Printlovers, n. 71, Febbraio 2018

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PRINTING IS THE NEW OFFLINE LUXURY We print for the creative industry since 1922

Milan · New York · Paris · Shanghai www.navapress.com


FACCIAMO CRESCERE LE POSSIBILITÀ

Bellezza sottile.

La carta che tiene in mano è eccezionale. Proviene dalle foreste svedesi che vengono gestite con estrema cura, in modo da preservare la nostra flora e fauna e tutelare la sua funzione ricreativa presente e futura. Oggi la sostenibilità è tanto importante quanto la funzionalità e l’aspetto competitivo dei prodotti stampati. Infatti, l’acqua pura e le fibre vergini delle nostre foreste rappresentano gli ingredienti chiave della nostra produzione cartaria e di cartone. Sono questi gli elementi che fanno la differenza - sia dal punto di vista ambientale che commerciale. Iniziate a esplorare le nuove possibilità e a trovare la vostra ispirazione in holmen.com/opportunities

Il potere della bellezza è il suo tocco leggero. Noi di Luxoro lo sappiamo bene. Elegante e raffinata, Il Paesaggio Dentro è l’etichetta edizione speciale creata per Livio Felluga. Un sorprendente gioco comunicativo fatto di sovrapposizioni e riflessi dorati.

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DEI COLORI DEL MONDO E DI ALTRE COSE di A N N A

A P RE A

Si spigola con allegria tra le pagine di Cromorama (l’editore è Einaudi, l’autore Riccardo Falcinelli, uno dei più apprezzati designer italiani), e non solo perché il libro parla di come i colori riescano a condizionare il nostro sguardo sul mondo, cosa che già basterebbe a metterci di buonumore, ma soprattutto perché, nel procedere della lettura, si sente addosso l’immensa energia intellettuale di Falcinelli, che s’insinua nella materia della sua ricerca estraendone accostamenti arditi, corrispondenze, visioni. Tante sono le metafore, gli andirivieni nella storia che forse Cromorama, ci viene a tratti da pensare, non è un libro, forse è un caleidoscopio in forma di libro. Senza mai smarrirsi, l’autore ci accompagna tra gli aggettivi con cui ha battezzato i capitoli — Giallo industriale, Indaco spettrale, Verde illegale, Celeste simultaneo, Porpora simbolico e via colorando — per declinarne storie e significati attraverso il design e la filosofia, la fisica del colore e le logiche dei consumi, le neuroscienze e il cinema.

Il mondo di Falcinelli è un immenso spazio iconografico dove convivono – questa è l’ebbrezza che sprigiona dalle pagine – gli abiti blu di Emma Bovary e la polvere di Mummia del Tintoretto, i barattoli della Nutella e la ceramica Raku, il frullatore personalizzabile della Kenwood (già nel 1950) e il turchese Tiffany (il Pantone 1837, che nella mazzetta non c’è, non provate a cercarlo). Perché un libro così ricco di riferimenti ? Perché è così difficile afferrare il significato del colore? Per capire il colore, spiega l’autore, bisogna lasciare da parte l’idea di afferrare il tutto e analizzare piuttosto quali sono le idee che gli uomini se ne sono fatti nel corso della storia. Come nella famosa stampa di Hokusai, che rappresenta a sua volta un’antica fiaba sufi, dove c’è un vecchio elefante che ha intorno a sé un gruppo di uomini ciechi, venuti a toccarlo nella speranza di capire cos'è appunto un elefante. C’è chi gli tocca la proboscide e pensa questo è un serpente, chi tocca la coda e pensa sia una fune, chi confonde la punta aguzza della zanna con una lancia. Siamo così noi umani, ognuno tocca una parte e s’illude di conoscere il tutto. Ma per vederci meglio, anche nel mondo dei colori, dovremmo ricordarci d'esser ciechi.


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Passione per i dettagli. Goccia dopo goccia, metro dopo metro: così nascono le nostre stampe, apprezzate in tutto il mondo per la qualità dei dettagli, create con la stessa passione di un atleta che prepara al meglio la sua prestazione.

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P E R S O N A L M E N T E

Marilde Motta Nel 1978 ha scelto le pubbliche relazioni come professione. Scrive e tiene corsi su alcune aree della comunicazione. Ad Personam® è la sua agenzia.

Grandi storie in piccole carte

Lembi strappati dal bordo del giornale per segnare un nome e un numero di telefono in un incontro occasionale e chissà se fatale. La lista per fare le compere, un foglietto su cui si scrive una litania di prodotti per razionalizzare la quota di reddito spendibile. Elenco sempre sconvolto da impulsi irrefrenabili. La schedina del Totocalcio, un piccolo rettangolo di carta povera, il 5 maggio 1946 ha cambiato le domeniche degli italiani e ha ristabilito il culto della dea Fortuna.

Una pagina del quaderno, piegata e ripiegata per poter essere passata astutamente di banco in banco, o appallottolata, lanciata con precisione al compagno di classe in difficoltà. La soluzione del problema di matematica ha fatto leva per decenni su ritagli di carta e ha rivelato buoni e cattivi secondo una geografia umana che ci segnerà da adulti. Scrivere in un minuscolo spazio di carta è diventato un sistema standardizzato dal 1968, quan-

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do 3M lanciò i Post-it, all’origine foglietti quadrati di un giallo sgraziato, contenuti in 7,6 cm di lato e con una banda adesiva sul retro. I petit bleu, sorta di telegrammi azzurrognoli, percorrevano velocemente Parigi, Charles Swann ne invia diversi all’irrequieta Odette de Crécy, “une femme qui ne me plaisait pas, qui n'était pas mon genre!”. Piccino e su carta traslucida, il cartiglio dei Baci Perugina è l’ultima propaggine, sebbene commerciale, dei billet doux. Messaggi amorosi del genere galante come “Belle Marquise, vos beaux yeux me font mourir d’amour”, o più impetuosi come quelli portati dall’inconsapevole messaggero della novella di Leslie Poles Hartley “The Go-Between” (il solito illicit affair fra nobildonne e mezzadri). Ben altri corrieri hanno portato informi pezzetti di carta, i “pizzini”, ad annunciare crimini e misfatti. Su tutti i minimi formati, ne domina uno, universalmente diffuso, il biglietto da visita (o di visita quando, nel tempo che fu, ci si faceva annunziare in anticamera). Per gli italiani è una forma tangibile di realtà aumentata con titoli di studio, predicati nobiliari, stemmi e cavalierati. Gli altri invece hanno l’asettica business card.

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CRE ATIVI&CRE ATURE

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I N T ER VI STA

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PRINT NR. 71 | FEBBRAIO 2018 › www.printlovers.net DIRETTORE RESPONSABILE RUGGERO ZULIANI REDAZIONE ANNA APREA [coordinamento] › anna.aprea@strategogroup.net EMANUELE POSENATO HANNO COLLABORATO LORENZO CAPITANI, MARILDE MOTTA, ACHILLE PEREGO, LORENZO PERRONE, MICHELA PIBIRI ART DIRECTOR STEFANO TORREGROSSA › onicedesign.it

INCANTESIMI DI CARTA

FOPE, STORIE DI BELLEZZA

Nelle mani di Mauro Seresini, il paper artist autore della nostra copertina, la carta si anima. E le sue creature silenziose – bizzarri animali, draghi, farfalle, fiori, corpi femminili — provano a persuadere il mondo che la materia di cui sono fatte è viva.

Il gusto tutto italiano dell’alta gioielleria, e non solo. Fope è anche invenzione tecnologica, esclusività, tradizione. E la comunicazione? Comincia da… ‘A tale of beauty’. Perché anche l’astuccio che custodisce il gioiello deve esprimere l’incanto.

COPERTINA MAURO SERESINI › mauroseresini.it

STRATEGO GROUP VIA CASSANESE 224, 20090 SEGRATE (MI) amministrazione@strategogroup.net PUBBLICITÀ DEBORAH FERRARI | T. 389 9004599 › deborah.ferrari@strategogroup.net RANCATI ADVERTISING CLAUDIO SANFILIPPO | T. 02 70300088 › csanfilippo@rancatinet.it SEGRETERIA PUBBLICITÀ › brando.zuliani@strategogroup.net

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IN TE RV IS TA

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TYPE

REA MILANO 1190227 AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE MILANO N. 706 | 11/10/2004 STAMPA NAVA PRESS (MILANO)

ABBONAMENTI T. 02 49534500 | F. 02 26951006 abbonamenti@strategogroup.net

€ 60,00 € 110,00 € 125,00 QUOTA ANNUA ITALIA

QUOTA ANNUA EUROPA

QUOTA ANNUA EXTRA-EUROPA

PER ABBONAMENTI Bonifico Bancario a STRATEGO GROUP Banco BPM, Agenzia di Segrate IBAN: IT 91B 05034 20600 0000 0000 0933

CROMATISMI PREZIOSI

PROGETTARE UN CARATTERE

È il colore il tratto distintivo dei gioielli firmati Leonori: piccole opere d’arte da indossare tempestate di rubini, zaffiri, smeraldi in tutte le sfumature di colore. Per custodirli? L’eleganza di un packaging con il segno riconoscibile di una maison italiana.

È un vero e proprio corso, in cinque lezioni, che Print dedica a uno degli argomenti più gettonati e amati dai designer. In queste pagine, di volta in volta, vi spiegheremo cosa bisogna sapere per giungere a creare un carattere.


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HOW IT'S MADE

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FOTOGRAFIA

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VOGLIA DI PUBBLICITÀ SULLA STAMPA

ENFATIZZARE I DETTAGLI

Alle classiche campagne-stampa i grandi investitori sembrano preferire gli inserti collocati nel corpo delle riviste con i campioniomaggio o le copertine con finiture speciali. In queste pagine vi raccontiamo le tipologie, le caratteristiche e le problematiche di stampa.

Stefano Campo Antico è un fotografo specializzato nel luxury still-life. I suoi clienti sono Gucci, Ferragamo, Fendi, Prada, Zegna, Eberhard & Co e tanti altri. Gli abbiamo chiesto come fa a esaltare i dettagli degli orologi e dei gioielli. E anche un po’ di segreti del suo mestiere.

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SPAZIO ROBILANT

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SGUARDI

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PERSONALMENTE

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COM'È FATTO PRINT

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GRANDANGOLO

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DETTAGLI

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ARTE&EVENTI

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TENDENZE

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ECHI DI STAMPA

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SPECIALE WINE PACKAGING #5

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I NUMERI DEL VINO

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PRINT IN INGLESE

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LIBRIBIANCHI

WINE PACK AGING

CLASSICO VS SMARTWATCH

OFFICINA GRAFICA, BOTTEGA DI DESIGN

Stop alle contrapposizioni tra gli orologi classici e gli smartwatch, avverte Roger Botti, direttore generale e creativo di Robilant e Associati. Il valore di marca degli orologi classici è a rischio, è tempo di lavorare sulla ‘cultura’, la storia, lo stile.

A Firenze, incontriamo Tommaso Pecchioli e Vincenzo Maccarrone, l’uno fotografo e l’altro pittore. Sono i fondatori di Officina Grafica, agenzia specializzata nel wine design. Al nostro inviato parlano di etichette, di carte, di nobilitazioni che fanno tendenza.

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Dei colori del mondo e di altre cose

di Marilde Motta

Gioie in cemento

Manifattura del Seveso veste Millennials

Il segno del Novecento

I nuovi trend della comunicazione visiva

Fare pubblicità sulla stampa conviene

Vini di lusso

E aspetteremo insieme che venga primavera di Lorenzo Perrone

www.printlovers.net


COPERTINA 01 Stampa in quadricromia di un'opera originale di MAURO SERESINI C pag. 12

02 Foil a caldo Luxor®332 con cliché microinciso h+m B04

LA CARTA DELLA COPERTINA Invercote G, cartoncino multistrato prodotto con fibre di cellulosa sbiancata per i settori grafica e packaging, ha un recto con tripla patinatura, un verso monopatinato e una finitura opaca. La levigatezza del recto permette di riprodurre ogni tipo di immagine, anche la più sofisticata, e l’applicazione di spalmature e lamine. La sua resistenza e tenacità garantiscono ottimi risultati in fase di progettazione, sviluppo e confezionamento, mentre la patina assicura un’ottima resistenza alla luce. Viene utilizzato anche con macchine da stampa e sistemi di finitura digitali. C www.iggesund.com

03 Foil a caldo Luxor®385 con cliché microinciso h+m B18

04 Foil a caldo Luxor®418 con cliché microinciso h+m G13

CLICHÉ E FOIL Distributore esclusivo per l’Italia dei foil e dei cliché di nobilitazione del gruppo Kurz, Luxoro offre a settori industriali quali moda, lusso, packaging, cosmesi, food&wine, supporti e idee per creare oggetti unici, in grado di rispecchiare il valore esclusivo di un prodotto o un brand. Le partnership esclusive strette con LEONHARD KURZ Stiftung & Co. KG (punto di riferimento assoluto nella produzione di film per stampa a caldo) e Hinderer + Mühlich KG (cliché e attrezzature per stampa a caldo), rendono Luxoro il fornitore ideale per qualsiasi esigenza nel campo della stampa e finitura di materiali vari. L’azienda si avvale di oltre 50 collaboratori e dispone di un’area operativa di 3.500 mq, dove si trovano uffici e impianto logistico. Qui gli ampi spazi a disposizione consentono un agile stoccaggio delle “bobine madri” (jumbo), provenienti dalla Kurz, e il loro taglio nel formato richiesto dal cliente. Grazie a rigorose politiche aziendali, Luxoro è oggi un’azienda completamente a impatto zero. C www.luxoro.it

Gli articoli firmati impegnano esclusivamente gli Autori. Dati e caratteristiche tecniche sono generalmente forniti dalle Case costruttrici, non sono comunque tassativi e possono essere soggetti a rettifiche in qualunque momento. Tutti i diritti sono riservati. Notizie e articoli possono essere riprodotti solo a seguito di autorizzazione dell’editore e comunque sempre citando la fonte. Testi e fotografie, qualora non espressamente richiesto all’atto dell’invio, non vengono restituiti. Desideriamo informarLa che il D.Lgs. 196/03 (Testo Unico Privacy) prevede la tutela di ogni dato personale e sensibile. Il trattamento dei Suoi dati sarà improntato ai principi di correttezza, liceità e trasparenza e della Sua riservatezza. Ai sensi dell’art. 13 del Testo Unico, Le forniamo quindi le seguenti informazioni: il trattamento che intendiamo effettuare verrà svolto per fini contrattuali, gestionali, statistici, commerciali, di marketing; il trattamento, che comprende le operazioni di raccolta, consultazione, elaborazione, raffronto, interconnessione, comunicazione e/o diffusione si compirà nel modo seguente: archiviazione su supporto cartaceo e archiviazione informatizzata su personal computer. Il titolare dei dati è: Zeta’s srl nella persona del Rappresentante Legale. Il responsabile del trattamento dei dati è: Ruggero Zuliani [ruggero.zuliani@strategogroup.net, via Cassanese 224, Segrate MI, T. 02.49534500]. Al titolare del trattamento Lei potrà rivolgersi per far valere i Suoi diritti così come previsti dall’art. 7 del D.Lgs. 196/03.


LA CARTA DEGLI INTERNI All’interno del portfolio di Holmen Paper, Holmen TRND è il prodotto emergente tra le carte per periodici con un impatto ambientale pari a zero. Holmen TRND sfida le convenzioni e viene scelta per ambizione e sensibilità artistica. È una carta opaca naturale che offre svariate alternative in termini di grammatura e tonalità; testi e immagini hanno un grande impatto comunicativo. La carta che state sfogliando è Holmen TRND spessore 1,6 da 60 gr/mq; è disponibile in varie grammature da 49 a 80 gr/mq, anche con spessore 2,0. C www.holmenpaper.com Il taglio in fogli per questa rivista è stato eseguito da Duemmepack. C www.duemmepack.it

STAMPA E NOBILITAZIONE COPERTINA E INTERNI Creatività e qualità da sempre sono le caratteristiche che contraddistinguono Nava Press e che hanno contribuito a consolidarne l’eccellenza nel settore delle arti grafiche. Dal 1922, anno della fondazione, Nava Press ha visto una crescita costante diventando un punto di riferimento, a livello internazionale, per i più importanti marchi dell’editoria, del lusso, della moda e del design che affidano al prodotto stampato la loro immagine. Questo risultato è stato ottenuto coniugando i valori tipici della grande tradizione tipografica italiana con la ricerca, l’innovazione tecnologica ed un servizio in grado di offrire alla clientela più esigente una perfetta qualità di stampa con tempi rapidi di esecuzione. È questa l’avvincente sfida che Nava Press si è posta e che è riuscita a vincere, come dimostrano i nostri numerosi clienti che, alla ricerca dell’eccellenza, affidano a Nava Press la produzione di brochure, cataloghi, inviti, libri, riviste e prodotti di packaging. Dalle prime fasi di realizzazione di ogni prodotto, un team di tecnici esperti assiste i nostri clienti, aiutandoli nella scelta delle migliori tecniche di stampa, supporti e confezionamento. Da luglio 2014 Nava Press è parte di Rotolito Graphic Industries. C www.navapress.com

Stampata in quadricromia più un quinto colore speciale Pantone® 871C


C R E A T I V I & C R E A T U R E

MA U R O SE RE SINI

Incantesimi di carta.

di A N N A

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Š fmphotographers.com

Che geometria, che eleganza, che poesia le creature di carta di Mauro Seresini. Guardatele una per una riprodotte su queste pagine. Sono morbide, silenziose, impazienti di esistere. Sembrano nascondere curiosi pensieri, pronte a raccontarci le loro storie tessute nella materia eterna e palpabile di cui sono fatte.

APRE A

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© ELLE UK

Incide con gesti meticolosi la carta Mauro Seresini, la piega, la incolla e, come per incanto, modella le sue meravigliose sculture. È così che nelle sue mani prendono vita bizzarri animali, borse, scarpe, curiosi volatili, villaggi, stoviglie, farfalle, fiori, draghi… Il suo è un universo fatto di creature silenziose come il loro autore, 'cose' che si nutrono di carta e di colore.

È figlio d’arte Mauro — il suo papà è pittore, la mamma è sarta di teatro — ma il percorso professionale che ha seguito è andato un po’ contromano. Ha lasciato presto gli studi e ha fatto tanti lavori, lavori manuali comunque: prima il muratore poi il barista, poi ancora il meccanico, l’elettricista, infine lo scenografo. “Proprio quando facevo il meccanico — rievoca — durante le ore di lavoro creavo sculture di nascosto, utilizzando tutto ciò che avevo davanti agli occhi”. Poco dopo, sempre da autodidatta, Mauro scopre la carta, attraverso cui, poco a poco, si è espressa la sua creatività. Nella carta Mauro ha cominciato a rilasciare impronte di sé, tracce di memoria e forme immaginate, colmando così quella ricerca di bellezza che lo ha sempre inseguito.

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© fmphotographers.com

Spesso le farfalle di Mauro volteggiano e cercano passaggi nell’aria di carta e di neve, i pesciolini nuotano nel profondo del mare, gli alberi si animano e, come incerti della propria esistenza, provano a persuadere il mondo che la materia di cui sono fatti è viva. Accade nei videoclip che realizza per i suoi blasonati clienti — da Gucci a Pomellato, da Trussardi a Chanel ci sono un po’ tutti i nomi che contano nel suo portfolio — in cui gioielli, borse, scarpe e abiti firmatissimi fluttuano nell’aria, si flettono, si trasformano, percorrono infaticabili zig zag da un lato all’altro del video.

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© fmphotographers.com

Oggi il gioco di modellare materiali casuali è diventato una professione e Mauro Seresini è un artista della carta tra i più apprezzati. Il suo talento è riconosciuto da Valentino, Bulgari, Gucci, Moschino, Chanel, Buccellati, Fendi, Pomellato Tod’s, Etro… suoi clienti abituali, per ciascuno dei quali ha realizzato una creatura di carta. Cominciamo proprio dalla carta, come l’hai scoperta? — Per caso. Ho fatto tanti lavori, sono stato meccanico, elettricista e anche scenografo e proprio quando ero scenografo mi hanno chiesto di fare un origami gigante per IoDonna. È stato allora che ho scoperto la carta: ho lavorato per tre giorni consumando una grande quantità di fondali di carta, fino a riuscire a dare la forma che avevo in mente, un enorme airone alto due metri e mezzo. È stato l’inizio del mio percorso. Non avevo alcuna competenza, io

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sono un autodidatta e non ho mai fatto un corso specialistico, e in più detesto gli origami. È stata la prima volta che ho avuto il contatto con questo materiale. La competenza l’ho acquisita continuando ad utilizzare la carta, col tempo ho capito come trattarla, tagliarla, unirla, lavorarla. Adesso lavoro con qualsiasi tipo dicarta: dalla più pregiata al cartone riciclato. Quella più adatta al mio lavoro è una carta giapponese che compro a Milano. I tuoi nuovi lavori sono molto diversi dalle sculture di carta… — Queste opere in rilievo sono il risultato di una mia tecnica nuova che ho scoperto poco tempo fa, da non più di cinque mesi. L’idea da cui nascono è quella di voler dare volume alla carta. Il volume nasce dalla luce e dalle ombre, la tridimensionalità fa vivere questi disegni.

