Camminiamo Insieme Pasqua 2016

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CAMMINIAMO INSIEME Bollettino della Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo - Lodi Pasqua 2016 - n. 405 pro manuscripto


Il Giubileo della Misericordia

LA PORTA E’ APERTA PER TE! di don Elia Croce - parroco

L’immagine sicuramente più significativa e ricorrente dell’Anno Santo della Misericordia è quella della porta, anche perché il papa ha deciso che ogni diocesi aprisse una “porta santa” nelle proprie Chiese Cattedrali. E’ una immagine ricca di significati. Il primo si riferisce a Cristo; egli stesso, nel vangelo di Giovanni, si definisce come la porta delle pecore; chi passa attraverso questa porta che è Gesù, troverà salvezza. Attraversare la porta santa nell’Anno Giubilare, allora, significa immettersi in modo più profondo nel mistero di Cristo, radicarsi in Lui, unirsi a Lui, ritornare a Lui. Un secondo significato è legato al riferimento alla Chiesa e alla comunità ecclesiale: attraversare la porta santa significa entrare, o rientrare “a casa”, ovvero dentro quella famiglia dei credenti che è la Chiesa, riscoprendo il valore di una comunione che trova le sue radici nell’unica fede in Cristo. Entrare o rientrare nella famiglia dei credenti significa anche per noi riaprire porte che forse abbiamo chiuso e non ancora riaperto, cioè riscoprire e riallacciare relazioni, riagganciare fratelli e sorelle nella fede che forse non conosciamo ma soprattutto, intraprendere cammini di riconciliazione laddove qualcosa si fosse incrinato o ferito, cammini di riconciliazione che possano trovare il loro sbocco naturale nella celebrazione del Sacramento della Misericordia: la Confessione. L’immagine della porta si riferisce anche al nostro cuore, alla nostra vita interiore, dove Cristo vuole trovare spazio per abitare. Bella e commovente, al proposito, la pagina dell’Apocalisse dove il Cristo afferma: “Ecco, sto alla porta e busso, se qualcuno mi apre entrerò da lui, cenerò con lui ed egli con me.”

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Un appello alla nostra libertà, che il Signore non vuole forzare; la sua presenza, però, ci interpella e chiede risposta, chiede apertura della “porta del cuore”. Di nuovo la porta evoca il significato della comunicazione: entrare, uscire; e poi: dentro, fuori... Due realtà, due mondi che comunicano tra loro. Penso alla comunità cristiana e alla storia, al mondo, alla gente con le sue storie spesso faticose e fragili, spesso oltre “la soglia” di quella che definiremmo la normalità … ma che cos’è la normalità? Porte aperte per te! Mi sembra questo il messaggio che possiamo raccogliere ed offrire attraversando “la porta santa” nell’Anno del Giubileo: porte aperte all’accoglienza, al dialogo, al confronto, all’incontro, alla riconciliazione. E’ anche l’augurio per la prossima Pasqua. Pasqua significa “passaggio”: attraversare la porta che è Cristo, aprire la porta del cuore a Cristo e aprire la porta ai fratelli, sarà il modo migliore di celebrare la Risurrezione del Signore.


SEGNI E SIMBOLI DEL GIUBILEO La Porta Santa, l’Indulgenza e il Pellegrinaggio: sono i segni che caratterizzano ogni Giubileo e che sono al centro anche dell’Anno Santo della misericordia voluto da papa Francesco.

LA PORTA SANTA L’apertura della Porta Santa e la sua chiusura segnano l’inizio e la conclusione dell’Anno Santo. A Roma sono quattro le Porte Sante che vengono aperte soltanto durante i Giubilei. Oltre a quella di San Pietro, ci sono quelle delle altre tre basiliche maggiori di Roma: San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. La Porta rimanda al passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia, guardando a Cristo che di sé dice: «Io sono la porta». La particolarità di questo Anno Santo è che in ogni diocesi è stata aperta una “porta santa”.

Nella nostra Cattedrale la “porta santa” del giubileo è quella che dal cortile cosiddetto dei “canonici” porta in Duomo.

L’INDULGENZA L’indulgenza è uno degli elementi costitutivi dell’evento giubilare. In essa si manifesta la pienezza della misericordia del Padre che viene incontro a tutti con il suo amore. Nella Bolla di indizione dell’Anno Santo straordinario, papa Francesco spiega il senso dell’indulgenza. “Noi tutti - scrive il Pontefice - facciamo esperienza del peccato. Sappiamo di essere chiamati alla perfezione, ma sentiamo forte il peso del peccato. (...) Nonostante il perdono, nella nostra vita portiamo le contraddizioni che sono la conseguenza dei nostri peccati”. Il Papa ricorda che “nel sacramento della Riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati”. Eppure “l’impronta negativa che i

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peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane. La misericordia di Dio però è più forte anche di questo. Essa diventa indulgenza del Padre che attraverso la Sposa di Cristo (la Chiesa) raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato”. Di fatto, con l’indulgenza, al peccatore pentito è condonata la pena temporale per i peccati già rimessi quanto alla colpa (con la Confessione). Per ottenere l’indulgenza, è necessario essere in stato di grazia. Poi serve che il fedele abbia la disposizione interiore del completo distacco dal peccato; che si accosti al sacramento della Riconciliazione; che riceva l’Eucaristia; e che preghi secondo le intenzioni del Papa. Inoltre serve compiere un’”opera”. Ci sono le opere di pietà, ossia fare un pellegrinaggio in un santuario o luogo giubilare (sarà possibile ottenere l’indulgenza compiendo questa opera non solo a Roma - nelle basiliche maggiori e in altre chiese o santuari della città eterna -, ma anche in luoghi delle proprie diocesi in tutti e cinque i continenti, solitamente nelle Cattedrali o nei santuari). Oppure ci sono le opere di penitenza, cioè astenersi da consumi superflui (fumo, bevande alcoliche...), digiunare o astenersi dalle carni devolvendo una somma ai bisognosi. O ancora ci sono le opere di misericordia di cui il Papa parla nella Bolla di indizione del Giubileo. E le elenca evidenziando che sono un “modo per risvegliare la nostra coscienza spesso assopita davanti al dramma della povertà e per entrare sempre di più nel cuore del Vangelo, dove i poveri sono i privilegiati della misericordia divina”. Sono opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi, accogliere i forestieri, assistere gli ammalati, visitare i carcerati, seppellire i morti. E sono opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammo-

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nire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti.

IL PELLEGRINAGGIO Il pellegrinaggio è un simbolo che ha arricchito la tradizione giubilare ed è icona del cammino che ogni persona compie nella sua esistenza. Evidenzia papa Francesco che la vita è “un pellegrinaggio” e l’essere umano è “un pellegrino che percorre una strada fino alla meta agognata. Anche per raggiungere la Porta Santa a Roma e in ogni altro luogo, ognuno dovrà compiere, secondo le proprie forze, un pellegrinaggio”. Esso “sarà un segno del fatto che anche la misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio. Il pellegrinaggio, quindi, sia stimolo alla conversione: attraversando la Porta Santa ci lasceremo abbracciare dalla misericordia di Dio e ci impegneremo ad essere misericordiosi con gli altri come il Padre lo è con noi”. Nell’Anno Santo le mete principali del pellegrinaggio sono le quattro basiliche maggiori di Roma (San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura) dove è possibile ottenere l’indulgenza. Ma in ogni diocesi saranno indicati luoghi di pellegrinaggio legati al Giubileo.


ANNO SANTO E GIUBILEO DELLA MISERICORDIA di don Marco Avogadri

Ecco le tre tappe del nostro cammino spirituale in questo straordinario Anno Santo della Misericordia: 1. Umile riconoscimento della nostra situazione, come conseguenza del nostro “allontanamento” da Dio. 2. Urgenza di “riconciliarci” con il Signore per ristabilirci nella nostra dignità di figli di Dio. 3. Necessità della “Conversione”, cioè di un radicale cambiamento nel nostro modo di vivere troppo “pagano”. Papa Francesco nella Bolla di indizione del Giubileo per l’Anno Santo della Misericordia, scrive: “La Quaresima di questo anno giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per sperimentare la misericordia di Dio. Quante pagine della sacra scrittura possono essere meditate nelle settimane della Quaresima per riscoprire il volto misericordioso del Padre!”. Ma noi, facciamo veramente “compassione” al Padre? La nostra superbia rende molto difficile ammetterlo. D’altronde, il riconoscimento della nostra disastrosa situazione morale e spirituale

in cui ci troviamo, lo dobbiamo ammettere, è dovuta al nostro progressivo e inavvertito allontanamento dal Signore, cioè, noi abbiamo perso la convinzione di essere continuamente sotto la sguardo amoroso di un Padre che ci vuole bene. Il Salmo 14, al versetto due, dice: “Il Signore dal cielo si china sui figli dell’uomo per vedere se c’è un uomo saggio, uno che cerchi Dio”. Siamo sinceri, chi veramente, oggi, cerca Dio? Viviamo, da troppo tempo, in un’atmosfera surreale: siamo tutti rapiti ed incantati dalle frenetiche conquiste scientifiche (effettivamente, dobbiamo ammetterlo, in pochi decenni si sono fatti passi da gigante) che ci irretiscono a tal punto che ci disorientano e ci fanno dimenticare che noi siamo, in questo mondo, dei semplici pellegrini, cioè, persone di passaggio e che, da un momento all’altro, possiamo arrivare al traguardo finale, cioè, al rendiconto, naturalmente, impreparati! E questo è un guaio! La continua agitazione rende difficile il tempo per fermarsi, per riflettere per poter rispondere alle domande fondamentali della nostra vita (da dove vengo? Perché sono a questo mondo? Dove sono diretto?), si aborrisce il silenzio ed il pensiero della morte, perché ci impediscono di gustare appieno queste conquiste per noi, purtroppo, esaustive. Siamo come su una nave agitata dalle tempeste marine, il cui capitano aspetta la quiete per poter fare il punto della posizione onde

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capire se la nave è ancora sulla rotta giusta. Il guaio è che noi non aspettiamo la quiete - che potremmo sempre avere, perché dipende solo da noi - ma amiamo continuare a vivere nella “baraonda” - come diceva spesso don Peppino non rendendoci conto che, in questo modo, noi creiamo nella società una confusione spaventosa che, forse, non si è mai registrata nella storia (tranne qualche sporadico caso). Purtroppo non ci rendiamo conto anche del danno grandissimo che procuriamo nella formazione ed educazione della gioventù e dei ragazzi! Un sacerdote francese scrive: “L’uomo non vive più nella realtà del proprio essere che riceve da Dio, vuole farsi creatore di se stesso. Con il peccato ha tagliato i ponti con la propria origine ed è diventato incapace di un vero incontro con Dio e, di conseguenza, anche con i fratelli” (Jean Lafrance, La preghiera del cuore - ed. Qiqajon). Non ci meravigliamo allora! se, in questa confusione, la nostra superbia arriva fino a... correggere Dio! Ci bastino due esempi. 1. Dio ha creato la famiglia composta da un uomo e da una donna, dando loro la possibilità di procreare figli con un atto di amore, ora, invece, si vuol chiamare famiglia l’insieme di due uomini o di due donne, ricorrendo anche, se è il caso, ad alchimie genetiche per la procreazione... 2. Gesù ha istituito il Sacramento del Matrimonio come fondamento della famiglia, ma... quanti oggi scelgono di convivere! In pratica, è come se dicessero a Gesù: “Hai fatto una cosa inutile! Vedi che noi stiamo bene insieme e procreiamo anche senza il tuo Sacramento del Matrimonio!”. Sinceramente non so fino a che punto una creatura può, impunemente, permettersi di dire così, coi fatti, al suo Creatore! Questi comportamenti mi fanno pensare ad Adamo ed Eva quando hanno preso il frutto, proibito da Dio, perché volevano diventare come Dio, dando origine alle catastrofiche conseguenze che constatiamo tutt’ora! Od anche a quegli uomini che si sono messi a costruire la torre di Babele perché volevano arrivare in cielo. Gesù, l’inviato dal Padre, per dare ancora all’uomo la possibilità di salvarsi, al termine della sua

