un po’ di più nella mia vita. Perché normalmente è una corsa: vai a scuola, alle attività, e questo spesso non ti permette quell’incontro personale con il Signore, l’incontro interiore. Chissà, forse il Signore ha permesso che questo accadesse per un ritiro, per una sosta nella nostra corsa. Questo è più o meno quello che ho da dire sulla pastorale giovanile.

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#tuttinsieme180! Che bello ripartire Scuola Le Grazie - Massa

A

l via dal primo settembre le lezioni in sicurezza alla scuola “Le Grazie”.

Con grande entusiasmo i bambini della scuola primaria hanno iniziato alcuni momenti di recupero didattico d’italiano e matematica negli ambienti sanificati e distanziati.

A fine agosto ai genitori delle varie clas-

alto, l’azzurro. Si respira aria pulita e buona, a contatto con la natura in un silenzio di pace, rotto solo dagli intervalli gioiosi dei bambini.

La difficile sfida è quella di mantenere una scuola sana, in un ambiente sano e familiare, con una comunità scolastica partecipe e collaborativa. Le Maestre accolgono

si è stato presentato il progetto ripartenza: #tuttinsieme180 per dare avvio a questo nuovo anno con le precauzioni antipandemia e i protocolli messi in atto. Le aule e gli altri spazi sono allestiti per mantenere la giusta distanza, la mensa preparata per accogliere i bambini in gruppi ben distinti all’esterno, nel grande cortile sono dipinti a terra i percorsi e i luoghi di gioco delle classi. La nostra scuola ha dalla sua parte la grande oasi di verde in cui è immersa, collocata su una collina tra il cielo e la terra, dove si ammirano, in uno stacco di colori splendidi, il mare, gli olivi, i limoni e i castagni, coronati dalla cinta verde delle Apuane che tocca, in

i bambini con orari distanziati ed entrate differenziate. Il magnifico spazio del nostro cortile offre agli alunni la possibilità di fare lezione all’aperto.

Ma il bello è soprattutto rincontrarsi dopo tanti mesi di lontananza dai compagni e dagli insegnanti: quanti i sorrisi dietro la mascherina, gesti di amicizia, espressioni buffe, divertite e divertenti e gli immancabili scherzi! Che impressione, soprattutto le prime volte nell’igienizzarsi le mani, con i volti mascherati e tutti da riconoscere, tra il serio e lo strano, in attesa dei compagni, pensando alle novità scolastiche e ai nuovi giochi da inventare! I gruppi dei bambini riparto-

26 no imparando e inventando in modo giocoso saluti alternativi e originali per applicare senza troppa ansia tutte le regole per star bene insieme e a distanza come ci chiede con responsabilità la situazione che stiamo vivendo. Abbiamo una nuova routine quotidiana piena di procedure di attenzione, ma anche di gioia e di creatività.

Anche le tre sezioni della scuola dell’infanzia e la sezione Primavera, nel loro mitico parco gioco, vivono molto gli spazi esterni, con grande felicità. Non a parole, ma con un’esplosione di gioia, di movimento, il desiderio di stare insieme e di giocare i giochi più strani e fantastici, si fa viva tutta la voglia di rompere l’isolamento e la distanza a cui ci ha costretto il lock-down.

Il tempo che si prospetta, non è semplice, le insidie e il pericolo ci tallonano, ma siamo fiduciosi che con l’aiuto del Padre Celeste, la dedizione dei nostri insegnanti e l’impegno di tutti, soprattutto delle nostre fami-

glie, valore aggiunto della nostra scuola, riusciremo ad avviare e a vivere serenamente questo nuovo anno scolastico.

Infine, occorre dire che lo slogan scolastico che sintetizza il nostro progetto educativo per il 20202021 è: #tuttinsieme180. Questa espressione indica il carisma che anima il nostro stile educativo: camminare tutti insieme, senza che alcuno si fermi ai margini di un percorso troppo distante e accogliere tutti con spirito di famiglia e di cura. Il nostro istituto scolastico quest’anno celebra i 180 anni di vita a Massa, essendo stato fondato nel 1841 sul bel colle di Volpigliano accanto al Santuario della Madonna delle Grazie, protettrice, dall’alto, della città. A Lei, affidiamo con speranza le famiglie e tutti i bambini che varcano con fiducia la soglia delle scuole, per un nuovo percorso scolastico insieme.

Gli insegnanti

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Caro L’Albero…

Maggio 2020 aro L’Albero, certo, non è perfetto italiano... ma resti comunque “L’Albero” non “un albero”, o, come dicono le maestre, “l’ippocastano”. Devo darti una cattiva notizia...

Per quest’anno non si torna a scuola, se ne riparla a settembre e quindi finisce così... con noi a casa davanti al computer a cercare, col massimo impegno di tutti, di fare il possibile... Certo però che non è la stessa cosa...

Giovedì scorso sono passato da scuola a trasformare dei fogli di carta in schermate di computer (che stranamente è una motivazione giusta per poter uscire di casa... non so cosa diresti tu) e ti ho trovato un

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po’ triste ed un po’ solo, pur nella bellezza della tua fioritura e nella compagnia attenta, premurosa e silenziosa che ti fanno le suore. Penso che anche a te manchi il momento migliore della giornata: la ricreazione lunga... Lì veramente potevi divertirti...

