The Home Bakery di Martino Beria

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Mart ino Beria

THE HOME BAKERY Come usare il lievito madre e preparare in casa pane, pizza, focaccia e grandi lievitati



THE HOME BAKERY



Mart ino Beria

THE HOME BAKERY Come usare il lievito madre e preparare in casa pane, pizza, focaccia e grandi lievitati


© 2019 Edizioni Enea - SI.RI.E. srl Prima edizione: ottobre 2019 ISBN 978-88-6773-085-8 Fotografie: Martino Beria Revisione e traduzione della prefazione: Antonia Mattiello Art Direction: Camille Barrios / ushadesign Stampa: Lineagrafica (Città di Castello) Edizioni Enea Ripa di Porta Ticinese 79, 20143 Milano info@edizionienea.it - www.edizionienea.it Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.

Questo libro è stampato su carta riciclata FSC®


Il pane

S’io facessi il fornaio vorrei cuocere un pane così grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane così verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chilì i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia. gianni rodari



INDICE 9

Prefazione di Vanessa Kimbell

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Come tutto è iniziato

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Il pane nella storia

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La fisica del glutine, le farine e le loro caratteristiche tecniche

PA R T E P R I M A – I L L I E V I T O M A D R E 33 43 49 51 57 65

Cos’è il lievito madre Come iniziare uno starter Tipologie di lievito madre Il rinfresco del lievito madre Il mantenimento del lievito madre Come verificare e correggere la qualità del lievito (acidità e pH)

PA R T E S E C O N D A – I L PA N E 73 75 77 79 89 91 93 95 99 101 107 129 133 135 139 143 145 147 149 151

Attrezzatura Come impastare L’autolisi La fermentazione in massa: costruire la struttura dell’impasto Lo staglio e la prozionatura La prima formatura (o preformatura) La puntatura a banco Le pieghe finali La lievitazione finale La cottura Il pane step by step Tabella del processo produttivo Gestione del processo di panificazione senza cestini di lievitazione Premessa alle ricette del pane 100% farina tipo 1 100% farina integrale Pane con segale integrale 100% semola di grano duro 100% grano antico siciliano di maiorca Con grani antichi siciliani

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Pane alla zucca Pane di patate viola Pane in cassetta Bun per hamburger Bun per hamburger al latte PA R T E T E R Z A – L A P I Z Z A E L A F O C A C C I A

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Attrezzatura Come preparare la pizza con il lievito madre Pizze Come preparare la focaccia con il lievito madre Focacce

PA R T E Q UA R TA – L A PA S T I C C E R I A L I E V I TATA

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Attrezzatura Fondamenti Ricette di base Il burro veg Il tuorlo veg La crema pasticcera La pasta d’arancio La ghiaccia alle mandorle Ricette dei lievitati Il pandoro Il panettone La colomba I croissant La brioche col tuppo La babka sfogliata