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missione qui sulla terra, ma prima di ritornare presso il Padre, ha istituito la Chiesa con a capo il Papa con il compito di continuare la sua missione, cioè, trasmettere il Vangelo attraverso la testimonianza della vita (degli evangelizzatori: Papa, Vescovi, preti, religiosi...) e la predicazione. Purtroppo abbiamo dovuto, ancora una volta per il passato era già capitato - constatare che questi evangelizzatori si sono anche loro lasciati trascinare (per fortuna non tutti!) dalla diabolica tentazione, per cui la loro vita non era per nulla conforme alla loro predicazione. Già Paolo VI aveva avvertito che la gente ascolta più volentieri i maestri che mettono in pratica prima loro quello che insegnano, Benedetto XVI alcuni anni orsono aveva riconosciuto pubblicamente che anche nella Chiesa “vi è del marcio”. E questo è veramente il colmo: quella Istituzione che Gesù ha creato per guidare gli uomini alla salvezza, si è lasciata inquinare a tal punto da diventare, anziché un aiuto, un ostacolo insormontabile alla salvezza! La predicazione del Vangelo, quindi, è inefficace, perché non viene messo in pratica anche


dagli ascoltatori, creando una società di egoisti ed approfittatori. Però, Gesù, più di duemila anni fa ci ha messo in guardia, quando ha raccomandato ai suoi ascoltatori, parlando dei maestri farisei: “Fate quello che dicono e non quello che fanno!” Quindi, al termine della nostra vita, non potremo dire al Signore: “Io mi sono comportato in quel modo sbagliato perché ho visto i preti, i Vescovi, il Papa, comportarsi in quel modo! perché la libertà ci fa personalmente responsabili di tutto ciò che facciamo, diciamo e pensiamo. Per nostra fortuna, noi abbiamo a che fare con un Dio che è anche Padre ed allora ci viene in aiuto il salmo 77: “Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell’ira la sua misericordia?” “All’umanità immersa nel peccato - ci dice un altro salmo - Dio ha rivelato la sua misericordia”, quindi,anche se noi pensiamo di essere dei “super” per il continuo progresso della scienza, tuttavia la nostra situazione spirituale e morale suscita compassione presso il nostro Padre Celeste. Questa provvidenziale compassione ha suggerito allo Spirito Santo, che ha il compito di sostenere la Chiesa fino alla fine sia la rinuncia di papa Benedetto (che non poteva togliere il “marcio”), sia la scelta di papa Francesco, il quale, provenendo dall’estrema periferia del mondo, ha potuto, sostenuto dalle continue preghiere dei fedeli, continuare anche a Roma lo stile di vita”argentino”. Queste scelte di papa Francesco ci invitano a riflettere seriamente, ed a constatare che, effettivamente, ci siamo allontanati dal Signore, dal Vangelo vissuto! Un laico, Roberto Benigni, alla presentazione televisiva del libro: “Il nome di Dio è Misericordia”, ha affermato: “Papa Francesco sta tirando tutta la Chiesa, la sta traghettando verso un luogo che ci eravamo dimenticati: verso il cristianesimo, verso Gesù Cristo, verso il Vangelo e lo fa attraverso la Misericordia.” Accogliamo allora l’invito del Papa, la Quaresima di questo Anno Giubilare della Misericordia sia vissuta in modo più “intenso” e straordinario, è una grazia del Signore di cui dovremo rendere conto, non sciupiamola!

Pellegrinaggio parrocchiale alla Porta Santa della Cattedrale Domenica 10 aprile, nel pome r ig g io , vivremo un pellegrinaggio parrocchiale verso la nostra Cattedrale; varcheremo la “Porta Santa” per ottenere l’indulgenza, con il desiderio e l’impegno di un cammino di conversione. Sarà anche l’occasione per il nostro pomeriggio di fraternità. Rivolgiamo a tutti i parrocchiani, a partire dai collaboratori, l’invito a partecipare numerosi! Programma: • ore 14.30 Partenza a piedi da San Fereolo verso la Cattedrale. • ore 14.40 Partenza in pullman da san Fereolo. • ore 14.45 Partenza in pullman dal Sacro Cuore, Robadello. • ore 15.15 Ritrovo nel Cortile del Vescovado, via Cavour 31. • Percorso penitenziale; ingresso in Cattedrale dalla Porta Santa; breve momento di preghiera. • Al termine: ritrovo in Seminario, via XX Settembre, per una merenda in fraternità.

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Pellegrinaggio Parrocchiale a Roma (26-29 agosto) Venerdì 26 agosto: Lodi - Roma. Ritrovo dei partecipanti e partenza per Roma nelle prime ore del mattino. Soste lungo il percorso. Pranzo a Fiano Romano. Nel pomeriggio arrivo a Roma e visita alle catacombe di San Callisto. Al termine visita guidata della Basilica di S. Paolo fuori le Mura, una delle quattro Patriarcali di Roma, la seconda per dimensioni dopo S. Pietro, costruita sulla tomba dell’apostolo Paolo. Celebrazione della S. Messa. Si proseguirà con la visita guidata all’Abbazia delle Tre Fontane. Al termine trasferimento in istituto, cena e pernottamento.

Sabato 27 agosto : Roma. Mezza pensione in hotel/istituto. Continuazione delle visite con guida per l’intera giornata: la basilica di Santa Maria Maggiore, basilica di Santa Prassede con i mosaici medievali, Piazza di Spagna, piazza del Campidoglio, Fori Imperiali, il Colosseo (esterno), chiesa di San Pietro in Vincoli dove si ammira il celebre Mosè di Michelangelo. Pranzo in ristorante. In serata rientro in istituto.

Domenica 28 agosto: Roma. Mezza pensione in hotel/istituto. Al mattino presto: ritrovo con le giovani coppie e famiglie e celebrazione della Santa Messa; quindi trasferimento in Vaticano per poter effettuare il

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pellegrinaggio a piedi da Castel Sant’ Angelo alla Basilica di San Pietro e passare per la Porta Santa per l’ottenimento dell’indulgenza plenaria. Al termine tempo a disposizione dei partecipanti per la visita libera di San Pietro. Quindi partecipazione all’Angelus papale. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio visita con guida della Roma barocca scendendo dal Quirinale a Fontana di Trevi, quindi Pantheon e Piazza Navona, una delle piazze più scenografiche della capitale.

Lunedì 29 agosto: Roma - Lodi Prima colazione in hotel/istituto. La mattina visita della basilica di S. Giovanni in Laterano, la prima delle quattro Basiliche papali maggiori e la più antica e importante basilica d’Occidente. Adiacente alla basilica si trova la Scala Santa, la tradizione di origine medievale afferma che si


cipanti; - euro 445 per un numero di 45 partecipanti; - euro 10.50 tassa di soggiorno definita dal Comune di Roma, da versare in istituto; - supplemento camera singola: euro 120 La quota comprende: • viaggio in pullman come da programma • costo permessi e parcheggi in ZTL • alloggio in Istituto in camere a due letti con bagno o doccia • pensione completa dal pranzo del 1° giorno al pranzo del 4° giorno • visite di Roma con guida locale come da programma con uso di audioriceventi Vox • assistenza sanitaria, assicurazione bagaglio e annullamento viaggio.

Iscrizioni tratterebbe della stessa scala salita da Gesù per raggiungere l’aula dove avrebbe subito l’interrogatorio di Ponzio Pilato prima della crocifissione, trasportata a Roma da Sant’Elena, madre di Costantino, nel 326. Quindi visita della Chiesa di Santa Croce in Gerusalemme. Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio partenza per il rientro.

Quota di partecipazione - euro 480 per un numero minimo di 35 parte-

Tassativamente entro il 30 aprile, in parrocchia, versando l’acconto di euro 150.

Speciale per famiglie e giovani coppie Le famiglie e giovani coppie stanno organizzando un pellegrinaggio a “misura di famiglia” nei giorni 26 – 28 agosto, che prevede l’incontro di tutti i pellegrini della parrocchia, per la S. Messa, il passaggio dalla Porta Santa in San Pietro e l’Angelus del Papa, nella domenica 28 agosto. Chi fosse interessato, segnali entro fine marzo la sua adesione.

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Una lettura del dipinto del Caravaggio

LE SETTE OPERE DI MISERICORDIA di don Luca Anelli

Nell’Anno Santo della Misericordia, mentre a più riprese, nella riflessione e nella preghiera, accostiamo il tema delle “opere di misericordia”, può essere efficace considerarle anche da una prospettiva particolare, come è quella artistica, la pittura in specie, capace di esprimere in maniera differente dalle parole, una ricchezza di significati. I tempi tribolati che viviamo pongono avanti al nostro sguardo immagini con tinte dalle strane contraddizioni. In modi del tutto contrastanti siamo continuamente provocati ad “occuparci

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dell’altro”. I fatti del giorno, le vicende personali, la cronaca risuonano dell’incessante richiesta di far entrare nella vita quotidiana la vita degli altri. E noi siamo come sospesi tra la tentazione di tuffarci nell’esperienza di chi ci sta accanto o di ritirarci come davanti a un rischio endemico. Sentire i vicini di casa che discutono, sapere che un collega rischia di perdere il posto, ricordare quel parente acciaccato e solo anche a Natale, assistere ai ripetuti tragici sbarchi di migranti vivi e morti, incrociare lo sguardo del questuante all’uscita del supermercato… Fare attenzione o fingere di non aver visto? Imporsi di non ascoltare o tentare una timida domanda? Lasciarci interrogare o passare oltre? In ultima analisi, il terribile dettato evangelico da cui discendono le tradizionali “opere di misericordia” (Matteo 25,31-46), conduce a riproporre la medesima domanda degli esterrefatti interlocutori di Gesù: “quando mai ti abbiamo visto affamato, malato, in carcere…?”. L’atto discriminante sul quale il Maestro fa poggiare il suo giudizio è l’aver fatto o non aver fatto, in conseguenza all’aver riconosciuto o non riconosciuto lui nel bisognoso. Il brano di Matteo sull’immedesimazione di Gesù con i sofferenti non ha paralleli né nei sinottici, né nella letteratura neotestamentaria. Tale unicità contribuisce ad attestare l’importanza del momento, del giudizio, degli atti compiuti o no. Nella parabola – che non a caso conclude il ministero di predicazione di Gesù nell’imminenza della sua passione – la replica solo apparentemente monotona e insistente dell’elenco delle situazioni di indigenza e delle corrispettive opere prestate o negate, pone in risalto la loro rilevanza nell’ambito del giudizio escatologico. La questione decisiva è l’aver visto e preso coscienza che in quella necessità (fame, sete, nu-


dità, malattia, essere straniero o carcerato) si cela e si manifesta insieme una richiesta pressante, visibile e nascosta al contempo: visibile in quanto riconoscibile esperienza di privazione, nascosta in quanto rivelatrice d’una presenza, quella di Cristo, che si immedesima nei “miei fratelli più piccoli”. Tale urgenza “operativa” è condivisa da Caravaggio (Michelangelo Merisi, Milano 1571 – Porto Ercole 1610), nella spettacolare tela delle Sette opere di Misericordia un olio su tela di cm 390x260), realizzata (e tuttora conservata) a Napoli per il Pio Monte della Misericordia. In essa, come nel racconto evangelico, si nasconde e si rivela il senso di ogni opera di soccorso ai derelitti della storia. Nel maggio 1606, dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni, Caravaggio scappa dapprima nei feudi laziali di un ramo della potente famiglia romana dei Colonna, per giungere nella capitale del vice regno spagnolo e trovare un periodo di relativa tranquillità. Il delitto aveva fatto del pittore un ricercato, un reo a piede libero, un pellegrino della disperazione, un affamato di protezione e ospitalità. I suoi contatti con ambienti culturali e religiosi che definiremmo oggi “d’avanguardia”, gli consentirono presto di realizzare opere importanti. In particolare il quadro delle Opere di Misericordia fu commissionato dal Pio Monte della Misericordia, una istituzione di carità fondata a Napoli pochi anni prima, con una spiccata caratterizzazione non clericale. Nell’atto di fondazione si stabiliva l’indipendenza dal controllo ecclesiastico, che fu concessa dall’autorità papale, a patto che la concessione rimanesse segretissima. L’intento dei fondatori del Monte era la possibilità di svolgere una carità messa in atto in modo personale, a fronte delle necessità che potevano presentarsi nella vita quotidiana, cioè senza una struttura vincolata a regole, limitazioni, appartenenze. L’interesse del Pio Monte era quello di operare discretamente ma in maniera tangibile e subitanea nei vicoli di Napoli: il rilievo sociale dell’istituzione era legato indissolubilmente al territorio e alla visione d’una carità fattiva, non “letteraria” o agiografica. Quando Caravaggio si trovò a dar corpo al nuo-

vissimo tema iconografico delle opere di carità, cercò in primo luogo il punto di congiunzione tra la misericordia corporale, esercitata senza vincoli formalistici o mandati d’autorità, e una visione del divino e della santità che entrano nella vita degli uomini, senza sottrarli alla concretezza della storia per fissarsi in una sorta di stereotipo glorioso e astratto. E il pittore trovò quel punto di congiunzione nella “precipitazione” del gruppo celeste, la Madonna col Bambino sorretti da due angeli, in un affollato quadrivio partenopeo colmo di miserie e carità.