Escluso il mal d’orecchie, naturalmente (ma tu le hai le orecchie?) e le pallonate sui rami (fanno male?... Credo di no...

Grande e grosso come sei cosa potrà farti un pallone giallo, mezzo sgonfio, tirato da un bambino...). Si riusciva a litigare per: le foglie gialle dell’autunno, le castagne (che comunque non sono buone da mangiare), i ricci, i rametti... E nel periodo di

40 anni in Nunziatura – Costa d’Avorio Quest’anno si celebrano i 40 anni di presenza delle Figlie di Gesù a servizio della Nunziatura Apostolica in Costa d’Avorio.

Scrive S.E. Mons. Paolo Borgia, attuale Nunzio (nella foto con le nostre sorelle): Alle Figlie di Gesù in occasione del 40° anniversario della loro presenza nella Nunziatura Apostolica ad Abidjan con animo riconoscente per il generoso sostegno al ministero petrino e a favore della Chiesa in Costa d’Avorio.

28 Carnevale, che era caldo, ti abbiamo visto germogliare... poi più... a casa... Sai che mi manchi? Mi manca la palla-testa (sport locale praticato in esclusiva MONDIALE nel cortile delle Figlie di Gesù) le urla, le sbucciature, le liti da comporre (o forse scomporre per evitare danni maggiori).

Tu, L’Albero, sei un simbolo... lo sapevi? Perché le tue radici corrono fin sotto la scuola, sono parte delle sue fondamenta... E le tue foglie arrivano fin sopra ai tetti, lanciate verso il cielo ed il sole. Tu sei la scuola e nello stesso tempo sei oltre la scuola...

Tu sei grande ed antico e come tutte le cose grandi ed antiche dovresti anche essere saggio...

Tutti quanti ci chiediamo a cosa può servire questo lungo periodo a casa, e io mi sono fatto alcune idee... Ad apprezzare fino in fondo la scuola, cioè la possibilità non tanto di imparare (perché quella c’è anche adesso...), ma soprattutto di farlo insieme, vicini, sotto la stessa ombra, la tua, o sotto lo stesso sole. Ad apprezzare fino in fondo la mia casa e la mia famiglia, anche se non sono perfette proprio per nulla... Ed in questi giorni si vede, ma ci sono... ed è lì che devo stare... ed è lì che ci prendiamo cura gli uni degli altri (o almeno dovremmo farlo).

A scoprire altre cose di me stesso e degli altri, nuovi aspetti, diversi punti di vista, altri modi creativi di sentirci vicini.

Ti chiedo se sei d’accordo... Cosa ne pensi tu... caro L’Albero? Quelli grandi della quinta saranno in un’altra scuola l’anno prossimo, ma tu sarai lì ad aspettarli vero? Ogni volta che vorranno tornare a vederti!

Quelli piccoli della prima non ti hanno capito fino in fondo... Forse non hanno in mente che ogni anno di scuola è un autunno... un inverno... una primavera... un’estate... e poi ci si ritrova all’inizio di un nuovo autunno, con le tue foglie che tornano gialle ed iniziano a cadere e le suore che iniziano a spazzare... e i bambini che raccolgono i rametti...

Quando torneremo saremo più grandi, quando torneremo saremo più uniti, quando torneremo, se tutto ha avuto un senso, ci vorremo più bene e forse saremo anche più capaci di dircelo. Giovedì scorso non ho fatto una cosa che ti prometto che farò la prossima volta che ci vediamo: credo che scavalcherò il muretto (cosa VIETATA) poi scavalcherò anche la panchina verde (COSA ASSOLUTAMENTE VIETATA) e verrò ad abbracciarti! (Tanto tu il virus non ce l’hai di sicuro). Sai che in tanti anni che ti conosco non l’avevo mai fatto? Ecco a me questo periodo ha insegnato che ho voglia di abbracciarti, L’Albero!

Con tanto affetto, Simone, insegnante Scuola Primaria di Modena

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Una lettera da Reggio Emilia

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arissime Suore, raccontare cosa abbia rappresentato per me il percorso alle Figlie di Gesù senza incorrere nelle banalità non è facile.

Nelle vostre braccia ho trovato conforto il primo giorno in cui ho lasciato Giulia, la mia primogenita, alla scuola materna. Mi avete detto : «mamma tranquilla, ci siamo noi» ed in effetti non mi avete delusa; voi ci siete sempre state!!

Insieme a Voi siamo cresciuti, le ragazze come persone ed io e Marco come genitori.

La scuola è diventata come una seconda casa, un posto sicuro.

Tra le vostre mura abbiamo riso, pianto regolarmente ad ogni recita di Natale e ci siamo emozionati vedendo le ragazze imparare a scrivere e constatando ogni loro progresso intellettivo.

Talvolta noi genitori abbiamo sottovalutato quante cose la scuola facesse per noi, cosa davvero rappresentasse anche per i ragazzi poi è arrivato il famoso covid che ci ha imposto uno stop.

Abbiamo imparato in quei difficili giorni che questi nostri ragazzi, che qualcuno ama definire nativi digitali, in realtà non sanno

fare a meno di guardare negli occhi l’amico e la maestra.