Come procedi per realizzare queste opere? — Parto da un foglio di carta comune, lo incido da un lato e dall’altro più volte fino a quando riesco a ottenere rilievi. È la luce radente che poi fa venir fuori le ombre e tutto diventa tridimensionale. Sarà questa l’evoluzione futura del tuo lavoro? — Forse è un'evoluzione. Sono sempre in cerca di nuovi stimoli. A proposito di stimoli, da che cosa ti lasci ispirare? — Viaggio, ascolto musica, vivo semplicemente la mia vita. Tutto ciò che mi sta intorno, anche una buona cena di pesce e un buon vino sono fonte di ispirazione. Stru

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Mauro Seresini Foto di fmphotographers.com

Per chi e per che cosa sono adatte? — Da Valentino a Bulgari, da Fendi a Canali a Trussardi insomma sono creazioni utilizzabili da tutti i miei clienti sia per la pubblicità che per un qualsiasi utilizzo: pubblicità stampa e video, editoriali, eventi, vetrine, allestimenti.

Come procedi per realizzare le tue creazioni? — La tecnica da me utilizzata esclude, nella maggior parte delle volte, qualsiasi intervento o supporto digitale o elettronico, inizio direttamente a dare le forme che ho in mente tagliando, incidendo, piegando, tante volte sbagliando per trovare poi la soluzione.

I clienti che operano nel settore del lusso sono molto esigenti. Cosa ti chiedono di solito? — Mi danno spesso solo un'indicazione, magari un tema, una suggestione, un input da seguire. Di solito sono libero di interpretare.

L’idea di fare la copertina di Print? — Mi è piaciuto moltissimo lavorare per Print: per la prima volta una mia opera è stata nobilitata in fase di stampa. E il drago in copertina... raccontaci come lo hai fatto. — Esattamente così: partendo dall’inizio e arrivando alla fine. Parli pochissimo, difficile farti raccontare le cose. Se ogni artista ha un segreto, il tuo è il silenzio? — Forse...

LIFE IN BULGARI MAGAZINE ©giannuzzimarino.com

Strumenti e materiali delle tue creazioni… a parte la carta? — Oggi utilizzo bisturi, lame, forbici, colle, strumenti che ho costruito per fare le pieghe, ho scolpito il gesso, lavorato con il legno, utilizzo l’ottone per creare lampade e sculture, assemblo elementi…

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I N T E R V I S T A

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Il gusto italiano dell’alta gioielleria Tecnologia, esclusività, tradizione. Alla Fope di Vicenza la comunicazione parte da… ‘A tale of beauty’. di A C H I L L E

P E R EG O

un’azienda gioiello come le sue creazioni apprezzate in tutto il mondo, non solo per il Made in Italy di cui sono espressione, ma anche per il famoso distretto vicentino dell’oro da cui provengono. Creazioni, quelle di Fope, che non hanno conosciuto, come del resto molti altri beni dell’industria del lusso, la parola crisi anche se, specialmente in Italia, la contrazione del potere d’acquisto e i cambiamenti del costume (prima per una Comunione o una Cresima si regalavano il braccialetto o la collanina, adesso invece lo smartphone) si sono fatti sentire.

L la fope di vicenza, fondata nel 1929 e condotta oggi dalla terza generazione della famiglia Cazzola (Umberto presidente e la sorella Ines vicepresidente mentre Giulia Cazzola, quarta generazione, è direttore marketing) da piccolo laboratorio artigianale è diventata protagonista nel mercato della gioielleria d'alta gamma (completata recentemente anche con l'inserimento dell'orologeria) con oltre 20 milioni di euro di ricavi, l’80% dei quali realizzati all’estero. Fatta esclusione di Cina e India, Fope è presente in quasi tutti i Paesi, dall’America al Sud Est asiatico agli Emirati, e ovviamente l’Europa, con in testa Germania e Inghilterra, con circa 800 gioiellerie multibrand. Si tratta di una piccola-media impresa industriale che ha, dal design alla realizzazione dei prototipi delle nuove collezioni fino alla produzione e alla comunicazione, il suo punto di forza nel realizzare tutto il processo a Vicenza, con una quarantina di dipendenti.

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I N T E R V I S T A

“Fope — spiega Giulia Cazzola – oggi è un marchio internazionale di gioielleria. La sua attività è iniziata quando il mio bisnonno Umberto Cazzola ha fondato nel 1929 il primo laboratorio orafo. A quel tempo aveva già un approccio innovatore — spesso pionieristico — che è riuscito a trasmettere al figlio Odino. Negli anni Fope si è specializzata nella manifattura di cinturini per orologi in oro e in altri metalli ed è diventata fornitore dei più grossi marchi svizzeri. Con l’ingresso in azienda, la terza generazione (ossia mio padre e sua sorella), ha messo a frutto il bagaglio di conoscenze maturate e l’ha investito nella realizzazione di una propria linea di gioielli in oro. È nata così la maglia Novecento che, attraverso la contaminazione di più design, è diventata la firma di Fope sia a livello nazionale sia internazionale”. In azienda adesso è arrivata anche, con lei, la quarta generazione della famiglia… Sono nata a Vicenza, cresciuta scolasticamente negli Stati Uniti (per la precisione tra Boston e New York) dove ho maturato alcune importanti esperienze lavorative. Proprio questa forte relazione con gli Stati Uniti mi ha portato ad entrare in azienda dieci anni fa, con l’ambizione di fare la mia parte e introdurre qualcosa di nuovo come hanno fatto le altre generazioni prima di me. Inutile dire che questo non sarebbe stato possibile se la mia famiglia non avesse creduto nelle mie capacità e nel mio modo di osservare il mondo con occhi curiosi e aperti al cambiamento. Come si colloca Fope nel mercato dei gioielli? La nostra si può definire alta gioielleria italiana con l’ingegnosa combinazione di tradizione e innovazione. L’unicità della maglia che produciamo sin dagli anni ’70 rappresenta il vero dna di Fope che da sempre realizza gioielli senza tempo. Le collezioni si reinventano e assumono un sapore contemporaneo, senza però perdere mai la loro identità. L’originalità delle nostre invenzioni viene sempre tutelata con brevetti internazionali che garantiscono al consumatore un gioiello autentico Fope.

Il nostro racconto di bellezza si sviluppa con l’immagine coordinata nelle nostre pubblicazioni, negli allestimenti fieristici e nei punti vendita. Tra queste invenzioni c’è anche Flex’it. Che cos’è? Un’invenzione rivoluzionaria che rende le nostre maglie flessibili. Per essere indossati, i bracciali non hanno più bisogno di un gancio, ma scivolano al polso di chi li indossa. Tutto questo è reso possibile da un sistema di ganci e minuscole molle in oro nascoste all’interno della struttura del gioiello. Un sistema non solo che abbiamo inventato noi, ma che solo noi al mondo siamo in grado di realizzare. Per ogni nuovo design della collezione Flex’it, ci vogliono quasi due anni di sviluppo per adattare il sistema e iniziare la produzione! Qual è il target al quale si rivolge Fope? La nostra produzione si colloca in una fascia di prezzo ampia: spaziamo infatti dai 1.500 ai 30.000 euro. In questo modo intercettiamo sia le donne che amano l’eleganza più informale, quella dei gioielli in oro per un uso quotidiano, sia una clientela più esigente che cerca gioielli da indossare in occasioni importanti. Naturalmente nelle nostre collezioni ci sono anche collane, anelli e orecchini. Proponiamo sempre parure complete. E ci rivolgiamo a una donna esperta che conosce i gioielli, attenta alle mode, legata a un concetto di bello non passeggero, affascinata da quelle maison che sanno regalarle un senso di appartenenza esclusivo. E con uno stile personale ricercato.

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Come Fope comunica il suo brand e i suoi gioielli? Fin dalle prime campagne pubblicitarie abbiamo adottato strategie di comunicazione diverse dai competitor. Nelle nostre immagini non si vedono donne ingessate o inavvicinabili che indossano gioielli proibitivi. Anzi si ritrovano donne vere. Allegre, spontanee e felici di indossare i gioielli Fope con cui si sentono bene, a proprio agio. Come si è modificata negli anni la vostra comunicazione? Nei primi anni ’90 c’era grande vivacità, colori, energia. Abbiamo lavorato con modelle internazionali e i gioielli avevano volumi importanti, idonei al momento storico. Alla fine degli anni ’90 le immagini hanno assunto toni più minimal e decisamente più sofisticati. Anche qui rispecchiando i trend del momento e anche per questo i gioielli erano diventati più sottili nelle forme. Con il nuovo millennio è stata introdotta una nota di ironia nel lusso quotidiano mostrando gioielli e donne sofisticate, ma uscendo dal coro.

Tutti i supporti che utilizziamo, anche per le brochure, sono scelti nei top di gamma: la bellezza di un gioiello si apprezza anche a partire dalla qualità delle carte e della stampa E adesso? Oggi la comunicazione parla attraverso A tale of beauty. Si tratta di una storia di bellezza. Non è solo lo slogan della nostra campagna stampa, ma una vera e propria filosofia aziendale. Vogliamo emozionare le nostre consumatrici e farle entrare nel mondo Fope. Le immagini non sono più semplici servizi fotografici scattati in studio ma mostriamo uno spaccato di vita della donna Fope. Nella campagna 2017/18 per esempio le protagoniste sono due donne giovani che interagiscono in un set teatrale. Abbiamo voluto farle vivere una storia raccontata in un teatro di provincia vicentina, con il sapore dei vecchi teatri degli anni 70 ma con un set di fiabe contemporanee. Due donne che si divertono e rivivono parte delle nostre tradizioni e delle bellezze del territorio. Anche il packaging esprime l’essenza del brand Fope? Indubbiamente ed è ispirato a A tale of beauty, la nostra filosofia di bellezza. Del resto una scatola o un astuccio che può contenere un gioiello che costa anche migliaia di euro deve essere capace di emozionare e, appunto, essere esso stesso un prodotto di bellezza, così come gli allestimenti o gli espositori dei nostri shop piuttosto che le brochure e i cataloghi.

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I N T E R V I S T A

Come viene realizzato il vostro packaging? Per questo ci affidiamo da anni a un’azienda di Verona, In the box, una cartotecnica che lavora nel mondo del lusso e per molte griffe. Per noi realizzano scatole e astucci, destinati a contenere anelli, bracciali, collane, orologi – compresi quelli che vendiamo con l’e-commerce – che hanno una struttura in legno rivestita di tessuto. All’interno viene utilizzata l’alcantara con un colore che richiama quello della pelle umana proprio per esprimere al meglio la visibilità del gioiello indossato. Si tratta di materie prime tutte completamente made in Italy compreso il cartoncino della sovra scatola. In the box realizza anche i nostri espositori, anch’essi in tessuto dalle tonalità beige e le carte da parati con le quali allestiamo i punti vendita e che richiamano la classica maglia Novecento di Fope, in versione 3D e l’ambiente casa.

L’astuccio che contiene un gioiello deve emozionare, deve essere esso stesso un prodotto di bellezza. Insomma, anche nel mondo digitale, un brand della gioielleria non può fare a meno, per comunicare, della bellezza dei tessuti, del packaging e anche della carta? Senza dubbio. Tutte le carte e i cartoncini che utilizziamo, anche per le brochure, sono il top di gamma di Fedrigoni. Del resto la bellezza di un gioiello non sarebbe apprezzabile se non grazie all'utilizzo dei migliori fotografi, delle migliori carte e della stampa offset. Ogni anno stampiamo due cataloghi generali, con tirature da 30-40mila copie e una fogliazione da 48-60 pagine, più un catalogo dedicato agli orologi e uno specifico per raccontare la filosofia di A tale of beauty per cui, da quattro anni, realizziamo anche un libro. Lavori che affidiamo, come la produzione dello shopping bag, sempre in carta Fedrigoni nera con il brand argentato e i manici in nastrini cordati, alla Gestioni Grafiche Stocchiero di Vicenza. Come prosegue la vostra strategia di comunicazione? Il nostro racconto di bellezza continua, si sviluppa con l’immagine coordinata nelle nostre pubblicazioni, negli allestimenti fieristici e nei punti vendita. Sa essere riferimento nel mondo digitale e social grazie al lavoro prezioso dei testimonial e influencer ma ritorna fisico nelle personalizzazioni che creiamo su misura per i nostri clienti, negli shop in shop realizzati in partnership con i migliori gioiellieri che vendono il nostro marchio. Nel nostro stand di Baselworld - due piani per 270 metri quadrati, un salotto e perfino un giardino per accogliere gioiellieri e giornalisti da tutto il mondo – e a VicenzaOro con lo stesso concept adattato agli spazi differenti, ma sempre riconoscibile. Per finire con il nostro fiore all’occhiello: il nostro primo monomarca che si trova in piazza San Marco a Venezia. Non potevamo scegliere una location più adatta, per l’importanza della storia e per il respiro internazionale di questa città.

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< G R A N D A N G O L O >

SE MI

Fili

IO TI AVVOLGO

Manifattura del Seveso Tessuti per la legatoria, la cartotecnica & il packaging di lusso www.manifatturadelseveso.it 0020


< G R A N D A N G O L O >

CONQUISTA IL MONDO DEI GIOIELLI IL CEMENTO BIODINAMICO Dopo il grande successo di Expo 2015 con Palazzo Italia e la Boutique Dior a Miami, premiata con l’American Architecture Prize, il cemento biodinamico accede al mondo dei gioielli. E lo fa grazie alla designer Eleonora Ghilardi che ha collaborato con Italcementi per sperimentare il I.active Biodynamic, un cemento con sfridi di lavorazione del marmo di Carrara, particolarmente ‘dinamico’, con cui è nata Deep Sea, la prima collezione che abbina al cemento resina, acciaio, argento, ottone e frammenti di conchiglie. In occasione dell’edizione 2017 di Homi la designer ha lanciato un’altra collezione in

cemento biodinamico, il cui nome è Oceania Tasman Sea: pendenti, orecchini e spille dove il famoso materiale di Italcementi è stato abbinato a resina, frammenti di corallo e conchiglie provenienti dalla Nuova Zelanda. › www.eleonoraghilardi.com

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I N T E R V I S T A

LEONORI GIOIELLI

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Eccellenza nelle pietre di colore. Forme iconiche, creazioni esclusive e tutta la riconoscibilità dello stile italiano. È il colore il tratto distintivo dei gioielli firmati Leonori. Dalle pietre preziose che li compongono, prendono forma le collezioni: piccole opere d’arte da indossare impreziosite dalle meravigliose variazioni cromatiche di rubini, zaffiri e smeraldi. Anche nel packaging s’impone con evidenza il segno riconoscibile di una Maison, che dal 1960 coniuga la ricerca dell’esclusività con l’eleganza italiana, l’estetica contemporanea con la classicità.

di A N N A

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APRE A

U

no stile sofisticato che porta il segno riconoscibile del gusto italiano, ma anche molto, molto colore. Vere e proprie opere d’arte, i gioielli della Maison Leonori accolgono, nelle cornici scintillanti di diamanti, smeraldi, zaffiri, rubini, il tratto espressivo del design Leonori. Un segno sfavillante, gioioso, vitale. Fondata 56 anni fa dal maestro gioielliere Agostino Leonori, Leonori Gioielli ha vissuto, in mezzo secolo, una lunga, progressiva espansione. Da piccolo laboratorio orafo, grazie all’intraprendenza di Cesare, Lucio e Daniela (i tre figli di Agostino che si sono alternati alla guida) l’azienda ha saputo espandere la sua rete di contatti nel mondo, mantenendo sempre salde le tradizioni, la costante attenzione a soluzioni stilistiche innovative, la ricerca dell’esclusività e dell’eleganza tutta italiana.

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I N T E R V I S T A

È grazie all’impegno di Cesare che Leonori ha poi cominciato a importare negli anni Novanta diamanti da Tel Aviv, smeraldi dalla Colombia, rubini dalla Birmania, zaffiri dal Ceylon. Da allora ha preso l’avvio la produzione di gioielli personalizzati, comprese le commissioni di diademi interamente fatti a mano.

I colori delle pietre sono anche i colori dei vostri packaging? Si, certo. Il nostro colore privilegiato è infatti il blu navy legato all’eleganza ma abbiamo inserito anche un rosso ciliegia.

“Leonori — ci racconta infatti Eleonora, terza generazione della dinastia, impegnata in azienda insieme con la sorella Elisabeth — è nota soprattutto per la creazione di pezzi con diamanti e pietre colorate”.

Come si posiziona Leonori nel mercato, qual è la specificità del vostro brand rispetto ad altri marchi che si muovono nell’analogo segmento? Ci siamo focalizzati sulla qualità delle pietre preziose, sulla creatività e sull’artigianalità che sono i valori più importanti per noi.

“Puntiamo molto sulla qualità delle pietre colorate — aggiunge — e ci riconosciamo in questo, siamo stati i primi a proporre il colore, anche quando tutte le aziende puntavano sul diamante mio padre e mio nonno hanno creduto nelle pietre di colore”.

Siamo stati i primi a proporre il colore, anche quando tutte le aziende puntavano sul diamante mio padre e mio nonno hanno creduto nelle pietre di colore.

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Qual è il vostro modello di comunicazione, come si trasmette il vostro brand nel mercato? Siamo sul mercato da quasi 60 anni e questo significa che il nostro modello, che prevede sia la creatività che la produzione in Italia, è stato premiato. Non abbiamo mai puntato sulla pubblicità a dispetto di altre aziende che trascurano poi la qualità. Il canale principale che trasmette la qualità dei nostri prodotti è il passaparola. I valori su cui puntate? Eccellenza nella scelta delle pietre preziose e manodopera, design interno e ricercato, stile italiano e prodotti personalizzati. Sono questi gli elementi che fanno sì che i nostri gioielli siano unici. Cataloghi, brochure, libri, materiali cartacei, book fotografici… in che modo la carta

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I N T E R V I S T A

come materia può trasmettere i valori Leonori? La carta è prestigio e bellezza come i nostri gioielli. E le confezioni? Ricerchiamo qualità nei prodotti che vendiamo e dunque anche qualità nella carta, che deve trasmettere eleganza, lusso e prestigio. Utilizziamo la carta della cartiera svizzera Winter &Company per le scatole esterne, rivestite in seta blu navy. All’interno invece c’è la microfibra, materiale adatto ad accogliere i gioielli. La personalizzazione dei gioielli è uno dei trend più forti, ci state pensando? Nel 2018 partiremo anche noi. Abbiamo in mente di personalizzare sia il prodotto che packaging.

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Ricerchiamo qualità nei prodotti che vendiamo e dunque anche qualità nella carta, che deve trasmettere eleganza, lusso e prestigio.

I cofanetti dei vostri gioielli. Ce ne parli: in che modo esprimono i valori della marca e il messaggio specifico del prodotto? Sono cofanetti molto eleganti e semplici allo stesso tempo, perché riteniamo che una confezione giusta debba mettere in evidenza soprattutto il gioiello. Questo è fondamentale, non sarebbe opportuno se la confezione fosse più appariscente del prodotto. Una cosa è certa: noi siamo sempre alla ricerca di qualcosa di unico. I nostri gioielli hanno un valore senza tempo e si tramandano per generazioni, così anche il packaging deve sempre rispecchiare l’eleganza intramontabile, deve regalare quell’emozione della prima volta. Il mercato oggi premia il prodotto di nicchia così, anche per il cofanetto Leonori, abbiamo scelto un prodotto

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I N T E R V I S T A

unico capace di suscitare un effetto sorpresa. C’è una specifica attenzione ai materiali utilizzati? E alle nobilitazioni? I materiali utilizzati nella nostra azienda sono la chiave dei nostri prodotti, vendiamo pietre preziose naturali che non passano di moda anzi acquisiscono valore nel tempo. Analogamente, nel packaging, abbiamo scelto la seta naturale e la microfibra. Infine affrontiamo il tema dell’ impatto ambientale: è un fattore che prendete in considerazione nella produzione dei vostri cofanetti e di tutto il materiale di comunicazione? O pensate che sia un aspetto marginale per il consumatore finale?

