Esperimenti di sintesi delle arti

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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

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1. Arte astratta e concreta Catalogo dell’esposizione organizzata da “l’altana” Palazzo exreale, Milano, 1947

2-3. Arte astratta e concreta Palazzo exreale, Milano, 1947

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4. Ettore Sottsass 1947 ca., ferro dipinto 100,5 x 30 x 65 cm 5. Ettore Sottsass 1947 ca., china e tempera su carta 45 x 32 cm

6. Max Bill Dalla cartella 5 constructionen + 5 compositionen 1941, Litografia, 31,5 x 30,3 cm

7. Richard Paul Lohse Dalla cartella 5 constructionen + 5 compositionen 1941, Litografia, 31,5 x 30,3 cm

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8. Libreria Salto, Milano, 1951 Fotografia vintage, Da sinistra a destra in piedi: Giulia Mazzon Sala; Regina; Salto jr.; Luigi Veronesi; Bruno Munari; Nino Di Salvatore; Galliano Mazzon; Gillo Dorfles; seduti: Gianni Bertini; Salto sr.; Gianni Monnet

9. Libreria Salto, Milano, 1951 Fotografia vintage, Gianni Bertini; Bruno Munari; Giulia Mazzon Sala; Nino Di Salvatore; Gianni Monnet; Salto sr.; Gillo Dorfles; Salto jr.; Regina; Galliano Mazzon; Luigi Veronesi


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10. Libreria Salto, Milano, 1950 Lanfranco Bombelli e Max Huber 11. Lanfranco Bombelli 1949, tempera su carta 42,6 x 32,5 cm

12. Max Huber anni ‘40, tempera su carta 55 x 48 cm

13. Max Huber anni ‘40, tempera su carta 48 x 49 cm

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14 14. Dorazio, Dorfles, Fontana, Garau, Guerrini, Mazzon, Monnet, Munari, Perilli, Soldati, Sottsass, Veronesi. La I cartella del MAC, Edizioni Salto, Milano, 1948, testo di Giuseppe Marchiori, 12 stampe a mano, 48 x 34 cm

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15. Arte Concreta, 1949-1950 Libreria Salto, Milano 16. Lettera di Lucio Fontana a Gianni Monnet, 1949 17. Invito della mostra Concetti Spaziali di Lucio Fontana, Libreria Salto, Milano, 1949

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18. Lanfranco Bombelli e Gianni Monnet, Galleria del Grifo, Torino, 1950 19. Gianni Monnet Progetto per invito Libreria Salto, 1949 matita colorata su carta 21 x 10,5 cm 20. Gianni Monnet Metamorfosi, 1949 olio su masonite 60 x 73 cm


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21. Atanasio Soldati, 1949, matite colorate su carta velina 8 x 16 cm

22. Camille Graeser Konstruktives grün – lila Treffen, 1948 china e tempera su carta 35 x 51 cm

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23-24. Galleria Bompiani, Milano, 1951 Fotografia vintage Gli artisti del MAC Ia mostra dei concretisti italiani

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25. Bruno Munari Macchina inutile, 1947 6 triangoli metallici di colore rosso, filo di nylon h 63 cm


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26. Arte Concreta, 1950 – 1951 Libreria Salto, Milano 27. Atanasio Soldati, 1950 matite colorate su carta 18,5 x 27 cm


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28. Gianni Monnet Progetto per Parete animata, 1949 tempera su carta 22 x 29,5 cm 29. Gianni Monnet davanti a Parete animata 1949, Fotografia vintage

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30. 10 incisioni originali di Di Salvatore VIa cartella, 1951 Salto editore, Milano Prefazione di AndrĂŠ Bloc e testo di Nino Di Salvatore 48 x 33 cm cad.

31-32. Esposizione di Nino Di Salvatore Libreria Salto, Milano, 1951 (Galliano Mazzon, Nino Di Salvatore, Gianni Monnet, AndrĂŠ Bloc, Giulia Mazzon Sala Courtesy Archivi Farabola, Cremona

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33. Arte Concreta Raccolta della Ia serie dei bollettini Arte Concreta 1951-52 Edizioni Salto, Milano, 1952 Copertina di Bruno Munari

34. Arte Concreta 1 Edizioni Salto, Milano, 1951 Copertina: Atanasio Soldati

35. Atanasio Soldati Progetto per la copertina di Arte Concreta 1 1951, tempera su carta 16 x 16,5 cm


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36. Arte Concreta 2 Edizioni Salto, Milano, 1951 Copertina: Giacomo Balla 37. Giacomo Balla Progetto per la copertina di Arte Concreta 2 1951, tempera su carta 16,4 x 16,9 cm

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38. Guido Le Noci Giacomo Balla esposizione al Club Amici della Francia 10 novembre – 2 dicembre, Milano, 1951 Courtesy Archivio Giancolombo, Milano

39. Gillo Dorfles al centro, il primo a destra Ettore Sottsass il primo a sinistra Renato Birolli Giacomo Balla esposizione al Club Amici della Francia 10 novembre – 2 dicembre, Milano, 1951 Courtesy Archivio Giancolombo, Milano

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40-41. Giacomo Balla esposizione al Club Amici della Francia 10 novembre – 2 dicembre, Milano, 1951 Courtesy Archivio Giancolombo, Milano


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42. Gianni Monnet Testo per servizio radiofonico per Radio Monteneri, Lugano, 1951 “L’astrattista Balla a Milano” 43. Giacomo Balla Compenetrazioni iridescenti 1912, tempera su carta 23,5 x 32 cm

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44. Regina, Mazzon, Munari Progetto per Arte Concreta 2 1951, tempera su carta 16,5 x 17 cm

45. Arend Fuhrmann Progetto per Arte Concreta 2 1951, matite colorate su carta 14 x 16 cm 46. Nino Di Salvatore Progetto per Arte Concreta 2 1951, tempera su carta 15 x 16 cm

47. Augusto Garau Progetto per Arte Concreta 2 1951, tempera su carta 16 x 15,5 cm

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48. Gianni Monnet Progetto per Arte Concreta 3 1952, China su carta 12 x 18,5 cm

49. Atanasio Soldati Progetto per Arte Concreta 4 1952, tempera su carta 15,5 x 33 cm

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50. Bruno Munari Progetto per invito Galleria Bergamini, Milano 1952, tempera su carta 12 x 35 cm

51. Bruno Munari Macchina inutile in movimento Fotografia vintage

52. Arte Concreta 5 Edizioni Salto, Milano, 1952 Copertina: Bruno Munari

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53. Bruno Munari Progetto per la copertina di Arte Concreta 5 1952, tempera su carta 16,5 x 17 cm


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58 54. Arte Concreta Raccolta della IIa serie dei bollettini Arte Concreta 1952-53 Edizioni Salto, Milano, 1953 Copertina di Gianni Monnet

55. René C. Acht Progetto per la copertina di Arte Concreta 9, 1952, China, matita e tempera su carta 21,5 x 18 cm

56. Gianni Monnet Progetto per Arte Concreta 14 1953, tempera e matita su carta 16 x 16 cm

57. 2 tessuti della “Commerciale Bossi” abito su disegno di Nino Di Salvatore tenda di Atanasio Soldati, 1953, Fotografia vintage

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58. Gianni Monnet Progetto per la copertina di Arte Concreta 12, 1953, tempera e collage su carta 16 x 16 cm 59. Mario Nigro 1953, China su carta 13,5 x 21,5 cm


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61 60. Documenti d’Arte d’Oggi 1954 Raccolta a cura del MAC, Groupe Espace, sezione italiana Galleria del Fiore, Milano Copertina di Gillo Dorfles 61. Bruno Munari Negativo-positivo 1954, tempera su cartoncino 23 x 33 cm

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62. Mario Ballocco 1950, tempera su carta 25 x 18,5 cm

63. Enrico Bordoni 1954, tempera su carta 33 x 22,5 cm


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64. Documenti d’Arte d’Oggi 1955-56 Raccolta a cura del MAC, Groupe Espace, sezione italiana Edizioni Libreria Salto, Milano, 1956 Copertina di Bruno Munari con interventi a collage 65. Regina 1955, matite colorate su carta 20,5 x 28,5 cm

66. Arend Fuhrmann Brucke, 1953, olio su masonite 40,4 x 55 cm

67. Bruno Munari Progetto per Documenti d’Arte d’Oggi 1955-56, tempera, matita e collage su cartoncino, 33 x 23 cm 68. Enrico Prampolini Incontri, 1955, china su cartolina 17,5 x 11 cm

69. Manlio Rho litografia, 24 x 19 cm

70. Arend Fuhrmann china su carta, 33 x 12 cm 71. Nino Franchina 1954, pennarello su carta 33 x 24 cm

72. Documenti d’Arte d’Oggi 1956-57 Raccolta a cura del MAC, Groupe Espace Edizioni Salto, Milano, 1957 Copertina di Luigi Veronesi 73. Luigi Veronesi Progetto per la copertina di Documenti d’Arte d’Oggi 1957, Collage su cartoncino 33 x 23 cm 74. Giuseppe Capogrossi 1957, china su carta 34 x 11,5 cm


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75. Poesia di Antonino Tullier, Documenti d’Arte d’Oggi, 1957, composizione grafica di Lucio Fontana 76. Lucio Fontana, Progetto per Documenti d’Arte d’Oggi 1957, china e collage su carta 50 x 35 cm


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77. Sintesi delle Arti MAC Groupe Espace 1955-56

78. Documenti d’Arte d’Oggi 1958 Raccolta a cura del MAC Edizioni Salto, Milano, 1958 Copertina di Gianni Monnet 79. Gianni Monnet Progetto per Sintesi delle Arti MAC Groupe Espace Milano, aprile 1955 tempera su carta 32,5 x 11,5 cm

80. Gianni Monnet Progetto per Sintesi delle Arti MAC, Milano, aprile 1955 matita su carta da lucido 32,5 x 13,5 cm

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82. Enrico Prampolini Organismo cosmico n. 2 1949, china su carta 37,5 x 50,5 cm

81. Gillo Dorfles Senza titolo olio su tela, 1949 70 x 50 cm

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83. Luigi Veronesi Composizione, 1950, pennarello su carta 34,4 x 26,2 cm

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84. Luigi Veronesi Composizione, 1949, matite colorate su carta 35 x 24,8 cm 85. Luigi Veronesi Composizione, 1949, matita su carta 35 x 24,8 cm

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86. Piero Dorazio Prometeo, 1948 olio su tela, 40 x 25 cm


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87. X Triennale di Milano, 1954 Casa sperimentale, progettata dagli architetti Mario Ravegnani, Antonello Vincenti e dal pittore Bobi Brunori e realizzata nel Parco Sempione La scultura è di André Bloc Courtesy Archivio fotografico della Triennale di Milano


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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

«ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI». ANALOGIE FRA MAC ED ESPACE.

Dalla fine degli anni Quaranta André Bloc instaura un rapporto privilegiato con l’Italia, in particolare con gli ambienti artistici milanesi impegnati nel progetto culturale di “Sintesi delle Arti”. Il tramite fu Vittoriano Viganò (FIG. 95), architetto milanese di spiccata sensibilità artistica, prescelto da Bloc come corrispondente italiano delle riviste “L’Architecture d’aujourd’hui” e di “Aujourd’hui : art et architecture” (dal 1947 al 1963). Comparando le vicende italiane e francesi, molteplici risultano essere i segni d’una unità di intenti preesistente all’azione consolidatrice di Bloc, resa possibile dall’alleanza con Viganò, che porterà ad una collaborazione proficua animata dal comune obiettivo d’una effettiva «Integration des arts plastiques dans la vie»1.

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Annalisa Viati Navone

“EXPERIMENTS IN THE SYNTHESIS OF THE ARTS”. ANALOGIES BETWEEN MAC AND ESPACE. Annalisa Viati Navone

A. Bloc, L’intégration des arts plastiques dans la vie, testo introduttivo al catalogo della prima esposizione del Groupe Espace tenutasi a Biot nel 1954 Espace Architecture formes couleurs, Societé parisienne d’imprimerie, Paris 1954; il testo è ripubblicato in italiano in “Documenti d’arte d’oggi”, 19551956, s.p. e in “Sintesi delle arti. M.A.C. Gruppo Espace”, maggio 1955). A questo riguardo si veda anche P. Guéguen, André Bloc et la réintégration de la plastique dans la vie, Editions de l’Architecture d’aujourd’hui, Boulogne sur Seine 1954 ; A. Bloc, Synthèse des arts plastiques, in “Werk”, n. 4, 1959, p. 15; dello stesso autore, À la recherche d’une intégration des arts, in “Architecture: formes et fonctions”, v. 7, 1960-1961, pp. 82-83, e Art and architecture, nel catalogo dell’esposizione alla Galleria Quadrante, [studio d’arte contemporanea di Matilde Giorgini], Firenze 10 novembre-5 dicembre 1962.

From the late 1940s onwards, André Bloc established a privileged relationship with Italy, especially with the Milanese groups involved in the cultural project referred to as “Sintesi delle Arti” (Synthesis of the Arts). The go-between was Vittoriano Viganò (FIG. 95), a Milanese architect known for his fine artistic sensitivity, chosen by Bloc as the Italian correspondent for the magazines L’Architecture d’aujourd’hui and Aujourd’hui : art et architecture (from 1947 to 1963). If we compare what happened in Italy and in France, there are multiple signs of a unity of intents existing before Bloc’s consolidating action, made possible by his alliance with Viganò, leading to a proficuous collaboration enlivened by the common objective of an actual “Integration des arts plastiques dans la vie”1. On 22 December 1948, the Movimento Arte Concreta (MAC) was founded at the Libreria Salto in Milan by Gianni Monnet (architect and graphic artist, as well as painter, and future member of Groupe Espace), A. Bloc, “L’intégration des arts plastiques dans la vie”, introductory essay to the catalogue of the first show of the Groupe Espace held in Biot in 1954 Espace Architecture formes couleurs, Societé parisienne d’imprimerie, Paris 1954; the text was republished in Italian in Documenti d’arte d’oggi, 1955-1956, n. pag. and in Sintesi delle arti. M.A.C. Gruppo Espace, May 1955). To this regard see also P. Guéguen, André Bloc et la réintégration de la plastique dans la vie, Editions de l’Architecture d’aujourd’hui, Boulogne sur Seine 1954 ; A. Bloc, Synthèse des arts plastiques, in “Werk”, no. 4, 1959, p. 15; by the same author, “À la recherche d’une intégration des arts”, in Architecture: formes et fonctions, 7, 1960-1961, pp. 82-83, and “Art and architecture”, in the exhibition catalogue of the Galleria Quadrante, [contemporary art studio of Matilde Giorgini], Florence, 10 November-5 December 1962.

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Il 22 dicembre 1948 si costituisce a Milano, presso la Libreria Salto, il Movimento Arte Concreta (MAC) ad opera di Gianni Monnet (architetto e grafico oltre che pittore, futuro membro del Groupe Espace), Gillo Dorfles (critico e pittore), l’artista poliedrico Bruno Munari e il pittore Atanasio Soldati, che ne fu il primo presidente, quando fu istituita questa carica nel 1952. «Qu’entendons- nous par concret? Un courant artistique qui ne cherche pas à créer une œuvre en prenant son essor du monde extérieur et qui recherche seulement des formes pures, primordiales, qui n’aient aucune analogie avec quelque objet du monde extérieurs que ce soit. (…) nous voulons conserver au terme « concret » le soin de désigner toutes les formes d’art dont les créations ne se rapportent qu’à une expérience intérieure de l’esprit de l’artiste à la recherche d’un univers séparé de la réalité objective »2. A questo primo intento, dal 1949 se ne affianca subito un altro: applicare la nuova arte a necessità pratiche, alla pubblicità, alla grafica, al design dell’oggetto tecnico, collaborare con l’industria, modellare gli spazi di vita per garantire alla società un’esperienza estetica vitale3. Gli obiettivi non erano lontani da quelli proclamati dall’Association pour une Synthèse des Arts Plastiques, che si costituiva a Parigi proprio nel 1949, con sede presso la rivista “l’Architecture d’aujourd’hui”, con la presidenza di Matisse e la vicepresidenza condivisa tra Bloc e Le Corbusier. Mentre nell’ottobre del 1951 nasceva il Groupe Espace «afin

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Extrait des bulletins du mouvement pour l’Art Concret de Milan, in “Art d’aujourd’hui”, a. 3, n. 2, gennaio 1952, p. 3. 3

G.C. Argan, testo di presentazione, in Arte concreta. 24 litografie originali, Salto editore, Milano, ottobre 1949, ora in L. Caramel, a cura di, M.A.C. Movimento Arte Concreta 19481952, vol. I, Electa, Milano 1984, p. 38.

Gillo Dorfles (critic and painter), the multifarious artist Bruno Munari, and the painter Atanasio Soldati, who was its first president when the role was instituted in 1952. “Qu’entendons-nous par concret? Un courant artistique qui ne cherche pas à créer une œuvre en prenant son essor du monde extérieur et qui recherche seulement des formes pures, primordiales, qui n’aient aucune analogie avec quelque objet du monde extérieurs que ce soit. (…) nous voulons conserver au terme ‘concret’ le soin de désigner toutes les, formes d’art dont les créations ne se rapportent qu’à une expérience intérieure de l’esprit de l’artiste à la recherche d’un univers séparé de la réalité objective”2. This first intent was immediately, from 1949, flanked by another: the application of the new art to practical needs, advertising, the design of the technical object, the collaboration with industry, and the modeling of life’s spaces so as to guarantee that the association had a vital aesthetic experience”3. The objectives were not far from the ones proclaimed by the Association pour une Synthèse des Arts Plastiques, founded in Paris that very same year (1949), with the same headquarters as the magazine L’Architecture d’aujourd’hui; Matisse was its president while Bloc and Le Corbusier shared the vice-presidency. “Extrait des bulletins du mouvement pour l’Art Concret de Milan”, in Art d’aujourd’hui, 3, no. 2, January 1952, p. 3.

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3 G.C. Argan, introductory essay, in Arte concreta. 24 litografie originali, Salto editore, Milan, October 1949, now in L. Caramel, ed., M.A.C. Movimento Arte Concreta 1948-1952, vol. I, Electa, Milan 1984, p. 38.


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET de préparer les conditions d’une collaboration effective des architectes, peintres, sculpteurs, plasticiens et d’organiser, par la plastique, l’harmonieux développement des activités humaines»4, in Italia chiudeva le porte la IX Triennale di Milano, luogo privilegiato della collaborazione fra artisti, architetti, artigianato e industria, quell’anno consacrata proprio all’«Unità delle arti», nell’intento di «proporre nuovamente il problema di una non casuale collaborazione fra l’architetto, lo scultore, il pittore, il decoratore»5. Alla Francia veniva dato un ruolo di rilievo: ben tre sale, di cui una soppalcata, erano destinate ad accogliere l’esposizione ordinata da Paul Léon, Tony Bouilhet6, Henri Prouvé dedicata alla recente produzione sia architettonica sia legata alle arti decorative e industriali. Di Fernand Léger si potevano apprezzare una raccolta di tempere presentate in una delle mostre temporanee7, nonché la grande pittura murale realizzata come fondale di una delle sale della sezione francese, in rapporto visivo con il modello del progetto di ricostruzione della zona portuale di Toulon.

La produzione di questo artista resta emblematica della risposta della Francia all’appello italiano di Unità delle arti ed è la stessa che Léger darà a Bloc quando sarà chiamato ad esporre a Biot nel 19548: schizzi e modelli di “Peintures murales” – «c’est-à-dire qui s’adapte[nt] à l’architecture»9 – di differente formato, per diverse destinazioni, una delle quali realizzata per il transatlantico italiano Vulcania. Ambienti privilegiati, quelli delle navi da crociera, per l’esercizio congiunto di artisti, architetti, decoratori impegnati nell’arredare e adornare i luoghi del diporto. André Bloc visita la Triennale, apprezza le forme in cui l’Unità delle arti si concretizza e la produzione degli artisti concreti e astratti, al punto tale da promuovere il numero monografico Art Abstrait. Italie 1951 della rivista “Art d’aujourd’hui”10. Un capitolo viene dedicato proprio alla Triennale di Milano e illustrato da dipinti murali di alcuni artisti del MAC, in particolare dal grande mosaico di Atanasio Soldati, che occupava un’intera parete dell’atrio della Casa a Undici piani di Lingeri e Zuccoli al Quartiere Sperimentale legato alla Triennale (FIG. 88).

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Groupe “Espace”. Extrait des status (Archivio Vittoriano Viganò, S 272/3, Archivio del Moderno, Mendrisio).

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Nona Triennale di Milano. Catalogo, Milano 1951, p. 23.

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Nipote dell’architetto Giò Ponti, allora membro del Consiglio d’amministrazione della Triennale, per il quale aveva realizzato la villa a Garches denominata “l’Ange Volant” (1926, con Tomaso Buzzi e Emilio Lancia). Tony H. Bouilhet era proprietario della Manufacture d’Orfèvrerie Christofle, ampiamente rappresentata nella sezione francese insieme agli oggetti in cristallo di Baccarat. 7

La mostra Tempere di Fernand Léger fu inaugurata nel mese di luglio e fu curata da Franco Albini, Franca Helg, Vittorio E. Barbaroux, Fede Cheti, Elio Palazzo.

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L’esposizione è documentata nel catalogo Espace architecture formes couleurs, cit. Si veda anche A. Dopffer, D. Gay, a cura di, L’été 1954 à Biot, Architecture Formes Couleurs, catalogo della mostra omonima al Musée National Fernand Léger (18 giugno19 settembre 2016), edizioni RMN-GP, Paris 2016. 9

F. Léger, « Peinture murale et peinture de chevalet (1950) », in Fonctions de la peinture, Gallimard, Paris 2009, p. 277 (I ed. 1965).

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Art d’aujourd’hui, a. 3, n. 2, gennaio 1952.

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«Faire murale» era uno degli appelli lanciati da Bloc agli artisti del suo entourage, già prima della costituzione del Groupe Espace, una delle forme d’integrazione della pittura nell’architettura e di collaborazione fra discipline artistiche in cui egli stesso si era provato, nella Casa-atelier di Meudon che aveva progettato11, arredato, circondato di un parco inteso come un grande laboratorio sperimentale di ricerche artistiche anche molto eterogenee (FIG. 89). Già prima della fusione del MAC con Espace, che diventa effettiva nel 195512, è possibile individuare linee di ricerca comuni fra gli artisti dei due movimenti, soprattutto per l’azione degli «italiens de Paris» che fanno da passeurs de culture, fra questi Silvano Bozzolini e Piero Dorazio membri di Espace della prima ora, l’uno invitato dagli artisti del MAC a presentare a Milano le sue opere13,

11 La casa-atelier è progettata da André Bloc in collaborazione con Margaret Tallet incaricata dell’«étude du plan», Walter Munz coinvolto nell’«étude technique», René Montaut impegnato nell’«execution». La casa è pubblicata in “L’Architecture d’aujourd’hui”, n. 49, novembre 1953, pp. 28-37; si veda anche M. Planchot, L’atelier d’architecture d’André Bloc ou l’exploration d’une fabrica, in “FabricA”, n. 5, 2011, pp. 90-113. 12

La decisione è trasmessa ai membri del MAC il 24 febbraio 1955 con lettera circolare firmata da Dorfles, Monnet, Munari, Prampolini e Viganò (cfr. Lettera circolare del Gruppo MAC/Espace del 24 febbraio 1955, pubblicata in L. Caramel, a cura di, M.A.C. Movimento Arte Concreta 1953-1958, vol. II, Electa, Milano 1984, p. 33).

13 Una prima mostra personale di incisioni e libri viene allestita presso la Libreria Salto a Milano (16-30 settembre 1950), mentre una seconda è ospitata nella Galleria del Fiore, sede del costituendo Mac-Espace (23 ottobre-7 novembre 1954).

FIG. 88 Atanasio Soldati Dipinto murale per l’atrio della casa a undici piani progettata dagli architetti Lingeri e Zuccoli per il QT8 Art d’Aujourd’hui n.3, 1952 FIG. 89

André Bloc Casa-atelier, Meudon, 1949-1951 L’architecture d’aujourd’hui, n. 49, 1953

While in 1951 Groupe Espace was being founded “afin de préparer les conditions d’une collaboration effective des architectes, peintres, sculpteurs, plasticiens et d’organiser, par la plastique, l’harmonieux développement des activités humaines”4, in Italy the 9th Milan Triennale was shutting its doors. This was an event that privileged the collaboration between artists, architects, craftsmanship and industry, and that particular edition of the event had indeed focused on “Unity among the arts”, for the purpose of “once again putting forward the issue of the collaboration between the architect, sculptor, painter, and decorator that is not a casual one”5. France was assigned a role of importance: some three rooms, one of which also had an upper level, destined to hold the exhibition conceived by Paul Léon, Tony Bouilhet6, Henri Prouvé dedicated to the recent production, both architectural and linked to the decorative and industrial arts. On display at one of the temporary exhibitions was a collection of temperas by Fernand Léger7, as well as a large wall painting, by the same artist, that served as the backdrop for one of the rooms Groupe “Espace”. Extrait des status (Archivio Vittoriano Viganò, S 272/3, Archivio del Moderno, Mendrisio).

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Nona Triennale di Milano. Catalogo, Milan 1951, p. 23.

Grandson of the architect Giò Ponti, then member of the Board of Administration of the Triennale, for which he had built the villa in Garches called “l’Ange Volant” (1926, with Tomaso Buzzi and Emilio Lancia). Tony H. Bouilhet was the owner of the Manufacture d’Orfèvrerie Christofle, fully represented in the French section together with Baccarat glass crystal objects.

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The exhibition Tempere di Fernand Léger opened in the month of July and was curated by Franco Albini, Franca Helg, Vittorio E. Barbaroux, Fede Cheti, Elio Palazzo.

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in the French section, visually related to the plan for the reconstruction of the port of Toulon. Léger’s output remains emblematic of France’s reply to the Italian appeal for the Unity of the arts, and Léger would do the same for Bloc when summoned to exhibit in Biot in 19548: sketches and models of “Peintures murales” – “c’est-à-dire qui s’adapte[nt] à l’architecture”9 – with a different format, and with different destinations, one of which realized for the Italian ocean liner Vulcania. Such cruise ships were privileged environments for the joint practice of artists, architects, and interior decorators hard at working to furnishing and embellishing these recreational spaces. André Bloc visited the Triennale, where he appreciated the forms in which the Unity of the arts was consolidated and the production of the concrete and abstract artists, to the point that he promoted the monographic issue Art Abstrait. Italie 1951 of the magazine Art d’aujourd’hui10. There was one chapter devoted specifically to the Milan Triennale, and illustrated by the wall paintings of some of the artists who belonged to MAC, in particular the large-scale mosaic by Atanasio Soldati, which occupied a whole wall of the entrance to the Casa a Undici piani (Eleven-Storey House) by Lingeri and Zuccoli in the Experimental Quarter linked to the Triennale The exhibition is documented in the catalogue Espace architecture formes couleurs, op. cit. See also A. Dopffer, D. Gay, ed., L’été 1954 à Biot, Architecture Formes Couleurs, the catalogue of the eponymous exhibition at the Musée National Fernand Léger (18 June-19 September 2016), RMN-GP editions, Paris 2016.

8

F. Léger, “Peinture murale et peinture de chevalet (1950)”, in Fonctions de la peinture, Gallimard, Paris 2009, p. 277 (first edition 1965).

9

10

Art d’aujourd’hui, 3, no. 2, January 1952.

89 (FIG. 88). “Faire murale” was one of the appeals launched by Bloc to the artists in his entourage, even before Groupe Espace was created, one of the forms of the integration between painting and architecture and of the collaboration between artistic genres where he too had proven himself, in Meudon’s House-Studio, which he had designed11, furnished, and surrounded by a park considered an experimental workshop for artistic research in different areas (FIG. 89).

Already before MAC merged with Espace, which went into effect in 195512, it is possible to determine the lines of research common to the artists and members of the two movements, especially as concerns the work of the “italiens de Paris” who served as passeurs de culture. Among them were Silvano Bozzolini and Piero Dorazio, early members of Espace, the former invited by the MAC artists to present his works in Milan13, the latter directly implicated in the Italian The house-studio was designed by André Bloc in collaboration with Margaret Tallet hired to make the “étude du plan”, Walter Munz the “étude technique”, René Montaut the “execution”. The house was published in L’Architecture d’aujourd’hui, no. 49, November 1953, pp. 28-37; see also M. Planchot, “L’atelier d’architecture d’André Bloc ou l’exploration d’une fabrica”, in FabricA, no. 5, 2011, pp. 90-113.

11

The members of MAC were informed of the decision on 24 February 1955 in a circular letter signed by Dorfles, Monnet, Munari, Prampolini and Viganò (cf. “Lettera circolare del Gruppo MAC/Espace” dated 24 February 1955, published in L. Caramel, ed., M.A.C. Movimento Arte Concreta 1953-1958, vol. II, Electa, Milan 1984, p. 33).

12

A first solo show of engravings and books was mounted in the Libreria Salto in Milan (16-30 September 1950), while a second one was hosted by the Galleria del Fiore, the future headquarters of Mac-Espace (23 October-7 November 1954).

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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

l’altro direttamente implicato nel rinnovamento artistico italiano (era infatti presente alla libreria Salto alla prima mostra dei concretisti). Un ruolo importante ebbe la promozione di numerose esposizioni comparative come il parigino Salon des Realités Nouvelles, le rassegne torinesi Pittori d’oggi. Francia-Italia e la grande mostra Arte astratta italiana e francese del 1953, curata da Prampolini e Dégand alla Galleria d’Arte Moderna di Roma (poi inaugurata a Milano alla Galleria San Fedele), ricca di opere dei protagonisti del MAC e di Espace. Bloc vi espone una Composizione del 1952, Vasarely Karim, entrambe in sintonia con la ricerca avviata dagli artisti concreti quali Atanasio Soldati, Nino di Salvatore, Angelo Bozzola, Enrico Bordoni, Augusto Garau i quali lavorano sulla disposizione di forme-colore dai contorni precisi, che liberamente s’ammorsano, si sovrappongono, si fondono, rendendo tangibile quanto Dorfles aveva teorizzato nel 1949: «Arte concreta (…) appunto perché non proviene da nessun tentativo di astrarre da oggetti sensibili, fisici o metafisici, ma è basata soltanto sulla realizzazione e sull’oggettivazione delle intuizioni dell’artista, rese in concrete immagini di forma-colore, lontane da ogni significato simbolico (…)»14. Mediante l’analisi di alcune opere esemplari, accennerò qui di seguito a quelli che a mio avviso sono stati i cinque assi maggiori di ricerca condivisa.

14 G. Dorfles, Presentazione del catalogo della mostra “Fantasie colorate” di Galliano Mazzon, presso la Libreria Salto, Milano, gennaio 1949, ora in L. Caramel, a cura di, M.A.C. Movimento Arte Concreta 1948-1952, cit, p. 34.

Il modulo grafico come primus movens e l’inganno percettivo

Quando Dorfles tenta di spiegare la nascita d’un’opera che si voglia qualificare di “concreta” si riferisce alla presenza di un primus movens consistente in un «modulo grafico» semplice o complesso, poligonale o ameboide, identificabile come centro formativo dell’opera15. Gianni Monnet, uno degli artisti più impegnati del movimento italiano, risponde pienamente all’appello e muove alla ricerca del modulo grafico lavorando sull’estrema semplificazione delle forme introdotte nelle sue tele, scevre di qualsivoglia inflessione iconica: cerchi, ovali, linee suscitano interesse per i rapporti posizionali, dimensionali, ponderali reciproci e stabiliti rispetto al fondo. Moduli che sovente si collocano alle estremità, dilatati fino a tangere il perimetro affinché appaiano compressi in un campo esiguo e, al limite, non interamente compresi. Una delle tele più apprezzate dalla critica è Forme primordiali II del 1951, due aste blu che presentano alle estremità due cerchi di differente dimensione, disposte su fondo giallo, tese fino al bordo (FIG. 90).

15 G. Dorfles, presentazione della mostra Gli artisti del M.A.C. alla galleria Bompiani, Milano, aprile 1951 (nella quale sono esposte opere di Bertini, Bombelli Tiravanti, Di Salvatore, Dorfles, Huber, Mazzon, Monnet, Munari, Nigro, Regina, Soldati, Veronesi), ripubblicato in L. Caramel, a cura di, M.A.C. Movimento Arte Concreta 1948-1952, cit., p. 46. (FIG. 23-24)

Quest’ultimo intrattiene con le “forme primordiali” un rapporto che non è di tangenza, come apparirebbe ad uno sguardo sommario, ma di secanza: il perimetro infatti asporta una minima parte dei cerchi, e il maggiore peso ottico del blu rispetto al giallo accresce l’impressione dell’“imperfezione”. La perdita del referente e la riduzione della composizione concreta a un complesso di forme semplici, sono compensate da un lavoro intenso sulla percezione di queste ultime. Nel 1958 Monnet definirà così le forme fondamentali della composizione concreta: «parti collocate in un certo ordine di accentuazione, elementi in ordine decrescente, associazioni di parti in stabilità ecc. Intanto le forme di per sé stesse, indipendentemente e al di sopra di ogni allusione simbolica, tendono a suggerire in noi idee puramente astratte di: moto, oppure inerzia, di slancio, di gioia, di mobilità, attraverso i classici fenomeni di penetrazione, curvatura, morsa, concatenamento, trasparenza. E la presenza del peso, con la conseguente coordinazione del centro di gravità, crea immediatamente la “costruttività” della composizione16». In verità altre astuzie impegnano l’osservatore, e l’inganno ottico e percettivo è uno di queste. Monnet lo affina in alcuni dipinti della serie Configurazione concreta del 1953 (in particolare n. 5 e n. 6) (FIG. 91-92), con il medesimo espediente: il bordo che taglia il soggetto, consistente (forse) nella lettera “U” che viene collocata talmente al margine da sembrare incompleta.