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BIBLIOGRAFIA

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P R E FA Z I O N E

Questo libro non parla di panificazione. Questo libro parla d’amore. Il pane fatto con lievito madre è molto di più del pane. Si tratta di connessioni. Magiche connessioni microbiologiche, che non consentono solamente di ottenere panificati più leggeri e gustosi, ma che rendono il vostro pane più nutriente di quello lievitato in modo convenzionale. I microrganismi presenti nel vaso in cui conservate il lievito sono parte del sistema vitale del pianeta. I batteri lattici vivono nel terreno in simbiosi con il grano mentre questo cresce, e sono gli stessi che si trovano nel nostro ecosistema interno, nel nostro intestino, il cosiddetto microbioma, e ci aiutano a digerire il cibo. Questi batteri sono così parte integrante anche del nostro sistema vitale. Nello starter, i lieviti indigeni e i batteri lattici colonizzano l’impasto di acqua e farina e creano una coltura viva con una relazione simbiotica unica. I microrganismi non si trovano solamente sulla farina, ma anche nell’aria e sulle nostre mani. I lieviti indigeni rilasciano CO2 che fa lievitare il pane e i batteri lattici conferiscono acidità, che facilita la degradazione del grano. Questo processo di scomposizione rende il pane a pasta acida più digeribile per molte persone. Ciò permette una maggiore biodisponibilità di minerali, antiossidanti e vitamine. Con il pane a lievito madre, inoltre, non è necessario utilizzare conservanti ed emulsionanti che comunemente si trovano nel pane commerciale. Fare pane utilizzando il lievito madre è un modo di guardare la vita. Le connessioni partono dal terreno, e i campi in cui il grano viene coltivato, sono a tutti gli effetti la più grande riserva microbiologica del pianeta. È importante comprendere che i custodi della terra sono i nostri contadini. Panificare ci mette in connessione con i mugnai, i quali macinano e trasformano il chicco in farina. Quando fate il pane a casa vostra, avete il potere di scegliere e la capacità di trasformare farina, sale e acqua in un cibo sano e delizioso per le persone che amate. Le vostre mani preparano l’impasto, il vostro cuore s’innamora del processo, la vostra mente si connette con il pane. Ci siete dentro. Dal momento in cui mettete le mani in pasta, diventate dei panettieri. Siete il punto di contatto in un sistema alternativo. È un modo meravigliosamente anarchico e gustoso di essere un attivista gastronomico. E capirete che il pane a pasta acida è qualcosa di più del pane, mentre vi trovate assieme ad amici e familiari per condividere, mangiare, fare festa, divertirvi, capirete che fare pane significa connettersi. Fare pane significa amare. Vanessa Kimbell Autrice e fondatrice di The Sourdough School

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CO M E T U T TO È I N I Z I ATO

Scavando a fondo nella mia cucina, sono arrivato a capire l’importantza di rievocare ricordi. Il valore aggiunto che trovo nel cibo e che mi fa emozionare sono le esperienze vissute mangiando. Un cibo che cucino dopo anni ha una storia. È stato proprio lì la prima volta in cui l’ho mangiato, in quel posto, con quella persona, che si è generata una nuova esperienza, che è diventata poi ricordo, memoria da rievocare. Senza i ricordi perdo il romanticismo del vivere, e il cibo è romanticismo, proprio perché, grazie ai sensi, giunge a livello inconscio e si imprime nella memoria. Il cibo è legato al passato, un passato che ritorna, che bussa alle porte del presente e non sempre ti lascia libero di guardare avanti. Anche una nuova esperienza gastronomica, è un condensato di ricordi che accendono emozioni, e inevitabilmente riportano a un tempo passato. Senza passato, senza ricordi, non mi sarei così appassionato al pane! Sono proprio i ricordi romantici, quasi stucchevoli, del Natale, della famiglia riunita che mi hanno spinto a scervellarmi per ricreare i grandi lievitati: perché il profumo di cui si riempie la casa quando cuoci il panettone è impagabile, e quando lo apri in centro tavola con i parenti, e assapori quei filamenti di pasta con i canditi, il profumo dell’arancio, quando l’uvetta ti esplode sul palato, quello è idealizzazione del passato, di un passato che ognuno di noi ha vissuto, ricco di aspettative, di ricordi affettuosi, o di sole idee di questi, che ci portano ogni anno, lì seduti a quella tavola, con quelle persone, a ricercare il senso di unione. Quando penso alla pizza, inevitabilmente la mente torna a quando da piccolo la ordinavamo con gli amici dei miei: era un momento speciale, a casa mia la pizza non la mangiavamo spesso, e, paradossale ma vero, per me il condensato del ricordo del f lavour della pizza deve comprendere anche l’odore del cartone, che non è più un semplice odore, ma diventa profumo. Questi sono gli scherzi che ti giocano i ricordi! Ma quali di questi ricordi mi hanno spinto così in là nell’arte bianca? Creare con le mie mani, trasporre idee in oggetti è sempre stato vitale per me, sin da bambino, ma devo ammettere che tentare di riprodurre certe prodezze tecniche della panificazione è stata un’ossessione nata abbastanza “tardi”: fino ai miei 24 anni mi sono divertito a fare il pane (molto a casaccio), a fare le pizze in teglia (con i consueti risultati casalinghi). Parlando di pizza, ho addirittura avuto un periodo di rifiuto nel farla: mi affidavo completamente ad Antonia, mia moglie, che spesso la stendeva con una bottiglia di vetro, a mo’ di mattarello. Avevamo 18 anni e, per quanto già lavorassi in cucina, c’erano delle cose che non volevo fare. La farina sporcava sempre tanto, l’impasto appiccicava, lo facevo lievitare sempre per troppo poco tempo e poi bisognava stenderlo con il mattarello. Questa pietra culturale che le mamme ci tramandano, per cui la pizza in casa a un certo punto “va stesa con il mattarello” è qualcosa che non mi è mai andata giù, percepivo un errore di fondo, ma ogni cosa viene a suo tempo. Ai miei 24 anni c’è stata la svolta! Ho avuto occasione di lavorare insieme a Renato Bosco: in quel periodo mi trovavo da Saporé a girare dei video in cui immortalavo Renato nel suo mestiere e lui metteva in soggezione l’obiettivo (e me) con la sua maestria. Osservarlo stuzzicava la mia voglia di riprodurre quelle mosse, così belle, delicate, e di ricercare quei gusti, così raffinati e soavi. 13