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Come per tutte le materie prime che acquistiamo in azienda stiamo molto attenti alla provenienza e siamo convinti che si possa fare business senza recare danno all’ambiente, senza sfruttare le persone, esaurire in modo dissennato le risorse del pianeta e incoraggiare mercati illeciti. Utilizziamo diamanti di sicura provenienza, importati da paesi che rispettano il Kimberly Process (l'accordo che garantisce

che i profitti ricavati dal commercio di diamanti non vengano usati per finanziare guerre civili). Stessa attenzione rivolgiamo alla selezione delle carte e dei materiali dei nostri packaging: abbiamo infatti valorizzato prodotti artigianali, di qualità, certificati, che rispettino il pianeta. È importante dare esempio e guidare i nostri passi per dare un futuro migliore ai nostri figli.

Come per tutte le materie prime che acquistiamo in azienda stiamo molto attenti alla provenienza: siamo convinti che si possa fare business senza recare danno all’ambiente, senza sfruttare le persone, esaurire in modo dissennato le risorse del pianeta e incoraggiare mercati illeciti.

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T I P O T E C A

I TA L I A N A

www.tipoteca.it

C O M U N I C A Z I O N E

D ' I M P R E S A

È ALLA TIPOTECA ITALIANA IL FUTURO DELL’ARTE TIPOGRAFICA

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Tipoteca Italiana è riconosciuta oggi come uno dei centri culturali di eccellenza in Italia per lo studio e per la storia del disegno dei caratteri e della grafica italiana. Fondata nel 1995 dai fratelli Antiga, titolari dell’omonima azienda, Tipoteca è un luogo dedicato ai caratteri, alla loro storia e produzione, alle macchine e alle tecniche tradizionali di stampa: qui, si tocca e si respira ancora una tipografia che odora di inchiostro, carta, metallo e legno. All’impegno nella raccolta dello straordinario patrimonio di caratteri – a oggi sono decine di migliaia le forme di piombo e di legno conservate nell’archivio – Tipoteca ha voluto assicurare anche la tutela delle esperienze e competenze che definiscono il “mestiere” del tipografo. Il design grafico contemporaneo attinge infatti

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a piene mani la propria linfa vitale da canoni e pratiche che si sono evolute insieme alla tipografia, da Gutenberg fino ai nostri giorni. Dopo la ventennale raccolta dei materiali storici da parte della Fondazione, si aprono nuove direzioni di progettazione, studio e di ricerca, ma soprattutto di azioni mirate a ridefinire una “nuova” tipografia al passo con la contemporaneità. Uno degli spazi attivi di Tipoteca Italiana è la Stamperia, nata con l’intento di affiancare le attività museali della Fondazione, indirizzate più alla didattica e alla formazione, con un’officina di stampa, dove riprende vita la pratica della tipografia. L’espressività e la qualità del letterpress sono oggi nuovamente apprezzate dai designer del mondo digitale, non solo per il loro valore culturale e

storico, ma soprattutto per la bellezza tattile e sensoriale di stampati realizzati in forma artigianale. La riscoperta della tipografia “analogica” fa sì che questa tecnica venga scelta per stampati di qualità, quali edizioni a tiratura limitata, stationery, manifesti e prodotti di design.

vare la professionalità e l'esperienza richieste per il funzionamento delle macchine storiche come le presse da stampa, i pantografi, le fonditrici, dall’altro sta sorgendo l’esigenza di saper combinare queste abilità con approcci digitali per convertire i dati in oggetti fisici.

Tipoteca ha avviato una collaborazione con case editrici e artisti per la stampa tipografica dei testi, con l’impiego di carte e inchiostri adatti all’impressione diretta dei caratteri sul foglio. Altrettanto significativi sono gli incontri e i workshop con designer di fama mondiale, come Erik Spiekermann e Alan Kitching.

In tutto il mondo, ci sono decine di macchine tipografiche che non vengono più usate o perché non ci sono più persone in grado di operarle o perché i caratteri superstiti in metallo e in legno sono troppo pochi e troppo preziosi per essere usurati da elevate tirature di stampa. Trovare, grazie al digitale, modi alternativi per produrre caratteri nuovi da quelli originali di una volta è un modo valido per tenere viva quell’arte tipografica nata in Germania, e perfezionata in Italia, più di cinque secoli fa.

Un nuovo indirizzo della stampa tipografica sarà la vitale capacità di combinare digitale e analogico. Se da un lato abbiamo l’urgenza di preser-

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T Y P E

TIPOGRAFIA/// COME LA BIGA ALATA DI PLATONE

TT CRIMOSON

Progettare un carattere — prima lezione

C’è un grande interesse intorno alla tipografia, ai caratteri, alla calligrafia. E poiché molti lettori di Print ci hanno segnalato il loro desiderio di avere una rubrica su questi temi, abbiamo deciso di dedicare uno spazio alla progettazione dei caratteri, un argomento che si situa all’origine del design, e condensa in sé molti saperi: la cultura della forma e quella delle proporzioni, lo stile, il senso dell’armonia. E molto altro.

di S T E F A N O

TO RREGRO S SA

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Fare type design nell'odierna realtà digitale è apparentemente questione di pochi clic e, tutt'al più, del giusto software. Oggi esistono strumenti potentissimi, è vero, che permettono di progettare, modificare e generare caratteri digitali perfettamente funzionanti in una manciata di ore. Ma esattamente come non è la cucina a fare il cuoco, né la macchina fotografica a fare il fotografo, non è il software il bagaglio principale di un type designer. Progettare un carattere richiede una formazione culturale profondissima, una maniacale attenzione ai dettagli e, naturalmente, un'intenzionalità creativa in grado di produrre vera novità in un mondo solo apparentemente saturo di caratteri. Se la scrittura manuale è un atto puramente funzionale ad uno scopo specifico (prendere appunti, stilare un elenco, trascrivere un dialogo); se calligrafia e lettering si muovono più nella sfera estetica, spinti dalla poetica bellezza

dell'esecuzione e del risultato; allora è la tipografia — intesa come scrittura artificiale e oggi per lo più digitale — che può e deve servire da ponte tra i due mondi opposti. La tipografia sa essere funzionale quando premia leggibilità e fruibilità del contenuto: si pensi ad esempio ad un romanzo, al tabellone delle partenze in una stazione ferroviaria, ad un manuale di istruzioni di un elettrodomestico. Allo stesso modo però, deve sforzarsi di essere bella, piacevole, esteticamente gradevole, originale, coerente col contenuto che veicola.

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Il type designer, quindi, è come l'auriga nel mito del carro alato di Platone: la sua biga è condotta da due cavalli di animi opposti. L'uno trascina il carattere verso il puro gesto estetico e creativo, verso la bellezza e l'originalità anche a scapito della leggibilità. L'altro spinge nella direzione di un design freddo, pulito, asettico, che funga da mero veicolo trasparente per il suo contenuto. Condurre un simile carro è un compito difficile: ecco perché conoscere i caratteri, l'anatomia, la storia e le strutture chiave che regolano la tipografia contemporanea è oggi più che mai fondamentale per chiunque si occupi di graphic design, ad ogni livello. Con le parole di Steven Heller: "Insegnare il design prima della tipografia è come sperare che un bambino cammini prima di gattonare".

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T Y P E

Asta obliqua

Asta verticale

Asta tonda

Le aste sono gli elementi costitutivi dei glifi di cui è composto un carattere.

Asta orizzontale o barra Coda

Terminale

Spalla

Orecchio

Collo

Grazie con raccordi tondi

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Cappio

Asse

GOTHAM

APEX SERIF

JENSON PRO

Vertice

Grazie con raccordi squadrati

Nessuna grazia

Una delle prime differenze tra i caratteri riguarda la presenza o meno delle grazie, sottili elementi grafici al termine delle aste principali. I caratteri graziati (serif) sono i più antichi, e vengono classificati in numerose categorie a partire dalla forma delle grazie e dei raccordi, cioè del punto di unione tra asta e grazia. I caratteri privi di grazie (lineari o sans-serif) iniziano invece a diffondersi solo dalla fine del ’800.

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T Y P E

Ascendente Pancia

Occhio

Braccio

Spina

Gamba

HELVETICA

DIDOT

OPTIMA

Discendente

Il contrasto è un altro elemento fondamentale per il progetto e l'utilizzo dei caratteri. È la differenza tra i tratti più sottili e i tratti più spessi nel design dei glifi. Può essere molto elevato (Didot) o quasi nullo (Helvetica). Il passaggio dai tratti più sottili a quelli più spessi può essere discontinuo (Didot) o più morbido e modulato (Optima).

ALLINEAMENTI

Allineamento delle maiuscole accentate

CIRCULAR

Allineamento delle maiuscole Allineamento superiore

Linea di base Allineamento inferiore I glifi di ogni carattere sono organizzati nello spazio secondo specifici allineamenti. Le distanze tra queste linee cambiano tuttavia da un carattere all’altro,

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differenziandone lo stile, le proporzioni e la leggibilità. Non sempre l’allineamento delle maiuscole è anche l’alllineamento degli ascendenti di alcuni glifi (b, f, d). La linea di

base è la linea principale, su cui poggiano tutti i glifi. Lo spazio identificato tra la linea di base e l'allineamento superiore è noto come altezza della x o occhio medio.

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T Y P E

HELVETICA

BASKERVILLE

ALTEZZA DELLA X

Il rapporto tra l’altezza totale del carattere e l'altezza della x, può variare a parità di corpo. Di fatto, nei secoli questo rapporto è molto cambiato. Nell’esempio, a sinistra: Baskerville (1757). A destra: Helvetica (1957). È facile notare come Helvetica sembri più grande di Baskerville. In realtà, i due caratteri hanno lo stesso corpo, cioè la stessa dimensione. A cambiare è l’altezza della x, molto più elevata nel caso di Helvetica.

DIDOT

OPTIMA

HELVETICA

I tre caratteri qui rappresentati hanno tutti lo stesso corpo, misurato in punti: 20 pt. Sono cioè tutti alla stessa grandezza. La differenza tra le altezze della x, tuttavia, li fa apparire di dimensioni diverse.

CORPO DEL CARATTERE Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il corpo di un carattere non è una grandezza immediatamente misurabile: non si misura infatti né sull’altezza di una specifica lettera, né sulla distanza tra determinati elementi di un carattere. Il corpo di un carattere è un’eredità della stampa tipografica a caratteri mobili.

Il corpo del carattere, cioè la sua altezza, corrisponde all’altezza massima del carattere, che va dall’Allineamento delle Maiuscole fino a poco più in basso dell’Allineamento Inferiore. Il corpo di un carattere, tipografico o digitale che sia, oggi come allora si misura in punti (pt).

I tipi di metallo su cui erano fusi i glifi, infatti, erano tutti della stessa altezza complessiva a parità di corpo. Questo accorgimento faceva in modo che, affiancando più glifi dello stesso corpo per comporre una linea di testo, fossero allineati tra loro sulla corretta linea di base nonostante ascendenti, discendenti, accenti.

1 pt = 1/72 pollice = 0,353 mm

Corpo del carattere

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HELVETICA

ARNO PRO

BODONI

SINA NOVA

Uno stile è una variante di un carattere. La variante può essere di peso (Light, Regular, Bold, Black, eccetera), di postura (Italic, Oblique, eccetera) o secondo altre variabili, alcune delle quali sono presentate in questa pagina. Normalmente, ogni stile è rappresentato da un singolo font: cioè da un singolo file (ad esempio: Garamond_Semibold.otf) sul nostro computer. Qui vedete rappresentati alcuni degli stili più frequenti per i cosiddetti text fonts: ne esistono in realtà molti di più — Beginnings, Alternates, Endings, Ornaments, eccetera.

Aa Aa Aa Aa Regular

HELVETICA / SABON

STILI

GARAMOND

T Y P E

Italic

Bold

Corsivo (Italic) Obliquo (Oblique)

il maiuscoletto si integra perfettamente in un testo minuscolo, assai più DEL MAIUSCOLO. La stessa cosa vale per i 1234567890 numerali minuscoli o old style, che sono meno invadenti dei classici 1234567890.

Questo testo è in regular, mentre questo è in book. — Questo testo è scritto in regular, Questo testo è scritto in display, Questo testo è scritto in caption.

Apparentemente sinonimi, questi termini raccontano in realtà storie diverse. Regular (così come Normal e Roman, che di fatto hanno lo stesso significato) identifica lo stile con peso standard. Book, invece, è una versione appositamente disegnata per essere più leggibile a piccoli corpi e in un testo esteso: normalmente, ha occhi più aperti e il peso delle aste appena più leggero del Regular.

Talvolta di uno stesso carattere esistono versioni condensate (condensed) che occupano meno spazio orizzontale e versioni estese (extended) che ne occupano di più.

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Bold Italic

Normalmente i font Italic sono intesi come true italics: le loro lettere sono disegnate appositamente per essere differenti dal Regular. I font Oblique, invece, sono spesso adattamenti del relativo Regular, che viene semplicemente inclinato di alcuni gradi: generalmente tra 8° e 11°.

Attenzione: non tutti i caratteri hanno il maiuscoletto. Lo trovate come font a parte, spesso identificato col nome Small Caps (SC). Si noti inoltre che il maiuscoletto simulato, che alcuni software sono in grado di attribuire, non è la stessa cosa (e, anzi, se ne sconsiglia l’utilizzo).

Alcuni caratteri prevedono un font Caption e uno Display, da affiancare al Regular. Se il Regular è il peso standard, la versione Display (dall’inglese: titolo) è ideale per corpi elevati — ha aste e tratti più sottili, e un minore spazio tra i glifi. Caption (dall’inglese: didascalia) è invece più spesso e meno contrastato, e con i glifi più spaziati tra loro. È dunque perfetto per la scrittura a piccoli corpi.

I caratteri condensati ed estesi sono disegnati appositamente. Deformare la proporzione orizzontale del carattere digitalmente con i software non dà lo stesso risultato!

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Anatomia degli inserti pubblicitari

Alle classiche pagine di pubblicità i grandi investitori del lusso sembrano preferire sempre più gli inserti collocati nel corpo delle riviste: pagine più evidenti, che talvolta propongono campioni-omaggio di prodotto. Realizzati con una grammatura più alta, gli inserti condizionano l’apertura della rivista, costringendo a cominciare la lettura proprio in quel punto. Grande attenzione anche per le copertine con finiture speciali, a battente o con due ante, magari fermate da un bollo adesivo. In quest’articolo ‘informatissimo’ passiamo in rassegna tutte le tipologie dei nuovi formati, indicando per ciascuna le caratteristiche e le problematiche di stampa. Lo facciamo con l’aiuto di Rotolito e dei direttori tecnici di due tra i maggiori editori italiani di periodici: Daniele Fiasca di Mondadori e Roberto Serino di RCS MediaGroup.

di L O R E N Z O

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CA PI TA N I

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Se guardiamo ai dati della raccolta pubblicitaria dell’anno appena trascorso, finalmente possiamo intravedere uno squarcio di ottimismo nella linea dell’orizzonte. E tutto sembra far ben sperare anche per il 2018. Gli addetti ai lavori confermano che sulla stampa le pagine tabellari sono aumentate e forse cresceranno ancora in ragione degli incentivi fiscali proposti dal Governo per il 2018. Dopo il picco del web degli anni scorsi, gli investimenti sembrano essere distribuiti in maniera un po’ più omogenea sui diversi mezzi, limitando le dispersioni. Anche la stampa periodica specializzata viene rivalutata: la ricerca di un’affinità tematica tra gli interessi dei lettori e i contenuti trattati ne fa un veicolo privilegiato per target particolari. ENGLISH VERSION C pg. 77

Ma di quale pubblicità si sta parlando? Effettivamente, a ben guardare, non si assiste solo a una crescita in termini di pagine, ma anche delle cosiddette iniziative speciali o meglio di quegli inserti pubblicitari che inseriti nel corpo della rivista attirano il lettore più delle altre pagine, siano esse pagine imbavate, piccoli opuscoli cuciti o incollati o ancora campioni di prodotti. È innegabile infatti, che un inserto pubblicitario, conosciuto più spesso come IP (inserto promozionale) dalla sigla che deve essere apposta per legge sulla pagina, resti ancora un mezzo efficace e tutto sommato economico per promuovere un prodotto o un brand. Per certe riviste, i femminili ad esempio, ci sono lettrici che, come rivela Roberto Serino, direttore tecnico di RCS MediaGroup “quando si tratta di profumi o campioncini, si aspettano di trovarli quasi fossero dei piccoli gadget”.

inevitabilmente si aprirà proprio dove c’è l’inserto. Ancora di più l’attenzione sarà catturata se questo è tutt’uno con la coperta. A suffragare il valore dei periodici da un punto di vista pubblicitario c’è anche uno studio francese che afferma che il 59% dei lettori usano le riviste per approfondire temi e argomenti complessi. Questo offre un vantaggio importante per gli inserzionisti, poiché la visione dell’inserto promozionale, avrà un impatto maggiore rispetto ad altri mezzi di comunicazione, consultati più velocemente. È la cosiddetta ‘lettura profonda’. E un altro studio del 2016 commissionato dalla Associazione Stampa Svizzera riportato in sintesi sul sito printwirkt.ch (http://www.printwirkt.ch/it/effetto/) riporta che su 1000 intervistati il 63% delle persone pianifica i propri acquisti sulla base di annunci promozionali su giornali e riviste.

LA RIVINCITA DELLA CARTA: IL 59% DEI LETTORI PREDILIGE LE RIVISTE

CRESCE LA CREATIVITÀ DEGLI ANNUNCI E DELLE COPERTINE

Basta sfogliare una rivista e, complice la grammatura più alta della carta o la presenza di un campioncino, questa

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Anche Rotolito, che non solo realizza inserti, ma confeziona anche riviste per moltissimi editori italiani e che quindi ha un osservatorio privilegiato, affer-


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ma: “sappiamo che la pubblicità digitale ha eroso molto spazio alla print advertising, ma la resa economica della pubblicità su carta è maggiore e quindi molti editori, per attrarre gli investimenti pubblicitari degli inserzionisti sono alla continua ricerca di soluzioni in grado di catturare l’interesse del lettore/consumatore. Non a caso cresce la domanda di copertine con finiture speciali, soprattutto per quanto riguarda riviste di nicchia e con prezzo di vendita più alto, così come quella di copertine con battente e inserti. L’ultimo numero ad esempio di Rolling Stone aveva due versioni di copertine con due immagini diverse, prodotte con l’utilizzo di vernici drip-off e con la copertina a battente. I battenti della copertina e della prima pagina sono stati occupati dalla pubblicità di un famoso brand della moda, per un totale di ben 8 pagine in sequenza”.

SEMPRE DI PIÙ LA PUBBLICITÀ SU CARTA STAMPATA SI MOSTRA EFFICACE Si potrebbe obiettare: e allora la crisi dell’editoria e della raccolta pubblicitaria che affligge i gior-

nali? Il problema non è l’efficacia di questo tipo di pubblicità, bensì la capacità dei magazine stessi di attrarre lettori e combattere la concorrenza del web quanto a costi, contenuti e modalità di fruizione. Anzi, sempre di più la pubblicità su carta stampata in ottica di cross-medialità collabora con il web e spinge il lettore dall’offline all’online con riferimenti a siti, QR code e augmented reality… a vantaggio ancora degli inserzionisti che non solo possono tarare gli accessi e profilare gli utenti, ma anche misurare il successo della campagna sulla singola rivista.

ANATOMIA DI UN INSERTO PUBBLICITARIO Quali sono le caratteristiche degli inserti pubblicitari? Intanto va detto che ne esistono di diversi tipi più o meno particolari, ma in generale, visto che il loro scopo è attrarre l’attenzione a far aprire la rivista immediatamente in quel punto, essi sono per definizione realizzati su una carta di grammatura più alta rispetto al resto del giornale. A volte anche maggiore di quella della stessa coperta. 250 o 300 gr sono le grammature più usate. Ma non necessariamente

vengono realizzati di carta. Tempo fa Fendi ad esempio, ha realizzato una campagna di inserti stampati in UV su fogli di PVC bianco sulle maggiori testate moda del mondo. E non mancano esempi di inserti laminati a specchio. Possono essere in forma di schede o pagine imbavate o cucite nella rivista, possono avere lo stesso formato della rivista stessa o essere più piccole. O ancora nel caso di campioni di prodotto, come profumi, creme, tè, tisane, integratori, possono essere attaccati con colla removibile direttamente su una pagina. Spesso si sfrutta la copertina stessa creando ante o battenti in prima o terza di coperta. I più efficaci sono quelli intascati che prolungano la prima di coperta ripiegandola all’interno. I battenti rovesciati in prima che si aprono da sinistra o sono fermati con un punto colla o rovinano il giornale con antiestetiche orecchie. E come spiega Rotolito “la gestione della copertina con battenti provoca un aumento dei tempi di attraversamento per la piega e l’incollatura del battente e anche in questo caso un rallentamento di tutta la linea di produzione”.