Ora sappiamo che è difficile insegnare la matematica o l’italiano ai nostri ragazzi; cercare di tenere alta la loro attenzione per più di dieci minuti non è banale. I figli hanno un mondo enorme dentro, fatto anche di complicità con una figura speciale

come la propria maestra, alla quale non nascondono nulla e con la quale sanno di potersi aprire liberamente, o con la Suora che li vede entrare tutte le mattine a scuola e che capisce alla prima occhiata cosa c’è che non va.

Insomma la scuola non è solo didattica, è tanto altro e fortunatamente voi lo sapete bene!

Ora è arrivato il momento di salutarci ma volevo ringraziarvi e assicurarvi che avrete sempre un posto speciale nel mio cuore, continuerò a sentirmi parte della scuola pur essendo lontana.

Grazie per la fiducia che mi avete sempre dimostrato e l’affetto incondizionato che mi avete regalato.

Un abbraccio lungo e forte Una mamma affezionata

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Uno “sciopero” riuscito!

Scuola Le Grazie – Massa

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a mobilitazione nazionale del personale e degli alunni delle scuole paritarie svoltasi il 19 e 20 maggio, sembra aver raggiunto in breve tempo il suo scopo. Nello specifico è stata una iniziativa che ha coinvolto migliaia di persone fra studenti, genitori e docenti della scuola paritaria. Si è trattato di uno sciopero sui generis: non sono state sospese le lezioni, ma si è rafforzata l’idea di comunità scolastica, con la sensazione anzi la certezza di appartenere come scuola paritaria, ad una grande comunità, di essere chiamati a svolgere un servizio per la società sia del presente ma soprattutto di quella del futuro. Una due giorni nella quale oltre alle regolari lezioni, le scuole hanno realizzato video, interviste, flashmob, dirette Facebook il tutto per sollecitare il Governo a prendere in considerazione il problema della scuola paritaria, alla luce del diritto alla libertà di scelta educativa, proprio di ogni famiglia. La nostra scuola ha aderito a questa iniziativa, coinvolgendo i bambini ad una riflessione sul valore dell’edu-

cazione, della scuola e rendendo partecipi i più grandi sulla libertà sancita dalla Costituzione. Ciascun alunno è stato invitato ad esprimere il suo parere sulla scuola e sugli aspetti che più sono graditi. I bambini hanno dato vita ad una sana competizione tra le varie classi, realizzando bellissimi disegni, poesie, elaborati, power point, ma soprattutto video, evidenziando ciò che la scuola offre: la condivisione dei valori cristiani e umani, ampi spazi fruibili, molteplici attività, amorevole apprez-

zamento nei confronti delle suore, degli insegnanti e dei compagni. Anche alcuni docenti, sono scesi in campo realizzando in proprio, dei video davvero azzeccati, che evidenziano l’ambiente eccellente, dove i quotidiani sacrifici sono ripagati

31 ogni giorno, dal sorriso dei loro alunni.

I genitori degli studenti sono stati parte attiva di questa due giorni: alcuni di loro sono stati protagonisti di un video, visibile sul sito Facebook della scuola, nel quale hanno reso testimonianza sulle motivazioni che li hanno spinti ad iscrivere i loro

figli alla scuola paritaria delle Grazie. Motivazioni che convergono quasi tutte, nel trovare nella scuola il luogo ideale in cui condividere i valori cristiani, un ambiente sano, sereno, circondato dal verde, dove far emergere al meglio le potenzialità dei loro figli.

Gianluca Giovannini

Un grest “occasionale” Libiola (MN) Non era scontato quest’estate riuscire ad organizzare il Grest estivo in tutta sicurezza e in velocità, ma… ci abbiamo creduto!

Abbiamo creduto negli animatori, nei ragazzi, nei genitori che per un mese intero ci hanno affidato i loro figli.

Siamo partiti da don Pietro che ha amato i ragazzi e ci siamo chiesti: Ma io, mi lascio amare? So amare?

Tutti abbiamo un amico che ci ama incondizionatamente: Gesù! E lo abbiamo sperimentato nel gioco, nell’organizzazione, nella sicurezza, nella Confessione, nella Messa e… nella risottata finale.

Un grazie speciale a tutti e a ciascuno per questo… Grest occasionale!

Suor Maria Carla e gli animatori

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Collegio Santa Chiara Como Scuola dell’Infanzia – Scuola Primaria – Scuola Secondaria di 1° grado Via Santa Chiara 10 – COMO – Mail: collegio.santachiara@virgilio.it Sito: www.collegiosantachiara.it Facebook: Collegio Santa Chiara, Como

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l contributo all’iniziativa #NOISIAMOINVISIBILIPERQUESTOGOVERNO del nostro Collegio è stata la classica “goccia in mezzo al mare”, ma insieme a tutte le altre gocce siamo riusciti a smuovere qualcosa. Grazie al lavoro svolto da tutte le associazioni che rappresentano il mondo delle scuole paritarie cattoliche svolto in questi ultimi mesi e al rumore costruttivo di questi giorni di mobilitazione che in poco tempo ha visto la partecipazione attiva di migliaia di persone, abbiamo ottenuto un impegno politico trasversale che però adesso va valorizzato e concretizzato. Per salvare le scuole paritarie serve circa 1 Mld di euro che si otterrebbe dalla detrazione della retta secondo i costi standard, dall’incremento del fondo per scontare la retta, dallo sconto dei tributi, dai fondi per la pulizia straordinaria anche per le scuole

paritarie, dal finanziamento della didattica a distanza, dagli aiuti da parte delle Regioni, Provincie e Comuni e da ultimo dall’intervento della CEI – Ma come sono stati vissuti questi 2 giorni da docenti, genitori e alunni della nostra scuola?