16 G. Monnet, testo di presentazione della Mostra personale di G. R. Martinenghi, Galleria Montenapoleone 6A, marzo 1958, pubblicato in “Documenti d’arte d’oggi”, 1958, s.p. (FIG. 77)

FIG. 90

Gianni Monnet

Forme primordiali 2,

1951, olio su masonite

90 artistic renewal (indeed, he was at the Libreria Salto for the concrete artists’ debut exhibition). The promotion of numerous comparative shows played an important role: exhibitions such as the Parisian Salon des Realités Nouvelles, the Turin exhibitions Pittori d’oggi. Francia-Italia, and the major Arte astratta italiana e francese in 1953, curated by Prampolini and Dégand at the Galleria d’Arte Moderna in Rome (which later opened in Milan at the Galleria San Fedele), with a large number of works by the members of both MAC and Espace. Bloc showed a Composition made in 1952, while Vasarely showed Karim, both of which were in tune with the research that had been initiated by such concrete artists as Atanasio Soldati, Nino di Salvatore, Angelo Bozzola, Enrico Bordoni, Augusto Garau. These artists worked on the arrangement of form-colours with sharp outlines, freely colliding, overlapping, blending, making tangible what Dorfles had theorized in 1949: “Concrete art (…) precisely because it is not derived from the attempt to abstract from sensitive, physical, or metaphysical objects, but is rather based only on the realization and objectification of the artist’s intuitions, rendered in concrete form-colour inmages, far-removed from any symbolic meaning (…)”14. By analysing several exemplary works, I shall point out what I believed to have been the first cornerstones of the artists’ shared research.

G. Dorfles, Presentation of the exhibition catalogue “Fantasie colorate” di Galliano Mazzon, at the Libreria Salto, Milan, January 1949, now in L. Caramel, ed., M.A.C. Movimento Arte Concreta 1948-1952, op. cit, p. 34.

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58,8 x 80,8 cm

The Graphic Module as primus movens and the Perceptive Deception

When Dorfles attempts to explain the birth of a work qualified as being “concrete” he refers to the presence of a primus movens consisting in a “graphic module”, whether simple or complex, polygonal or amoeboid, which can be identified as the work’s formative centre15. Gianni Monnet, one of the artists most committed to the Italian movement, responds fully to the appeal, and seeks a graphic module by working on the extreme simplification of the forms placed on his canvases, devoid of any iconic inflection: circles, ovals, lines arouse interest in positional, dimensional, ponderal relations that are reciprocal and established with respect to the background. Modules that are often located at the far ends, dilated until they touch the perimeter so that they appear to be compressed in a thin field and, eventually, not entirely included. One of the canvases most appreciated by the critics is Forme primordiali II, 1951, two blue rods at the ends of which are two differently sized circles placed over a yellow background, and pushed all the way to the edge (FIG. 90). The latter entertains with the “primordial forms” a relationship that is not tangent, as might seem to be the case at a first glance, but rather secant: indeed, the perimeter removes a small part of the circles, and the greater optical weight of the G. Dorfles, presentation of the exhibition Gli artisti del M.A.C. alla galleria Bompiani, Milan, April 1951 (with works by Bertini, Bombelli Tiravanti, Di Salvatore, Dorfles, Huber, Mazzon, Monnet, Munari, Nigro, Regina, Soldati, Veronesi), republished in L. Caramel, ed., M.A.C. Movimento Arte Concreta 1948-1952, op. cit., p. 46. (FIG. 23-24)

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colour blue with respect to the colour yellow accentuates the impression of “imperfection”. The loss of the referent and the reduction of the concrete composition to simple forms are compensated for by an intense work on the perception of the latter. In 1958 Monnet described the basic forms of the concrete composition as follows: “parts arranged in a certain order of accentuation, elements in decreasing order, the associations of parts in balance, and so on. Meanwhile, the forms in themselves, independently and above and beyond any symbolic allusion, tend to suggest to the viewer purely abstract ideas: motion, inertia, leap, joy, mobility, via the classical phenomena of penetration, curvature, grip, concatenation, transparency. And the presence of the weight, with the ensuing coordination of the centre of gravity, immediately creates the ‘constructiveness’ of the composition”16. To be truthful, other tricks draw the viewer’s attention, and optical and perceptive deception is one of these. Monnet further hones this device in some of the paintings in the 1953 series Configurazione concreta (especially no. 5 and no. 6) (FIG. 91-92), by using the same expedient: the edge that cuts the subject which (perhaps) consists of the letter “U”, placed so close to the edge that it seems incomplete. Not only does the figure appear not to be “closed”, but it induces a hesitation between the dimensions of the two parallel elements (are they the same, or is one slightly larger than the other?); and on the plenitude of the interposed yellow circle that would seem to be slightly squashed between the two rods (is it an optical effect, or has 16 G. Monnet, text introducing the solo show of G. R. Martinenghi, Galleria Montenapoleone 6A, March 1958, published in Documenti d’arte d’oggi, 1958, n. pag. (FIG. 77)


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET Non solo la figura non appare “chiusa”, ma induce un’esitazione fra le dimensioni dei due elementi paralleli (sono uguali o l’uno leggermente più grande dell’altro?); e sulla plenitudine del cerchio giallo interposto che sembrerebbe leggermente schiacciato fra le due aste (ma è un effetto ottico o la campitura marrone ha veramente sottratto al giallo quella minuscola striscia cromatica che determina l’effettivo schiacciamento della “O”?). In effetti ad indurre una tale esitazione è la sfumatura dei bordi nonché l’assenza di un contorno marcato che chiuda precisamente il cerchio il quale, stando alla legge gestaltica della “forma chiusa”, rimane in uno stato di nonchiusura17. Il dubbio si genera anche sul parallelismo delle aste della “U” ritratta nella Configurazione concreta n. 6, l’una delle quali risulta inclinata ed è dunque percepita come sbagliata. Dalle composizioni di Soldati a quelle di Bloc dei primi anni Cinquanta, forme nitide e precise instaurano una tale ricchezza di relazioni geometriche e spaziali da proporre all’osservatore superfici d’incerta giacitura, dove il dubbio sul carattere dei piani (trasparenti, opachi, opachi ma translucidi o forse specchianti?) è continuo, così come la rigenerazione della successione dei piani e delle rispettive giaciture (anteposti, retrostanti, complanari, trapassanti, frontali, ruotati, ecc.) e della configurazione formale (poligoni che si contendono margini e porzioni di superficie, di cui l’occhio riconfigura continuamente la morfologia).

Questi tentativi di rappresentazione di elementi parziali e compenetrantisi, sulla cui reale forma e posizione ci si interroga, introducono al secondo tema di ricerca comune, ovvero l’interesse per i meccanismi percettivi della forma, sui quali Nino di Salvatore avvia una importante quanto ancora poco nota ricerca speculativa che trasmetterà ai membri del MAC. L’induzione del senso del movimento e l’instabilità percettiva Nino Di Salvatore è l’unico artista italiano che riceve l’onore di essere presentato da André Bloc, in occasione della personale allestita alla Libreria Salto nel 195118. Dal discorso introduttivo si evince chiaramente che la stima per «l’ami italien qui mène dans son pays un dur combat» è legata soprattutto all’attivismo in campo didattico, che aveva condotto Di Salvatore già nel 1949 a fondare e dirigere la Scuola Superiore di Belle Arti a Domodossola dove aveva introdotto, come innovativa disciplina di studio, “Psicologia della forma (Gestalt)”, allora poco nota negli ambienti italiani non accademici. Una seconda sede sarà aperta a Novara nel 1952, con un indirizzo specifico a carattere industriale19.

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Così D. Katz: «Le linee delimitanti una superficie si percepiscono – ceteris paribus – come unità più facilmente di quelle che non si chiudono. Triangoli, quadrati, circoli, agiscono i quanto forme chiuse. (… ) La legge della “forma chiusa” è molto importante per la segmentazione ottica del campo visivo in oggetti, indipendentemente dal fatto che siano conosciuti o meno» (D. Katz, La psicologia della forma,Boringhieri, Torino 1979, p. 43, I ed. 1948).

A. Bloc, 10 incisioni originali di Di Salvatore, Salto editore, Milano 1951, catalogo della mostra personale tenutasi presso la Libreria Salto, Milano 17 febbraio-2 marzo 1951. (FIG. 30-31-32) 19

La scuola di Domodossola verrà chiusa nel 1954, anno in cui quella di Novara cambierà denominazione da “Scuola Superiore di Belle Arti” ad indirizzo industriale a “Centro Studi Arte/Industria”. Dal 1967 sarà denominata “Scuola di Design” e nel 1970 trasferita a Milano con la nuova denominazione di “Scuola Politecnica del Design”.

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Anche Bloc sosteneva con determinazione la necessità di riformare l’insegnamento superiore per creare competenze a cavallo delle diverse discipline20. L’interesse per la Gestalt è già manifesto nel primo testo dal titolo Il problema “spazio”21 che Di Salvatore pubblica proprio a corredo della cartella di 10 incisioni presentate da Bloc, chiaramente debitrice della lettura di La psicologia della forma di David Katz pubblicato per la prima volta in Italia da Einaudi nel 1950. Lo spazio è considerato come «quarta dimensione», strutturato in modo tale da includere il movimento, arricchito dei valori che la psicologia vettoriale (o topologica) di Kurt Lewin gli attribuisce in quanto origine di quei fattori emotivi determinanti il comportamento umano. Il denso testo di Di Salvatore rafforza il principio che regola l’arte concreta (composizione di forme aniconiche e a-semantiche) e che la distingue dalla denominazione di astratta (presentazione di una realtà soggetta ad un processo di astrazione, anche se non più riconoscibile nella forma finale): «La conclusione del processo creativo dello spazio è quella di indicare all’osservatore il ritmo, l’ordine, il clima in cui incanalare la sua immaginazione e la sua meditazione, senza mai costringerlo unicamente ad una banale associazione di idee»22.

20

Cfr. A. Bloc, Collaboration des sculpteurs et essais de synthèse des arts, in R. Bordier, A. Bloc, De la sculpture à l’architecture, Edition d’Aujourd’hui, Boulogne-sur-Seine 1964, p. 11.

21 N. Di Salvatore, Il problema “spazio”, in Dieci incisioni originali di Di Salvatore, con prefazione di André Bloc, Edizioni Salto, Milano 1951, ripubblicato in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, Electa, Milano 1992, pp. 158-160. 22

Ibidem, p. 160.

FIG. 91

Gianni Monnet Configurazione concreta n.6 1953, olio su masonite 60 x 81 cm

FIG. 92

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92

the brown field really subtracted from the yellow one that minuscule chromatic sliver that determines the actual squashing of the “O”?). In truth, what causes such a hesitation is the fading of the edges, as well as the absence of a marked outline to meticulously close the circle which, based on the Gestalt principle of the “closed form”, remains in a state of non-closure17. The doubt is also generated on the parallel nature of the rods in the “U” portrayed in Configurazione concreta n. 6, one of which is tilted and thus perceived as being wrong. From the compositions by Soldati to those by Bloc in the early 1950s, clear-cut, precise forms establish such a wealth of geometric and spatial relations that the viewer is offered surfaces of uncertain positions, where the doubt vis-à-vis the nature of the planes (transparent, opaque, opaque but translucid, or perhaps reflecting?) is continuous, as is the regeneration of the succession of planes and of the respective positions (placed before, behind, coplanar, passing over, frontal, rotated, etc.) and of the formal configuration (polygons that share margins and portions of surface, whose morphology the eye is constantly reconfiguring).

These attempts to represent partial and interpenetrating elements, whose real form and position we contemplate, introduce a second common research theme, that is the interest in the perceptive mechanisms of form. Nino di Salvatore began an important, albeit still relatively unknown, speculative study on the topic, which he would later present to the members of MAC.

D. Katz’s words were: “Le linee delimitanti una superficie si percepiscono – ceteris paribus – come unità più facilmente di quelle che non si chiudono. Triangoli, quadrati, circoli, agiscono i quanto forme chiuse. (…) La legge della ‘forma chiusa’ è molto importante per la segmentazione ottica del campo visivo in oggetti, indipendentemente dal fatto che siano conosciuti o meno” [The lines limiting a surface are perceived – ceteris paribus – as units more easily than ones that do not close. Triangles, squares, circles act in so far as they are closed forms. (…) The law of the ‘closed form’ is very important for the optical segmentation of the visual field in objects, regardless of whether or not they are known] (D. Katz, La psicologia della forma, Boringhieri, Turin 1979, p. 43, first edition 1948).

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Gianni Monnet Configurazione concreta n.5 1953, olio su masonite 60 x 81 cm

Nino Di Salvatore is the only Italian artist who had the honour of being introduced by André Bloc, on the occasion of the solo show held at the Libreria Salto in 195118. The introduction clearly expressed Bloc’s great esteem for “l’ami italien qui mène dans son pays un dur combat” especially linked to Di Salvatore’s activisim in the field of teaching as early as 1949, when he founded and then directed the Fine Arts School in Domodossola. There he had added a new topic to the curriculum, “Psicologia della forma (Gestalt)”, which was not well known in Italy’s non-academic spheres at the time. A second branch of the school was opened in Novara in 1952, specifically focusing on industry19.

Bloc also staunchly believed in the need to reform secondary school teaching in order to create skills that embraced all the disciplines20. Di Salvatore’s interest in Gestalt was already evident in his first text entitled Il problema “spazio”21 which he published to accompany a portfolio with 10 engravings presented by Bloc. The work was clearly influenced by his reading of La psicologia della forma, the Italian translation of David Katz’s seminal work, first published in Italy by Einaudi in 1950. Space is considered to be like a “fourth dimension”, structured so as to include movement, enriched with the values that Kurt Lewin’s vectorial (or topological) psychology attributes to it in so far as it is the origin of those emotional factors that determine human behaviour. Di Salvatore’s dense text reinforces the principle that regulates Concrete art (a composition of aniconic and a-semantic forms) and that distinguishes it from abstract art (the presentation of a reality that is subject to a process of abstraction, even though it is no longer recognizable in its final form): “The conclusion of the creative process of space is that of indicating to the viewer the rhythm, order, and climate in which to channel his imagination and his meditation, without ever compelling him to perform a banal association of ideas”22.

A. Bloc, 10 incisioni originali di Di Salvatore, Salto editore, Milan 1951, catalogue of the solo exhibition held at the Libreria Salto, Milan 17 February-2 March 1951. (FIG. 30-31-32)

20 Cf. A. Bloc, Collaboration des sculpteurs et essais de synthèse des arts, in R. Bordier, A. Bloc, De la sculpture à l’architecture, Edition d’Aujourd’hui, Boulogne-sur-Seine 1964, p. 11.

The Inducement of a Sense of Movement and Perceptive Instability

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The school in Domodossola was closed in 1954, the year when the one in Novara changed its name from “Scuola Superiore di Belle Arti” to “Centro Studi Arte/Industria”. In 1967 it would be renamed “Scuola di Design” and in 1970 it moved to Milan under the name “Scuola Politecnica del Design”.

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N. Di Salvatore, Il problema “spazio”, in Dieci incisioni originali di Di Salvatore, with a preface by André Bloc, Edizioni Salto, Milano 1951, republished in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, Electa, Milan 1992, pp. 158-160.

21

22

Ibidem, p. 160.


36

ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

Si ribadisce dunque il rigetto dell’ipotesi della costanza, uno dei pilastri della psicologia tradizionale, quella per la quale ci spieghiamo le cose associandole alle nostre impressioni pregresse, cercandole nel vissuto, anche forzandone il significato. Fra l’altro, il principio della “costanza della forma” e più in generale i “fenomeni di costanza” (quelli per i quali si è portati a rettificare le “sensazioni pure” e quindi a ricevere impressioni distorte della realtà) erano i più invisi agli psicologi della forma23. Per distrarre l’osservatore, impedirgli l’applicazione automatica (e forzosa) del significato ad un determinato segno a cui in genere si trova associato, per folgorarlo con la forma24, l’artista si ingegna con diversi espedienti, con inganni ottici,

23

Così D. Katz per spiegare il processo di correzione automatica delle percezioni ottiche : «Supponiamo che davanti a noi, su un tavolo, si trovi un disco di cartone che contempliamo dall’alto e obliquamente. Se qualcuno ci chiede la forma del disco, noi risponderemo, se siamo spregiudicati, che lo vediamo rotondo. A questo obietterebbe lo psicologo tradizionale: che in realtà non vediamo il disco affatto rotondo, ma solamente interpretiamo la nostra percezione in questo modo. Che il nostro giudizio è determinato dal fatto che per esperienza sappiamo che il disco è rotondo. Che l’introspezione non ci fornisce la sensazione di un cartoncino rotondo, ma di uno ovale. Che è precisamente ovale e non rotonda l’impressione retinica del disco in forza della direzione obliqua dello sguardo. (…) La forma ovale è la sensazione pura, non influenzata da atti psichici superiori» (D. Katz, La psicologia della forma, cit., pp. 23-24). 24 «Lo spazio è la folgorazione della forma» asserisce Di Salvatore (Cfr. Il problema “spazio”, in Dieci incisioni originali di Di Salvatore, cit., ripubblicato in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, cit., p. 158).

Hence, the constancy hypothesis of constance is rejected, one of the tenets of traditional psychology, which allows us to explain things by associating them to our past impressions, seeking them in experience, even forcing their meaning, if necessary. Among other things, the principle of the constancy of form and more in general of the phenomena of constancy (which lead us to rectify pure sensations and thus receive impressions of reality that are distorted) were the most unpopular with psychologists of form23. To distract the viewer, to prevent him from automatically (and forcefully) applying the meaning to a specific sign that it is usually associated with, to overcome him with form24, the artist uses D. Katz explains the process of the automatic correction of optical perceptions as follows: “Supponiamo che davanti a noi, su un tavolo, si trovi un disco di cartone che contempliamo dall’alto e obliquamente. Se qualcuno ci chiede la forma del disco, noi risponderemo, se siamo spregiudicati, che lo vediamo rotondo. A questo obietterebbe lo psicologo tradizionale: che in realtà non vediamo il disco affatto rotondo, ma solamente interpretiamo la nostra percezione in questo modo. Che il nostro giudizio è determinato dal fatto che per esperienza sappiamo che il disco è rotondo. Che l’introspezione non ci fornisce la sensazione di un cartoncino rotondo, ma di uno ovale. Che è precisamente ovale e non rotonda l’impressione retinica del disco in forza della direzione obliqua dello sguardo. (…) La forma ovale è la sensazione pura, non influenzata da atti psichici superiori” [Let us suppose that before us on a table is a cardboard disc that we look at from above and obliquely. If someone asks us what the form of the disc is our unbiased answer is that it is round. The traditional psychologist would object: that in truth we are not at seeing a round disc, but only interpreting our perception thus. That are opinion is determined by the fact that based on experience we know that the disc is round That introspection does not provide us with the sensation of a round piece of cardboard, but of an oval one. That the retinal impression of the disc is oval and not round based on the oblique direction of the gaze. (…) The oval form is the pure sensation, uninfluenced by superior psychological acts] (D. Katz, La psicologia della forma, op. cit., pp. 23-24).

23

“Space is the explosion of form”, says Di Salvatore (Cf. Il problema “spazio”, in Dieci incisioni originali di Di Salvatore, op. cit., republished in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, op. cit., p. 158).

24

alterazioni percettive, difficoltose acquisizioni cognitive, spesso connesse all’induzione di una sensazione cinetica mediante la rappresentazione arguta di oggetti in realtà statici. Un’intenzionalità che si rivela non solo nei dipinti (ai quali si sono particolarmente dedicati Nino Di Salvatore e Simonetta Vigevani Jung, come vedremo) ma in modo più sottile nell’architettura grazie alle relazioni fra le giaciture degli elementi che la compongono o al rapporto che essa instaura con quanto le è intorno (opera d’arte o paesaggio che siano). Tre esempi chiariscono l’applicazione di questo principio e gli effetti conseguenti, e rappresentano anche tre approcci diversi alla pratica della Sintesi delle Arti. Nell’ultimo numero della rivista “Spazio” viene presentato il progetto di Gianni Monnet per la Scuola superiore di Belle Arti a Novara che Di Salvatore dirige dal 195225. L’edificio,

non realizzato, avrebbe pienamente espresso la passione del direttore per la Gestaltpsycologie e sarebbe stato un buon esercizio per gli allievi esplorarlo in movimento, passeggiandovi intorno. Il piano tipo presenta un nucleo centrale eptagonale che contiene i collegamenti verticali, stabilizza la struttura ed emerge in alto; il nucleo è inscritto in un cerchio, dove si dispongono a raggiera le aule, che a sua volta si inscrive in una forma ellittica, quella del solaio che si protende verso l’esterno a formare un frangisole. Il volume risulta quindi formato da sei cilindri corrispondenti ai sei piani, poggiati asimmetricamente su basi ellittiche. Agli occhi di un osservatore peripatetico, che muta il punto di vista sull’oggetto, le relazioni posizionali fra corpi cilindri e superfici ellittiche avrebbero ingenerato la percezione di movimenti relativi fra gli uni e le altre: più la base avrebbe aggettato più il cilindro sarebbe arretrato, meno l’una si sarebbe protesa più l’altro avrebbe avanzato, finché corpo e perimetro del solaio avrebbero raggiunto 25 Sp. [Luigi Moretti], Scuola d’arte a Novara. Architettura di quella condizione di coincidenza, limitata ad un breve tratto, dove la figura frammentata si sarebbe ricomposta nell’unità Gianni Monnet, in “Spazio”, n. 7, dicembre 1952-gennaio 1953, pp. 70-71. A proposito del carattere della scuola così ri- (temporanea) della torre. Un’unità prontamente negata dalla ferisce l’articolista: «Questo tipo di scuola d’Arte rappresenta, visione successiva e dalle linee d’ombra che, procedendo verso in Italia, una iniziativa singolare, che deve essere attentamente le estremità dell’ellissi, sarebbero diventate ampie campiture considerata. I criteri sulla quale è impostata sono reperibili in sulla facciata, studiate anche come dispositivo di protezione dall’incidenza eliotermica (FIG. 93). Questo meccanismo non una dichiarazione redatta dal Di Salvatore: “(…) In questa scuola l’insegnamento dell’arte non è mai posto sul piano col- sarebbe stato avvertibile dall’interno, perché la finestratura lettivo; ogni allievo va preso a sé e osservato come un caso cli- continua era prevista in alto, al fine di ottenere spazi di lavoro più intimi. Se la forma della pianta assume l’impronta nico, esistenzialmente differente dagli altri; sono sovratutto dell’«archetipo» che Di Salvatore perfeziona proprio a partire prese in considerazione le capacità dell’allievo di intendere il significato psicologico della forma e del colore, l’intuizione dei dal 1953 (e di cui nel giardino avrebbe proposto una sua traduzione spaziale), una delle leggi gestaltiche che reggono la valori spaziali e dei valori tattili, la prospettiva del colore e l’immaginazione della forma, il tono intellettivo e spirituale e le facoltà percettive. Sempre al fine di conoscere la personalità Scuola d’Arte dell’Università Washington di ST Louis, U.S.A. dell’allievo onde chiarire e potenziare la sua personalità, la (…)» , in ibidem, p. 71. scuola usa tabelle indicative sul tipo di quelle in uso nella

several expedients characterized by optical deception, perceptive modifications, difficult cognitive acquisitions, often connected with the inducement to a kinetic sensation via the intelligent representation of objects in static reality. This intentionality is not just revealed in the paintings (to which Nino Di Salvatore and Simonetta Vigevani Jung are especially devoted, as we shall see), but rather, and in a subtler way, in architecture, thanks to the relations between the positions of the elements making it up, or to the relationship architecture establishes with what surrounds it (whether works of art or landscape). Three examples clarify the application of this principle and the ensuing effects, and they also represent three different approaches to the Synthesis of the Arts. The last issue of the magazine Spazio contained Gianni Monnet’s project for the Scuola superiore di Belle Arti (Secondary School of Fine Arts) in Novara which Di Salvatore had been directing since 195225.

Sp. [Luigi Moretti], “Scuola d’arte a Novara. Architettura di Gianni Monnet”, in Spazio, no. 7, December 1952-January 1953, pp. 70-71. As for the nature of the school this is what the writer says: “This type of art school represents, in Italy, a unique initiative, which must be carefully taken into account. The criteria on which it is founded can be read in a declaration written by Di Salvatore: “(…) In this school the teaching of art is never based on a collective plan; each student must be treated individually and observed as though he were a clinical case, existentially different from the other students; above all, attention is focused on the student’s ability to understand the psychological meaning of the form and the colour, the intuition of spatial values and of tactile values, the perspective of colour and the imagination of form, the intellective and spiritual tone, and the perceptive faculties. Also aimed at knowing the students personality so as to clarify and reinforce it, the school uses tables similar to the ones used at the Art School of Washington University, St. Louis, Missouri, USA (…)” , in ibidem, p. 71.

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The building, which was never built, was supposed to fully express the director’s passion for Gestaltpsychologie, and it would have offered a good exercise for the students, who could explore it in movement by walking around it. The plan featured a central heptagonal hub that contained the vertical connections, stabilized the structure, and emerged upwards; the hub was inside a circle, with the classrooms all around it like the spokes of a wheel; in turn, the circle itself was inscribed inside an elliptical form, that of the slab extending outwards to form a brise soleil. The volume was thus formed by six cylinders corresponding to six storeys, set asymmetrically on elliptical bases. To the eyes of the peripatetic viewer, whose point of view of the object changes, the positional relations between the cylindrical bodies and the elliptical surfaces engenders the perception of relative movements between them: the more the base moves forward, the more the cylinder withdraw, the less one of the element moves forward, the more the other advances, until the circular volume and the perimeter of the elliptical slab reach a condition of coincidence, limited to a short segment, where the fragmented figure could then be recomposed in the (temporary) unity of the tower. This unity was quickly denied by the subsequent vision and by the shadow lines that, by proceeding towards the extremity of the ellipsis, would become broad fields on the facade, and could help to protect against heliothermic phenomena (FIG. 93). This mechanism would not have been felt inside, because the continous glazing was going to be higher, thereby creating more intimate work spaces. If the form of the plan becomes an “archetype” that Di Salvatore began to perfect starting in 1953 (he would put forward the idea of its spatial translation for the garden), one of the Gestalt principles upholding the composition and determining the


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET composizione e che ne determina il tipo di percezione è certamente quella della «vicinanza»26: il cerchio e l’ellisse – che, ricorda Di Salvatore, può essere letto anche come un cerchio in prospettiva – perdono parte della loro individualità, si accomodano l’uno sull’altra, sono l’uno metro di valutazione del moto relativo e apparente dell’altra: «È ormai evidente che la forma non va più concepita isolatamente ma in “coppia” con l’altra, o con altre ancora presenti nel campo visivo»27. Mon26 «Le parti di un insieme percettivo vengono raccolte in unità conformi alla minima distanza, ceteris paribus» (D. Katz, La psicologia della forma, cit., p. 41). 27

N. Di Salvatore, “Il concetto di forma” in Teoria dello spazio, Milano 1971-1991, ripubblicato in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, cit., p. 163.

net lavora dunque sulla relazione fra due forme “forti”, “chiuse” e convesse ( la convessità è intesa come un rafforzativo del carattere di chiusura, qualità degli oggetti che «impongono la loro presenza e ci vengono incontro»28) coniugando gli studi sulla geometria percettiva29 all’interesse per la percezione visiva. «L’architetto che dipinge dovrebbe es28

N. Di Salvatore, “Le stimolazioni visive” in Teoria dello spazio, Milano 1971-1991, ripubblicato in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, cit., p. 164.

29

Nell’ultimo numero di “Documenti d’arte d’oggi” del 1958 è pubblicato un testo a firma di G. Monnet e T. B. Varisco presentato come una sintesi dell’introduzione ad uno studio incentrato sulla geometria percettiva che i due autori erano in procinto di completare.

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sere la regola, viceversa è una eccezione; (…) un architetto che si accorge di non potersi considerare tale se non attraverso una profonda conoscenza dei problemi che agitano le arti plastiche d’oggi, se non attraverso la meditazione e l’esperimento continuo delle leggi che reggono la nostra visione plastica»30: sebbene queste parole fossero rivolte da Monnet ad un altro architetto-pittore, esse segnano una posizione culturale prossima a quella di Bloc che lamenta l’impreparazione degli architetti nelle discipline artistiche e consiglia che siano affiancati da figure esperte31. Per perfezionare la conformazione del luogo di insegnamento e pratica del mestiere dell’artista concreto, Monnet si avvale di un altro architetto-pittore, Atanasio Soldati32. Un ampio dipinto murale avrebbe ricoperto pareti e pavimento dell’atrio d’ingresso, una forma «a cuneo»33 a carattere dinamico per 30 G. Monnet, testo di presentazione della Mostra personale di G. R. Martinenghi, Galleria Montenapoleone 6A, marzo 1958, pubblicato in “Documenti d’arte d’oggi”, 1958, s.p. 31

A. Bloc, Collaboration des sculpteurs et essais de synthèse des arts, in R. Bordier, A. Bloc, De la sculpture à l’architecture, Edition d’Aujourd’hui, Boulogne-sur-Seine 1964, pp. 11-12. 32

Era stata prevista anche la partecipazione di Bruno Munari che aveva progettato una fontana monumentale e dello stesso Di Salvatore con una scultura. Entrambe le opere sarebbero state disposte nel giardino circostante (cfr. Sp. [Luigi Moretti], Scuola d’arte a Novara. Architettura di Gianni Monnet, cit.). 33

A proposito del carattere dinamico delle forme trapezoidali o «a cuneo», Rudolph Arnheim scriverà: «Il movimento è ancor più libero quando (…) si verificano dei cambiamenti di

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type of perception is no doubt that of “closeness”26: the circle and the ellipsis – Di Salvatore reminds us that the latter can also be interpreted as a circle in perspective – lose part of their individuality and are accommodated the one upon the other, the one being the yardstick evaluating the relative and apparent motion of the other: “It has by now become evident that a form should no longer be conceived in isolation, but ‘paired’ with the other, or with others still present in the field of vision”27. Monnet thus worked on the relationship between two “strong”, “closed”, and convex forms (convexity in the sense of a reinforcement of enclosure, the quality of objects that “impose their presence and come towards us”28) combining studies on perceptive geometry29 with an interest in visual perception. “The architect who also paints should be the rule, instead he is the exception; (…) an architect who realizes that he cannot think of himself as such unless he has a profound knowledge of the problems underlying the plastic arts today, unless he ponders and continually experiments with the principles that uphold our plastic “Le parti di un insieme percettivo vengono raccolte in unità conformi alla minima distanza, ceteris paribus” [The parts of a perceptive whole are gathered into units which comply with the minimum distance, ceteris paribus] (D. Katz, La psicologia della forma, cit., p. 41).

26

N. Di Salvatore, “Il concetto di forma” in Teoria dello spazio, Milan 1971-1991, republished in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, op. cit., p. 163.

27

N. Di Salvatore, “Le stimolazioni visive” in Teoria dello spazio, Milan 1971-1991, republished in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, op. cit., p. 164.

28

In the last issue of Documenti d’arte d’oggi, 1958, a text was published signed by G. Monnet and T. B. Varisco presented as the synthesis of the introduction to a study focused on perceptive geometry that the two authors were on the verge of completing.

29

FIG. 93 Gianni Monnet Progetto per una Scuola superiore di Belle Arti a Novara Spazio, n.7, dicembre1952-gennaio 1953

vision”30: although Monnet addressed these words to an architect-painter, they indicate a cultural position close to that of Bloc, who lamented the architects’ lack of knowledge of the arts, and suggested they should be flanked by expert figures31. To perfect the conformation of the place of teaching and the practice of the Concrete artist’s trade, Monnet turned to another architect-painter, Atanasio Soldati32. A large-scale painting was planned for the walls and floors in the entrance hall, a dynamic “wedge” shape33 to accelerate the linear convergence perspective inwards by the heptagon dominated by the stairway (FIG. 94). Concrete forms, prevalently triangular in shape, whose proximity would have generated temporary perspectives of volumes alternated with coloured figures à plat, thus confounding the viewer immersed in a sort of psycho-sensory wind gallery, hesitating on the statute of a painted decoration that limits the space by cladding it in a polychrome patchwork, or of a sculpted material that invades the space protruding therein, or that even goes so far as to burst from the top and sides in order to expand it. The work was G. Monnet, text introducing the Mostra personale di G. R. Martinenghi, Galleria Montenapoleone 6A, March 1958, published in “Documenti d’arte d’oggi”, 1958, n. pag.

30

31 A. Bloc, “Collaboration des sculpteurs et essais de synthèse des arts”, in R. Bordier, A. Bloc, De la sculpture à l’architecture, Edition d’Aujourd’hui, Boulogne-sur-Seine 1964, pp. 11-12.

Bruno Munari was also expected to participate with a monumental fountain he had designed, Di Salvatore with a sculpture. Both works were supposed to be arranged in the surrounding garden (cf. Sp. [Luigi Moretti], Scuola d’arte a Novara. Architettura di Gianni Monnet, op. cit.).

32

As for the dynamic nature of the trapezoidal or “wedge-shaped” forms Rudolph Arnheim’s words were: “Il movimento è ancor più libero quando (…) si verificano dei cambiamenti di orientamento dall’espansione alla contrazione e viceversa” [Movement is even freer when (…) changes in orientation from expansion to contraction and vice versa occur] (R. Arnheim, Art and Visual Perception. A Psychology of the Creative Eye, California University Press, Berkeley 1954.