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TEMPI DI PRODUZIONE E CONFEZIONE…BREVISSIMI Insomma, si può spaziare, ma al di là dei limiti dettati dal budget dell’inserzionista, sarà l’editore ad imporre le regole in funzione dei limiti tecnici ma soprattutto delle tempistiche di produzione. A tal proposito, sempre Rotolito ricorda che “i tempi di produzione e fornitura del prodotto stampato sono sempre brevissimi. Per quanto riguarda i settimanali la consegna dei file per la stampa avviene 2 o 3 giorni prima della consegna in edicola mentre per i mensili 3 o 4 giorni prima”. Anche Fiasca ribadisce i tempi stretti: “è determinante rispettare il timing di produzione e in particolare quello di confezione, perché non sono ammessi ritardi che possano compromettere l’uscita in edicola. Il lead-time richiesto per la consegna degli inserti da confezionare con la rivista, se ci sono pre-lavorazioni come ad esempio una pre-incollatura o una pre-cucitura, è normalmente di 7-10 giorni dall’inizio dell’allestimento”. Senza contare che spesso l’editore richiede dei campioni preliminari per fare delle prove. Test che vorranno fare

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anche, sicuramente, gli stampatori a cui potete rivolgervi se non commissionate direttamente all’editore la realizzazione dell’inserto. In Rotolito ad esempio, viste le innumerevoli possibilità realizzative dicono: “Non abbiamo linee guida, sono così tante le variabili che preferiamo fare dei test”.

I FORMATI? POSSIBILE TUTTO, A PATTO CHE SIANO LAVORATI IN LINEA Come detto il formato limite è dato dalle misure della rivista per l’ingombro massimo, mentre per quanto riguarda le dimensioni minime dipende dalla linea di confezione usata per gli inserti da imbavare nella rivista o dalla macchinabilità per quanto riguarda i campioni. Tutto deve essere lavorato in linea e in automatico. Quindi certamente i sottoformati sono da evitare perché impongono ancora una volta tempistiche non sostenibili o attenzioni tecniche che fanno lievitare eccessivamente i costi a carico dell’inserzionista. Un bel filmato (http://tiny.cc/vo15py) della svizzera Ferag, specializzata in si-

stemi di trasporto e di lavorazione per l'industria grafica, mostra molto bene l’applicazione in linea sulla coperta di un quotidiano di un Memostick (una sorta di post-it applicato sulla pagina con colla removibile, vedi sotto). Tutto viaggia alla massima velocità in linea con la confezione. L’obiettivo è riuscire a inserirsi in modo quanto più trasparente possibile nel processo di produzione. Ogni step in più, ogni attenzione in più, genera costi. Normalmente si predilige il duino, la classica scheda stampata inserita tra segnatura e segnatura, come conferma Fiasca: “Sugli inserti cartacei il duino va ancora per la maggiore, ma segnaliamo una certa richiesta di inserti imbavati (campioni prodotto e flat spray)”. E anche RCS conferma questa tendenza, soprattutto nelle testate in brossura, “mentre se parliamo di riviste a punto metallico, spiega Serino, il quartino è quello più utilizzato. Ottavi a finestra non ne abbiamo visti molti ma capita invece che ci siano copertine speciali in cui il classico quartino di coperta viene sostituito con un sestino o si va in abbinamento con un quartino rovesciato a inizio

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rivista creando dei pendant molto interessanti”. Amica di settembre è ricca di esempi: aveva una copertina a sestino battente, un quartino rovesciato in pendant con la prima tabellare di Patrizia Pepe e un duino verniciato con profumo scent seal, da sollevare e provare. Sì perché gli inserti possono essere anche nobilitati e verniciati, a patto però di fare le opportune riserve per non ostacolare l’incollaggio.

LA GIUSTA POSIZIONE PER L’INSERTO È TRA SEGNATURA E SEGNATURA. MA NON SEMPRE… 8

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Come si vede le combinazioni possono essere varie. Ma ovviamente la posizione di un inserto può essere solo tra segnatura e segnatura. Anche se tecnicamente può essere gestito un inserimento sia in posizione non fissa o in posizione entro segnatura, questo può essere decisamente non conveniente e nemmeno efficace. Serino rivela che, come nel caso citato, “difficoltà intervengono qualora sullo stesso numero ci siano più inserti. Sia per il posizionamento tanto che a volte dobbiamo fare

delle mezze segnature per non far cadere l’inserto troppo indietro e anche per i rallentamenti che si possono creare in confezione. Difficilmente infatti, ci sono linee con più inserti meccanici per cui bisogna farlo manualmente, con tempi e costi da gestire”. E conoscere le caratteristiche tecniche della testata in cui andrà l’inserto potrebbe non essere sufficiente. “Io Donna — continua — a causa della foliazione molto variabile, può essere rilegata sia in punto metallico che in brossura. Spesso quando ci prenotano inserti di questo genere, non sappiamo ancora se utilizzeremo una rilegatura o l’altra e, a volte, dobbiamo inventarci qualche stratagemma per far sì che gli inserti siano utilizzabili in entrambi i casi”.

CON L’INCOLLATORE I CAMPIONI DI PRODOTTO VENGONO APPLICATI SULLA PAGINA Diverso è il caso di campioni di prodotto o schede applicate direttamente sulla pagina della rivista. In questo caso, spiega Fiasca, “l’applicazione avviene durante la fase di confezione attraverso un

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incollatore che spruzza una quantità di colla a caldo, poi removibile, sufficiente a fare aderire il campione alla segnatura”. Quindi, ancora una volta, la posizione è obbligata ad inizio o fine segnatura. Altrimenti occorre aprirla o procedere “con incollaggi manuali. In questo caso — evidenzia Serino — i tempi di lavorazione ci obbligano a chiudere la segnatura interessata un giorno di anticipo e, soprattutto nei settimanali, non è una cosa semplice”. E spiega che “anche sulla posizione chiediamo un po’ di tolleranza e soprattutto di non metterlo troppo vicino al bordo. Se per caso questi campioni dovessero essere tagliati dalle lame del trilaterale sarebbe un disastro. A volte ci arrivano già gli inserti col campioncino incollato e, spesso, la difficoltà è data dallo spessore anomalo che si crea che rallenta la raccolta in brossura”.

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ATTENZIONE ALLE ABBONDANZE, AGLI INTONSI, ALLE RISERVE Insomma grande attenzione deve essere posta da chi progetta e realizza un inserto. Prima di tutto occorre avere ben presenti le caratteristiche tecniche della testata in cui dovrà essere inserito: in particolare, come spiega Rotolito, “i punti che richiedono maggiore

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attenzione sono le abbondanze, gli intonsi e le riserve di vernice che se non previste possono ostacolare la tenuta della colla”, ma anche le unghie, perché ogni anta in più deve essere di qualche millimetro più corta per evitare sorprese nel taglio; è importante sapere anche se la rivista è pareggiata in testa o al piede (fondamentale nel caso del punto metallico), le aree di guardia nel caso di campioncini o di scent seal. In realtà, vanno tenute in considerazione anche le fasi successive alla stampa e alla confezione: da esperto anche di logistica Fiasca ci tiene a sottolineare che “bisogna sempre considerare ad esempio, lo spessore dei pacchi che può determinare delle difficoltà nell’impilamento sui pallet con eventuali rallentamenti in fase di confezione che devono essere programmati in tempo e monitorati; allo stesso modo, le prove di schiacciamento devono essere effettuate prima di qualsiasi imbavatura”. E sicuramente, aggiungiamo noi, occorre fornire un buon numero di pezzi per gli scarti: generalmente ogni fase richiede un avviamento con i suoi scarti. Tante accortezze, ma niente paura perché, continua Fiasca, “la concessionaria ha sempre una scheda tecnica, che comunica alle agenzie e ai clienti, che include i

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limiti di spessore, dimensione e peso, nonché di posizionamento all’interno della pagina e di formato per le riviste del Gruppo Mondadori”. E spesso gli editori hanno delle linee guida online e sono a disposizione con i loro uffici tecnici per ogni chiarimento. Ad esempio sul portale advertising.it nella sezione Stampa ci sono le caratteristiche tecniche della maggior parte delle testate italiane, oppure i singoli editori mettono a disposizione pagine web dedicate sui loro siti. È il caso di rcspubblicita.it che nella sezione Mezzi specifica, testata per testata, formati e caratteristiche tecniche degli inserti previsti (es. per “7” http://tiny.cc/o455py). Mondadori invece, li mette a disposizione sul portale di caricamento dei materiali pubblicitari (http://materiali.mondadori.com/).

COPERTINE PER TUTTI I GUSTI: TRASPARENTI, SOVRAPPOSTE, CON RISVOLTI Torniamo alle tipologie. Passando in edicola o sentendo una concessionaria di pubblicità che si occupa di car-

ta stampata, di possibilità ce ne sono davvero tante. Alcune davvero efficaci per l’impatto. Come ad esempio la pergamena, cioè una sovraccoperta stampata in carta trasparente, come il GSK, accavallata sopra la rivista. È possibile farla non solo per testate a punto metallico cucendola solidale con il fascicolo o lasciandola libera, ma anche per riviste brossurate: in questo caso, un po’ come avviene per i libri occorrono però le alette per tenerla. Simile, ma in carta non trasparente è il risvolto di mezza pagina, verticale o orizzontale, che si sovrappone alla copertina o che si può inserire nell’interno tra segnatura e segnatura. Molti settimanali per la famiglia spesso hanno questi risvolti accavallati, magari in forma di coupon. È possibile anche realizzare un gate fold in prima creando quella che i pubblicitari francesi chiamano “Sesame, ouvre-toi”. In pratica la copertina è formata da due coperte sovrapposte, tagliate e piegate in modo da creare un battente a due ante in prima, fermate magari da un bollo adesivo. Gli inserti possono essere anche fustellati in modo da creare dei pop-up o addi-

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Con il bonus pubblicità 2018 aumentano gli investimenti sulla stampa

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rittura dei gadget. Rotolito ricorda l’inserto di una rivista automobilistica per la pubblicità di un’autovettura. “Per questa pubblicità di auto nell’inserto era contenuto un foglio di plastica pre-fustellato che montato fungeva da prisma sul quale appoggiare uno smartphone. Attraverso un ologramma stampato sull’inserto sullo smart phone si avviava un filmato che veniva proiettato in 3D”. Ma si può andare anche oltre e l’inserimento di una bustina di tè in una rivista di moda femminile trasformarsi in una lavorazione estremamente complessa e laboriosa per renderla macchinabile, come ben ricordano in Rotolito: “Il cliente ci ha fornito bancali di scatole che a loro volta contenevano scatole di tè, le tipiche scatole che acquistiamo in negozio, dalle quali abbiamo dovuto prelevare tutte le singole confezioni di bustine e prepararle per metterle nelle macchine di confezionamento”.

UN TOCCO DI ORIGINALITÀ CON LE SOLUZIONI PER VEICOLARE I PROFUMI Poi ci sono anche inserti molto particolari come Memostick e Memoscent. Si tratta, come accennato anche sopra, di partico-

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Stando ai dati Nielsen, l’anno appena trascorso, sotto il profilo della pubblicità, è cresciuto. Certo, i valori non sono omogenei e la carta stampata continua a soffrire, ma lentamente sta trovando un nuovo assetto, segno che, come sempre, è una questione di equilibri. Ci sono settori che, proprio sul finire del 2017, hanno segnato crescite significative: come i segmenti cura persona, giochi/articoli scolastici e turismo/viaggi che crescono rispettivamente del +26,7%, +31,7% e +11,9% con un apporto complessivo di circa 8,7 milioni di euro. E l’effetto in edicola si vede. Amica di luglio aveva 186 pagine, mentre a ottobre 384 con ben 50 pagine di tabellari prima dell’editoriale. E non è un caso. Daniele Fiasca, direttore tecnico di Mondadori, area Periodici Italia, e Roberto Serino di RCS MediaGroup, Divisione Periodici, confermano il quadro complessivo. “Le pagine di tabellari del nostro settimanale di punta nel settore fashion — racconta Fiasca — sono in aumento e possiamo certamente affermare che c’è una buona tenuta dei fatturati, con una particolare vivacità del settore moda e cosmesi. Tuttavia potremo vedere solo nel corso del 2018 se questo andamento possa essere più strutturale, valutando anche l’effetto degli incentivi fiscali sulla pubblicità incrementale della carta stampata (il cosiddetto Bonus pubblicità 2018, ndr)”. Dello stesso avviso anche Roberto Serino di RCS: “Penso e spero sia una piccola ripresa. Anche perché alla fine, soprattutto quando si tratta di toccare un target la rivista è sicuramente più efficace della pubblicità in TV e del web. La prima parla a tutti, nonostante i canali tematici, e in rete ci si concentra sui contenuti e meno sui banner che ignoriamo anche se super targettizzati”.

lari post-it che si possono applicare in prima di coperta o all’interno della rivista e possono addirittura nel caso del Memoscent veicolare profumo. Sono prodotti dalla svizzera Valecom e si sono visti spesso anche sulle prime pagine di quotidiani come il Corriere della Sera o La Stampa. Ma è la cosmesi il fronte caldo che si serve maggiormente di inserti sfruttando le diverse tecnologie disponibili. La Publication Distribuzione, ad esempio, è il distributore ufficiale per l’Italia di prodotti Adhespack specializzato in iniziative di marketing olfattivo. La loro offerta spazia dal campionamento di un’essenza per profumare direttamente la carta dell’inserto o il giornale stesso, ai classici campioni in cui occorre rimuovere la pellicola protettiva, strisciare il dito nel prodotto per sentire il profumo. Ma arriva anche al makeup sticker per provare addirittura un cosmetico. Per queste tipologie gli

editori difficilmente entrano in campo direttamente. “I campioni prodotto e i flat spray, spiega Fiasca, sono sempre forniti dal cliente così come i duini e i quartini scent seal (altre tipologie di campioni di profumo realizzati dalla Arcade Beauty, ndr); altri inserti cartacei invece possono essere prodotti direttamente dalla concessionaria o dall’editore”. Anche se, soprattutto per i grandi clienti, capita che si produca centralmente per più paesi, che poi fornire i diversi editori. Come ha fatto ad esempio, Dior per la campagna Miss Dior che ha fornito un raffinato “touche” (cartoncino speciale per i tester dei profumi) doppiato, fustellato e sbalzato con all’interno un pezzettino di raso imbevuto di essenza. La bustina cellofanata che lo conteneva è stata veicolata nelle più importanti testate di moda semplicemente incollata sulla doppia tabellare della maison parigina.

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Formato cm 21,6x28 2 quadranti di copertina in materiale plastico da 2 mm con finitura a specchio, accoppiato a tela Cialux della Manifattura del Seveso prodotta in colore speciale, con stampa serigrafica a 2 colori e lamina a 3 colori.

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VESTE MILLENNIALS — THE NEW RENAISSANCE Dolce & Gabbana celebra i millennials. Lo fa sulle passerelle e con Millennials — The New Renaissance, il libro–monumento alla giovinezza che immortala, in 150 scatti a colori e in bianco e nero, la generazione nata e cresciuta col digitale, capace di sfruttarne tutte le opportunità in termini di immagine, stile e personal branding, e di

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lanciare mode e messaggi che possono influenzare le scelte dei loro follower. Edito da Rizzoli, Millennials — The New Renaissance, che porta la firma dell’art director Giovanni Bianco, ha un destino segnato come oggetto di culto.

Davanti alla prima di coperta, in corrispondenza del logo DG, un filtro fotografico magenta in formato 21,6x14, crea un gioco di colori con il logo dello stilista. Confezione con spirale continua trasparente. A protezione del libro, un sacchetto in PET trasparente. 194 pagine + 6 inserti verticali (cm 10,8x28) e 9 inserti orizzontali (cm 21,6x9,4) di cui 3 allineati in testa, 4 allineati al piede e 2 posti al centro della pagina, Carta Gardamatt Smooth da 135 grammi. 1 foglio di etichette adesive, stampati a 4 colori + vernice offset da OGM SpA di Padova su macchine Heidelberg Speedmaster 72x102 – 10 colori convertibili. All’interno: 19 filtri fotografici in 6 colorazioni differenti.

Direzione tecnica di Elena Rocco

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Stefano tico n A o p m Ca PRINTLOVERS | FEB2018

Dapprima fotografo di architettura, si è poi specializzato nello still-life nel settore del lusso, occupandosi principalmente di cataloghi e pubblicità per gioielli, orologi e altri accessori, dalle borse alle cravatte, dalle calzature agli occhiali. La sua ultima fatica: la collaborazione a L’Arte di Sfidare il Tempo, il libro edito da Rizzoli che celebra i 130 anni di Eberhard & Co.

N Nello studio di Via Benedetto Marcello a Milano ci mostra i suoi strumenti di lavoro: una Hasselblad, una Canon, ottiche macro e due sale posa – di cui una dedicata esclusivamente all’infinitamente piccolo – in un ampio open space in cui la luce è sapientemente distribuita tra zone chiare e oscurità totale. Una tazzina di Nespresso – cliente importante, perché anche le capsule del caffè luccicano e devono farsi guardare – e si parte con l’intervista. Aver cominciato a fotografare negli anni Ottanta significa avere un retroterra legato all’analogico. Era un modo diverso di guardare e di fotografare, non soltanto dal punto di vista tecnico. Cosa è cambiato in questo lavoro? Il passaggio dall’analogico al digitale è stato effettivamente un cambiamento epocale, e il lavoro del fotografo pubblicitario ha vissuto momenti difficili. C’è stato un periodo in cui si confondevano le competenze tra fotografo, fotoritoccatore e stampatore: non si sapeva dove finisse una competenza e dove cominciasse l’altra, per esempio chi dovesse fare la conversione in quadricromia prima della stampa, e solo oggi si sta arrivando a una definizione. Attualmente il ruolo del fotografo dipende molto dai clienti: ci sono casi in cui il fotografo fa le foto in un set in cui sono presenti anche l’agenzia o il cliente che, finito lo shooting, si occupano della postproduzione e della stampa. Ma in generale l’esigenza del cliente è sempre più quella di vedersi consegnare un prodotto finito: in questi casi il fotografo, con il suo studio, si occupa di tutto, anche della produzione del cromalin in quadricromia, ossia il documento ufficiale che viene approvato e mandato in stampa.

