Short Theatre 2020

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Per un festival, manifestarsi ha sempre del miracoloso. Quest’anno, lo sentiamo tutt_, forse ancor di più. E nell’idea che le cose potessero sfuggire, sappiamo di aver chiesto “di più”: a noi, al tempo, allo spazio della città, agli/le artist_ e alle persone coinvolte nel programma. Oggi più che mai questa possibilità di manifestarsi è il frutto – e il dono – di uno sforzo collettivo di cui siamo grat_ e che speriamo di saper ricambiare. Gli edifici crollano, le statue cadono, i mari continuano a essere liquidi letali per molt_, intorno a noi la terra brucia e si fa,per noi, sempre più inospitale. I mesi che abbiamo trascorso ci impongono di guardare al cuore delle cose, con tutta la violenza che questo comporta. Non basta più preparare la casa in cui incontrarci, perché di quella casa dobbiamo riprogettare insieme la forma, reiventando anche le strategie e gli strumenti con cui costruirla. Il nostro orizzonte ci si svela oggi (finalmente?) per quello che è: squarciato, confuso, trasformato, magmatico, a volte tossico. Ma è proprio in questo che ri-scopriamo qualcosa che già sapevamo, e che dobbiamo tradurre sempre più in pratica: la nostra manifestazione non partecipa di alcuna natura divina, non ha a che fare con il miracolo, non rappresenta uno stato di grazia, un’eccezione alla regola. La nostra manifestazione riguarda la possibilità sempre presente di trasformare, il potere – tutto terreno – del lottare, la capacità di immaginare ciò che non è ancora, di creare spazio dove sembra non possa esistere, di diffondere e disseminare il desiderio, opponendo il comune al proprio, il collettivo al singolare, il trasmettere al tramandare, il trasformare al conservare. La nostra manifestazione ci ricorda che distruggere è sempre un’opzione – gioiosa, vitale, erotica – di fronte a un mondo che continua a morire di ingiustizia, privilegio, autoreferenzialità. E che distruggere, anche nelle sue accezioni più morbide – modificare, cambiare, trasformare, rivedere, correggere, spostare – non è che un passaggio che prelude al costruire.

* Il 25 maggio 2020 a Minneapolis il cittadino afro-americano George Floyd viene arrestato e ucciso da un agente di polizia bianco che lo ha spinto a terra soffocandolo con un ginocchio premuto sul collo. A partire da questa uccisione, un’ondata di proteste infuoca la città e tutti gli Stati Uniti d’America. All’alba del 29 maggio 2020 Ruhel Islam, proprietario del Gandhi Mahal Restaurant, ristorante Bangla-Indiano nella periferia sud di Minneapolis, viene informato che il suo ristorante è stato gravemente danneggiato dalle fiamme causate dalle proteste. Nel ricevere la notizia Ruhel Islam dichiara: «Let my building burn, justice needs to be served» (Lasciate che il mio palazzo bruci, bisogna fare giustizia).


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