Sul Romanzo, Anno 3 n. 1, feb. 2013

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Tommaso Giagni

zione il sogno di possedere una Ferrari. Dentro questo microcosmo dal quale, senza appartenerci, proviene, sente il «dovere» di immergersi quanto prima, consumare la sua iniziazione: frequenta la palestra, assiste al Sabato del Fuoco (una specie di ingresso in società per i giovani del posto), prende parte alla commemorazione del Lupo Liboni organizzata dai fanatici palestrati al Circo Massimo; capisce che dovrà pian piano spogliarsi di un’estetica per conquistarne un’altra. In ciò sembra aiutarlo la storia d’amore con Marianna (con lei «tutto è rivoltato»), lei pure in fuga dall’altra Roma e dalla famiglia, convinta assertrice di una redenzione trash, dopo esser stata segnata dall’incontro con l’ex ragazzo Brando, quintessenza del coatto. Epperò il «bisogno di Quaresima» di Marianna, in una periferia che non ha nulla della poesia ruvida delle borgate di Pasolini, non servirà che a mettergli sotto gli occhi l’inconsistenza e la velleità d’ogni proposito d’integrazione, non avendo egli nessun luogo, davvero suo, da rifiutare. A chiudere il cerchio della sconfitta l’incontro dal vero con il

Sul Romanzo

Ritratto di Elisa di Giacomo Balla, da sempre per lui suprema espressione della bellezza muliebre (la madre si chiamava Elisa), dinanzi al quale scoprirà, amara ironia del destino, di soffrire della “sindrome di Stendhal” e, dunque, di dover dire addio al sogno d’iscriversi a Storia dell’Arte. Ci si dovrebbe soffermare anche sui personaggi di contorno, come per esempio Eros, l’istruttore etiope fascista, o Claudio, la Guardia, l’unico a offrirgli protezione e amicizia, per poi scoprire che è il matto del Quartiere («su di me c’ha puntato il matto del villaggio»). Qui ci limiteremo a dire che la vicenda di disagio esistenziale confezionata da Tommaso Giagni con il positivo esordio de L’estraneo, oltre a inverarsi in un romanesco disadorno, prosciugato, mai disturbante, s’innalza a un valore paradigmatico, assolutizzando quel senso di non appartenenza; e dove la malattia è piuttosto una cronica insufficienza d’empatica sintonizzazione con la realtà. Spaesamento e disperata ricerca d’identità che sembrano gravare come una tara generazionale.

n° 1 • Febbraio 2013

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