Tesi triennale Graphic Design (Ricerca)

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IMPATTO più uno meno uno

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica

Accademia di Belle Arti di Catanzaro

DIPLOMA TRIENNALE DI I LIVELLO IN PROGETTAZIONE ARTISTICA PER L’IMPRESA

INDIRIZZO GRAPHIC DESIGN

CANDIDATO

SARA TROVATO

MATRICOLA

T1109

RELATORE

PROF. PAOLA IANNARILLI

ANNO ACCADEMICO 2020/2021

TESI FINALE

IMPATTO più uno meno uno

introduzione

Perché ambiente

Cambiare

Green Deal, Europa 2030

60 app 61 Funzione dell’app 63 Raggiungere gli obiettivi

analizzare il problema

Lavorare su di noi

Cose che già sappiamo

64 analisi 66 Competitors 68 Target 71 User personas

74 Scenario

76 Analisi SWOT

78 Partnership 81 La voce del pubblico

85 Cosa non possiamo cambiare

sviluppo

Logo

UX-UI Design

Funzionalità

Utilizzo

124 conclusioni

125 ringraziamenti

127 bibliografia e sitografia

introduzione 0

Il tema dell’ambiente e della sua tutela è molto discusso, e al tempo stesso molto delicato.

Ormai, con la facilità di diffusione delle informazioni (affidabili o meno) di cui siamo testimoni, così come la possibilità di accedervi, sono nate diverse scuole di pensiero per ogni argomento. Ad esempio, l’approccio nei confronti del problema ambientale oggi verte verso l’uso di un tono di voce che reclama emergenza, azione e senso di colpa. Tutti temi pertinenti e reali del problema che viene trattato.

Ma è davvero il modo giusto di approcciarsi?

Sicuramente siamo davanti a gravi problemi, così come il tempo a disposizione per agire e cambiare è sempre meno, ma è anche vero che viviamo in un vortice. Questo vortice in cui ognuno di noi si trova è fatto di scadenze, ansie, lavoro, soldi e oggetti, risucchiandoci in un loop infinito da cui non riusciamo ad uscire, fatto di abitudini che non cambiamo. Ci hanno insegnato che il mondo corre, che è una giostra che gira all’infinito senza fermarsi, e che ognuno di noi deve correre per salirci, sempre più veloce, e una volta scesi, non c’è speranza, non si può risalire. Ci ritroviamo su questa giostra, girando velocemente, vivendo e consumando velocemente senza pensare, se non per capire come fare a non fermarci.

Ma invece facciamolo, fermiamoci un attimo,

respiriamo.

Ogni cosa sembrerà più bella e vivere rispettandoci e rispettando quello che ci sta intorno sarà semplicissimo.

Questo progetto punta ad inserirsi proprio in questo momento, quando avremo visto e compreso cosa ci circonda. È innegabile, siamo arrivati ad un punto in cui produciamo e consumiamo più di quanto siamo in grado di smaltire. Questo non vuol dire che dobbiamo smettere di produrre e consumare. Siamo esseri viventi e come tali abbiamo dei bisogni, ma soprattutto, caratteristica tipica dell’essere un umano nello specifico, abbiamo dei vizi. È assurdo pensare di poter cambiare questa caratteristica in ogni individuo. Quello che possiamo fare è arrivare in un punto in cui, una grande quantità di persone cambiano la richiesta. Continueremo sempre a consumare, ma lo faremo in modo diverso.

Non è facile riuscirci, cambiare, e per questo motivo la proposta è dare un aiuto per arrivarci il più vicino possibile, attraverso l’uso di un’app mobile che punterà a spronare ogni utente a lavorare su stesso, partendo da attività che non sono per lui fondamentali, così da iniziare ad approcciarsi al cambiamento, fino a raggiungere il punto di riuscire ad abbracciare il cambiamento anche per abitudini radicate.

Le campagne fino ad ora portate avanti su questo argomento hanno attivato l’allarme sulla situazione, ci hanno plasmato, e chi più chi meno lo ha ormai compreso e vorrebbe poter contribuire.

Serve dare però i mezzi e le conoscenze per farlo.

Perché ambiente

Ogni cosa che ci circonda è ambiente, noi siamo ambiente.

Con questa premessa, mettiamo in chiaro che prendendoci cura della natura, non facciamo altro che prenderci cura di noi stessi.

Quante volte parlando con i propri nonni o con persone più grandi, ci è stato detto che una volta era diverso, che si viveva in modo diverso. I miei genitori mi raccontano spesso di come nel nostro paesino in Calabria quando loro erano bambini, nella stagione estiva, non piovesse mai. Da giugno fino a settembre e anche di più, non pioveva quasi mai, se non pochi giorni di forte temporale che poi cedeva il posto ad un caldo infernale. Non era però il caldo che viviamo ora, ma un caldo piacevole, diverso.

Mia nonna spesso mi racconta di come si mangiasse in modo diverso. Non c’era questo consumo di carne giornaliero, non c’era lo spreco di cibo che lei stessa oggi fa. Ogni cosa acquistata aveva un valore diverso e durava, o è forse meglio dire che veniva usata, fino alla fine della sua vita utile.

Mio padre è nostalgico di quei “jeans di marca”. Costavano la paga di una settimana di lavoro se non di più, ma valevano i soldi spesi, sentivi la differenza nel tessuto e nella

Immagine delle proteste nel 2019 "No Planet B"

1 Cfr. Francesco Bonami, Lo potevo fare anche io, Mondadori, Milano, 2007.

durata rispetto ai jeans che indossiamo oggi; è nostalgico della mozzarella fresca, come lui la ricorda, che aveva un sapore diverso.

Sarà forse una convinzione mentale, ma a quanto raccontano le generazioni nate prima degli anni ’90, sembra che tutto fosse diverso.

