Analisi del comportamento a corrosione di materiali passivanti in una soluzione aggressiva

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FacoltĂ di Ingegneria Corso di Laurea in Ingegneria dei Materiali

Analisi del comportamento a corrosione di materiali passivati in una soluzione aggressiva Corso di Corrosione e protezione dei materiali

Studente:

Relatori: Prof. Pier Luigi Bonora

Stefano Zanol

Ing. Maria Lekka Ing. Caterina Zanella

Anno Accademico 2008/2009

1. Obbiettivo dell’esercitazione Valutare la resistenza a corrosione in ambiente clorurato di un acciaio inox AISI 316 e di un alluminio anodizzato, due materiali che solitamente vengono utilizzati in atmosfera, confrontando le curve potenziodinamiche effettuate in una soluzione neutra contenente lo 3,5% in peso di NaCl. Nello specifico si richiede di:

analizzare ogni curva indicandone i valori caratteristici;

calcolare la Jcorr e la vcorr mediante l’estrapolazione di Tafel;

calcolare la Rp tramite l’equazione di Stern-Geary;

confrontare le curve dei due materiali e stimare le cause del diverso comportamento riscontrato.

2. Parametri di prova e procedura sperimentale Parametri di prova Le prove sono state effettuate utilizzando un elettrodo di Ag/AgCl come elettrodo di riferimento (R) e un controelettrodo (CE) in platino: ciò significa che tutti i valori di potenziale riportati in seguito sono da intendersi comparati al potenziale della reazione di equilibrio Ag/AgCl. La velocità di scansione del test è stata impostata a 0,3 mV/s e il software utilizzato possiede una velocità di campionamento di 3 punti per secondo.

I test sono stati effettuati con il metodo potenziodinamico, cioè gli elettrodi sono collegati ad un generatore di corrente a tre morsetti atto a fornire un valore della intensità (e quindi della densità di corrente) fra W e CE, tale per cui la tensione misurata fra W ed R abbia un valore arbitrariamente prefissato. Utilizzando il potenziostato si può far aumentare il potenziale E con legge lineare nel tempo (metodo potenziodinamico) e registrare la risposta di corrente, ottenendo in questo modo la caratteristica I(E).

Ciò è ottenuto mediante un servomeccanismo (Fig. 2) dove il potenziale E dell'elettrodo (rispetto al riferimento utilizzato) viene confrontato con una tensione campione EC mediante un apparato atto a fornire un segnale proporzionale alla differenza ΔE=(E-EC). Questo segnale, amplificato, viene trasmesso ad un generatore di corrente comandato in tensione, il quale agisce sulla corrente I in maniera tale da far variare E (che di I è funzione) fino ad annullare la differenza (E-EC). Un amperometro in serie alla cella consente di leggere il valore di I per ogni valore imposto E=EC del potenziale dell'elettrodo.

Figura 2 – Schema a blocchi di un potenziostato[1]

La prova è partita imponendo un potenziale catodico minore di quello di circuito aperto (ossia quello per cui non circola alcuna corrente) che snobilitasse il metallo, aumentandolo linearmente (di 0,3 mV/s) fino ad arrivare al valore di potenziale anodico che genera il danneggiamento per pitting del materiale a causa della presenza degli ioni Cl –. Per i due materiali il range di misura di potenziale durante le prove è stato il seguente:

ES [V] EOCP [V] EF [V]

inox AISI 316

anodized Al

-0,635

-0,898

(-0,250 vs OCP)

(-0,200 vs OCP)

-0,385

-0,698

0,912

2,00

Tabella 1 – Range di misura

Siccome inizialmente il sistema non è in condizioni di stabilità con l’ambiente e potrebbe variare il suo potenziale (e quindi farci analizzare un range di misura falsato), il campione è stato lasciato in soluzione qualche minuto prima di cominciare la prova.