Ecco alcune testimonianze.

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na settimana intensa, sabato l’incontro straordinario di tutto il Consiglio di Istituto, la presa di coscienza con l’aiuto di Suor Anna Monia di quanto fosse stato fatto in questi mesi, ma di quanto importante da parte di tutti in questo momento unire le forze per farci sentire, per NON ESSERE INVISIBILI. Sono stati giorni importanti di collaborazione tra docenti e genitori (collaborazione che nella nostra piccola realtà esiste da sempre) scesi in campo gli uni insieme agli altri per supportare la SCUOLA, non certo l’am-

33 biente ma le persone che sono la SCUOLA: insegnanti, ragazzi, genitori. Le idee non sono mancate, abbiamo reso partecipi i ragazzi delle iniziative partendo da loro, dai visi che ogni giorno noi vediamo attraverso il monitor con la didattica a distanza, quei ragazzi che non vogliamo veder scomparire dalle nostre aule della scuola. Le foto che sono arrivate sono servite per fare capire in modo efficace quanto sia importante supportate tutti i genitori che si trovano oggi, ma che si troveranno anche i prossimi mesi, a dover fare una scelta per il futuro dei propri figli. La diretta Facebook di mercoledì 20 maggio ci ha permesso di unire insieme anche altre scuole paritarie nella provincia di Como.

Per noi questi mesi non sono stati facili, abbiamo cercato il più possibile di raggiungere i ragazzi attraverso la didattica a distanza,ci abbiamo messo tutti impegno e passione, ora un primo traguardo è stato raggiunto per poter ritrovare i ragazzi il prossimo anno scolastico.

DOCENTE (scuola secondaria 1° grado): Prof.ssa Daniela Ravazza

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ciopero... Questa parola ha colpito come un fulmine a cielo sereno.

Non avrei mai immaginato che potesse accadere, ma purtroppo quello che è successo e sta succedendo ha coinvolto tanti aspetti della nostra vita. Come l’ho vissuta da genitore di una dodicenne? Inizialmente a dire il vero, non sapevo nemmeno bene le motivazioni di una protesta così decisa. Ma man mano che raccoglievo informazioni e testimonianze ho capito bene il vero nocciolo della questione, non semplice da affrontare. Per nostra figlia abbiamo scelto con convinzione la scuola paritaria e ne siamo stati entusiasti e soddisfatti sin dalla scuola dell’infanzia, scel-

ta che si è mostrata validissima anche in questi mesi di estrema difficoltà per tutti.

Negare la possibilità di poter fare la scelta che abbiamo fatto noi, che non è solo una questione didattica ma anche di un percorso educativo e di valori, mi sembra a dir poco riduttivo. Come gli altri genitori della nostra scuola con i quali abbiamo vissuto questi due giorni, spero vivamente che la nostra forma di protesta faccia arrivare ai nostri governanti le nostre ragioni: è fondamentale investire nella scuola e soprattutto lasciare la possibilità di scegliere. Vogliamo che i nostri figli e tutta la nostra scuola con i docenti e tutto il personale, diventino VISIBILI, vogliamo che siano fatti investimenti per l‘educazione dei nostri figli che rappresentano il nostro futuro. Ringrazio chi con la testimonianza e il mettersi in prima linea ci ha aperto gli occhi. E spero che il percorso iniziato con la nostra protesta arrivi in alto e permetta di ricominciare a pianificare i prossimi anni nella scuola che abbiamo scelto con convinzione.

GENITORE: Annalisa Vandoni

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uando è arrivata la notizia che martedì 19 e mercoledì 20 maggio avremmo fatto sciopero all’inizio non nascondiamo che eravamo un po’ felici... saltare 2 giorni di scuola non fa mai male. Ma poi ci siamo fatti spiegare dai nostri genitori il motivo dello sciopero e anche il nostro punto di vista è cambiato.

Speriamo che i politici, il governo, ascoltino la nostra voce e capiscano quanto è importante per noi tornare al più presto a scuola e soprattutto che anche le scuole paritarie come la nostra non siano costrette a chiudere... mai.

ALUNNI: Riccardo (2° media) e Giada (1° media).

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Nella luce del Risorto Suor GUGLIELMA BERGAMASCO Nouic (Francia) 26.11.1933 Modena 23.04.2020

«Un fiore bianco in campo rosso», così mons. Giovanni Cappelletti definisce Amalia – che poi sarebbe diventata sr Guglielma – il giorno del suo ingresso in postulato il 7 dicembre 1953. Da s. Pietro in Valle, infatti, «paesello del basso veronese, di colore piuttosto rosso vivo… è spuntato un fiore bianco», continua ancora mons.

Cappelletti, allora suo parroco.