Come è giusto che sia, le cose cambiano, si evolvono, rimpiangere il passato vuol dire negare l’oggi e rinunciare al futuro 1

Alcune abitudini muoiono, altre nascono. Così come è stato in passato, è tempo che le nostre abitudini muoiano, a favore di altre che non provochino lo stesso danno delle vecchie, ma che siano migliori, imparando dal passato e superandolo.

Questo non vuol dire smettere di consumare qualsiasi prodotto o rinunciare a tutti i benefici che la nuova era ci ha portato. È impensabile puntare a questo stravolgimento, e non è corretto scartare i grandi sviluppi che abbiamo fatto, i traguardi che abbiamo raggiunto, solo perché fin ora abbiamo abusato delle fonti a nostra disposizione e delle scoperte che abbiamo fatto.

Ma è necessario cambiare, ci chiediamo dunque come possiamo farlo.

Introduzione

Cambiare

"Se io sono io, come posso decidere di avere idee comportamenti diversi in numero superiori a quelli che ha “io”? E soprattutto dove, se non in me, vado a pescarli, idee e comportamenti alternativi?"2

Una brillante osservazione della scrittrice Annamaria Testa, che per nostra fortuna ci fornisce anche delle strade possibili per trovare una risposta a questi dubbi. Possiamo scegliere di fare riferimento alla nostra natura umana, che fino ad oggi ci ha spinto verso la sopravvivenza. In anni di evoluzione fisica e mentale, come specie abbiamo avuto la capacità di trovare una soluzione ai nostri problemi, puntando a rendere la nostra vita sempre più facile e agiata, soprattutto quando si tratta di bisogni fisiologici, e quello che viviamo oggi è in parte conseguenza proprio di questo nostro approccio di sopravvivenza.

In teoria, dunque, potremmo aspettare di essere in condizioni di sopravvivenza, nelle quali il nostro istinto ci guiderà a fare scelte che tutelino la nostra vita.

Un approccio piuttosto menefreghista e anche forse in parte non molto astuto. Abbiamo ancora del tempo per poter decidere di cambiare e farlo in modo autonomo, ognuno con i propri tempi, perché non sfruttarlo?

L’altro approccio è forse quello più adatto a questa situazione, che infonde in noi una speranza di poter agire prima che l'istinto di sopravvivenza debba fare il suo lavoro.

Alla domanda, se io sono io, come posso decidere di avere idee e comportamenti diversi

2 Cfr. Annamaria Testa, Farsi capire, BUR Rizzoli, Milano, 2009, p. 40.

in numero superiori a quelli che ha “io”? la risposta è semplice, basta immaginare di essere qualcuno che riesce a farlo. Una rivelazione, che non è una rivelazione.

Noi siamo chi siamo, ma decidiamo chi essere.

Altra rivelazione che non è una rivelazione, siamo noi a decidere come andranno le cose.

I modi di fare, di dire, le tendenze, sono tutte cose a cui qualcuno ha dato inizio, non nascono dal nulla. Mi chiedo perché ora non dovremmo riuscire a cambiare il nostro modo di consumare e di vivere.

Cosa possiamo fare per dare inizio a questo cambio di rotta?

Introduzione

Ogni bene prodotto nasce dalla domanda crescente di quel bene. Al diminuire della domanda, e dunque al diminuire del possibile profitto, ogni azienda deve prendere delle decisioni, capire quale sia la nuova domanda del suo pubblico. È la logica della società di massa, il consenso3.

Ogni azienda propone un prodotto, e questo non sarà mai uguale per ogni Paese in cui dovrà essere venduto, ma cambierà alcuni dei suoi elementi in base ai gusti e alle caratteristiche di ogni popolazione. Se così non fosse l’azienda non potrebbe puntare ad un profitto minimo, partendo già svantaggiata con un prodotto che il suo pubblico non accetterà4. Oggi Internet ha cambiato un po’ i meccanismi, facendo entrare nel mercato piccoli venditori autonomi che sfuggono alle regole della produzione di massa, e inoltre ha reso i prodotti accessibili quasi a chiunque e in modo autonomo, come qualsiasi altra cosa che è ormai accessibile a tutti5.

Sembrerà strano, ma la domanda di ogni prodotto parte proprio da noi singoli cittadini.

Ciò che rende un bene non più producibile, che rende necessaria la sua produzione in modo differente, è la richiesta che di esso si fa.

3 Cfr. Riccardo Falcinelli, Critica portatile al visual design, Einaudi, Torino, 2014, op. cit., pp. 76-83.

4 Ibidem.

5 Ibidem.

6 Cfr. Annamaria Testa, Farsi capire, BUR Rizzoli, Milano, 2009, p. 23.

"L’unico modo per modificare i vincoli propri di un sistema è cambiare il sistema"
Annamaria Testa

Introduzione

Sono interessanti le analisi del designer Riccardo Falcinelli nel suo testo Cromorama. Il suo testo spiega l’origine dei colori e la loro diffusione, ma non solo questo. Un colore può cambiare tutto il modo di pensare e agire di una società, e in questo libro comprendiamo proprio queste dinamiche. Ad esempio, il primo colore sintetico, scoperto per puro caso nel 1856 circa, viene utilizzato per tingere la stoffa e i tessuti, e definisce la nascita della moda e non solo, anche la nascita delle case farmaceutiche che inizialmente producevano per l'appunto coloranti sintetici7.

Le Grandi Esposizioni della metà del 1800 danno l’inizio di quello che per noi oggi è la quotidianità. Vengono esposti prodotti di ogni tipo, mostrando modi di vivere, di fare, di pensare. L’obiettivo, invogliare le persone ad acquistarli, mostrando loro questi nuovi mezzi e spingendoli a parlarne, facendo crescere in loro la speranza di costruire attraverso essi, un’immagine nuova di sé verso l’esterno. Quegli stessi oggetti sono per noi oggi

parte delle nostre giornate, nelle loro versioni più moderne, ma quando furono proposte, era altrettanto impensabile averli all’interno della propria quotidianità. Ma ci sono entrati.

Non era altro che una fase embrionale della nostra vita.