Per poter confrontare le due prove si analizzerà la densità di corrente, calcolata come rapporto tra l’intensità di corrente circolante e l’area del campione esposta alla corrosione:

2

area [cm ]

inox AISI 316

anodized Al

1,87

4,40

Tabella 2 – Aree dei campioni

Procedura sperimentale Inizialmente si deve preparare la cella con la soluzione elettrolitica: si prende quindi un becker (o un contenitore) e lo si riempie fino a circa metà con la soluzione neutra contenente lo 3,5% in peso di NaCl. In seguito si utilizzano degli afferraggi per posizionare il campione in modo che l’area da analizzare sia totalmente immersa in soluzione ma facendo attenzione che il collegamento elettrico non tocchi l’elettrolita. Analogamente si collocano anche gli altri due elettrodi (anch’essi devono essere immersi a sufficienza), facendo in modo che l’elettrodo Ag/AgCl sia in prossimità del campione disposto frontalmente in modo da rendere omogeneo il campo elettrico.

Dopodichè si collegano i vari elettrodi: il campione all’elettrodo di riferimento (W), l’elettrodo Ag/AgCl al riferimento (R) e quello di Pt al controelettrodo (CE). Bisogna stare attenti ad immergere gli elettrodi in soluzione senza però bagnare i contatti elettrici (altrimenti si cortocircuita il sistema). Quando il circuito è stato sistemato e collegato al potenziostato si chiude la nostra cella elettrolitica in una rete metallica chiusa (gabbia di Faraday, Fig. 3) per schermarla da eventuali onde elettromagnetiche: infatti le correnti elettriche in gioco sono molto deboli (frazioni di μA) e anche campi molto deboli (come quelli di cellulari o apparecchiature elettriche a basso voltaggio) potrebbero produrre delle interferenze e falsare le prove. Infine si è fatta partire la prova acquisendo i dati tramite un software specifico (Powersuite).

3. Analisi dei dati sperimentali

inox AISI 316 1 0,8

Epit

0,6

η [V]

0,4

Zona di passività

Curva anodica

0,2 0

Ecorr

-0,2

Curva catodica

-0,4 -0,6 -0,8 -8,5

-7,5

-6,5

Jpass

-5,5

-4,5

-3,5

2

log10 J [A/cm ] Grafico 1 – Curva di polarizzazione dell’acciaio inox AISI 316

-2,5

-1,5

Curva di polarizzazione dell’acciaio inox (Graf. 1):

Il comportamento del materiale è chiaramente di tipo passivo, infatti si vede che nella zona che va da 0÷0,7V la densità di corrente non aumenta significativamente (si mantiene nell’intervallo di un ordine di grandezza). Non si è in grado di indicare un valore preciso per la corrente di passivazione, visto che la passività è imperfetta, e perciò si stima un valore indicativo (Jpass).

Il materiale era già passivato dato che non è presente il “naso” della prima passivazione caratteristico del fenomeno di formazione del primo strato di ossido protettivo. Questo comportamento era ipotizzabile visto che il campione utilizzato era conservato in atmosfera libera senza particolari accorgimenti e quindi si sarà passivato autonomamente.

Possiamo stimare già ad occhio un valore di potenziale di libera corrosione (Ecorr) osservando per quale potenziale la corrente tende a valori praticamente nulli (dell’ordine di qualche millesimo di μA).

Si nota come la curva catodica (che va da ES a Ecorr) sia abbastanza definita, mentre in quella anodica (che va da Ecorr a EF) i valori siano abbastanza dispersi e la curva presenta un tipico andamento a “zig-zag” fino alla rottura dell’ossido. Questo potrebbe essere un chiaro sintomo di attacco per pitting: nella zona di passività si formano piccoli crateri con locali aumenti di acidità e corrente, che poi si richiudono abbassando nuovamente la corrente dando luogo a un grafico molto frastagliato.

Si distingue infine molto bene il momento in cui avviene la rottura dello strato di ossido: al potenziale di pitting (Epit) infatti la corrente schizza immediatamente a valori di 3÷4 ordini di grandezza superiori. Il range di passività del materiale risulta quindi essere abbastanza esteso (intorno ai 0,80÷0,85 V).

inox AISI 316

Ecorr [V]

Epit [V]

Jpass [μA/cm2]

-0,139

0,71

0,5

Tabella 3 – Parametri caratteristici per l’acciaio inox

anodized Al 2

1,5 1

Zona di pseudo-passività

η [V]

0,5 0

Curva anodica -0,5

Ecorr

-1

Curva catodica

-1,5 -9

-8

-7

-6

-5

Jlim -4

-3

2

log 10 J [A/cm ] Grafico 2 – Curva di polarizzazione dell’alluminio anodizzato

Curva di polarizzazione dell’alluminio anodizzato (Graf. 2):

In questo caso possiamo definire il comportamento del materiale di tipo “pseudo-passivo”: vediamo come per polarizzazioni anodiche la corrente cresca fino a raggiungere un certo valore, ma poi si blocchi completamente anche per elevate sovratensioni.

