2 minute read

E, quindi, la “nuova didattica” come sarà?

informazioni agli studenti è stato accettato in nome dell’emergenza, successivamente l’insegnamento si è strutturato e uniformato sia dal lato delle modalità, cioè con quali strumenti, che dal lato del metodo e della didattica, avviando così una riflessione su come migliorare la didattica online o blended, incentivando interazione e collaborazione, e secondo nuove strategie di valutazione, fino ad arrivare alle lauree online”.

Quale lezione abbiamo appreso dalla didattica in pandemia?

Oggi si ritiene che non vi sia più un unico metodo utile, ma nuove metodologie da applicare, caso per caso, per formazione online, blended o in presenza, a partire dalla didattica “asincrona” fino a quella in ambienti immersivi.

Quindi ci sarà spazio per una vera e propria didattica immersiva che non emuli semplicemente gli spazi del reale?

Questa è la domanda, un po’ retorica e un po’ no, che abbiamo posto a Marius Bogdan Spinu, Dirigente dell’Area per l’Innovazione e Gestione dei Sistemi Informativi ed Informatici e referente per la transizione digitale dell’Ateneo fiorentino durante Smartbuilding.edu a Didacta di Firenze, nella mattina dedicata alla connettività e alla multimedialità. Perché, alla fine, ogni dato tecnico deve essere funzionale all’uso.

La mattina di lavori alla quale ha preso parte Spinu si intitolava: Siamo tutti connessi, con focus appunto sulla connettività e multimedialità, che sono state tuttavia solo il punto di partenza per un più ampio ragionamento. Infatti, quando abbiamo contattato Spinu per proporgli di tenere un intervento sulla connettività, ci ha subito ribadito che il punto non è quanta e quale connettività si ha dentro e fuori le aule, per quanto sia dato fondamentale, ma piuttosto a cosa serva e per quali obiettivi.

“La pandemia – ci ha detto Spinu- ci ha colto preparati dal lato tecnico, perché le tecnologie che abbiamo utilizzato per la didattica a distanza esistevano già, e l’esperienza pandemica ci ha obbligato a utilizzarle in maniera massiva e sistematica. Dopo un primo momento nel quale ogni soluzione per insegnare e passare

Credo sia presto per dare risposte univoche, ma già sono evidenti alcuni elementi: l’uso delle tecnologie, passata l’emergenza, va valutato attentamente, sperimentato e pianificato, considerando le necessità non tanto di oggi ma di domani.

E, proprio guardando al domani, si può già intuire che le nuove forme di insegnamento (a distanza, in video, in ambiente immersivo ecc.) costituiscono prima di tutto una sfida ai modelli didattici tradizionalmente in presenza delle Università pubbliche (tanto che anche le università telematiche stanno cambiando ruolo), richiedendo competenze diverse da parte degli stessi docenti. Su questo l’Italia risulta molto indietro: le competenze digitali dei docenti risultano le terzultime in Europa*

Un’ultima domanda ha riguardato infine i modelli di fruizione degli ambienti della formazione, e le dinamiche e i contesti nei quali gli studenti vivono il loro percorso universitario: se cambiare città per studiare sarà meno necessario, e ci saranno motivazioni differenti per farlo, se andare a lezione in Ateneo e frequenta re dipartimenti e biblioteche sarà meno richiesto e meno utile, avremo quindi meno bisogno di Università, aule, mense e residenze universitarie, e cambierà l’idea stessa di “città universitaria”?. ■

*Fonte DESI 2021, European Commission