Sr Guglielma non ha ancora 20 anni, è nata in Francia perché il papà Luigi – come accadeva già allora – era emigrato in cerca di lavoro, e là aveva conosciuto Anna Reiff, protestante che poi si era convertita al cattolicesimo: una grande donna, un faro per la vita dei figli e di tutta la famiglia. In realtà ha rimandato per un po’ il suo ingresso per poter dare una mano in casa accudendo la nipote appena nata. E il legame affettuoso con la famiglia è ciò che ha sempre conservato con cura, tanto che fino alla fine ha tenuto all’appuntamento fisso della telefonata della domenica sera con il fratello.

Fin dagli inizi, si caratterizza per il suo entusiasmo per le piccole cose e per la bellezza, che fa di lei una persona capace di cogliere sempre il positivo: sulla sua bocca e in sua presenza non trovano spazio le critiche negative, mentre sono ampiamente e volentieri ospitati il grazie e l’esclamazione stupita di fronte a ciò che è bello.

Per qualche anno è stata in Angola, facilitata dalla sua predisposizione per le lingue, dove ha incontrato come sempre la simpatia delle persone e soprattutto l’apprezzamento

dei sacerdoti, che la ricercano per consigli spirituali, frutto di quella profonda vita interiore che ha sempre coltivato.

Dovunque arriva sa farsi piccola con i piccoli, ricca di slancio e di inventiva nel gioco con le ragazze, attenta e vicina con gli adulti, sempre sorridente e portando a Gesù, da cui si sente custodita e amata, tanto che negli ultimi giorni della sua vita dice ad una sorella di essere nelle mani di Dio e anche quando perde l’uso della parola a chi le chiede come sta indica il cielo. Certamente gli ultimi anni non sono stati facili per il venir meno delle forze e dei contatti, ma niente l’ha distolta dall’assidua presenza in comunità, dal coltivare relazioni familiari e dall’incessante preghiera: puntuale a tutti gli incontri, si vede arrivare con il suo girello e un sacchetto di carta in cui tiene il libro delle preghiere, alcuni libretti con le sue devozioni, in particolare quella della Coroncina della Divina Misericordia, e le Costituzioni, e a chi le suggerisce di non portarle sempre con sé ribatte sorridente che ne ha bisogno.

Carissima sr Guglielma, ti ringraziamo per il tuo entusiasmo e per la luce presente nei tuoi occhi; ti chiediamo di intercederli anche per noi tutti, perché impariamo a cogliere la Bellezza del Creatore nelle creature.

Nella preghiera ricordiamo: Antonio Justino, papà della post. Deusencia Giuseppina, sorella di sr Bellarmina Adriana, sorella di sr Bianca Germana Sr Eletta, sorella di sr M. Lucia p. Pino, sdb, fratello di sr Eurosia

35 Suor LAVINIA BERTOLI Oppeano (VR) 20.02.1935 Modena 27.06.2020

Maria Pia Bertoli (sr Lavinia) lascia la sua parrocchia di origine e il suo paese, Vallese (VR) a 16 anni, attratta dalla vita religiosa e dal carisma di don Pietro Leonardi. È già orfana di padre e di lei il parroco scrive che è «zelante nelle opere di apostolato parrocchiale».

Chi l’ha conosciuta nell’arco della sua vita può certamente sottoscrivere quanto don Mario Soriolo scriveva già nel 1951.

Sr Lavinia ha trascorso la sua vita prevalentemente nelle comunità grandi, a contatto diretto con i ragazzi della scuola, della colonia estiva al mare, della parrocchia. Il suo carattere forte e schietto, a tratti un po’ burbero, le ha creato qualche difficoltà sia in comunità sia nell’apostolato, ma quasi sempre, subito dopo uno screzio o una presa di posizione dura, era capace di riparare con atti di generosità grandi, per cui ha goduto del bene sincero soprattutto dei piccoli e dei poveri.

Tra i ragazzi aveva una sintonia particolare con i maschi, soprattutto quelli un po’ discoli e indisciplinati, che riusciva a trasformare quasi magicamente con uno sguardo in remissivi e sinceramente affettuosi, per cui non era raro vederla con il fischietto mentre arbitrava una partita o coordinava le docce al mare, attorniata da uno stuolo di vocianti ragazzini che facevano a gara per ricevere una parola e un’occhiata da lei. Anche nella vita comunitaria si prodigava in ogni tipo di lavoro e di servizio per rendere più accogliente la casa e per sollevare le sorelle che ha sempre amato con affetto e attenzione concreta. Una delle sue passioni più grandi erano le rose, e si poteva scoprire il suo passaggio nelle varie comunità proprio dalla presenza della coltivazione sapiente e precisa di tale fiore.

La malattia l’ha colta piano piano e – dopo un’iniziale difficoltà – ha forse portato alla luce il suo cuore semplice e sensibile, secondo lo spirito dell’infanzia del Vangelo, con un

abbandono fiducioso e incondizionato all’infermiera che la accudiva.

Cara sr Lavinia, ti ringraziamo per il bene che hai voluto a ciascuna di noi, alla nostra Famiglia Religiosa e alle persone che hai incontrato.

Ora che sei giunta alla meta dell’abbraccio di Dio, in compagnia di Maria alla quale ti sei sempre affidata in modo particolare, intercedi per noi la tua dedizione e la tua capacità di non arrendersi mai nel lavoro su di sé.