Per la prima volta in vita mia, ho scoperto come la farina, assieme all’acqua, può reagire in maniera poetica, dando vita a una massa “plastica”, plasmabile a piacere! Lavorare con le sole mani l’impasto, generando così un’artistica irregolarità di alveoli, questo è stato un concetto che ho percepito, sottilmente, nel momento in cui assaggiavo la pizza in pala, perfetta, “scrocchiarella” per rubare un termine al grande Gabriele Bonci. Ma da lì a riuscire a padroneggiare l’arte bianca, ci sono voluti 8 anni di tentativi costanti, di ricerca dei giusti ingredienti. Per non dire che nel mentre sono diventato vegano, e il tanto amato panettone ho dovuto capire come farlo senza burro e senza uova! Anche questa volta mi sento di dover ringraziare chi mi ha aiutato, mi ha consigliato, mi ha ispirato. Negli ultimi anni ho avuto modo di conoscere moltissime persone nel settore gastronomico e una di queste l’ho incontrata nei miei viaggi in Sicilia: Giuseppe Pagano è uno chef insegnante dell’alberghiero di Messina, ed è un vero maestro. Appassionatissimo anche lui di lievito madre e di grandi lievitati, ha iniziato a porre i semi che mi hanno portato qui oggi. In questi anni ho cucinato tantissimo, ho sperimentato e ho tentato nel mio piccolo di innovare la gastronomia vegana, e dopo tutto questo tempo ho trovato la mia strada nella farina e nelle sue declinazioni. Questo libro vuole quindi essere il condensato di ciò che ho capito lungo il mio percorso sul lievito madre, sul pane, sulla pizza e sui grandi lievitati, e anche delle cose che non ho capito subito e che ho imparato a capire con il tempo. Quanto la verticalità e l’alveolatura assillino la mia mente, solo un appassionato di pane può capirlo, e in questo libro tenterò di guidarvi lungo la tortuosa strada della comprensione della panificazione, con la speranza che la verticalità diventi un Graal da ricercarsi sempre, sempre inarrivabile, sempre appassionante! Martino Beria

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I L L I E V I TO M A D R E


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CO S ’ È I L L I E V I TO M A D R E