“Il miglior modo per imporre nuovi valori è infatti uno solo: parlarne”8 così ieri anche oggi, non c’è cosa più vera, ma in forma differente.

Parlare di qualcosa lo rende reale e possibile. Ecco perché siamo qui a parlare di questo tema e renderlo il più reale di quanto già non sia, ma non solo.

7 Cfr. Riccardo Falcinelli, Cromorama, Einaudi, Torino, 2017, op. cit., pp.116-123.

8 Ibidem.

9 Cfr. Annamaria Testa, Farsi capire, BUR Rizzoli, Milano, 2009, p. 12.

Il nuovo valore da imporre è: consapevolezza.

È fondamentale parlare del problema e altrettanto fondamentale è parlare delle soluzioni, altrimenti tutto rimane solo parola che lascia il tempo che trova, perché il poter fare è diverso dal fare9 .

Cambiare non deve essere visto in chiave negativa, così come non deve essere un obbligo. Requisito fondamentale da considerare è approcciarsi al problema e alla soluzione in senso positivo.

Introduzione

Green Deal, Europa 2030

"Fare dell'Europa il primo continente al mondo a impatto climatico zero."

Quante volte parlando di inquinamento e di problemi ambientali abbiamo pensato, ma se nemmeno chi ci governa se ne interessa, perché lo devo fare io. Ci rincuora un po’ sapere che qualcosa, forse, si sta muovendo. L’Unione Europea ha fissato degli obiettivi ambientali non poco ambiziosi, che fanno ben sperare sull’interesse che rivolgono al problema coloro che hanno più potere rispetto a noi normali cittadini.

Il Green Deal, tradotto come Patto Verde, non è altro che un patto, delle promesse, degli obiettivi che sono stati stabiliti e per i quali è stata stimata una data ultima per raggiungerli. Entro il 2030 e successivamente 2050, devono essere raggiunti questi traguardi, al fine di contrastare il riscaldamento globale e raggiungere l’obiettivo principale di questo progetto, “fare dell'Europa il primo continente al mondo a impatto climatico zero”10.

Le azioni proposte sono mirate a sviluppare l’Europa dal punto di vista dei materiali, delle strutture e altrettanto sotto il punto di vista umano e della tutela del cittadino, sotto l'aspetto ambientale e della qualità di vita.

Il programma ha intenzione di guardare al singolo cittadino e garantire gli stessi mezzi e potenzialità energetiche per ognuno, e soprattutto garantire opportunità lavorative.

10 Realizzare il Green Deal europeo, URL: https://ec.europa.eu/info/strategy/ priorities-2019-2024/european-green-deal/ delivering-european-green-deal_it

Non solo il cittadino, ma anche le aziende sono all’interno di questa rivoluzione, con l’obiettivo di ridurre le emissioni dei loro mezzi o annullarle del tutto. Una grande attenzione è rivolta alle abitazioni, con la necessità di aumentare la loro efficienza energetica. Un lavoro che ad esempio in Italia, con il Superbonus 110, è già in parte iniziato, incentivando i cittadini a migliorare la classe energetica della propria abitazione, con il vincolo di un miglioramento di 2 classi per accedere all’incentivo. Un argomento molto discusso quest’ultimo dagli stessi italiani, in quanto avere questo finanziamento non lascia i cittadini senza domande.

Le opinioni sono molteplici e contrastanti; c’è chi ha subito colto l’occasione per cambiare ad esempio quel sistema obsoleto di riscaldamento che aveva rimandato di anno in anno, e di contro chi non si fida di avere da parte dello Stato questo incentivo, senza aspettarsi di dover pagare tutto con gli interessi in futuro. Questa paura è lecita, ed è figlia di una gestione del denaro e delle tasse non sempre chiara e sicura da parte dello Stato, in parte anche conseguenza di un popolo non sempre corretto nelle sue azioni. Un circolo dunque vizioso che non lascia strada libera a quella che potrebbe essere l’opportunità di adottare vere iniziative rivoluzionarie, e vedere un Paese come l’Italia fra i primi a raggiungere gli obiettivi, diventando l’esempio per gli altri.

In tutto questo c’è da fare una piccola precisazione su quale sia la situazione attuale e la realtà intorno a questo progetto. Spieghiamo meglio partendo dall’inizio. Tutto è nato con l’Accordo di Parigi nel settembre del 2015 durante la COP2111, un evento nell’evento,

Introduzione

11 Anche conosciuta come Conferenza delle parti, è un appuntamento annuale che l’Onu organizza per riunire quasi tutti i Paesi della Terra e i loro capi, e altre figure in generale, per discutere della situazione climatica globale. Dall’edizione del 2015 (21esima edizione), più che negli altri anni precedenti, il tema principale è stato il problema del cambiamento climatico.

12 Nel quadro dell’Accordo di Parigi ciascun Paese si è impegnato a creare un piano nazionale indicante la misura della riduzione delle proprie emissioni, detto Nationally Determined Contribution (NDC) o “contributo determinato a livello nazionale”. URL: https://ukcop26.org/it/ perche-ospitiamo-il-vertice/che-cose-la-cop/ Green Deal, Europa 2030

poiché i Paesi partecipanti stabilirono l’impegno di attuare manovre che permettessero di limitare l’aumento della temperatura al di sotto di 1,5 °C.

Ecco che venne dunque sottoscritta l’Agenda 2030 dai 193 Paesi dell’Unione Europea.

Sono stati stabiliti 169 obiettivi da raggiungere, in differenti ambiti e con differenti cause, ufficializzando all’inizio del 2016 la partenza di questi interventi e le azioni per poterli realizzare, e con una scadenza finale entro la quale attuarli ovviamente, il 2030.

Inoltre, gli Stati hanno preso l’impegno di comunicare a distanza di un tempo prestabilito12 (5 anni), un piano aggiornato dei provvedimenti futuri in funzione dei progressi raggiunti in vista della data e degli obiettivi finali, al fine di garantire che si possa eventualmente intervenire prima, cambiando tipologia di intervento lì dove fossero insufficienti per raggiungere l’obiettivo finale.