Suor TERESA BONFANTE Erbé (VR) 20.01.1935 Verona 29.06.2020

«A tutti chiedo perdono delle mancanze che involontariamente ho fatto. Metto tutto nel cuore misericordioso di Gesù.

Chiedo preghiere per la mia povera anima: so di aver peccato molto, ma posso dire di aver tanto amato tutti tutti tutti».

Così scrive alla Madre sr Teresa in una sorta di testamento spirituale nel quale fa un bilancio della sua vita e esprime le sue volontà anche riguardo al suo funerale: andare ad Erbé, suo paese di origine; solo sette rose bianche sulla cassa e il Crocifisso che ha sempre tenuto con sé, regalo della Parrocchia. E queste tre richieste possono essere i sim-

36 boli che ci aiutano a leggere la sua vita.

Parte da Erbé nel 1958 per entrare tra le Figlie di Gesù, lasciando suo papà, la sorella Nerina, che da quando è morta la mamma si è occupata di lei e di tutta la famiglia, il fratello Nereo. A dire la verità le suore non avevano neanche pensato che potesse compiere questa scelta, per il suo «carattere molto vivace e un poco rustico» – scriverà sr Teresa stessa quasi 50 anni più tardi. Ma già prima di fare la prima comunione in lei «batteva un cuore missionario»! E il legame con la famiglia, l’amore per Gesù e per le missioni e i poveri, l’attenzione ai piccoli e la gioia di essere Figlia di Gesù l’hanno accompagnata per tutta la vita, insieme alla consapevolezza dei suoi limiti, a cui non si è mai arresa.

Ecco dunque il desiderio di riposare a Erbé per essere vicina ai genitori e alla sorella.

Le sette rose bianche invece ci ricordano il suo impegno concreto per i poveri e anche il suo amore per Gesù, l’unico sposo per il quale ha vissuto e che ha cercato nei piccoli, tanto che «i soldi risparmiati per i fiori del funerale si possono dare ai poveri» – chiede ancora ella stessa.

Poi, come motore di tutto, il Crocifisso, il Signore che ha seguito tutta la vita e a cui nell’ultimo tempo ha chiesto la forza per sopportare bene il dolore, ma anche il segno di un legame con chi glielo aveva regalato.

Sr Teresa è stata capace di intessere relazioni durature e affettuose, familiari, come testimoniano soprattutto i parrocchiani di Aulla, dove è stata negli ultimi 30 anni, a servizio della Scuola dell’Infanzia e della parrocchia. Scrive un abitante del paese toscano di lei: «Affabile, premurosa e sincera, ma anche decisa e attiva. Presente in ogni momento, dalle celebrazioni più belle e curate bisognose di mille attenzioni ai lavori più umili, con il suo grembiulone». E capace di coinvolgere tutti nella sua attenzione per i poveri e per le missioni, attraverso la Caritas e la sua iniziativa costante.

Carissima sr Teresa, grazie per la tua gioiosa presenza in mezzo a noi, per la tua attenzione concreta e affettuosa a partire dai piccoli. Ora che sei giunta alla meta, intercedi per noi il tuo stesso slancio missionario e la tua capacità di intessere legami e di essere vicina alle persone.

Suor MICAELA MIRANDOLA

Cadeglioppi (VR) 08.03.1931 Verona 02.08.2020 Agnese Mirandola (la nostra sr Micaela) è nata a Cadeglioppi (VR) 89 anni fa in una famiglia di agricoltori numerosa, ricca di fede e di valori, abituata ad affidare la propria vita nelle mani della Provvidenza di Dio. Ben presto capisce che il Signore la chiama e, sull’esempio di altre ragazze del suo paese in quel periodo, a vent’anni non ancora compiuti entra tra le Figlie di Gesù.

Ha uno spiccato senso pratico ed una precisione particolare, che mette fin da subito a disposizione della casa, delle consorelle, delle persone che incontra nelle parrocchie e nelle scuole dell’infanzia in cui vive nei suoi lunghi anni di consacrazione religiosa.

Il suo stile e la sua dedizione traspaiono soprattutto dagli anni in cui ha vissuto nella Comunità di Mater Christi a Roma: è attenta alle sorelle che vi giungono per studiare, a quelle che arrivano per la prima volta da altri Paesi, ai sacerdoti che soggiornano nella nostra residenza. Il suo è un servizio concreto, volto al buon andamento della casa, ma lei è particolarmente incline a creare un vero clima di famiglia, tanto che quando le sorelle studenti giungono da

37 scuola nel primo pomeriggio, le aspetta, sta con loro e le serve mentre pranzano e chiede se le lezioni sono state interessanti, che cosa hanno imparato … insomma si prende cura delle persone e cerca il dialogo, perché ognuno si senta accolto e percepisca un affetto sincero. È una suora buona e generosa, entusiasta della sua missione apostolica spesa nel servizio per ogni persona ed in questo vive con gioia e dedizione la sua maternità spirituale come chiede il nostro padre fondatore ad ogni figlia di Gesù; per questo comunica amore e si fa voler bene da tutti. Trasmette chiaramente un messaggio di semplicità evangelica per tutto ciò che riguarda se stessa e le sue scelte, cercando di far trasparire l’unico essenziale, vero bene, il Signore Gesù.