Si può osservare, infatti, l’identico gesto compiuto da uno dei due angeli discendenti dal cielo e dal povero ignudo nel punto più basso a terra. Entrambi si appoggiano sulla mano che si arrossa, come per lo sforzo di reggere tutto il peso della persona: mentre quello del povero è gesto naturale – poggia la mano al suolo – l’appoggio dell’angelo è… il vuoto, ma solo apparentemente. Quel Bambino condotto fino a un passo da

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terra si vede, si presenta, si manifesta, si appoggia su tutti quei gesti che si stanno compiendo nell’angolo di città percorso da miseria e nobiltà d’animo. Se la consistenza del braccio del povero fa pensare che suo unico rifugio è la terra su cui siede in attesa d’un conforto, la corporeità della visione celeste (quanto è carnoso quel braccio che si protende dal cielo!) sta tutta nelle opere di carità che stanno rivelando, nel mondo degli uomini, la presenza del divino. Cristo che scende sulla terra si appoggia su quei fratelli più piccoli, sui poveri e su coloro che in essi, soccorrendoli, sanno riconoscerne l’implorazione. Sebbene appaia che il gruppo di figure celesti sia stato aggiunto in un secondo tempo, forse a rendere meno immanente l’interpretazione del soggetto – quasi una riduzione della carità a filantropia – l’impressione del suo concreto riverbero sulle situazioni umane è data anche dall’ombra che l’ala dell’angelo e la Madonna col Bambino proiettano sulla parete della casa d’angolo, che è una prigione. Dalla finestra sottostante, dalla grata che la chiude, un vecchio si sporge bramoso di suggere latte dal seno prosperoso (due gocce sono scivolate sulla barba): la figura richiama la cosiddetta caritas romana, immortalata nelle sembianze della giovane Pero che nutre il padre Cimone. La scena assolve così alla raffigurazione del “dar da mangiare agli affamati” e “visitare i carcerati”. In essa si assiste anche ad una dichiara-

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zione di rilevanza sociale non indifferente: una povertà materiale assoluta non esiste, poiché ognuno di noi può sempre avere a disposizione alcuni beni materiali, ancorché miseri, insieme a rapporti affettivi, ricchezze culturali, capacità di passioni e mozioni positive. La figlia non porta al padre carcerato un piatto preparato in precedenza, ma gli offre se stessa, la propria concreta possibilità di nutrire, insieme alla riconoscenza filiale. Se l’atto del nutrimento può apparire esagerato alla nostra pudicizia un po’ ipocrita, l’opera della visita al carcerato ne amplia il significato, giacché è sostanzialmente costituito dall’incontro di due persone: la gratuità del dono non è legata anzitutto a un bene da consegnare, ma a una disponibilità personale. Alle spalle della donna, ad una svolta verso un altro vicolo, ecco la scena della sepoltura di un morto: ne intravediamo solo i piedi, raccolti, come il resto del cadavere, in un lenzuolo sorretto con qualche sforzo da un uomo di fronte al quale – è logico pensarlo – sta un altro che sorregge il trapassato dalla parte del capo. Il chierico accompagna il mesto, ridottissimo corteo con due gesti pietosi, quello della preghiera, in


canto, come si evince dall’espressione del volto, e quello dell’illuminazione, offerta proprio nell’estremo passaggio della morte, alba di risurrezione che squarcia le tenebre ed anticipa la pienezza di luce proveniente dall’alto gettata sui particolari del dipinto. L’opera del seppellimento dei morti non è compresa tra le azioni citate da Gesù nella parabola evangelica, ma è stata desunta dalla tradizione biblica ed inserita probabilmente a completamento di un settenario di opere corporali cui si affiancò nella tradizione quello di altrettante opere di misericordia spirituale. Sebbene la sepoltura sia per il cristiano una condizione transitoria – il sepolcro di Gesù è vuoto – la pietà verso i defunti si aggiunge alle altre azioni di carità. Il gruppo di persone rappresentate a sinistra descrive le altre quattro opere di misericordia. La genialità dell’interpretazione pittorica sta nel vincolarle l’una all’altra, quasi che ciascuna, presa solo per se stessa, non bastasse a delineare l’uomo evangelico, l’uomo di misericordia e carità. In primo piano un giovane ben vestito alla maniera dei cavalieri del Seicento, con spada al fianco e copricapo piumato, accompagna il mantello che si sta levando dalla spalla e che è già accolto dall’ignudo di spalle semisdraiato a terra. Il cavaliere sta marciando verso sinistra, insieme a due compagni di viaggio: quello che lo precede porta un ampio cappello con la conchiglia, emblema del pellegrinaggio a Santiago di Compostela, e si appoggia ad un bastone. Così deve fare anche un altro viaggiatore, di cui si vede solo un orecchio illuminato dietro il capo dell’uomo col mantello, una gamba in penombra e la cima del bastone da viaggio. Così colui che veste l’ignudo è anche pellegrino ospitato con gli amici dall’oste che sta loro di fronte e che indica l’ingresso al locale dove potranno trovare ristoro. Queste persone stanno inoltre offrendo solidarietà all’uomo seminascosto dal gruppo e che giace a terra con aria addolorata: la visita all’infermo, ancora una volta, è opera di carità compiuta insieme ad altre, in un circolo virtuoso che fa di ciascuno un povero, bisognoso d’aiuto, e un ricco, capace di aiuto ad altri poveri. Alle spalle dell’oste un altro uomo è soccorso

nella sua necessità: sta bevendo acqua – resa con maestria – versandola da un osso: citazione dell’episodio biblico di Sansone (Gdc 15) che, dopo aver massacrato i nemici del Signore con una mascella d’asino, ebbe sete ed ottenne dal Signore acqua scaturita dalla roccia che gli diede nuovo vigore. La citazione biblica dà ulteriore concretezza al momento, cosicché l’opera di misericordia non è solo un precetto, ma un fatto concreto, tanto quanto l’identificazione precisa dei pellegrini e l’assimilazione dell’uomo che dona il mantello con la figura di San Martino di Tours. Questi è noto per aver condiviso il mantello con un povero quando non era ancora battezzato, quindi non strettamente tenuto all’adempimento. Il racconto della vita di Martino aggiunge che la notte seguente Cristo stesso apparve al giovane catecumeno vestito con la parte di mantello che egli aveva donato al povero. Il cerchio si chiude: il dipinto esprime, con eloquenza drammatica e luminosa, che assistere le persone in difficoltà è lo stesso che accogliere Cristo che si sporge, dalle membra doloranti dei poveri, verso ogni uomo che voglia vivere nella verità e nella carità la parola evangelica.

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La Confessione, un Sacramento da riscoprire

IL SACRAMENTO DELLA MISERICORDIA In queste pagine offriamo ampia possibilità di ripensare al sacramento della Confessione, per prepararci in modo adeguato e per ritornare al Padre misericordioso che largamente perdona.

COME CONFESSARSI? Forse hai perso l’abitudine di confessarti, ma non avere paura. Gesù ripete anche a te: “Non abbiate paura, non temete”. Prima di presentarti al sacerdote, preparati diligentemente: - con la preghiera; - con la lettura della parola di Dio che ci illumina e ci rende autentici; - con un sincero esame di coscienza, che ti porti al pentimento.

ASCOLTA LA PAROLA!

Dalla Lettera di san Paolo apostolo ai Romani Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di Lui. Oppure: Dalla prima Lettera di san Giovanni apostolo Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci

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perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Oppure ancora: Dal Vangelo di Luca Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Allora egli disse loro questa parabola: «Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: “rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta”. Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione. O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: “rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta”. Così, vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».


TI CONSIGLIAMO I SEGUENTI PASSAGGI innumerevoli, non si riesce ad affrontare se- Riprendi il brano della Parola e ripensa alla successiva meditazione: cosa ti ha colpito? - Rileggi l’ultimo periodo della tua vita alla luce della Parola di Dio appena ascoltata e meditata. Sii sincero con te stesso e con il Signore: non puoi nascondere nulla né a lui, né a te stesso. In questo momento puoi farti aiutare dall’esame di coscienza proposto in seguito. - Riconosci di aver bisogno di perdono. Oltre a individuare i peccati commessi, esprimi con una preghiera a Gesù il tuo dolore e il tuo bisogno di essere perdonato. - Recati da un sacerdote a confessare i peccati. Egli ti ascolta e ti aiuta, prima di darti l’assoluzione in nome di Gesù Cristo. Parla pure liberamente, senza timore: maggiori sono i “macigni” che lasci ai piedi di Gesù, maggiore sarà il perdono che Lui stesso ti donerà. Se vuoi, puoi parlare di tre diverse cose:

1. Confessio laudis: comincio il colloquio penitenziale rispondendo a questa domanda: dall’ultima confessione, quali sono le cose per cui sento di ringraziare maggiormente Dio? In quali situazioni l’ho sentito particolarmente vicino? 2. Confessio vitae: ora cerco di rispondere a questa domanda: a partire dall’ultima confessione che cos’è che, soprattutto davanti a Dio, non vorrei avere fatto? Che cosa mi pesa particolarmente davanti a Lui? Che cosa vorrei che Dio togliesse da me? 3. Confessio fidei: con le mie parole cerco di esprimere ad alta voce la mia fiducia in Dio che attraverso il suo perdono mi da’ la Buona Notizia: “Va in pace. Mi sono preso io il carico dei tuoi peccati, delle tue fatiche, della tua poca fede!”

PERCHÉ UN ESAME DI COSCIENZA?

Non è solo un esame analitico e dispersivo, ma un aiuto a vedere sinteticamente la propria vita. Quello che rende piuttosto indigesti gli esami di coscienza tradizionali è il loro dilungarsi nelle numerose domande sui vari peccati; un esame di coscienza analiticamente completo non può dimenticare nulla; gli interrogativi diventano

riamente nessun proposito e di conseguenza si viene a provare un senso di frustrazione e di impotenza. Uno schema sintetico ci aiuta a vedere la vita sotto poche, ma essenziali luci, e ad organizzare i propositi secondo determinate costanti. Non è solo un esame sulle colpe esterne, ma sull’orientamento di fondo della vita. È facile fermarsi all’esame degli atti, senza interrogarci sulle intenzioni e sugli atteggiamenti interiori che li determinano. Gesù ci insegna che tutti i peccati procedono dal di dentro, cioè dal cuore: è dunque il cuore che va interrogato. È anche facile che noi ci riteniamo sufficientemente buoni perché non troviamo nella nostra vita particolari azioni di cui rimproverarci. Ma se interroghiamo l’orientamento dell’anima, i nostri desideri più reconditi, possiamo proprio dire che tutto in noi è ispirato dalla sete della gloria del Padre, o dal desiderio incoercibile di aiutare i fratelli, anche a costo della vita? O non scorgiamo piuttosto che anche le cose più belle che facciamo sono sempre un po’ guastate dal desiderio di emergere, o dal bisogno di particolari soddisfazioni personali, o dalla ricerca di consensi? Anche le azioni migliori possono essere inquinate da qualcuno (e non da uno solo!) dei sette vizi capitali: attaccamento alle cose (avarizia), amor proprio (superbia), ricerca del meno difficile e del più comodo (accidia), gelosia nei riguardi del lavoro altrui (invidia), violenza anche solo morale e sottile verso il prossimo (ira), condizionamento da parte dei sensi (gola e lussuria). Interrogarci sui sentimenti è una disciplina salutare, che ci porta a trovare molti più difetti di quanti pensiamo di avere; e il riconoscere le colpe è un primo gradino verso la correzione. Non è solo un esame sul negativo (le colpe), ma sul positivo (le possibilità di bene) È più facile scoprire le colpe di pensiero, parola o azione; più difficile individuare i peccati di omissione; questi sono i più numerosi, di solito, e i più dimenticati nelle confessioni. Invece la morale del vangelo è tutta fondata sul bene da fare, più che sul male da evitare. Mentre i dieci comandamenti sono quasi tutti dei no,

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le beatitudini sono tutte sì. E se uno si può credere giusto perché non uccide, non ruba, non bestemmia, non mente, non pecca sessualmente, non disonora i genitori, nessuno può pensare di avere raggiunto la perfezione nella povertà evangelica, nella misericordia, nella purezza del cuore, nella fame e sete di giustizia, nella mitezza, nella capacità di sopportare la persecuzione. Chi mai può dire di saper amare fino alla misura suprema, «come Gesù ha amato noi»? Anche l’esame finale di vita cristiana, descrittoci da Matteo nel capitolo 25 del suo Vangelo, è su prospettive positive: nutrire chi ha fame, ospitare i pellegrini, visitare e servire chi soffre. E se il re caccia nel fuoco eterno chi si è rifiutato di fare queste cose, nondimeno coloro che le compiono non hanno una misura oltre la quale sia impossibile crescere! Dunque, la prospettiva vera dell’esame di coscienza è sul positivo, non sul negativo. È utile che ci interroghiamo sulla nostra capacità di fare il bene. Il peccato non lo si annulla combattendolo ma operando il bene; così come l’unico sistema per eliminare il buio è quello di accendere una luce! Non è solo un esame sui peccati, ma su un modello di vita, sulla persona di Gesù. La differenza tra la morale cristiana e la morale filosofica (ad es., la morale stoica) sta in questo: per il filosofo l’ideale sono le virtù astratte (la povertà, la sapienza, il silenzio, la contemplazione), mentre per il cristiano l’ideale è Gesù. Il cristiano non ama e non pratica la povertà, ma si fa discepolo di Gesù povero; non ama e non pratica l’ umiltà ma si fa discepolo di Gesù umile e umiliato; e così di seguito. Non sono sottigliezze, non solo perché tra le virtù naturali e la vita evangelica di Gesù c’è un salto di qualità, ma anche perché il motivo della virtù cristiana è la persona di Gesù, è la sua incarnazione, il suo essere l’ uomo nuovo.