33

in tune with the concept that informs architecture, that is, that the position of “nearby” forms with well-defined contours (hence “closed”) create optical phenomena close to illusions and, akin to the latter, capable of provoking perceptive instabilities. The inducement of the sensation of mobility of a static body and the artist’s participation in the architectural project also characterize the Casa Sperimentale b24 (Experimental House b24) – presented at the 10th Milan Triennale in 1954 and awarded the Silver Medal34; it is the work of a group of architects who gravitated towards Mario Ravegnani Morosini, the owner of Studio b2435. Before being assembled in Parco del Sempione, the small dwelling was the object of a presentation-discussion in an exhibition promoted by the authors in their office-gallery, publicized via the model of the structure and particularly open to the MAC artists36. Indeed, it can be asserted that this experiment is the outcome of a larger interdisciplinary group, to be joined by several members of Groupe Espace, especially André Bloc and Maxime Descombin who, with their respective works, take part in the adaption of the house in the surrounding garden. 34

Cf. Domus, no. 303, February 1955, p. 33.

This was an architectural firm located in Milan at via Borgonuovo 24, made up of Mario Ravegnani Morosini, Gigi Radice and Bobi Brunori, active members of Movimento Arte Concreta and the promoters of experiments on the synthesis of the arts. The firm’s activity had not as yet been the subject of the recent publications (see in particular “Una galleria-studio a Milano”, in Domus no. 286, September 1953) and the critical interpretation of the house was limited to the work of the publicists at the time. The house was realized in collaboration with Antonello Vincenti, without the support of Gigi Radice. 35

Mostra della casa sperimentale b. 24 alla X Triennale di Milano, 19 June-3 July, at Studio b24. The event was presented in Documenti d’arte d’oggi, 1954, n. pag. 36


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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

l’accelerazione delle fughe prospettiche verso l’interno dell’eptagono dominato dalla scalinata (FIG. 94). Forme concrete, in prevalenza triangolari, la cui prossimità avrebbe generato temporanee prospettive di volumi alternate a figure colorate à plat, confondendo il fruitore immerso in una sorta di galleria del vento psicosensoriale, esitante sullo statuto di una decorazione dipinta che limita lo spazio rivestendolo di un patchwork policromo, oppure di una materia scolpita, che invade lo spazio protendendosi in esso o che addirittura lo sfonda in alto e lateralmente per ampliarlo. L’opera è in sintonia con il concetto che informa l’architettura, e cioè che la giacitura di forme “vicine” dai contorni ben definiti (dunque “chiuse”), creano dei fenomeni ottici prossimi alle illusioni e, come queste ultime, in misura di provocare instabilità percettive. L’induzione della sensazione di mobilità di un corpo statico e la partecipazione dell’artista al progetto architettonico appartengono anche alla Casa Sperimentale b24 – presentata alla X Triennale di Milano del 1954 e insignita della Medaglia d’Argento34 – opera di un gruppo di architetti riuniti intorno alla figura di Mario Ravegnani Morosini, titolare dello Studio b2435. Prima di essere montata nel Parco del Sempione, la pic-

orientamento dall’espansione alla contrazione e viceversa» (R. Arnheim, Art and Visual Perception. A psichology of the creative eye, California University Press, Berkeley 1954, I ed. it. 1956; cito da R. Arnheim, Arte e percezione visiva, Feltrinelli, Milano 1996, p. 344, con prefazione di Gillo Dorfles). 34

Cfr “Domus”, n. 303, febbraio 1955, p. 33.

35

Si tratta di uno studio di architettura con sede a Milano in via Borgonuovo 24, composto da Mario Ravegnani Morosini,

cola dimora fu oggetto d’una presentazione-discussione in una mostra promossa dagli autori nel loro ufficio-galleria, pubblicizzata mediante il modello della struttura e aperta in particolare agli artisti del MAC36. Si può dunque ammettere che tale esperimento sia il portato d’un gruppo interdisciplinare più ampio a cui si sarebbero aggiunti alcuni esponenti del Groupe Espace, in particolare André Bloc e Maxime Descombin che, con le rispettive opere, parteciparono all’ambientamento della casa nel giardino circostante. L’obiettivo della manifestazione milanese era più che in linea con il manifesto del Groupe Espace e con gli obiettivi del MAC: «riconoscere come uno dei problemi più vivi ed attuali il nuovo rapporto di collaborazione determinatosi tra il mondo dell’arte e quello della produzione industriale (…) riaffermare il rapporto unitario tra architettura, pittura e scultura»37. Gigi Radice e Bobi Brunori, attivi nell’ambito del Movimento Arte Concreta e promotori di esperimenti di sintesi delle arti. L’attività dello studio non è stata ancora oggetto di pubblicazioni recenti (si veda in particolare Una galleria-studio a Milano, in “Domus” n. 286, settembre 1953) e la letteratura critica sulla casa è limitata alla pubblicistica d’epoca. La casa fu realizzata in collaborazione con Antonello Vincenti, senza l’apporto di Gigi Radice. 36

Mostra della casa sperimentale b. 24 alla X Triennale di Milano, 19 giugno-3 luglio, presso lo Studio b24. L’evento è presentato in “Documenti d’arte d’oggi”, 1954, s.p.

37

A. Pansera, Storia e cronaca della Triennale, Longanesi & C., Milano 1978, p. 396. Il progetto che Bloc ha in animo di realizzare nel 1954 è più articolato. L’esposizione en plein air di Biot, conclusasi il 10 settembre, avrebbe dovuto essere replicata nel parco annesso al Palazzo dell’Arte (montata in

L’aggettivo “sperimentale” è connesso a due fatti: all’utilizzo, per la prima volta in un’abitazione, dei nuovissimi materiali prodotti dall’industria nel rispetto delle caratteristiche statiche e tecnologiche, senza mascherarne la rispettiva espressione estetica38; e alla proposta di un nuovo modo di abitare non più stanziale ma in viaggio. «L’insieme che ne deriva ribadisce questo concetto di mobilità» afferma il portavoce del gruppo. Vediamo dunque in che senso. Lo spazio interno è fluido, chiaramente contenuto in due esagoni laterali rispetto all’ingresso, che le due testate completamente vetrate aiutano a definire morfologicamente e che contengono i due campi funzionali principali della dimora: il soggiorno-pranzo e la camera da letto, fra cui si inseriscono gli leggero ritardo perché la X Triennale sarebbe stata inaugurata il 28 agosto dello stesso anno). Sebbene lo spazio desiderato non fosse stato concesso, nella sezione “Sculture ed elementi di plastica decorativa” allestita nei giardini, si potevano apprezzare le ricerche di punta del Groupe Espace e del MAC. 38

Nella casa sperimentale si impiegano i seguenti materiali: il perspex (resina sintetica) nelle parti di copertura trasparente, l’alluminio anodizzato nei serramenti e nel telaio delle testate, vetro atermico, pareti “sandwich” prefabbricate, fatte di due strati di legno trattato (pagholz all’esterno consistente in un compensato impregnato con speciali resine e resistente ad alte pressioni; pannelli in legno bachelizzato all’interno) con interposto pannello in lana di vetro; gomma per il pavimento, materia plastica nel rivestimento del soffitto (cfr. Casa sperimentale b. 24 alla Decima Triennale di Milano 1954, Muggiani, Milano 1954; M. Ravegnani Morosini, La casa individuale in italia, Görlich editore, Milano 1957, pp. 147-156).

The aim of the Milanese event was more in line with Groupe Espace’s manifesto than the goals of MAC: “to acknowledge as being one of the vivid and topical problems the new collaborative relationship between the world of art and that of industrial production (…) to reassert the unitary relationship between architecture, painting, and sculpture”37.

The adjective “experimental” refers to two facts: to the use, for the first time ever in a house, of the very new materials manufactured by industry, with respect for static and technological features, and without camouflaging the respective aesthetic expression38; and to the proposal for a new way of living that is no longer stable, but while traveling. “Overall, it underscores the concept of mobility”, said the spokesperson for the group. Let us see what he meant by that. The internal space is fluid, clearly contained in two lateral hexagons with respect to the entrance, which the two ends completely made of glass help to define morphologically, and 37 A. Pansera, Storia e cronaca della Triennale, Longanesi & C., Milano 1978, p. 396. The project that Bloc intended to implement in 1954 was more articulated. The display en plein air in Biot, which ended on 10 September, should have been repeated in the park annexed to the Palazzo dell’Arte (mounted slightly behind schedule as the 10th Triennale was to be inaugurated on 28 August of the same year). Although the desired space was not granted, in the section entitled “Sculture ed elementi di plastica decorativa” (Sculptures and elements of decorative plastic) mounted in the gardens, the finest research conducted by Groupe Espace and MAC could be viewed.

FIG.94 Atanasio Soldati Progetto di dipinto murale per l’atrio della Scuola superiore di Belle Arti a Novara Spazio, n.7, dicembre1952-gennaio 1953

The following materials are used to make the experimental house: perspex (synthetic resin) for the transparent roof, anodized aluminium for the fixtures and the side frames, athermic glass, prefabricated ‘sandwich’ windows, made of two layers of treated wood (pagholz inside consisting of plywood soaked with special resins and resistant to high pressure; bachelized wooden panels inside), with a fibreglass panel in the middle; rubber for the floor, plastic in the cladding for the ceiling” (cf. Casa sperimentale b. 24 alla Decima Triennale di Milano 1954, Muggiani, Milan 1954; M. Ravegnani Morosini, La casa individuale in italia, Görlich editore, Milan 1957, pp. 147-156).

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ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET spazi di servizio ridotti al minimo ingombro (denominati infatti «cucinino» e «cabina bagno» ). Si entra mediante una scalinata ampia, pensata come appendice esterna su cui stazionare e protetta dalla porta vetrata sollevata in posizione orizzontale e trasformata in una pensilina. L’insieme rampa esterna-portellone a bilico orizzontale ricorda l’accesso ad un velivolo e cospira con gli appoggi su cui la casa sta, sollevata come un aereo sulle sue ruote in posizione di atterraggio. Si direbbe che l’atto dell’entrare sia sostituito dall’inconsueto “salire a bordo” d’una sorta di capsula con un interno essenziale e succinto, dove il disegno della pavimentazione in caucciù composta di forme “concrete” poligonali policrome su disegno di Renato De Fusco (artista concreto della sezione napoletana) sospinge verso le testate della piccola abitazione, trasformate in volumi vetrati aggettanti, composti da triangoli equilateri (evidenti sotto-moduli dell’esagono, la figura geometrica che regola l’impianto planimetrico e gli alzati della piccola abitazione). Due immagini dell’esterno sono profondamente significative dell’alleanza fra architettura e scultura e fra MAC e Espace(FIG. 87). La prima mette in risalto la “postura” della casa, che con le testate vetrate protese verso l’esterno si erige su di una piattaforma in cemento portata da travetti prefabbricati sagomati, assottigliati alle estremità. In primo piano, la scultura in metallo Ali battenti di Maxime Descombin. Grazie alla composizione incardinata sulla direttrice diagonale che incrementa l’impressione di scatto verso l’alto, l’opera congiura perfettamente con i dispositivi architettonici della casa, esaltando l’immagine d’una navicella in posizione di imminente lancio nello spazio. Nella seconda fotografia è invece una scul-

which contain the dwelling’s two principal functional fields: the living-dining room and the bedroom, between which are the service areas reduced to a minimum (they are in fact referred to as the “kitchenette” and the “toilet”). The stairway leading into the house is conceived as an outer appendix on which to stand, and protected by the glass door raised to a horizontal position and thus transformed into shelter. The outer ramp-horizontal tilting door recalls the entrance to a plane and conspires with the supports on which the house stands, lifted like an airplane on its wheels as it is about to land. One might go so far as to say that the act of entering is replaced by the unusual “boarding” of a sort of capsule with an essential, succinct interior, where the design of the rubber floor made up of polychrome polygonal “concrete” forms to a design by Renato De Fusco (a Concrete artist from the movement’s Neapoltitan section) pushes toward the far ends of the dwelling, turned into overhanging windows consisting of equilateral triangles (evident sub-modules of the hexagon, the geometric figure that regulates the small house’s plan and elevations). Two images of the outside are deeply meaningful to the alliance between architecture and sculpture and between MAC and Espace (FIG. 87). The first emphasizes the house’s “posture”, which with its overhanging glass ends is erected on a concrete platform borne by pre-fabricated beams that taper at both ends. In the foreground there is the metal sculpture Ali battenti (Beating Wings) by Maxime Descombin. Thanks to the composition hinged on the diagonal that enhances the impression of an upwards thrust, the work goes perfectly with the house’s architectural elements, evoking the image of a ship positioned for an imminent launch in space. The second photograph shows a marble sculpture by Bloc, of a statuary nature39, related to Pierre Guéguen’s words about a similar work in 1953 were as follows: « Ayant exploré le champs des objets et des Constructions Plastiques, il est revenu à la sculpture proprement statuaire, ce qui ne

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tura in marmo di Bloc, di carattere statuario39, ad essere messa in relazione con la Casa sperimentale, per suggellare l’intesa fra i due movimenti artistici poco prima della stipula dell’atto di fusione fra MAC e Espace. Sulla scia della positiva collaborazione che si era attivata nell’ambito della X Triennale, nell’autunno del 1954 si decide di impiantare la cellula italiana del gruppo francese nel MAC stesso: «I gruppi “Espace” (…) hanno per scopo di promuovere una più stretta relazione e scambio tra le diverse arti plastiche fino a giungere ad una completa integrazione di esse (…) Le Corbusier, Léger et Bloc l’hanno chiamata “Synthèse des arts”, ed è sempre stato l’obiettivo principale degli artisti aggruppati nel “Movimento Arte Concreta” (…)»40.Così il comitato direttivo ai membri del MAC per giustificare pienamente una scelta le cui ricadute vale la pena segnalare: il rinnovamento del formato e della veste grafica dei bollettini, che diventano annuari col titolo di “Documenti d’Arte d’oggi” (FIG. 60), cui si affianca la pubblicazione irregolare di

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6 numeri di “Sintesi delle arti. M.A.C. Gruppo Espace”41 (FIG. 78); e il cambiamento di sede dalla Libreria Salto alla Galleria del Fiore, ristrutturata per l’occasione da Viganò, dove risiederà la sezione Arte e Artigianato, a cui si aggiunge lo Studio b24, da tempo impegnato a promuovere esposizioni e dibattiti sul tema dell’integrazione fra le arti e le tre discipline dell’Architettura, Urbanistica, Industrial design, costituite in un’unica sezione e ivi ospitate. La mostra Esperimenti di sintesi delle arti del maggio 195542 è la prima uscita pubblica del MAC-Espace e segna l’inizio d’una promettente attività editoriale ed espositiva che durerà ancora tre anni, fino allo scoccare del decimo anno di vita del gruppo italiano, il 1958. In questi tre anni accadono molte cose a segnare la presenza di André Bloc in Italia, a determinarne la sua influenza e a contaminare la sua maniera. Intanto, la prima mostra della rinnovata Galleria del Fiore ospita la prima personale di Bloc in Italia, a cui sono affiancati alcuni lavori di Willi Baumeister43.

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Così Pierre Guéguen a proposito di un’opera simile del 1953: «Ayant exploré le champs des objets et des Constructions Plastiques, il est revenu à la sculpture proprement statuaire, ce qui ne constitue nullement un renoncement; mais un élargissement et un redoublement d’invention» (P. Guéguen, André Bloc et la réintégration de la plastique dans la vie, cit., p. 22).

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Lettera circolare del Gruppo MAC/Espace del 24 febbraio 1955, pubblicata in L. Caramel, a cura di, M.A.C. Movimento Arte Concreta 1953-1958, cit., p. 33.

the Casa sperimentale (Experimental House), thus consolidating the understanding between the two artistic movements just before MAC and Espace officially merged. Along the lines of the positive collaboration that had been activated as part of the 10th Triennale, in the fall of 1954 it was decided to implant the Italian cell of the French group in MAC: “The purpose of the ‘Espace’ groups (…) is to promote a closer relationship and exchange between the different plastic arts eventually achieving their complete integration (…) Le Corbusier, Léger and Bloc have dubbed it the ‘Synthèse des arts’, and it has always been the main objective of the artists who are members of ‘Movimento Arte Concreta’ (…)”40. These were the words of the board of directors to the members of MAC, thus fully justifying a choice whose consequences are worth mentioning: the renewal in the format and graphic design of the bulletin, which became an annual publication entitled Documenti d’Arte d’oggi (FIG. 60), accompanied by the random publication of 6 issues of Sintesi delle arti. M.A.C. Gruppo Espace41 (FIG. 78); and a change in headquarters, from the Libreria Salto to the Galleria del Fiore, refurbished for this purpose by Viganò; this would also be the location of the Arts and Crafts section, as well as of Studio b24, for some time involved in promoting exhibitions and debates on the topic of constitue nullement un renoncement; mais un élargissement et un redoublement d’invention » (P. Guéguen, André Bloc et la réintégration de la plastique dans la vie, op. cit., p. 22).

40 “Lettera circolare del Gruppo MAC/Espace”, dated 24 febbraio 1955, published in L. Caramel, ed., M.A.C. Movimento Arte Concreta 19531958, op. cit., p. 33.

The first, published in 1955, contains the text by A. Bloc L’integrazione delle arti plastiche nella vita and is dedicated to the first group show Esperimenti di sintesi delle arti. This was followed by three others in June, November, and December 1955, while the other two were published in 1956, in June and November. On MAC’s publishing activity see G. Maffei, M.A.C. Movimento Arte Concreta. Opera editoriale, Edizioni Sylvestre Bonnard, Milan 2004.

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Il primo, pubblicato nel maggio 1955, contiene il testo di A. Bloc L’integrazione delle arti plastiche nella vita ed è dedicato alla prima esposizione del gruppo Esperimenti di sintesi delle arti. Ne seguono altri tre editi in giugno, novembre e dicembre 1955, mentre gli ultimi due sono pubblicati nel 1956, in giugno e novembre. Sull’attività editoriale del MAC si veda G. Maffei, M.A.C. Movimento Arte Concreta. Opera editoriale, Edizioni Sylvestre Bonnard, Milano 2004. 42 La mostra si è tenuta alla Galleria del Fiore dal 14 al 27 maggio 1955. 43

Così Gillo Dorfles: «Le plus grand intérêt de l’œuvre de

the integration between the arts and the three disciplines of Architeture, Urban Studies, and Industrial Design, established as a single section and hosted therein. The exhibition Esperimenti di sintesi delle arti in May 195542 was MACEspaces’s first public event, marking the start of a promising publishing and exhibition activity that would last another three years, until the tenth anniversary of the Italian group in 1958. In those three years many things happened to mark André Bloc’s presence in Italy and his influence, as well as to shape his own style. Meanwhile, the first exhibition of the renovated Galleria del Fiore hosted Bloc’s first solo showcase in Italy, accompanied by several works by Willi Baumeister43. The French artist showed marble and bronze sculptures similar to the one exhibited to counterpoint the experimental house, in a nod to Arp and perhaps also to the The exhibition was held at the Galleria del Fiore from 14 to 27 May 1955.

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Così Gillo Dorfles: “Le plus grand intérêt de l’œuvre de Bloc nous semble résider dans la bonne répartition des masses plastiques, articulées selon une syntaxe qui rappelle, en partie seulement, celle d’Arp, car elle est, plus que celle-ci, dépouillée de toute suggestion explicite et implicite aux formes naturelles. Bloc, en somme, se sert d’un contrepoint de vides et de pleins, très sobre et très mesuré, et donne à ce contrepoint la signification d’une recherche de l’équilibre du poids et non (comme cela arrive si souvent chez les autres sculpteurs modernes, Moore par exemple) celle d’une suggestion organique ou tout simplement naturaliste. De cette façon, sa plastique, comme le reste de son œuvre graphique et picturale rentre dans le secteur d’un art non figuratif, qui s’est déjà libéré de la tyrannie du constructivisme, sans pour cela tomber dans l’erreur d’un organisme symbolique” (G. Dorfles, “Baumeister et André Bloc”, in Aujourd’hui, art et architecture, no. 2, March-April 1955, p. 22). Plastic works from the same group were also exhibited at the group show Le arti plastiche nella civiltà meccanica, 92nd exhibition of the Art Club, presented at the Galleria d’Arte Moderna in Roma, especially curated by Leonardo Sinisgalli formerly the director of the magazine “Civiltà delle Macchine” (and also a member of the board together with Palma Bucarelli, Enrico Prampolini, Piero Dorazio, Achille Perilli and Michelangelo Conte). Groupe Espace was present with the “Deuxième album de sérigraphies” published by Art d’aujourd’hui, Paris 1954; this consisted of a collection of 16 abstract serigraphs of which 300 editions were produced.

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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

L’artista francese presenta sculture in marmo e bronzo d’impianto simile a quella esposta come contraltare della casa sperimentale, debitrici di Arp e forse creditrici nei confronti degli «archetipi» di Di Salvatore (elaborati a partire dal 1953, come

Bloc nous semble résider dans la bonne répartition des masses plastiques, articulées selon une syntaxe qui rappelle, en partie seulement, celle d’Arp, car elle est, plus que celle-ci, dépouillée de toute suggestion explicite et implicite aux formes naturelles. Bloc, en somme, se sert d’un contrepoint de vides et de pleins, très sobre et très mesuré, et donne à ce contrepoint la signification d’une recherche de l’équilibre du poids et non (comme cela arrive si souvent chez les autres sculpteurs modernes, Moore par exemple) celle d’une suggestion organique ou tout simplement naturaliste. De cette façon, sa plastique, comme le reste de son œuvre graphique et picturale rentre dans le secteur d’un art non figuratif, qui s’est déjà libéré de la tyrannie du constructivisme, sans pour cela tomber dans l’erreur d’un organisme symbolique» (G. Dorfles, Baumeister et André Bloc, in “Aujourd’hui, art et architecture”, n. 2, marzoaprile 1955, p. 22). Opere plastiche della stessa famiglia sono esposte anche alla collettiva Le arti plastiche nella civiltà meccanica, 92° mostra dell’Art Club, presentata alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, curata in particolare da Leonardo Sinisgalli già direttore della rivista “Civiltà delle Macchine” (che fa parte del comitato direttivo insieme a Palma Bucarelli, Enrico Prampolini, Piero Dorazio, Achille Perilli e Michelangelo Conte). Il Groupe Espace era presente con il Deuxième album de sérigraphies edito da “Art d’aujourd’hui”, Paris 1954, composto da una collezione di 16 serigrafie astratte tirate in 300 esemplari.

le Sculture di Bloc), collocate su alte basi parallelepipede per consolidare una certa aura di sacralità dell’opera e instaurare un rapporto di distanza da un osservatore che si vuole deferente. Poi l’avvenimento più importante: la realizzazione della sua casa di vacanza, detta La Scala, a Portese di San Felice del Benaco sul Lago di Garda, il cui progetto è commissionato a Vittoriano Viganò (1953-1958). Nello spazio del soggiorno compare fin dall’inizio, e in tutti i reportages della pubblicistica d’epoca, una scultura in marmo bianco del 1957 intitolata Portese, della famiglia delle opere citate finora, partecipante pienamente del progetto architettonico. Quest’opera plastica domina nel soggiorno, di cui diventa il centro visivo, confermato anche dall’allestimento su una sorta di cippo contro un fondo blu che ne esalta candore, plasticità e gestualità. Portese, con la sua forma ellittica, riassume il percorso ellittico che si compie all’interno della casa, dall’ingresso al salone passando per la camera da letto fino alla cucina, e induce chi si trova sulla soglia dell’ingresso al soggiorno (dal lato del portico) a guardare nella sua direzione, a seguire il gesto rotatorio che suggerisce allo sguardo di dirigersi laddove lo spazio s’allunga, cioè verso l’ingresso laterale. A questo punto interviene la fascia blu del soffitto astratto-geometrico ad incanalare lo sguardo verso la promenade esterna, cioè verso l’unica strada possibile per giungere alla riva del lago. Questo gioco di rimandi visivi non fa altro che indurre ad uscire quando ancora si sta per entrare, a spostare il centro dalla casa oltre lo spazio interno dell’abitazione. Progetto dello spazio interno e della policromia, scelta, posizione e allestimento scenografico dell’opera plastica interagiscono impeccabilmente nel produrre un’esperienza percettiva che induce (potremmo dire “obbliga”) il fruitore a privilegiare il percorso spaziale che con-

duce alla possente esperienza della discesa della scala. Se consideriamo la posizione della casa nel paesaggio collinare, ci rendiamo conto di due fatti: che il volume si deforma nei due lati prospicienti il Lago protendendosi con uno spigolo sulla terrazza inferiore, a sua volta delimitata da un muro di contenimento diagonale; e che il percorso per giungere alla riva e al pontile è frazionato in diversi tratti ruotati l’uno rispetto all’altro (la scala, un piccolo belvedere, percorsi rettilinei e gradinati fratti e diversamente inclinati). Ci si accorge allora che la scala, argutamente definita da Bloc «complément dynamique»44, è un efficacissimo dispositivo cinetico, atto a modificare visivamente, allo spostamento dell’inquadratura, la propria giacitura geometrica e quella degli elementi che, visivamente, le si rapportano: se vista dall’alto, la scala è un precipizio dritto, che irrompe verso il belvedere prossimo alla riva; se vista dal basso diventa un segno diagonale che ruota giacitura e incrementa la sua inclinazione a mano a mano che l’osservatore si allontana da essa spostandosi sugli ultimi tratti della promenade, in prossimità della darsena o sul molo; di conseguenza rotea pure la macchina strutturale che è la casa in aggetto, poi il muro diagonale di contenimento della terrazza, poi la posizione del molo in basso, comparativamente. Ciò che ho ipotizzato, considerando anche i tanti scatti fotografici che fissano queste rotazioni reciproche, 44

«Un escalier de 40 m de long environ, réalisé en béton armé, comme l’habitation dont il constitue le complément dynamique, enjambe l’escarpement rocheux et assure la liaison avec le lac» (Maison d’un artiste, Portese, Italie, in “Aujourd’hui, art et architecture”, n. 20, novembre-dicembre 1958, p. 63). Pagina successiva: FIG. 96 Enrico Bordoni 1954 tempera su carta 33 x 22,5 cm

FIG. 97 Arend Fuhrmann 1956 china su carta 33 x 12 cm

FIG. 98 Gianni Monnet Progetti parietali 1954 china su stampa fotografica 12,5 x 17,5 cm

FIG. 95 Vittoriano Viganò durante i preparativi per la X Triennale di Milano, 1954 Courtesy Archivio Vittoriano Viganò, Milano Copyright Archivi Farabola, Cremona

“archetypes” of Di Salvatore (developed from 1953 onwards, just like Bloc’s Sculptures), set on tall plinths to consolidate the work’s aura of sacredness and to establish a relationship of distance from the viewer who was meant to be deferent. This was followed by the most important event: the realization of his vacation home, called La Scala, in Portese di San Felice del Benaco on Lake Garda, whose design was commissioned from Vittoriano Viganò (1953-1958). As well as in all the official descriptions, visible from the outset in the space of the living room is a white marble sculpture made in 1957 and entitled Portese, one of the family of works hitherto mentioned, and fully a part of the architectural project. This work dominated the living room, it was its visual focus, which was reinforced by its installation on a sort of stone against a blue background that accentuated its whiteness, plasticity, and gestural nature. Portese, with its elliptical form, sums up the elliptical path that is taken inside the house, from the entrance to the living room by way of the bedroom and as far as the kitchen, and compels who stands at the threshold to the entrance to the living room (on the portico side) to look in its direction, to follow the rotating gesture that suggests to the gaze to look where the space lengthens, i.e. towards the side entrance. At that point the blue swathe on the abstractgeometric ceiling intervenes to direct the viewer’s gaze towards the outer promenade, that is, towards the only path one may take to get to the lake-shore. This game of visual cross-references none other than induces the viewer to exit when he is still about to enter, to shift the core of the house to beyond the interior space of the dwelling. The design of the interior space, as well as the polychromy, choice, position, and scenographic installation of the sculpture interact impeccably to produce a perceptive experience that induces (we might say “compels”) the viewer to choose the spatial path that leads to the powerful experience of the


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET La scala si compone di una grande trave inclinata, che svolge anche funzione di balaustra da un lato, in cui si incastrano un centinaio di strisce di lamiera piegata a C che fanno da pedata e parapetto dall’altro lato, e fuoriescono a sbalzo. La trave è sorretta da un pilastro intermedio ortogonale ed eccentrico e da due appoggi nei punti iniziale e terminale. Se la si osserva dalla terrazza dell’abitazione, della scala si ha una veduta quasi zenitale, da capogiro: è dunque pensata come dispositivo finalizzato ad esasperare il profilo della collina e la sua pendenza, e ad inoculare nello spettatore immobile l’impressione di precipitare verso il basso seguendo il piombare verso l’acqua dell’oggetto della sua visione. Ad esasperare questa sensazione Forme emotive e sensazioni cinestesiche. La vertigine interviene il prolungamento della trave oltre il punto di atPer rimanere ancora su questo esempio, vorrei analizzare tacco alla terrazza inferiore, dettaglio che fa sorgere la preocun’«unità percettiva» che è al contempo un segno icastico e cupazione per un imminente distacco e scivolamento verso il una forma altamente emotiva, cioè la scala che Bloc chiama «Escalier pont». A mio avviso, essa traduce in modo pregnante precipizio. Quando allora il fruitore carica la scala con il peso del proprio corpo, la lamiera vibra e risuona: costui si percepiquanto Di Salvatore aveva asserito a proposito della percezione nella parte finale del testo del 1951: «percezione visiva e sce e si ascolta mentre sale o discende, avverte gli effetti dello attiva dello spazio significa sentirsi imprevedutamente posti in sforzo, interviene la dimensione uditiva della percezione. Data un’aura misteriosa, trasparente e penetrante, nell’esaltazione e l’assenza dell’alzata, salendo, si traguarda nel vuoto, da una accrescimento delle nostre facoltà percettive, quindi maggiore sottile striscia di lamiera a sbalzo sul dirupo. Viganò e Bloc, potenza e ricchezza della nostra personalità, durante il piacere dunque, spingono l’implicazione emotiva fino a causare disaestetico della contemplazione»45. Anche se nel nostro caso non gio, tensione, vertigine. L’atto del salire o del discendere viene come compiuto per la prima volta, nessuna esperienza antecesi tratterà di contemplazione ma di esperienza motoria, nel dente è convocata, e l’arte contravviene alla “costanza” delle tempo del suo svolgersi le facoltà percettive sono acuite, la azioni, mette in crisi anche la legge gestaltica dell’esperienza, sensibilità propriocettiva intensificata come quando si vive rifiuta la ripetizione passiva e abitudinaria da cui scaturiscono una situazione di pericolo. meccanismi di inerzia percettiva e di anestesia propriocettiva. Bloc farà la medesima cosa a Cap d’Antibes nella sua seconda 45 N. Di Salvatore, Il problema “spazio”, cit., ripubblicato in L. casa di vacanza nota come Villa Bloc ma anche come “Maison Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, experimentale” (1959-1962), dove introdurrà una scala straorcit. p. 160. è che la forma trapezoidale dei solai, la frattura della promenade in tratti rettilinei ma ruotati l’uno rispetto all’altro, diventano premesse d’un insieme cinetico, soggetto a continui fenomeni di parallasse a causa dei quali l’immagine rimane segnata da una forte instabilità. Instabilità che confonde i riferimenti spaziali dell’osservatore al punto tale che sarebbe estremamente complicato ricostruire le relazioni geometriche posizionali di tutti questi elementi, per quanto in via approssimativa, in una planimetria del lotto dalla quale fosse stata cancellata la casa.

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dinariamente simile, a meno della forma a spirale, a quella di Portese. Stesso principio costruttivo: trave-balaustra asimmetrica, questa volta metallica, con gradini di lamiera a sbalzo; stessa sensazione di vertigine e di sospensione, indotte dall’assenza delle alzate e dalle vibrazioni dei gradini in lamiera che risuonano sotto i passi (e le piante dei piedi sono fra i ricettori più importanti della cinestesia), e tremano quando ricevono il carico addizionale di chi la percorre. Anche qui la dimensione uditiva della percezione è introdotta, ma si va oltre, verso l’inquietudine indotta dalla precarietà tangibile della struttura metallica: essendo infatti molto elastica, bastava percorrere la scala per far oscillare e sussultare tutto il resto. Un’instabilità spinta al limite del collasso statico, che fu necessario eliminare con lunghi interventi successivi, a causa dei quali il committente non vi abiterà che un solo giorno46. Evidentemente interessato a sperimentare le potenzialità delle “forme emotive” che mettono l’uomo in ascolto del proprio corpo e ne scuotono la sfera delle emozioni, Bloc costruirà nel parco di Meudon la Tour (FIG. 118) una torre-belvedere di 25 metri di altezza, un percorso accidentato, stretto, a tratti buio a tratti inclinato, che poi si dilata verso il paesaggio, traguarda nel vuoto, sfiora il precipizio. Come ci si può sentire quando la discesa punta direttamente verso lo strapiombo e nemmeno un passamano ci rassicura, come molte fotografie dell’opera appena realizzata mostrano? E quando poi il pavimento s’inclina e costringe ad esperire lo spazio in una posizione innatu46

Cfr. Habitation expérimentale au Cap d’Antibes, in “L’Architecture d’aujourd’hui” n. 86, ottobre-novembre 1959, pp. 12-15 e Jean-Lucien Bonillo, La villa Bloc de Claude Parent : architecture et sculpture, Marseille, Imbernon 2011.