Ad una sorella confida: “Non riesco a lavorare e pregare, perché quando lavoro devo concentrarmi su quello che faccio, ma so di essere alla presenza del Signore e tutto ciò che faccio è per lui: alla mattina quando mi alzo offro tutta la mia giornata a lui, questo mi basta”.

Negli ultimi anni della sua esistenza terrena vive serena e accogliente in mezzo alle sorelle del SS. Nome di Gesù: pur nella sofferenza di non poter più servire concretamente il prossimo è felice perché è certa di essere nella volontà di Dio che nel suo amato Figlio continua ad accompagnarla con amore in ogni stagione della sua vita.

Carissima sr Micaela, ci hai lasciati in silenzio, passando nel sonno all’Eternità, quasi a ricordarci che è necessario essere pronti sempre. E il Signore è venuto a prenderti proprio di domenica: ora che celebri con Lui e con tutti i santi la Liturgia del Cielo, intercedi per noi la semplicità gioiosa di chi si dona completamente e nella gratuità a Dio e ai fratelli.

Suor FIORENZA BERTOCCHI Maclodio (BS) 07.06.1923 Verona 02.10.2020

Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria degli Angeli Custodi, sr Fiorenza è entrata nel luogo preparato per lei, unendosi alla Liturgia del Cielo. È stata testimone di eventi storici, ha incontrato persone sante e importanti, ha attraversato con intensità cambiamenti epocali… sempre impegnata e attiva in quanto le è stato donato di vivere.

Nasce a Maclodio, in provincia di Brescia, più di 97 anni fa, e molto presto – come testimonia in un biglietto il suo parroco dell’epoca – intuisce la chiamata del Signore al Convento; «il mondo – continua don Andrea – si offrì anche a lei, ma essa disdegnò ogni partito – anche buono – per seguire la vocazione» e a 18 anni entra tra le Figlie di Gesù, nel giorno dei Santi Arcangeli, il 29 settembre 1941. Ha tre fratelli maschi che, insieme al papà sono felici della sua scelta; la mamma – che l’aveva iniziata al cucito fin da quando aveva tre anni - fa più fatica, perché vede venir meno un valido aiuto in famiglia. Da questi inizi possiamo già vedere ben delineate le sue caratteristiche: amante del bello, decisa e di preghiera.

Il periodo iniziale in Convento non è facile: siamo in piena seconda guerra mondiale e anche il noviziato delle Figlie di Gesù deve sfollare a Gaon di Caprino (VR) e vivere le ristrettezze del periodo; sua compagna è sr Maria Edvige Zivelonghi e da quel momento il suo nome sarà sempre associato a quello della nostra venerabile. Proprio in quei giorni, sotto la direzione di Madre Giuliana, coltiva la devozione a Maria secondo la spiritua-

38 lità di san Luigi Grignion de Montfort e a lei si affida e con lei cammina per tutta la vita.

Già prima di entrare è esperta in ricamo, e mette a disposizione il suo dono nelle scuole di lavoro, con la prerogativa tutta sua di riuscire a far amare l’arte del cucito, dell’uncinetto e in particolare del ricamo alle bambine e alle ragazze.

Il suo tratto deciso la fa apparire ad un primo impatto un po’ seriosa, nobile e poco avvicinabile, ma in realtà chi la conosce fa esperienza della sua affabilità, della facilità con cui intesse relazioni, di una capacità di curare i legami e di una maternità particolarmente accogliente. La conversazione con lei è sempre ricca di stimoli, gradevole e abbondante di esperienza e di preziosi consigli che aiutano a vivere da veri cristiani.

Alla sua attività, alla sua precisione, alla costante e intensa preghiera, unisce una grande capacità di essere al passo con i tempi: legge molto, si informa soprattutto di ciò che riguarda la sua Diocesi di origine e… dello sport, tanto che è sempre aggiornata su quanto accade al Brescia.

Carissima sr Fiorenza, hai vissuto con entusiasmo e decisione fino agli ultimi giorni di questa tua vita terrena e sei morta “sazia di giorni” come i patriarchi dell’Antico Testamento. Ora che il gruppo del Noviziato si è ricomposto per intero nella Chiesa Celeste, prega per noi e intercedi per noi la capacità di ricercare il bello e di assaporare la vita a servizio del Signore e dei fratelli che ti hanno caratterizzato.

SUOR MANSUETA PIGNATA Angiari (VR) 20.04.1935 Luanda (Angola) 08.10.2020

Mentre la luce del giorno si spegne e le attività normali stanno cercando una graduale ripresa, quasi senza che potessimo presentire qualcosa, sr Mansueta è tornata alla Casa del Padre, invocando il Nome di Gesù, attorniata dalle sorelle che ha visto crescere, sbocciare e fiorire nella sua amata terra d’Angola.

Sr Mansueta è nata in un paesino della Bassa Veronese, Angiari, 85 anni fa e la sua vocazione è maturata nella semplicità, in una famiglia cristiana come quelle di una volta.

Quando entra tra le Figlie di Gesù sta per compiere 24 anni. Sono anni di fermento nella Chiesa e nel mondo, che approdano al Concilio Vaticano II e, per le congregazioni religiose, ad una decisa apertura missionaria ad gentes.

E anche la vita della nostra sorella viene coinvolta in questi cambiamenti veloci.

