Sul Romanzo, Speciale Premio Campiello 2015

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ESTRATTO Fuoco di Clelia Attanasio Giorno 4403. In questi anni di cenere e nebbia, ricordare è necessario. Sono scomparse le strade, le case, i palazzi. Sono bruciati gli ospedali e le macchine sono scoppiate all’improvviso. Gli alberi sono diventati rossi e le montagne hanno cominciato a sanguinare. Questo è accaduto anni ed anni fa. Ma son bruciati anche i calendari, e con essi i giorni e i mesi sono diventati tutti uguali come una macchia di inchiostro. Oggi l’unico scandire del tempo è la noia. Gli anni corrono così frenetici che non si identificano e i giorni scorrono tanto lenti che muoiono con noi. Abbiamo perso tutto. Il giorno in cui tutto bruciò io ero lì per ammirare. Avevo diciassette anni e non avevo ancora imparato, non avevo ancora letto, non avevo ancora visto abbastanza. I miei genitori stavano cenando e io guardavo la televisione stesa sul divano di casa quando un caldo asfissiante cominciò a farci sudare. Era il quindici di novembre. Aprimmo le finestre, accendemmo i condizionatori e preparammo pezze bagnate per asciugarci il sudore dalla fronte. Il caldo non cessava, non sembrava neanche più provenire dall’esterno, sembrava essere parte integrante della realtà da sempre e per sempre. Un caldo persistente e appiccicoso che lasciava uscire dalla mente tutto il resto. Faceva dimenticare le altre necessità e richiamava l’attenzione solo su di sé. Mio padre cominciò a chiedersi se fossero i nostri corpi ad avere caldo, indipendentemente dalla temperatura esterna. Se fosse un problema nostro, disse, potremmo avere la febbre. Così cominciammo a misurarci la temperatura ma era tutto normalissimo. Papà cominciò a camminare avanti e indietro per la casa, agitato. Sudava e ricordo ancora la faccia rossa e la maglietta sudata.

punti fondamentali del nostro carattere e delle nostre idee e stiamo finalmente conoscendo noi stesse, dopo anni spesi a conoscere gli altri. Anche la bambina certamente ha qualcosa di me: un’innata curiosità, che ha la capacità di rendere le cose che si guardano con occhi carichi di meraviglia e stupore. Hai citato tra i tuoi autori preferiti Dostoevskij, Ágota Kristóf, José Saramago e i tragediografi greci. La loro influenza ispira in qualche modo la tua scrittura? Assolutamente. Leggere è fondamentale per imparare a scrivere. Forse scrivere è una dote innata, ma di

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sicuro leggere ti aiuta a rendere ciò che si scrive più tuo, anche se può sembrare paradossale. Leggere mi insegna a capire ciò che voglio scrivere. Dostoevskij è certo l’autore che più mi ha ispirato per il suo modo di scrivere e di caratterizzare i personaggi. La Kristóf, invece, ha scritto il libro che più amo in assoluto: Trilogia della città di K. È un libro che mi ha formata, stilisticamente parlando. José Saramago, invece, è proprio tutto ciò che io non sarò mai: scrive con moltissime virgole e pochi punti, è complesso ed elegante allo stesso tempo. Ed è per la sua estrema diversità dal mio modo di scrivere che amo leggerlo e amo le sue storie. Infine, i tragediografi greci mi hanno fatto capire il tipo di storie che avrei voluto, un giorno, scrivere: volevo, e voglio tutt’ora, parlare delle persone. I greci sono i primi in assoluto che hanno preso in considerazione l’uomo nella sua interezza e maestosità e fragilità. Tra le altre tue passioni hai citato anche il cinema e la musica. Pensi che tutti questi interessi possano trovare, un giorno, spazio in qualche tuo racconto? In qualche modo già lo fanno, anche se in maniera ovviamente indiretta. Tutta la musica che ascolto e i film che guardo condizionano il mio stile, le trame che scelgo. Non scrivo mai nulla senza musica in sottofondo, mi ispira e mi aiuta nella concentrazione. L’arte in generale è ciò che mi aiuta a scrivere meglio e con più passione, che mi ispira e mi dà una visione più ampia del mondo. L’arte è il prodotto dell’uomo per eccellenza, secondo me: quindi, senza essa, probabilmente non riuscirei a scrivere nulla, visto che amo scrivere delle persone e delle loro vite. Progetti per il futuro? C’è un sogno letterario nel cassetto dopo il Campiello? Il mio sogno più grande sarebbe poter pubblicare un libro, o una raccolta dei miei racconti. Sarebbe il coronamento di tanti anni di impegno, di tanti tentativi e tanta passione. Per ora, mi concentro sui miei studi di Filosofia. Studiare Filosofia è qualcosa che riempie la mia vita di felicità e piacere e alimenta tantissimo la mia passione per la scrittura; per questo il mio progetto futuro è di laurearmi, conseguire il Dottorato di Ricerca e lavorare sodo per intraprendere la carriera universitaria. Se dovessi riuscire nel realizzare questi due “sogni” potrei ritenermi felice.

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