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descent of the steps. If we take into account the position of the house in the hillside landscape, we realize two things: that the volume is deformed in the two sides overlooking the lake, with one corner overhanging the lower balcony, which is in turn bordered by a diagonal wall; and that the path to get to the shore and the jetty is broken up into different segments rotated the one with respect to the other (the steps, a small belvedere, straight paths and uneven and tilted terracing). So we realize that the set of steps, which Bloc cleverly called “complément dynamique”44, is a very efficient kinetic device, capable of visually modifying, when the view is shifted, its own geometric position and that of the elements that are visually related to it: if viewed from above the steps are a precipice dropping straight down, interrupting the belvedere close to the shore; if viewed from below they becomes a diagonal sign that rotates its position and increases its inclination as the viewer gradually moves away from it, moving over to the final segments of the promenade, close to the dock or pier; consequently, the structural machine also rotates, this being the overhanging house, then the diagonal wall containing the balcony, then the position of the pier below, comparatively speaking. What I was able to hypothesize, also in consideration of the photographs that show these reciprocal rotations, is that the trapezoidal shape of the upper levels, the fracture of the promenade into straight segments but rotated with respect to each other, become the premise for a kinetic whole, subject to continuous parallaxis phenomena owing to which the image “Un escalier de 40 m de long environ, réalisé en béton armé, comme l’habitation dont il constitue le complément dynamique, enjambe l’escarpement rocheux et assure la liaison avec le lac” (“Maison d’un artiste, Portese, Italie”, in Aujourd’hui, art et architecture, no. 20, November-December 1958, p. 63).

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remains marked by a considerable amount of instability. This instability confuses the viewer’s spatial references to the point that it would be extremely complicated to reconstruct the positional geometric relations of all these elements, however approximately, in a plan for the piece of land from which the house had been erased.

Emotional Forms and Kinaesthetic Sensations. Vertigo To stay with this example, I would like to analyse the “perceptive unity” that is at the same time an icastic sign and a highly emotionally form, that is to say, what Bloc refers to as “Escalier pont”. To my mind, this translates perfectly what Di Salvatore had asserted in regard to the perception of the final part of the text in 1951: “visual and active perception of the space means feeling unforeseeably surrounded by a mysterious aura, a transparent and penetrating one, in the exaltation of and increase in our perceptive faculties, hence more power and richness to our personality, during the aesthetic pleasure of contemplation”45. Even though in our case it will not be a question of contemplation but of motor experience, in the time it takes them to unfold the perceptive faculties are sharpened, the proprioceptive sensitivity intensified, the same as if we were experiencing some dangerous situation. The set of steps is made up of a large tilted beam that can also serve as a balustrade on one side, in which about a hundred overhanging C shape bent metal sheets are inserted, serving as both a rung and a parapet on the other side. The beam is held up by an intermediate orthogonal and eccentric pillar and by two supports in the initial and terminal points. If one looks at it from the balcony of the house, one has N. Di Salvatore, Il problema “spazio”, op. cit., republished in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, op. cit. p. 160.

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an almost dizzying, zenithal view of the set of steps: it is thus conceived as a device whose purpose is to exasperate the profile of the hill and its slope, inoculating in the motionless viewer the feeling of falling down following the drop towards the waters of the object of its vision. What emphasizes this sensation is the extension of the beam beyond the point where it is attached to the lower balcony; this detail causes the viewer to fear that an imminent detachment and slipping towards the precipice might occur. When the user loads the steps with the weight of his body, the sheet vibrates and resounds: he perceives and hears himself as he climbs up or down, he feels the effects of the effort, the auditory dimension of the perception intervenes. Because there is no riser, while climbing up one overlooks the void from a thin metal strip overhang above the precipice. Viganò and Bloc, thus, drive the emotional implication until there is discomfort, tension, vertigo. The act of climbing up or climbing down is carried out for the first time, no previous experience is needed, and the art fails to meet the “constancy” of the actions; it also undermines the Gestalt principle of the experience, it refutes the passive and customary repetition from which mechanisms of perceptive inertia and proprioceptive anaesthesia are triggered. Bloc did the same thing in Cap d’Antibes in his second vacation home called Villa Bloc, but also “Maison experimentale” (1959-1962), where he introduced a set of steps that were remarkably similar to the ones in Portese, with the exception of their spiral shape. The same constructive principle was used here as well: asymmetrical beambalustrade, this time made of metal, with overhanging sheet metal steps; the same feeling of vertigo and suspension, caused by the absence of the risers and the vibrations of the metal rungs that make a sound at each step (and the soles of the feet are the most important receptors in kinaesthesia), and tremble when they receive the additional load of the person


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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

FIG.99 Nino Di Salvatore Biologia cellulare 1953 olio su tela 90 x 110 cm

FIG.100-101 Nino Di Salvatore Archetipo oggettivo 1 Archetipo oggettivo 2 1956 Pagina successiva:

FIG.102 Sculture di Angelo Bozzola, Gavaggi e Nino Di Salvatore presentate alla X Triennale di Milano Art d’Aujourd’hui n.7, 1954 FIG.103 Angelo Bozzola Idea 1955 Struttura in legno, laminato plastico, alluminio con coloritura 234 x 132 x 22,5 cm

rale, obliqua, come non pensare al volumetto Vivre à l’oblique di Claude Parent, architetto attivista del Groupe Espace fin dagli esordi, che con parole che potrebbero essere dedicate molto opportunamente alle scale della villa di Portese e di Antibes (di cui è stato co-progettista) nonché all’esperienza di ascensione nella tour, afferma: « (…) la motricité sur rampe redonne bien la liberté. Mais au de-là de la motricité liée à la sensation du corps, se présentent tout une série de phénomènes à incidence psychosensorielle, qui relèveraient d’une analyse en profondeur de la neuro-physiologie et que l’on peut illustrer à partir de la notion de vertige dans le fait de plonger dans un espace en le découvrant pendant la descente »47. La volontà di far sentire in pericolo l’osservatore, di minacciarlo con oggetti acuminati e lame affilate appartiene anche agli artisti. Di Bloc potremmo citare diversi Signal, a partire dalla Sculpture-signal realizzata sulla Place de Iena in occasione dell’esposizione del centenario del cemento armato (Parigi, 1949), alla Formes à pointes del 1950 alla Pointe reflechissante del 1952 «avec sa lame aigue d’une seule piece»48, fino agli studi risalenti alla fine degli anni Cinquanta di composizioni plastiche fatte di lame saldate, talvolta dentate, diversamente orientate nello spazio d’osservazione. Questa serie fa famiglia con i lavori metallurgici di Maxime Decombin e Robert Jakobsen, con le sculture in ferro di Berto Lardera composte di lastre seghettate, sottili e affilate, che solo a guardarle produ-

cono il dolore dell’incisione sulla pelle (penso alla serie dal tenebroso titolo Occasions dramatiques), con alcune tele di Victor Vasarely che fingono superfici squarciate o specchi infranti (e Karim è fra queste), con i poligoni acuminati di Enrico Bordoni pubblicati regolarmente in “Documenti d’arte d’oggi”49 (FIG. 96), con i triangoli acutissimi e pungenti di Fuhrmann (FIG. 97) che dinamizzano lo spazio della tela50, con i progetti parietali di Gianni Monnet che dinamizzano gli involucri degli spazi architettonici (FIG. 98). Dalla forma pura alla sua traduzione spaziale. L’integrazione delle arti plastiche nella vita Un’attitudine condivisa dalla maggior parte degli artisti del MAC conduce a ricercare una forma-tipo bidimensionale passibile di variazioni non lesive della sua riconoscibilità, di cui si propongono traduzioni plastiche per osservarne le reazioni nello spazio. Il lavoro di Di Salvatore è un caso tipico. Le sue sperimentazioni formali che si possono apprezzare a partire dal 1949, applicazioni in piena avvertenza di certe leggi della Gestalt (in particolare della vicinanza, della forma chiusa e della «curva buona»51) segnano un percorso molto chiaro che

49

In particolare nel numero del 1954 e del 1955-1956.

50

Cfr. “Documenti d’arte d’oggi”, 1955-1956, s.p.

47

Claude Parent, Vivre à l’oblique, Jean-Michel Place éditions, Paris 2004, p. 33 (I ed. 1970).

48

P. Guéguen, André Bloc et la réintégration de la plastique dans la vie, cit., p. 16.

51

«Quelle parti d’una figura che formano una “curva buona” o hanno un “destino comune” si costituiscono in “unità” con facilità maggiore che le altre. Questa legge impedisce frequentemente che parti appartenenti a oggetti diversi si fondano in

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climbing them. The auditory dimension of the perception is introduced once more, but this time it goes beyond, towards the discomfort induced by the tangible precariousness of the metal structure: indeed, as it is very flexible, all one needs to do is climb the steps to make everything oscillate and bounce. Instability driven to the limit of static collapse, which had to be eliminated with lengthy interventions later, owing to which the patron ended up living there only one day46. Evidently interested in experimenting with the potential of “emotional forms” that help man to listen to his own body and shake up his sphere of emotions, Bloc built in the park in Meudon what is known as the “Tour” (FIG. 118): this is a 25 meters tall belvedere-tower with a difficult, narrow climb, at times dark and at others tilted, which then expands towards the landscape overlooking the void and just skirting the precipice. How does one feel if the descent points directly towards the drop straight down without even a bannister for reassurance, as many pictures of the work just after it was made reveal? And when the floor tilts and forces us to experience the space in an unnatural, oblique position, how can we not think of the slim book Vivre à l’oblique by Claude Parent, an early architect-activist of Groupe Espace who, with words that could easily be dedicated to the steps of the villa in Portese and in Antibes (for which he was a co-architect) as well as to the climbing experience in the tower, remarks as follows: “(…) la motricité sur rampe redonne bien la liberté. Mais au de-là de la motricité liée à la sensation du corps, se présentent tout une série de phénomènes à incidence psychosensorielle, qui relèveraient d’une analyse en profondeur de la neuro-

physiologie et que l’on peut illustrer à partir de la notion de vertige dans le fait de plonger dans un espace en le découvrant pendant la descente”47. The desire to make the viewer feel that he is in danger, to threaten him with several sharp objects and blades can also be related to the artists. For Bloc we might mention several Signal, starting from the Sculpture-signal made on Place de Iena on the occasion of the one-hundredth anniversary of reinforced concrete (Paris, 1949), to Formes à pointes, 1950, to Pointe reflechissante, 1952 “avec sa lame aigue d’une seule piece”48, and all the way to the studies of the late 1950s of plastic compositions made from welded and at times jagged blades, arranged in every direction in the viewing space. This series is related to the metallurgic works by Maxime Decombin and Robert Jakobsen, with Berto Lardera’s iron sculptures made of thin, sharp, sawn sheets, that just by looking at them conjure up the pain of being cut by one of them (the gloomy title of the series Occasions dramatiques comes to mind), to some of the paintings by Victor Vasarely that imitate torn surfaces or broken mirrors (Karim is one of these), to Enrico Bordoni’s sharp polygons published regularly in Documenti d’arte d’oggi49 (FIG. 96), to Furhmann’s very sharp, pungent triangles (FIG. 97) dynamizing the space of the canvas50, and, lastly, to the wall projects by Gianni Monnet which dynamize the containers of architectural spaces (FIG. 98). From Pure Form to Its Spatial Translation. The Integration of the Plastic Arts in Life

46 Cf. “Habitation expérimentale au Cap d’Antibes”, in L’Architecture d’aujourd’hui no. 86, October-November 1959, pp. 12-15 and Jean-Lucien Bonillo, La villa Bloc de Claude Parent: architecture et sculpture, Marseille, Imbernon 2011.

48

Claude Parent, Vivre à l’oblique, Jean-Michel Place éditions, Paris 2004, p. 33 (first edition 1970).

47

P. Guéguen, André Bloc et la réintégration de la plastique dans la vie, op. cit., p. 16.

49 50

I n particular in the 1954 and 1955-1956 issues. Cf. Documenti d’arte d’oggi, 1955-1956, s.p.

An attitude shared by most of the MAC artists leads to the search for a two-dimensional form-type liable to undergo variations, which are not negative, to its recognizability, of which plastic translations are put forward so that we can observe their reactions in space. Di Salvatore’s work is a case in point. His formal experiments, which can be appreciated as of 1949, applications that completely obey certain Gestalt principles (especially concerning closeness, the closed form, and the “good curve”51) mark a very clear path leading to the honing of the “Archetypes”52, primordial forms, “typical forms”, chromotic, ovoid, closed, generally vertical forms that become strong perceptive units for the viewer (FIG. 99). In 1953, the artist began producing a large series on canvas and on paper, which he then turned into a sequence of metal sculptures made of archetypes that are 51 “Quelle parti d’una figura che formano una “curva buona” o hanno un “destino comune” si costituiscono in “unità” con facilità maggiore che le altre. Questa legge impedisce frequentemente che parti appartenenti a oggetti diversi si fondano in “unità”, o, in altre parole, ci aiuta a vedere separatamente oggetti che si trovano in contatto ottico tra loro. E ciò appunto perché i contorni di quelle parti dei vari oggetti non si congiungono in una “curva buona” ed hanno cioè “destini diversi” [Those parts of a figure that form a ‘good curve’ or have a ‘common destiny’ are constituted in a ‘unit’ more easily than the others. This law frequently prevents the parts belonging to different objects from merging into ‘units’, or, in other words, it helps us to see objects that come into optical contact separately. This is because the outlines of those parts of the various objects are not joined in a ‘good curve’ and thus have ‘different destinies’] (D. Katz, La psicologia della forma, op. cit., p. 44).

Dorfles speaks of “formative archetypes” as the “generators of new plastic ideas” in what has been acknowledged as a seminal text and the manifesto of Italian Concrete art (G. Dorfles, “Introduction” to the exhibition catalogue Gli artisti del M.A.C., Galleria Bompiani, April 1951, republished in L. Caramel, ed., M.A.C Movimento Arte Concreta 1948-1952, op. cit., p. 46).

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ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET porta alla messa a punto degli «Architepi»52, forme primordiali, «forme tipo», cromatiche, ovoidali, chiuse, generalmente verticali, che diventano per l’osservatore unità percettive forti (FIG. 99). Ne proporrà un’ampia serie su tela e carta a partire dal 1953, che poi trasforma in una sequenza di sculture metalliche fatte di archetipi scomposti e ruotati intorno ad un asse verticale che resta il cardine privilegiato d’agglutinamento delle forme (Archetipo oggettivo I e II, 1956) (FIG. 100-101): «il potere strutturante della “continuità di direzione” e della “chiusura”, il “completamento amodale” o la tendenza alla pregnanza” sono tra i protagonisti»53, dirà Gaetano Kanizsa a proposito della produzione di questo artista. Le due opere risultano anticipate da una composizione a chiasma pubblicata nel commento di Léon Dégand sulle arti plastiche alla decima

“unità”, o, in altre parole, ci aiuta a vedere separatamente oggetti che si trovano in contatto ottico tra loro. E ciò appunto perché i contorni di quelle parti dei vari oggetti non si congiungono in una “curva buona” ed hanno cioè “destini diversi”», (D. Katz, La psicologia della forma, cit., p. 44). 52

È Dorfles a parlare di «archetipi formativi» come «generatori di nuovi spunti plastici» in quello che è stato riconosciuto come testo teorico e manifesto dell’arte concreta italiana (G. Dorfles, Presentazione del catalogo della mostra Gli artisti del M.A.C., Galleria Bompiani, aprile 1951, ripubblicato in L. Caramel, a cura di, M.A.C Movimento Arte Concreta 19481952, cit., p. 46). 53

G. Kanizsa, cit. in L. Caramel, prefazione al catalogo della mostra antologica, Galleria Civica d’Arte, Palazzo dei Diamanti, Ferrara 25 giugno-11 settembre 1983.

Triennale di Milano del 1954, come ultima della serie di tre opere illustrative del tema “Forma-spazio” dove imperano punte di lancia e lastre metalliche affilate, una delle quali proposta da Angelo Bozzola54 (FIG. 102). Quest’ultimo compie un percorso ancor più ricco e fertile. Partendo da un’unità percettiva fatta prevalentemente di forme triangolari smussate e arrotondate, poi ammorsate, sovrapposte e stratificate (dove si possono cogliere agevolmente le relazioni posizionali davanti-dietro) Bozzola tenta aggregazioni composite bidimensionali che traduce in sculture in genere metalliche. Queste ultime presentano sovente una sottile lastra che fa da sfondo, da cui vengono asportate le forme-figure per essere dislocate nello spazio circostante la matrice che le ha generate. Bozzola mostra una maniera coerente di fare con un modulo che è compositivo e strutturale55, nonché configurazione visiva regolata da uno «spirito geometrico»56 e caricata di una certa presa percettiva. Al contempo il modulo è

54

L. Degand, Les arts plastiques à la dixième triennale de Milan, in “Art d’aujourd’hui”, a. 5, n. 7, novembre 1954, p. 25. I lavori sono presentati nella sezione dedicata alla esposizione dei lavori del Centro Studi Arte-Industria di Novara diretta da Di Salvatore di cui Bozzola era allievo.

letto come elemento (pieno o svuotato, lastra o massa) strutturante arredi e oggetti di uso quotidiano: «Bozzola si serve del dipinto, come dei metalli, come dei mobili per l’arredamento per realizzarsi, egli perciò dimostra di essere dentro l’attuale movimento per la sintesi tra le arti plastiche (FIG. 103). Conseguenza questa di un caratteristico atteggiamento interiore, di un’accettata risoluzione formale; e non si tratta di capacità di adattamento bensì di necessità interiore per realizzare l’idea intuita al primordio. Senza questa premessa, la sintesi tra le arti plastiche sarebbe impossibile, oppure rispondente ad un imperativo esterno ed occasionale»57. Questa attitudine viene dunque praticata dagli artisti, e recepita dai critici, come una forma di sintesi delle arti, tentata dal creatore solitario che rinuncia alle competenze diversificate di un collettivo e che si prova pittore, scultore, grafico, designer, al limite architetto. Della schiera fa parte a buon titolo Bruno Munari: basti solo pensare alle infinite declinazioni bi- e tridimensionali dei suoi positivi-negativi stesi su tele e copertine, biglietti e inviti, consustanziati ai muri esterni (si ricordi la decorazione del muro nel giardino della proprietà di Costantino Nivola a Long Island, 195458) e alle superfici interne (le pitture parietali e il disegno del pavimento del soggiorno della Casa a San Remo

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Si veda la Tavola progettuale datata 1959 suddivisa in tre parti recanti una «proposta grafica modulare», la «dislocazione spaziale della “monoforma piana”» e l’espressione di «variabili concatenate» (http://www.fondazioneangelobozzola.it/opere50-60, consultato il 1 settembre 2016).

57 N. di Salvatore, Pitture e sculture di Angelo Bozzola, catalogo della mostra alla Galleria del Fiore, Milano, novembre 1956, pubblicato in “Documenti d’arte d’oggi”, 1956-1957, s.p.

56

58

M. Valsecchi, Le mostre, in “Il Giorno”, 15 dicembre 1956, p. 9.

B. Munari, Antichissima storia dei “negativi-positivi”, in “Domus”, n. 310, settembre 1955, p. 44.

102 broken down and then rotated around a vertical axis that remains the privileged hinge of an agglomeration of forms (Archetipo oggettivo I and II, 1956) (FIG. 100-101): “the structuring power of the ‘continuity of direction’ and of the ‘closure’, the ‘amodal complement’ or the ‘tendency towards pregnance’ are among the protagonists”53, Gaetano Kanizsa would remark with regard to the artist’s production. The two works are foreshadowed by a chiasmus composition published in the comment by Léon Dégand on the plastic arts at the 10th Milan Triennale in 1954, as the last in the series of three works illustrating the theme “Form-Space” dominated by the tips of spears and sharp sheet metal, one of which put forward by Angelo Bozzola54 (FIG. 102). The path taken by the latter artist is even richer and more fruitful. Starting from a perceptive unit prevalently made out of rounded, smoothed triangular forms, then clamped, juxtaposed, and layered (where the positional front-back relations are easily discerned), Bozzola tries to create twodimensional composite aggregations that he translates into sculptures generally made of metal. The latter often feature a thin sheet that serves as a background, from which the formfigures are removed to then be relocated to the space surrounding the matrix that generated them. Bozzola unveils a coherent manner of dealing with a module that is compositive and structural55, as well as a visual configuration G. Kanizsa, in L. Caramel, preface to the catalogue of the retrospective, Galleria Civica d’Arte, Palazzo dei Diamanti, Ferrara 25 June-11 September 1983.

53

L. Degand, “Les arts plastiques à la dixième triennale de Milan”, in Art d’aujourd’hui, 5, no. 7, November 1954, p. 25. The works were presented in the section dedicated to the exhibition of the works of of the Centro Studi Arte-Industria di Novara directed by Di Salvatore of whom Bozzola was a student.

54

55

See the “Tavola progettuale” dated to 1959 divided into three parts

43

103 regulated by a “geometric spirit”56 and charged with a certain perceptive hold. At the same time, the module is read as an element (full or hollow, sheet or mass) that offers a structure to furnishings and everyday objects: “Bozzola uses the painting, metals, and furniture, to fulfill himself, he thus shows us that he is inside the current movement for the synthesis of the plastic arts (FIG. 103). The consequence of this is a typical interior attitude, an accepted formal resolution; and it is not a question of knowing how to adapt but rather of an interior need to realize the idea intuited at the very beginning. If this premise were missing, the synthesis between the plastic arts would be impossible, or else it would respond to an outside and occasional imperative”57. This attitude is thus practiced by the artists, and received by the critics, like a form of synthesis between the arts, attempted by the solitary creator who gives up the diversified competences of a group and tries his hand at painting, sculpting, graphic art, designing, even making architecture. Bruno Munari is a perfect example: it suffices to recall the infinite two- and three-dimensional expressions of his positives-negatives spread out on canvases and covers, notes and invitations, consubstantiated on outside walls (e.g. the wall decoration in the garden owned by Costantino Nivola on Long Island, 195458) and on interior surfaces (the with a “modular graphic proposal”, the “spatial dislocation of the ‘plane monoform’”, and the expression of “concatenate variables” (http://www.fondazioneangelobozzola.it/opere-50-60, consultato il 1 settembre 2016). 56

M. Valsecchi, “Le mostre”, in Il Giorno, 15 December 1956, p. 9.

N. di Salvatore, Pitture e sculture di Angelo Bozzola, catalogue of the exhibition at the Galleria del Fiore, Milan, November 1956, published in Documenti d’arte d’oggi, 1956-1957, n. pag.

57

B. Munari, “Antichissima storia dei ‘negativi-positivi’”, in Domus, no. 310, September 1955, p. 44.

58

wall paintings and designs on the floors in the living room of the House in San Remo designed by Bobi Brunori in 195359), spatialized by a piece of shaped red-painted sheet metal (Senza titolo, 1951), defined in a graphic composition from 1955, which also witnessed the participation of Monnet and Dorfles: Progetto per Sintesi delle arti (FIG. 104). These are diversified answers to André Bloc’s appeal for the integration of the plastic arts in life, a simple yet ambitious goal “in a world where the problems of aesthetics and harmony are too often relegated to secondary concerns”60. If the artist wants to take on a social activity aimed at visual education and taste, art must be popular, it must be spread at all times to every corner of everyday life, it must be “mobile”. Such are Munari’s moveable sculptures, objects of purely aesthetic function, which can be carried around in a small bag: “Sculptures that can be ‘folded’ and are light: the smallest ones can be placed in a suitcase and carried when one departs: so that they can create for each user, in anonymous hotel rooms, a point of reference with the world of one’s own culture”61. (FIG. 139) There have also existed more subtle ways to make the spatial translation of a form perceptible. The ones made by Gianni Monnet who, starting from the aforementioned Configurazioni concrete, 1953, hones a graphic module which he then reproposes in several pages of Documenti d’arte d’oggi, entirely conceived and composed by them,

M. Ravegnani Morosini, La casa individuale in italia, Görlich editore, Milan 1957, pp. 101-110. The house is published as an example of the Synthesis of the arts. 59

60

A. Bloc, L’integrazione della arti plastiche nella vita, op. cit.

“Le ‘sculture da viaggio’ di Munari”, in Domus, no. 359, October 1959, p. 37. A travelling sculpture made of yellow stock paper was added to the final issue of Documenti d’arte d’oggi, 1958, n. pag.

61


44

ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI progettata da Bobi Brunori nel 195359), spazializzati in una lastra di metallo opportunamente sagomata e verniciata in rosso (Senza titolo, 1951), definiti in una composizione grafica del 1955, cui partecipano Monnet e Dorfles: Progetto per Sintesi delle arti (FIG. 104). Si tratta di risposte diversificate all’appello formulato da André Bloc sull’integrazione delle arti plastiche nella vita, un fine semplice ma ambizioso «in un mondo dove i problemi di estetica e di armonia sono troppo spesso relegati fra le preoccupazioni secondarie»60. Se all’artista si vuole demandare un’azione sociale di educazione visiva e del gusto, l’arte deve essere popolare, spargersi in ogni momento e angolo della vita quotidiana, essere “mobile” come i piccoli souvenirs che ciascuno porta con sé per emozionarsi con ricordi trascorsi. Ed ecco le sculture da viaggio di Munari, oggetti a funzione puramente estetica, trasportabili in una borsetta, «Sculture “pieghevoli” e leggere: le più piccole, da mettere in valigia e portare con sé, quando si parte: perché creino ad ognuno, nelle anonime stanze d’albergo, come un punto di riferimento col mondo della propria cultura»61 (FIG. 139). Sono esistite poi maniere più sottili di rendere percettibile la traduzione spaziale di una forma.

59

FIG. 104 Bruno Munari con Gianni Monnet e Gillo Dorfles Progetto per Sintesi delle Arti 1955 tempera e matita su carta 2 x 33 x 12 cm

104

M. Ravegnani Morosini, La casa individuale in italia, Görlich editore, Milano 1957, pp. 101-110. La casa è pubblicata presentata come esempio di Sintesi delle arti.

60

Quella di Gianni Monnet, che a partire dalle Configurazioni concrete evocate in precedenza del 1953 mette a punto un modulo grafico che ripropone in diverse pagine di “Documenti d’arte d’oggi”, da questi interamente concepiti e composti, fino a giungere alla forma compiuta nella presentazione grafica delle poesie di Antonino Tullier dal titolo Enten Eller, dove la “U” e la “O” sono trattate come forme-colore aggregantesi in unità percettive che fanno senso in coppia, oppure disgregantesi in entità estranee (FIG. 106). In quest’ultimo caso, la “O” finisce per apparentarsi ad un segno d’interpunzione, o ad una macchia circolare, la “U” ad una sequenza di archi, o ad una “M” scomposta, o ancora ad un segno grafico rigido e inamidato, che suscita una certa aria di famiglia con la più irregolare “forchetta” di Capogrossi. Fino poi all’inaspettata esplosione in uno dei fogli centrali: cerchi come luci pulsanti, grandi e piccoli, “U” girate verso l’alto e il basso si sparpagliano sulla pagina, in una composizione da tavola diottrica che ci interroga sulla nostra acutezza visiva, ci costringe a leggere il cerchio nero come l’ingrandimento prospettico del punto laterale più prossimo (un’ulteriore applicazione della legge della vicinanza), a ricostruire quel procedimento dinamico che Hans Richter aveva filmato in Rhythmus 21, proprio mediante pulsazioni di cerchi e quadrangoli alternate a dilatazioni e riduzioni progressive (FIG. 107). Il risultato della composizione di Monnet si può anche leggere come un’applicazione del fenomeno φ teorizzato da Wertheimer e ben noto a Di Salvatore e a Monnet stesso62,

A. Bloc, L’integrazione della arti plastiche nella vita, cit.

61

Le “sculture da viaggio” di Munari, in “Domus”, n. 359, ottobre 1959, p. 37. Una scultura da viaggio in cartoncino giallo è inserita nell’ultimo numero di “Documenti d’arte d’oggi”, 1958, s.p.

62

Cfr. N. Di Salvatore, Il problema “spazio”, cit., ripubblicato in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, cit., pp. 158-160 e G. Monnet e T.B Varisco, Geometria percettiva, in “Documenti d’arte d’oggi”, 1958, s.p.

FIG.105 Bruno Munari Scultura da viaggio Documenti d’Arte d’Oggi, 1958

eventually achieving a complete form in the graphic presentation of the poems of Antonino Tullier entitled Enten Eller, where the “U” and the “O” are treated like formscolours aggregating in perceptive units that make sense in pairs, or that move apart into separate units (FIG. 106). In the latter case, the “O” ends up being related to a sign of interpunction, or to a circular stain, the “U” to a sequence of arches, or to a disassembled “M”, or to a rigid, starchy graphic sign, reminiscent of Capogrossi’s “fork”. Until the unexpected explosion of one of the central sheets: circles as pulsating lights, both large and small, “U”s turned upwards and downwards scatter across the page in a diaptric table composition that questions our sharpness of vision, forces us to read the black circle as the perspectival enlargement of the closest lateral point (a further application of the law of closeness), thus reconstructing thae dynamic process that Hans Richter had filmed in Rhythmus 21, precisely by way of pulsating circles and quadrangles alternated with gradual dilations and reductions (FIG. 107). The result of Monnet’s composition can also be interpreted as an application of the phenomenon theorized by Wertheimer and very familiar to Di Salvatore as well as to Monnet himself62, according to which a series of fixed visual stimuli projected in a rapid sequence and separated from each other by a fraction of a second produces the perception of a single element moving in space. This is exactly what occurs when we look at Monnet’s page: we tend to read the point and the circle as if they were linked by a relationship of projection, and therefore as a unit whose dimensions are Cf. N. Di Salvatore, Il problema “spazio”, op. cit., republished in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, op. cit., pp. 158-160 and G. Monnet and T.B Varisco, “Geometria percettiva”, in Documenti d’arte d’oggi, 1958, n. pag.

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transformed (it grows and then shrinks back to its previous size) but for which we have two images: the initial state and the final one. Everything that happens in the meantime, that is to say, the intermediate growing and shrinking states that are absent in the reticular vision, are reconstructed in our visual brain. Monnet thus works to confer an optical form to an apparent form of movement, the latter also included in the wide realm which Gestaltpsichologie speculates on63. A similar effect is produced in some of Bloc’s works, especially if we look at some of the installations where, cleverly so, certain two-dimensional canvases are consolidated in plastic works, as if they were leaving the canvas, acquiring corporeality and volume, and positioning themselves on their support. In general, Bloc’s formal research is characterized by this process of transformation from plane to volume aimed at experimenting with the spatial and plastic potentials of complex pictorial compositions that, based on the archive documents consulted, are not prefigured in previous sketches and drawings, but are rather configured as the intial stage of a formal research that achieves the realization of three-dimensional structures on an ever-increasing scale. Movement and the Changing Work The spatialization of primary modules has often been accompanied by the kinetic experiment, an interest that Futurism had conveyed to Italian culture in the 1930s. Many abstract artists, who later became Concrete artists, had had closer relationships with that climate, as well as with some of the leading names in avant-garde art. Prampolini had been a part of it, and Munari, when he was still young, could boast of

On the forms of movement as optical forms and on the nature of movement without the significant value of the phenomenon see D. Katz, La psicologia della forma, op. cit. pp. 53-54.

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Marinetti’s appreciation and interest as of 1927. The Futurists’ passion for machines and kineticism explains Munari’s devotion to the construction of a first kinetic work, the Macchina aerea (1930), a sculpture made all in one piece in the shape of an atom to be exhibited while suspended; this was to generate the Macchine inutili, made later, from 1930 onwards, mobiles whose invention would be disputed over with Calder, where every element suspended from its own string is free to fluctuate autonomously in space. In 1951 Munari began endowing these works with a spring mechanism that generated an irregular, random, bouncing movement, in so far as it is arrested by a series of obstacles, which the Macchine aritmiche were subjected to. The real characteristic of the work is its function as something that is “absolutely useless and unproductive”64 marked by an unpredictable, unbalanced movement, caused by an uncertain elastic movement, keeping the viewer on tenterhooks, amazing him, and amusing him with its funny, awkward motion. An important part in the rediscovery of the values of Futurism must have also been played by the major retrospective of the works of Giacomo Balla displayed in the rooms of the “Amici della Francia” association; this took place in 195165 (FIG. 110), which was also the year that the MAC artists focused on their kinetic experiments. Di Salvatore built Forma-spazio cinetica in two versions (I and II, in painted iron) fed by the electrical current that sets in motion a sort of globe consisting of meridians and polychrome oval and circular parallels which are 64 P. Fossati, ed., Bruno Munari. Codice ovvio, Einaudi, Turin 1971, p. 48. The interest in machines also emerges in the “Manifesto del Macchinismo” published by Munari in Arte concreta, no. 10, 15 December 1952.

65 I wish to thank Stefano Dabbeni for having pointed out the importance of this exhibition, which took place in Milan from 10 November to 2 December 1951.


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET secondo cui una serie di stimoli visivi fissi, proiettati in rapida sequenza, distanziati tra loro da una frazione di secondo, produce in noi la percezione di un solo elemento che si muove nello spazio. Dinanzi alla pagina di Monnet accade esattamente questo: tendiamo a leggere il punto e il cerchio come legati da un rapporto di proiezione, dunque come una unità che si trasforma nelle dimensioni (diventa grande e ritorna piccolo) ma di cui disponiamo di due fotogrammi, lo stato iniziale e finale. Tutto quello che capita nel frattempo e cioè gli stati intermedi di crescita e decrescita che nella visione reticolare sono assenti, viene ricostruito nel nostro cervello visivo. Monnet s’ingegna dunque a conferire forma ottica ad una forma di movimento apparente, quest’ultima inclusa anch’essa nell’ampio regno su cui la Gestaltpsicologie specula63. Un effetto analogo si produce in alcune opere di Bloc, soprattutto guardando le fotografie di alcuni allestimenti dove, argutamente, certe composizioni bidimensionali si riconoscono concretizzate in opere plastiche come se uscissero dalla tela, acquistassero corporeità e volume, e si posizionassero sul loro supporto. In generale la ricerca formale di Bloc è caratterizzata da questo processo di trasformazione dal piano al volume atto a sperimentare le potenzialità spaziali e plastiche di composizioni pittoriche complesse che, stando ai documenti d’archivio consultati, non vengono prefigurate in schizzi e disegni precedenti, ma si configurano esse stesse come lo stadio iniziale di una ricerca formale che approda alla realizzazione di strutture tridimensionali a scala sempre crescente.

