Organismi

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Maria Concetta Di Natale

aggiunge alla Deputazione28. Il Museo Salnitriano, come ricorda nel 1888 il Sampolo, raccoglieva “trittici di legno, vasi figurati di creta, donarii, antiche iscrizioni, sculture, anelli segnatori, croci di greco lavoro, suggelli di famiglie siciliane”29. Nel 1788 vengono aggiunti dallo scultore milanese Gabriele Ferrini, sculture di pezzi anatomici in cera, sempre all’interno del Collegio Massimo, in cui si aveva, dunque, un Museo anatomico in cera, ove, come nota lo Scinà, «le interne e le più delicate parti del corpo umano in cera lavorate con mirabil maestria si dimostravano» e un Museo di Storia naturale che recuperava anche i pezzi già del Museo Salnitriano30. Rispecchia la nuova visione illuministica proprio la specializzazione delle aree delle diverse scienze e il Museo anatomico in cera di Palermo si ispira al Real Gabinetto di Fisica e Storia Naturale di Firenze nato nel 1775 con l’attività di Felice Fontana, non a caso maestro del Ferrini31. Il Museo Salnitriano, ormai strumento dell’Accademia degli Studi, viene finalizzato alla conoscenza degli studenti nei due filoni delle scienze e delle arti, il Museo dell’Antichità e quello della Storia Naturale, in sintonia con le teorie illuministiche e non a caso negli anni del governo in Sicilia di due illuminati vicerè: il marchese Domenico Caracciolo di Villamaina (1781-1786) e il principe Francesco D’Aquino di Caramanico (1786-1795)32. Il Museo anatomico in cera era posto al pian terreno, quello dell’Antichità al primo piano e così viene descritto da Léon Dufourny, protetto dal vicerè Caramanico, e amico di artisti come l’architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, il pittore Giuseppe Velasco, lo scultore Ignazio Marabitti, e che nel 1789 scrive: «andai a visitare il museo archeologico dell’Accademia degli Studi, già dei gesuiti. Non vi è nulla d’interessante: alcune iscrizioni, una serie di vasi etruschi dei quali pochi con figure dipinte, qualche scultura in bronzo […] In marmo ho notato solo un busto di Platone […] Il pezzo migliore del museo, se non fosse in così cattive condizioni, sarebbe una Venere drappeggiata con Amore al suo fianco. Questa statua di cui è stata fatta un’incisione, è stata donata al museo dal Principe di Scordia. È un peccato che abbiano avuto la barbara idea di fare ritoccare le due teste, sconsiderato maltrattamento che ha tolto il suo pregio a questo bel gruppo»33. Particolarmente significativo appare per l’epoca il contrappunto per l’intervento di rifacimento subito dall’opera. Nel 1791 si ebbe lo sdoppiamento della Deputazione con tre membri designati all’Accademia, Mons. Alfonso Airoldi, Gabriele Lancillotto Castelli principe di Torremuzza, e il marchese Tommaso Natale, e altri tre del Convitto Real Ferdinando, l’arcivescovo Sanseverino, il duca di Palma e Emanuele Bonanno duca di Misilmeri34. Nel 1793 l’erudito lombardo Carlo Castone della Torre, Conte di Rezzonico, nella visita al Museo ha parole di apprezzamento per il medagliere “ricco di molte rarità”35, che era stato oggetto di riordino e incremento da parte del Di Blasi, cui si deve anche l’acquisto fatto dalla Deputazione per il Museo del medagliere della collezione Rotolo36. Nel 1801 la Deputazione designa un custode che si occupi di tutto il Museo, Tommaso del Carretto, e due direttori delle due aree del Museo il canonico Don Rosario Di Gregorio e Don Giovanni Agostino de Cosmi, mentre il Di Blasi, ormai ottantenne si ritira37. Dal 1802 al 1803 venivano ricoverate al Museo di Palermo alcune opere degli Uffizi, per sottrarle ai saccheggi napoleonici38. Dopo l’ “impostura” dell’abate Vella, nel 1803 il governo disponeva che la Deputazione trattenesse per il Museo i vasi di bronzo e le monete d’oro e d’argento, molte false 39. Con il ritorno dei Gesuiti nel 1805 la Reale Accademia di Palermo, per volontà di Ferdinando I di Borbone, viene eretta a Reale Università degli Studi trasferendo la sua sede dal Collegio Massimo, che tornava ai Gesuiti, ai locali della Casa dei Padri Teatini di San Giuseppe 40. La Biblioteca restava ai Gesuiti malgrado l’incremento che aveva avuto con le donazioni librarie del Principe di Torremuzza, del canonico

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