Il lievito madre, a molti può sembrare una magia, ad altri qualcosa per persone che hanno molto tempo da perdere, oppure qualcosa d’incomprensibile e così indiretto, che rispetto al lievito di birra è troppo difficile da utilizzare. E per certi versi, si potrebbe avere ragione ad affermare questo! Oggigiorno basta andare al supermercato per trovare la bustina di lievito madre essiccato, pronto all’uso. Ma purtroppo, mi dispiace dirlo, darà dei risultati molto deludenti, a meno che non troviate il negozio che venda del lievito madre al primo o al secondo rinfresco, ready to use. Il lievito madre non è un oggetto che si compra e si usa, senza il minimo sacrificio da parte di chi vuole panificare: il lievito madre si fa, si nutre e si comprende. E non si finisce mai di imparare, perché minime variabili danno risultati diversi tra loro, ed è proprio questa la magia! Tutto sta nel capirne il perché: quando si è consapevoli delle cose, si ha il potere di sapere quando, come e cosa fare per reagire a una data circostanza, e ciò con la panificazione è fondamentale. Attraverso la comprensione, questo potere favoloso, si acquisiscono anche versatilità, adattabilità e sicurezza. Capiamo allora che cos’è il lievito madre. Il lievito madre è un impasto di acqua e farina, colonizzato da un insieme di microrganismi che convivono in rapporto simbiotico. I microrganismi in questione sono presenti sia nell’ambiente in cui questo substrato di acqua e farina viene creato e lasciato maturare, sia nella farina stessa, a patto che si tratti di farina biologica e possibilmente integrale. A questo proposito, ogni farina, derivata da un grano, cereale o altro (addirittura dal cacao crudo), porterà con sé un profilo microbiologico unico e peculiare, che, se fatto maturare e inoculato in un impasto atto a diventare un panificato, darà risultati differenti sul profilo organolettico. È quindi un processo spontaneo, naturale, che con i millenni abbiamo saputo padroneggiare, come abbiamo già visto e come è per tutte le fermentazioni naturali. Quando ho iniziato a fermentare e successivamente a lavorare con il lievito madre, mi sono subito chiesto quali fossero gli attori, quali microrganismi si potessero trovare nel lievito madre. La mia domanda mi è stata utilissima a comprendere le conseguenze che questi microrganismi hanno sull’impasto finale: ogni microrganismo svolge un ruolo specifico utile a ottenere quel risultato strabiliante che tanto amiamo! UNA PREMESSA

Ciò che stiamo per affrontare segue fondamentalmente una regola generica: non esiste un binomio di tempi e temperature standard che possa essere seguito sempre e che darà per tutti lo stesso risultato. I microrganismi adattano il loro metabolismo in base ai fattori ambientali quali tempi, temperature, idratazione, pH, salinità, presenza di zuccheri semplici, ecc. IL LIEVITO MADRE

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I L PA N E S T E P BY S T E P

Unione acqua e lievito: pesate il lievito madre mettendolo in una boule, unite l’acqua pesandola con la tara. Sciogliete il lievito nell’acqua con l’aiuto di un cucchiaio di legno o di un bastone per impastare.

IL PANE

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Aggiunta di farina: aggiungete la farina pesandola con la tara. Mescolate energicamente fino a idratare tutta la farina. Se rimane farina secca sul fondo, inumiditevi una mano e impastate leggermente.

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Autolisi: quando avrete ottenuto un impasto ancora brutto e ruvido, non fate piÚ nulla per almeno 1 ora (autolisi). Coprite la boule, in modo da mantenere l’umidità e lasciate riposare.