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Il movimento e l’opera cangiante

Una parte importante nella riscoperta dei valori del futurismo deve aver giocato anche la corposa retrospettiva di Giacomo Alla spazializzazione dei moduli primari si è sovente accompa- Balla allestita nei locali degli “Amici della Francia” proprio nel gnato l’esperimento cinetico, un interesse che il futurismo 195165 (FIG. 40-41), l’anno in cui si concentrano gli esperiaveva trasmesso alla cultura italiana degli anni Trenta. Molti menti cinetici degli artisti del MAC. Di Salvatore costruisce astrattisti, poi divenuti concretisti, avevano avuto rapporti Forma-spazio cinetica in due versioni (I e II, in ferro vernistretti con quella temperie e con alcuni protagonisti dell’avan- ciato) alimentata dalla corrente elettrica che mette in moviguardia artistica. Prampolini ne aveva fatto parte, Munari an- mento una sorta di globo costituito da meridiani e paralleli corché giovanissimo, poteva vantare gli apprezzamenti di policromi, ovali e circolari, che si agitano disegnando nelMarinetti e un’afferenza a partire dal 1927. La passione futuri- l’etere un groviglio di figure confuse (FIG. 108-109). sta per le macchine e il cinetismo spiega la dedizione di Mu. L’esperimento non ha seguito, e l’autore torna a lavorare più nari alla costruzione d’una prima opera cinetica, la Macchina felicemente sull’immissione nella tela d’un movimento viraerea (1930), una scultura tutta d’un pezzo a forma di atomo tuale psicopercettivo quale si coglie perspicuamente in Espaceda esporre sospesa, che avrebbe generato le successive Mactour del 1952, una serie di sette boomerang disposti a corona chine inutili, dal 1930 in avanti, sorta di mobiles sulla cui pri- intorno a tre elementi centrali identici che si trovano presi in mogenitura sarà aperta una contesa con Calder, dove ogni trappola (FIG. 110). La bicromia di ciascuna figura, la dislocaelemento sospeso al proprio filo è libero di fluttuare autonozione sulla superficie e l’arguta disposizione di convessità e di mamente nello spazio. È a partire dal 1951 che Munari dota concavità ingenerano un moto di avvicinamento e contestualle opere di un meccanismo a molla che genera quel movimente di allontanamento dal centro geometrico della compomento irregolare, casuale, sussultante, in quanto frenato da sizione; un centro che è situato sullo sfondo, ma da cui si una serie di ostacoli, cui sono soggette le Macchine aritmiche. dipana un’energia cinetica chiaramente avvertibile nella presA vero protagonista dell’opera assurge un funzionamento «as- sione della corona esterna sugli elementi interni che a loro solutamente inutile e improduttivo»64 marcato da un movivolta esercitano una pressione inversa per liberarsi e fuggire verso il perimetro. Ricerche analoghe su movimenti apparenti mento imprevedibile e squilibrato, causato da una forza elastica aleatoria, che tiene l’osservatore sulle corde, lo stupisce centrifugo-centripeti contrassegnano anche la maniera di Simonetta Vigevani Jung, le cui composizioni pittoriche sono e lo fa divertire con il suo incedere buffo e goffo. fatte di forme morbide, fusiformi, «forme-luce» (così sono de64

Sulle forme di movimento come forme ottiche e sul carattere di movimento «senza valore significativo» del fenomeno φ si veda D. Katz, La psicologia della forma, cit. pp. 53-54.

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P. Fossati, a cura di, Bruno Munari. Codice ovvio, Einaudi, Torino 1971, p. 48. L’interesse per le macchine emerge anche dal Manifesto del Macchinismo che Munari pubblica in “Arte concreta”, Bollettino n. 10, 15 dicembre 1952.

65 Ringrazio Stefano Dabbeni per avermi segnalato l’importanza di questa esposizione che ebbe luogo a Milano dal 10 novembre al 2 dicembre 1951.

107 FIG.106-107 Gianni Monnet Enten Eller 1954 Poesie di Antonino Tullier Presentate graficamente da Gianni Monnet Edizioni MAC, Milano

agitated while designing a tangle of confused figures in the air (FIG. 108-109). The experiment was not followed up, and the author happily returned to his work on the addition in the canvas of a virtual psycho-perceptive movement; this is visible in Espace-tour, 1952, a series of seven boomerangs arranged crown-like around three identical central elements that find themselves trapped (FIG. 110). The two-colour nature of each figure, the dislocation on the surface, and the clever disposition of convexity and concavity engender movement that brings in close and moves away from the geometric centre of the composition; it is a centre that is situated in the background, but from a kinetic energy is derived that is clearly able to be discerned in the pressure of the outer crown on the inner elements, which, in turn, exert an inverted pressure to liberate themselves and escape towards the perimeter. Similar research into apparent centrifugal-centripetal movements also distinguish the style of the works by Simonetta Vigevani Jung, whose pictorial compositions are made of soft, spindle-shaped, “forme-luci”(so called by the artist herself – literally “formlights”) on the verge of becoming other, “launched”, as they appear, towards the perimeter of the canvas: “What represents the point of crisis and at the same time the heart of a possible evolution in these paintings is the spatial-dynamic intepretation of the chromatic element; that is to say the attempt, often accomplished, to obtain, via the vibration and overlapping of the colours, the throbbing of the form that emerges from the two-dimensional surface of the canvas” (FIG. 111)66.

Bloc also used palpitating and vibrant forms, without, however, resorting to the mechanical movement provoked by the engine. Sculpture s’animant par vibration67 is dated to 1951, and consists of a single very thin strip of mirrorpolished brass with a wider base that waves at the upper part when, akin to a spring, it springs up. This experiment was followed by L’eblouissement (1960) and Vibration (1961)68, both of which made of extremely flexible filiform elements in welded brass that move as soon as they are touched by an outside force, await the tactile intervention of the viewer, and are photographed in the state that is considered to be proper to them: vibration. With Sculpture à éléments mobiles (1952) and plastic works of the same conception, which express a certain analogy with some of Bozzola’s sculptures69, Bloc creates “sculptures en tiges et lames de metal qui s’animent grace à leur parfaite flexibilité. Placée dehors une de ces sculptures, au moindre souffle d’air, se met à vibrer, et sous l’effet d’un vent assez fort, vit

Published in C. Delloye, André Bloc, Collection Prisme, Paris 1959 (with a text by André Bloc), p. 28.

67

Works exhibited in the solo show Bloc œuvres recentes at the HellaNebelüng gallery in Dussendolf 1961. 68

I am especially referring to Struttura con elementi mobili del 1954, made of iron and aluminium, red and black in colour, published on the website of the Angelo Bozzola foundation consulted on 1 September 2016 (http://www.fondazioneangelobozzola.it/opere-50-60). The work was presented in the section dedicated to the exhibition of works from the Centro Studi Arte-Industria di Novara, and published in L. Dégand, “Les arts plastiques à la dixième triennale de Milan”, in Art d’aujourd’hui, 5, no. 7, November 1954, p. 25.

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106 G. Dorfles, Pitture di Simonetta Vigevani Jung, presentation of the exhibition at the Schettini gallery, Milan 6-20 February 1954, published in Documenti d’arte d’oggi, 1954, n. pag.

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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI nominate dall’artista) in procinto di divenire altro, “lanciate” come appaiono verso il perimetro della tela: «Quello che, in questi dipinti, rappresenta il punto di crisi, e al tempo stesso il nocciolo d’una possibile evoluzione, è l’interpretazione spaziale-dinamica dell’elemento cromatico; ossia il tentativo, spesso raggiunto, di ottenere, attraverso la vibrazione e la sovrapposizione delle tinte, quel palpito della forma che esce dalla superficie bidimensionale della tela» (FIG. 111)66 . Di forme palpitanti e vibranti ne ha messe in opera anche Bloc, senza tuttavia ricorrere al movimento meccanico provocato dal motore. Al 1951 risale Sculpture s’animant par vibration67, composta di un’unica striscia sottilissima in ottone lucido come uno specchio, con base più ampia, che si ondula all’estremità superiore quando, comportandosi come una molla, scatta verso l’alto. L’esperimento è seguito da L’eblouissement (1960) e Vibration (1961)68 fatte di elementi filiformi in ottone saldato, estremamente flessibili, che si agitano al tocco d’una forza esterna, attendono l’intervento tattile dell’osservatore, e vengono fotografate nello stato che loro è considerato proprio: in vibrazione. Con Sculpture à éléments mobiles (1952) e opere plastiche di medesima concezione, che espri-

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mono una certa analogia con alcune sculture di Bozzola69, Bloc si fa autore di «sculptures en tiges et lames de metal qui s’animent grace à leur parfaite flexibilité. Placée dehors une de ces sculptures, au moindre souffle d’air, se met à vibrer, et sous l’effet d’un vent assez fort, vit intensément»70. (FIG. 112) Non sono molti i tentativi di meccanizzazione delle opere plastiche nell’obiettivo di renderle effettivamente mobili. La ricerca più complessa che approda ad un risultato alquanto spettacolare è quella di Nicolas Schöffer, autore di diverse Tours spatio-dynamiques, la prima delle quali a carattere monumentale (25 metri di altezza) è montata a Biot nel 1954, in occasione della prima mostra collettiva di Espace. Su di un’ossatura metallica «aérée, transparente et pénétrable»71 l’artista applica poligoni e cerchi sottilissimi, in plexiglass o in un’am-

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Mi riferisco in particolare a Struttura con elementi mobili del 1954, in ferro e alluminio nero e rosso, pubblicato sul sito della fondazione Angelo Bozzola consultato il 1 settembre 2016 (http://www.fondazioneangelobozzola.it/opere-50-60). L’opera era stata presentata nella sezione dedicata all’esposizione dei lavori del Centro Studi Arte-Industria di Novara, e pubblicata in L. Dégand, Les arts plastiques à la dixième triennale de Milan, in “Art d’aujourd’hui”, a. 5, n. 7, novembre 1954, p. 25.

G. Dorfles, Pitture di Simonetta Vigevani Jung, presentazione della mostra alla galleria Schettini, Milano 6-20 febbraio 70 R. Bordier, Le mouvement, l’œuvre transformable, in 1954, pubblicato in “Documenti d’arte d’oggi”, 1954, s.p. “Aujourd’hui, art et architecture”, a. 1. n. 2, marzo-aprile 67 Pubblicata in C. Delloye, André Bloc, Collection Prisme, 1955, p. 15. Paris 1959 (con un testo di André Bloc), p. 28. 71 G. Habasque, Nicolas Schoffer et le “spatiodynamisme”, 68

Opere esposte nella mostra personale Bloc œuvres recentes allestita alla galleria HellaNebelüng, Dussendolf 1961.

FIG. 108-109 Nino Di Salvatore Forma-Spazio cinetica 1 1951 ferro verniciato h 100 cm

in “Aujourd’hui, art et architecture”, a. 1, n. 3, maggio-giugno 1955, p. 26.

108

FIG. 110 Nino Di Salvatore Espace-Tour 1952 olio su tela 81 x 65,5 cm

FIG. 111 Simonetta Vigevani Jung Dalla 8a cartella, Edizioni Salto, Milano 1956 litografia 23 x 33 cm

110 intensément”70 (FIG. 112). Not many attempts have been made to mechanize sculptural works in the attempt to actually make them mobile. The most complex research which achieved rather spectacular results was that of Nicolas Schöffer, the author of various Tours spatio-dynamiques, the first of which of a monumental nature (25 metres tall) was mounted in Biot in 1954, on the occasion of Espace’s first group show. On a metal framework described as being “aérée, transparente et pénétrable”71 the artist applied very thin polygons and circles made of Plexiglas or a wide variety of metals and alloys, generally polychrome; these designed their own rhythmical pattern for a sort of counterpoint to the orthogonal structure so that the whole assumes a certain neoplastic value. When a homeostat is applied, the work come to life, subject to axial and multiaxial rotating movements developing along the two directrices. If mounted on wheels it even walks as an “electric animal”, and it makes noises which come from the friction between the mobile elements and the framework and from a recording of such sounds, remanaged by Schöffer with the help of a technician, which starts up when the sculpture is shaken so that the “visible” is joined with the “audible”72. The interest in the new frontier of cybernetics can clearly be seen in the conception of such an object (and the artist’s reading of Norbert Wiener’s Cybernétique et société is further proof of this), as well as in the new representations of visual and auditory sensations precluded from our organs, R. Bordier, “Le mouvement, l’œuvre transformable”, in Aujourd’hui, art et architecture, 1. no. 2, March-April 1955, p. 15.

70

G. Habasque, “Nicolas Schoffer et le ‘spatiodynamisme’”, in Aujourd’hui, art et architecture, 1, no. 3, May-June 1955, p. 26.

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Cf. N. Schoffer, G. Habasque, H. Piraux, “L’audible et le visible”, in Aujourd’hui, art et architecture, 1. no. 5, November 1955, pp. 42-49.

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111 towards which the pyschology of form had shown interest (acoustic, action, movement, thought forms, and so on); this was also regularly discussed in the column in Aujourd’hui entitled “Art, science et technique” written by both Nicolas Schöffer and Guy Habasque. A complete version of the “spatio-dinamique, cybernetique et sonore” Tour (50 metres tall) was erected in Parc de Saint Cloud in 1955, on the occasion of the international exhibition of Matériaux et Equipement du Bâtiment et des Travaux publics. The reduced versions, suited to the size of the artist’s studio, were photographed in between the bodies of dancers and offered to the readers of “Aujourd’hui” as “une expérience d’intégration du corps humain dans un ensemble plastique. Il a semblé en effet intéressant de confronter les lignes souples et sinueuses du corps de jeunes danseurs aux lignes rigides et orthogonales de sculptures spatiodynamiques. Il est ainsi apparu que, loin de s’opposer, les deux éléments, humain et plastique, se complétaient harmonieusement et apportaient une animation nouvelle aux œuvres, ce qui prouve que la sculpture abstraite n’est point (…) une spéculation intellectuelle hors de la vie, mais constitue, au contraire, un cadre vivant et adapte aux besoins esthétique de l’homme”73. Those pylons with pendants, which trap a space that remains accessible to view, are “dynamic” even when they are in a resting position owing to the quality of the observation that they allow, because they permit the viewer to look inside and outside, because one can glimpse both the recto and the verso of each elements, appreciate the brilliance or opaqueness depending on the reflection and absorption of the light, at the very moment and from the exact point that G. Habasque, “Danse et sculpture”, in Aujourd’hui, art et architecture, 1, no. 5, November 1955, p. 25.

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ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET pia varietà di metalli e leghe, in genere policromi, che disegnano una trama ritmica propria, una sorta di contrappunto alla struttura ortogonale di modo che l’insieme assuma una certa valenza neoplastica. Impiegando poi l’omeostato, l’opera si anima, soggetta com’è a movimenti rotatori assiali e multiassiali che si sviluppano lungo le due direttrici cartesiane. Se montata su rotelle, addirittura cammina, come si trattasse di un «animale elettronico», e fa dei versi, derivanti dall’urto degli elementi mobili contro l’ossatura e da una registrazione sonora di siffatti suoni, rimaneggiata da Schöffer con l’aiuto di un tecnico, che parte mentre la scultura si agita affinché al “visibile”si unisse l’“udibile”72. È evidente il fascino esercitato dalle nuove frontiere della cibernetica sulla concezione d’un siffatto oggetto (e la lettura del testo di Norbert Wiener Cybernétique et société da parte dell’artista ne è testimonianza), nonché dalle nuove rappresentazioni di sensazioni visive e uditive precluse ai nostri organi, verso cui la psicologia della forma aveva mostrato interesse (forme acustiche, d’azione, forme di movimento, di pensiero, etc.) e di cui si occupava regolarmente la rubrica di “Aujourd’hui” intitolata Art, science et technique tenuta proprio da Nicolas Schöffer e Guy Habasque. Una versione completa della Tour “spatio-dinamique, cybernetique et sonore”(di 50 metri di altezza) viene eretta nel Parc de Saint Cloud nel 1955, in occasione dell’esposizione internazionale dei Matériaux et Equipement du Bâtiment et des Travaux publics. Le versioni ridotte, dalle dimensioni commisurate all’atelier dell’artista, vengono fotografate fra corpi di danzatori e offerte ai lettori di “Aujourd’hui” come «une expérience d’intégration du corps humain dans un ensemble pla-

72 Cfr. N. Schoffer, G. Habasque, H. Piraux, L’audible et le visible, in “Aujourd’hui, art et architecture”, a. 1. n. 5, novembre 1955, pp. 42-49.

stique. Il a semblé en effet intéressant de confronter les lignes souples et sinueuses du corps de jeunes danseurs aux lignes rigides et orthogonales de sculptures spatiodynamiques. Il est ainsi apparu que, loin de s’opposer, les deux éléments, humain et plastique, se complétaient harmonieusement et apportaient une animation nouvelle aux œuvres, ce qui prouve que la sculpture abstraite n’est point (…) une spéculation intellectuelle hors de la vie, mais constitue, au contraire, un cadre vivant et adapte aux besoins esthétique de l’homme»73. Questi tralicci con pendagli, che intrappolano uno spazio che resta accessibile alla vista, anche in posizione di riposo sono “dinamici” per la qualità dell’osservazione che permettono, perché si lasciano guardare dentro e fuori, perché di ogni elemento si può cogliere il recto e il verso, apprezzarne la brillantezza o opacità a seconda del grado di riflessione e assorbimento della luce, nell’istante e dal punto preciso da cui le miriamo. L’esemplare unico realizzato nel 1947 da Ettore Sottsass può essere considerato il corrispettivo, molto meno sofisticato, delle Tours di Schöffer, ma più elegante per la sottigliezza e la riduzione della struttura portante, consistente in quei pochi elementi necessari a portare il peso proprio e delle lastre metalliche dipinte e apposte, in una combinazione piacevole di linee portanti e piani portati (FIG. 113). La trasformabilità dell’opera connessa allo spostamento del campo visivo dell’osservatore che produce movimenti ottici è una qualità molto più esplorata dagli artisti di Espace e concretisti (qui si possono citare a titolo di esempio i numerosi lavori di Vasarely e di Agam), ed è proprietà che attiene anche alle Sculptures habitacles che Bloc realizzerà a partire dal 1962, dove la configurazione morfologica è così profondamente

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FIG. 113 Ettore Sottsass 1947 ca. ferro dipinto 100,5 x 30 x 65 cm

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G. Habasque, Danse et sculpture, in “Aujourd’hui, art et architecture”, a. 1, n. 5, novembre 1955, p. 25.

113

FIG. 112 André Bloc Sculpture s’animant par vibration 1959

one sees them. The only edition made in 1947 by Ettore Sottsass can be considered the counterpart, a much less sophisticated one, of Schöffer’s Tours, but more elegant in terms of the subtlety and reduction of the support structure, consisting of those few elements required to bear its weight and by the painted and appended metal sheets, in a pleasing combination of support lines and support planes (FIG. 113). The transformability of the work connected to the shift in the viewer’s field of vision which produces optical movements is a quality that was greatly explored by both the Espace artists and the Concrete artists (examples can be found in the works of Vasarely and Agam), and it is a property that also pertains to Bloc’s Sculptures habitacles, made as of 1962, where the morphological configuration is so profoundly marked by the artist-architect’s gesture that it leaves the viewer incapable of fixing a stable image that isn’t contradicted by the subsequent one, as well as of producing a rational description, one that is not impressionistic, not subject to the sensations and emotions that the extreme perceptive mobility induces, perturbing the cognitive acquisition of the object.

art, which enlivened the discussions of the concretists on the concept of “space”, leading to their appreciation of the aesthetic value of certain mathematical models that were also chosen as artistic subjects. Max Bill was dedicated to the matter in the 1930s (his “Nastri senza fine” were presented at the 1936 Triennale); in Italy the artists close to the Swiss cultural milieu were the ones who let themselves be influenced by this passion, and convey it to the members of the movement. One of these is Lanfranco Bombelli Tiravanti, an architect who trained at Zurich Polytechnic, and the author of icastic signs whose clearly perceptible harmony is geometrically determined: “I feel closely tied to Concrete art as it is conceived in Switzerland, and more particularly as it is practiced by Bill, Lohse, and Graeser, that is to say, mainly based on mathematics and geometry”75. A quality that is recognized as a distinguishing feature of the Swiss, who “are part of the farthest tip of that vast current that is nonobjective and non-figurative art, and who represent it’s staunchest dogmatism: they concede nothing to pleasure, oustide of what is mathematical research”76. And in fact Costruzione con otto cerchi progressivi (p. 114) is what the continuous circular consists of, which by inverting one’s direction at the point where two series of four circles coincide breathes life into a graceful scribble reifying the title. Monnet as well, who actually lived between Milan and Lugano, expressed the same attraction to the regulating line in some

M. Tapié rooted the “Autre” Aesthetics on the logical-mathematical elaborations linked “to the principle of uncertainty of Heisenberg, to the Galois Groups, to Cantor’s Transfinite, to the continuity of Combinatorial Topology, to Abstract Spaces (…), to Real Numbers, to psychogenesis, to Modern Logic” (M. Tapié, “Devenir d’un Art Autre”, in United State Lines Paris Review, July 1954, republished under the title “Il Divenire dell’Art Autre”, in M. Bandini, ed., Un art autre e altri

scritti di estetica 1946-1969, Nike, Segrate 2000, p. 123).

The Interest in Science The interest in the progress made in mathematics and the sciences after the war is commonly acknowledged; we find this interest at the roots of Art Autre74 as well as of Concrete

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Interview with Lanfranco Bombelli Tiravanti, in L. Berni Canani and G. Di Genova, Mac-Espace. Arte concreta in Italia e Francia 1948-1958, Edizioni Bora, Bologna 1999, p. 48. 75

G. M. [Gianni Monnet], “Esposizione di Graeser, Huber e Bombelli da Salto a Milano”, in Corriere del Ticino, 31 January 1950.

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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

marcata dalla gestualità dell’artista-architetto da lasciare lo spettatore incapace di fissarne un’immagine stabile che non sia contraddetta da quella successiva, e di produrre una descrizione razionale, non impressionistica, non soggetta alle sensazioni e alle emozioni che l’estrema mobilità percettiva induce, perturbando l’acquisizione cognitiva dell’oggetto. L’interesse per la scienza L’interesse per gli sviluppi delle matematiche e delle scienze che si profila negli anni successivi alla guerra è un fatto largamente condiviso, che troviamo alle radice dell’Art Autre74 come dell’arte concreta, che anima le discussioni dei concretisti sul concetto di “spazio”, li induce ad apprezzare la valenza estetica di certe modellizzazioni matematiche che vengono trascelte anche come soggetti artistici. Max Bill vi si dedica già negli anni Trenta (i suoi “Nastri senza fine” vengono presentati alla Triennale del 1936); in Italia saranno gli artisti prossimi all’ambiente culturale svizzero a lasciarsi contaminare da questa passione e a trasmetterla ai membri del movimento. Fra questi Lanfranco Bombelli Tiravanti, architetto formatosi al Politecnico di Zurigo, autore di segni icastici la cui armonia, chiaramente percepibile, è geometricamente determinata:

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M. Tapié radica l’Estetica “Autre” sulle elaborazioni logicomatematiche legate «al principio di incertezza di Heisenberg, ai Gruppi di Galois, al Transfinito di Cantor, alla continuità della Topologia combinatoria, agli Spazi Astratti (…), ai Numeri Reali, alla psicogenesi, alla Logica moderna» (M. Tapié, Devenir d’un Art Autre, in “United State Lines Paris Review”, luglio 1954, ripubblicato col titolo Il Divenire dell’Art Autre, in M. Bandini, a cura di, Un art autre e altri scritti di estetica 1946-1969, Nike, Segrate 2000, p. 123).

«Mi sento strettamente vincolato all’arte concreta come concepita in Svizzera, e più particolarmente come praticata da Bill, Lohse, e Graeser, vale a dire basata principalmente sulla matematica e la geometria»75. Una qualità che viene riconosciuta come segno distintivo degli svizzeri, i quali «fanno parte della punta più avanzata di quella vastissima corrente che è l’arte non-oggettiva e non figurativa, e di questa rappresentano il dogmatismo più spietato: essi non concedono nulla al piacevole, al di fuori di ciò che è ricerca matematica»76. E in effetti, Costruzione con otto cerchi progressivi (pag. 114) è ciò in cui consiste quella linea continua circolare che invertendo la propria direzione nel punto di coincidenza delle due serie di quattro cerchi, dà vita ad un ghirigoro pieno di grazia che reifica il titolo. Anche Monnet, che di fatto risiede fra Milano e Lugano, esprime la medesima attenzione al tracciato regolatore in alcuni collages del 1953 dove forme curvilinee risultano disegnate su una matrice geometrica, sorta di carta millimetrata che ne regola talvolta il profilo e l’interno concavo talaltra il perimetro convesso. Al 1956 risale invece la pubblicazione di un lungo saggio intitolato Scienza e arte (pag. 52) in cui dopo aver tracciato una breve storia del rapporto fra le due discipline nel corso del XX secolo, dedicando particolare attenzione alla topologia (chiamata propriamente Analysis situs), l’autore si interroga su quale possa essere la forma visiva di oggetti n-dimensionali collocati nell’iperspazio: «il matematico definisce gli iperpoliedri senza per nulla preoccuparsi di come si potrebbero rappresentare con i

mezzi della geometria descrittiva o della prospettiva, o come si potrebbero realizzare in legno, o materia plastica o altro. Effettivamente è impossibile rappresentare figure quadridimensionali con questi mezzi che sono condizionati ad uno spazio tridimensionale»77. Il ruolo sociale dell’artista, per rinforzare il quale si auspica l’integrazione delle arti plastiche nella vita quotidiana, si carica dunque di nuovi compiti e fra questi la diffusione delle nuove frontiere di un sapere scientifico specialistico mediante la sua traduzione in immagini eloquenti ed esplicative78. L’esempio più pregnante è il disegno proiettivo tracciato da Tito Varisco e utilizzato come monoscopio di apertura delle trasmissioni della Radio televisione italiana a partire dal 195479. Una “trovata” che partecipa pienamente del dibattito sull’argomento che la rivista “Aujourd’hui” affronta in modo molto più strutturato nella succitata rubrica Art, science et technique, in particolare nell’articolo a cura di François Le Lionnais dedicato al tema L’art et les mathématiques80. L’apparato iconografico propone al lettore una raccolta di forme spaziali nate dallo sviluppo di formule analitiche, che l’autore chiama «une petite salle du musée des mathématiques» fra cui la proiezione di un iperpoliedro a quattro dimensioni nello spazio tridimensionale. Ora, queste «étoiles filantes tombées du firmament mathematique», pallido riflesso d’una bellezza matematica che supera le capacità di 77 G. Monnet, Scienza e arte, in “Documenti d’arte d’oggi”, 1955-1956, s.p. 78

75

Nella tavola grafica illustrativa del testo, Monnet tenta «due rappresentazioni alquanto fantasiose dell’ipercubo» (ibidem).

Intervista a Lanfranco Bombelli Tiravanti, in L. Berni Canani e G. Di Genova, Mac-Espace. Arte concreta in Italia e Francia 1948-1958, edizioni Bora, Bologna 1999, p. 48.

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76

80

G. M. [Gianni Monnet], Esposizione di Graeser, Huber e Bombelli da Salto a Milano, in “Corriere del Ticino”, 31 gennaio 1950.

Il disegno è pubblicato in “Documenti d’arte d’oggi”, 1958, s.p., inquadrato da un cursore mobile. F. Le Lionnais, Une petite salle du musée des mathématiques, in “Aujourd’hui, art et architecture”, a. 2, n. 7, marzo 1956, pp. 23-29.

FIG. 114 Lanfranco Bombelli Tusche 1 1949 tempera su carta 42,6 x 32,5

of the collages he made in 1953, where curvilinear forms are designed on a geometric matrix, a sort of graph paper that at times regulates the profile and the concave interior, and at other times the convex perimeter. The publication of a long essay entitled Scienza e arte (p. 52) dates to 1956, in which, after tracing over a short history of the relationship between the two disciplines over the course of the twentieth century, devoting particular attention to topology (called Analysis situs), the author wonders about what the visual form of ndimensional objects located in hyperspace might be: “the mathematician defines hyperpolyhedrals without any concern about how they could be represented via descriptive geometry or perspective, or how they could be made out of wood, or plastic, or some other material. The truth of the matter is that it is impossible to represent four-dimensional figures with means such as these, which are conditioned to a three-dimensional space”77. The social role of the artist, which depends on the chance to integrate the plastic arts in everyday life, is thus laden with new tasks, among which is the diffusion of the new frontiers of specialized scientific knowledge by way of its translation into eloquent and explanatory images78. The most telling example is the projective drawing made by Tito Varisco and used as a monoscope to introduce the television programmes of the RAI starting from 195479. A “great idea” that fully participates in the debate on the subject that the magazine Aujourd’hui deals with in a much more structured way in the above-cited G. Monnet, “Scienza e arte”, in Documenti d’arte d’oggi, 1955-1956, n. pag.

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78 In the graphic table illustrating the text, Monnet attemps “two rather fanciful representations of the hypercube” (ibidem).

The drawing is published in Documenti d’arte d’oggi, 1958, n. pag., framed in a mobile cursor.

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ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET comprensione dei sensi umani, non potevano non affascinare gli artisti, molti dei quali prendono ad intrecciare reticoli, a disporre nello spazio strutture poliedriche fatte di tondini di ferro, reti metalliche incurvate che tentano la traduzione di spazi topologici, come i Concavo-convessi che Munari realizza a partire dal 1947, in leggeri, sospesi, mobili sotto una forza eolica o tattile, «onde concentriche che si rifrangono sull’acqua quando incontrano un ostacolo: un gioco ottico continuo con combinazioni casuali legate all’aria in quel momento»81. Queste maglie intessute somigliano spiccatamente agli scheletri dei radiolari considerati all’origine dello sviluppo delle strutture reticolari nel campo dell’ingegneria, che alla funzione statica assommano la «bellezza dell’ossatura»82. Nella già citata rubrica deputata alle scoperte scientifiche e al rapporto con l’arte, si pone a più riprese il tema della prefigurazione da parte dell’artista di forme osservabili esclusivamente con macchine potenti, rese pubbliche a posteriori: «Il est curieux de constater que l’introduction de l’abstraction dans l’art a conduit les artistes à créer certaines œuvres dont les lignes, les rythmes et les couleurs sont étrangement proches des nouveaux phénomènes que, dans le même temps et à leur insu, les savantes ont découverts dans le secret de leurs laboratoires. (…) Cette enquête sur l’optique peut donc tendre à prouver qu’il existe une corrélation étroite entre la pensée scientifique et l’inspiration artistique»83. Una parte consistente della produzione di Bloc presenta invece una forte somiglianza con le traduzioni visive di complesse equazioni matematiche. Si tratta di opere plastiche cui

81

P. Fossati, a cura di, Bruno Munari.Codice ovvio, cit., p. 41.

82

G. Habasque, Beauté de l’ossature, in “Aujourd’hui, art et architecture”, a. 1, n. 3, maggio-giugno 1955, pp. 36-37.

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J. Pellandini, L’optique, in “Aujourd’hui, art et architecture”, a. 2, n. 9, settembre 1956, p. 46.

