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Il Superbonus resiste al suo depotenziamento nell’attesa di un ennesimo cambio di rotta

Nei primi due mesi del 2023 è cresciuto di ulteriori 6,5 miliardi il totale delle detrazioni ammesse ma è ancora presto per vedere gli effetti della riduzione al 90% del recupero fiscale e dello stop alla cessione del credito

Ormai scrivere di Superbonus su qualcosa che non è un quotidiano o un sito Web, quindi anche su questo magazine di Smart Building Italia, è divenuto un esercizio ad alto rischio. Infatti, occorre non soltanto mettere in conto continue novità in materia, fra polemiche e correzioni di legge, ma persino degli autentici ribaltoni che capovolgono la situazione precedente, come accaduto con la cessione del credito, prima introdotta, poi limitata ed ora clamorosamente bloccata con migliaia di imprese del comparto edile che rischiano di vedere compromessi in modo irreparabile i loro bilanci, non avendo quindi possibilità di sopravvivenza. Il tutto mentre il diminuito recupero fiscale, ridotto dal 110 al 90% a partire dal mese di gennaio, ha già di suo creato dubbi profondi sul futuro di un’agevolazione che, al netto delle critiche reali o pretestuose, ha comunque l’enorme merito di aver tenuto a galla il settore dell’edilizia negli anni della pandemia.

Stop anche allo sconto in fattura

Il decreto legge che prevede lo stop di tutte le cessioni del credito maturate con l’applicazione dei bonus fiscali oltre che dello sconto in fattura, porta la data del 16 febbraio. Ad essere colpito non è quindi soltanto il Superbonus, anche se non c’è dubbio che proprio quest’ultimo rappresenti il “bersaglio grosso” essendo di gran lunga l’incentivo con la ricaduta economi- ca più rilevante. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha spiegato che si tratta di “una misura d’impatto per bloccare gli effetti di una politica scellerata usata anche in campagna elettorale e che ha prodotto beneficio per alcuni cittadini ma posto alla fine in carico a ciascun italiano 2mila euro a testa”. Non proprio parole destinate a rasserenare gli animi, ed infatti si sono subito registrate le reazioni avverse alla decisione da parte di molteplici rappresentanti del mondo dell’edilizia.

Nelle settimane successive queste reazioni si sono sommate a quelle dello stesso tenore provenienti da diversi schieramenti politici, tanto che l’esecutivo sembra si stia convincendo della necessità di ennesimi cambiamenti per cercare di evitare il tracollo finanziario di tante imprese edili con la conseguente perdita di posti di lavoro. Si pensa dunque a “resuscitare” in qualche modo la cessione del credito con meccanismi finora ipotetici, dei quali preferiamo non darvi conto perché troppo spesso le chiacchiere intorno all’agevolazione sono svanite dall’oggi al domani, figuriamoci quindi nel periodo che intercorre fra la scrittura e la lettura di questo articolo.

Nessuna brusca frenata dell’agevolazione

Dunque, se quel che conta sono i fatti, nell’attesa di un ulteriore e auspicabile cambio di rotta del governo è importante capire quel che sta succedendo al Superbonus nella sua versione doppiamente depotenziata, con recupero fiscale ridotto e scomparsa della cessione del credito e dello sconto in fattura. In realtà, considerato che sono fin qui disponibili i dati relativi ai primi due mesi del 2023, è ancora troppo presto per trarre delle conclusioni. Di sicuro non si è verificata una frenata brusca. Infatti, alla fine di febbraio si sono aggiunti altri 6,5 miliardi di detrazioni a fine lavori - l’onere reale a carico dello Stato - ai quasi 69 miliardi maturati al 31 dicembre. Si tratta però di un dato di difficile lettura, perché non è chiaro se a “gonfiare” i numeri del Superbonus nell’avvio d’anno ci siano ancora lavori autorizzati al 110% o comincino a entrare nella statistica quelli compiuti con il minor recupero fiscale.

Di certo ci aspettano ulteriori capitoli di questa autentica saga del Superbonus, tanto più dopo che la recente Direttiva europea sul rendimento energetico degli edifici ha ribadito che indietro non si torna.

E poco importa se nei prossimi anni gli inevitabili interventi legislativi a sostegno della riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare prenderanno un altro nome. Del resto, i primi ad essere convinti dell’irreversibilità del cambiamento sono proprio i comuni cittadini.

Da un’indagine, commissionata da Confindustria Assoimmobiliare a SWG, emerge che gli italiani considerano già l’efficienza energetica come un criterio fondamentale per orientare le proprie scelte. La maggior parte di coloro che hanno intenzione di acquistare una casa (il 56%) dichiara di volere abitazioni di classe A, quelle con la miglior classificazione energetica.