IL PANE

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Operazione

Tempo

Temperatura Plan orario

Mescolare acqua lievito e farine Autolisi Inserimento sale Riposo Passaggio da boule a vasca di fermentazione 1° piega di rinforzo Pausa 2° piega di rinforzo Pausa 3° piega di rinforzo Pausa 4° piega di rinforzo Pausa 5° piega di rinforzo Pausa 6° piega di rinforzo Pausa Staglio, porzionatura, prima formatura Puntatura a banco Formatura finale Tot tempo prima dell’ultima lievitazione Lievitazione ritardata Sformatura e incisione Cottura Tot

IL PANE

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L A P IZ Z A E L A FO C ACC I A



AT T R E Z Z AT U R A

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Boule Mestolo Spatola Pala piccola Pala grande Pala legno Cassetta per impasti Bilancia Dosatori Termometro Vasche di fermentazione

LA PIZZA

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COM E PR E PA R A R E L A PIZ Z A CO N IL LIE V ITO M A D R E

In questo libro ho voluto iniziare dalle basi, dalla microbiologia, perché una volta padroneggiata quella, andrà applicata al resto degli ambiti in cui ci addentreremo durante il nostro viaggio. Il pane è poi il passaggio successivo, perfetto per comprendere la tecnica e il ruolo dell’idratazione e delle farine. Utilizzando le basi apprese finora, vi insegnerò a preparare impasti ottimi in gusto e struttura per pizza e focaccia!

F O R Z A , S T R U T T U R A , T E N S I O N E E V E R T I C A L I TÀ

Vi ricordate l’analisi vista nel capitolo sulla fermentazione in massa (pag. 79) in cui vi spiegavo come strutturare la maglia glutinica in modo da costruire un’impalcatura di sfoglie di glutine che avrebbero incamerato gas prodotto dal lievito? Questa era la chiave della verticalità, giusto? Ma la verticalità è una cosa che serve nella preparazione del pane, e che nella preparazione della pizza si rivela controproducente. Vediamo meglio in che senso: se voleste mai fare un esperimento, prendete un cestino di lievitazione che avete in frigo, con il panetto già del tutto lievitato. Rovesciatelo e stendetelo come una pizza in pala. Provateci! Alla fine è impasto lievitato, e teoricamente avrebbe tutte le caratteristiche per diventare un’ottima pizza, se steso bene. La farina usata non è specifica da pizza, ma non importa! Lasciamo perdere i sofismi. Rovesciate quel panetto e schiacciatelo con le vostre dita fino a ottenere un buon mezzo metro di pizza in pala! A patto che riusciate a tirarlo per mezzo metro di lunghezza, noterete che state lottando contro un impasto testardissimo: torna indietro ad ogni tentativo di allungamento! Ma perché? Quando vi spiegavo che più creiamo tensione e più questa farà stare verticale il pane, non scherzavo: le pieghe che avete fatto, e la tensione immessa sia fisicamente dalle vostre mani che dal gonfiore della CO2, hanno irrigidito l’impasto, che ora non ha nessuna voglia di farsi allungare ed appiattire. Direi che capito questo punto, avete capito la differenza fondamentale tra un impasto da pizza/focaccia e uno da pane. La pizza e la focaccia non hanno bisogno di stratificazione per costruire struttura, e non hanno bisogno di costruire eccessiva tensione nell’impasto. Questo perché sono atte a essere stese orizzontalmente, e non a crescere in verticale. Per ottenere questi risultati, ciò che dovrete fare sarà accorciare i tempi di lievitazione in massa e non fare pieghe.

LA PIZZA

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L A PA S T I CC E R I A L I E V I TATA



AT T R E Z Z AT U R A

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Vasche per la lievitazione Planetaria Spatole Bilancia Dosatori Boule Pirottini per panettone e pandoro Vaschetta per pane in cassetta Termometro a filo Termometro Lametta per scarpatura Leccapentole Mattarello Spilloni per punzonatura per panettone e/o colomba