“Art, science et technique”, especially in the article by François Le Lionnais devoted to the theme of “L’art et les mathématiques”80. The iconographic apparatus suggests to the reader a collection of spatial forms born from the development of analytical formulas which the author calls “une petite salle du musée des mathématiques” among which the projection of a hyperpolyhedral with four dimensions in three-dimensional space. Now, these “étoiles filantes tombées du firmament mathematique”, the pale reflection of a mathematical beauty that overcomes the capacity to understand of the human senses, had to fascinate the artists, many of whom began interweaving reticuli, arranging in space polyhedric structures made of iron rounds, bent metal meshes that attempt to translate topological spaces, such as Munari’s Concavo-convessi, which he began making in 1947, into lightweight, suspended, mobiles powered by wind or touch, “concentric waves that break on the water when they encounter an obstacle: an ongoing optical game with random combinations linked to the air at the moment”81. These interwoven meshes closely resemble the skeletons of the protozoa considered to be at the origin of the development of reticular structures in the field of engineering, adding to the static function “the beauty of the sketon”82. In the previously cited magazine column devoted to scientific discoveries and to their relationship with art, the theme of the prefiguration on the part of the artist of forms that can only be viewed thanks to powerful machines is discussed on several occasions, and made public a F. Le Lionnais, “Une petite salle du musée des mathématiques”, in Aujourd’hui, art et architecture, 2, no. 7, March 1956, pp. 23-29.

si dedica a partire dalla fine del cantiere della Casa la Scala, debitrici anche dell’approccio progettuale di Viganò, che in quest’architettura ha inteso mettere in valore le qualità estetiche del béton brut, alla ricerca di «nuova forma di bellezza “rude ma sincera”». Texture (1959) (FIG. 115) è paradigmatica di questo tipo di intreccio di elementi metallici: fotografata sul muro di contenimento della casa di Portese, nella parte emergente che fa da parapetto, pubblicata sulla copertina e in una pagina interna della monografia del 1959 curata da Charles Delloye, è scelta come opera significativa d’una serie di opere plastiche recanti il titolo Etude de structure (sempre bronzo e ferro, 1959), che, nel contesto di Portese, propongono un certo modo di percepire il paesaggio, per frammenti impigliati in trappole spaziali metalliche, angolose, “strutturali” perché ridotte alle sole aste caricate del peso proprio. Si tratta di dispositivi d’interferenza con la visione, una qualità inerente anche alle superfici n-dimensionali a cui il matematico François Le Lionnais tenta di conferire una forma spaziale84, intorno a cui Bloc lavora agli albori degli anni Sessanta, come attesta la mostra personale allestita nel 1962 alla Drian Galleries di Londra85. Structure dispersée fa il paio con le Surfaces reglées e con i Polyèdres réguliers collocati nella «saletta del museo della matematica» da Le Lionnais; Les planètes tentano una rappresentazione d’un iperspazio sfuggente, che non può che essere fissato mediante immagini «fantasiose», come Monnet aveva asserito; Accumulation (1963)86

P. Fossati, ed., Bruno Munari.Codice ovvio, op. cit., p. 41.

G. Habasque, “Beauté de l’ossature”, in Aujourd’hui, art et architecture, 1, no. 3, May-June 1955, pp. 36-37.

82

pare si ispiri alla struttura del Cristallo di Tschernoff87, un’accumulazione, per l’appunto, di migliaia di molecole simili che danno luogo ad un’architettura «digne d’admiration»88. Questo interesse porta la disciplina artistica anche ad interrogarsi sulla rappresentazione degli stati della materia, delle tensioni che essa subisce, e a translitterarle, recuperando quel referente che si intendeva abolire, conferendo nuovamente all’arte una dimensione semantica. Paradigmatici i titoli di alcune opere di Bloc: Desintegration (1955), Balancement (1957), Formes à rupture e Double rupture (1958), Tension e Rayonnement (1959), Lignes de force e Pierre eclatée (1963), etc. cui possiamo affiancare la serie di dipinti sulle tensioni di strutture spaziali e tensioni di archetipi di Di Salvatore, alla produzione artistica del quale si interesserà uno dei maggiori psicologi della percezione, Gaetano Kanizsa, a partire dal 197689.Tutte traduzioni molto perspicue dei titoli loro attribuiti anche perché, come Cesare Musatti rilevava già nel 1950: «Attualmente non gli psicologi né i percettologi (…) parlano di Gestalt, ma gli artisti. Ne parlano ovviamente con un linguaggio loro, e da un punto di vista non molto soddisfacente per coloro che si attengono alle finalità della scienza esatta e sperimentale (…). Quando tuttavia si sia disposti ad abbandonare momentaneamente la pignoleria ed il rigore tecnico degli scienziati per prendere in attenta considerazione determinati

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Immagine pubblicata a corredo dell’articolo intitolato L’atome, nella rubrica Art, science et technique della rivista 84 Cfr. F. Le Lionnais, Une petite salle du musée des mathéma- “Aujourd’hui, art et architecture”, a. 2, n. 10, novembre 1956, tiques, cit., pp. 23-28. p. 52. 85

André Bloc. Recent works, Drian Galleries, London 18 aprile-8 maggio 1962.

86

Pubblicata in A. Bloc, R. Bordier, De la sculpture à l’architecture, Editions d’aujourd’hui, Boulogne sur Seine 1964, sp.

posteriori: “Il est curieux de constater que l’introduction de l’abstraction dans l’art a conduit les artistes à créer certaines œuvres dont les lignes, les rythmes et les couleurs sont étrangement proches des nouveaux phénomènes que, dans le même temps et à leur insu, les savantes ont découverts dans le secret de leurs laboratoires. (…) Cette enquête sur l’optique peut donc tendre à prouver qu’il existe une corrélation étroite entre la pensée scientifique et l’inspiration artistique”83. Indeed, a consistent part of Bloc’s output shows a strong resemblance to the visual translations of complex mathematical equations. These are plastic works the artist began working on after he had finished with the construction site for the Casa la Scala, which also owed a great deal to Viganò; in this architecture his intention was to valorize the aesthetic qualities of béton brut, in search of a “new form of beauty”, a “rude but sincere one”. Texture (1959) (FIG. 115) is a model for this type of interweaving of metal elements: photographed on the retaining wall of the house in Portese, in the overhang serving as a parapet, published on the cover and on one of the pages of the monograph edited by Charles Delloye in 1959, it is chosen as the significant work in a series of plastic works bearing the title Etude de structure (also in bronze and iron, 1959), which, within the context of Portese, offer a certain way of perceiving the landscape, by fragments caught in sharp spatial traps made of metal, “structural” ones because they are reduced to rods that bear one’s weight.

88

Ibidem, p. 53.

89

G. Kanizsa, in Interventi davanti alle opere di Di Salvatore, catalogo della mostra omonima tenutasi alla galleria Schubert, Milano 1976, testo ripubblicato in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, cit., p. 182.

These are devices that interfere with vision, a quality that is also inherent to the n-dimensional surfaces to which the mathematician François Le Lionnais attemps to give a spatial form84, around which Bloc was working at the dawning of the 1970s, as attested to by the solo show held in 1962 at the Drian Galleries in London85. Structure dispersée is paired with the Surfaces reglées and with the Polyèdres réguliers placed in the “room of the museum of mathetmatics” by Le Lionnais; Les planètes attempt a representation of a fleeting hyperspace, which cannot be fixed by way of “fanciful” images, as Monnet had asserted; Accumulation (1963)86 seems to be inspired by the structure of Tschernoff’s Crystal87, the accumulation of thousands of similar molecules that give rise to an architecture “digne d’admiration”88. This interest leads the artistic discipline to also ponder the representation of the states of the material, of the tensions it is subjected to, and to transliterate them, recovering the referent it intended to abolish, once more conferring a semantic dimension to art. The titles of some of Bloc’s works are paradigmatic: Desintegration (1955), Balancement (1957), Formes à rupture and Double rupture (1958), Tension and Rayonnement (1959), Lignes de force and Pierre eclatée (1963), etc. which we can place side by side with a series of paintings on the tensions of spatial Cf. F. Le Lionnais, Une petite salle du musée des mathématiques, op. cit., pp. 23-28.

84

85 André Bloc. Recent works, Drian Galleries, London 18 April-8 May 1962.

Published in A. Bloc, R. Bordier, De la sculpture à l’architecture, Editions d’aujourd’hui, Boulogne sur Seine 1964, n. pag.

86

80 81

49

J. Pellandini, “L’optique”, in Aujourd’hui, art et architecture, 2, no. 9, September 1956, p. 46.

83

87 Image published to accompany the article entitled “L’atome”, in the column “Art, science et technique” of the magazine Aujourd’hui, art et architecture, 2, no. 10, November 1956, p. 52. 88

Ibidem, p. 53.


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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

aspetti, magari ingenui, superficiali e soggettivi, delle espressioni contenute nel linguaggio di questi artisti, si finisce col trovare che certe leggi fondamentali della percezione, enunciate a suo tempo dagli psicologi della Gestalt (...), hanno una stretta corrispondenza con osservazioni che, nel corso della loro attività creativa, fanno (ed hanno sempre fatto) disegnatori, pittori, scultori, e con le tecniche che essi hanno corrispondentemente elaborato. A titolo di esempio (ma moltissimi altri sono possibili) potrebbero valere le considerazioni che mi sono state suggerite dall’opera di Vasarely, il quale è appunto, fra i molti, uno di questi pittori della Gestalt»90.

dall’arte cinetica all’optical art, per il consolidamento di discipline ancora giovani quali la grafica e l’Industrial design. E che soprattutto hanno dimostrato un impegno sociale e morale nel propugnare l’importanza dell’accessibilità all’arte, e ai suoi linguaggi, della società in senso lato e nel sostenere la diffusione dei prodotti “artistici”, dal monile all’automobile, nel microcosmo di ciascun uomo.

Conclusioni La mostra celebrativa del decennio di attività del MAC, Edizioni d’Arte Concreta 1948/195891, ha segnato l’ultima panoramica d’una vicenda fertile che si è estinta nel 1958, con la morte prematura di Gianni Monnet, infaticabile organizzatore e animatore d’un collettivo la cui eterogeneità è stata sempre criticata come un punto di debolezza. Il 1958 ha segnato anche il completamento della Casa La Scala e un allentamento del rapporto di Viganò con Bloc, che già nel 1956 aveva lasciato la Presidenza del Groupe Espace a Georges Breuil per dedicarsi più compiutamente all’architettura e alla scultura monumentale. Bloc si sposterà ad Antibes per tornare a fare l’architetto della sua seconda casa di vacanza, questa volta coadiuvato da Claude Parent, che egli renderà partecipe delle esperienze vissute in Italia. Intanto, nel parco delle meraviglie di Meudon tenterà altri esperimenti di sintesi delle arti, questa volta in solitudine, attingendo al suo bagaglio multidisciplinare di ingegnere, di critico, di “plasticien”, di pittore, “architecte conseil” e architetto ch’egli ha maturato mediante anni di intensa ricerca collegiale fra Francia e Italia, fra MAC et Espace. Se le vicende dei due movimenti sono state ricostruite e storicizzate, un gran lavoro resta da fare sulle opere e sul senso della ricerca artistica di alcuni protagonisti (André Bloc e Gianni Monnet sono fra questi) che hanno costruito le basi per la nascita delle correnti artistiche degli anni Sessanta, 90

C. L. Musatti, Introduzione, in D. Katz, Psicologia della forma, cit., p. 16 (la prefazione era stata pubblicata già nell’edizione del 1950 per i tipi di Einaudi).

91

La mostra si è tenuta alla Libreria Salto dal 25 marzo al 14 aprile 1958, nella primitiva sede del movimento fino alla fusione con Espace del 1955.

structures and the tensions of Di Salvatore’s archetypes, the artistic production that one of the major perceptual psychologists, Gaetano Kanizsa, would be drawn to as of 197689. These are all perspicuous translations of the titles attributed to them, also because, as Cesare Musatti pointed out in 1950: “At present, neither psychologists nor perceptual psychologists (…) speak of Gestalt, but artists do. They obviously speak about it in their own language, and from a point of view that is not particularly satisfactory for those those who stick to the conclusions of exact and experimental science (…). Nonetheless, when one is willing to momentarily abandon the meticulousness and the technical rigour of the scientists in order to take into careful consideration certain aspects, which may even be ingenuous, superficial, and subjective, of the expressions contained in the language of said artists, one ends up finding that certain fundamental principles of perception, enunciated by the psychologists of Gestalt (...), correspond closely with the observations that, over the course of their creative life, are (and have always been) made by draughtsmen, painters, sculptors, using the various techniques they have respectively developed. One example (but there are many others) might be the considerations that were suggested to me by the work of Vasarely, who is, among the many, one of these Gestalt painters”90.

89 G. Kanizsa, in Interventi davanti alle opere di Di Salvatore, catalogue of the eponymous exhibition held at the Schubert Gallery, Milano 1976, text republished in L. Lambertini, Di Salvatore. Dipinti disegni, scritti, didattica, op. cit., p. 182.

C. L. Musatti, “Introduzione” in D. Katz, Psicologia della forma, op. cit., p. 16 (the preface had already been published in the 1950 edition published by Einaudi).

90

Conclusions

The exhibition celebrating the tenth anniversary of MAC’s activity, Edizioni d’Arte Concreta 1948/195891, marked the last overview of a fruitful phenomenon that ended in 1958 with the death of Gianni Monnet, the untiring organizer and promoter of a group whose heterogenousness has always been criticized as a sign of weakness. 1958 was also the year that the Casa La Scala was completed and that Viganò’s relationship with Bloc diminished; in 1956 Bloc had already handed over the presidency of Groupe Espace to Georges Breuil so that he could spend more time working on architecture and monumental sculpture. Bloc would move to Antibes so that he could work as the architect of his second vacation home, this time assisted by Claude Parent, with whom he shared his experiences in Italy. Meanwhile, in Meudon’s park of wonders he would attempt to conduct other experiences in the synthesis of the arts, this time on his own, drawing from his multidiscipinary knowledge as an engineer, critic, “ plasticien”, painter, “architecte conseil”, and architect, which he had developed during the years of intense collaboration between France and Italy, and between MAC and Espace. While the events of the two movements have been reconstructed and historicized, there is still a lot left to do as concerns the works and the meaning of the artistic reseach of some of the protagonists (including André Bloc and Gianni Monnet) who laid the foundations for the birth of the artistic currents of the 1960s, from kinetic art to optical art, for the consolidation of genres that were still in their early stages, such as graphic art and industrial design. The exhibition was held at the Libreria Salto from 25 March to 14 April 1958, in the movement’s first headquarters until it merged with Espace in 1955.

91

Above all, they showed a social and moral commitment to promoting the importance of the accessibility to art, and to its languages, of society, broadly speaking, and to supporting the diffusion of “artistic” products, from jewellery to the automobile, within the microcosm of every human being.


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET

115

FIG. 115 André Bloc Texture 1959 bronzo e ferro h 80 x 54 x 35 cm

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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI

INTEGRAZIONE DELLE ARTI PLASTICHE NELLA VITA André Bloc

Fondato alcuni anni or sono, il gruppo Espace, che alle sue origini riuniva solo un piccolo gruppo di artisti, comprende ora circa 150 membri, mentre gruppi analoghi vengono organizzandosi contemporaneamente in diversi Paesi e precisamente in Inghilterra, Belgio, Italia, Svizzera e Svezia. I fini del gruppo Espace sono semplici ma possono sembrare ambiziosi in un mondo dove i problemi di estetica e di armonia sono troppo spesso relegati tra le preoccupazioni secondarie. Fino al 19° secolo gli artisti hanno sempre collaborato molto strettamente a tutte le creazioni destinate ad armonizzare la vita. Le grandi civiltà umane sono tutte plasmate da questa collaborazione permanente degli artisti in tutte le loro attività. II «Rinascimento» che di solito viene considerato come una grande epoca artistica non è, a nostro avviso, che l’inizio di una grande decadenza che si e protratta aggravandosi sino ad assumere proporzioni inquietanti. Oggi il proliferare dei quadri da cavalletto, che non è certo nostra intenzione biasimare, è una semplice reazione di difesa degli artisti minacciati continuamente nel loro lavoro e il cui solo rifugio è dato dal metro quadrato di tela dove ancor possono esercitarsi, affermare le loro doti e trovare il mezzo di vivere grazie a qualche collezionista mecenate ed a qualche aiuto nazionale od internazionale. Sarebbe un errore credere che a partire dal momento in cui si tratta di realizzare opere su grande scala l’artista non sia più che un artigiano da cui non si esigono che capacità secondarie. Se si trattasse di far trionfare la mediocrità attraverso lo sviluppo delle applicazioni artistiche nell’architettura e nella vita, i gruppi Espace non si costituirebbero con tanto entusiasmo in tutto il mondo. Per restituire alle arti plastiche tutto il loro valore umano bisogna ristabilire il contatto con il pubblico e con le masse. Affinchè l’artista possa avere un’azione sociale bisogna che il suo compito sia esteso con la presenza permanente delle sue opere in tutte le forme di attività. Egli non può più accontentarsi della comprensione più o meno giusta di amatori poco numerosi ed insufficientemente informati. E’ evidente che dopo tanti anni di isolamento i primi esperimenti stabiliti in collaborazione con gli architetti non possono rappresentare un successo completo. Attraverso l’azione del gruppo Espace tuttavia si stabiliscono dei buoni rapporti e l’intervento di pittori e scultori nell’architettura non è più soltanto un’aggiunta gratuita o maldestra. Nonostante alcuni errori inevitabili il progresso avviene d’anno in anno. La mancanza di fiducia non è mai costruttiva e se si offre agli artisti l’occasione di lavorare bisogna allo stesso tempo liberarli da imposizioni tiranniche. Attualmente è possibile intravvedere per un prossimo avvenire una nuova organizzazione del mondo delle arti, dove tutti gli artisti creatori potranno lavorare con entusiasmo alla realizzazione del loro ideale. (traduzione di Gillo Dorfles) Documenti d’Arte d’Oggi 1955/56, Raccolta a cura del MAC/Groupe Espace, Milano, Libreria A. Salto Editrice. 1956

SCIENZA E ARTE Gianni Monnet

In tutti i tempi l’arte ha tratto alcune delle sue ispirazioni dalla scienza; famosi artisti del Rinascimento quali: Piero della Francesca, Paolo Uccello, Dürer si sono dati a profondi studi di prospettiva; Leonardo, L. B. Alberti, Francesco Di Giorgio, Palladio si sono dedicati a teorie sui rapporti armonici. Ma dalla fine del secolo scorso moltissimi sono gli artisti che si basano, o dicono di basarsi, su principi scientifici. Secondo i critici d’arte gli Impressionisti avevano fondato le loro teorie su di un trattato sulla tintura e sulle sostanze coloranti del chimico Michel Eugène Chevreul; allo stesso trattato si riferirono poi Seurat e Signac, come dichiarò chiaramente quest’ultimo nel suo libro «De Delacroix au Néo-Impressionnisme». Facciamo notare che in Seurat e Signac, oltre a queste teorie che hanno originato il «poentillisme», si trova anche una specie di ritorno alla vecchia «geometria» di Luca Pacioli. Cubisti e Futuristi hanno vagamente parlato di voler rappresentare oggetti proiettati simultaneamente su diversi piani, e di eseguire sezioni e ribaltamenti; alcuni scrittori poi, tra i quali André Lhote, hanno attribuito a questi artisti dei rigorosi studi scientifici. La scienza di cui qui si parla è evidentemente quel ramo della matematica che è detta geometria descrittiva, ma, a giudicare dai loro quadri, gli studi dei Cubisti non dovevano essere stati troppo rigorosi: ad un esame di scuola media sarebbero stati certamente «rimandati a settembre». Nel frattempo nel campo matematico si erano decisamente affermate le geometrie non-euclidee di Gauss, Lobacevsky e Bolyai, che sono conseguenze del non riconoscimento del 5° postulato di Euclide; e si sono pure affermate le geometrie a più di 3 dimensioni. Ecco subito qualcuno attribuire ai Cubisti propositi non-euclidei e quadridimensionali, ed i Cubisti lasciarseli attribuire. I Futuristi dichiararono invece di voler rappresentare: velocità, linee di forza di complessi resistenti; e si son visti pure alcuni critici che, con tutta serietà, davanti alle opere futuriste parlavano di parametri, di omotetie e di altro del genere. In ogni caso qui si tratta di pseudoscienza, a puro scopo di imbonimento per chi ci crede, o fa finta di crederci; infatti, se ai Bibiena e a Padre Pozzo sono occorsi realmente rigorosi studi di prospettiva per poter disegnare le loro grandi composizioni decorative, ai Futuristi non è certo occorso di studiare il teorema di Menabrea o il «principio dei lavori virtuali» per dipingere i loro quadri. I Cubisti: Marcel Duchamp, Jacques Villon, Jean Metzinger e Raymond Duchamp-Villon nel 1912 costituirono il gruppo «La Section d’Or», che si ispirava alla geometria mistica rinascimentale; e ad essa si riallacciarono poi buona parte dei Costruttivisti, Neo-Plasticisti, Astrattisti e Concretisti. Un altro ramo della matematica che è stato recentemente molto sfruttato specialmente dai Concretisti derivanti dal Bauhaus, quali Van Tongerloo e Max Bill, è l’Analysis Situs. Pevsner, Gabo, Moholy-Nagy preferirono invece prendere spunto dalle quadriche e dalle superfìci di 2° ordine della geometria analitica. Altri artisti e critici parlarono poi (a vanvera) di 4a dimensione nei loro manifesti, di spazio non-euclideo, di fisica nucleare. Vorremmo ora dare qualche notizia su alcune tra queste teorie scientifiche che hanno relazioni (reali o apparenti) coll’arte moderna. Di quanto riguarda la geometria descrittiva (scienza fondata nel 1870 da Gaspard Monge) credo sia inutile parlare, perchè ogni studente di Liceo Scientifico o di Istituto Tecnico la conosce a perfezione. Assai meno conosciuta è quella che potremo chiamare «geometria mistica»: ma essa non è veramente una scienza, una delle tante parti della matematica, perchè ha scarso fondamento scientifico e rigore logico. Sue origini lontane le possiamo trovare nel pitagorismo antico, in quello neoplatonico ed in quello ebraico della Cabala: si trattava allora di strani rapporti tra matematica, religione, superstizione e magìa. Durante il Rinascimento l’estetica formalistica, specialmente nell’architettura, portò al pregiudizio estetico di presunti rapporti armonici; tornò così di moda una geometria mistica un po’ diversa dall’antica e meno arbitraria, ed il matematico fiorentino Luca Pacioli vi contribuì più di tutti col suo famoso libro «Divina Proportione», illustrato con disegni espressamente eseguiti da Leonardo. Questa volta non vi erano più, come nell’antichità, pregiudizi religiosi, ma estetici: infatti in questo trattato si dava importanza a certi rapporti piuttosto che ad altri e soprattutti al rapporto detto «aureo», si aveva una particolare riverenza per il pentagono regolare e per il dodecaedro regolare, che già i pitagorici e Platone avevano considerato divino (il rapporto fra due numeri qualunque n ed m, cioè

si dice «aureo» quando è

.

L’Astrattismo del Bauhaus ed il Concretismo diedero nuovo impulso nei giorni nostri a queste ricerche pseudo-scientifiche: pieni di osservazioni personali di geometria mistica sono i libri «Uber das Geistige in der Kunst» e «Punkt und linie zu Fläche» di Kandinsky. Le opere teoriche maggiori in materia sono di Matila C. Ghyka «Estétique des proportions» e «Le nombre d’or» ; in Italia recentemente Fiamma Vigo ha scritto sull’argomento «Armonia e Numero». I principali nuovi termini che ha messo in uso questa moderna geometria mistica sono: «rettangolo statico», «rettangolo dinamico», «rettangoli reciproci», «gnomoni». Statici sono quei rettangoli in cui il rapporto fra i lati minore e maggiore è un numero «razionale», cioè numero che si può esprimere in forma di frazione di numeri interi; dinamici quelli in cui lo stesso rapporto è un numero «irrazionale», cioè che non è possibile esprimere in forma di frazione di numeri interi (fra questi numeri irrazionali vi è anche , in geometria mistica detto Φ).


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET

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Questi due termini son dovuti allo studioso americano Jay Hambidge che li usò nel suo trattato «Dynamic Symmetry», e poi furono adottati da Ghyka. Le preferenze degli artisti e degli estetici più aggiornati d’oggi vanno tutte ai rettangoli dinamici: essi effettivamente si trovano in tutti i periodi storici di particolare creatività, tali rettangoli sono le piante e facciate degli edifìci egiziani e greci dell’epoca d’oro (è specialmente qui che si trova il rettangolo Φ i cui lati sono in rapporto «aureo»). Viceversa il rettangolo statico domina nelle epoche di stasi, di decadenza, in cui la teoria prende il sopravvento sulla creazione: tutte le teorie basate su «moduli», come quella di Vitruvio portano naturalmente a rettangoli statici; ai quali non riesce a sottrarsi, malgrado i più spericolati artifìci, neppure la recente teoria del «Modulor» di Le Corbusier. La figura mostra come sia possibile ottenere una serie di rettangoli nei rapporti √ 2, √ 3, √ 4 (che è dinamico e statico ad un tempo), e √ 5. In queste teorie viene detto «reciproco» di un altro rettangolo dato un rettangolo simile al principale ed a lui interno, e che ha come lato maggiore uno dei lati minori del principale (nella figura si vede la costruzione di un rettangolo reciproco di uno dato basata sul postulato geometrico per cui il reciproco ha le diagonali rispettivamente perpendicolari a quelle del principale). In fine diremo dello «gnome»: fu una parte assai importante dei celebri «numeri figurati» (triangolari, quadrati, ecc.) dei pitagorici, e similmente venne usato da Euclide («Elementi» 1/43) per indicare uno speciale esagono. Il significato moderno del termine «gnomone» si avvicina a quello di Euclide: è una qualunque figura geometrica la cui giustapposizione ad una figura data da luogo ad una figura simile alla iniziale. Nelle nostre figure «gnomoni» sono le parti tratteggiate, e nell’altra figura si vede anche come i rettangolo AFDE sia «gnomone» del rettangolo BCEF. Il rettangolo Φ si distingue da tutti gli altri perchè il suo gnomone è un quadrato. Con successive aggiunte «gnomoniche», o suddivisioni «reciproche» di un rettangolo dato, si ha la linea spezzata direttrice della curva spirale logaritmica a pulsazione crescente. Alla mistica dei numeri appartengono anche quei trattati archeologico-apocalittici che da rapporti di numeri ricavati da misure della Grande Piramide egiziana derivano le date della Guerra Mondiale, della morte del re d’Inghilterra, della fine del mondo, ecc. Ad ogni modo bisogna però concludere che alla geometria mistica va senz’altro il merito di avere posto in evidenza certe particolarità curiose, certe analogie, non solo di architetture, ma anche di pure figure geometriche, inaccessibili alla matematica strettamente scientifica. Un ramo vero e proprio della matematica, una autentica scienza, è invece l’analysis situs, sebbene sia una scienza ancora all’infanzia, che è nata nel 1870 con i trattati del Listing e del Klein. L’analysis situs si ripromette di studiare appunto le caratteristiche della forma che presentano varie figure della normale geometria piana e spaziale (la stessa cosa a cui è giunta involontariamente la geometria mistica), e perciò venne anche detta dal Listing «topologia». Essendo questa scienza particolarmente curiosa e ricca di apparenti paradossi, fece una certa impressione sugli artisti concretisti. Essi non esitano a sostenere, ad esempio, che un certo nastro torto in certo modo sia una grande opera d’arte, perchè secondo l’analysis situs è una superfìce unilatera detta di Möbius. — Un foglio di carta unilatero? È impossibile! — Eppure provate a prendere una striscia di carta: se si incollano i due estremi si ottiene una superfìce cilindrica, bilatera, ma se quest’operazione la si fa dopo aver torto la striscia di mezzo giro si ottiene un anello di Möbius che è per davvero unilatero. Provate infatti a colorarne un lato di un colore e l’altro di un altro senza porre limiti arbitrari: vedrete che è impossbile. In analysis situs si tratta poi di superfici di Möbius «destrorse» e «sinistrorse», a seconda che la torsione è stata fatta verso destra o verso sinistra; e si tratta pure di «tagli interni», cioè tagli che non arrivano a toccare in nessun punto i margini della figura o della superfìce. Costruendo un nastro di Möbius troverete che, oltre ad avere una sola faccia, ha anche un solo bordo; e sperimenterete anche che tagliandolo longitudinalmente in due secondo la sua linea mediana (taglio interno) si ha la sorpresa di trovare che il nastro è ancora di un pezzo solo. Altra superfìce unilatera è la così detta bottiglia di Klein, famosa perchè di essa non esiste l’esterno e l’interno, essa è anche senza bordi, e se tagliata a metà da luogo a due nastri di Möbius. Altro celebre problema della topologia è il seguente: se disegnamo un cerchio, o una qualunque linea chiusa, sopra un piano, o una superfìce qualunque, o sopra una sfera, questa ne divide la superfìce in due parti: una interna alla linea chiusa, l’altra esterna, tanto è vero che se vogliamo andare da A in B dobbiamo attraversare la linea r; ma sulla superfìce detta «toro» (un pneumatico d’auto) succede un fatto assai strano e paradossale: noi possiamo disegnarvi una circonferenza che è una linea chiusa ma che non divida la superfìce in due parti, e si può infatti andare da A in B senza attraversare la linea. Questa scienza si occupa poi soprattutto di quelle proprietà di una figura o di una superfìce che rimangono invariate immaginando di fare loro subire le più strabilianti deformazioni elastiche, senza però mai tagliarle in nessun punto, dette «trasformazioni continue». Si occupa poi delle numerose e complicate proprietà di quelli che chiama «reticolati» connessi e chiusi e degli «alberi» (vedi illustrazioni); per i reticolati è importante il 1° problema, che chiede quando è possibile percorrere per intero una rete movendosi su di essa con moto continuo senza percorrere due volte uno stesso lato: la risposta è che ciò sia possibile quando nel complesso vi sono al massimo due nodi (o vertici) nei quali si collegano un numero dispari di lati. Alcuni vecchi famosi problemi si è visto che non erano altro che dei casi di analysis situs; tra questi i problemi del gioco degli scacchi e quello detto dei 7 ponti di Kònigsberg. Questo, di cui già a suo tempo Eulero dimostrò l’insolubilità a meno di immaginare un 8° ponte, è chiaro dalla figura che non sia altro che un problema di reti, insolubile appunto porche vi sono 4 vertici (A, B, C, D) cui fa capo un numero dispari di lati (3 in A, C, D, e 5 in B), collegando A con C mediante un 8° ponte si ottiene che a questi due nodi faccia capo un numero di lati pari (4) il che rende solubile il problema. L’analysis situs ha importantissime applicazioni: nella fisica, nella matematica superiore (studio dell’equazione f(xy) = O; dimostrazione dell’esistenza di n radici dell’equazione di grado n), nello studio dei circuiti elettrici e delle travature reticolari. Oltre che da scultori concretisti è applicata da architetti urbanisti; infatti i problemi di circolazione sono in gran parte problemi di reticolati, ed anche l’«incrocio a quadrifoglio» delle autostrade (il più famoso dei «nodi stra-dali») è un caso di a circuito annodato e concatenato». Il fatto che alcuni artisti abbiano parlato di 4a o 5a dimensione ha generato nel pubblico l’opinione che quelle teorie siano delle pure fanfaronate, viceversa si tratta di teorie perfettamente scientifiche. Esse sono matematica pura; esse appaiono inverosimili e paradossali, ma non bisogna dimenticare che il matematico puro parte da alcune ipotesi fondamentali senza preoccuparsi della loro realtà o verisimiglianza e ricava da esse tutte le possibili conseguenze logiche. È la matematica applicata che parte da dati verficati in realtà e che utlizza quindi a scopo pratico le trovate puramente teoriche della matematica pura; la matematica pura è un ramo della logica, mentre l’applicata è un ramo della fìsica. A questo proposito viene portata di solito ad esempio la teoria dei «numeri complessi» e degli «immaginari»: dopo che tutti gli algebristi avevano pacificamente stabilito che nel loro sistema non possono esistere radici quadrate di numeri negativi, ecco alcuni matematici italiani del ’500 fondare una nuova teoria sull’ipotesi che invece queste radici esistano, e le chiamarono «numeri immaginari». Questa teoria, che a suo tempo era apparsa come un puro gioco accademico, un semplice perditempo, si è rivelata nella fisica più moderna fertilissima di applicazioni ed utilissima. Non dobbiamo quindi stupirci se il matematico può riferire inverosimilmente lo spazio anche a 50 assi anziché a 3. Nel caso in cui gli assi di riferimento sono 4 succede che: ai poliedri regolari «platonici» iscrivibili nella sfera dello «spazio tridimensionale», corrispondono nello spazio a 4 dimensioni 6 corpi regolari detti «iperpoliedri» o «politopi a 4 dimensioni», tutti iscrivibili nella «ipersfera». Come la sfera è una superfìce chiusa a 2 dimensioni immersa in uno spazio a 3 dimensioni, che sezionata da un piano (a 2 dim.) da luogo ad un cerchio; così la «ipersfera» è a 3 dimensoni, è immersa in un iperspazio a 4 dimensioni, e se viene sezionata da un corpo a 3 dimensioni da luogo ad una sfera. Nei «politopi» regolari a 4 dimensioni troviamo separato lo spazio interno dall’iperspazio esterno, non più mediante poligoni a 2 dimensioni come succedeva nei poliedri, ma mediante poliedri regolari a 3 dimensioni. Questi politopi regolari sono: il «pentaedroide» (detto anche «iperpiramide») che ha l’interno separato dall’esterno mediante 5 tetraedri regolari e che corrisponde al tetraedro della geometria euclidea; l’«esae-droide» o «ipercubo» separato da 8 cubi, l’«ottaedroide», l’«icosatetraedroide», l’«ecatonicosaedroide», 1’«exacosiedroide» separato da 600 tetraedri regolari e corrispondente all’icosaedro platonico. Bisogna pero sempre tenere presente che il matematico definisce gli iperpoliedri senza per nulla preoccuparsi di come si potrebbero rappresentare con i mezzi della geometria descrittiva o della prospettiva, o come si potrebbero realizzare in legno o materia plastica o altro. Effettivamente è impossibile rappresentare figure quadridimensionali con questi mezzi che sono condizionati ad uno spazio tridimensionale. Nelle nostre figure riportiamo due rappresentazioni tridimensionali alquanto fantasiose dell’ipercubo. Documenti d’Arte d’Oggi 1955/56, Raccolta a cura del MAC/Groupe Espace, Milano, Libreria A. Salto Editrice. 1956


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ANDRÉ BLOC

ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI Artista polivalente, architetto, plasticien conseil, fondatore e direttore delle tre celebri riviste francesi “L’Architecture d’aujourd’hui » (1930), “Art d’aujourd’hui” (1949-1954), “Aujourd’hui : art et architecture” (1955-1967), André Bloc è stato una figura di riferimento nel panorama internazionale intorno a cui si è coagulato il dibattito sulla cultura artistica e architettonica dagli anni Trenta fino alla metà degli anni Sessanta.