SPUNTI PER UN SEMPLICE ESAME DI COSCIENZA

1° Comandamento: “Io sono il Signore tuo Dio. Non avrai altri dei di fronte a me” Gesù ha detto: “Non potete servire due padroni, non potete servire Dio e il denaro”

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Chi è Dio per me? Occupa il posto più importante nella mia vita? Quali sono gli idoli che creano disordine nella mia vita? Denaro, lavoro eccessivo, successo, carriere …? 2° Comandamento: “Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio” Gesù ha detto: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura” Rispetto il nome di Dio, di Maria, dei santi? Bestemmio facilmente? Uso un linguaggio volgare? Do testimonianza coerente della mia fede, oppure ho vergogna di vivere e di presentarmi come cristiano? 3° Comandamento: “Ricordati di santificare le feste” Gesù ha detto: “Fate questo in memoria di me” Partecipo attivamente alla Messa domenicale e festiva? Per me, la domenica è veramente il giorno del Signore? Oppure è un giorno di lavoro come gli altri? Il mio svago è tutto? Dedico del tempo alla mia famiglia e a persone bisognose? 4° Comandamento: “Onora tuo padre e tua madre” Gesù ha detto: “Amatevi come io vi ho amati” Manco di rispetto verso i miei familiari? Sono violento in casa? Umilio le persone? Sono geloso? Collaboro nelle faccende domestiche oppure mi faccio servire? Prego per i miei familiari? 5° Comandamento: “Non uccidere” Gesù ha detto: “Chiunque si adire con il proprio fratello sarà sottoposto a giudizio” Rispetto la vita del prossimo, soprattutto del più debole, fin dal suo concepimento? Ho la forza di chiedere scusa quando faccio soffrire qualcuno? Aiuto concretamente chi è nel bisogno? Sono capace di perdonare? Ho dei rancori verso qualcuno? Ho fatto del male a me stesso esagerando nel mangiare, nel bere, nel fumare, prendendomi libertà di ogni tipo? 6° Comandamento: “Non commettere atti impuri” Gesù ha detto: “La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro tutto il tuo corpo sarà nella luce”


Ho l’abitudine di fare discorsi osceni? Ho utilizzato in modo improprio i mezzi di comunicazione (internet … social network, etc…)? So controllare i miei istinti? 7° Comandamento: “Non rubare” Gesù ha detto: “Guardatevi da ogni avarizia perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni” So mettere a servizio degli altri i talenti che Dio mi ha dato? Sono giusto e onesto nella mia vita? Ho studiato/lavorato con coscienza e professionalità? Ho l’abitudine di umiliare o trattare con durezza i miei amici? Rispetto quanto appartiene alla società: strade, mezzi di trasporto, luoghi e edifici pubblici? Perdo il mio tempo? Come

O Gesù d’amore acceso, non t’avessi mai offeso! O mio caro e buon Gesù, con la tua santa grazia, non ti voglio offender più, perché ti amo sopra ogni cosa, Gesù mio misericordia! Mio Dio, mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi, e molto più perché ho offeso te, infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa. Propongo col tuo santo aiuto di non offenderti mai più e di fuggire le occasioni prossime di peccato. Signore, misericordia, perdonami. Signore Gesù, che volesti esser chiamato amico dei peccatori, per il mistero della tua morte e risurrezione liberami dai miei peccati e donami la tua pace,

gestisco il mio tempo libero? 8° Comandamento: “Non pronunciare falsa testimonianza” Gesù ha detto: “Il vostro parlare sia “sì sì”, “no no”; il di più viene dal maligno” Sono sincero e leale nei pensieri, nel linguaggio, nelle azioni? Danneggio la reputazione e l’onore degli altri? 9° Comandamento: “Non desiderare la donna d’altri” Gesù ha detto: “Chiunque guarda una donna o un uomo con passione ha già commesso adulterio nel suo cuore” Sono sempre fedele negli affetti e nelle azioni? So avere comprensione nei momenti di difficol-

perché io porti frutti di carità, di giustizia e di verità. Signore Gesù Cristo, Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, riconciliami col Padre nella grazia dello Spirito Santo; lavami nel tuo sangue da ogni peccato e fa’ di me un uomo nuovo per la lode della tua gloria. Signore Gesù, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore. Pietà di me, o Signore, secondo la tua misericordia; non guardare ai miei peccati e cancella tutte le mie colpe; crea in me un cuore puro e rinnova in me uno spirito di fortezza e di santità. Ricordati, Signore, del tuo amore, della tua fedeltà che è da sempre. Non ricordare i miei peccati: ricordati di me nella tua misericordia,

per la tua bontà, Signore. Padre, ho peccato contro di te, non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Abbi pietà di me peccatore. Padre santo, come il figliol prodigo mi rivolgo alla tua misericordia: «Ho peccato contro di te, non son più degno d’esser chiamato tuo figlio». Cristo Gesù, Salvatore del mondo, che hai aperto al buon ladrone le porte del paradiso, ricordati di me nel tuo regno. Signore Gesù, che sanavi gli infermi e aprivi gli occhi ai ciechi, tu che assolvesti la donna peccatrice e confermasti Pietro nel tuo amore, perdona tutti i miei peccati, e crea in me un cuore nuovo, perché io possa vivere in perfetta unione con i fratelli e annunziare a tutti la salvezza.

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tà in famiglia? 10° Comandamento: “Non desiderare la roba d’altri” Gesù ha detto: “Fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma” Ho l’abitudine allo spreco? Sono eccessivamente attaccato alle cose? Cosa faccio per i poveri vicini e lontani?

DIECI MODI PER CHIEDERE PERDONO Accanto alla formula classica “O Gesù d’amore acceso …” o all’ “Atto di dolore”, il Rituale per la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione prevede diverse formule per l’invocazione del perdono, che attingono dalla Scrittura e dalla tradizione della Chiesa (vedi riquadro nella pagina precedente).

DUE TESTI DI PAPA FRANCESCO

Sii coraggioso e vai alla Confessione! “Uno può dire: io mi confesso soltanto con Dio. Sì, tu puoi dire a Dio “perdonami”, e dire i tuoi peccati, ma i nostri peccati sono anche contro i fratelli, contro la Chiesa. Per questo è necessario chiedere perdono alla Chiesa, ai fratelli, nella persona del sacerdote. “Ma padre, io mi vergogno...”. Anche la vergogna è buona, è salute avere un po’ di vergogna, perché vergognarsi è salutare. Quando una persona non ha vergogna, nel mio Paese diciamo che è un “senza vergogna”: un “sin verguenza”. Ma anche la vergogna fa bene, perché ci fa più umili, e il sacerdote riceve con amore e con tenerezza questa confessione e in nome di Dio perdona. Anche dal punto di vista umano, per sfogarsi, è buono parlare con il fratello e dire al sacerdote queste cose, che sono tanto pesanti nel mio cuore. E uno sente che si sfoga davanti a Dio, con la Chiesa, con il fratello. Non avere paura della Confessione! Uno, quando è in coda per confessarsi, sente tutte queste cose, anche la vergogna, ma poi quando finisce la Confessione esce libero, grande, bello, perdonato, bianco, felice. E’ questo il bello della Confessione! Io vorrei domandarvi ma non ditelo a voce alta, ognuno si risponda nel suo cuore: quando è stata l’ultima volta che ti sei confessato, che ti sei confessata? Ognuno

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ci pensi … Sono due giorni, due settimane, due anni, vent’anni, quarant’anni? Ognuno faccia il conto, ma ognuno si dica: quando è stata l’ultima volta che io mi sono confessato? E se è passato tanto tempo, non perdere un giorno di più, vai, che il sacerdote sarà buono. E’ Gesù lì, e Gesù è più buono dei preti, Gesù ti riceve, ti riceve con tanto amore. Sii coraggioso e vai alla Confessione!” Papa Francesco, Udienza generale 19 febbraio 2014. Il cuore di Dio è un cuore di Padre “E questo è il cuore di Dio, un cuore di Padre che ama e vuole che i suoi figli vivano nel bene e nella giustizia, e perciò vivano in pienezza e siano felici. Un cuore di Padre che va al di là del nostro piccolo concetto di giustizia per aprirci agli orizzonti sconfinati della sua misericordia. Un cuore di Padre che non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe, come dice il Salmo (103,9-10). E precisamente è un cuore di padre che noi vogliamo incontrare quando andiamo nel confessionale. Forse ci dirà qualcosa per farci capire meglio il male, ma nel confessionale tutti andiamo a trovare un padre che ci aiuti a cambiare vita; un padre che ci dia la forza di andare avanti; un padre che ci perdoni in nome di Dio. E per questo essere confessori è una responsabilità tanto grande, perché quel figlio, quella figlia che viene da te cerca soltanto di trovare un padre. E tu, prete, che sei lì nel confessionale, tu stai lì al posto del Padre che fa giustizia con la sua misericordia.” Papa Francesco, Udienza generale 3 febbraio 2016.


I Santi della Misericordia

SAN LEOPOLDO MANDIC Vale la pena conoscere, almeno per accenni, la vicenda di questo santo frate cappuccino che ha speso la sua vita nel Confessionale. Il Papa Francesco l’ha indicato, insieme a san Pio da Pietrelcina, come un grande esempio e ministro della misericordia del Padre. Leopoldo nacque a Castelnuovo di Cattaro (l’odierna Herceg-Novi in Montenegro) il 12 maggio 1866, penultimo dei sedici figli di Pietro Mandic e di Carolina Zarevic, famiglia cattolica croata. Al battesimo ricevette il nome di Bogdan Ivan (Adeodato Giovanni). Suo bisnonno paterno Nicola Mandic era oriundo da Poljica, nell’arcidiocesi di Spalato (Split), dove i suoi antenati erano giunti dalla Bosnia, nel lontano secolo XV. A Castelnuovo di Cattaro, all’epoca situato nella Provincia di Dalmazia, a sua volta parte dell’Impero Austriaco, prestavano la loro opera i frati francescani Cappuccini della Provincia Veneta (vi si trovavano fin dal 1688, epoca del dominio della Repubblica di Venezia).

LA VOCAZIONE RELIGIOSA Frequentando l’ambiente dei frati, in occasione delle funzioni religiose e del doposcuola pomeridiano, il piccolo Bogdan manifestò il desiderio di entrare nell’Ordine dei Cappuccini. Per il discernimento della vocazione religiosa, fu accolto nel seminario cappuccino di Udine e poi, diciottenne, il 2 maggio 1884 al noviziato di Bassano del Grappa (Vicenza), dove vestì l’abito francescano, ricevendo il nuovo nome di “fra Leopoldo” e impegnandosi a vivere la regola e lo spirito di san Francesco d’Assisi. Dal 1885 al 1890 completò gli studi filosofici e teologici nei conventi di Santa Croce a Padova e del Santissimo Redentore a Venezia. In quegli anni la formazione religiosa ricevuta dalla fami-

glia ricevette l’impronta definitiva nello studio e nella conoscenza della Sacra Scrittura e della letteratura patristica e nell’acquisizione della spiritualità francescana. Il 20 settembre 1890, nella basilica della Madonna della Salute a Venezia, fu ordinato sacerdote per mano del card. Domenico Agostini.

L’ASPIRAZIONE MISSIONARIA ED ECUMENICA Di intelligenza aperta, padre Leopoldo Mandic

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aveva una buona formazione filosofica e teologica e per tutta la vita continuerà a leggere i padri e i dottori della Chiesa. Sin dal 1887, si era sentito chiamato a promuovere l’unione dei cristiani orientali separati con la Chiesa cattolica. Nella prospettiva di un ritorno nella terra natia come missionario, si dedicò all’apprendimento di diverse lingue slave, compreso un po’ di greco moderno. Fece domanda di partire per le missioni d’Oriente nella propria terra, secondo quell’ideale ecumenico, divenuto poi voto, che coltiverà fino alle fine dei suoi giorni, ma la salute cagionevole sconsigliò i superiori dall’accettare la richiesta. Infatti, a causa dell’esile costituzione fisica e di un difetto di pronuncia, non poteva dedicarsi alla predicazione. I primi anni passarono nel silenzio e nel nascondimento del convento di Venezia, addetto al confessionale e agli umili lavori del convento, con un po’ di esperienza da questuante di porta

La grandezza di padre Leopoldo è altrove: nell’immolarsi, nel donarsi, giorno dopo giorno, per tutto il tempo della sua vita sacerdotale, cioè per 52 anni, nel silenzio, nella riservatezza, nell’umiltà di una celletta-confessionale: “Il buon pastore offre la vita per le pecore”. Padre Leopoldo era sempre lì, pronto e sorridente, prudente e modesto, confidente discreto e padre fedele delle anime, maestro rispettoso e consigliere spirituale comprensivo e paziente. Se si volesse definirlo con una parola sola, come durante la sua vita facevano i suoi penitenti e confratelli, allora egli è “il confessore”… Eppure proprio in questo sta la sua grandezza, in questo suo scomparire per far posto al vero Pastore delle anime. San Giovanni Paolo II, Omelia per la canonizzazione di padre Leopoldo

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in porta. Nel settembre del 1897, ricevette l’incarico di presiedere il piccolo convento cappuccino di Zara in Dalmazia. Durò poco la speranza di poter realizzare l’aspirazione alla missione: già nell’agosto del 1900 fu richiamato a Bassano del Grappa (Vicenza) come confessore. Si aprì un’altra breve parentesi di attività missionaria nel 1905 come vicario del convento di Capodistria, nella vicina Istria, dove sì rivelò subito consigliere spirituale apprezzato e ricercato. Ma, ancora una volta, dopo un solo anno, venne richiamato in Veneto, al santuario della Madonna dell’Olmo di Thiene (Vicenza). Tra il 1906 e il 1909 vi prestò servizio come confessore, salvo una breve parentesi a Padova.