LA PASTICCERIA LIEVITATA

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FONDAMENTI

Benvenuti nel mondo della pasticceria lievitata! Quando ho iniziato questo tortuoso cammino nel mondo del lievito madre sono partito proprio da qui. Sembrerà illogico e anche sciocco: ho preso in mano il lievito madre quando ho deciso che avrei voluto poter godere nuovamente del piacere di mordere una fetta di pandoro o di panettone durante le feste di Natale. Normalmente si parte dal pane, in modo da comprendere come funziona la lievitazione naturale, come reagiscono i vari tipi di farina per poi passare a questo Everest, che sono i grandi lievitati. Eppure, dopo aver speso un anno a produrre panettoni e pandori, colombe e brioche, dopo mille fallimenti e pochi successi, sono riuscito a comprendere meglio il pane e tutto il mondo del lievito madre. Il pane, infatti, è diventato logico, naturale, semplice da affrontare, e questo mi ha dato la libertà di estremizzarne sempre di più le formule andando a spingere l’idratazione, oppure usando farine con tenore glutinico bassissimo. In questo percorso mi ha guidato una persona che non smetterò mai di ringraziare. Il professor Giuseppe Pagano dell’alberghiero di Messina è stato in grado di passarmi alcune delle sue profondissime conoscenze in materia. Grazie a questa guida, non senza studio e dedizione, sono riuscito a produrre i miei grandi lievitati. Sono tantissime le accortezze che bisogna avere durante la produzione della pasticceria lievitata. Andiamo ad analizzarne alcuni aspetti fondamentali. Impastare Per le ricette della pasticceria lievitata è fondamentale poter impastare attraverso una macchina come un’impastatrice planetaria, una spirale oppure una braccia tuffanti. Uno degli elementi che differenziano questo mondo da quello del pane e della pizza è l’inserimento in impasto di grassi saturi, che hanno bisogno di essere inglobati, emulsionati, nella farina. Senza il movimento meccanico ripetitivo di queste macchine, non si riuscirebbe a ottenere un impasto così liscio e uniforme, e non tutto il grasso riuscirebbe a essere assorbito nell’impasto. Piccoli accorgimenti per impastare Quando l’impasto sembra entrare in uno stato di empasse, quindi si attorciglia attorno al gancio, non vanno inseriti altri ingredienti: va fermata la macchina, staccato l’impasto, spezzato e fatta ripartire, in modo che il gancio lo faccia strofinare lento e costante sulle pareti del cestello dell’impastatrice. L’impasto deve sempre essere slegato dal gancio. È bene calcolare il quantitativo minimo e massimo di impasto lavorabile nella propria impastatrice: con troppo poco impasto non si otterrà la giusta azione meccanica, con troppo impasto si andrà pian piano a far fuoriuscire la massa dal cestello. Se abbiamo problemi di temperature durante la fase di impasto ci sono alcuni trucchi che possono essere seguiti.

LA PASTICCERIA LIEVITATA

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LA PASTICCERIA LIEVITATA

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BIBLIOGRAFIA

Alberini Massimo, Storia del panettone, Sidalm Edizioni, 1981 Archetti Gabriele (a cura di), La civiltà del pane. Storia, tecniche e simboli dal Mediterraneo all’Atlantico, Fondazione CISAM, 2015 Brown Edward Espe, ll libro tibetano del pane, Mondadori, 2016 Cabras Paolo, Martelli Aldo, Chimica degli alimenti, Piccin, 2004 Harris Marvin, Buono da mangiare, Einaudi, 1992 Katz Sandor Ellix, Wild Fermentation, Microcosm Publishing, 2001 Katz Sandor Ellix, The Art of Fermentation, Chelsea Green Publishing, 2012 Kimbell Vanessa, The Sourdough School.The ground-breaking guide to making gut-friendly bread, Octopus Publishing Group, 2018 Lugg Casper André, Martin Ivar Hveem Fjeld, Sourdough, Modern Books, 2017 Montanari Giambattista, Scienza e artigianalità della pasta lievitata, Chiriotti Editori, 2015 Montanari Massimo, Il cibo come cultura, Laterza, 2004 Montanari Massimo, A. Capatti, La cucina italiana. Storia di una cultura, Laterza, 2004 Montanari Massimo, La fame e l’abbondanza, Laterza, 2005 Montanari Massimo, Sabban Francois, Storia e geografia dell’alimentazione, UTET, 2006 Niola Marino, Si fa presto a dire cotto. Un antropologo in cucina, Il Mulino, 2009 Oddone Longo, Scarpi Paolo (a cura di), Nel nome del Pane, Atti del Congresso tenuto a Bolzano nel 1993, “Regimi, miti e pratiche dell’alimentazione nelle civiltà del Mediterraneo” Wragham Richard, L’intelligenza del fuoco, Bollati Boringhieri, 2014 Ziegler Ekhard E., Filer L.J. Jr., Conoscenze attuali in nutrizione, Piccin, 2002 PA R T N E R S E S P O N S O R

