Sul Romanzo, Anno 2 n. 5, nov. 2012

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5 - Ritratto della famiglia Hirschsprung, Peder Severin Kroyer, 1899. Nella pagina accanto Henrik Ibsen.

5 dere tutte le forze che la compongono, tale da farla divenire un sistema totale e chiuso. Questo dramma ha il compito di smascherare l’involuzione borghese che inganna e corrompe gli elementi progressisti così come la tirannide delle maggioranza. A sfidare vanamente ma eroicamente questa dittatura massificata è il Dott. Stockmann, l’uomo solo, il ribelle. Il dramma ruota attorno alla scoperta, da parte dell’onesto dottore di provincia, dell’inquinamento delle acque termali pubbliche – fiore all’occhiello della cittadina – a causa degli scarichi della fabbrica di conciatura di pelli, situata accanto alla fonte. Il Dott. Stockmann si decide, dopo accurate analisi scientifiche, a scrivere un articolo sulla rivista Voce del popolo, in modo tale da denunciare la situazione, contrapponendosi agli interessi di istituzioni, associazioni e quanti dalle terme traggono benefici economici. Da un lato, Stockmann si scontra con il fratello Peter, borgomastro della città e rappresentante dei potenti azionisti di maggioranza delle terme, dall’altro, con Hovstad, redattore della Voce del popolo, e Billing, collaboratore del medesimo giornale, che, se inizialmente paiono appoggiare l’idea di diffondere la notizia poiché da sempre schierati “contro le cricche”, successivamente si vedranno costretti a rifiutare la pubblicazione dell’articolo per non vedere lesi anche i loro interessi. L’unione tra i potenti e chi dovrebbe ostacolarli fa sì che il Dott. Stockmann si trovi costretto a indire un’assemblea davanti a tutti i cittadini, per informarli su quali siano le sue reali intenzioni: smascherare il tentativo, da parte di più persone, di mettere a tacere la notizia dell’inquinamento delle terme.

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Il popolo si troverà presto compatto attorno all’idea che il vero nemico da combattere sia lo stesso dottore. Sia vinti che vincitori sono, agli occhi del protagonista, una schiera di opportunisti interessati solo alla reputazione e al denaro. Stockmann, però, non è un rivoluzionario bensì la caricatura di un rivoluzionario, e, forse, anche la caricatura dello stesso Ibsen; si scaglia, infatti, contro la maggioranza solo quando l’ha perduta, mentre prima si vantava d’averla tutta alle sue spalle; s’infervora in nome della giustizia sociale, ma sbuffa d’impazienza quando deve visitare un malato qualsiasi; vagheggia una rivoluzione, ma non si degna di precisarne forme e contenuti; sceglie la sconfitta e la solitudine, ma se ne gloria come d’un segno di elezione e nobiltà. Tra le battute iniziali e quelle finali del dramma non c’è un contrasto, bensì una logica evoluzione: si passa dalla compiacenza per il manzo arrosto – o l’invidioso pettegolezzo sui guadagni altrui – alla pomposa sicurezza di parlare per i poveri e in nome dei poveri, che non possono pagare e che dovranno, per forza di cose, pendere dalle sue labbra. Ibsen mette impietosamente a nudo la presunzione borghese, la minoranza contestatrice, l’ignobile e sempre attuale dogmatismo dell’intellettuale che degrada gli oppressi a oggetto di polemica snobistica, che li recluta come leve di sottosviluppati, che si arroga – oggi come ieri – di parlare per essi e di essere dalla parte giusta, dalla parte del progresso e della rivoluzione. Con Un Nemico del popolo Ibsen ha scritto una parabola comica della grande ed equivoca rivolta antiborghese che serpeggia nella culn° 5 • Novembre 2012


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