Come noi stessi abbiamo visto e abbiamo vissuto, dal 2016 ad oggi, nel 2021, andando verso l’inizio del 2022, molte cose sono successe e cambiate. Questi eventi hanno causato delle reazioni a catena, alcune di riflesso, altre legate direttamente tra loro. Dal 2019 il mondo intero si è trovato impegnato a dover affrontare una Pandemia Globale, che ha portato ognuno di noi, dal singolo alla collettività, a dover cambiare le proprie abitudini, il nostro modo di vivere lo spazio privato e quello pubblico. Ad oggi, a due anni di distanza dall’inizio di tutto questo e in un periodo di calma rispetto al passato, possiamo sostenere che abbiamo acquisito alcune nuove abitudini per tutelare la nostra salute, ma non ne

Introduzione

abbiamo comprese molte altre e il loro impatto, tanto da aumentarne la frequenza e portare alcuni sistemi al collasso.

All'inizio del 2021 infatti, vengono alla luce problemi in settori come quello dell’edilizia, dell’alimentare, dei trasporti, e in generale della reperibilità di molte materie prime, dall’acciaio allo zinco, fino a diverse componenti elettroniche. Si parla di rincari di più del 100% di molti prodotti, sia rispetto agli stessi periodi degli anni precedenti, ma cosa più preoccupante in alcuni casi rispetto già solo al mese precedente.

I motivi sono molteplici; il collasso del sistema dei trasporti sia via mare che via terra, prima a causa di imprevisti e poi di una domanda crescente alla quale non si è potuto far fronte senza avere conseguenze negative13; scarsa produzione di alcune delle materie prime a causa del clima inadeguato14; richiesta elevata di dispositivi elettronici durante la pandemia e tante altre cause che hanno provocato un collasso di questo sistema di produzione e consumo che fino ad ora aveva guidato la nostra vita15.

Il fatto stesso che questo sistema sia arrivato ad implodere ci permette solo di ammettere quanto sia necessario cambiare il nostro modo di consumare e di vivere. Il Green Deal e l’Agenda 2030 sono stati stabiliti in un periodo recente, ma già molto lontano per il quadro di vita in cui ci troviamo oggi. Alcuni obiettivi possiamo già considerarli su un piano differente e alcuni provvedimenti possiamo sperare che verranno adottati prima del tempo proprio per necessità cambiare il quadro economico e logistico mondiale.

13 Una reazione a catena di eventi ha portato un collasso del sistema del trasporto merci, basato su un fitto sistema di tempistiche serrate. Iniziato con la Pandemia, le esigenze per risolverla, hanno scavalcato le normali consegne per fronteggiare l’emergenza. Questo ha portato ad una riduzione dei container a disposizione, necessari per effettuare i trasporti, provocando un blocco di una parte delle consegne e vari ritardi. Inoltre, vi è una carenza di lavoratori per queste mansioni, sia per la pandemia che per altri motivi, e altri ritardi sono inevitabili.

14 La produzione del grano ha subito un rincaro dell’8% circa a causa della produzione ridotta da parte dei più importanti esportatori. Il prezzo dello zucchero è aumentato di più del 9% in un solo mese da luglio ad agosto a causa di gelate che hanno danneggiato le colture in Brasile, il Paese con la maggiore produzione. Così diversi tipi di oli alimentari e altri tipi di cereali. Questi dati sono riportati da Confindustria e diversi giornali come il Corriere della Sera, Skytg24 o il Post.

15 Eugenio Cau, La crisi dei commerci mondiali, spiegata bene, il Post, URL: <https://www.ilpost. it/2021/10/29/supply-chain-crisi/ >

Green Deal, Europa 2030

16 Le seguenti categorizzazioni sono state create dalla commissione europea che si occupa del Green Deal, al fine di dare specifiche spiegazioni per ogni azione in programma e per ogni settore interessato. Sono state riprese dal sito dell’Unione Europea nella sezione dedicata al programma. Ad ognuna di essa corrisponde un articolo di approfondimento, nel quale si affrontano le azioni previste per riuscire a raggiungere gli obiettivi nell’ambito specifico.

Tornando ad affrontare il discorso sugli obiettivi come Unione Europa, con l’ufficialità di questo Patto Verde i settori su cui si punta nello specifico a dare attenzione sono16

molteplici e nello specifico:

Finanziamenti e sviluppo regionale

Agricoltura
Clima Industria Ricerca e innovazione
Trasporti
Energia
Ambiente e oceani

Introduzione

L’Unione Europea come già detto ha posto obiettivi piuttosto ambiziosi in questo programma, ma assolutamente necessari per poter pensare ad un futuro che possa basarsi su una vita in linea con quella che abbiamo vissuto fin ora, e che non debba dover rispondere a cambiamenti drastici (non si parla di passare da shampoo liquido a solido, o chiudere il rubinetto mentre laviamo i denti).

Dichiara infatti17:

17 Realizzare il Green Deal europeo, URL: https://ec.europa.eu/info/strategy/ priorities-2019-2024/european-green-deal/ delivering-european-green-deal_it

"Tutti i 27 Stati membri hanno assunto l'impegno di fare dell'UE il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Per

raggiungere questo traguardo si sono impegnati a ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990."

Green Deal, Europa 2030

Questa dichiarazione sembra risolvere tutti i nostri problemi, giusto?

Non è così ovviamente. Lo Stato che si prende l’impegno di cambiare le cose non implica che il singolo cittadino possa o debba continuare a vivere come ha vissuto fin ora, se non cambiando solo nel momento in cui gli viene imposto un limite.