Un ringraziamento speciale a: ·· Molino Dalla Giovanna: farine tecniche e biologiche ·· Azienda Agricola Fontanazza: farine di grani antichi siciliani ·· Azienda Agricola Pederzani: coltivazione biologica e macinatura a pietra di cereali ·· Pizza Party: forni portatili artigianali a legna e a gas ·· CDK Campbell: spatole e attrezzature artigianali per panificazione ·· Pradlar Bakers: lame per panettieri ·· Punto.DE: distributore di prodotti di design per la casa ·· Ghisanativa - Fonderia Finco: produttore di strumenti di cottura in ghisa

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Dal 2005 Edizioni Enea collabora insieme a Scuola SIMO con un obiettivo preciso: fornire contenuti di qualità per promuovere la salute di corpo, mente e spirito. Pubblichiamo libri destinati a naturopati e operatori della salute, ma anche a semplici appassionati e curiosi. Ci occupiamo di scienza ma anche di spiritualità, integrando i più grandi insegnamenti di Oriente e Occidente. Guardiamo alle grandi tradizioni mediche del passato e ci apriamo alle più innovative proposte nel campo della medicina olistica.

www.edizionienea.it www.scuolasimo.it



Il profumo di pane che esce dal forno, l’inconfondibile odore del lievito madre, lo sfrigolio di una pizza appena sfornata, l’impasto che si stacca e scivola dalla vasca, il pane che svetta in cottura, la consistenza di un croissant caldo la mattina, il morso alla punta di un soffice pandoro, il tuo panettone che diventa un regalo speciale per Natale…

~ Sensazioni, gesti ed emozioni che arricchiscono di significati il tempo passato in cucina a creare e sperimentare. The Home Bakery racconta queste suggestioni e propone un viaggio analitico attraverso i segreti e le tecniche dell’arte della lievitazione naturale. Gli argomenti affrontati sono: il lievito madre e la sua gestione avanzata, il pane, la pizza, le focacce, i grandi lievitati da ricorrenza e altra pasticceria. Ma non solo. È possibile rivisitare le ricette della tradizione in chiave più etica, senza nulla togliere al gusto e alla tecnica? Si può cucinare un panettone senza l’uovo? E i croissant senza il burro? Domande a cui l’autore ha trovato risposta, ribilanciando ricette complesse come quelle dei grandi lievitati in modo da renderle coerenti con la sua visione della gastronomia e della vita. Un libro da leggere e da gustare con gli occhi grazie alle bellissime fotografie realizzate dall’autore.

~ Martino Beria è uno dei più rinomati chef vegani in Italia. È laureato in Scienze e Cultura della Gastronomia e della Ristorazione, lavora come chef e consulente e si occupa di divulgazione e formazione di gastronomia vegetale. È autore dei libri Le Proteine Vegetali, Il Manuale dell’Estrattore e Il Giro del Mondo in 60 Piatti Veg e Vegano Gourmand (Gribaudo) da cui l’omonimo sito di ricette www.veganogourmand.it

€ 29,00 ISBN 978-88-6773-085-8

www.edizionienea.it www.thehomebakery.it

9 788867 730858


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