E sempre la maggioranza del campione interpellato (il 55%) esclude di acquistare le case con valori energetici più bassiquelli da E a G - anche se tali abitazioni costassero di meno. ■

“Troppo spesso è emersa una narrazione a senso unico, legata esclusivamente al costo del Superbonus per l’erario. Quello che invece noi abbiamo sempre cercato di sottolineare è l’enorme apporto che l’incentivo ha dato alla crescita dell’economia italiana, contribuendo per circa un terzo agli ottimi risultati del Pil nel 2021 e 2022”. Federica Brancaccio, presidente dell’ANCE, non dissimula il suo stupore, comune del resto a tanti addetti ai lavori del mondo dell’edilizia, per il tiro al bersaglio politico e mediatico contro la maxi agevolazione fiscale varata nell’ormai lontano mese di maggio del 2020. Ed è quindi il caso di mettere i puntini sulle i: “Il Superbonus ha avuto un impatto rilevante sulle entrate dello Stato, rendendo possibile aiutare le famiglie nella crisi energetica, e indiscutibili effetti positivi anche in termini di occupazione. Negli ultimi due anni sono stati creati, infatti, circa 250mila posti di lavoro nelle costruzioni, di cui ben 170mila grazie ai bonus fiscali. Si tratta di numeri importanti di cui non si può non tenere conto”. Numeri importanti, da tenere bene in conto anche adesso, con il Superbonus apparentemente depotenziato a causa della riduzione al 90% della percentuale di recupero fiscale. “Nessuno ha mai pensato che il 110% potesse essere una misura a vita - spiega Brancaccio -.

Ci dobbiamo ricordare come il Superbonus è nato: nel 2020, in piena pandemia, con il settore dell’edilizia allo stremo dal 2008. Siamo tutti ben consapevoli che è stata una misura straordinaria in un momento straordinario. Oggi la sfida è riscrivere il sistema degli incentivi, ragionando prima di tutto su ciò che ha funzionato: qualificazione delle imprese, prezzari, rispetto del contratto collettivo dell’edilizia. E proprio per rendere sostenibile la misura noi suggeriamo di modulare la percentuale in funzione dell’obiettivo che si raggiunge, sia per la classe energetica che per quella antisismica, e ragionare su agevolazioni variabili in base al reddito dei beneficiari”. Cambia il recupero fiscale ma resta purtroppo intatto il problema che più degli altri ha complicato la vita del Superbonus, ovvero la cessione del credito. Il parere della prima rappresentante dell’ANCE è netto: “A oggi resta la prima emergenza da risolvere. Senza soluzioni a questo problema parlare di futuro è impossibile. Ci sono, infatti, oltre 19 miliardi di euro di crediti, già maturati, che se non pagati mettono a rischio 115.000 cantieri in corso in tutta Italia, oltre 32.000 imprese e 170.000 lavoratori, che raddoppiano se consideriamo l’indotto.

Una vera e propria bomba a orologeria con effetti a catena sulle imprese, che sono le stesse chiamate a realizzare i lavori del PNRR, sulle famiglie beneficiarie degli interventi, che rischiano decine di migliaia di contenziosi, ma anche su tutti i settori collegati, i fornitori, i professionisti”. Insomma, un’autentica emergenza per affrontare la quale non mancano le proposte dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili: “Servono soluzioni certe e di immediata attuazione per lo sblocco totale dei crediti pregressi - afferma Brancaccio -. Come Ance abbiamo proposto da tempo, insieme ad Abi, di utilizzare gli F24 a compensazione dei crediti maturati, una misura resa ora possibile anche dal- le recenti indicazioni di Eurostat. In una situazione di mercato così complessa e ingessata, riteniamo inoltre che sarebbe utile il coinvolgimento immediato di grandi aziende, anche statali, come soggetti acquirenti dei crediti”.

Problematiche del Superbonus che non spostano di una virgola la determinazione assoluta dell’Unione Europea nel perseguire la transizione energetica anche attraverso la riqualificazione del patrimonio immobiliare, come ribadito con la recente Direttiva sul rendimento energetico degli edifici. Una normativa su cui l’ANCE esprime approvazione ma anche cautela: “Condividiamo la direzione e gli obiettivi indicati dalla Direttiva europea per un grande piano di riqualificazione energetica degli edifici, quanto mai indispensabile soprattutto nel nostro Paese. Ma per farlo è necessario individuare strumenti e risorse che consentano di adattare le previsioni alla realtà italiana. Obiettivi, risorse e obblighi devono viaggiare di pari passo per non ripetere gli errori del passato. È chiaro infatti che la transizione ecologica non potrà essere attuata senza risorse e strumenti fiscali adeguati”. ■