Ognuno di noi deve essere parte attiva di questo svolta e lo deve essere non perché siamo obbligati, o perché il vicino di casa ci ha convinto, ma perché abbiamo capito la gravità della situazione, e comprendiamo di avere i mezzi e la possibilità di fare delle scelte migliori, ma soprattutto perché comprendiamo come il nostro stile di vita di oggi, sia assurdo.

analizzare il problema 1

Guardando alla situazione generale, vengono alla luce diverse realtà che ancora di più ci spingono a riflettere e decidere di agire, in prima persona, per un futuro migliore. Per quanto gli Stati si stiano impegnando con vari patti, promesse e investimenti in quelli che dovrebbero essere interventi realizzabili subito, e a dati in mano dovrebbero vedere determinati risultati nel 2030, altri dati ci dimostrano invece come molti Stati si trovino ancora piuttosto indietro (secondo dati statistici e previsioni a lungo termine).

In ogni caso, noi dobbiamo essere dei sognatori, che viaggiano con i piedi per terra nei loro sogni, per farli diventare realtà. Perché dico questo? Come potrete leggere più avanti, ci sono cose che sappiamo, cose che non possiamo cambiare, ma è certo che ognuno di noi ha la forza e la possibilità di farlo. Se c’è una cosa che quest’era di consumismo e di social media ci ha insegnato è che chiunque può raggiungere i propri obiettivi e soprattutto, può raggiungere un pubblico più o meno ampio. Ciò che noi dobbiamo fare è proprio questo, puntare ad un pubblico, e farlo diventare un nostro alleato. Quello che deve darci forza è sapere di avere i mezzi per farlo, ma soprattutto, avere la possibilità di dare a tutti i mezzi per fare altrettanto, che non è cosa da poco.

Dopo tante parole, affrontiamo il problema con un po’ di dati alla mano. Partiamo dal parlare della situazione globale e porre luce su qualche cifra che ci possa aiutare a comprendere (non terrorizzare) quale sia la situazione alla quale facciamo riferimento.

Moltissime persone si dedicano ogni giorno a scoprire metodi e soluzioni che possano contenere il problema. Uso il verbo contenere non a caso, perché è stato stimato come

per alcuni problemi non ci sia un modo per invertire l’andamento, ma ciò che si può fare è appunto cercare di limitare queste conseguenze.

Spieghiamo meglio con l’aiuto delle ricerche effettuate dallo scienziato svedese Johan

Rockström18. Queste illustrano tutto ciò che c’è da sapere sul nostro Pianeta, sulla sua storia evolutiva e soprattutto, il nostro impatto su di esso negli ultimi 50 anni.

Scelgo le sue teorie perché sono quelle che spiegano da dove siamo partiti, dove siamo, e dove dobbiamo arrivare, e lo fanno in senso positivo, dandoci una speranza e credendoci.

Partendo dalle origini, è importante sapere che la temperatura “stabile” alla quale noi siamo abituati, è un fenomeno in realtà recente (un tempo come 10.000 anni fa, in 100.000 anni di riferimento), prima di esso infatti c’erano variazioni di 10 °C ogni 10 anni.

Questo periodo viene definito Olocene19, che fa riferimento al lasso di tempo in cui la variazione positiva o negativa, è stata di appena 1 °C negli anni. Soprattutto è un periodo in cui la temperatura presente può essere definita come calda, quindi oltre gli 0°C.

Sembrerà qualcosa di banale, ma è fondamentale. Tutto ciò che conosciamo, gli esseri viventi, l’agricoltura, il mare, i ghiacciai, tutto, ogni elemento, è rimasto pressoché invariato nel tempo grazie a questa stabilità della temperatura. Ci ha permesso di costruire sistemi, che ci hanno permesso a loro volta di prevedere tempo, stagioni, crescita e morte degli individui, studiare ciò che ci circonda e definirlo.

Johan Rockström. © Nobel Media AB. Photo: A. Mahmoud

18 La situazione globale a cui dobbiamo fare riferimento è spiegata in modo piuttosto semplice ma dettagliato nel libro dello scienziato e docente specializzato in sostenibilità ambientale e del quale è stato tratto un documentario con David Attenborough, Superare i limiti: la scienza del nostro pianeta.

19 Secondo la definizione: L'epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre, nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, viene fortemente condizionato su scala sia locale sia globale dagli effetti dell’azione umana, con particolare riferimento all'aumento delle concentrazioni di CO2 e CH4 nell'atmosfera. (Treccani, URL: https://www.treccani.it/vocabolario/ antropocene_%28Neologismi%29/ )Inoltre, bisogna specificare come non sia stata ufficializzata l’inizio di quest’era, poiché c’è chi sostiene sia iniziata con la scoperta dell’America (1492), chi successivamente alle Guerre Mondiali (anni ’50 ca.), chi con la Rivoluzione Industriale (seconda metà del 1700 ca.), chi addirittura con le primissime forme di civilizzazione e autonomia alimentare dell’uomo. Non è stata stabilita dunque una data, ma certamente oggi ci troviamo vicinissimi a meritarci questo primato, l’aver dato inizio ad una nuova epoca geologica. (Tina Simoniello spiega nel suo articolo questi dubbi, URL: https://www.rivistamicron.it/approfondimenti/ olocene-antropocenedove-siamo/ )

L’Olocene è l’era che ci permette di vivere come abbiamo fatto fin ora. Preparatevi ad una notizia non molto felice.

C’è

chi sostiene che questa era sia finita, e siamo passati da

Olocene

Antropocene ad

cioè l’era in cui

l’uomo è la forza che cambia il Pianeta.

Pensandoci bene è possibile che sia così, perché abbiamo deciso quando e dove debba crescere un tipo di pianta, dove ci debba essere più sabbia e dove meno, se una montagna debba o meno esserci. O ancora, abbiamo raso al suolo interi spazi di vegetazione e fatto scomparire interi ecosistemi, per decidere cosa invece dovesse vivere e crescere in quel luogo, ma soprattutto cosa dovesse essere costruito artificialmente in un luogo.

Non siamo solo noi a spostarci in continuazione, ma decidiamo anche dove ogni cosa debba trovarsi sul Pianeta, e diciamocelo, lo facciamo solo per il puro gusto di farlo, e non perché ci sia una reale necessità.

