PREMIATA Daniela Scalia ha ricevuto dal CONI Verona - prima donna in assoluto - il premio “Adriano Paganella” come miglior giornalista sportivo dell’anno
2014. Nella foto, da sinistra Stefano Gnesato (Coni Verona), Gianfranco Bardelle (Coni Veneto), Alessia Paganella, Daniela Scalia, Alberto Nuvolari (USSI Veneto)
sport, e la mia nuova famiglia, due processi laboriosi e avvolgenti che assorbono tutto il tempo. Sportivamente sto ancora decidendo in base al calendario e ai luoghi, sto covando una sorpresa un po’ avventurosa, se deciderò per il si, sarai il primo a saperlo. Che rapporto hai con la tua Verona? Stabile, forte. Sono sempre collegata alle persone, sento i miei familiari di continuo, mio padre mi sta curando alcuni aspetti legati alla fiction, mi raggiunge in Svizzera per le riunioni, amiche e amici mi scrivono. E poi adoro la città, è magnifica. Essere stata via per molto tempo me l’ha fatta riscoprire più bella e preziosa. Si dice che nessuno è profeta in patria. È così anche per te? Solo in parte, il mio bilancio è comunque positivo. Per “fare la differenza” ho dovuto partire, ma Verona mi ha dato tutto quello che mi serviva e mi ha sempre accolta bene. Forse vedo le cose in questo modo perché mi paragono spesso con Luca, che adora la sua Belluno a livelli commoventi anche se lo ha bocciato in inglese, italiano, storia, rugby, insomma in tutto quello che lo vede eccellere. Verona invece mi ha sempre promossa. Da “esterna” come vedi il giornalismo sportivo veronese? Ritrovo sempre con piacere i “vecchi” colleghi, mi piacerebbe però anche vedere un approccio un po’ più “da dentro” lo sport, più vicino ai ragazzi e alle sensazioni a volte “stupefacenti” che fare attività fisica e curare il proprio corpo regala. Ho qualche idea, ne parliamo? Un trascorso da pallavolista, poi un cambio di rotta e ti sei buttata sugli sport “di nicchia”, in particolare quelli anglosassoni. Come mai? Basterebbero due sillabe: Luca. Ci siamo ritrovati
“compagni di banco” in redazione a Sportitalia 11 anni fa. Ha iniziato ha instillarmi la curiosità con il rugby e l’hockey, senza mai impormi niente. Da quel trampolino mi sono accorta di adorare anche il Surrey, le rose e lo humour inglesi, il Cricket, i Kinks, Sherlock Holmes...secondo me per commentare uno sport britannico bisogna conoscere tutto il pacchetto, altrimenti rischi di essere tecnico ma sbagliato, di fraintendere tutto, di non dare un contesto alle cose. Questi sport cosa possono trasmettere ai più giovani? Teoricamente tutto, ma, come dicevo, bisogna capire tutto il pacchetto, altrimenti si rischia solo di fare danni. Soffro quando sento commenti furbetti o peggio ancora “macho” che non appartengono a quel mondo. Se devi giocare a rugby o a cricket per fare la vittima, è meglio che tu scelga sport più facili. Se invece ti immergi, ti dimentichi tutte le balle tipo “tutto il mondo è paese” etc. allora possiamo parlare di contatto che cura il bullismo (ce ne stiamo occupando in Svizzera) e di un mondo incantato e curativo. Io lo vedo così.
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