L’ARRIVO A PADOVA A Padova, al convento di piazzale Santa Croce, padre Leopoldo arrivò nella primavera del 1909. Nell’agosto del 1910, fu nominato direttore degli studenti, cioè dei giovani frati cappuccini che, in vista del ministero sacerdotale, frequentavano lo studio della Filosofia e della Teologia. Furono anni di intenso studio e dedizione. A differenza di altri docenti, padre Leopoldo – che insegnava Patrologia – si distinse per benevolenza, che qualcuno riteneva eccessiva e in contrasto con la tradizione dell’Ordine. Anche per questo, probabilmente, nel 1914 padre Leopoldo fu improvvisamente sollevato dall’insegnamento. E fu un nuovo motivo di sofferenza. Così, a partire dall’autunno del 1914, a quarantott’anni di età, a padre Leopoldo venne chiesto l’impegno esclusivo nel ministero della confessione. Le sue doti di consigliere spirituale erano note da tempo, tanto che, nel giro di qualche anno, divenne confessore ricercato da persone di ogni estrazione sociale, che per incontrarlo arrivavano anche da fuori città.

LA GRANDE GUERRA E IL CONFINO NEL SUD D’ITALIA Fortemente legato alla sua terra d’origine, padre Leopoldo aveva mantenuto la cittadinanza austriaca. Le scelta, motivata dalla speranza che i documenti d’identità favorissero un suo ritorno missionario in patria, si muta però in problema, nel 1917, con la rotta di Caporetto. Come altri


‘stranieri’ residenti in Veneto, nel 1917 fu sottoposto a indagini di polizia e, visto che non intendeva rinunciare alla cittadinanza austriaca, venne mandato al confino nel Sud d’Italia. Nel corso del viaggio, a Roma incontrò anche papa Benedetto XV. A fine settembre del 1917, raggiunse il convento dei Cappuccini di Tora (Caserta), dove iniziò a scontare il provvedimento di confino politico. L’anno successivo passò al convento di Nola (Napoli) e poi di Arienzo (Caserta). Al termine della Prima guerra mondiale fece ritorno a Padova. Durante il viaggio visitò i santuari di Montevergine, Pompei, Santa Rosa a Viterbo, Assisi, Camaldoli, Loreto e Santa Caterina di Bologna.

DEFINITIVAMENTE A PADOVA Il 27 maggio 1919 giunse al convento di Cappuccini di Santa Croce in Padova, dove riprese il proprio posto nel confessionale. La sua popolarità aumentò a dispetto del carattere schivo. Gli Annali della Provincia Veneta dei Cappuccini riportano: “Nella confessione esercita un fascino straordinario per la grande cultura, per il fine intuito e specialmente per la santità della vita. A lui affluiscono non solo popolani, ma specialmente persone intellettuali e aristocratiche, a lui professori e studenti dell’Università e il clero secolare e regolare”. Nell’ottobre del 1923 i superiori religiosi lo trasferirono a Fiume (Rijeka), dopo che il convento era passato alla Provincia Veneta. Ma, soltanto una settimana dopo la sua partenza, il vescovo di Padova, mons. Elia Dalla Costa, interprete

della cittadinanza, invitò il Ministro provinciale dei francescani Cappuccini, padre Odorico Rosin da Pordenone, a farlo ritornare. Così, per il Natale di quell’anno padre Leopoldo, obbedendo ai superiori e congedando il sogno di lavorare sul campo per l’unità dei cristiani, era di nuovo a Padova. Da Padova non si allontanerà più per il resto della vita. Qui, spenderà ogni momento del suo ministero sacerdotale nell’ascolto sacramentale delle confessioni e nella direzione spirituale. Domenica 22 settembre 1940, nella chiesa del convento di Santa Croce, si festeggiarono le nozze d’oro sacerdotali, cioè il 50º anniversario dell’ordinazione presbiterale. Le spontanee, generali e grandiose manifestazioni di simpatia e stima a padre Leopoldo fecero chiaramente conoscere quanto vasta e profonda fosse l’opera di bene da lui svolta in cinquant’anni di ministero. Negli ultimi mesi del 1940 la sua salute andò sempre più peggiorando. All’inizio di aprile 1942 fu ricoverato all’ospedale: ignorava di avere un tumore all’esofago. Rientrato in convento continuò a confessare, pur in condizioni sempre più precarie. Com’era solito fare, il 29 luglio 1942 confessò senza sosta, trascorrendo poi gran parte della notte in preghiera. All’alba del 30 luglio, nel prepararsi alla santa messa, svenne. Riportato a letto, ricevette il sacramento dell’unzione degli infermi. Pochi minuti dopo, mentre recitava le ultime parole della preghiera Salve Regina, tendendo le mani verso l’alto, spirò. La notizia della morte di padre Leopoldo si diffuse rapidamente a Padova. Per un paio di giorni una folla ininterrotta passò al convento dei Cappuccini per rendere omaggio alla salma del confessore, già santo per molte persone. Il 1º agosto 1942 ebbero luogo i funerali, non nella chiesa dei Cappuccini, ma nella ben più capiente chiesa di Santa Maria dei Servi. Venne sepolto nel Cimitero Maggiore di Padova, ma nel 1963 il corpo venne traslato in una cappella presso la chiesa dei Cappuccini di Padova (Piazza Santa Croce).

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IL CAMMINO DELLA QUARESIMA Quest’ascolto operoso ci preparerà nel modo migliore a festeggiare la definitiva vittoria sul peccato e sulla morte dello Sposo ormai risorto, che desidera purificare la sua promessa Sposa, nell’attesa della sua venuta. Non perdiamo questo tempo di Quaresima favorevole alla conversione! Lo chiediamo per l’intercessione materna della Vergine Maria, che per prima, di fronte alla grandezza della misericordia divina a lei donata gratuitamente, ha riconosciuto la propria piccolezza, riconoscendosi come l’umile serva del Signore. (Dal Messaggio di papa Francesco per la Quaresima 2016)

ESERCIZI SPIRITUALI PARROCCHIALI Due proposte per vivere il cammino di preparazione alla Pasqua nell’ascolto della Parola e nella preghiera. Una sosta necessaria nel cammino quotidiano dell’esistenza per riconfermarsi nelle motivazioni di fondo che sostengono i nostri impegni, le nostre scelte, la nostra fatica. Le predicazioni, in questo Anno Santo, saranno sul tema: “Le parabole della misericordia”. Le proposte: • Martedì 8, mercoledì 9, giovedì 10 marzo - per adulti, anziani, pensionati: dalle ore

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15 alle 16 predicazione e tempo per la preghiera di adorazione personale. Meditazioni offerte da Mons. Domenico Morstabilini, parroco emerito di Lodivecchio, canonico del Duomo. Martedì 8, mercoledì 9, giovedì 10 marzo - per tutti: alle ore 21.00 predicazione e tempo per la preghiera di adorazione personale. Meditazioni proposte da don Marco D’Agostino, insegnante di Sacra Scrittura nello Studio Teologico dei Seminari di Lodi, Crema, Cremona e Vigevano e vicerettore del Seminario di Cremona. La serata di giovedì 10 marzo sarà dedicata interamente alla preghiera silenziosa.

“L’AVETE FATTO A ME …” SETTIMANA DELLA CARITA’ La 4a settimana di Quaresima, (6 – 13 marzo) sarà per noi la Settimana della Carità: richiamo forte a vivere la misericordia nelle opere, come ci richiama il messaggio della Quaresima e di questo Anno Santo. Sappiamo bene che la carità ha una creatività amplissima con cui esprimersi, così come variegate e diversificate sono le possibilità di concretizzarla. Vi segnaliamo alcune proposte, tra le tante, per


vivere un gesto di condivisione e di generosità.

Raccolta generi alimentari per la carità parrocchiale Nelle chiese di san Fereolo e Sacro Cuore sono sempre disponibili due cesti per la raccolta di generi alimentari. Attualmente la Caritas parrocchiale distribuisce più di 100 pacchi alimentari ogni mese. Si raccolgono generi a lunga scadenza. Nella settimana della Carità, in particolare, vi invitiamo a tenere presente questa importante opportunità di condivisione con i poveri. Impariamo a fare “bene” la Carità: • non deponiamo oggetti impropri nei cesti di raccolta dei generi alimentari o nel cortile Caritas; • non deponiamo abiti e indumenti in chiesa o nel cortile della Caritas (gli indumenti si possono consegnare in Caritas ogni mattina dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 11.00; • la Caritas parrocchiale non raccoglie mobili, oggetti vari ed elettrodomestici, per motivi di spazio; • la Caritas parrocchiale non raccoglie farmaci; Grazie per la collaborazione!

Iniziativa “FAMIGLIE X FAMIGLIE” E’ la possibilità per le famiglie, di aiutare altre famiglie in difficoltà mediante un’offerta mensile o periodica, secondo queste modalità: - Bonifico bancario: IBAN IT 05 J 06230 2030000046238840, causale: FamigliexFamiglie - Versamento diretto in parrocchia o Caritas

cogliente, caldo e bello poiché quanti ricevono un pasto possono tornare a sentirsi parte di una comunità: uomini riconosciuti e non più invisibili. L’evoluzione sarà anche in futuro l’apertura di una nuova mensa più spaziosa in Lodi e, nel confronto con le nostre comunità e il territorio, l’apertura di nuovi spazi mensa in alcune città del lodigiano. La “Mensa Insieme” si propone di fornire un pasto caldo alle persone senza fissa dimora o in situazione di emarginazione grave, seguite dal Centro di Ascolto Caritas di Bassa soglia e di offrire un momento di accoglienza e di ascolto finalizzato a orientarle verso la rete dei servizi presenti sul territorio. Le altre mense potranno orientarsi ad accogliere non solo persone senza fissa dimora, ma anche altre situazioni di fragilità.

Iniziativa Caritas “IL FARMACO SOSPESO” Il progetto nasce per rispondere a un crescente bisogno che si rileva nella popolazione in-

Iniziativa diocesana “AMICI PER LA MENSA” Il progetto vuole proporre nuovi spazi mensa sul territorio della Diocesi, a partire dalla “Mensa Insieme” di Lodi, I contributi raccolti permetteranno anzitutto di abbellire l’attuale mensa di via San Giacomo allo scopo di accogliere i suoi ospiti in un luogo “bello” e “buono”. Buono perché è un luogo di solidarietà e bello perché realizzato in un contesto più ampio e curato. Anche la bellezza è condivisione: come la generosità, genera emozioni e favorisce il dialogo e le relazioni. L’obiettivo di uno spazio più ac-

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digente e/o gravemente emarginata. L’acquisto di farmaci di fascia C (che non sono mutuabili, ma includono farmaci indispensabili, come antidolorifici, colliri, pomate...) è difficile per tante persone che non riescono più a coprire la spesa. Per tanti il rischio è di non potersi curare adeguatamente. Come aiutare? La forma più semplice e immediata è pagare un farmaco nelle farmacie aderenti al progetto. Per noi di san Fereolo, la farmacia di riferimento, presso la quale poter acquistare un farmaco perché possa essere donato, è la Farmacia Barbieri, Piazza della Vittoria, 43. Attenzione: non si raccolgono farmaci in Caritas parrocchiale.

La giornata della Carità del Vescovo In occasione di questa giornata, che tradizionalmente è collocata nella 4a Domenica di Quaresima (domenica 6 marzo) potremo dare il nostro sostegno, anche economico, alla iniziativa

Raccolta fondi a favore della chiesa del Sacro Cuore Durante le celebrazioni della Domenica di Pasqua saremo invitati ad un gesto di attenzione nei confronti della nostra bella chiesa del Sacro Cuore, per la quale la parrocchia è ancora impegnata nel pagamento di un mutuo trimestrale superiore a 10.000 euro. La prossima rata scadrà il 31 marzo. L’attenzione dei parrocchiani, per il vero, è sempre sensibile a questo riguardo.