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Quali caratteristiche deve avere oggi un fotografo perché il brand decida di affidargli la rappresentazione dei suoi prodotti? Deve avere una sua cifra stilistica o un segreto tecnico? Dal punto di vista tecnico il fotografo deve avere un’estrema sensibilità alla luce che permette di valorizzare al massimo i materiali e la lavorazione, che per i brand italiani è sempre la priorità assoluta. Poi si richiede una collaborazione sulla creazione dell’immagine, ma questo dipende dal tipo di foto che si fa: possono essere foto pubblicitarie in cui è richiesto un approccio emozionale, e in cui dunque è più importante l’aspetto creativo rispetto a quello tecnico, mentre nei cataloghi si richiede più la valorizzazione del particolare, e questo richiede anche una certa competenza sulle qualità specifiche dei diversi materiali. Tutto il processo che precede la cre-

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azione di un’immagine richiede la capacità di accompagnare il cliente nel mettere a fuoco ciò che vuole: si tratta di una delle sfide più difficili e stimolanti, che deve fare i conti con una cultura visiva che è molto cambiata in un’epoca di sovraesposizione alle immagini, e con moodboard pieni di idee e ispirazioni raccolte in quel bacino infinito che è il web. Parlando di qualità specifiche dei materiali, qual è la tipologia di accessori più complessa da fotografare? Sicuramente gli orologi, che sono composti da tanti materiali diversi: c’è una parte di metalli che riflettono la luce, i quadranti che hanno bisogno di un trattamento particolare, e tutte le varianti dei materiali dei cinturini. Oggi è prassi comune, per una questione di tempi e di economie, che un orologio venga fotografato in pezzi e poi montato in postproduzione: uno scatto per i metalli, uno per il quadrante,

uno per il cinturino, e poi si assembla. Ma lo stesso può succedere con gioielli particolarmente elaborati e complessi, in cui ogni dettaglio deve avere il giusto fuoco. La mia formazione classica, legata alla pellicola, mi fa usare molta cautela in questa prassi: tendo sempre a far sì che l’immagine sia realistica malgrado la postproduzione, non forzo mai il limite perché il rischio è che la fotografia diventi una specie di rendering, magari tecnicamente perfetto ma molto freddo. E non si può ingannare chi guarda, che spesso ha l’occhio molto allenato, perché se l’effetto finale è quello di un disegno e non di una fotografia la postproduzione è la prima cosa che si nota. Realismo e approccio classico, dunque. Ma bastano per mettere al riparo dal rischio di banalizzare, appiattire o sminuire oggetti di altissimo valore, che nella realtà stimolano diversi sensi ed emozioni? Il rischio di banalizzare il prodotto con una foto dipende solo in parte da questioni tecniche, molto invece dal tipo di rapporto che si in-

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tare e r p r e e a intluce, e ne d n e t rafo verso la g o può t o e f h a l I r c t t e are to a sion l’oggetisce una ver stiva ma and restitu molto suggefezione, che hi essereito della per tale agli occ a scap è fondamen l’ha creato. invece uell’oggetto di chi q

staura tra il fotografo e il cliente, che spesso hanno visioni diverse. Il fotografo tende a interpretare l’oggetto attraverso la luce, e ne restituisce una versione che può essere molto suggestiva ma andare a scapito della perfezione, che invece è fondamentale agli occhi di chi quell’oggetto l’ha creato. Quindi bisogna capirsi e fare scelte che sono frutto di una dialettica. Io posso pensare che certi riflessi valorizzino il materiale lucido, ma se per il cliente invece lo appesantiscono, quei riflessi andranno ripensati o eliminati. Una problematica importante – questa sì, tecnica – può sorgere con il grande formato: erroneamente si è portati a pensare che più le immagini sono grandi, più sia facile estrapolare diversi dettagli da un unico scatto. In realtà estrarre dei dettagli da un’immagine è controproducente perché risulteranno piatti e con una luce non ottimale: è sempre meglio realizzare diversi scatti dedicati a ciascun dettaglio.

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Ci sono diversi modi di fotografare questi accessori: isolati, indossati, inseriti in un ambiente. Si tratta di seguire delle tendenze o di rispondere a esigenze specifiche? Più che di tendenze credo si tratti di soddisfare esigenze diverse. C’è da dire che i grandi brand di moda oggi tendono ad avere uno studio fotografico interno per smaltire il lavoro che va sul web, prevalentemente per l’e-commerce, e questa applicazione richiede foto degli oggetti isolati, che vengono visti da diverse angolazioni. È sempre più raro dunque che vengano commissionati lavori di questo tipo: al fotografo esterno ci si rivolge di più per i lavori che vanno in stampa, come foto campagna e cataloghi, quindi si tratta prevalentemente di foto ambientate, con o senza indossatori. Indubbiamente questo genere di fotografia è più stimolante dello still-life dell’oggetto isolato, perché si lavora in equipe con diverse professionalità, tra cui uno stylist che fa una ricerca di oggetti, abbinamenti e composizioni.

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Quale consiglio si può dare a un brand che cerca il fotografo perfetto per i propri prodotti? Il mondo dei fotografi è molto vasto, dunque bisogna fare una ricerca seria e approfondita. Esiste, per esempio, una fiera a Parigi, chiamata Connections, che viene frequentata dai responsabili del marketing e della comunicazione dei grandi brand per trovare idee, ispirazione e professionisti in grado di realizzarle: partire da lì può essere un’ottima idea. Il consiglio è di cercare di astrarsi dal proprio prodotto e di soffermarsi istintivamente sui lavori che piacciono di più, che colpiscono, che incontrano il proprio gusto. Poi di fare una selezione cercando di capire se, oltre all’impatto emotivo, lo stile del fotografo può andar bene per interpretare il proprio prodotto: se la risposta è sì, ingaggiarlo e, perché no, lasciargli spazio per esprimersi anche sul piano autoriale.

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Classico vs smartwatch. Stop alle contrapposizioni.

ROGER BOTTI è dal 2008 Direttore Generale e Creativo di Robilant Associati. Il suo ruolo coniuga insieme competenze manageriali, supervisione creativa e responsabilità organizzative. Botti vanta un’esperienza consolidata nel Brand Design e nel Packaging Design. Si occupa anche di Corporate Identity per importanti brand. Sotto la sua supervisione si è consolidato in RobilantAssociati un team dedicato a progetti di Retail Branding e Digital Strategy. Appassionato osservatore dei comportamenti di consumo, interviene spesso come relatore a conferenze e convegni.

Nel momento in cui abbiamo imparato a fotografare ogni momento della nostra vita, paradossalmente l’oggetto “macchina fotografica” ha perso la sua funzione. Quelle che abbiamo considerato per anni delle scarse fotografie fatte con il telefono, sono diventate il nuovo standard di riferimento, a volte usato anche dai professionisti.

Parlando di orologi con uno sguardo rivolto al futuro, non si può fare a meno di pensare alla storia delle macchine fotografiche. Oggetti che abbiamo tanto amato e che sono drammaticamente scomparsi dal nostro quotidiano, dai nostri viaggi, dalle nostre vacanze, dai nostri ricordi.

In un mondo in cui il tempo è sempre più importante, ed è il vero “fattore scarso” della nostra epoca, il rischio è che scompaiano anche gli oggetti nati per misurarlo e tutta la cultura ad essi collegata. Una cultura di manifattura raffinata, di un'estetica che rappresenta l’evoluzione dell’uomo, diventando oggetto di culto ed espressione di sé, della società occidentale, della nostra eleganza. Una cultura dove il valore di Brand è stato portato a livelli altissimi, la comunicazione ci ha regalato i migliori esempi della storia. Noi Italiani siamo sempre stati tra i più grandi estimatori e compratori di una tecnica “molto svizzera” che bene si associava alla nostra idea di moda ed eleganza. Se osserviamo il mercato, negli ultimi anni abbiamo assistito al superamento nelle vendite da parte degli Smartwatch, che hanno messo in crisi le categorie medie e medio basse degli orologi tradizionali, mentre non si registrano grandi traumi nel mondo del lusso. Ma il vero problema credo risieda nel fatto che sempre più persone, soprattutto giovani e donne, hanno perso completamente l’abitudine ad indossare l’orologio, perché consultano l’ora su mille altri device oggi disponibili. Se navighiamo su internet cercando informazioni sull’argomento troviamo articoli che sembrano ormai definire una netta contrapposizione tra smartwatch di tutto il mondo e orologi "tradizionali Svizzeri”, i quali per ora restano degli oggetti di lusso da desiderare per generazioni che li hanno sognati, ma che potrebbero smettere di essere sognati nel momento in cui le nuove generazioni avranno smesso di considerare l’esistenza di questi oggetti, per mancanza di utilizzo quotidiano.

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© E_Sh / shutterstock.com

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Il vero problema credo risieda nel fatto che sempre più persone, soprattutto giovani e donne, hanno perso completamente l’abitudine ad indossare l’orologio, perché consultano l’ora su mille altri device oggi disponibili.

Ancora una volta, una categoria merceologica che ha saputo costruire valore di Marca rischia di essere messa in discussione per colpa di un’evoluzione tecnologica dalla quale derivano nuovi comportamenti, quando invece i Brand hanno un grande valore cha va oltre quello che producono. Il valore vero di una Marca ha a che fare con il “come" si produce qualcosa, “per chi”, e forse si potrebbe immaginare di poter seguire un’evoluzione tecnologica imposta dai tempi, senza rischiare di smarrire la “cultura” che sta intorno alle marche. Una cultura che può essere trasferita, perché è fatta di storia, di stile, di saper fare, non di sola tecnologia. Forse una Marca che è stata al polso degli uomini per tanto tempo potrebbe continuare ad avere questo ruolo, anche con un nuovo prodotto che risponda ai bisogni di oggi, senza rischiare le contrapposizioni generazionali che abbiamo già visto nella discussione tra carta stampata e digitale, con l’esito drammatico che già conosciamo. Quando leggo della contrapposizione tra Smartwatch e “orologi Svizzeri”, sento tutto il protezionismo di una generazione difensiva, che si contrappone rifugiandosi nel lusso, bene rifugio per eccellenza, ma forse con il pericolo in questo caso di diventare oggetti che rimarranno in un cassetto, perché forse i nostri ragazzi non li sapranno nemmeno indossare. Se vogliamo che un Patek Philippe continui a rimanere “un oggetto che non si possiede mai fino in fondo ma si custodisce e si tramanda”, come recita la loro ineguagliata pubblicità, dovremo forse fare in modo che gli orologi rimangano “rilevanti” (come si usa dire oggi) per le prossime generazioni. Avremo salvaguardato tutta la "cultura del tempo”, fatta di immaginari, desideri, stili, eleganza, comunicazione, non solo il semplice “tic tac”.

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Pepsi/ Great American Coffee Partnership (America del Nord)

La tipica forma della bottiglia in stile ‘ farmaceutico’ richiama la storia del gin come fondamentale ingrediente delle preparazioni medicinali.

Un prodotto pensato per essere consumato in movimento, confezionato in una bottiglia compatta, ambrata che presenta una forma cilindrica e un profilo arrotondato. L'incisione personalizzata racconta la sua tradizione artigianale.


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Carlsberg Group (Asia) La goffratura della foglia di luppolo e la trama a conchiglia del corpo della bottiglia riflettono le due caratteristiche di questa birra: l’aroma di frutta e le note agrumate e floreali.

Olé Products (America Latina) Un contenitore progettato per poter essere inclinato su un lato, per facilitarne la presa ed evitare lo spreco di prodotto.

UN RICCHISSIMO DESIGN BOOK DEDICATO AL VETRO DA O-I (OWENS-ILLINOIS) Leader mondiale nella produzione di contenitori in vetro, O-I (Owens-Illinois) presenta il suo Global Design Book, una raccolta pensata per essere fonte di ispirazione per le aziende del beverage e le agenzie di design alla ricerca di nuove idee per i packaging in vetro. O-I ha raccolto oltre 100 progetti di design in vetro provenienti da tutto il mondo in una collezione che illustra la bellezza, la versatilità, la personalizzazione di marca, il colore, la forma e le varianti di decorazione che il vetro offre come nessun altro materiale per l’imballaggio sa fare. Nel libro l’azienda (che ha un fatturato di $6,7 miliardi e 79 stabilimenti operativi in 23 paesi) ha raccolto oltre 100 progetti provenienti da tutto il mondo. Forme,

colori e varianti decorative dei contenitori in vetro sono proposti e spiegati in queste pagine, che raccontano progetti provenienti dai quattro continenti in cui O-I opera, e forniscono dunque spunti ad ampio raggio. Soprattutto, riflettono quei caratteri e quei valori che i consumatori, secondo le ricerche, richiedono al vetro: purezza, qualità, sostenibilità, design. "Il libro che si può richiedere è più di una semplice selezione di belle immagini" ha detto Marie-Laure Susset, responsabile della Comunicazione Marketing di O-I Europa "è un vero e proprio racconto per immagini dei marchi e delle tendenze dei consumatori del mondo”.

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ARCONVERT ALLA SCOPERTA DI TALENTI 2.0 con Fondazione Exclusiva e POLI.design.

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La fortuna non esiste, ha scritto Seneca, esiste il momento in cui il talento incontra l'occasione. E se l’occasione non arriva mai? Come spesso accade, se c’è il talento e non l’occasione, si parte in cerca di fortuna. A meno che non ci siano aziende che decidono sia giunto il momento di fornire ai giovani una possibilità.

A fine 2017 si sono conclusi interessanti percorsi formativi che hanno coinvolto talentuosi designer dei settori toys e food & beverage. Gli studenti hanno avuto la possibilità di testare le carte e i film autoadesivi Arconvert per progettare nuovi giocattoli e sviluppare progetti di brand identity per vini, che verranno poi effettivamente messi sul mercato.

Proprio allo scopo di scoprire e incoraggiare i talenti italiani 2.0, Arconvert, azienda tra i leader di livello globale nella produzione di materiali autoadesivi per il labelling, collabora fattivamente con Luca Fois, designer e docente al Politecnico di Milano, sostenendo i master executive POLI.design e le masterclass di Fondazione Exclusiva di Roma.

In qualità di player di rifermento del settore del packaging, grazie alla sinergia con la capogruppo Fedrigoni, l’azienda di Arco ha contribuito concretamente alla fase didattica mettendo a disposizione competenze tecniche corredate da case histories reali e fornendo interessanti contenuti sull’importanza del pack e del label appeal per migliorare le vendite di un prodotto e promuovere il brand.

Il merito di POLI.design e Fondazione Exclusiva è stato quello di farsi ponte tra “sapere” e “saper fare”, creando un vero e proprio metodo di formazione che, attraverso un approccio attivo, olistico, esperienziale e partecipativo ha generato un più efficace processo di avviamento e inserimento professionale. Attraverso questo metodo, i talenti 2.0, i professori, i tutor, gli esperti e anche le imprese hanno trovato le condizioni ideali per un apprendimento collettivo e circolare basato sul paradigma “esigenza concreta=soluzione”.

I prototipi della gamma "Ognissole" di Feudi di San Gregorio sono stampati su carta autoadesiva Arconvert Ispira Nero Mistero.


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I prototipi della gamma "a mmàne" di Cantina Zaccagnini sono stampati su carta autoadesiva Arconvert Cotone Bianco.

Il prototipo del gioco Animal boat trip, in partnership con Hape Toys: utilizza i film autoadesivi di Arconvert Hape Toys, leader mondiale nel settore giocattoli, Feudi di San Gregorio, Zaccagnini e Casale Cento Corvi hanno deciso di credere in questo metodo formativo che trasforma l’apprendimento tradizionale in una conoscenza interdisciplinare basata sul dialogo osmotico tra design, tecnologia, marketing e arte. Due i vantaggi per le aziende: non solo essere entrate in contatto con la creatività applicata alle loro esigenze specifiche ma anche quello di poter finalmente comunicare il proprio brand heritage da una prospettiva diversa, spostando cioè l’attenzione dal prodotto al modo in cui viene realizzato. Non è infatti trascurabile la ricaduta sociale derivata dalla coraggiosa scelta d’investire sulle potenzialità di giovani e sconosciuti creativi italiani, tanto più se questa neonata collaborazione continua con ulteriori incarichi.

Il prototipo di "Sfumature di Giacchè" di Casale Cento Corvi è stampato su carta autoadesiva Arconvert Sirio Fusion Bronce e Sirio Ice White.

www.arconvert.com www.polidesign.net www.fondazioneexclusiva.org www.hape.com www.cantinazaccagnini.it www.feudi.it www.casalecentocorvi.it

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A R T E & E V E N T I

Vasilij Kandinskij Kleine Welten VI, 1922 Xilografia mm 378x282 230 esemplari | Licenza Creative Commons/Sailko

 fino a 11 MARZO 2018 Vimercate (MB) MUST — Museo del Territorio Il segno del ’900 — Da Cézanne a Picasso, da Kandinskij a Fontana

IL SEGNO DEL ‘900 di M I C H E L A

PI BI RI

Il segno del ‘900 – opere grafiche da Cézanne a Picasso, da Kandinskij a Fontana, in mostra al MUST di Vimercate (MB) mette in luce la stampa d’arte come mezzo espressivo autonomo. A lungo sottovalutata nel panorama della storia dell’arte, l’incisione viene qui presentata come strumento privilegiato da molti tra i più importanti artisti europei del XX secolo per le proprie sperimentazioni tecniche e stilistiche, con dignità pari a quella tradizionalmente data alla pittu-

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ra e alla scultura. La mostra è un percorso nella storia dell’arte contemporanea in 85 opere: la curatela di Simona Bartolena riunisce grandissimi nomi legati a Simbolismo, Dada, Surrealismo, Cubismo, Futurismo, Fauves, Die Brücke, Blaue Reiter, Realismo magico, Costruttivismo russo, Spazialismo, Art Brut, fino ad arrivare al gruppo neoavanguardistico CO.BR.A., mostrando l’uso di tutte le tecniche incisorie, monocrome o a colori, talvolta combinate tra loro e che spesso ricercano la terza dimensione con goffrature e

interventi a mano, post-stampa, sulla carta. Calcografia a incisione diretta (bulino, puntasecca, mezzotinto, monotipo, goffratura) e indiretta (acquaforte, acquatinta, carborundum, vernice molle), litografia, linoleografia, pochoir, sergrafia e xilografia: ogni tecnica è rappresentata da opere che raccontano il modo in cui l’estro creativo dei più grandi ha interpretato matrici, inchiostri e carte per lasciare segni indelebili e immediatamente riconoscibili nel nostro patrimonio visivo.

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Creatività, progettazione, prototipazione, stampa, nobilitazione e confezionamento. Dal 1968 siamo leader nel luxury packaging su misura a livello internazionale. Entertainment, Cosmetic, Beverage, Fashion, Multimedia Publishing e Corporate Image, nessuna sfida ci spaventa! Possiamo confrontarci con i materiali più innovativi e le tecniche di nobilitazione più ardite, le piccole tirature come le grandi, nulla ci coglie impreparati. Perché uniamo un elevato know how artigianale e le più recenti tecnologie industriali.

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2018: i nuovi trend della comunicazione visiva

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Come ogni anno Depositphotos e Behance hanno individuato i trend visivi da seguire – e interpretare - per catturare l’attenzione in un mondo sempre più affollato di informazioni. Noi li abbiamo raggruppati in 6 grandi concetti.

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COLORI CORAGGIOSI: DUOTONE, DOPPIA ESPOSIZIONE, GLITCH

MUOVITI! ANIMAZIONI, VIDEO E… GIF

— È Pantone che ha innescato il trend del duotone nel panorama del visual design quando ha designato Rose Quartz & Serenity come colore dell’anno 2016. Due colori che sfumano l’uno nell’altro e funzionano come se fossero uno solo, tanto si sposano bene: nel 2018 la tendenza della doppia tonalità si conferma, i gradienti tornano in auge ma azzardano colori più audaci, nella convinzione che una palette vivida sia di grande aiuto a un brand che vuole spiccare; va da sé che una scelta così coraggiosa richieda ingegno ed equilibrio negli abbinamenti. Anche se i gradienti sono tornati in auge, i colori netti non perdono la loro rilevanza nel mondo del design, e il duotone può declinarsi come doppia esposizione per un effetto che coniuga colore e drammaticità. Per un risultato fuori dal comune, poi, in molti decideranno di sperimentare effetti glitch.

— Le GIF animate hanno già compiuto 30 anni e continueremo a usarle in abbondanza anche nel 2018: sui social media la loro anima ironica e ipnotica funziona benissimo come strumento promozionale, e brand come Starbucks e Pepsi lo sanno. Ma oltre questo grado zero del movimento c’è tutto un mondo in evoluzione di contenuti dinamici: il video, anche senza alcuna postproduzione, è più che mai utilizzato per comunicare, complici le stories di Instagram e le dirette Facebook, mentre le animazioni si fanno sempre più raffinate e intuitive da utilizzare. Che si tratti dello sfondo di una pagina web, di un elemento di transizione di una app o di un logo responsive, però, l’animazione non deve mai essere invasiva o superflua, ma aspirare a innescare emozioni ed essere fonte di soddisfazione per l’utente.

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NIENT’ALTRO CHE LA VERITÀ: FOTOGRAFIA D’IMPATTO, ONESTA E IMPASSIBILE — La fotografia registra almeno tre tendenze che suggeriscono che puntare sulla verità è una buona mossa, perché risponde a un forte bisogno di concretezza di chi guarda. Il primo è quello della fotografia d’impatto: avere sempre con noi uno smartphone apre la possibilità di catturare momenti importanti con foto che possono avere un impatto sull’informazione. Ma non si deve necessariamente aspirare al citizen journalism: verità è anche rappresentare le persone così come sono, senza ritocchi, nel cammino verso l’accettazione e la ridefinizione della bellezza fuori dagli stereotipi. Non stupisce quindi che sempre più spesso i brand scelgano modelle e modelli trovati tra la folla. E quel che vale per le persone funziona su tutto: è appena tornata di moda la fotografia impassibile cara agli anni ’60, in cui le cose sono rappresentate esattamente per quello che sono, difetti compresi, e senza filtri.