La corrente limite che si raggiunge (Jlim) è molto più elevata, circa tre ordini di grandezza rispetto a prima: per questo motivo non si può dire che il suo comportamento è di tipo passivo, ma l’ossido presente sulla superficie del campione riesce comunque a bloccare l’aumento di corrente, che stavolta è molto più stabile della precedente: la pendenza della curva infatti è praticamente infinita.

Anche in questo caso non si nota un potenziale di prima passivazione perché sul materiale era già presente l’ossido (che è stato accresciuto artificialmente).

Il potenziale di corrosione è minore di quello dell’inox dato che l’alluminio è meno nobile.

A differenza del caso precedente non si nota una rottura dell’ossido sul grafico: la corrente rimane stabile fino ad altissimi potenziali. L’ossido protettivo è di fatto inattaccabile da parte dei cloruri e non soffre come l’acciaio di pitting. Visto che non possiamo quindi indicare un vero potenziale di pitting per questo materiale, diremo che il suo valore è maggiore di 2 V.

La curva anodica inoltre sembra molto più definita e meno frastagliata rispetto a quella dell’acciaio: questo è un altro sintomo che ci fa capire che i cloruri non riescono ad attaccare l’ossido e a creare dei crateri per perforarlo.

anodized Al

Ecorr [V]

Epit [V]

Jlim [μA/cm2]

-0,705

> 2,00

59,0

Tabella 4 – Parametri caratteristici per l’alluminio

4. Equazione di Butler-Volmer Estrapolazione di Tafel Secondo questo modello possiamo approssimare l’andamento della curva di polarizzazione anodica a una retta nelle zone immediatamente superiori a 50 mV (o inferiori a -50 mV per la parte catodica) rispetto al potenziale di libera corrosione (Ecorr). Solitamente usa prendere la retta tangente al punto di raccordo (ginocchio) fra le due differenti pendenze della curva.

inox AISI 316 0,6

0,4

0,2

η [V]

y = 0,297 x + 1,9794

0,0

ηcorr -0,2

+50 mV

-50 mV

y = - 0,125 x – 1,03

-0,4

-0,6 -8,5

-8,0

-7,5

Jcorr -7,0

-6,5

-6,0

-5,5

2

log10 J [A/cm ] Grafico 3 – Interpolazione della curva e stima sperimentale delle rette di Tafel per l’acciaio inox

-5,0

anodized Al -0,4

-0,5

-0,6

η [V]

+50 mV

-0,7

ηcorr

-0,8

y = 0,041 x – 0,425

-50 mV

y = - 0,148 x – 1,715

-0,9

-1 -8,0

-7,5

-7,0 Jcorr

-6,5

-6,0

-5,5

-5,0

-4,5

2

log10 J [A/cm ] Grafico 4 – Interpolazione della curva e stima sperimentale delle rette di Tafel per l’alluminio

Dai grafici possiamo ora valutare qual è la velocità con cui il materiale si corrode, dato che grazie all’estrapolazione di Tafel possiamo ricavare il valore di densità di corrente di corrosione del sistema. I dati sulla base dei quali sono state tracciate le rette interpolanti sono quelli che nei grafici risultano colorati. Per l’alluminio è stata tracciata una retta che fa riferimento a dei punti che stanno a cavallo dei valori di ±50 mV (e non esterni ad essi) perché altrimenti le rette risultanti avrebbero avuto una pendenza troppo elevata, dando un valore di Ecorr troppo distante da quello osservato sperimentalmente sulla curva.