André Bloc (1896-1966) Multifarious artist, architect, plasticien conseil, founder and director of three famous French magazines, L’Architecture d’aujourd’hui (1930), Art d’aujourd’hui (1949-1954), Aujourd’hui: art et architecture (1955-1967), André Bloc was a figure of reference on the international scene, and a pre-eminent figure in the debate on artistic and architectural culture from the 1930s to the late 1960s.After studying engineering, and getting a degree at the École Centrale in Paris in 1920, Bloc was soon drawn to art-making and to the definition of a form of the “Synthesis of the Arts” and of a “Unit of Creation”: this was to be the main objective of his work as an artist, architect, and cultural figure. To offer a concrete idea to the complete and fruitful collaboration between artists and architects, in 1936 Bloc promoted in Paris the founding of the Union pour l’Art (for which he filled the role of secretary general) along with Pierre Vago, as well as of a committee presided over by Auguste Perret. In 1949 he shared with Le Corbusier the vice-presidency of the Association pour une Synthèse des Arts Plastiques headed by Matisse, which was founded on the same principles as the ones that were to underlie Groupe Espace, founded by Felix del Marle in 1951.

Ingegnere di formazione, diplomato all’Ecole Centrale di Parigi nel 1920, Bloc si dedica ben presto alla pratica dell’arte e alla definizione di una forma di «Sintesi delle Arti» e di «Unità di creazione» che sarà l’obiettivo precipuo della sua opera di artista, architetto e di animatore culturale. Per dare forma concreta all’idea di una collaborazione totale e proficua fra artisti e architetti, nel 1936 promuove a Parigi la fondazione di l’Union pour l’Art in cui ricopre il ruolo di segretario generale, insieme a Pierre Vago, d’un comitato presieduto da Auguste Perret. Nel 1949 condivide con Le Corbusier la vicepresidenza dell’Association pour une Synthèse des Arts Plastiques presieduta da Matisse, nata in quello stesso spirito che animerà il Groupe Espace, fondato con Felix del Marle nel 1951. Il movimento conterà diverse cellule europee fra cui quella italiana MAC-Espace costituitasi nel 1955, in cui Gianni Monnet ha avuto un ruolo determinante. Gli anni di guerra segnano una cesura nell’attività di André Bloc e al contempo una lacuna nella sua biografia scientifica. Trascorre alcuni anni a Biot, nel sud della Francia, apprendendo e praticando l’arte della ceramica, dopo essere stato costretto, a causa delle origini ebraiche, a lasciare la direzione di “L’Architecture d’aujourd’hui” e la sua casa di Boulogne-sur-Seine.

Il grande Parco annesso ospiterà una serie di sculture di dimensioni e fatture differenti : fra queste la SculptureHabitacle n.1 (1962), poi sostituita dalla Sculpture Habitacle n. 2 (1964), e la Tour (1966) (FIG. 118), due testimonianze ancora oggi ammirabili d’un percorso che dalla scultura lo ha condotto all’architettura. La casa di vacanza sul Lago di Garda, realizzata da Vittoriano Viganò, nota come Casa La Scala (19541958), suggella la sua passione per l’architettura che riprenderà a praticare insieme a Claude Parent per la sua seconda casa di vacanza, la Maison experimentale, detta anche Villa Bloc, a Antibes (1959-1962) (FIG. 120). Fra Parent e Bloc si instaura un’intesa privilegiata e una salda collaborazione soprattutto come plasticien conseil, ruolo che lo condurrà ad attivare gruppi di progettazione interdisciplinari e a dare concretezza alla sua personale declinazione di «Sintesi delle Arti». Dagli studi urbanistici per Paris Parallèle (19591960, con J.-P. Beguin, Jean Chemineau, Pierre Vago, Marcel Lods) dove riveste il ruolo di sculpteur-plasticien, alla Maison de l’Iran alla Cité Universitaire di Parigi (1960-1968 progettata con Claude Parent, Mohsen Foroughi, Heydar Ghiai, René Sarger), al progetto per l’automobile da città «Urbaina» (1962, con Jean Lin Viaud e Marcel Bercy), André Bloc affronta il processo creativo a scale differenti e affianca collettivi eterogenei.

Nel 1949 comincia a progettare la Maison-atelier a Meudon, fuori Parigi, ch’egli abiterà per tutta la vita e che viene accolta dalla critica come esperimento riuscito di sintesi delle arti.

La sua opera di artista resta eclettica, in continua evoluzione, segnata dal-

The movement included several European cells, among which the Italian MAC-Espace group established in 1955, where Gianni Monnet played a pivotal role. The war years marked a watershed in André Bloc’s activity, and at the same time a gap in his scientific biography. He spent several years in Biot, in southern France, learning and practicing the art of ceramics, after being forced to leave the directorship of L’Architecture d’aujourd’hui and his house in Boulogne-sur-Seine because he was a Jew. In 1949 he began to design the Maison-atelier in Meudon, outside Paris, where he would live for the rest of his life, and which was acclaimed by the critics as a successful experiment in the synthesis of the arts. The great Park hosted a series of sculptures of different sizes and types: these included Sculpture-Habitacle no.1 (1962), later replaced by Sculpture Habitacle no. 2 (1964), and the Tour (1966) (FIG. 118), two impressive examples of a path that led from sculpture to architecture. The vacation home on Lake Garda, designed by Vittoriano Viganò, known as Casa La Scala (1954-1958), expressed his passion for architecture, which he would begin practicing again together with Claude Parent for his second vacation home,

the Maison experimentale, also called Villa Bloc, in Antibes (1959-1962) (FIG. 120). Parent and Bloc developed a special understanding and a solid collaboration, the latter artist as plasticien conseil; the role would lead to his starting up a series of interdisciplinary projects and the consolidation of his personal expression of the “Synthesis of the Arts”. From his urban studies Paris Parallèle (1959-1960, along with J.-P. Beguin, Jean Chemineau, Pierre Vago, Marcel Lods) where he covered the role of sculpteur-plasticien, to the Maison de l’Iran at the Cité Universitaire in Paris (1960-1968 designed with Claude Parent, Mohsen Foroughi, Heydar Ghiai, René Sarger), to the project for a city car called “Urbaina” (1962, with Jean Lin Viaud and Marcel Bercy), André Bloc dealt with the creative process on different scales, bringing together groups with similar ideas.His work as an artist remained eclectic, evolving constantly, marked by the exploration of the aesthetic and formal potential of evermore modern materials and by the cross-pollination with reflections on architecture and the practice of this trade. In this field as well, Bloc proceeded from jewellery to site-specific sculpture, which he often named “Signal” in so far as they


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l’esplorazione delle potenzialità estetiche e formali di materiali sempre più moderni e dalla contaminazione con le riflessioni sull’architettura e con la pratica di tale mestiere. Anche in questo campo Bloc procede dal gioiello alle sculture ambientali ch’egli definisce sovente «Signal» in quanto presenze che segnano i luoghi e marcano i momenti topici delle sue speculazioni estetiche, formali, materiche.

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Gli anni Sessanta sono caratterizzati dalla ricerca strenua e solitaria di nuove forme spaziali dove impera la matrice organica e si profila un nuovo modo di abitare. Anticipata dalle numerose maquettes habitacles (a «geometria indisciplinata», a «geometria fantastica», ad «avvolgimento continuo», a «sovrapposizione elicoidale», secondo la classificazione che ne darà Claude Parent), e dalle due Sculptures Habitacles costruite a Meudon (FIG. 119), il punto di arrivo di questa tendenza resta la sua terza casa di vacanza costruita a Carboneras in Spagna (1964-1966), una grande “architettura-scultura” detta anche El Laberinto (FIG. 119), che rappresenta l’ultima sua opera di architetto. André Bloc muore accidentalmente in India, a New Delhi, nel 1966. Gli artisti e gli intellettuali del suo cenacolo gli dedicheranno l’ultimo numero di “Aujourd’hui: art et architecture” (dicembre 1967), ancora oggi una preziosa testimonianza della sua attività variegata e fertile.

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were both landmarks and markers of the topical moments of his aesthetic, formal, material studies. The 1960s were characterized by strenuous and solitary research into new spatial forms dominated by an organic matrix, and foreshadowing a new way of living. Anticipated by numerous maquettes habitacles (featuring “undisciplined geometry”, “fantastic geometry”, “continuous enveloping”, “helicoidal overlapping” according to the classification offered by Claude Parent), and by two sculptures, Sculptures Habitacles, made in Meudon, the arrival point of these ideas is Bloc’s third vacation home built in Carboneras in Spain (1964-1966), a large “architecturesculpture” also known as El Laberinto (FIG. 119), representing the last of his architectural works. André Bloc died in an accident in New Delhi, India, in 1966. The artists and intellectuals in his circle dedicated the last issue of Aujourd’hui: art et architecture (December 1967) to him, which continues to offer a precious testimony of Bloc’s multifarious, fruitful activities.

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Giovanni (Gianni) Monnet nasce a Torino il 12 maggio 1912; figlio di un ingegnere elettrotecnico, Eugenio, e di Elisa Thöni. Dopo il liceo artistico, si iscrive alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, laureandosi nel 1937. Si trasferisce, nello stesso anno a Roma, dove è collaboratore di cantiere dell’impresa ing. Ferrara nelle costruzioni dell’aeroporto di Ciampino. Nel 1938 supera l’esame di stato presso la Scuola Superiore d’architettura; collabora, dapprima con gli architetti Antonio Valente e Guido Fiorini nella realizzazione di scene di vari film e in seguito partecipa con gli architetti Alberto Rosso e Giuseppe Lorini al concorso per il progetto di un nuovo edificio dell’Opera Nazionale a Belgrado. Realizza con Andrej Andreev delle scene per il film “La principessa Tarakanova”, girato a Cinecittà. Nel 1939 torna a Torino, dove collabora alla costruzione di alcuni edifici per lo stabilimento Breda e, poi, a progetti di allestimenti per le mostre EA2 di Roma e dell’Alpinismo di Torino.

Nel 1940 collabora alla progettazione degli edifici provvisori della “Biennale dell’Autarchia” di Torino e nella costruzione di una villa a Casalborgone. Oltre alla professione di architetto, negli anni successivi, Monnet intraprende l’attività di critico e di artista. Risale al 1944 la prima mostra, che si tiene a Lugano, nella sala del Circolo Ticinese di Cultura (diretto da Renato Regli e Giuseppe Martinola) situata nel Palazzo Riva di via Pretorio dove presenta opere realizzate tra il 1929 e il 1944. Precoci, infatti, si erano rivelati i suoi esordi pittorici, attraverso opere figurative, in particolare ritratti di famigliari, oltre a dei paesaggi e ad alcune nature morte, in cui apparivano già presenti elementi di carattere postcubista. Una seconda mostra nella medesima sede si terrà nel 1947, (FIG. 122) alla quale Monnet partecipa esponendo venti dipinti, insieme a pitture e plastici astratti dell’architetto Ettore Sottsass Jr. Un testo di Luigi Quadrelli introduce il lavoro di Monnet, mentre Max Bill presenta il lavoro di Sottsass.

Nel 1946, alla fine del conflitto, si trasferisce a Milano, nell’abitazionestudio di via Tarquinio Prisco, insieme alla moglie Antonietta, sposata nel 1940 e figlia del noto psichiatra e umanista svizzero Bruno Manzoni dove, per un periodo, ospiterà l’amico Ettore Sottsass, con il quale condividerà lo studio di architettura. La casa di Lugano rimane comunque un punto di riferimento importante, non solo per le collaborazioni, quale critico d’arte e di architettura, con il Corriere del Ticino e con Radio Monteceneri (il cui servizio culturale era diretto da Felice Filippini) ma anche per il forte rapporto umano e intellettuale con Renato Regli e suo suocero Bruno Manzoni che svolge un ruolo importante nelle sue ricerche artistiche e teoriche, animate da un interesse sempre più crescente per la pittura spontanea degli alienati, alimentato anche dai suoi studi sulla pittura di Mirò e del surrealismo. Nel 1947 partecipa alla mostra “Arte italiana d’oggi” premio Torino, con l’opera “Partita a scacchi”. A Milano intraprende pure l’attività di insegnante di costruzioni presso

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FIG. 121 Gianni Monnet Composizione 1947 tempera verniciata su carta 38 x 34 cm Pagina successiva:

FIG. 123 Gianni Monnet Progetto per tessuto per il concorso Italviscosa n.2 1947 tecnica mista su carta 64,5 x 64 cm

FIG. 124 Gianni Monnet Progetto per una chiesa al QT8 1948 tempera su cartoncino

FIG. 125 Gianni Monnet Acquario figurato Foto di Giancolombo Fotografia vintage Courtesy Archivio Giancolombo, Milano FIG. 126 Parete animata 1949 Fotografia vintage

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Giovanni (Gianni) Monnet was born on 12 May 1912 in Turin, the son of Eugenio, an electrical engineer, and of Elisa Thöni. After graduating from secondary school (an artistic lyceum), he enrolled in the Faculty of Architecture at Turin Polytechnic, where he was awarded a degree in 1937. That same year he moved to Rome, where he worked with the constructor Ingegner Ferrari to build Ciampino Airport. In 1938 he passed his state exam for the Scuola Superiore d’architettura (Secondary Architecture School); at first he collaborated with the architects Antonio Valente and Guido Fiorini to create the set designs for several films, and then he participated, along with the architects Alberto Rosso and Giuseppe Lorini, in a tender for the new building of the National Opera in Belgrade. He and Andrej Andreev made set designs for the movie La principessa Tarakanova, filmed at Cinecittà.

In 1939 he moved back to Turin where he collaborated on the construction of several buildings for the Breda plant, and later on the installation design for both the EA2 exhibition in Rome, and the Alpinismo show in Turin. In 1940 he collaborated on the design for the temporary buildings for the “Biennale dell’Autarchia” in Turin, and on the construction of a villa in Casalborgone. In addition to his work as an architect, in the following years Monnet was a critic and an artist. He mounted his first exhibition in 1944 in Lugano, at the Circolo Ticinese di Cultura (directed by Renato Regli and Giuseppe Martinola); the exact location was Palazzo Riva in Via Pretorio, where the artist presented works made between 1929 and 1944. He debuted early as a painter, making figurative works, particularly family portraits, as well as landscapes and some still lifes, in which Post-Cubist elements were already visible. A second exhibition was held at the same venue in 1947 (FIG. 122);

Monnet showed twenty paintings, along with abstract paintings and sculptures by Ettore Sottsass Jr. Luigi Quadrelli wrote an essay introducing Monnet’s work, while Max Bill presented that of Sottsass. In 1946, when the war ended, Monnet moved to Milan. His house-cum-studio was in Via Tarquinio Prisco, and he lived there with his wife Antonietta, whom he had married in 1940, and who was the daughter of the famous psychiatrist and humanist Bruno Manzoni. For a period of time Ettore Sottsass was a guest of theirs; together they shared an architecture studio. However, the house in Lugano would always be an important point of reference for the artist, not just because of his collaborations as an art and architecture critic for the Corriere del Ticino and Radio Monteceneri (whose cultural service was directed by Felice Filippini), but also owing to his strong human and intellectual rapport with Renato Regli and with his father-in-law Bruno Manzoni,


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET l’Istituto Tecnico per Geometri, dedicandosi a diversi progetti architettonici. In particolare, vince il II premio (il I premio non fu assegnato) con un progetto per le case a schiera a due piani destinate a reduci, denominato QT8 (quartiere sperimentale modello della VIII Triennale di Milano) in collaborazione con gli architetti Avetta, Romano, Sottsass Sr. e Sottsass Jr. (Ettore): disegni e fotografie appaiono sulla rivista romana “Metron” nel settembre del 1948. Le abitazioni furono inaugurate il 23 ottobre 1948. Inoltre, la giuria assegnò al gruppo un rimborso spese per un progetto di casette a schiera a quattro letti. Sempre per il QT8, partecipa senza successo al progetto per una chiesa, in collaborazione con l’architetto Norberto Vairano (vedi Arte Concreta n. 3) (FIG. 124). È il primo tentativo di Gianni Monnet per un’integrazione delle arti. Nello stesso anno vince il primo premio, ex aequo con Enrico Bordoni, nel Concorso ItalviscosaT8 per “Disegni per tessuti operati”, presentando un lampasso a tre trame.

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124 who played an important role Monnet’s his artistic and theoretical research, fueled by an everincreasing interest in the sponteaneous painting of the alienated, also inspired by his study of the work of Miró and Surrealism. In 1947 he took part in the exhibition “Arte italiana d’oggi” Turin prize, displaying the work Partita a scacchi. In Milan he also began teaching construction at the Istituto Tecnico per Geometri, and working on various architectural projects. In particular, he won second prize (no first prize was awarded) for a project for two-storey houses for war veterans, called QT8 (the model experimental quarter of the 8th Milan Triennale) in collaboration with the architects Avetta, Romano, Sottsass Sr. and Sottsass Jr. (Ettore). Drawings and photographs were published in the Roman magazine Metron in September 1948. The houses were inaugurated on 23 October 1948. Furthermore, the jury paid the group the expenses it had incurred for a project for four-bed row houses.

125 Also for QT8, Monnet participated, but unsuccessfully, in the project for a church, in collaboration with the architect Norberto Vairano (see Arte Concreta no. 3) (FIG. 124). It was Gianni Monnet’s first attempt to integrate the arts. That same year he won first prize, ex aequo with Enrico Bordoni, for the Concorso Italviscosa for “Disegni per tessuti operati” (Designs for Worked Fabrics); the artist had entered a triple-weave lampas (see Ill. col. issue no. 36 of Tessili Nuovi, Milan, June 1948) (FIG. 123). In 1948 he mounted three canvases for “Arte Astratta in Italia”, hosted by the Teatro delle Arti in Rome; he also participated in the season’s inaugural exhibition at Galleria Bergamini in Milan, the “Mostra del Cambio” in Chiavari, the 2nd Milan Internazionale, and the group show at Borromini in Milan. In 1947, in Milan, the exhibition “Arte Astratta e Concreta” (FIG. 2-3), organized by the architect Lanfranco Bombelli Tiravanti and the group “L’altana”, was held in the rooms of the Palazzo ex-Reale;

it was the first exhibition of international value to be held in Italy. The exhibition poster was designed by Max Huber, and the catalogue curated by Bombelli included texts by Wassily Kandinsky, Max Bill, Georges Vantongerloo, and Ettore Sottsass Jr. The artists invited to the exhibition included: Arp, Bassi, Bill, Bodmer, Bombelli, Bonini, Graeser, Herbin, Hinterreiter, Huber, Kandisky, Klee, Leuppi, Licini, Lohse, Mazzon, Munari, Rho, Sottsass Jr., Taeuber-Arp, Vantongerloo, Veronesi, Vordemberge-Gildewart. This event played a major role in re-establishing a dialogue with those artists who had embraced the Second Futurist movement in the pre-war period, among whom Munari, or experiences that gravitated around the group that would meet at the Galleria del Milione: Radice, Reggiani, Ghiringhelli, among others. Some of the artists also embraced the MAC (Movimento Arte Concreta) founded in Milan in 1948 by Gianni Monnet along with Gillo Dorfles, Bruno Munari and Atanasio Soldati.

(vedi ill. col. N. 36, rivista “Tessili Nuovi”, Milano, giugno 1948). (FIG. 123) Nel 1948 partecipa con tre opere su tela al salone “Arte Astratta in Italia”, nelle sale del Teatro delle Arti a Roma e alla mostra inaugurale della stagione alla galleria Bergamini di Milano, alla “Mostra del Cambio” di Chiavari, alla IIa Internazionale di Milano e alla collettiva alla galleria Borromini di Milano. Nel 1947, a Milano, si tiene l’esposizione “Arte Astratta e concreta” (FIG. 2-3), organizzata dall’architetto Lanfranco Bombelli Tiravanti e dal gruppo “L’altana”, nelle sale del Palazzo ex-Reale; la prima in Italia di valore internazionale. Il manifesto fu realizzato graficamente da Max Huber e il catalogo, curato da Lanfranco Bombelli, comprendeva i testi di Wassily Kandinsky, Max Bill, Georges Vantongerloo e Ettore Sottsass Jr.. Gli artisti invitati alla mostra furono: Arp, Bassi, Bill, Bodmer, Bombelli, Bonini, Graeser, Herbin, Hinterreiter, Huber, Kandisky, Klee, Leuppi,

126 The group, whose artists were involved in a variety of genres, was headquartered in the Libreria Salto, in Milano, which had been an important meeting place for modernist architects and artists. The Libreria Salto opened in Milan in 1933, in Via Santo Spirito under the name “Libreria A. Salto, Architettura e Decorazione”. Founded by Alfonso Salto and later directed by his two sons, Giuseppe and Giancarlo; it was thanks to their erudition open to European artistic thinking that the book store ended up playing an invaluable role in the Milanese and Italian scenario after the war. The magazines Domus, Casabella, Spazio and the French publication Art d’Aujourd’hui were distributed by the Salto. In Via Santo Spirito the group’s openness towards a series of exhibitions was “automatic”, and the collaboration with Gianni Monnet was crucial with regard to the expansion towards new informative instruments.

57 Licini, Lohse, Mazzon, Munari, Rho, Sottsass Jr., TaeuberArp, Vantongerloo, Veronesi, Vordemberge-Gildewart. L’esposizione svolse un importante ruolo nel riallacciare il dialogo con artisti che nel periodo precedente la guerra avevano aderito al Secondo Futurismo, tra i quali Munari, o ad esperienze gravitate intorno al gruppo che si riuniva alla Galleria del Milione, tra cui Radice, Reggiani e Ghiringhelli. Alcuni di questi artisti aderiranno al Movimento Arte Concreta (M.A.C.), fondato a Milano nel 1948 da Gianni Monnet insieme con Gillo Dorfles, Bruno Munari e Atanasio Soldati. Il gruppo, a cui si legarono artisti dalle esperienze eterogenee, trovò sede nei locali della libreria Salto, a Milano, che era stata importante luogo di incontro di architetti ed artisti modernisti. La libreria Salto si apre a Milano nel 1933, in via Santo Spirito con il nome “Libreria A. Salto, Architettura e Decorazione”.


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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI Fondata da Alfonso Salto e successivamente gestita dai due figli, Giuseppe e Giancarlo, questa libreria, grazie alla loro preparazione culturale, aperta verso il pensiero artistico europeo, svolgerà un prezioso contributo nel panorama milanese e italiano del dopoguerra. Le riviste Domus, Casabella, Spazio e la francese Art d’Aujourd’hui sono distribuite dai Salto. Nella sede di Santo Spirito l’apertura verso una serie di mostre è “automatica” e la collaborazione con Gianni Monnet è determinante per un allargamento dell’attività con nuovi strumenti informativi. Monnet aveva inteso raggruppare artisti che si ispirassero alle avanguardie non figurative, nell’intento di superare i provincialismi allora dominanti, in relazione al tentativo di ricostruzione di un discorso artistico per molti anni spezzatosi. Monnet svolgerà sempre il ruolo di divulgatore, di fondamentale importanza nell’opposizione manifestata dal gruppo nei confronti della linea ufficiale rappresentata dal realismo, come, d’altronde, aveva già avuto modo di manifestare,

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Monnet had intended to group together artists who were inspired by the non-figurative avantgardes, the idea also being to overcome the provincialism that prevailed at the time, in relation to the attempt to reconstruct an artistic discourse that had been broken for some time. Monnet would always play the role of the divulger, which was of essential importance to the opposition manifested by the group as concerned the official line represented by realism, just as he had already had a chance to show on the occasion of the Rome exhibition “Arte Astratta in Italia”, his own principles, in a text published in the Corriere del Ticino. In it he discussed the predominance of form over content, indicating abstraction as being the extreme and inevitable outcome achieved by all modern art, starting from Impressionism, towards a universal language that would be affirmed internationally: the work exhibited entitled Pittura was unquestionably abstract. This predominance of the form directly corresponded, starting from the 1950s, to the

artistic research carried out by Monnet, and expressed in his painting.From 15 December 1948 to 3 January 1949 he participated in the “I Mostra di giocattoli d’artisti” at Annunciata Gallery in Milano, organized by Munari, Noe, and Bruno Grossetti; the artist showed a Surrealist acquarium entitled Acquario figurato (FIG. 125) and a large-scale collage. An important testimony of this event is provided to us by the photography of Giancolombo, published in the magazine Grazia, and by the articles that came out in other periodicals at the time. In late December 1949 (17 - 30 December) again in the spaces of Annunciata Gallery for the “II Mostra regali per natale”, Gianni Monnet showed the work Parete animata, made for the occasion and exhibited the following year at the Libreria Salto as well: Bruno Munari’s input is evident in an exhibition where the works (made by Gillo Dorfles, Lucio Fontana, Max Huber, Ettore Sottsass and Luigi Veronesi) bear titles like Palle di Gomma, Paraventi, Macchine Inutili, Draghi

in occasione della mostra a Roma “Arte Astratta in Italia”, i propri principi, in un testo pubblicato sul quotidiano luganese “Corriere del Ticino”, dove enunciava il predominio della forma sul contenuto, indicando nell’astrattismo l’esito estremo ed inevitabile compiuto da tutta l’arte moderna, a partire dall’Impressionismo, verso un linguaggio universale che si affermasse internazionalmente: in effetti l’opera esposta e intitolata “Pittura”, si presenta dichiaratamente astratta. Questo predominio della forma trova diretta corrispondenza nella sua ricerca pittorica a partire dagli anni ’50. Dal 15 dicembre 1948 al 3 gennaio 1949 partecipa all’esposizione “I Mostra di giocattoli d’artisti”, alla galleria Annunciata a Milano, organizzata da Munari, Noe e Bruno Grossetti, esponendo un’acquario surrealista intitolato “Acquario figurato” (FIG. 125) e un grande collage. Un importante testimonianza di questo evento ci è fornita dal servizio fotografico di Giancolombo, pubblicato sulla rivista “Grazia” e da vari articoli usciti sui quotidiani dell’epoca.

A fine dicembre del 1949 (17 - 30 dicembre) sempre nelle sale della galleria Annunciata per l’esposizione “II Mostra regali per Natale”, Gianni Monnet espone l’opera intitolata “ Parete animata”, realizzata per l’occasione ed esposta nuovamente l’anno successivo alla libreria Salto: in questa esposizione dove le opere (realizzate da Gillo Dorfles, Lucio Fontana, Max Huber, Ettore Sottsass e Luigi Veronesi) portano titoli come “Biciclette con regia Artistica”, “Palle di Gomma”, “Paraventi”, “Macchine Inutili” “Draghi cinesi” “Lume in un sifone”, “Fossili per diecimila”, la regia di Bruno Munari è evidente. La mostra di esordio del MAC che si inaugura alla libreria Salto il 22 dicembre 1948 presenta la I cartella d’arte concreta (FIG. 127), costituita da dodici stampe a mano realizzate da Piero Dorazio, Gillo Dorfles, Lucio Fontana, Augusto Garau, Mino Guerrini, Galliano Mazzon, Gianni Monnet, Bruno Munari, Achille Perilli, Atanasio Soldati, Ettore Sottsass e Luigi Veronesi, con un testo critico di Giuseppe Marchiori.

È l’inizio di un’importante attività editoriale del MAC per le edizioni della libreria Salto, a cui seguiranno la cartella“10 litografie originali” di Enrico Bordoni, con un testo di Gillo Dorfles; “Litografie originali di Monnet”; “24 litografie originali” di Afro, Bombelli, Bordoni, Dorfles, Fontana, Garau, Huber, Mazzon, Monnet, Munari, Soldati, Veronesi, con un testo di Giulio Carlo Argan (FIG. 128); “10 Forme 1949” di Luigi Veronesi, con un testo di Gillo Dorfles; “10 Incisioni originali Di Salvatore”, con una prefazione di André Bloc e un testo di Nino Di Salvatore, 1951; “Carol Rama”, 5 litografie realizzate nel 1956; “Simonetta Vigevani Jung”, 6 litografie, pure realizzate nel 1956. L’attività editoriale del MAC porterà pure alla produzione di pregevoli pubblicazioni dall’alto contenuto grafico: i due primi bollettini (in formato orizzontale) corrispondenti alle due annate 1949-1950 (FIG. 15) e 1950-1951 (FIG. 26), i ventiquattro bollettini (in formato quadrato) che raccolgono l’attività dal 1951 al 1954 (FIG. 33), quattro pubblicazioni

tore, 1951; Carol Rama, 5 lithographs produced in 1956; Simonetta Vigevani Jung, 6 lithographs, also made in 1956. MAC’s publishing activity also led to the production of excellent publications with a fine graphic content: the first two bulletins (in a horizontal forma) corresponding to the years 1949-1950 (FIG. 15) and 19501951 (FIG. 26), the twenty-four bulletins (in a square format) that collected the group’s activity from 1951 to 1954 (FIG. 33), four publications entitled Documenti d’Arte d’Oggi with the group’s activity from 1954 to 1958 (FIG. 60), and six Sintesi delle arti (FIG. 78), publications made from 1955 to 1956. These publications were the outcome of the movement’s intensive exhibition activity and theoretical expression. Characterized by the graphic work of Munari and Monnet, they systematically provide details of the exhibitions, accompanied by the critical essays and other interventions. Gillo Dorfles’s essays were present in several publications. The covers designed by the artists and the

original graphic art inside became full-fledged “artists books”, a unicum on the Italian art scene.In 1949 Monnet mounted two solo shows at the Libreria Salto, the first (from 2 to 15 April) with sixteen works, introduced by an essay by Gillo Dorfles (see Arte Concreta 1949-1950, sheet no. 9). Exhibited in Causa ed effetto (FIG. 130) for the first time ever are the circular elements joined by straight lines, while Forma primitiva represents one of the artist’s first attempts to use curvilinear, arched, rounded motifs in matte colours to create compositions of a minimal nature and primary aspect.The second exhibition (from 8 to 21 October) included several temperas and the lithographs of the 3rd Portfolio of Concrete Art (Arte Concreta 1949-1950, sheet no.15). Undulating linearisms prevail in the lithographs. For Monnet, form cannot be identified with a rigid geometric abstraction, which he rejects.The artist also began making collages, merging the technique and the colour of Matisse’s papiers découpés with bio-

129 cinesi, Lume in un sifone, Fossili per diecimila, Biciclette con regia Artistica. The MAC’s debut show at the Libreria Salto on 22 December 1948 presented the 1st Portfolio of Concrete Art (FIG. 127), consisting of twelve prints made by hand by Piero Dorazio, Gillo Dorfles, Lucio Fontana, Augusto Garau, Mino Guerrini, Galliano Mazzon, Gianni Monnet, Bruno Munari, Achille Perilli, Atanasio Soldati, Ettore Sottsass and Luigi Veronesi, with a critical essay by Giuseppe Marchiori. It was the start of MAC’s important publishing activity for the Libreria Salto, to be followed by the portfolio 10 litografie originali by Enrico Bordoni, with a text by Gillo Dorfles; Litografie originali di Monnet; 24 litografie originali by Afro, Bombelli, Bordoni, Dorfles, Fontana, Garau, Huber, Mazzon, Monnet, Munari, Soldati, Veronesi, with a text by Giulio Carlo Argan (FIG. 128); 10 Forme 1949 by Luigi Veronesi, with a text by Gillo Dorfles; 10 Incisioni originali Di Salvatore, with a preface by André Bloc and a text by Nino Di Salva-


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET intitolate “Documenti d’Arte d’Oggi” (FIG. 60) con l’attività dal 1954 al 1958 e contemporaneamente le sei “Sintesi delle arti” (FIG. 78), pubblicazioni realizzate tra il 1955 e il 1956. Queste pubblicazioni sono il risultato dell’intensa attività espositiva e l’espressione teorica del movimento. Caratterizzati dall’impostazione grafica di Munari e di Monnet, raccolgono in ordine sistematico le esposizioni con l’apporto di testi e interventi critici. Gli scritti di Gillo Dorfles saranno presenti in diverse pubblicazioni. Le copertine curate dagli artisti e all’interno le grafiche originali diventano dei veri e propri “libri d’artista”, costituendo un unicum nel panorama italiano. Nel 1949, Monnet tiene due mostre personali alla libreria Salto, la prima (dal 2 al 15 aprile) con sedici opere, introdotta da un testo Gillo Dorfles (vedi “Arte Concreta 1949-1950”, foglio n.9). In “Causa ed effetto” (FIG. 130) appaiono, forse per la prima volta, gli elementi circolari uniti da linee rette mentre “Forma primitiva” rappresenta uno dei suoi primi tentativi di realizzare per

mezzo di motivi curvilinei, arcuati, tondeggianti e definiti da tinte piatte, composizioni dal carattere minimale e dall’aspetto primario. La seconda esposizione (dall’ 8 al 21 ottobre) comprende alcune tempere e le litografie della III cartella d’arte concreta (“Arte Concreta 1949-1950”, foglio n.15). Nelle litografie prevalgono linearismi dall’andamento sinuoso; la forma per Monnet non è identificabile in un’astrazione geometrica rigida, che egli rigetta. Inizia a realizzare anche collage, fondendo la tecnica e il colore dei papiers découpés di Matisse con elementi biomorfi provenienti da Arp e dall’ultimo Kandinsky. Partecipa all’esposizione della IV cartella “Arte concreta” alla libreria Salto. Nello stesso anno (giugno 1949) è invitato all’esposizione “Arte d’Oggi” a Palazzo Strozzi a Firenze. Nel 1950 partecipa alla mostra del gruppo del MAC, alla galleria del “Grifo” di Torino (22 febbraio), (“Arte Concreta 1949-1950”, foglio non numerato) . L’esposizione torinese, intitolata “Opere concrete di sette artisti milanesi”,

è ospitata subito dopo al Circolo di Cultura di Lugano, con una conferenza introduttiva sull’astrattismo, tenuta da Monnet e Munari. Monnet espone “Metamorfosi” (1949) (FIG. 18), opera nella quale le forme che sembrano rimandare ad elementi biomorfi, determinano un giustapporsi di campiture nere e bianche su fondo azzurro. Partecipa alla mostra del M.A.C. galleria della Vigna Nuova a Firenze e alla mostra d’Arte Moderna nella città di Chieri. Dal 6 maggio 1950, alla galleria del Naviglio di Carlo Cardazzo a Milano, partecipa alla collettiva “Pittura Astratta e Concreta”. (“Arte Concreta 1949-1950”, foglio n. 27) (FIG. 131), con Bertini, Crippa, Dova, Fontana, Giancorazzi, Joppolo, Licini, Munari, Parnisari, Reggiani, Soldati, Vedova, Veronesi ed espone un “negativo-positivo” in diagonale e un quadro orizzontale con elementi circolari. Dal 7 al 20 ottobre del 1950 espone alla libreria Salto con Galliano Mazzon, con un’introduzione di Mario Ballocco: Monnet ripresenta

“Parete animata” (FIG. 29) del 1949 (di quest’opera andata distrutta rimangono purtroppo solo una serie di fotografie in b/n e un progetto a tempera su carta) (FIG. 28): quest’opera rivela l’ambizione di Monnet nel voler rapportare la propria pittura allo spazio circostante (per le illustrazioni si rimanda ad “Arte concreta 1950-1951”). Dal 15 al 29 dicembre cura l’esposizione “Pitture di Albino Galvano e Filippo Scroppo” alla libreria Salto, (“Arte Concreta 1950-1951”, foglio non numerato). Nel 1950 partecipa al V Salon des Réalités nouvelles a Parigi, quale membro societario. Nella capitale francese consolida anche l’attività di critico, entrando in contatto con numerosi esponenti della scena artistica internazionale: André Bloc, Louis Degand, Charles Estienne, Michel Seuphor, incontrati nelle principali gallerie della città e visitando gli studi di Jean Arp, Alberto Magnelli, George Vantongerloo. Importante si rivelò l’incontro, nutrito successivamente anche dal punto di vista epistolare, con Nina Kandinsky (FIG. 132),

che gli permise di accedere all’atelier del marito e alla sua rilevante collezione privata. Il forte legame con Magnelli solidificò, inoltre, grazie a Monnet, il rapporto tra Parigi e l’Italia. Nello stesso anno, inizia una corrispondenza sull’arte italiana per la rivista parigina “Art d’Aujourd’hui”, collaborando con articoli al periodico milanese AZ-arte d’oggi. Nel 1951 espone alla fondazione del Movimento Espace, a Parigi; al VI Salon des Realites Nouvelles di Parigi; nella rassegna “Arte astratta e concreta in Italia” (3-28 febbraio), tenuta alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, partecipando contemporaneamente, in qualità di relatore, al convegno “Poetiche dell’Arte concreta, oggi” (5 febbraio). In questa occasione presenta oltre al negativo-positivo Ossessione (Spazio, II [1951], 4, p. 48), Forma elementare del 1950.