Ha fatto un corso di infermiera generica, ha prestato il suo servizio per qualche anno in diverse comunità in Italia, ma quando arriva la proposta della Madre di partire per la nuova avventura di evangelizzazione… è tra le prime che giunge ad Almada in Portogallo

Nella preghiera ricordiamo: Alfonsa, sorella di sr Adalberta Maria, sorella di sr Engracia Lidia, sorella di sr Lucinda Clément, fratello di sr Gioacchina

Aleardo, fratello di sr Liliana Adolphe, fratello di sr M. Germaine Raffaello, fratello di sr Benigna Leo, fratello di sr Guglielma

39 (tappa obbligatoria all’epoca) per imparare il portoghese e poi finalmente nel 1970 approda a Carmona in Angola.

Da quel momento sr Mansueta diventa a tutti gli effetti angolana: sa farsi davvero “tutta a tutti”, si fa una con tutte le culture e le persone che incontra, in ogni luogo si fa una con il popolo, tanto che spesso viene invitata a sedersi durante le riunioni importanti del villaggio. La sua è una presenza discreta, che parla di Vangelo, che rende concreto l’Amore che Dio ha per ciascuno, non con tante parole, ma con un sorriso, con un gesto, con tanta umiltà… con la mansuetudine, perché il suo nome è la sua identità più vera. È una donna di pace, che si interessa a ciascuno come se fosse unico, che è presente alle gioie, ai dolori, alla povertà delle famiglie, che sa consolare nei momenti tristi e gioire in quelli felici. I suoi prediletti sono i poveri e il suo zelo apostolico non ha limite.

Quando scopre la comunità cristiana della Figueira, nella missione di Huila, diventa una zona di predilezione del suo apostolato e anche quando per l’età le viene proibito di guidare per prudenza… discretamente prende la macchina e parte perché qualcuno ha bisogno di lei.

Durante i suoi 50 anni di vita in Angola si prodiga in ogni cosa e in ogni opera di misericordia spirituale e corporale, soprattutto durante la guerra: cura ferite, fascia piaghe, seppellisce morti, procura da mangiare a chi ha fame anche rischiando la propria vita, visita ammalati, bisognosi, carcerati, consola, rallegra… ma la sua non è semplice filantropia, perché è animata da un’unica necessità: vivere alla Divina Presenza, secondo la spiritualità delle Figlie di Gesù e le parole di p.

Pietro Leonardi.

E questo è quanto insegna alle sorelline che via via incontra nel Noviziato, ma anche nei gruppi di Vocazionati di cui è responsabile e nella Legione di Maria.

Sr Mansueta affascina perché la sua persona trasmette l’Amore del Signore, e spesso ripete “tutto passa, solo l’amore resta” o “se Gesù fosse qui in questo momento che cosa farebbe? E tu

cosa faresti davanti a lui”. È una donna che mette a servizio delle persone tutta la sua femminilità perché ciascuno possa crescere e sentirsi amato così tanto da scoprire che a sua volta può donarsi.

Proprio un paio d’anni fa, a chiusura dell’anno di pastorale giovanile diocesana a Lubango, si è tenuta una veglia di preghiera che si è prolungata tutta la notte e i giovani hanno chiesto come testimonianza vocazionale quella di sr Mansueta, con i suoi 82 anni. E tutto si poteva riassumere con una frase: “se volete essere felici, cari giovani, dite di sì al Signore”!

Ecco la sua scelta di vita, ciò per cui si è spesa ogni istante e che le ha permesso di vedere in ogni fratello e in ogni sorella il volto di Cristo da amare, la persona da trattare con il massimo rispetto e da chiamare “mana”, quella per cui riesce a dimenticarsi di se stessa, a mettersi in secondo piano; quella a cui chiedere scusa anche quando ha ragione pur di mantenere la relazione.

E tale rispetto e tale cura sono per tutti, dalla più piccola aspirante, dal più povero fino alla suora matura, al più ricco della città.

Carissima sr Mansueta, non possiamo raccontare tutto ciò che sei stata per noi e per quanti hai incontrato e forse non vorresti neanche così tante parole… possiamo solo dirti grazie per quello che sei stata e per quanto ci hai indicato.

Sei la prima figlia di Gesù che muore in Angola e sei tra le prime ad esserci arrivata.

E siamo certe che così compi il dono di te: sei il seme che muore e che porta frutto, in modo abbondante.

Sei stata benedizione per tutti quelli che hai incontrato e allora, ora che sicuramente sei nell’abbraccio del Padre insieme a sr Editta, a sr Flavia, a sr Romea, a sr Maria Concetta, sr Marina, sr Guglielma, sr Annagloria, ti chiediamo di intercedere grazie per l’Angola e per il popolo angolano, per le Figlie di Gesù e soprattutto per i giovani, perché ciascuno possa scoprire come te che il segreto della vita è vivere alla Divina Presenza e che per essere felici dobbiamo dire di sì al Signore.

Grazie, sr Mansueta, prega per noi!

In caso di mancato recapito, restituire all’Ufficio di Verona CMP detentore del conto, per la restituzione al mittente, previo pagamento resi

Filodoro Pubblicazione trimestrale Congregazione “Figlie di Gesù” Via San Cosimo 3 - 37121 Verona