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SEMPLIFICARE: NELLA VITA E NELLA PAGINA, MENO È MEGLIO — Meno sofisticazioni e più spazio per respirare, fisico e mentale. Se in fotografia spopolano il nofilter e le tendenze che raccontano un bisogno di aria e un ritorno alla semplicità – le foto di viaggi nella natura, con oltre 2 milioni di menzioni su Instagram, ne sono un esempio – nella grafica si fa strada un nuovo minimalismo, in cui le pagine bianche offrono ai progetti il giusto respiro. Un ampio e generoso spazio bianco non solo è sinonimo di eleganza, ma permette agli spettatori di concentrare la propria attenzione sul contenuto, per un tête-à-tête col messaggio del brand, senza distrazioni. E, a proposito di concentrazione, chi si ricorda quella profusa, da bambini, nei collage creativi? Tagliare le immagini e combinarle in modi imprevisti è una forma di arte dove l'imperfezione incontra la bellezza. E, nella sua (apparente) semplicità, è più popolare che mai.

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OLTRE IL REALE: REALTÀ AUMENTATA, 3D ED EFFETTO PARALLASSE — Trasformare il mondo con l’aiuto di tecnologie immersive non è mai stato così facile. La realtà aumentata è parte integrante di molte applicazioni che permettono di editare foto, aggiungere filtri e maschere anche mentre si scatta con lo smartphone, e i brand non hanno che da integrare i nuovi formati ai loro progetti. Il 3D continua a guadagnare terreno e grazie all’evoluzione dei tool di rendering i modelli avranno finish lisci e luci capaci di restituire la percezione sensoriale di oggetti reali, di riprodurre fedelmente anche i metalli e di suggerire profondità e movimento. Nel web design si riconferma il trend dell’effetto parallasse, protagonista di siti particolarmente interessanti e memorabili: creare un effetto 3D scambiando elementi dello sfondo con quelli in primo piano dona profondità e fluidità all’esperienza di navigazione.

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SCHEMI DA SEGUIRE, SCHEMI DA ROMPERE: PATTERN, ISOMETRIE… O ANCHE NIENTE — Anche il design isometrico incoraggia il trend della tridimensionalità e presenta oggetti ed elementi secondo tutte le prospettive possibili, per dare profondità e visione d’insieme. Ma geometria, nel 2018, non è solo proiezione isometrica: c’è anche una tendenza che riporta in auge il flat design con linee e forme che diventano nuovi pattern. Se abbinati alla scelta di colori vivaci, i pattern donano ai progetti la capacità ipnotica di catturare l’attenzione. Ma molti designer ormai concordano sul fatto che, piatti o tridimensionali, il bello degli schemi è sapere come e quando romperli, e “break the grid” è il nuovo imperativo di chi si è accorto che mettere sempre ogni cosa al suo posto può rischiare di uniformare i progetti e di farli scomparire. E visto che la gara per emergere e restare memorabili è aperta, non vediamo l’ora di vedere quali nuovi stili si affermeranno nel corso dell’anno.

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LA QUALITÀ DI ICMA E DELLE SUE SARTORIAL PAPER© È CERTIFICATA UNI EN ISO 9001:2015 Icma ha sempre perseguito una politica di qualità oggi certificata secondo la più recente normativa internazionale.

Icma entra nel suo 85esimo anno di attività ottenendo la certificazione UNI EN ISO 9001:2015 con 10 mesi di anticipo sulla scadenza dell’applicazione di questa versione che modifica la precedente del 2008. Lo scopo della versione 2015 è più che mai incentrato sul concetto di miglioramento continuo dei processi teso ad aumentare il valore per il cliente. Inoltre, con questa certificazione, Icma diventa un fornitore automaticamente qualificato per tutti i clienti anch’essi certificati ISO.

L’ottenimento dell’attestato assume per Icma un significato importante nel quadro del progressivo completamento del proprio piano triennale di sviluppo ed è un pilastro che guiderà i futuri interventi sia per quanto attiene gli aspetti produttivi delle sue sartorial paper©, destinate al packaging dei brand del lusso, sia per quanto riguarda il servizio al cliente. Elena Torri, CEO di Icma e quarta generazione alla guida dell’azienda, così spiega la politica della qualità in Icma: "Sono ancora una volta orgogliosa delle mie persone perché hanno vissuto la certificazione non come una mera e gravosa formalità, ma come un’occasione di crescita personale e professionale. Hanno

saputo mettere in discussione processi e consuetudini aziendali perseguendo pienamente l’obiettivo di migliorarli e creare buone prassi. Il percorso di certificazione è stato meno impegnativo del previsto perché in azienda, dal 1933 ad oggi, è sempre stata quasi un’ossessione quella di ideare e produrre carte con standard di qualità misurabile e con caratteristiche estetiche innovative e originali. Sono convinta che i primi a beneficiarne saranno i nostri clienti."

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L’azienda ha inoltre ottenuto la doppia certificazione FSC (Forest Stewardship Council) Mix Credit e Controlled Woods. Un sistema coordinato di certificazioni e di buone prassi volte a dare ai clienti qualità certa a cui si aggiungono le proposte di un panel di esperti da cui prendono origine nuove collezioni di sartorial paper© capaci di cogliere le tendenze stilistiche.

Icma è impegnata da anni anche sul fronte dell’impatto ambientale con l’adozione di misure e di soluzioni nel campo del risparmio energetico, riciclo e riuso delle acque, abbattimento dei fumi.

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Il mondo della stampa ha una nuova prospettiva. Da tutte le angolazioni.

More than the sum of the parts. Fiera Milano, Rho 29 Maggio - 1 Giugno, 2018

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I tre mondi della stampa al servizio dell’industria hanno molto in comune. Da oggi, anche una grande esposizione. Print4All riunisce tre marchi prestigiosi di fiere del settore e offre alle aziende una vetrina ancora piÚ ampia per incrociare target trasversali e creare nuove sinergie. Un evento unico, che interpreta le sfide di un mercato in continua evoluzione e le trasforma in opportunità di business. Un progetto di

Print4All fa parte di


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LIBRI DA PARATI L’idea di base della collana Libri da Parati®? Fausta Di Falco, l’editore di VerbaVolant, la spiega così: “Siamo partiti dalla materia prima di base: il foglio tipografico. Abbiamo studiato una piegatura fatta in modo da creare un libro che va aperto e non sfogliato, e che diventa sempre più grande fino a rivelare la sorpresa: un'unica tavola 70x100 che può essere appesa. Ecco raggiunto lo scopo: un libro che non si mette in libreria ma che continua a vivere... sulla parete!”.

Il libro è composto da due parti: una copertina fustellata a forma di croce che si richiude sul libro e, all'interno, un foglio tipografico ripiegato. Il sedicesimo si piega al contrario, per rendere il senso dell'apertura più naturale. Distendendolo, la storia si sviluppa e, insieme, si svelano le illustrazioni. Quando il lettore ha terminato la lettura ha davanti a sé due possibilità: richiudere il libro o appenderlo come un poster. E quando ha letto tutti e dieci libri già usciti nella collana, forse può tappezzare una parete.

La carta dei Libri da Parati® è (solitamente) Arcoprint EW- Fedrigoni, con una grammatura differente per la copertina (250gr) e l’interno (100gr).


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Uno specchio che riflette non una, ma molteplici immagini dell’azienda o del prodotto pubblicizzato. È in tre diverse declinazioni la campagna stampa firmata da Y&R Roma, con la quale la Fieg (Federazione Italiana Editori Giornali) ha deciso di informare aziende e professionisti sui vantaggi fiscali offerti a chi acquista pubblicità sulla stampa.

FARE PUBBLICITÀ SULLA STAMPA CONVIENE Qualcuno lo chiama bonus pubblicità, qualcuno manovrina, ma comunque lo si voglia chiamare il decreto legge 24 aprile 2017 previsto dalla legge sull’editoria è una buona notizia. Si tratta infatti di un’agevolazione fiscale per chi fa pubblicità. In un certo senso potremmo sintetizzare così la faccenda: da qualche mese pianificare una campagna corrisponde per le aziende a fare un vero e proprio investimento. Vediamo perché. Il primo punto del decreto stabilisce che, a partire dal 2018, le imprese possono beneficiare di un credito di imposta in relazione alle campagne pubblicitarie che pianificano su quotidiani e periodici, sia analogici che digitali. Altro punto importante: il valore dell’inve-

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stimento deve superare almeno dell’1% gli analoghi investimenti fatti, sugli stessi mezzi, nell’anno precedente, ovvero nel 2017. Facciamo un esempio: se nel 2017 l’azienda ha sostenuto spese pubblicitarie per 50.000 euro, per poter godere dell’agevolazione prevista sarà necessario che nel 2018 ne investa 51.000. Il credito di imposta è calcolato sui 1000 euro aggiuntivi di spesa applicando l’aliquota agevolata del 75% oppure quella ancora più vantaggiosa del 90% nel caso si tratti di piccole o medie imprese, Start-up, microimprese. La definizione di impresa si fa in base al numero dei dipendenti. La microimpresa ha meno di 10 dipendenti e un fatturato

inferiore a due milioni; la piccola ne ha meno di 50 e un fatturato inferiore a 10 milioni, la media ha meno di 250 dipendenti e un fatturato inferiore a 50 milioni. Non solo le imprese di qualsiasi natura giuridica possono beneficiare del bonus, anche i professionisti e le partite Iva, questi ultimi con qualche vincolo in più rispetto alle aziende. Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione, e dovrà essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2018, da presentare nel 2019. Non è tutto: per avere il credito bisogna fare una domanda al Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri.


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OFFICINA GRAFICA A Firenze, una bottega di design I NUMERI DEL VINO Nel lusso, vincono i francesi 0065


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A Firenze, una bottega di design. Due straordinarie personalità creative, l’uno pittore e l’altro fotografo. Sono Vincenzo Maccarrone e Tommaso Pecchioli, i fondatori di Officina Grafica. In comune hanno molte cose, soprattutto una passione. Che si chiama Wine Design.

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Dire Firenze è già pensare all’arte, alle botteghe che davano forma e colore ai capolavori, ritmo al fluire delle idee, farina al pane della cultura. Nel solco dei secoli di storia della bellezza italiana si colloca Officina Grafica, un laboratorio di creatività applicata al design, al packaging e alla comunicazione e rivolto al mondo del vino. Podere 414 Morellino di Scansano Supporto: Arconvert Freelife Merida White 100 gr, lamina oro Kurz Luxor®425, rilievo serigrafico lucido, rilievo a secco, stampa offset.

Vini di Maremma, colori sfumati e tratti tenui. Il Morellino di Scansano da solo basterebbe a giustificare la fama dei vini di Maremma, e richiede dunque un’etichetta che ne renda al meglio la storia e il valore non solo in bottiglia, ma per il territorio. Officina Grafica ha scelto un segno lento, da fine Ottocento, per raccontare la vicenda di Podere 414, una cantina il cui nome riporta al lotto di terra assegnato a quel terreno dall’Ente per la Riforma Fondiaria. Un’area selvaggia, poco agricola, ridestata da un enologo di fama come Maurizio Castelli e oggi rinvigorita dal figlio Simone. Fatta la conoscenza con il territorio e la sua anima, i creativi ne hanno voluto rendere i dettagli minimalisti con un disegno dal tratto tenue e posato, come incisioni tratte dai libri. Ogni etichetta ha il compito di raccontare una storia, esprimere gli elementi della natura ma anche delle persone che l’hanno resa un gioiello: si passa dai vignaioli vecchia maniera ai modesti badilanti, dalla cantina ai campi, traendo ispirazione da antiche immagini. L’etichetta lieve e riflessiva, dai colori sfumati, non è un passo indietro, ma il punto d’arrivo di un’accurata ricerca artistica, tanto che per dare i giusti tratti alle illustrazioni Maccarrone e Pecchioli hanno individuato un artista in California

I due fondatori, Tommaso Pecchioli e Vincenzo Maccarrone, sono l’uno fotografo e l’altro pittore: personalità creative che si integrano in una comune passione per l’enologia, la quale è già in se stessa un “distillato” dello spirito italiano, e racconta chi siamo più di tanti trattati filosofici. Il processo creativo per definire l’etichetta parte naturalmente dall’incontro di idee con il produttore, anzi, con il vino stesso. “Abbiamo entrambi sposato un progetto a lungo termine prefissandoci l’obiettivo di misurarci con i più affermati studi di caratura internazionale per fare emergere le peculiarità di uno studio artigiano. Abbiamo quasi sempre lavorato nel mondo del vino, e questo ci aiuta a comprendere le necessità delle cantine. Il nostro approccio non è da protagonisti, non spingiamo mai verso una scelta particolare: preferiamo ascoltare, valorizzare e interpretare lo stile delle cantine”. Imporre i propri gusti significherebbe condannarsi alla ripetitività: la parte più creativa del lavoro è invece conoscere le persone, gli scenari, capire che cosa distingue ristorazione e grande distribuzione. Ma anche sfruttare le tecniche di stampa per spendere al meglio il budget a disposizione: pochi centesimi moltiplicati per milioni di botti-


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Zonin Tenuta Ca’ Bolani Opimio Supporto: polipropilene accoppiato a Avery Dennison Martele Blanc, doppia lamina, Kurz Luxor 428 e 423, rilievo a secco, oro colato, inchiostro offset sovrastampato alla lamina, stampa offset e serigrafica

glie sono una bella somma, anche se a volte le cantine di nicchia spendono di più perché il consumatore investe volentieri.

Mix di tecnica e creatività per conquistare il mercato.

“Conoscere tutte le lavorazioni disponibili ci permette di seguire il cliente fin dall’inizio, nelle fasi preliminari e fino all’avviamento della stampa, quando la nostra presenza è una garanzia non solo per la corretta esecuzione ma anche per modificare le impostazioni durante l’ultimo processo. Ci sono sempre le carte che assorbono il colore in maniera diversa, o i pantoni che cambiano rispetto alle prime prove. Il lavoro del direttore creativo non è solo ideare il progetto, ma anche assicurarne la corretta esecuzione”, dicono. Una seria distinzione va fatta sul tipo di cliente: se la casa vinicola è grande o piccola. Il primo briefing viene dal proprietario o dall’ufficio marketing, che presentano esigen-

ze e desideri. Certo, l’uva è uva per tutti e il vino pure, ma le somiglianze finiscono qui. Mentre la grande azienda guarda all’effetto sui consumatori e fornisce già informazioni di scenario (sui mercati, i competitor, che sensazioni evocare), le cantine familiari hanno un’identità propria e il bisogno di essere in un certo modo guidate, indirizzate. Un’altra analisi di grande valore si fa sul nome: alcuni ne danno uno a tutta la collezione, altri ne assegnano uno a ogni prodotto, per trasmettere identità ed emozione. A volte sono toponimi, altre nomi di fantasia, oppure riferimenti storici. Un esempio per tutti è lo sviluppo dell’etichetta di un Chianti Riserva per la Ruffino, tra le più celebri aziende vinicole italiane, diffusissima nel mondo. Era un prodotto assente dal portfolio della cantina, ed è nato per celebrare i 140 anni di storia del brand. A Officina Grafica è stato chiesto di rievocare un’etichetta degli anni Cinquanta - Sessanta. “Abbiamo passato in rassegna il vecchio materiale, ricostruito la storia,

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Ruffino Chianti Riserva Supporto: Arconvert Freelife Meridaa WS 110 gr., Lamina Kurz Metallic Colorit Bronz RGB, rilievo serigrafico lucido, debossing, rilievo a secco, stampa offset e serigrafica

Un consiglio: non mettere sul tavolo solo una o due ipotesi, ma neanche troppe per non creare confusione. I progetti devono però coprire un’ampia gamma di stili e di significati, perché il cliente possa valutare.

indagato quali sensazioni si volessero trasmettere. Abbiamo quindi valutato tre o quattro idee sulle quali lavorare e individuato la strada migliore che esprimesse il risultato desiderato”.

Alla ricerca del design perfetto tra immagini, materiali e colori.

Questo è un consiglio prezioso per i creativi alle prese con clienti esigenti (e cioè tutti): non mettere sul tavolo solo una o due ipotesi, ma neanche troppe per non creare confusione. I progetti devono però coprire un’ampia gamma di stili e di significati, perché il cliente possa valutare. Si prova con un render dell’etichetta, alcuni modelli vengono scartati, modificati, ibridati, innestati: proprio come se fossero i vitigni della creatività. Così il cliente sente “suo” il prodotto finale. Con il Chianti Riserva di Ruffino è andata così: variazioni su variazioni fino a ottenere un consenso unanime anche dal pubblico.

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Un percorso che coinvolge le tipografie con le quali Officina Grafica collabora costantemente, chiedendo consigli e trovando soluzioni anche all’ultimo momento, in fase di stampa. “La competenza è fondamentale e non va trascurata, soprattutto per lavorare sulle lamine o con miscele di colori”. I progetti premiati dal mercato sono innumerevoli. Oltre al Podere 414 della Maremma (in dettaglio nel box), c’è il bollino in resina che simula la ceralacca e impreziosisce il Sergio Zingarelli di Rocca delle Macìe, o la creazione della linea Chianti Classico – Gli Scudi, studiata per festeggiare 125 anni di Famiglia Cecchi. E ancora la nuova sagoma ideata per il Valdobbiadene Prosecco di Santa Margherita, o il Feudo Arancio Hekate di Mezzocorona con tre lamine che si avvicendano sull’etichetta fino a ispirarsi a Klimt, dimostrando quanto vino e design siano espressioni d’arte.


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Cartiere e stampatori al top. Il brand che vuol dire fiducia.

La scelta dei materiali e degli stampatori assume un’estrema importanza. Con tutti c’è massima fiducia e collaborazione, perché sono aziende di altissimo know how e competenza.

Santa Margherita Valdobbiadene Prosecco Supporto: Avery Dennison Frozen Orion, rilievo serigrafico lucido, stampa offset, sagoma e personalizzazione vetro

In questo quadro la scelta dei materiali e degli stampatori assume un’estrema importanza. Officina Grafica si avvale di carte versatili e prestigiose, in grado di reggere anche a condizioni estreme come il classico esempio della bottiglia immersa nel secchiello col ghiaccio. Le cartiere di riferimento sono Fedrigoni, anche attraverso la controllata Arconvert, Fasson - Avery Dennison e UPM Raflatac, tutte in grado di offrire un’ottima resa anche alle alte tirature e con soluzioni tecniche aggiornate, come gli adesivi con più potere aggrappante. “Per gli inchiostri – sottolineano Pecchioli e Maccarrone – ci rimettiamo agli stampatori e alla loro competenza sulle macchine. Noi indichiamo il tipo, ma è la tipografia che lo sceglie, sapendo dove poter meglio intervenire fino alla fine, visto che nelle fasi di prestampa c’è sempre qualcosa da cambiare...”

E gli stampatori? C’è un panel di fornitori di eccellenza nelle regioni più vicine alle cantine: in Toscana il referente Multicolor è all’avanguardia, come anche Modulgraf e Coverciano Grafica. Per il Piemonte la preferita è Eurostampa, e in Friuli c’è un ottimo rapporto con Tonutti. “Con tutti c’è massima fiducia e collaborazione, perché sono aziende di altissimo know how e competenza”.

Nobilitazioni che fanno tendenza.

Un capitolo a parte meritano le nobilitazioni di tendenza. Di recente va molto il debossing, che stampa la carta in pressione sul davanti e fa sì che vi si fissi la “memoria” della carta. Resta molto richiesto il rilievo serigrafico, in grado di coinvolgere anche il tatto; o l’oro colato, sovrastampabile sui dettagli con una vernice trasparente che crea effetti tridimensionali. Funzionano anche la sovrastampa di inchiostro offset su una lamina trasparente (che genera un effetto metallizzato) e accoppiare un film di polipropilene trasparente con un disegno, ottenendo la perfetta simulazione del vetro. Per finire, le scritte o gli stemmi realizzati con una resina trasparente capace di dare una sensazione “gommosa” e perfino l’illusione di toccare un vetro in rilievo.


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Nel lusso vincono i vini francesi

+19% La performance di prezzo dei vini di Borgogna è aumentata nel 2017.

I vini pregiati si fanno strada nelle graduatorie mondiali. E come ogni oggetto di lusso che si rispetti, sono i più famosi, i più cari, i più desiderati. Il 2017 è stato l’anno della Borgogna. nonostante gli incrementi costanti dei prezzi. E gli italiani ? Il primo vino italiano in classifica è solo al 20esimo posto, è il Masseto, seguito da Sassicaia al 33esimo e da Gaja al 56esimo. di M A R C O

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su 10 Nella classifica dei vini più pregiati al mondo, ben 4 dei primi 10 vini in classifica vengono dalla Borgogna.

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su 100 Nella classifica dei vini più pregiati al mondo, ben 24 dei primi 100 vini in classifica vengono dalla Borgogna.