FIG.130 Gianni Monnet Causa ed effetto, 1949

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FIG.131 Pittura astratta e concreta Galleria del Naviglio, Milano, 1950 Carlo Cardazzo e Lucio Fontana davanti alle opere di Gianni Monnet

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morphous elements that are a nod to Arp and Kandinsky’s last works. He took part in the exhibition of the 4th Portfolio of Concrete Art at the Libreria Salto. That same year (June1949) Monnet was invited to the exhibition Arte d’Oggi at Palazzo Strozzi in Florence. In 1950 he participated in the MAC group exhibition at the Grifo gallery in Turin (22 February), (Arte Concreta 1949-1950, unnumbered sheet). “Opere concrete di sette artisti milanesi” was hosted immediately afterwards at the Circolo di Cultura di Lugano, with an introductory conference on abstract art given by Monnet and Munari. Monnet showed Metamorfosi (1949) (FIG. 18), a work in which the forms that seem to refer to biomorphous elements determine a juxtaposition of black and white fields against a blue background.He took part in the MAC show at Vigna Nuova gallery in Florence and in the Modern Art show in Chieri. From 6 May 1950, at the Naviglio run by Carlo Cardazzo in Milan, he participated in the group show “Pittura Astratta e

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Concreta” (FIG. 131) (Arte Concreta 1949-1950, sheet no. 27), with Bertini, Crippa, Dova, Fontana, Giancorazzi, Joppolo, Licini, Munari, Parnisari, Reggiani, Soldati, Vedova, Veronesi, and he displayed a “negative-positive” in diagonal and a horizontal painting with circular elements.From 7 to 20 October 1950 he showed his work at the Libreria Salto along with Galliano Mazzon; the introduction was by Mario Ballocco. Monnet again showed Parete animata, 1949 (FIG. 29) (all that is left of this work which has since been destroyed is a series of black and white photographs and a design in tempera on paper) (FIG. 28): this work reveals Monnet’s desire to relate his painting to the surrounding space (for the illustrations see Arte concreta 19501951). From 15 to 29 December he curated the show “Pitture di Albino Galvano e Filippo Scroppo” at the Libreria Salto, (Arte Concreta 1950-1951, unnumbered sheet).In 1950 he participated in the 5th Salon des Réalités Nouvelles in Paris, as a member of the society.

In the French capital he also consolidated his work as a critic, coming into contact with numerous exponents of the international artistic scene: André Bloc, Louis Degand, Charles Estienne, Michel Seuphor, whom he meet in the main galleries of the city and while visiting the studios of Jean Arp, Alberto Magnelli, and George Vantongerloo. The encounter proved to be important, and was continued to be nurtured by the artist’s correspondence with Nina Kandinsky (FIG. 132), who allowed him to see her husband’s studio and private collection. Monnet’s strong relationship with Magnelli was also responsible for solidifying the relations between Paris and Italy.That same year the artist’s began collaborating with the Paris magazine Art d’Aujourd’hui, contributing articles about Italian art to the Milan magazine AZ-arte d’oggi. In 1951 he showed his work at the Movimento Espace foundation in Paris; at the 4th Salon des Réalites Nouvelles in Paris; at “Arte astratta e concreta in Italia” (3-28 February) hosted by the Galleria nazionale

d’arte moderna di Roma, participating at the same time, as a speaker, in the meeting entitled “Poetiche dell’Arte concreta, oggi” (5 February). On that occasion he presented a Forma elementare from 1950 in addition to the negative-positive Ossessione (Spazio, II [1951], 4, p. 48). These minimal forms aspired to transcend the traditional surface of the painting: this is demonstrated by a series of contemporary ink on photography works (FIG. 133), in which the artist designed wall decorations for the interiors, resorting to numerous variations on the theme of the above-mentioned Forma elementare; at the Galleria Bompiani (7 - 16 April) (FIG. 23-24) in Milan in the 2nd Mostra Concretisti Italiani, curated by Gillo Dorfles with Bertini, Bombelli, Di Salvatore, Dorfles, Galli, Dova, Huber, Mazzon, Munari, Nigro, Regina, Rho, Soldati, Veronesi (Arte Concreta 1950-1951, unnumbered sheet) and then from 13 to 26 October at the “Mostra di Arte Concreta” in the Galleria Bergamini, Milan, with Biglione, Di Salvatore, Dorfles,


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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI Queste forme minimali ambiscono a superare la tradizionale superficie del quadro: lo dimostra una serie di coevi interventi a inchiostro su fotografia (FIG. 133), in cui egli progettò decorazioni parietali di interni, ricorrendo a numerose variazioni sul tema della Forma elementare appena ricordata; alla Galleria Bompiani (FIG. 23-24) (7 - 16 aprile) di Milano nella “II Mostra Concretisti Italiani, curata da Gillo Dorfles con Bertini, Bombelli, Di Salvatore, Dorfles, Galli, Dova, Huber, Mazzon, Munari, Nigro, Regina, Rho, Soldati, Veronesi (“Arte Concreta 1950-1951, foglio non numerato) e poi dal 13 al 26 ottobre alla “Mostra di Arte Concreta” nella Galleria Bergamini, Milano, con Biglione, Di Salvatore, Dorfles, Mazzon, Munari, Pantaleoni, Parisot, Regina e Soldati. La galleria Bompiani, la galleria Bergamini, la galleria del Fiore, la galleria Schettini, il Naviglio di Carlo Cardazzo, L’Annunciata di Bruno Grossetti: sono le gallerie di Milano di riferimento con la libreria Salto per le esposizioni del Movimento.

132 Mazzon, Munari, Pantaleoni, Parisot, Regina, and Soldati. The following galleries in Milan were the galleries of reference along with the Libreria Salto for MAC’s exhibitions: Bompiani, Bergamini, del Fiore, Schettini, Naviglio run by Carlo Cardazzo, L’Annunciata run by Bruno Grossetti. However, we must not overlook the important contribution of Guido Le Noci (1904-1983) (FIG. 38) who, before founding Apollinaire gallery, an exhibition space designed by the architect Vittoriano Viganò (who had designed the del Fiore gallery in 1953 and the Schettini gallery in 1955), was involved in several projects for Bompiani, where he inaugurated two exhibitions: “Arte Astratta italiana: i primi astrattisti italiani 1913-1940”, and “II Mostra di Concreti Italiani”, respectively. The first exhibition especially underscored the rediscovery of the work of Giacomo Balla, an essential figure for the movement; Arte concreta no. 2, 1951 would publish a detail from his 1918 painting Linee Andamentali. Indeed, whereas in Rome it was the Orig-

L’attività delle gallerie non deve comunque far dimenticare l’importante contributo di Guido Le Noci (1904-1983) (FIG. 38) che prima di approdare alla nascita della sua galleria “Apollinaire”, spazio espositivo allestito dall’architetto Vittoriano Viganò (che aveva d’altronde progettato nel 1953 la galleria del Fiore e nel 1955 la galleria Schettini) è presente in svariate collaborazioni alla Bompiani, dove inaugura due esposizioni, la prima “Arte Astratta italiana: i primi astrattisti italiani 1913-1940”, la seconda “II Mostra di Concreti Italiani”. In particolare modo la prima esposizione sottolinea la riscoperta di Giacomo Balla, figura cardine per il movimento che su “Arte concreta” n.2, 1951 pubblicherà in copertina un particolare del suo dipinto “Linee Andamentali” risalente al 1918. In effetti, se a Roma fu il gruppo Origine a riscoprirlo, guidato da Ettore Colla, con il suo spazio espositivo e le pagine di “Arti Visive”, a Milano suscitò l’attenzione di Monnet (per cui

realizzò il progetto per la seconda copertina del bollettino “Arte Concreta”) e parimenti del gallerista Guido Le Noci che lo ritenne il pioniere più importante per la mostra storica dedicata all’astrattismo italiano alla Bompiani (febbraio 1951) e naturalmente per la successiva retrospettiva “Pitture astratte di Giacomo Balla dal 1912 al 1920” (FIG. 40-41) agli Amici di Francia (10 novembre - 2 dicembre 1951), spazio situato in Corso Vittorio Emanuele 31 a Milano. Di questa importante esposizione, completamente dimenticata dalla storiografia artistica, c’è giunta l’importante testimonianza del servizio fotografico di Giancolombo. Gianni Monnet si attiverà notevolmente per la diffusione dell’esposizione milanese, realizzando per la trasmissione “Attualità culturali” di Radio Monteceneri , la radio della Svizzera Italiana, un servizio intitolato “L’astrattista Balla a Milano” (23 dicembre 1951) (FIG. 42).

Monnet, per la mostra alla Bompiani, con la collaborazione di Bruno Munari e Giulia Sala, cura la grafica, la redazione del bollettino e un testo d’introduzione all’esposizione. Dopo aver scritto per il “Corriere lombardo” (35 articoli), con corrispondenze settimanali sull’arte moderna da Parigi, inizia una proficua collaborazione con il settimanale “Epoca”, scrivendo, in particolare, un testo intitolato “L’Arte Moderna, dalla A alla Z” (n.52), che trattava la cosiddetta storia degli “ismi”, dall’Impressionismo al Sintetismo; altri articoli misero a fuoco l’opera di Kandinsky (n.13) e Magnelli, la storia dell’arredamento, le principali gallerie d’avanguardia milanesi. Collabora, pure, al bollettino della “Permanente” di Milano e studia l’opera dell’architetto Carboni per la rivista “Graphis” di Zurigo, (n.34). La collaborazione con la rivista parigina “Art d’Aujourd’hui”, gli permette di aggiornare costantemente il dibattito sull’arte italiana; tiene inoltre una rubrica settimanale sull’arredamento per la

tant relationships with artists, including young Roman abstract artists: Dorazio, Guerrini, Perilli, the theorists of the “Forma” movement, which shared with MAC the ideality of opposition to realism. All the tendentially progressive Roman artists took part in the MAC shows in Milan (Accardi, Manisco, Sanfilippo, Ettore Colla who, along with the Milanese Mario Ballocco, founded the Origine group, to name just a few). During the same period he met the architect from Locarno Oreste Pisenti: the exhibition of the German artist Arend Fuhrmann at Galleria Bergamini in Milano is proof of this contact (Bollettino MAC no. 2, 1951). In 1952 Monnet took part in the 7th Salon des Réalites Nouvelles in Paris. Monnet was interested in the principle of the integration of the arts and their interdisciplinary nature, including industrial production, graphic art, installations, decor, and, of course, architecture. This concept is clearly linked to the “Synthesis of the Arts” theorized by Le Corbusier. The following statements

are enlightening: ““I am an architect and I have never seen any difference between architecture, painting and sculpture; I believe that there is only one issue at stake: that of expressing oneself through the visual presentation of geometric spatial configurations (...)”. “Since the late nineteenth century (...) the visual arts have unconsciously and increasingly tended to merge in a single form of expression. But it was not until Le Corbusier and Léger that this tendency became conscious: with Synthèse des Arts Plastiques we began to understand that abstract painting and sculpture are no longer canvases and statues according to the nineteenth-century definition of these words (...), but, rather, architecture, installation, industrial design. This is undoubtedly the role of art today, and the truly modern artist must aim at its realization”. Monnet concluded: “Based on the above statement, I believe that I legitimately belong to the Movimento Arte Concreta (… )”. (In: Tristan Sauvage, Pittura italiana del dopoguerra, Schwarz

133 ine group that rediscovered the artist, headed by Ettore Colla who had an exhibition space, and also thanks to the pages of Arti Visive, in Milano it was Monnet who was drawn to him (for whom he created the drawing for the second cover of Arte Concreta) as was Guido Le Noci, who considered him the most important pioneer for the historical exhibition dedicated to abstract art at Bompiani (February 1951) and naturally for the following retrospective “Pitture astratte di Giacomo Balla dal 1912 al 1920” (FIG. 40-41) at the Amici di Francia (10 November - 2 December 1951), a space located at Corso Vittorio Emanuele 31, Milano. We discovered that this very important show, which has been completely forgotten by the artistic historiography, is documented by the photographic reporting of Giancolombo. Gianni Monnet worked hard to spread the word about the Milan exhibition, taping a show called “L’astrattista Balla a Milano” (23 December 1951) (FIG. 42) for Swiss-Italian Radio Monteceneri’s “Attualità culturali”. For

the Bompiani show, Monnet, with the collaboration of Bruno Munari and Giulia Sala, curated the graphics, the bulletin, and an introductory essay. After writing for Corriere lombardo (35 articles), with weekly correspondence on the subject of modern art from Paris, Monnet began a fruitful collaboration with the weekly Epoca; the most famous text he wrote for the magazine was “L’Arte Moderna, dalla A alla Z” (no. 52), which dealt with the so-called history of “isms”, from Impressionism to Synthetism; other articles focused on Kandinsky (no.13) and Magnelli, the history of interior decor, the major avant-garde art galleries in Milan. Monnet also collaborated on the bulletin for the “Permanente” in Milan, and he studied the work of the architect Carboni for the Zurich magazine Graphis (no. 34). His collaboration with the Paris magazine Art d’Aujourd’hui, allowed him to constantly update the debate on Italian art; he also wrote a weekly column on interior decor for Grazia (nos. 397 to 514) Monnet had numerous and impor-


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET rivista “Grazia” (numeri dal 397 al 514). Numerosi e importanti si rivelano i rapporti con gli artisti, tra cui i giovani astrattisti romani: Dorazio, Guerrini, Perilli, teorici del movimento “Forma”, con cui il M.A.C. condivide l’idealità di opposizione al realismo. Tutti gli artisti romani tendenzialmente progressisti parteciparono alle mostre del M.A.C. a Milano (Accardi, Manisco, Sanfilippo, Ettore Colla che con il milanese Mario Ballocco, fonda il gruppo “Origine”, per citarne alcuni). Contemporaneamente conosce l’architetto locarnese Oreste Pisenti: la mostra dell’artista tedesco Arend Fuhrmann alla Galleria Bergamini di Milano è la testimonianza di questo contatto (Bollettino M.A.C. n.2, 1951). Nel 1952 partecipa al VII Salon des Realites Nouvelles di Parigi. Ciò che preme a Monnet è il principio dell’integrazione delle arti e della loro interdisciplinarietà, estendendo i suoi interessi alla produzione industriale, alla grafica, agli allestimenti, all’arredamento, e

naturalmente all’architettura. Questo concetto era legato chiaramente alla “Sintesi delle Arti” teorizzata da Le Corbusier. Illuminanti sono le seguenti dichiarazioni: “Sono architetto e non ho mai fatto alcuna differenza tra l’architettura, la pittura e la scultura; perché mi pare che il problema sia unico: quello di esprimersi per mezzo della presentazione visiva di configurazioni geometriche spaziali (…) ”. “Dalla fine dell’800 (…) ”, le arti visive hanno inconsciamente teso sempre più a fondersi in una sola forma di espressione. Ma solamente con Le Corbusier e Léger questa tendenza diventò cosciente: la Synthèse des Arts Plastiques, e si cominciò a capire che pittura e scultura astrattiste non sono più quadri e statue, nel senso ottocentesco della parola (..), ma architettura, allestimento, industrial design. Questo è certamente il ruolo dell’arte d’oggi, ed alla sua realizzazione deve mirare l’artista veramente moderno”. Concludeva Monnet: “Per quanto ho dichiarato sopra, credo di appartenere

legittimamente al Movimento Arte Concreta (..)”. (In: Tristan Sauvage, “Pittura italiana del dopoguerra”, Schwarz Editore, Milano, 1957, pp.331-332.) Si doveva quindi, nei propositi, giungere a una perfetta collaborazione tra le arti plastiche e l’industria; l’architettura avrebbe dovuto inglobare la pittura, la scultura, la produzione di oggetti per il vivere. Nel 1952 e nel 1954, questo concetto avrebbe trovato un’espressione nella mostra “Studi per nuove forme di motociclette”, patrocinata dalle ditte Gilera e Innocenti, esposti alla Galleria dell’Annunciata a Milano nel 1952 (FIG. 134) e “Colori nelle carrozzerie d’auto”, dovuta alla collaborazione tra gli architetti dello studio B24 di Milano, in collaborazione con la ditta Montecatini-Ducco (precedente alla mostra, la creazione di uno stand) nel 1954. Dal 5 al 25 gennaio 1952 partecipa all’esposizione “Forme concrete nello spazio realizzate in materiale plastico” a cura di Lodovico Castiglioni, alla Saletta

l’Italienischen Kulturinstitut (1952) e, nel medesimo periodo, progetta il Centro Studi Arte e Industria a Novara, diretto da Nino Di Salvatore che, purtroppo non sarà mai realizzato. Presenta con due testi, apparsi sui bollettini “Arte Concreta” n.6-7, le esposizioni “Opere recenti e un plastico di Nino Di Salvatore” alla galleria Bergamini (26 aprile- 9 maggio), “opere concrete di Garau” (1 - 15 giugno) nel negozio Lagomarsino di Pavia. Sempre nel 1952, Gianni Monnet partecipa a tre mostre del M.A.C., in America latina, a Rosario-Santa Fè (Amigos del Arte), Santiago del Cile (Universidad Cattolica), Buenos Aires (Galleria Krayd) e poi, alla mostra collettiva del M.A.C. (15 al 25 novembre) alla Galleria Gissi di Torino. Partecipa a “Arte organica, Disintegrismo, Macchinismo, Arte Totale e Danger Public”, con Munari, Veronesi, Mariani, Motta, Asinari, Regina, Di Salvatore, Muggiani, Tovaglieri, Iliprandi, Tullier, Franchini, Colombo, Baj, Dangelo (16 dicembre 1952 - 6

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134 Editore, Milan, 1957, pp. 331-32). Hence, the idea was to achieve the perfect collaboration between the plastic arts and industry. Architecture was to encompass painting, sculpture, the production of everyday objects. In 1952 and in 1954 this concept would be expressed in the exhibition “Studi per nuove forme di motociclette”, promoted by the Gilera and Innocenti companies and hosted by Galleria dell’Annunciata in Milan in 1952, as well as in “Colori nelle carrozzerie d’auto” (FIG. 134), owing to the collaboration between the architects of Studio b24 in Milano, in collaboration with the Montecatini-Ducco company (before the exhibition, the creation of a stand) in 1954. From 5 to 25 January 1952 Monnet took part in the exhibition “Forme concrete nello spazio realizzate in materiale plastico” curated by Lodovico Castiglioni and hosted at the Saletta dell’Elicottero in Milan; there he showed Stati d’animo 1951 (Coll. Museo Cantonale d’Arte, Lugano), works made from synthetic material such as rhodoid. (Arte Conc-

dell’Elicottero a Milano, dove espone “Stati d’animo” del 1951 (Coll. Museo Cantonale d’Arte, Lugano), opera realizzata con un materiale sintetico quale il rhodoid. (Arte Concreta, n.2). Sempre alla Saletta dell’Elicottero dall’ 11 al 31 gennaio il M.A.C. presenta “Materie plastiche in forme concrete” con Casarotti, Di Salvatore, Donzelli, Dorfles, Fontana, Garau, Mazzon, Munari, Nigro, Pantaloni e Regina. I materiali utilizzati sono: rhodoid, sicofoil, celluloide, plexiglas, perspex, laminati plastici. Altro concetto sostenuto da Monnet, ed espresso in un testo da lui redatto in occasione della mostra personale alla galleria Bergamini di Milano (19 gennaio - 1 febbraio 1952) (FIG. 135) era il criterio dell’”impersonalità”, che sarebbe dovuto emergere quale carattere distintivo dell’epoca moderna. Nello stesso anno, cura con Bruno Munari l’allestimento della mostra “Opere recenti di Soldati” alla Galleria Bergamini. Dal 9 al 29 febbraio partecipa alla mostra del M.A.C. tenutasi a Vienna, presso

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reta, no. 2). Again in the Saletta dell’Elicottero, from 11 to 31 January MAC presented “Materie plastiche in forme concrete” with Casarotti, Di Salvatore, Donzelli, Dorfles, Fontana, Garau, Mazzon, Munari, Nigro, Pantaloni, and Regina. The materials used were: rhodoid, sicofoil, celluloid, plexiglas, perspex, plastic laminates. Another concept put forward by Monnet, and expressed in a text he wrote for his solo show at Galleria Bergamini in Milan (19 January - 1 February 1952) (FIG. 135) was the criterion of “the impersonal” which was to emerge as a distinguishing feature of modern times. Afterwards, he and Munari curated the installation of the exhibition “Opere recenti di Soldati” at Galleria Bergamini. From 9 to 29 February he took part in the MAC exhibition held in Vienna at the Italienischen Kulturinstitut (1952) and, during the same period, he designed the Centro Studi Arte e Industria in Novara, directed by Nino Di Salvatore. Unfortunately, the centre was never built. He wrote two texts, which were pub-

lished in two issues (nos. 6 and 7) of Arte Concreta, for the exhibitions “Opere recenti ed un plastico di Nino Di Salvatore” at Galleria Bergamini (26 April- 9 May), and “opere concrete di Garau” (1 – 15 June) at Lagomarsino in Pavia. Also in 1952, Gianni Monnet took part in three MAC exhibitions, in Latin America, in Rosario, Santa Fe (Amigos del Arte), Santiago del Chile (Universidad Cattolica), Buenos Aires (Galleria Krayd), and later in MAC’s group show (15 to 15 November) at Galleria Gissi in Turin. He participated in “Arte organica, Disintegrismo, Macchinismo, Arte Totale e Danger Public”, with Munari, Veronesi, Mariani, Motta, Asinari, Regina, Di Salvatore, Muggiani, Tovaglieri, Iliprandi, Tullier, Franchini, Colombo, Baj, Dangelo (16 December 1952 - 6 January 1953), organized at the Galleria dell’Annunciata in Milan, where he signed the Manifesto dell’Arte Totale (Manifesto of Total Art). In 1953 Monnet participated in the MAC show at Galleria S. Matteo in Genoa. He collaborated on the

magazine Prospettive with a study on Picasso. In Paris he showed his work at the 7th Salon des Réalites Nouvelles. He began working with Studio b24 in Milan where he showed his work in “Collezione ambientale”; he wrote the introductory essay “Sintesi artistica con ceramiche di Garau” (see Arte Concreta, no.15) and he also showed at the group exhibition “Collezione Ambientata” (3 23 October) (see Documenti d’arte d’Oggi, 1954 and Arte Concreta, nos. 16/17). He was a member of the board for the exhibition “Arte e Tecnica” (also doing the graphic art for the bulletin). He developed his studies on primitive forms, finding their essence in an arched element that he repeated in several paintings, to which he associated circular forms; these results were directly related to the graphics, especially to Enten Eller, 1954 (FIG. 106), published by MAC, in which the poems of Antonino Tullier (painter, poet, and critic, born in 1916, and a member in 1952 of the Movimento Nucleare with Baj, Dangelo, Joe Colombo, and Mari-

FIG. 135 Galleria Bergamini, Milano Mostra personale di Gianni Monnet, 1952 Foto vintage. Courtesy Archivio Giancolombo, Milano


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ESPERIMENTI DI SINTESI DELLE ARTI gennaio, 1953), organizzata alla galleria dell’Annunciata di Milano, dove firma il Manifesto dell’Arte Totale. Nel 1953 espone nella mostra del M.A.C. alla Galleria S. Matteo a Genova. Collabora alla rivista “Prospettive” con uno studio su Picasso. A Parigi espone al VIII Salon des Realites Nouvelles. Inizia la collaborazione con lo Studio b24 di Milano, dove partecipa alla mostra “Collezione ambientale”; scrive il testo di presentazione “Sintesi artistica con ceramiche di Garau” (vedi Arte Concreta, n.15) ed espone nella collettiva “Collezione Ambientata” (3 - 23 ottobre) (vedi “Documenti d’arte d’Oggi”, 1954 e “Arte Concreta”, n.16/17). E`commissario ordinatore della mostra Arte e Tecnica, (grafica del bollettino). Sviluppa i suoi studi sulle forme primordiali, trovandone l’essenza in un elemento arcuato che propone reiterato in alcuni dipinti, a cui accosta forme circolari; questi esiti troveranno una corrispondenza diretta nella grafica, in particolare in

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ani) are graphically portrayed by Gianni Monnet. In 1954 he collaborated with the architects Mario Ravegnani and Antonello Vincenti on the “Casa sperimentale” for the 10th Milan Triennale. He wrote the introductions for the exhibitions “Pitture recenti di Proferio Grossi” at Studio b24 and “Dino Caruso, Michele Santonocito” at the Galleria La Botteghina in Catania.

“Enten Eller” del 1954 (FIG. 106), edito dal M.A.C. dove le poesie di Antonino Tullier (pittore, poeta e critico, nato nel 1916 aderirà nel 1952 al Movimento Nucleare con Baj, Dangelo, Joe Colombo e Mariani) sono presentate graficamente da Gianni Monnet. Nel 1954 collabora con gli architetti Mario Ravegnani e Antonello Vincenti alla “Casa sperimentale” nella Xa Triennale di Milano. Scrive i testi di presentazione per le esposizioni “ Pitture recenti di Proferio Grossi” allo Studio b24 e dei catanesi “Dino Caruso, Michele Santonocito” alla Galleria La Botteghina di Catania. Partecipa alla mostra del movimento internazionale “Espace” a Biot e al IX Salon des Realites Nouvelles di Parigi. Nel 1956 realizza la grafica per la copertina della rivista “Serigrafia”, Arte Tecnica ed Economia del quarto sistema di stampa (anno I, numero 6, 3.09.1956). Dal punto di vista ancora della divulgazione, importante considerare un ciclo di puntate settimanali (25) dal titolo: “Arte

He participated in the international Espace exhibition in Biot and in the 9th Salon des Réalites Nouvelles in Paris. In 1956 he produced the graphic design for the cover of the magazine Serigrafia, Arte Tecnica ed Economia del quarto sistema di stampa (I, 6, 3.09.1956). The series of Swiss-Italian Radio Monteceneri shows (25) called “L’arte moderna dalla A alla Z” were again part of Monnet’s efforts to foster the public’s awareness of art; the scripts were later published in book form under the same title by the Libreria Salto in 1955 (FIG. 136). In 1955 he participated in “Esperimenti di sintesi delle arti” at Galleria del Fiore in Milan and in the Paris shows of Groupe Espace at Parc de Saint-Cloud and at the 9th Salon des Réalites Nouvelles. For Salto publishers in Milano he wrote “Sulla regolazione del traffico a Milano”, part of a project concerning traffic in Milan. In 1956 Monnet collaborated with the architect Tito Bassanesi Varisco on a project for the Pellicceria Livio Levi in Milan (FIG. 137).

moderna dalla A alla Z”, per Radio Monteceneri; i testi degli interventi troveranno pubblicazione in un volumetto, pubblicato nel 1955 dalla Libreria Salto (FIG. 136), dal titolo omonimo. Nel 1955 partecipa all’esposizione “Esperimenti di sintesi delle arti” alla Galleria del Fiore di Milano e alle mostre parigine del Groupe Espace al Parc de Saint-Cloud e al X Salon des Realites Nouvelles. Pubblica per le edizioni Salto di Milano la collana Sintesi delle arti “Sulla regolazione del traffico a Milano”, progetto di metropolitana sul piano stradale per la città di Milano. Risale al 1956 la collaborazione con l’architetto Tito Bassanesi Varisco, per la Pellicceria Livio Levi (FIG. 137) di Milano dove Monnet realizza quattro grandi specchiere a muro (a scomparsa) e quattro ante di vetro scorrevoli per un armadio a muro. In tutti due casi l’intervento è realizzato con pittura ad olio direttamente sul materiale preposto. Se i motivi pittorici delle ante dell’armadio ci ricordano l’opera “Parete animata” del 1949, nelle

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Monnet’s job was to create four large wall mirrors and four sliding shutters for a wall closet. In both cases the work was done in oil directly on the material. While the shutters remind us of Parete animata, 1949, the mirrors, on the contrary, are reminiscent of elements of MAC’s third portfolio. Along with the architect Varisco, Monnet also undertook the writing of an essay called Geometria percettiva, of which he was to publish a summary in Documenti d’arte d’oggi (1958, pp. 91 and ff.).In 1957 he wrote an introduction to the exhibition “Dipinti e sculture di Angelo Bozzola” hosted by the Galleria del Fiore (24 November – 7 December). He participated in “MAC/Espace. I Rassegna nazionale di Arte Concreta” held at Schettini gallery (30 March – 11 April) (FIG. 138). In 1958 he showed some pastels in a solo show at the Libreria Salto library, with a text by Antonino Tullier (17 – 30 May). Monnet died at a young age on 15 December 1958 in Lugano.

specchiere, per contro, si ritrovano gli elementi della terza cartella del M.A.C. . Con l’architetto Varisco, Monnet intraprende anche la stesura di un saggio dal titolo “Geometria percettiva”, di cui pubblicherà una breve sintesi in “Documenti d’arte d’oggi” (1958,z<< pp.91 e seg.). Nel 1957 redige un testo d’introduzione alla mostra “Dipinti e sculture di Angelo Bozzola” alla Galleria del Fiore (24 novembre - 7 dicembre). Partecipa alla mostra “M.A.C./Espace. I Rassegna nazionale di Arte Concreta”, alla galleria Schettini (30 marzo - 11 aprile) (FIG. 138). Nel 1958 espone alcuni pastelli in una personale alla libreria Salto, con un testo di Antonino Tullier (17 – 30 maggio). Muore, prematuramente, a Lugano il 15 dicembre dello stesso anno.

FIG. 137 Levi, Pellicce di Alta Moda Via Verri 3, Milano Architetto Tito Bassanesi Varisco Courtesy Levi, Milano

FIG. 138 Galleria Schiettini, Milano Gianni Monnet, Bruno Munari “M.A.C. / Espace. I Rassegna nazionale di Arte Concreta”, 1957 Allestimento a cura di Vittoriano Viganò Courtesy Archivio Vittoriano Viganò, Milano. Foto vintage


ANDRÉ BLOC E GIANNI MONNET

139 Bruno Munari Scultura da Viaggio, 1959 Cartone plastificato, custodia 64 x 15 cm

Esperimenti di sintesi delle arti. André Bloc e Gianni Monnet in un percorso fra esponenti dell’arte concreta Si ringrazia: Annalisa Viati Navone; Archivio Vittoriano Viganò, Milano; Lucienne Battin Viganò, Vanessa Viganò, Viviana Viganò; Famiglia Levi; Archivio del Moderno, Mendrisio; Letizia Tedeschi; Nicola Navone; Galleria Natalie Seroussi, Parigi; Aoi Huber Kono; Gillo Dorfles; Luigi Sansone; Jenny Manzoni; Archivi Farabola, Cremona; Archivio Giancolombo, Milano; Susanna Giancolombo; Fondazione La Triennale di Milano Archivio fotografico; Andrea Cancellato; Elvia Redaelli

Traduzioni / Translations Sylvia Notini Fotografie / Photographs Alessandro Zambianchi

STUDIO DABBENI

Corso Pestalozzi 1 6900 Lugano, Switzerland www.studiodabbeni.ch ARCHIVE BOOKS

Graphic Design Archive Appendix Pubblicato da / Published by Archive Books Studio Dabbeni

Müllerstraße 133 13349 Berlin, Germany — Via Maffucci 26 20158 Milan, Italy www.archivebooks.org www.archivekabinett.org

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