Poniamo l’attenzione su alcuni dati che rendano quantificabili queste azioni:

∙ Metà delle terre abitabili sono stati convertiti in fonti di cibo per il nostro tipo di alimentazione.

∙ Il 90% delle persone respira aria inquinata.

Analizzare il problema

∙ Peschiamo su una superficie pari a più della metà di quella degli oceani.

∙ Spostiamo sedimenti e rocce a nostra discrezione.

∙ Abbiamo aumentato di oltre 1°C la temperatura terrestre in meno di 100 anni.

CLIMA BIOMI

BIODIVERSITÀ

CICLO IDROLOGICO

NUTRIENTI

SISTEMI

ACIDIFICAZIONE

DEGLI OCEANI

NUOVE ENTITÀ

AEROSOL

STRATO DI OZONO

primo limite

secondo limite

La ricerca di Johan Rockström, e di altri scienziati insieme a lui, porta speranza. Hanno definito quei sistemi che mantengono il Pianeta in equilibrio in ogni suo elemento, per come lo abbiamo conosciuto fin ora. Questo ci dà la possibilità di capire quali sono i limiti del Pianeta, i punti di non ritorno e come non raggiungerli, per non perdere l’equilibrio in cui ci troviamo.

I sistemi sono 9, e per ognuno di essi sono state stimate 3 zone, e dunque 2 limiti. La prima zona è quella definita sicura, cioè la Terra riesce a preservare il suo equilibrio attuale. La seconda zona è quella di pericolo, cioè una zona in cui quel sistema che tiene in equilibrio la Terra inizia a vacillare, con effetti imprevedibili e concentrazioni elevati di fattori che possono portare a quella che è la terza zona, quella ad altissimo rischio, che così come ci preannuncia il suo nome, è una zona nella quale gli equilibri della Terra sono in pericolo e vicini al collasso, con conseguenze non definite. Il passaggio fra la prima e la seconda zona è definito dal primo limite, che viene quantificato dagli scienziati con stime di dati che una volta superarti ovviamente ci fanno raggiungere la zona di pericolo, ma non hanno effetti devastanti sull’equilibrio. Tra la seconda e la terza zona c’è ovviamente il secondo limite, che corrisponde a stime di dati che ci espongono al massimo della sopportazione da parte della Terra di questi valori.

Primo fra tutti i sistemi vi è il clima, che è sicuramente l’argomento più discusso e conosciuto. Legati agli esseri viventi ci sono 4 sistemi20, e i loro relativi limiti, e sono, i biomi, la biodiversità, il ciclo idrologico e i nutrienti. Oltre questi 5 sistemi, che sono legati strettamente alla nostra vita sulla Terra, ci sono altri 4 sistemi, l’acidificazione degli oceani, le nuove entità (i 100mila nuovi materiali creati dall’uomo), gli aerosol e lo strato di Ozono.

Tutti i sistemi sono legati fra loro, e portare al limite uno inevitabilmente spinge anche gli altri all’instabilità.

Vediamo come.

Analizzare il problema

20 La biosfera è composta da tutte le zone della Terra in cui è possibile lo sviluppo della vita per le sue condizioni ambientali. Essa viene divisa in porzioni, chiamati biomi, caratterizzati da diversi ecosistemi (animali e vegetali) che lo compongono e individuati per la loro stabilità in relazione alle condizioni ambientali (es. foresta pluviale, deserto, prateria, boschi, foresta boreale). In generale la biosfera è composta da diverse specie viventi (acquatiche e terrestri), che ne definiscono la biodiversità, da un sistema idrologico che definisce i corsi di acqua dolce, indispensabili per l’esistenza di quasi ogni forma di vita, e ancor più indispensabili i nutrienti base, composti dai cicli dell’azoto e del fosforo.

21 La sua capacità di riflettere il calore è data solitamente dal suo colore bianco, che con il suo scioglimento si scurisce a causa della comparsa della terra sotto di esso, o semplicemente quando esso affonda sotto uno strato di acqua.

Sistema del clima

Perché tutti continuano a parlare dello scioglimento dei ghiacciai e perché è così importante? Sono sempre stati lì e tutto è andato bene, se ora inizieranno a non esserci più, porteranno pur qualche conseguenza.

La temperatura stabile che fin ora ha caratterizzato l’era dell’Olocene è stata possibile anche grazie ai ghiacciai, che hanno contribuito a non far aumentare la temperatura del Pianeta. Essi riflettono l’energia solare nello spazio (il 90/95% del calore), permettendo che non venga assorbita dalla Terra e soprattutto, garantendo che i ghiacciai continuino ad essere auto-raffreddanti. Quando un ghiacciaio si scioglie non provoca solo l’innalzamento delle acque, che è il fattore meno preoccupante. Sciogliendosi perde fondamentalmente la sua capacità di riflettere il calore iniziando ad assorbirlo, non essendo più fatto di una superficie riflettente21, che accelera il suo stesso scioglimento. Il fatto stesso di non riflettere più il calore, unito alla sua graduale scomparsa e quindi riduzione della superficie che agiva da specchio, provoca l’innalzamento della temperatura generale della Terra, e non solo nel luogo fisico del ghiacciaio.

È come se fino ad ora due grandi frigoriferi avessero mantenuto la temperatura stabile e iniziassero a non funzionare più. Per alcuni ghiacciai, come in Groenlandia, abbiamo già raggiunto il punto di non ritorno, cioè quel punto in cui non è più reversibile lo scioglimento. Il suo totale scioglimento provocherebbe l’innalzamento del livello del mare di circa 7 m in tutto il mondo. Se questo sembra già spaventoso allora figuriamoci l’innalzamento di 10 volte maggiore se si dovessero sciogliere i ghiacciai nell’Antartide Orientale.