Come giustamente titola Liv-ex, il 2017 è stato l’anno dei vini di Borgogna. Anche se la classifica dei vini più pregiati al mondo è come lo scorso anno dominata dal trio Lafite Rothschild, Margaux e Mouton Rothschild, ben 4 dei primi 10 vini della classifica sono borgognoni e diventano 24 nei primi 100, un livello mai visto prima come mostrano i contributi grafici. Il tutto a spese dei vini di Bordeaux, mai come quest’anno tanto pochi nella classifica e in parte dei vini italiani che scendono a 8 rispetto ai 9 del 2016.

I vini di Borgogna vincono anche come performance del prezzo, +19% in media all’interno di uno scenario molto positivo (+16%). Va però sottolineato che questi sono prezzi in sterline e che, mediamente, la svalutazione contro l’euro è stata del 7% (da circa 0.81 sterline per un euro a 0.87). Talchè i prezzi, pur in crescita, mettendosi dalla parte dell’euro sarebbero da vedere in rialzo di poco meno del 10% in media. Il primo vino italiano in classifica è Masseto, al 20esimo posto, seguito da Sassicaia al 33esimo e da Gaja al 56esimo. Gli altri italiani in classifica sono Solaia, Ornellaia, Tignanello, Giacomo Conterno e Casanova di Neri.

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SP LE IA EC

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BORGOGNA (PREZZO)

GLI ITALIANI (PREZZO)

C PA

TOP 100 VINI (PREZZO)

G A K G

IN

2558 £

3559 £

1600 £

a cassa

a cassa

a cassa

+16%

+19%

+16%

I 100 vini top secondo Livex del 2017 hanno avuto un incremento di prezzo medio del 16% a 2558 sterline per cassa, con una media di 24 vini trattati per marchio. La profondità degli scambi sta gradualmente aumentando (nel 2016 erano 20 vini per marchio).

Nella classifica ci sono 52 Bordeaux, con un prezzo medio di 2168 sterline, +15%, e come dicevamo ben 24 produttori della Borgogna, +19% il prezzo a 3559 sterline per cassa.

Gli italiani che abbiamo menzionato sono 8, con 17 vini mediamente trattati e un prezzo medio di circa 1600 sterline, in crescita del 16% sul 2016. Il marchio con il prezzo più elevato è Masseto, 5136 (+23%), il settimo più caro di tutta la lista. Tutti gli altri nostri vini sono sotto le 1500 sterline a cassa.

Roumier, Canon, Tertre Roteboeuf e DRC sono i vini che hanno avuto i prezzi in crescita più sostenuta, tra il +30% e +35%, mentre nessun vino ha avuto un prezzo in calo.

BORGOGNA: GAP PREZZO 2009 › 2017

100 › 224 ITALIA: GAP PREZZO 2009 › 2017

Se allarghiamo lo sguardo al medio termine, i vini di Borgogna aumentano il gap con gli altri vini. Mediamente un vino che costava 100 nel 2009 ora costa 224, mentre per un Bordeaux il corrispondente indice dice 208 e per i vini italiani 183.

100 › 183 ER M U IN

ID

.IT O N I ELV

Sebbene queste classifiche siano guidate da considerazioni un po’ “mercantilistiche” di collezionisti e investitori, che magari poi i vini non li bevono, rendono comunque l’idea delle tendenze nel mercato e di quanto i vini pregiati stiano diventando sempre più costosi data l’offerta stabile e la domanda in continua crescita. Penso che sia una tendenza destinata a continuare nel tempo, viste le previsioni di crescita del settore dei beni di lusso e lo spostamento del consumo dai “prodotti” alle “esperienze”. Una di queste è proprio il vino.

I numeri del vino, un blog dal cuore grande. ‘I numeri del vino’ è un blog fondato nel 2006 da Marco Baccaglio, analista finanziario, sommelier e appassionato di vino. La testata racconta e commenta le statistiche pubbliche relative al mondo del vino, i risultati finanziari dei principali operatori e le tendenze di mercato: esportazioni/importazioni, dati finanziari dei principali operatori, produzioni italiane e estere. Pubblica con regolarità anche studi e ricerche. I dati relativi alle sponsorizzazioni e ai contributi della raccolta pubblicitaria del blog sono costantemente leggibili sulla testata. I proventi delle sponsorizzazioni e delle donazioni al blog sono versati dal titolare alla Onlus Divina Provvidenza. < L'autore, Marco Baccaglio


E N G L I S H

PAGE 16 FOPE HIGH JEWELLERY’S ITALIAN TASTE Technology, exclusiveness, tradition. At Fope in Vicenza the communication starts off from … ‘A Tale of Beauty’. BY ACHILLE PEREGO

A jewel of a firm, like its creations. Fope’s creations are admired throughout the world not just for being an expression of Made in Italy but also because of the famous Vicenza gold district they come from. They have not met the word ‘crisis’, as many other goods in the luxury industry have done, even if – in Italy especially - the contraction of purchasing power and changes in customs (for a Communion or Confirmation a bracelet or necklace used to be given but now it’s a smartphone) have made themselves felt. Fope, in Vicenza, was founded in 1929 and is led today by the third generation of the Cazzola family (Umberto is Chairman, his sister Ines is Deputy Chair while Giulia Cazzola, the fourth generation, is Marketing Director). From being

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V E R S I O N

a small artisan workshop, it has become a leading player in the high-end jewellery market, and recently completed its range with the addition of watch making. It has revenues of over €20 million, 80% of which are generated abroad. Excluding China and India, Fope is present in almost all the countries in the world, from America to South-East Asia, to the Emirates and, obviously Europe, with Germany and Britain at the top,

metals and became the supplier of the biggest Swiss brands. When the third generation (my father and his sister) entered the business they put to use the store of knowledge they had developed and invested it in the production of their own line of jewels in gold. That’s how the Novecento mesh came into being, which through cross-fertilisation with several designs, has become Fope’s signature both nationally and internationally”.

with around 800 multi-brand jewellers. It is a small-medium sized industrial enterprise whose strong point in lies in fulfilling the entire process - from the design to the production of the new collections’ prototypes, up to production and communication - in Vicenza, with 40 or so employees.

Now, with you, the fourth generation of the family has entered the company... I was born in Vicenza, grew up and studied in the United States (to be precise between Boston and New York) where I had some some significant working experiences. It was exactly this strong relationship with the United States that led to me joining the company ten years ago, with the ambition of doing my bit and introducing something new, as the other generations before me had done. It goes without saying that it wouldn’t have been possible if my family hadn’t believed in my capabilities and in my way of observing the world with curious eyes open to change.

“Fope”, explains Giulia Cazzola, “is today an international brand in jewellery. Its activity started when my great-grandfather Umberto Cazzola founded the first goldsmith’s workshop. At that time he already had an innovative - often pioneering - approach that he managed to transmit to his son Odino. Over the years Fope specialised in the manufacture of watch straps in gold and other

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Where is Fope positioned in the jewellery market? Ours can be defined as Italian high jewellery with the ingenious combination of tradition and innovation. The uniqueness of the mesh we’ve been producing since the ’70s represents the real DNA of Fope, which has always produced timeless jewellery. The collections reinvent themselves and take on a contemporary flavour but without ever losing their identity. The originality of our inventions always gets protected with international patents that guarantee the consumer an authentic piece of Fope jewellery. Our Tale of Beauty is developing with the coordinated image in our publications, trade fair set ups and sales outlets. Among these inventions there is also Flex’it. What is it? A revolutionary invention that makes our meshes flexible. The bracelets no longer need a hook in order to be put on but instead slide onto the wearer’s

wrist. All of this is made possible by a system of hooks and tiny coils in gold hidden within the jewellery’s structure. It’s a system that we not only invented ourselves but which we are the only ones in the world capable of producing. For every new design in the Flex’it, it takes almost two years of development to adapt the system and start production! What is the target group Fope is aiming at? Our production is placed in a broad price range: in fact, we range from €1500 to €30000. In this way we intercept both women who love more informal elegance - gold jewellery for daily

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use - and a more demanding clientele that is looking for jewellery to wear at major occasions. Naturally we also have necklaces, rings and earrings. We still offer complete sets. And we aim at a woman who is an expert and understands jewellery, looks carefully at trends, is tied to a concept of non-transitory beauty and is captivated by the fashion houses that can give her an exclusive sense of belonging. And has a sophisticated personal style. How does Fope communicate its brand and its jewellery? Right from our first advertising campaigns we have adopted different communication strategies to our competitors. In our images you don’t see stiff, unapproachable women who wear prohibitive jewellery. Actually, you come across real women. Cheerful, spontaneous and happy to be wearing the Fope jewellery they feel good in, at their ease with.

How has your communication altered over the years? In the early ’90s there was great vivacity, colour, energy. We worked with international models and the jewellery was in substantial sizes, fitting to that moment in history. At the end of the ’90s the images took on more minimal, decidedly more sophisticated tones. Here too the trends of the time were being reflected and this was also why the jewellery became more subtle in its forms. With the new Millennium a note of irony was introduced into day-to-day luxury, showing sophisticated jewellery and women, but standing out from the crowd. All the supports we use — for the brochures as well — are top of the range:

the beauty of a piece of jewellery is also appreciated beginning with the quality of the papers and the printing. And now? Today the communication speaks through "A Tale of Beauty”. It isn’t just the slogan of our press campaign but a genuine company philosophy. We want to emotionally move our consumers and get them to enter the Fope world. The images are no longer simple photo sets taken in a studio - instead we’re showing a glimpse of the Fope woman’s daily life. In the 2017/18 campaign for example, the central characters are two young women interacting on a theatre set. We wanted to get them to live a story told in a theatre somewhere around Vicenza, with the flavour of the old ‘70s theatres but with a set of contemporary tales. These two women are having fun and reliving part of our traditions and the beauty of the area.

Does the packaging also express the essence of the Fope brand? Undoubtedly and it was inspired by A Tale of Beauty. After all, a box or a case that may contain a piece of jewellery costing even thousands of euros has to be able to be exciting and, in fact, itself be a product of beauty, just as the trade fair set ups or the displays in our shops, as well as the brochures and catalogues. How is your packaging produced? For this we’ve entrusted a company in Verona for years - In the Box, a paper converter that works in the world of luxury for many designer labels. For us they produce boxes and cases for hold-

ing rings, bracelets, necklaces, watches - including the ones we sell through e-commerce - which have a wooden structure covered in fabric. On the inside they use Alcantara in a colour that recalls human skin to show in the best way possible the piece of jewellery being worn. These are raw materials completely made in Italy including the card of the outer box. In the Box also produces our trade fair set ups, which are also in beige tone material, and the wallpaper which we decorate our sales outlets with and which recall Fope’s classic Novecento mesh, in 3D version and home environment. The case that contains a piece of jewellery has to be exciting, has to be itself a product of beauty. In short, in the digital world too, a jewellery brand can’t do without the beauty of materials, packaging and paper for its communication? Definitely. All the papers and cards we use, for the brochures too, are top

of the range Fedrigoni. After all, the beauty of a piece of jewellery couldn’t be appreciated without the use of the best photographers, the best papers and of offset printing. Every year we print two general catalogues, with print runs of thirty to forty thousand copies and with 48-60 pages, plus a catalogue on watches and a specific one for recounting the philosophy of A Tale of Beauty for which, for four years, we’ve also been producing a book. We entrust this work, like the production of our shopping bag - once again in black Fedrigoni paper with the brand in silver and the handles in entwined ribbons - to Gestioni Grafiche Stocchiero in Vicenza.

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How is your communication strategy going forward? Our Tale of Beauty is continuing, it’s developing with the coordinated image in our publications, trade fair set ups and sales outlets. It can be a reference point in the digital and social world thanks to the invaluable work of our celebrity endorsers and influencers but it becomes physical again in the madeto-measure personalisations we create for our clients, in the shop-in-shops created in partnership with the best jewellers who sell our brand. This is also true of our stand at Baselworld - two floors over 270 square metres, a living room and even a garden to welcome jewellers and journalists from all over the world – and at VicenzaOro with the same concept adapted to different spaces, but still recognisable. To round off with our crown jewel: our first flagship store in St. Mark’s Square in Venice. We couldn’t have chosen a more fitting location because of this city’s historical importance and international outlook.

PAGE 22 LEONORI JEWELS EXCELLENCE IN COLOURED STONES. Iconic forms, exclusive creations and all the recognisability of Italian style. Colour is the distinctive feature of Leonori jewels. The collections take shape from the precious stones that make them up: small works of art to wear, embellished with the marvellous chromatic variations of rubies, sapphires and emeralds. In the packaging too, there is the clear sign of a Maison that since 1960 has been marrying the quest for exclusivity with Italian elegance, the contemporary aesthetic with the classical. BY ANNA APREA The Maison Leonori has a sophisticated style that bears the recognisable sign of Italian taste but also a lot, a lot of colour. Its jewels are genuine works of art and bring together the characteristic

expression of Leonori design in the brilliant frames of diamonds, emeralds, sapphires and rubies. It’s a sparkling, joyous, vital sign. Leonori Gioielli was founded 56 years ago by the master jeweller Agostino Leonori, and has gone through a long, progressive expansion in its half century of life. Thanks to the entrepreneurship of Cesare, Lucio and Daniela (Agostino’s three children, who have followed one another in charge) from being a small goldsmith’s workshop, the company has been able to expand its network of contacts in the world, always keeping close to its traditions, its constant attention to innovative stylistic solutions, its quest for exclusivity and entirely Italian elegance.

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It is thanks to the commitment of Cesare that in the Nineties Leonori started to import diamonds from Tel Aviv, emeralds from Colombia, rubies from Myanmar, and sapphires from Sri Lanka. Since then the production of personalised jewellery has started up, including the commission of entirely handmade diadems. “Leonori is famous above all for the creation of pieces with diamonds and coloured stones”, Eleonora tells us. She is the dynasty’s third generation and works in the company alongside her sister Elisabeth. “We focus a lot on the quality of the coloured stones”, she adds, “and this is part of our identity because we were the first to offer colour - even when all the other companies were focusing on diamonds my father and grandfather believed in coloured stones”. Are the colours of the stones also the colours of your packaging? Yes, definitely. In fact our favourite colour is the navy blue connected with el-

egance but we’ve also inserted a cherry red. What is Leonori’s market position? What are the particular features of your brand compared to others that are going down similar roads? We’re focussed on the quality of the precious stones, on creativity and on craftsmanship, which are the most important values for us. What is your communication model? How is your brand transmitted on the market? We’ve been on the market for almost 60 years and that means our model, which envisages both creativity and produc-

tion in Italy, has been rewarded. We’ve never focussed on advertising, unlike other companies who then go on to neglect quality. The main channel for transmitting the quality of our products is word of mouth. What are the values you focus on? Excellence in the choice of the precious stones and craftsmanship, internal and sophisticated design, Italian style, and personalised products. These are the elements that make our jewellery unique. Catalogues, brochures, books, material on paper, photo books... how can paper as a material convey the Leonori values? Paper is prestigious and beautiful, like our jewellery. And the packaging? We look for quality in the products we sell and so also quality in the paper, which has to convey elegance, luxury and prestige. We use paper from the

Swiss paper producer Winter & Company for the external boxes, lined with navy blue silk. Inside there’s microfibre, a material suited to holding jewellery. Jewellery personalisation is one of the biggest trends of the moment - are you thinking about it? We’ll start off with it in 2018. What we have in mind is personalising both the product and the packaging. Your jewellery boxes - can you tell us about them? How do they express the brand values and the product’s specific message? They’re very elegant and simple boxes at the same time because we think the

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correct packaging should highlight the jewellery above all. This is fundamental it wouldn’t be right if the packaging was more striking than the product. One thing is certain: we are always searching for something unique. Our jewellery has a timeless value and it’s being handed down through the generations, and so the packaging too has to always reflect enduring elegance, it has to gift that first emotion. Today the market rewards niche products and so, for the Leonori box, we have chosen a unique product that can have a surprising effect.

attention to the selection of papers and materials for our packaging: in fact, we have put emphasis on certified, quality artisan products that respect the planet. It’s important to set an example and lead the way in order to provide a better future for our children.

Do you pay particular attention to the materials used? And to enhancements? The materials used in our company are the key to our products - we sell natural precious stones that don’t go out of fashion but gain value over time. In the same way, for the packaging we have chosen natural silk and microfibre.

Instead of the classic advertising pages, the big luxury investors increasingly seem to prefer inserts placed inside the magazine body: they’re more conspicuous pages that sometimes offer free product samples. Produced in higher weights, the inserts condition the opening of the magazine, forcing the reader to begin from that point. Great attention is also paid to the covers with special finishings that are hinged on the front and back and are perhaps sealed with an

Finally, let’s deal with the topic of environmental impact: is it a factor you

take into consideration in the production of your jewellery boxes and all your communication material? Or do you think it’s a marginal aspect for the end consumer? As with all the raw materials we purchase in the company we are very careful about sourcing and we are convinced that you can do business without causing damage to the environment, without exploiting people, recklessly wasting the planet’s resources and encouraging illegal markets. We use diamonds of certain origin, imported from countries that respect the Kimberly Process (the agreement that guarantees profits made from the diamond trade are not used to finance civil wars). We pay the same

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PAGE 33 ANATOMY OF (NEW GENERATION) ADVERTISING INSERTS

increase again because of the financial incentives put forward by the Italian government for 2018. After the peak in the web over recent years, investments seem to be distributed a little more uniformly over the different media, limiting their fragmentation. Magazine publishing too is being reassessed: the quest for thematic similarity between the readers’ interests and the content dealt with makes it a favoured vehicle for particular targets. But what advertising are we talking about? Basically, looking more carefully, it isn’t only a growth in terms of pages but also of the so-called special initiatives or rather of those advertising inserts placed in the body of the magazine that attract the reader more than the other pages, whether they are small stitched or glued brochures or even product samples. Indeed, it’s undeniable that an advertising insert - more widely known as an “IP” (promotional insert) from the acronym that has to be put on the page

adhesive stamp. In this highly informed article we look at all the types of new formats, pointing out the print features and issues of each of them. We’re doing it with the help of Rotolito and the technical directors of two of the biggest Italian magazine producers: Daniele Fiasca of Mondadori and Roberto Serino of RCS MediaGroup.

by Italian law - is still an effective and generally economical means to promote a product or brand. For certain magazines - women’s, for example - there are readers who, as Roberto Serino, technical director of RCS MediaGroup, reveals “when we’re dealing with perfumes or product samples they expect to find them as if they were small gadgets”.

BY LORENZO CAPITANI

Paper’s revenge: 59% of readers prefer magazines You just need to flick through a magazine and it inevitably falls open exactly where the insert is, due also to the higher paper weight or the presence of a small product sample. The attention will be captured even more if it blends with

If we look at the advertising revenue figures for the year just gone, we can finally glimpse some optimism on the horizon. And it all bodes well for 2018 too. Sector specialists confirm that advertising pages have increased and might

the cover. The value of magazines from an advertising point of view is also supported by a French study that says that 59% of readers use magazines to look in depth at complex themes and questions. This offers advertisers a major advantage since the vision of the promotional insert has greater impact in comparison to other communication media that are looked at more quickly. This is the socalled ‘deep reading’. And another 2016 study commissioned by the Swiss Print Association summarised at printwirkt. ch (http://www.printwirkt.ch/it/effetto/) reports that out of 1000 people interviewed 63% plan their purchases on the basis of promotional ads in newspapers and magazines. The creativity of ads and covers is growing Rotolito, which doesn’t just produce inserts but also binds magazines for a very large number of Italian publishers and therefore has an unparalleled vantage point, says: “We know that digital

advertising has eroded a lot of space from print advertising, but the economic performance of paper advertising is greater and as a result many publishers are continuously searching for solutions able to capture the reader’s or consumer’s interest in order to attract advertiser investments. It’s no coincidence that the demand for covers with special finishings is rising - especially in the case of niche and high cost magazines - just like the demand for hinged covers and inserts. The latest edition of Rolling Stone, for example, had two versions of its cover with two different images, produced with the use of drip-off varnishes and a hinged cover. The hinged front and back cover and the first page were taken up

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with a famous fashion brand’s advertising for a total of eight pages in all.” 1 Advertising on printed paper is increasingly effective Someone might object: and what about the crisis in publishing and in advertising revenues afflicting newspapers? The problem isn’t the effectiveness of this type of advertising but rather the ability of the magazines themselves to attract readers and fight the competition from the web on cost, content and usage. Actually, advertising on printed paper is increasingly working alongside the web in the light of cross-mediality and is pushing the reader from offline to online with references to sites, QR codes and augmented reality… to the advantage once again of the advertisers who can not only calibrate the access and profile the users but also measure the success of the campaign in an individual magazine.