Le rette che otteniamo sono espresse secondo la forma:

η a = β a ⋅ log10 (J) + q a per la retta anodica ηc = β c ⋅ log10 (J) + q c per la retta catodica dove β è il coefficiente angolare della retta (ossia la sua pendenza) e q è l’intercetta sull’asse delle ordinate. Riportiamo in tabella 5 i parametri caratteristici delle rette di Tafel:

βa

qa

βc

qc

inox AISI 316

0,297

1,9794

-0,125

-1,03

anodized Al

0,041

-0,425

-0,148

-1,715

Tabella 5 – Parametri caratteristici delle rette di Tafel

Una volta che conosciamo le equazioni delle due rette possiamo calcolare matematicamente il loro punto di incrocio, le cui coordinate rappresenteranno i valori di tensione e corrente di corrosione: ηcorr [V]

Jcorr [μA/cm2]

inox AISI 316

-0,139

0,074

anodized Al

-0,705

0,149

Tabella 6 – Potenziale di libera corrosione e densità di corrente di scambio

Tramite la densità di corrosione del sistema possiamo risalire alla velocità con cui il campione si corrode nel tempo usando la formula:

v m = 8640 ⋅ e echim ⋅ Jcorr che esprime la velocità di perdita di massa cioè la quantità di materia persa sulla superficie nell’unità di tempo (in mdd ossia mg/dm2gg). Essa oltre a dipendere direttamente dalla Jcorr (espressa in μA/cm2) è funzione anche dell’equivalente elettrochimico (eechim), che rappresenta la quantità di massa d’ossido formata al passaggio di una carica pari a un Coulomb. Questo parametro si può calcolare tramite la legge di Faraday[1]:

e echim =

⎛ PA i ⎞ M 1 = ⋅ ∑ ⎜⎜ ⋅ χ i ⎟⎟ z ⋅ F F i ⎝ zi ⎠

dove F è la costante di Faraday, mentre PAi è il peso atomico (in g/mol), zi il numero di elettroni scambiati con il sistema e χi la frazione ponderale dell’elemento in lega iesimo considerato.

inox AISI 316

anodized Al

χi

PAi [g/mol]

zi

Fe

55,85

2

68,5

Cr

52,00

3

17,25

Ni

58,69

2

12

Mo

95,94

3

2,25

Al

26,98

3

100

elemento

[%]

Tabella 7 – Equivalente elettrochimico per leghe metalliche

eechim [g/C]

2,73E-04

0,94E-04

Si preferisce però esprimere l’evoluzione del fenomeno con un altro parametro, la velocità di penetrazione dell’attacco (in μm/anno), che si ricava con la formula di conversione[2]:

v p = 36,5 ⋅

vm ρ

dove ρ è la densità del materiale (in g/cm3). Questo parametro rappresenta meglio la perforazione verticale del materiale, tipica proprio di fenomeni particolarmente erosivi come il pitting.

I valori di velocità di corrosione ottenuti per i due materiali sono i seguenti:

vm [mdd]

ρ [g/cm3]

vp [μm/anno]

inox AISI 316

0,174

8,00

0,796

anodized Al

0,120

2,70

1,628

Tabella 8 – Velocità di corrosione (perdita di massa e perforazione)

Legge di Sten-Geary Nel caso di polarizzazioni poco spinte (<10 mV) l’equazione di Butler-Volmer si semplifica secondo l’approssimazione di Stern-Geary, che considera lineare la relazione che lega la tensione e la corrente per piccoli spostamenti dalla situazione di equilibrio. Quindi il rapporto fra polarizzazione e densità di corrente risulta essere un semplice coefficiente, ossia la resistenza di polarizzazione, che viene calcolata tramite la formula seguente[2]:

Rp =

ηa βa ⋅ βc = J 2,3 ⋅ (β a + β c ) ⋅ J corr

Si calcolano di seguito i valori di Rp per i due materiali analizzati.

Jcorr [μA/cm2]

βa

βc

Rp [Ω cm2]

inox AISI 316

0,074

0,297

0,125

5,17E+05

anodized Al

0,149

0,041

0,148

0,93E+05

Tabella 9 – Resistenza di polarizzazione

5. Confronto fra le curve Cerchiamo ora di analizzare i dati ricavati dalle due prove e di fare un raffronto fra due materiali che, anche se sostanzialmente molto diversi, sono impiegati entrambi in ambiente perché notevolmente resistenti alla corrosione generalizzata. Si consideri però che in questo caso i campioni sono stati sottoposti a un ambiente aggressivo a causa della presenza di cloruri.