Queste statistiche, questi dati, non hanno l’obiettivo di terrorizzarci, ma di informarci. Sono concetti semplici e logici, grazie ai quali è difficile negare che possano essere fatti reali. Forse coloro che abitano sulle montagne o colline, non si preoccupano di questo dato perché anche se dovesse succedere, l’acqua non raggiungerebbe la loro abitazione. Ma il punto non è questo. Non è se casa nostra ci sarà o sarà sommersa dall’acqua. Il punto è comprendere come qualcosa di lontano da noi, non fa parte del nostro lavoro, che non c’entra con il nostro stipendio mensile, la nostra pensione o le nostre nuove scarpe, è in realtà legato a noi, e con il tempo ci sarà sempre più vicino, in forma differente. Ogni elemento è legato ad altri, e così è sempre stato nelle cose del mondo. Provocare il non ritorno di una parte di un sistema del Pianeta, potrebbe con molta probabilità provocare il non ritorno di altri fattori dello stesso sistema e non solo. Così via fino ad una catena infinita. Tutto ciò che accade, anche se non siamo stati noi con le nostre mani a provocarlo, prima o poi arriverà a noi.

Concentriamoci sulla temperatura della Terra. Essa dipende dalla concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera. Una quantità elevata spinge la Terra a difendersi per trovare di nuovo un equilibrio, iniziando così ad assorbire essa stessa l’anidride carbonica e innalzando la sua temperatura. Come abbiamo detto prima, fino ad ora la temperatura è pressoché rimasta stabile con delle oscillazioni di 1 °C.

Ma cosa vuol dire che si alza la temperatura? Dovremo usare meno il cappotto e più infradito e crema solare? Magari fosse così.

Analizzare il problema

Facendo riferimento alla classificazione teorizzata dagli scienziati, per il sistema clima abbiamo già superato il primo limite nel 1988, raggiungendo i livelli di 350 ppm di anidride carbonica nell’atmosfera. Questo primo limite si tramuta in quello che definiamo riscaldamento globale. In teoria, dunque, ci troviamo nella seconda zona, nella zona di pericolo. Ad oggi, i livelli nell’atmosfera sono intorno ai 415 ppm, con un innalzamento della temperatura pari a +1,1 °C. Un po’ elevati penserete, ma nulla di che. Il secondo limite, prima di raggiungere la terza zona, quella ad altissimo rischio, è di soli 450 ppm.

Detta così sembra tutto catastrofico e spaventoso, ma è giusto sapere quali sono i dati e quali sono le previsioni, per capire davvero a cosa possiamo rinunciare, e cosa invece vogliamo che rimanga nella nostra quotidianità, che acquisterà ancora più valore quando sapremo tutto quello che è giusto sapere.

Spostiamoci un attimo per tornare all’Accordo di Parigi del 2015, e introduciamo un altro evento tenutosi da pochissimo (dal 31 ottobre al 12 novembre 2021) a Glasgow, la COP26.

Come già accennato, era stato preso l’impegno da parte di ogni Paese nel 2015, durante la COP21, di attuare provvedimenti per impedire che la temperatura si innalzasse oltre il grado e mezzo (spiegheremo dopo perché questo valore).

Arrivati ora alla COP26, gli Stati sono tenuti a presentare i loro programmi aggiornati (essendo passati i 5 anni prestabiliti, anzi 6 a causa della pandemia). A conti fatti, i risultati sono deludenti. La maggior parte dei buoni propositi che erano stati presentati sono ad oggi insufficienti per riuscire a raggiungere gli obiettivi entro il 2030. Inoltre, alla

Conferenza sono stati in realtà discussi gli stessi temi già affrontati nel 2015, a dimostrazione di come poco o nulla sia cambiato effettivamente da quel giorno. Uno fra tutti, è quello della riduzione delle emissioni e l’impegno a compensare quelle emesse, per rientrare nei valori che garantiscono di non superare l’obiettivo dell’aumento pari al grado e mezzo22. Gli obiettivi diffusi23 alla vigilia dell’evento sono stati:

∙ Azzerare le emissioni nette a livello globale entro il 2050 e puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5°C

∙ Adattarsi per la salvaguardia delle comunità e degli habitat naturali

∙ Mobilitare i finanziamenti

∙ Collaborare

La risposta durante l’evento, da parte dei diversi Stati e i loro nuovi impegni sono stati24:

∙ Global Metahne Pledge, un patto che stabilisce la riduzione del 30% delle emissioni di metano entro il 2030.

∙ Protezione della rotta migratoria di alcuni animali marini nel Pacifico.

Analizzare il problema

22 Prima dell’Accordo di Parigi, con le emissioni prodotte le previsioni davano come dato +4,2 °C circa. Successivamente agli interventi il nuovo dato risulta essere di un aumento pari a 3,1 °C, che è un valore lontanissimo dall’obiettivo. Ad oggi, con i nuovi propositi, siamo ancora lontani dal dato, con una previsione di un aumento di 1,9 °C. Aggiungiamo che la Cina non si è presentata alla Conferenza e ha aumentato, nei giorni successivi all’inizio dell’evento, la sua produzione di carbone, producendo un inquinamento atmosferico tale da dover comunicare in alcune zone del Paese ai suoi abitanti di non uscire di casa. Inoltre, non si è impegnata a firmare il blocco dell’utilizzo del carbone come fonte di energia così come i combustibili fossili, dichiarando di ridurre o azzerare il suo uso solo nel 2060 (ad oggi pari a circa 80% della sua fonte di energia).

∙ Divieto di esportazione di qualsiasi tipo di legname della Repubblica Democratica del Congo, per limitare la pressione di deforestazione sul loro Paese.

Firmato da 100 Paesi tra cui Stati Uniti, Brasile, Germania, Italia. Non è stato firmato da Paesi come Iran, India, Cina e Russia.

Grazie a Panama, Ecuador, Colombia e Costa Rica.

Non ancora definitivo.

Firmato da oltre 40 Paesi tra cui Polonia, Cile, Vietnam. Non è stato firmato da Paesi come Australia, Cina, Stati Uniti e India.