“MISERICORDIOSI COME IL PADRE” LA SETTIMANA DELLA MISERICORDIA La quinta settimana di Quaresima (13 – 20 marzo) sarà la “Settimana della Misericordia”. Vogliamo vivere questa settimana che precede e ci prepara alla Settimana Santa o Grande Settimana, per riscoprire e celebrare il Sacramento del Perdono, accogliendo l’invito del Signore: “Ritornate a me con tutto il cuore!”. A questo scopo abbiamo scelto di dare ampio spazio, su questo numero del Bollettino, ad una preparazione al Sacramento, perché sia celebra-

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to consapevolmente, con serenità e fiducia. Di seguito le proposte per la “Settimana della Misericordia”. • Martedì 15 marzo, ore 21, in oratorio: scopriamo insieme i significati e i simboli del Giubileo - preparazione al pellegrinaggio giubilare. Relatore: don Bassiano Uggè, Vicario Generale della diocesi • Mercoledì 16 marzo, al Carmelo di Lodi: ritiro spirituale gruppo anziani, adulti, pensionati. Programma: - ore 14.40 - partenza in pullman da San Fereolo - ore 14.45 - partenza in pullman dal Sacro Cuore (Robadello) - ore 15.00 - introduzione e meditazione; disponibilità dei sacerdoti per le Confessioni - ore 16.00 - celebrazione Eucaristica È sospesa la Messa delle 18.00 • Da Lunedì 14 a Sabato 19 a San Fereolo. dopo la Messa del mattino, fino alle ore 10: don Marco è disponibile per le Confessioni. • Venerdì 18 marzo, ore 15.30: confessioni per i ragazzi delle Medie • Venerdì 18 marzo, ore 20.30: Stazione Quaresimale cittadina al Crocifisso della Maddalena • Sabato 19 marzo, ore 10.00: Confessioni per i ragazzi di 4a elementare • Sabato 19 marzo, ore 15.30 san Fereolo e Sacro Cuore: Confessioni per tutti • Domenica 20 marzo, ore 14.30: Confessioni 5a elementare

LA SETTIMANA SANTA O GRANDE SETTIMANA

20 marzo Domenica delle Palme e della Passione del Signore • Ore 10.30 Ritrovo in Piazza Omegna; benedizione degli Ulivi; processione verso il cortile dell’Oratorio; solenne celebrazione Eucaristica. In caso di pioggia la celebrazione si tiene nella Chiesa del Sacro Cuore a Robadello. E’ sospesa la Messa delle 11.30 a San Fereolo.


Le Confessioni nella Settimana Santa • Mercoledì 23 marzo, ore 9.30 - 11.00 a San Fereolo: confessioni (3 sacerdoti) • Mercoledì 23 marzo, ore 19.00 a San Fereolo: confessioni per gli adolescenti • Mercoledì 23 marzo, ore 21.00 a San Fereolo: confessioni per giovani e adulti • Sabato 26 marzo, ore 9.30 - 12.00 San Fereolo: confessioni per tutti (4 sacerdoti) • Sabato 26 marzo, ore 15.00 - 18.30 San Fereolo: confessioni per tutti (don Elia e don Roberto) • Sabato 26 marzo, ore 15.00 - 19.00 al Sacro Cuore: confessioni per tutti (don Marco)

26 marzo Sabato Santo • Ore 8.30, a San Fereolo: celebrazione dell’Ufficio di Letture e Lodi Mattutine

• Ore 22.00 al Sacro Cuore: Solenne Veglia Pasquale

• Le altre celebrazioni: ore 8.00 a San Fereo-

27 marzo Domenica di Pasqua della Resurrezione del Signore • Ore 8.00 Santa Messa a san Fereolo 24 marzo • Ore 9.00 Santa Messa al Sacro Cuore Giovedì Santo • Ore 8.30, a San Fereolo: celebrazione • Ore 10.30 Santa Messa solenne della comulo; ore 9.00 al Sacro Cuore; ore 18.00 a San Fereolo.

• • •

dell’Ufficio di Letture e Lodi Mattutine Ore 9.30, in Cattedrale: Santa Messa del Crisma Ore 18.00, in san Fereolo: Santa Messa in “Coena Domini” Ore 21.00, al Sacro Cuore: Santa Messa in “Coena Domini” e Adorazione Eucaristica fino alle 23.30

nità al Sacro Cuore

• Ore 11.30 Santa Messa a san Fereolo • Ore 18.00 Santa Messa a san Fereolo

25 marzo Venerdì Santo • Ore 8.30, a San Fereolo: celebrazione dell’Ufficio di Letture e Lodi Mattutine

• Ore 15.00, a San Fereolo: Azione Liturgica del Venerdì Santo

• Ore 20.45: Via Crucis per le vie del Quar- 28 marzo tiere. Partenza dal cortile della Chiesa del Lunedì “dell’Angelo” - ottava di Pasqua Sacro Cuore di via Salvemini; percorso per • Ore 8.00 Santa Messa a san Fereolo via Salvemini, via Sant’Angelo, viale Pavia, • Ore 10.30 Santa Messa al Sacro Cuore via Michelangelo, via Raffaello. Conclusio- • Ore 11.30 Santa Messa a san Fereolo ne nel cortile dell’Oratorio. • Ore 18.00 Santa Messa a san Fereolo camminiamo insieme - 25


Mons. Tettamanzi al Sinodo per la famiglia

LE “PAROLE CHIAVE” di Chiara e Giuseppe Gola

Negli ultimi due anni, la Chiesa Cattolica ha celebrato due sinodi sulla famiglia. Lo scorso 24 gennaio, uno dei padri sinodali, l’arcivescovo emerito di Milano Card. Tettamanzi, ha tenuto una conferenza presso il Seminario di Lodi sui temi della famiglia e del sinodo. Da persone che vivono ogni giorno, come tanti, l’esperienza dell’essere in famiglia, proviamo a declinare l’intervento del Card. Tettamanzi attraverso alcune parole chiave, attorno alle quali ha sviluppato il suo discorso.

AMORE E’ la questione fondamentale che si gioca dentro e attorno alla famiglia. E’ l’amore con la sua forza di attrazione, che chiama l’uomo verso la sua donna e la donna verso il suo uomo. È l’amore fecondo che genera vita attorno alla coppia degli sposi, sia nella dimensione biologica, dove prende forma nel miracolo dei figli, sia nella dimensione affettiva e relazionale, come bene regalato a coloro che, incontrando le famiglie, respirano e si lasciano pervadere da questo amore.

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E’ lo stesso amore che la Chiesa cerca di proteggere e accrescere, attraverso la cura pastorale delle famiglie.

INTEGRAZIONE Che il nostro matrimonio abbia resistito ai venti ostili della vita o che abbia conosciuto il dramma del fallimento, siamo tutti battezzati, fratelli in Gesù, salvati sotto la sua croce, figli della stessa madre: la Chiesa. Proprio in famiglia abbiamo imparato quanto sia importante il contributo di ciascun membro e come la gioia più grande, sia quella di ritrovare ogni sera i propri figli attorno alla tavola. Ogni padre e ogni madre vorrebbe poter affermare, come Gesù: “non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”; così la nostra madre Chiesa ha bisogno del contributo di tutti i suoi figli e desidera servire ciascuno di essi con amore e passione. Nessuno, anche nella condizione di separato e risposato, deve sentirsi escluso dalla Chiesa. La Chiesa, da parte sua, è chiamata ad abbracciare con affetto particolare questi suoi figli. Chi è papà o mamma, ha sperimentato molte volte quanto bene può passare attraverso un abbraccio. Spesso, abbracciare e accarezzare un figlio che ha sbagliato, infondere nuova fiducia, vale molto più che ribadi-


re un principio o blandire un castigo. La conversione del figlio prodigo si compie, si completa, nell’abbraccio tenero e pieno di amore del Padre.

MISERICORDIA È un tema centrale nei documenti sinodali come nel pontificato di Papa Francesco e, prima ancora, lo è nell’esperienza e nell’insegnamento di Gesù. Il Card. Tettamanzi ha ricordato che Gesù si è pronunciato molto chiaramente sulla indissolubilità del matrimonio ma, al tempo stesso, che non dobbiamo dimenticare come i sacramenti sono il volto della misericordia di Dio. Tra ciò che ci unisce, che ci fa sentire in comunione come fratelli nella fede in Gesù, vi è anche la consapevolezza di essere tutti “dei perdonati”, soggetti bisognosi della misericordia del Padre, tanto che per accostarci al Sacramento dell’Eucarestia, dobbiamo anzitutto riconoscere la nostra inadeguatezza: “Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato”.

DISCERNIMENTO E’ una parola che ricorre spesso nei documenti del sinodo. Nelle situazioni più sofferte di separazione e nuova unione in forma di convivenza o matrimonio civile, il discernimento è un invito a leggere in profondità la propria esperienza, con l’aiuto di un sacerdote, alla ricerca della verità sul proprio matrimonio. E’ una volontà di revisione sincera della propria vita e della propria esperienza matrimoniale, delle ragioni e delle responsabilità del suo fallimento. La verità ha una sua forza di persuasione intrinseca che si impone alla nostra coscienza e non ci con-

sente di evitarla o aggirarla. Solo se abbiamo il coraggio di ricercare e riconoscere la verità, essa può diventare occasione di riscatto dai propri errori e la misericordia può spargere il suo balsamo sulle nostre ferite. Discernere è un compito impegnativo, difficile, ma è una responsabilità che il Signore affida alla nostra libertà e che la Chiesa suggerisce come strumento, ove si è aperta una ferita nel rapporto tra due persone consacrato al Signore.

ASCOLTO E CORRESPONSABILITÀ Riprendendo una felice espressione di Giovanni Paolo II, il Card. Tettamanzi ha invitato famiglie e sacerdoti a “Respirare a due polmoni”, favorendo la sinergia e la comunione tra queste due esperienze di vita e di vocazione. Sono chiamati a respirare a due polmoni anzitutto gli sposi, marito e moglie, i quali sono ministri del sacramento del matrimonio. Gli sposi poi, debbono respirare a due polmoni con i propri figli, con i quali costituiscono la famiglia, comunità che riconosciamo come “piccola Chiesa”; e come piccola Chiesa, la famiglia è chiamata a non restare chiusa in se stessa ma ad offrire il proprio contributo alla Chiesa universale a partire dalla propria comunità: far splendere l’amore, la realtà più grande e bella che abbiamo conosciuto e di cui facciamo esperienza ogni giorno nelle nostre famiglie. Realtà così splendente nella vita degli sposi, uniti nel Sacramento del matrimonio, che Dio ne ha fatto l’immagine del rapporto con Israele, suo popolo e Gesù ne ha fatto l’icona del rapporto con la Chiesa, sua sposa.

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Ancora sulla famiglia

RIFLESSIONI A VOCE ALTA di Rosanna Sibono e Daniele Perotti

Noi due siamo... tre. No, nostra figlia non c’entra, anche se - lo ammettiamo - è costantemente nei nostri pensieri. Si tratta di qualcun altro, anche se - e pure qui ci vuole un’ammissione - nei nostri pensieri sempre non è. Però la sua presenza è più forte delle nostre assenze, non se ne cura, a volte irrompe evidente, più normalmente ci accompagna con discrezione. Ma c’è. Sì, c’è Dio con noi due e se abbiamo vissuto serenamente questi nostri nove anni di matrimonio (poca roba, dirà qualcuno) lo dobbiamo sicuramente a Lui. Forse siamo un po’ superficiali e poco partecipi politicamente, ma in questi giorni di dibattiti, tra manifestazioni di orgoglio laico e family day, su unioni civili e battaglie per diritti più o meno esigibili (e avere un figlio non è un diritto né tanto meno l’adozione può essere per tutti) l’unico pensiero forte che ci è venuto è questo. Perché quel Dio presente è legato a un “per sempre” che sembra ogni giorno di più perdere cittadinanza, quando invece costituisce una garanzia forte per la società. A differenza di legami basati su qualche contratto facilmente risolubile. Fermi tutti: lungi da noi l’idea di ergerci a giudici. Dal basso dei nostri nove anni insieme non possiamo che esprimere convinzioni e aspirazioni, basate sulla certezza che solo non dimenticando mai quel Dio che abbiamo messo in mezzo alla nostra scelta di vivere e mettere su famiglia insieme, pronunciando il nostro sì davanti a un altare, potremo andare avanti sempre insieme. Perché ci darà la forza di superare anche le difficoltà più forti, se sapremo rivolgerci a lui nella preghiera, come di certo già ci ha fatto chiudere un occhio (mai due) sui nostri difetti insegnandoci ad accoglierli. Sì, perché la scoperta graduale dei nostri limiti e la loro accettazione nel tentativo di ridurli fa

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sì che il nostro amore diventi ogni giorno più grande. E per dirla con Papa Bergoglio, viene via via più facile domandare “permesso” per farci notare qualcosa che non va, convinti di poterla far funzionare meglio confrontandoci, chiedere “scusa” quando si sbaglia, dire “grazie” per la bellezza di essere insieme che illumina anche le piccole cose e ci dà sicurezza. Abbiamo 9 anni, siamo in qualche modo bambini tra gli sposi e parliamo di piccole cose; diventando adolescenti e poi invecchiando magari le cose si complicheranno ma Dio ci ha messo davanti l’esempio dei nostri genitori e di tanti amici da tenere come riferimento. Uniti per sempre. E allora chi si separa, chi divorzia è un fallito? No, il fallimento di un matrimonio non è il fallimento di due persone. E guai a chi le condanna. Anzi la Chiesa - e ognuno di noi è parte attiva della comunità ecclesiale e quindi deve fare la sua parte - è tale se vive l’accoglienza e non il giudizio. Con discrezione, senza puntare il dito nemmeno a fin di bene. E chi non si sposa? Scelta legittima, peccato però rinunciare a quel Dio che può dare una marcia in più. Ma poi è davvero così? Magari una coppia non ha pronunciato il sì davanti all’altare ma prega molto più spesso di noi e dice dei “sì” nella vita più cristiani dei nostri... E comunque Dio ha braccia larghe a sufficienza per accogliere tutti noi... Una misericordia che ci consola: quanti passi ci accorgiamo di dover fare ancora per vivere pienamente quei principi di sobrietà, giustizia, accoglienza in cui crediamo. Più che pensare alla diversità di altre unioni, sia diverso, saporito, il nostro modo di essere famiglia. Così, come chiede Papa Francesco, non si farà confusione tra la famiglia e altri tipi di unioni.