In tabella 10 sono riassunti i principali parametri che caratterizzano le due curve analizzate:

Ecorr [V]

Jcorr [μA/cm2]

vcorr [μm/anno]

Epit [V]

Jpass/lim [μA/cm2]

Rp [Ω cm2]

inox AISI 316

-0,139

0,074

0,796

0,71

0,5

5,17E+05

anodized Al

-0,705

0,149

1,628

> 2,00

59,5

0,93E+05

Tabella 10 – Riepilogo dei parametri principali

Si presenta anche un grafico di confronto (Graf. 5) nel quale si possano apprezzare le sostanziali differenze fra le curve, sulle quali andremo ad approfondire le nostre considerazioni.

confronto

η [V] 1,2

0,8

η [V]

0,4

0,0 -10 -0,4

-9

-8

-7

-6

-5

-4

-3

-2

-1

ΔEcorr

-0,8

-1,2

ΔJcorr

2

log10 JΔJ [A/cm pas/lim ]

Grafico 5 – Confronto fra le curve potenziodinamiche

log 10 J [A/cm2]

Potenziale e corrente di corrosione La prima cosa che si nota è che la curva dell’alluminio sta sotto quella dell’acciaio. Questo perché il primo è meno nobile e quindi ha un potenziale di equilibrio più basso (vedi diagrammi di Ellingham) e tende perciò ad ossidarsi più facilmente.

Vediamo però come la densità di corrente di corrosione dell’alluminio sia sostanzialmente confrontabile con quella dell’inox (circa due volte tanto) e come questo si corroda con una velocità che è approssimativamente il doppio di quella dell’acciaio.

Ossido protettivo e passività In entrambi i campioni si vede come manchi il potenziale di prima passivazione. Questo è un fenomeno che si immagina di osservare, dato che entrambi i materiali sono già passivati: l’inox è entrato in contatto con l’ambiente esterno sviluppando uno strato di cromite (un ossido trasparente molto compatto e ben adeso) di pochi nm che protegge il materiale, mentre l’alluminio è stato ossidato artificialmente mediante la tecnica di anodizzazione che ha generato sulla superficie del campione uno strato di qualche decina di μm di allumina (un ossido molto duro e resistente).

La differenza fra questi due tipi di ossidi protettivi è estremamente importante: mentre l’acciaio inox è una lega passivante che forma l’ossido protettivo spontaneamente e questo ricopre in modo uniforme la superficie, le leghe d’alluminio si ossidano in maniera disomogenea (a causa delle differenze microstrutturali all’interno del materiale). A causa di ciò si preferisce accrescere artificialmente uno strato d’ossido sull’alluminio, formando uno strato molto spesso e resistente.

Qualora però, a causa di sollecitazioni meccaniche, lo strato d’ossido venga rimosso, nel caso dell’alluminio la superficie rimane esposta alla corrosione che procede in modo violento e con densità di corrente molto elevate (per via della ridotta area anodica), mentre nel caso dell’acciaio inossidabile il materiale si ripassiva autonomamente, proteggendo nuovamente la superficie che era stata esposta all’ambiente. Questa ripassivazione autonoma dell’inox però non avviene sempre, ma solo all’interno di un certo range, definito zona di passività, che arriva fino a un certo valore di potenziale (detto potenziale di transpassività o potenziale di pitting a seconda delle modalità di rottura) oltre il quale l’ossido si rompe e la superficie si corrode prima che esso si possa ripassivare.

Meccanismo di corrosione Analizzando i campioni dopo il test possiamo affermare che la presenza di cloruri nella soluzione ha fatto corrodere l’acciaio con un processo di pitting[1] (o vaiolatura) che produce delle cavità (dette appunto “pit”) all’interno delle quali la corrosione procede in maniera localizzata e perfora il materiale. Durante stadio di innesco si ha la rottura locale del film di passività ad opera di specifiche specie chimiche presenti nell’ambiente corrosivo (come per l’appunto gli ioni cloruro Cl-)

quando la loro concentrazione supera un valore di soglia, che dipende dalla composizione e dai parametri ambientali. La presenza di difetti meccanici, inclusioni, precipitati e il grado di incrudimento del metallo favoriscono l’innesco del pitting. Anche le condizioni stagnanti, come nel nostro caso, favoriscono l’innesco.

