Fiori gettati al fuoco

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Pignatelli, già evidenziata dalla perseveranza critica di Luigi Carluccio, «che arrovella le figure, le aggroviglia, le arruffa e si manifesta con una grazia sottile il cui sviluppo analitico tende tuttavia a fissarsi nella perfetta e chiusa forma del bozzolo» (1959). Oggi tale ‘bozzolo’ (esaminato negli anni da vigorosi sostegni critici, dal primo del 1953 di Lino Paolo Suppressa, ai valorosi: Giorgio Kaisserlian, Raffaele De Grada, Milena Milani, Dino Buzzati, Giancarlo Vigorelli, Franco Solmi, Luigi Cavallo), s’è aperto alla dinamica della contemporaneità, fingendo la sua rilevanza e la sua capacità di districarsi nel tessuto aperto attraverso la sua poetica. Una poetica allacciata alle parole d’un leccese di vaglia, Vittorio Bodini, dove questa città magica, ben sintetizzata in quel Febbre a novembre (un testo dedicato a Lino Suppressa del 1943), appare con le sue paure superstiziose, con le sue ossimoriche tensioni cromatiche: lo «smeraldo dei giardini», la «calce bianca ed il cielo sonoro» - disperso in Via De Angelis - o, come in Lecce, appare attraversata da «an♦[pagina

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