La nuova enciclica di Papa Francesco

LAUDATO SI’

La lettera enciclica Laudato si’ è un profondo inno alla vita e una summa ecologica, una magna carta del creato. È un appello realista per l’urgente salvaguardia della «nostra casa comune» rivolto a tutti. È la profetica e attenta consapevolezza di un Papa che accetta il consenso degli scienziati sui cambiamenti climatici, che dichiara la necessità di un’alleanza tra scienze e religioni per la cura dell’ambiente in cui siamo chiamati a vivere e rigetta l’opinione di coloro che credono che la terra si possa salvare solo controllando la bomba demografica. È una critica serrata e aperta al modello di gestione del mondo imposto dalla globalizzazione neo-mercatista, di un’economia che non rispetta l’uomo, alla sottomissione della politica al potere tecnocratico e finanziario e al tempo stesso è un programma educativo rivolto ad ogni persona che abita la comune terra destinato a scavare nel tempo per la costruzione di una nuova umanità. Questo in estrema sintesi il contenuto di un’enciclica ecumenica che, con i suoi 246 paragrafi divisi in sei capitoli, aggiunge un nuovo contributo alla dottrina sociale della Chiesa e le singole coscienze al chiodo delle proprie responsabilità nella custodia dell’ambiente risvegliando il senso della famiglia umana per far crescere la collaborazione e la solidarietà e poter consegnare il futuro alle generazioni.

L’APPELLO DI FRANCESCO Nella introduzione il Papa rivolge il suo «invito urgente» a rinnovare il dialogo «sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta»: «Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e toccano tutti». La terra, nostra casa comune, «protesta per il male che provochiamo a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla». «Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come negli ultimi due secoli» afferma

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Francesco. «Purtroppo, molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri. Gli atteggiamenti che ostacolano le vie di soluzione, anche tra i credenti, vanno dalla negazione del problema all’indifferenza, alla rassegnazione comoda, o alla fiducia cieca nelle soluzioni tecniche». Dopo aver citato il contributo del Patriarca ecumenico Bartolomeo I, del suo invito «alla necessità che ognuno si penta del proprio modo di maltrattare il pianeta», il Papa propone il modello di san Francesco, dal quale si impara come siano «inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore». E rivolge l’ appello alla «solidarietà universale», per «unire tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale». La salvaguardia dell’ambiente non può essere separata dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali di un’economia che persegue soltanto il profitto. «Abbiamo bisogno di una nuova solidarietà universale». Serve una «conversione ecologica».

LA CASA INQUINATA E LA CULTURA DELLO SCARTO Il primo capitolo titolato «Quello che sta accadendo nella nostra casa» tratta della “cultura dello scarto”, dell’inquinamento, dei cambiamenti climatici, «della distruzione senza precedenti degli ecosistemi con gravi conseguenze per tutti noi» e si occupa della questione dell’acqua potabile, «diritto umano essenziale»; del «deterioramento della qualità della vita umana e della degradazione sociale». E qui Papa Francesco chiede ai responsabili di guardare agli effetti del «cambiamento globale» che portano a «l’esclusione sociale, l’aumento della violenza, il consumo crescente di droghe, la perdita di identità». «Queste situazioni provo-

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cano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta».

NOI NON SIAMO DIO: IL VANGELO DELLA CREAZIONE Nel secondo capitolo, Francesco invita a considerare l’insegnamento biblico sulla creazione e ricorda che «la scienza e la religione, che forniscono approcci diversi alla realtà, possono entrare in un dialogo intenso e produttivo per entrambe» e che per risolvere i problemi è «necessario ricorrere anche alle diverse ricchezze culturali dei popoli, alla vita interiore e alla spiritualità». La Bibbia «insegna che ogni essere umano è creato per amore, fatto ad immagine e somiglianza di Dio». «Noi non siamo Dio. La terra ci precede e ci è stata data», scrive Francesco, affermando che l’invito a «soggiogare la terra» contenuto nel Libro della Genesi non significa favorire lo «sfruttamento selvaggio» della natura. Siamo chiamati «a riconoscere che ogni «creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo». L’azione della Chiesa non solo cerca di ricordare il dovere di prendersi cura della natura, ma al tempo stesso «deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di sé stesso».

IL PARADIGMA TECNOCRATICO Nel terzo capitolo dell’enciclica il Papa sottolinea la «radice umana» della crisi ecologica, concentrandosi sul «paradigma tecnocratico do-


minante». Scienza e tecnologia «sono un prodotto meraviglioso della creatività umana», ma non possiamo «ignorare che l’energia nucleare, la biotecnologia, l’informatica, la conoscenza del nostro stesso DNA e altre potenzialità che abbiamo acquisito ci offrono un tremendo potere». Anzi, «danno a coloro che detengono la conoscenza e soprattutto il potere economico per sfruttarla un dominio impressionante sull’insieme del genere umano». Ed è «terribilmente rischioso» che questo potere «risieda in una piccola parte dell’umanità». «L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto. La finanza soffoca l’economia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale. In alcuni circoli si sostiene che l’economia attuale e la tecnologia risolveranno tutti i problemi ambientali», allo stesso modo in cui si afferma che i problemi della fame «si risolveranno semplicemente con la crescita del mercato». «Ma il mercato da solo però non garantisce lo sviluppo umano integrale e l’inclusione sociale».

PER UNA ECOLOGIA INTEGRALE Nel quarto e quinto capitolo dell’enciclica Francesco ribadisce l’importanza di un approccio integrale «per combattere la povertà» e al contempo «prendersi cura della natura». «L’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa». Il Papa parla di «ecologia sociale», ricordando che «diversi Paesi sono governati da un sistema istituzionale precario, a costo delle sofferenze della popolazione», e si «registrano con eccessiva frequenza comportamenti illegali». Anche dove esistono normative sull’ambiente, non sempre vengono applicate. Francesco cita quindi «l’ecologia culturale», e chiede attenzione per le culture locali. Invita a non «pretendere di risolvere tutte le difficoltà mediante normative uniformi», spiega la necessità di assumere la «prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture», perché «l’imposizione di uno stile egemonico di vita legato a un modo di produzione può essere tanto nocivo quanto l’alterazione degli ecosiste-

mi». Francesco invita a «evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti». Di fronte «alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo», accettando «una certa decrescita in alcune parti del mondo», procurando risorse perché si possa crescere in modo sano da altre parti. Bergoglio osserva che «il principio della massimizzazione del profitto, che tende ad isolarsi da qualsiasi altra considerazione, è una distorsione concettuale dell’economia» e che «oggi alcuni settori economici esercitano più potere degli Stati stessi». Viene poi sottolineata «l’importanza dell’apporto delle religioni» nella soluzione dei problemi economici, sociali e ambientali.

LA CONVERSIONE ECOLOGICA Il Papa chiede infine «una conversione ecologica», che riconosca il mondo «come dono ricevuto dall’amore del Padre». La spiritualità cristiana «incoraggia uno stile di vita capace di gioire profondamente senza essere ossessionati dal consumo». E «propone una crescita nella sobrietà». L’ecologia integrale richiede «un atteggiamento del cuore». A conclusione il Papa propone due preghiere, una «per la nostra terra» e un’altra «con il creato».

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Il compleanno del nostro oratorio

TRENT’ANNI, MA NON LI DIMOSTRA Oratorio che passione! Così uno slogan di qualche anno fa descriveva l’impegno educativo per i piccoli e i giovani che da sempre è l’anima di ogni oratorio. Che passione! Una passione che non si è spenta in tutti questi trent’anni e che ci invita a guardare avanti con coraggio perché il nostro oratorio possa continuare ad essere un polmone educativo nel nostro quartiere, che faccia respirare aria buona per il bene delle giovani generazioni. Trent’anni sono un anniversario che ricorderemo senz’altro con diverse iniziative; ma non possiamo ridurre questo anno solo a qualche appuntamento. Un anniversario porta sempre in sé prima di tutto un bilancio di quanto è stato fatto e tanti desideri e progetti per il futuro. Ognuno di noi avrà senza dubbio il proprio ricordo personale dell’oratorio. Per qualcuno forse può essere stato solo un passaggio obbligato o forse un po’ sopportato (la catechesi, qualche in-

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contro formativo,…), per altri è stata senz’altro un’esperienza che ha segnato profondamente gli anni della propria giovinezza tra divertimento, formazione e servizio alla comunità. Di certo oggi il volto dell’oratorio è cambiato moltissimo. Non è più paragonabile all’oratorio di qualche anno fa. Eppure non ha ancora perso il suo fascino. Vivere un’esperienza tra amici, in gruppo, da protagonisti, non fa mai male ai nostri ragazzi che tante volte (rispecchiando la realtà giovanile di oggi) ci appaiono un po’ stanchi e svogliati, ma che messi alla prova sono ancora capaci di dare moltissimo per gli altri. Basta pensare, tra tutte, all’esperienza estiva del Grest che ogni anno per tre settimane vede l’oratorio riempirsi di ragazzi e adolescenti che animano il cortile di voci, colori e tanta gioia. Oppure ai pomeriggi domenicali che vedono finalmente un leggero incremento di presenza dei


Il Natale del GSO

Anche quest’anno si è tenuto il tradizionale “Natale del Gso”, con la palestra affollata di atleti, tecnici e genitori per la celebrazione e lo scambio di auguri. nostri ragazzi e delle loro famiglie che - dopo la catechesi - scelgono di incontrarsi nell’informalità del bar o del cortile giocando insieme e cogliendo l’occasione per scambiare qualche parola in compagnia. Certo è che molti non vivono più questa esperienza. Tra loro anche i nostri adolescenti che spesso non riescono a vedere l’oratorio come un punto di ritrovo e di riferimento. A tutto questo si aggiunge la fatica di presenze giovanili (universitari, giovani lavoratori) che dopo la soglia

delle scuole superiori sembrano (tranne qualche caso) non trovare più il loro posto tra le mura dell’oratorio. Cosa fare allora? Gettare la spugna? No di certo! Trent’anni di vita ci insegnano che anche l’oratorio vive sfidando e accogliendo i cambiamenti della società. Pensiamo come ha cambiato volto il nostro quartiere in trent’anni! Non possiamo pensare che non cambi l’oratorio. Come tutte le altre realtà ha bisogno di forte impegno, di grande coraggio e di nuove forze per andare avanti. Il desiderio è che questo anniversario possa risvegliare in tutti la voglia e l’entusiasmo per far vivere anche ai ragazzi di oggi le belle esperienze che portiamo nel cuore. Per far questo, però, c’è bisogno di tutti, nessuno escluso! L’invito è per rivolto a tutti: anziani, adulti, famiglie, giovani, adolescenti, ragazzi. Tutti siamo parte della nostra parrocchia e per tutti c’è spazio. Ognuno può portare qualcosa di bello e di prezioso per continuare e rinforzare l’opera educativa a favore dei più piccoli! Un sogno? Non credo. È una realtà che deve solo prendere un po’ di coraggio e far germogliare il terreno buono che già è presente. Tocca a noi avere voglia di esserci e di condividere insieme questa avventura! Auguri caro oratorio di Sanfe! Il Signore ci aiuti a realizzare i desideri di bene che portiamo nel cuore per tutti i nostri giovani e per la nostra parrocchia!