Firmato da 20 Paesi tra cui Italia, Regno Unito, Stati Uniti, oltre a cinque istituti finanziari tra cui la Banca europea per gli investimenti.

∙ Dichiarazione di abbandono graduale dell’uso del carbone. Interessati a questo obiettivo, anche se non hanno firmato, altri 190 Paesi.

∙ Eliminazione dei finanziamenti per l’estrazione di combustibile fossile all’estero entro la fine del 2022, se non per circostanze specifiche e sempre entro l’obiettivo del contenimento del riscaldamento globale.

Impegno preso da 100 Paesi per un totale dell’85% delle foreste del Pianeta. Paesi come, Stati Uniti, Cina, Russia, Germania, Francia, Regno Unito, Brasile, R.D. del Congo e Canada.

23 Cosa dobbiamo ottenere con la COP26?, URL: https://ukcop26.org/it/gli-obiettivi-della-cop26/

24 Andrea Barolini, Cop26, cosa è successo nella prima settimana a Glasgow, Lifegate, URL: https://www.lifegate.it/ cop26-prima-settimana-glasgow

∙ Interruzione dei processi di disboscamento e degrado del suolo entro il 2030.

Tutte promesse, che se mantenute, ci fanno ben sperare in un vero cambiamento, ma che non sono assolutamente sufficienti, in quanto spesso a non farle sono proprio i Paesi più

responsabili dei diversi tipi di inquinamento. Allora di cosa stiamo parlando? Discutiamo di quanto sia urgente che vengano adottati i cambiamenti, ma non tutti sembrano ancora convinti.

Ma perché 1,5 °C è la soglia da non superare? Ad oggi siamo già su un valore di 1,1 °C come aumento della temperatura, e ci avviciniamo sempre più velocemente a questo limite.

Il dato di 1,5 °C è stato stabilito come quel punto in cui il riscaldamento globale arriverà a provocare l’inizio di una serie di fenomeni sempre più imprevedibili a livello climatico e di conseguenza la perdita di specie animali e vegetali, che inizieranno quella catena di eventi di cui si parlava prima (segna il passaggio dalla zona di pericolo, alla zona ad altissimo rischio). Perché proprio i combustibili fossili devono essere “banditi” nei piani futuri (entro 30 anni)? Sono dalla rivoluzione industriale la nostra prima fonte di energia, e sono anche la prima causa dei gas serra.

Sistema dei biomi

Il nostro problema è che non solo stiamo immettendo nell’atmosfera elevate quantità di sostanze che si stanno rivelando inquinanti, ma stiamo anche distruggendo i biomi che reggono l’equilibrio e la decarbonizzazione del nostro Pianeta.

Ogni bioma ha il suo equilibrio. Con la nostra azione e la nostra decisione di disboscare grandi parti di questi territori, rompiamo l’equilibrio che fino ad allora aveva fatto funzionare quel sistema perfettamente.

L’Amazzonia, ad esempio, viene definito il nostro grande polmone verde. Ma solo perché, come ben sappiamo da quanto abbiamo studiato da piccoli, gli alberi assorbono CO2 e rilasciano O2? Non è solo per questo. L’Amazzonia, senza considerare gli altri biomi che regolano la vita sulla Terra, non solo assorbe l’anidride carbonica, ma ne produce anche. Rompere l’equilibrio che caratterizza questi sistemi, vuol dire portarli a produrre loro stessi più CO2 di quanta ne assorbono (spoiler: molte zone di questi polmoni sono già a questo punto), rendendole di fatto non più luoghi puri, ma luoghi malati.

Analizzando i limiti del sistema dei biomi, tornando alla teoria dello scienziato Johan Rockström, il primo limite per rimanere nella prima zona è non superare il 25% del disboscamento di questi territori. Ad oggi, siamo al 40%

Ci troviamo quindi abbondantemente nella seconda zona, la zona di pericolo.

primo limite

superato

secondo limite

Sistema della biodiversità

Una diretta conseguenza del superamento di questo limite, la ritroviamo nel sistema della biodiversità. Ad oggi a causa nostra, ha subito una riduzione e perdita del 68% delle specie selvatiche che la componevano.

La perdita di queste specie non è solo pensare che dispiaccia perché un certo tipo di ape non esista più. Non si tratta di avere rimorso, ma del suo ruolo nel sistema. Forse perdere una piccola quantità di specie può far parte dell’evoluzione, ma perderne così tante in un lasso di tempo così ridotto, porta inevitabilmente al collasso. È come se in un’azienda dieci persone lavorassero ad un progetto, ognuno con diverse competenze e ricoprendo un ruolo differente. Dopo 1 settimana di lavoro, sette di queste dieci persone si licenziano, e non esiste nessun’altra persona che abbia le loro stesse competenze. Possono riuscire le quattro persone rimaste a terminare il lavoro? Forse potrebbero, ma di certo non con buoni risultati e non in tempo con le scadenze.

Non è stata definita una percentuale o un valore che definisca i limiti di questo sistema essendo estremamente complesso, ma per la quantità di specie perse, ci troviamo sicuramente già nella terza zona, quella ad altissimo rischio.

Sistema del ciclo idrologico

Se non fosse per l’acqua dolce, soprattutto noi essere umani non potremmo vivere, o almeno non la vita che viviamo oggi. Ognuno di noi ha bisogno di 3000 litri di acqua dolce ogni giorno solo per rimanere in vita. Com’è possibile che siano così tanti?

Per bere e igiene

50L

Pulizie casalinghe

Per produrre il cibo che mangiamo (Paesi più ricchi)

Industrie

100L

150L 2500L

Spesso ci dimentichiamo che ciò che mangiamo, fa parte del nostro consumo giornaliero, e per produrlo servono, acqua, energia, suolo, macchinari e altri elementi. Non abbiamo ancora superato il primo limite di questo sistema, ma ci troviamo vicini ad entrare nella zona di pericolo.

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