All’interno della cavità poi la soluzione diventa via via più aggressiva per effetto delle reazioni di idrolisi (del tipo MZ+ + H2O Î M(OH)Z + H+) dei metalli che passano in soluzione che determinano una progressiva acidificazione della soluzione, e l’aumento della concentrazione dei cloruri portati all’interno del pit dalla corrente di macrocoppia. Viceversa nelle zone attorno alle cavità la riduzione catodica dell’ossigeno produce un aumento di pH che rafforza le condizioni di passività già esistenti. Il meccanismo di corrosione per vaiolatura è quindi di tipo autocatalitico.

L’alluminio invece non sembra aver risentito di questo tipo di attacco, visto che la sua curva non presenta le frastagliature tipiche dell’apertura e della richiusura dei crateri e dato che non si osserva la rottura dell’ossido nemmeno a potenziali elevatissimi. Esso si corrode per corrosione generalizzata anche in ambienti con molti cloruri come quello di prova. L’ossido che abbiamo accresciuto quindi, nonostante abbia delle correnti abbastanza alte, sembra molto protettivo nei confronti di ambienti aggressivi contenenti ioni Cl-.

Potenziale di pitting Nel caso dell’acciaio possiamo riconoscere in maniera estremamente evidente questo tipo di meccanismo, sia a causa dell’aumento esponenziale di corrente dopo Epit (la densità di corrente aumenta di tre ordini di grandezza in meno di 0,05V), sia a causa dell’andamento frastagliato della zona di passività (dove le cavità si formano e poi si ripassavano, facendo così aumentare e poi diminuire la corrente localmente).

L’alluminio invece non presenta un potenziale per il quale la corrente aumenti dopo la nostra corrente limite (abbiamo già detto che non è una vera e propria corrente di passività), quindi di fatto non abbiamo una rottura dell’ossido protettivo. Infatti è improbabile pensare che si generino delle cavità talmente grandi da forare lo strato di passività del materiale (che come abbiamo detto è spesso divesi μm).

Possiamo quindi dire che l’acciaio inossidabile soffre di corrosione localizzata (pitting) in ambienti contenenti cloruri, mentre l’alluminio anodizzato è sostanzialmente immune a questo tipo di attacco (almeno fino a polarizzazioni anodiche di 2 V).

Corrente di passività In realtà non possiamo raffrontare le correnti di passività (ovvero la densità di corrente che circola nel sistema quando il materiale è all’interno della sua zona di passività) visto che l’alluminio non ha un comportamento passivo in realtà. Possiamo solo dire che l’ossido che protegge l’inox blocca la corrente a valori molto inferiori rispetto a quanto faccia l’ossido dell’alluminio.

Resistenza di polarizzazione Osservando la zona in prossimità del potenziale di corrosione (± 10 mV) si sono ricavate le due resistenze di polarizzazione che ci danno un'altra informazione per quanto riguarda la velocità di corrosione: la resistenza di polarizzazione per l’alluminio è circa 5 volte inferiore rispetto all’acciaio ed è per questo che si corrode in maniera più veloce. Possiamo dire che l’alluminio è un materiale a comportamento normale, mentre l’inox è un materiale a comportamento inerte[1].

Conclusioni A fronte dei risultati ottenuti e delle analisi fatte possiamo dire che in presenza di un ambiente che contenga ioni cloruro, e che quindi induce una corrosione di tipo localizzato per pitting nei materiali a comportamento passivo, utilizzare un materiale come l’alluminio anodizzato può risultare molto consigliabile. Infatti esso, nonostante possa corrodersi con velocità leggermente maggiori, è praticamente inattaccabile dai cloruri fino ad altissimi potenziali (in ambiente neutro, come ad esempio è l’acqua di mare), e come sappiamo è sempre meglio avere una corrosione di tipo generalizzato perchè essa è più prevedibile e quindi più facilmente monitorabile.

6. Bibliografia [1]

P. Pedeferri, M. Ormellese, M. Pedeferri Corrosione e protezione dei metalli CLUP (MI)

[2]

P.L. Bonora Corrosione e protezione dei metalli Appunti del corso e slide