Anatomy of an advertising insert What are the features of advertising inserts? It should be pointed out that there are various more or less particular types, but in general, since their purpose is to attract attention and get the magazine opened immediately at that point they are by definition produced on paper of a higher weight than in the rest of the publication. Sometimes they’re even heavier than the cover itself. The most commonly used weights are 250 or 300 grammes. But they aren’t necessarily produced on paper. Some time ago Fendi, for example, produced a campaign of UV printed inserts on white PVC sheets in the biggest fashion magazines in the world. And there are plenty of examples of mirror-laminated inserts. They can be in the form of cards or pages bound

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or stitched into the magazine, they can be in the same format as the magazine itself or be smaller. Or once again in the case of product samples — such as perfumes, lotions, teas, infusions, food supplements — they can be attached with removable glue directly on the page. This often happens with a hinged cover or hinged inside back cover. 2 The most effective are the pocketed ones that extend the front cover by folding it inside. The outside front cover hinges that open out from the left are either kept still with a spot of glue or they ruin the magazine with ugly dog ears. 3 And as Rotolito explains, “the management of the hinged cover causes an increase in the lead time for folding and gluing the hinge, and in this case also a slow down in the whole production line”.

of the inserts to be packaged with the magazine if there’s pre-processing like pre-gluing or pre-stitching, is normally seven to ten days from the start of the set-up”. And that’s without taking into account that the publisher often requires preliminary samples to carry out tests. Those tests — if they aren’t directly commissioned to the insert’s publisher — will also certainly be wanted by the printers who you can refer to. In Rotolito, for example, they say that given the innumerable production possibilities, “We don’t have guidelines — there are so many variables we prefer to do tests”.

Very short production and binding times In short, it can vary but, beyond the limits dictated by the advertiser’s budget, it’s the publisher who sets the rules based on technical limits but above all on production times. On this subject Rotolito again says, “The production and supply times for the printed product are always very short. For the weeklies the delivery of the files for printing takes place two or three days before delivery to the newsstands while for the monthlies it’s three or four days before”. Fiasca also emphasises the narrow timeframe: “Sticking to the production timing is crucial, especially for binding, because there can’t be any delays that might compromise coming out at the newsstand. The lead time required for the delivery

has to be done in line and automatically. So sub-formats are definitely to be avoided because they once again create unsustainable timeframes or technical issues that raise the advertiser’s costs excessively. A nice video (http://tiny. cc/vo15py) by the Swiss company Ferag, who specialise in transport and production systems for the graphics industry, shows very clearly the production line application on the cover of a daily paper of a Memostick (a sort of post-it applied to the page with removable glue - see below). Everything travels at top speed in line with the binding. The aim is to be able to fit into the production process as transparently as possible. Every extra step, every extra detail generates costs. 4 Normally the two-sided sheet is preferred, the classic printed card insert-

The formats? Everything is possible provided it’s done in line As we said the limit to the format is dictated by the maximum size of the magazine while the minimum size depends on the binding line used for the inserts to be bound into the magazine or by the runnability with samples. Everything

ed between one gathering and another, as Fiasca confirms: “On paper inserts the two-sided sheet is best for most people but we’ve noticed a certain demand for bound in inserts (product samples and flat sprays)”. 5 RCS also confirm this trend, especially in perfect binding magazines, “while if we’re talking about stapled magazines”, explains Serino, “the 4-page insert is the most commonly used. We haven’t seen many 8-page gatefolds, but it does happen though that there are special covers on which the classic 4-page insert cover is replaced with a 6-page or is matched with a 4-page insert opening out at the start of the magazine creating some very interesting pendants”. 6 September’s Amica is full of examples: it had a 6-page hinged cover, a 4-page insert opening out in pendant with the first advertising page of Patrizia Pepe and a varnished two-sided sheet with “scent seal” perfume, to lift off and try. This is be-

cause inserts can also be enhanced and varnished, provided the relevant measures are taken not to hinder the gluing. 7 The right position for the insert is between one gathering and another. But not always… As we see, there can be various combinations. 8 But obviously an insert’s position can only be between one gathering and another. Even if it can be technically managed, an insertion either in a not fixed position or in a position between gatherings can definitely be not convenient and not effective either. 9 Serino reveals that, as in the case mentioned, “difficulties arise if there are several inserts in the same issue. Because of the positioning we sometimes have to do half gatherings so the insert doesn’t go too

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far back and also because of the slowdowns in binding that can be created. In fact, when there are several mechanical inserts that need to be done manually it’s very difficult to manage because of the times and costs”. And understanding the technical features of the publication the insert is going into might not be enough. “Io Donna, because of its highly variable page numbers, can be bound both by staples and as paperback. Often when this sort of insert is booked we don’t know whether we’ll use one binding or the other and, sometimes, we have to invent a strategy to make the inserts usable in both cases”. Product samples are applied to the page with the gluing machine It’s a different case with product samples or cards applied directly to the magazine page. In this case, explains Fiasca, “the application takes place during the binding stage through a gluing machine that sprays a sufficient amount of hot glue, then removable, to make the sample stick to the gathering”. So, once again, the position has to be at the beginning or the end of the gathering. Otherwise it is necessary to open it or proceed “with manual gluing. In this case,” emphasises Serino, “the processing times oblige us to close the relative gathering a day early and, especially with the weeklies, that isn’t simple”. And he explains that “We also ask for a bit of tolerance on the position and especially not to put it too close to the edge. If these samples were cut by the blades of the trilateral cutter it would be a disaster. Sometimes the samples get to us with the sample already glued on and, often, the difficulty comes from the uneven thickness created which slows down the perfect binding”. 10 Pay attention to bleeding, uncut copies, cut outs Whoever plans and produces an insert has to be very careful. Above all, it is necessary to be very aware of the technical features of the publication in which the insert has to go: in particular, as Rotolito explains, “the points that require the greatest attention are bleeding, uncut copies and cut outs of varnish that if unpredicted can hinder the glue sticking”, 11 but also the fingernails, because every extra hinge has to be a few millimetres shorter to avoid surprises in the cutting; it’s also important to know if the magazine is aligned at the top or the bottom (fundamental for the staple), 12 the assigned areas in the case of samples or “scent seals”. 13 The stages following printing and binding should also be considered: also being a logistics expert, Fiasca underlines that “you always need to consider, for example,

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the packages’ thickness, which can create difficulties in stacking on the pallets creating slowdowns in the binding stage that need to be planned over time and monitored; in the same way, the crush tests have to be carried out before any binding in”. And we would certainly add that a good number of items needs to be supplied for discards: each stage generally requires a start up with its discards. There are lots of measures to take but nothing to be afraid of because, Fiasca goes on, “the agency always has a technical sheet, which it sends to agencies and clients, with the limits of thickness, size and weight as well as positioning inside the page and the format for Mondadori Group magazines”. And often the publishers have online guidelines and their technical offices are available for any clarification. For example, on the portal advertising.it in the Stampa (“Printing”) section there are the technical aspects of most Italian publications, or else the

in other words a printed outside cover in transparent paper, like GSK, wrapping round the magazine. 14 It can be done not only for stapled publications by stitching it firm with the issue or leaving it free, but also for perfect binding magazines: in this case, as slightly happens for books, flaps are needed to hold it. Similar, but in non-transparent paper, is the half-page flap — vertical or horizontal — that overlies the cover or that can be inserted within one gathering and another. Many family weeklies often have these wrap-around flaps, perhaps as coupons. It is also possible to produce a gatefold on the front cover by creating what the French advertisers call “Open, Sesame”. In practical terms, the cover is formed by overlapping covers, cut and folded in such a way to create a hinge on the front cover, kept closed perhaps with an adhesive stamp. The inserts can also be die cut to create pop-ups or even

A touch of originality with the solutions for carrying perfumes Then there are also very particular inserts such as Memostick and Memoscent. As mentioned before, these are special post-its that can be stuck on the front cover of or inside the magazine and can even carry perfume in the case of Memoscent. They are produced by the Swiss firm Valecom and are often also seen on the front pages of daily newspapers like il Corriere della Sera or La Stampa. But cosmetics is the biggest user of inserts that take advantage of the different technologies available. ‘Publication Distribuzione’, for example, is the official distributor for Italy of products from Adhespack, which specialises in scent marketing initiatives. Their offering ranges from sampling an essence to directly perfume the paper of the insert or the newspaper itself, to the classic samples where you need to remove the protective film and wipe your finger on

individual publishers make specific web pages available on their sites. This is the case with rcspubblicita.it which specifies, in the Mezzi (“Media”) section, publication by publication, formats and technical aspects of the planned inserts (e.g. for “7” http://tiny.cc/o455py) . Mondadori, however, makes them available on the portal for uploading advertising material (http://materiali.mondadori. com/).

gadgets. Rotolito remembers the insert in a car magazine for a car ad. “For this car ad inside the insert there was a predie cut sheet of plastic that when it was mounted functioned as a prism to lean a smartphone on. Through a hologram printed on the insert a video started up on the smartphone that was projected in 3D”. But you can go even further and the insertion of a tea bag in a female fashion magazine was transformed into an extremely complex and laborious process to make it runnable, as they well recall in Rotolito: “the client supplied us with stacks of boxes that in turn contained boxes of tea, the typical boxes we buy at the shop, from which we had to take out the individual tea bags and then get those ready to be put in the binding machines”.

the product to smell the perfume. But the makeup sticker is also arriving to even try out cosmetics. For these types the publishers have difficulty in entering the field directly. “The product samples and the flat sprays 15 — explains Fiasca — are always provided by the client as are the two-sided sheets and the 4-sided Scent Seals (other types of perfume samples produced by Arcade Beauty); other paper inserts though can be produced directly by the agency or the publisher”. Even if — especially for big clients — what happens is that there is central production for several countries, which then supply the various publishers. As, for example, Dior did for the Miss Dior campaign that provided a sophisticated “touche” (special cardboard for perfume testers) that was doubled, die cut and

Covers for all tastes: transparent, overlaps, with flaps Let’s go back to the types. If you pass by a newsstand or hear an advertising agent who deals with printed paper, there really are a lot of options. Some really are efficient because of their impact. Such as, for example, parchment,

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raised with a small piece of satin soaked in the essence on the inside. The cellophane wrapper that contained it was carried in the most important fashion publications simply glued onto the double advertising page of the Parisian fashion house. 16 WITH THE 2018 ADVERTISING BONUS, INVESTMENTS IN PRINT ARE GROWING According to Nielsen’s figures, advertising grew last year. Of course the values are not all of the same type and printed paper continues to suffer, but it is slowly discovering a new set up which, as always, is a question of balance. There are sectors that, right at the end of 2017, showed significant growth: like personal care, toys/school material and tourism/travel that respectively grew +26.7%, +31.7% e +11.9% with an overall contribution of about €8.7 million. The effect can be seen on the newsstands. July’s Amica had 186 pages while in October it had 384 with a good 50 advertising pages before the editorial. And it isn’t a one off. Daniele Fiasca, technical director — Mondadori area Periodici Italia, and Roberto Serino from RCS MediaGroup’s Periodicals Division confirm the overall picture. “The advertising pages in our best-selling fashion weekly”, says Fiasca, “are increasing and we can certainly say there’s been good stability in turnover, with particular liveliness in the fashion and cosmetics sector. However, we’ll only see over 2018 whether this trend might be more structural, also taking into account the effect of the financial incentives on incremental advertising in printed paper (the so-called 2018 Advertising Bonus).” Roberto Serino from RCS MediaGroup’s Periodicals Division is of the same opinion: “I think and hope there’s a little recovery. And, at the end of the day, because magazines are certainly more effective than TV and web advertising when it comes to hitting a target. The former speaks to everyone, despite the themed channels, and on the web we concentrate on the content and less on the banners that we ignore even if they are highly targeted.”

PAGE 61 THE QUALITY OF ICMA AND ITS SARTORIAL PAPER© IS CERTIFIED BY STANDARD UNI EN ISO 9001:2015 The quality policy long pursued by Icma has now been certified according to the latest international standard. Icma has begun its 85th year of business by obtaining the UNI EN ISO 9001:2015 certification 10 months before the application deadline for this version, which modifies the previous one from 2008. The objective of the 2015 version is increasingly centered on the concept of continuous improvement of processes to boost value for the customer. Moreover, with this certification, Icma has become an automatically qualified supplier for all of its ISO-certified customers. For Icma, gaining this certification holds an important significance for the pro-

gressive completion of its three-year development plan. It’s a cornerstone that will guide future actions, both with regard to the production aspects of its sartorial paper©, designed for luxury brand packaging, and in terms of customer service. Elena Torri, Icma’s CEO and the fourth generation leading the company, explains Icma’s quality policy as follows: “Once again, I am proud of my personnel because they did not experience the certification as a simple and burdensome formality, but as an opportunity for personal and professional growth. They were able to question corporate processes and habits, fully pursuing the

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goal to better them and to create good practices. The certification process was less demanding than expected because, in the company, from 1933 until today, it has always been our obsession to design and manufacture papers with measurable quality standards and innovative and original aesthetic characteristics. I am certain that the first people to benefit will be our customers.” For years, Icma has also been battling its environmental impact by adopting measures and solutions in the field of energy savings, recycling and reuse of water, and fume abatement. The company has also obtained the dual certification FSC (Forest Stewardship Council) Mix Credit and Controlled Woods. This coordinated system of certificates and good practices aims to provide customers with certified quality alongside the proposals of a panel of experts, who produce new sartorial paper© collections capable of capturing stylistic trends.

PAGE 66 PACKAGING SPECIAL OFFICINA GRAFICA A DESIGN WORKSHOP IN FLORENCE Two extraordinary creative personalities – one a painter, the other a photographer Vincenzo Maccarrone and Tommaso Pecchioli are the founders of Officina Grafica. They have many things in common, and one passion above all: wine design. BY STEFANO TENEDINI Saying ‘Florence’ is already to think of art, of the workshops that shaped and

coloured the masterpieces, set the pace for the flow of ideas and provided the flour for the bread of culture. Officina Grafica has its place in the centuries of the history of Italian beauty. It is a laboratory of creativity applied to design, packaging and communication, and it is focused on the world of wine. The two founders, Tommaso Pecchioli and Vincenzo Maccarrone, one a photographer and the other a painter, are creative personalities who join together in a shared passion for oenology, which is in itself a distillation of the Italian spirit and tells who we are better than countless philosophical essays. The creative process to define the label naturally starts off from the meeting of ideas with the producer, or rather, with the wine itself. “We both married a longterm project, setting ourselves the target of competing with the most established international studios in order to bring to light the particular characteristics of an artisan studio. We’ve almost always worked in the world of wine and this helps us to understand the wineries’ needs. Our approach isn’t to put ourselves centre stage – we never push towards one particular choice: we prefer to listen, to evaluate and interpret the wineries’ style”. Imposing their own tastes would mean condemning themselves to being repetitive: the most creative part of the work is instead getting to know the people, the wider situation, understanding what distinguishes the food and drink industry and the retail industry. But it’s also creative making use of printing techniques to spend the available budget in the best way: a few cents multiplied by millions of bottles is a big figure, even if sometimes the niche wineries spend more because the consumer is happy to invest. Mix of technique and creativity to conquer the market “Understanding all the working processes available allows us to follow the client from the very beginning, in the preliminary stages and up to the start of the printing, when our presence is a guarantee not only for proper execution but also for modifying the configurations during the final process. There are always papers that absorb the colour in different ways, or the Pantones that change from the first trials. The creative director’s work is not just coming up with the project but also ensuring its proper execution”, they say. A serious distinction has to be made on the type of client, whether the wine producer is large or small. The first briefing is by the owner or the marketing office,

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who present their needs and wishes. Sure, a grape is a grape for all of them, and the wine too, but the similarities end there. While the large firm looks at the effect on consumers and provides information about the wider situation (markets, competitors, what sensations to evoke), the family-run wineries have their own identity and need in a certain way to be guided, directed. Another analysis of great value is on the name: some give one name to the whole collection, others assign one to every product in order to transmit identity and emotion. Sometimes they are place names, other times they are invented names, or historical references. An overall example is the development of the label of a Chianti Riserva for Ruffino, one of the most famous Italian producing firms, which is extremely widespread over the world. It was a product missing from the winery’s portfolio, and was created to celebrate 140 years of the brand’s history. Officina Grafica was asked to invoke a label from the Fifties

label, and some models are discarded, altered, hybridised, and grafted on: it’s just as if they were the grapevines of creativity. In this way, the client feels the final product is “theirs”. This is exactly how it went with Ruffino’s Chianti Riserva: variations on variations until there was unanimous consent from the public too. This is a path that involves the printing houses with which Officina Grafica constantly works, asking their advice and finding solutions even at the last moment, in the printing phase. “Skill is fundamental and mustn’t be neglected, especially working on foils or with colour mixes”. There have been countless projects rewarded by the market. As well as the Podere 414 in Maremma (detail in box) there is the stamp in resin that simulates sealing wax and embellishes the Sergio Zingarelli di Rocca delle Macie, or the creation of the Chianti Classico – Gli Scudi line, designed to celebrate 125 years of the Cecchi family. And again there is the new profile thought up for

Dennison and UPM Raflatac; they are all able to provide excellent yield even in high print runs and with up-to-date technical solution, such as adhesives with higher gripping power.

and Sixties. “We gathered together the old material, reconstructed the history, investigated what sensations they wanted to transmit. So we tested three or four ideas to work on and identified the best way of expressing the desired result”.

the Valdobbiadene Prosecco di Santa Margherita, or the Feudo Arancio Hekate di Mezzocorona with three foils following one another on the label that is inspired by Klimt, showing the extent wine and design are expressions of art.

The quest for the perfect design between images, materials and colours. This is precious advice for creatives dealing with demanding clients (which means all of them): don’t put just one or two hypotheses on the table, but don’t put too many either to avoid creating confusion. The projects though have to cover a wide range of styles and meanings so that the client can make an assessment. Try with a rendering of the

Top paper producers and printers. The brand that means trust. In this setting, the choice of materials and printers is of the utmost importance. Officina Grafica makes use of versatile, prestigious papers even able to withstand extreme conditions such as the classic example of the bottle in the ice bucket. The benchmark paper producers are Fedrigoni, also through its subsidiary Arconvert, Fasson, Avery

Trend-setting enhancements The trend-setting enhancements deserve a separate chapter. Debossing has been very popular recently, where the paper is printed under pressure on the front and fixes the paper’s “memory”. Relief screen printing remains very popular, which can also involve touch; or glued gold, printable on the details with a transparent varnish that creates 3-D effects. What also works is printing offset ink on a transparent foil (which generates a metallic effect), and pairing a transparent polypropylene film with a design to get a perfect simulation of glass. To finish off there are writings or emblems created with a transparent resin that can give a “rubbery” sensation

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“For the inks”, underline Pecchioli and Maccarrone, “we leave it up to the printers and their skill with the machines. We indicate the type, but it’s the printer who chooses it, knowing where they can intervene up to the very end since there’s always something to change in the pre-printing stages…” And the printers? There’s a panel of excellent suppliers in the areas closest to the wineries: in Tuscany, Multicolor is at the leading edge, as are Modulgraf and Coverciano Grafica. In Piemonte the favourite is Eurostampa and in Friuli they have an excellent relationship with Tonutti. “We have the greatest trust and collaboration with all of them because they’re companies of very high knowhow and skill”.

and even the illusion of touching embossed glass. Maremma wines – blurred colours, soft strokes Morellino di Scansano on its own would be enough to justify the fame of the wines from Maremma, and so it needs a label that makes the most of its history and value, not only in the bottle but for the area. Officina Grafica chose an unhurried symbol from the late 19th century to relate the story of Podere 414, a winery whose name goes back to the plot assigned to that land by the Land Reform Authority. It was a wild area, not farmed very much, revived by the famous wine expert Maurizio Castelli and it is being reinvigorated today by his son Simone. Having got to know the area and its spirit, the creatives wanted to convey its minimalist details with a soft-stroked, poised design, like book engravings. Each label has the task of telling a story, expressing the elements of nature but also of the people who have made it

a jewel: it passes from the old-style wine growers to the modest labourers, from the cellars to the fields, drawing inspiration from ancient images. The light, reflective label with its blurred colours is not a step backwards but the arrival point for an act of such meticulous artistic research that Maccarone and Pecchioli found an artist in California to get the right strokes for the illustrations.

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E aspetteremo insieme che venga primavera (2015) Tecnica mista: Libretti veri, gesso, vernice acrilica. cm 60Ă—40Ă—45 I libri ci aiutano ad attraversare gli inverni della vita.

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