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LA GIORNATA DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO di Cesare Beltran

Oggi più che mai la chiesa si trova ad attraversare un momento delicato e deve essere in grado di svolgere un ruolo fondamentale. Siamo in un clima di odio, terrore e indifferenza in cui milioni di persone vengono massacrate in nome della religione; milioni di persone spinte dalle guerre cercano riparo nelle nostre spiagge e noi come buoni cristiani dovremmo avere la responsabilità di accoglierle. È il messaggio forte che ci lancia Papa Francesco per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato: “ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre” (Misericordiae Vultus, 3) Non è accettabile che una persona o un gruppo di persone siano minacciate e sottoposte a violenze a causa della loro appartenenza etnica e/o religiosa. Questo diventa un atto che è in contrasto con il principio universale di uguaglianza tra gli esseri umani ed è condannato senza scusanti. Il rispetto della vita umana è il fondamento di ogni società civile e deve essere la regola principale per tutte le nostre azioni assieme alla misericordia donata da Dio. Per coloro che hanno fede, per chi crede, per chi ha una coscienza e un minimo di onestà intellettuale nessuna guerra può essere portata avanti in nome di Dio perché nulla può giustificare le persecuzioni, le minacce, la criminalità e l’assassinio di

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uomini innocenti. I flussi migratori sono in aumento e noi abbiamo la responsabilità di trovare una soluzione che possa garantire un futuro migliore alle future generazioni. La prima fase dovrebbe essere quella di superare il momento di emergenza e avviare programmi che possano dare a loro delle alternative valide di integrazione poi bisognerebbe creare una divisione tra il migrante che arriva da noi per sfuggire alla povertà e quello che possiede delle conoscenze professionali elevate che può contribuire in maniera più concreta allo sviluppo del nostro paese. Il governo gioca un ruolo fondamentale perchè in tutto ciò non può far a meno anche di tutelare i propri cittadini. Non cadiamo nella trappola dell’odio; fermiamoci a dialogare; non lasciamo che prevalgano i seminatori di conflitto e incoraggiamo i costruttori di ponti di pace. Ci vuole tanta determinazione e coraggio, ci vuole tanta fede, tanta speranza e la volontà di fare sempre del bene.


La scomparsa di Suor Antonietta Matricardi

UNA DONNA DELLA “PAROLA” di Sergio Costa

Lunedì 8 febbraio, all’età di 85 anni, suor Antonietta Matricardi ci ha lasciato. E’ stato quasi un fulmine a ciel sereno. Dico “quasi” perché in qualche modo ce lo aspettavamo. Nelle ore precedenti infatti era corsa velocemente sui nostri smartphone la notizia di un improvviso progressivo peggioramento delle sue condizioni di salute; da tempo non stava bene ed era già ricorsa ad alcune visite mediche e a degli accertamenti clinici. Ma non sono serviti a nulla, suor Antonietta se ne andata ancora prima di capire cosa si potesse fare per lei; se n’è andata nel silenzio di una stanza dell’infermeria dell’Istituto Figlie dell’Oratorio “Scaglioni” di Lodi, che per tanti anni l’ha ospitata. Se n’è andata, dicevamo, nel silenzio; quel silenzio che deve essere apparso surreale alle consorelle che la stavano assistendo; premonizione di ciò che da lì a poco le sarebbe accaduto. Chi conosceva suor Antonietta sa che la parola “silenzio” era per lei pressoché inesistente; un termine quasi sconosciuto al suo vocabolario; una condizione che lei rispettava quasi certamente solo per le celebrazioni liturgiche e per la preghiera, forse anche per il riposo e il sonno. Al di fuori di questi “momenti” era invece un vulcano in eruzione, un fuoco inestinguibile di parole. E’ significativa a tal proposito la battuta fatta su di lei da don Carlo Patti (attuale parroco di Salerano sul Lambro ed ex rettore della scuola diocesana, nella quale ha lavorato anche suor Antonietta) all’inizio della cerimonia funebre da lui presieduta: “Suor Antonietta è salita al cielo ormai da diverse ore, ma credo che Gesù non sia ancora riuscito a rivolgerle neanche una parola!”. Con questo aneddoto però non voglio certamente banalizzare la figura di Suor Antonietta. Va chiarito, a scanso di equivoci, che il suo non era solo un parlare tanto per parlare ma era un parlare “mosso” dalla sua passione per il Vangelo e conseguentemente per la vita dell’uomo. In questo senso credo di avere ricevuto molto da lei che per me è stata più che una sorella. Sì, è stata per me una donna davvero straordinaria, sia sotto l’aspetto umano sia sotto l’aspetto religioso; e per questo credo che non sia sufficiente nemmeno dedicarle tutto lo spazio del bollettino parrocchiale;

per rendere giustizia della sua persona; per dire ciò che è stata e ciò che ha fatto per se stessa e la sua famiglia, per la comunità delle Figlie dell’Oratorio e per la nostra comunità parrocchiale; verso le quali non si è mai risparmiata nemmeno durante la malattia, nell’ultimo tratto della sua vita. Donna buona e giusta, generosa e amorevole, intelligente e gioiosa, piena di sentimenti e di fede, non era solo una fonte inesauribile di parole ma anche di idee e di iniziative; insegnava catechismo ai ragazzi e animava, in tutti i sensi, uno dei nostri centri d’ascolto; partecipava sempre e attivamente alla vita della nostra comunità parrocchiale che tanto amava e dalla quale veniva fortemente ricambiata. Era conosciuta e benvoluta anche altrove da tante altre persone, amiche e amici che aveva incontrato nel corso della sua vita religiosa, con i quali si manteneva sempre in contatto e che a volte andava a trovare. Vogliamo allora ricordarla ancora così, come lei voleva, con quel suo sorriso disarmante, con quella sua gioia irresistibile e contagiosa che alleggeriva lo spirito e rompeva ogni silenzio. Grazie suor Antonietta!

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Storie vere per non perdere la speranza

STORIE DI SPORT di Roberto Folletti

Lo sport è lo specchio del mondo in cui viviamo: la carenza di valori è fortissima. Provo ad andare a ritroso con la memoria e non faccio fatica a ricordare alcuni episodi non proprio edificanti degli ultimi mesi. Mancini prima fa il moralista e moralizzatore denunciando in TV il collega Sarri per un insulto omofobo, poi da inquisitore diventa inquisito facendosi espellere, rispondendo con un gestaccio ad alcuni tifosi avversari e mancando di rispetto all’intervistatrice a fine partita. Gli ispettori dell’UCI scoprono al mondiale di ciclocross in Belgio la prima bicicletta “dopata”, provvista di motorino elettrico, di una diciannovenne belga. La BBC fa esplodere il caso degli incontri truccati nel tennis: interessati 16 tra i migliori 50 tennisti al mondo. Il comitato etico della FIFA squalifica per 8 anni il presidente della FIFA Blatter e quello dell’Uefa Platini. 26 atleti di punta della nazionale italiana di atletica leggera sono stati deferiti per aver eluso i controlli antidoping per due anni. Il quadro non è edificante se si considerano gli ultimi episodi come la coda di una serie innumerevole di casi di doping, frodi sportive, scommesse, combine, truffe e gesti antisportivi. Eppure lo sport emoziona ancora … Ad emozionarci è il gesto di Cristiano Ronaldo che scende in campo con Zaid, un bimbo di 7 anni, la cui storia ci è nota perché noi occidentali ci scandalizzammo nel vedere una giornalista ungherese sgambettare il padre che lo teneva al petto piangente al confine tra Serbia ed Ungheria. Si scoprirà che era in fuga dalla sua città siriana (occupata prima dai ribelli, poi finita sotto attacco dell’Isis ed infine bombardata dal regime di Assad). Una fuga che dopo un

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lungo peregrinare in Siria, lo vede arrivare in un campo profughi in Turchia, che lascerà partendo per 1100 euro dalla spiaggia di Bodrum, quella spiaggia che avevamo conosciuto per averci visto un piccolo, anzi piccolissimo corpo, con la maglietta rossa, ed il viso riverso nella sabbia … Aylan. Ad emozionarci è sapere che Messi incontrerà Murtaza, un bimbo afghano di 5 anni, ritratto in

La seconda edizione della “Sanfe Cup” Dopo il successo dello scorso anno nel mese di maggio il G.S.O. San Fereolo organizza la seconda edizione della SanFe Cup. Il Torneo di calcio giovanile si svolgerà nel mese di maggio (le date saranno esposte in oratorio) e vedrà impegnati gli Esordienti sul campo di via Pergolesi e le categorie di Pulcini e Piccoli Amici (Grandi e Piccoli) sul campo dell’oratorio di Robadello.


una foto che ha fatto il giro del mondo, in cui è immortalato mentre gioca con un pallone su un terreno che sembra tutto tranne un campo di calcio in una delle zone più povere del suo paese, con addosso, nell’era del merchandising globale, non una maglietta ma una busta di plastica trasformata grazie ad un pennarello in una improvvisata maglia bianca - azzurra con il numero 10 ed il nome del fuoriclasse argentino. Il bimbo realizzerà il suo sogno, volerà a Barcellona a conoscere il suo idolo. Ad emozionarci non sono le imprese sportive, ormai non più: miseria, sogno, riscatto, gli ingredienti di queste due storie che si intrecciano con due dei più grandi strapagati campioni di calcio. Lo sport non solo emoziona, a volte rispolvera i valori veri per i quali è nato: accumunare, unire, aiutare, condividere, crescere … In Grecia, in serie B, due squadre, con un inedito gesto (tutti e 22 i calciatori si sono seduti per due minuti subito dopo aver battuto il calcio d’inizio) hanno voluto denunciare la morte, ogni giorno, nel Mar Egeo, di centinaia di bambini in fuga dalla guerra in Siria ed Iraq, un crimine a cui ci stiamo abituando. L’iniziativa è stata ripresa dall’Unicef Italia e rilanciata nel nostro campionato con l’hashtag #tuttigiùperterra. Un altro gesto pronto a lasciare il segno, nella speranza che non rimanga isolato. Anche il G.S.O. San Fereolo ha le sue storie da raccontare … Un giorno due ragazzi di “colore”

Il 5x1000 per il GSO San Fereolo Il GSO propone a ragazzi, adolescenti e giovani l’esercizio di diverse discipline ed ha lo scopo di gestire l’attività sportiva della Parrocchia come momento di educazione, di maturazione umana e di impegno, in una visione ispirata alla concezione cristiana dell’uomo e della realtà cui l’Oratorio tende. Sostenerlo è facile! In che modo? Basta indicare nella dichiarazione dei redditi, (CUD, mod.730, mod.Unico), nell’apposito spazio della scelta del cinque per mille, il seguente codice fiscale:

925 036 301 51

Aiutaci a diffondere l’iniziativa. Non costa nulla ed è compatibile con l’8 per mille. Un grazie fin d’ora a coloro che con un semplice gesto vorranno aiutare il GSO. si presentano al campo ed in uno stentato inglese (non sanno mezza parola di italiano) chiedono di giocare … Passeranno altre volte … Alla fine riusciamo, non senza difficoltà e grazie al cuore di un’anima buona, ad iscriverli. Pian piano conosciamo Ebri e Lamin. Residenti in una casa d’accoglienza convenzionata con la prefettura, sono in attesa di ricevere l’asilo politico. Quando vieni a conoscere il perché della loro fuga e le peripezie per arrivare in Italia, comprendi la paura che scorgi nei loro occhi quando si avvicina il momento in cui si sta per decidere il loro futuro. Sono storie come queste che dipanano la nebbia che avvolge le nostre coscienze e la babele dei nostri pensieri, mostrandoci impietosamente la nostra fortuna ed il nostro egoismo.

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LA VOSTRA GENEROSITA’ Per la chiesa del Sacro Cuore Le offerte complessive dei mesi di dicembre, gennaio e febbraio, a favore della chiesa del Sacro Cuore ammontano ad euro 16.550. Il 31 dicembre scorso abbiamo assolto al pagamento della rata del mutuo di euro 10.149,34; il 31 marzo prossimo scadrà la rata di euro 10.166. Domenica 27 marzo, in occasione della S. Pasqua, saremo invitati ad un gesto di generosità con una raccolta straordinaria a sostegno della nostra chiesa.

Abbonamenti al Bollettino I contributi per il Bollettino parrocchiale sono stati di euro 6.205. Al proposito ricordiamo la nuova proposta circa il Bollettino parrocchiale: - una versione settimanale, con un foglio informativo da ritirare in chiesa; - una versione periodica (Natale, Pasqua, Giugno, Settembre/Ottobre) stampata a colori e recapitata in tutte le case.

Mercatino natalizio Allestito dal lavoro paziente di alcune signore, il mercatino di Natale ha fruttato euro 420,50.

Da parte degli anziani visitati nelle case Offerte complessive di euro 565.

Iscrizioni alle Messe Perpetue Dell’Acqua Carla; Rubino Caterina; Ercoli Giovanna; Longhin Fernanda; Sbarsi Desolino; Salani Maria Pia. Offerte complessive: euro 490.

Contributo CEI dell’8 x mille Anche quest’anno è stato riconosciuto alla nostra Caritas parrocchiale un contributo di euro

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15.000, proveniente dai fondi dell’8 x 1000 destinati alla Diocesi di Lodi e ridistribuiti secondo finalità caritative. Il fatto che anche la nostra Parrocchia abbia beneficiato di tale contributo è un segno che i fondi vengono effettivamente distribuiti nelle situazioni di bisogno e deve essere un incentivo ad apporre la propria firma sul modello CU (ex CUD) o 730/UNICO. Ricordiamo altresì che la C.E.I. è impegnata in un “progetto di trasparenza” che supera gli obblighi di legge sulla pubblicazione del rendiconto annuale 8 x mille alla Chiesa Cattolica (art. 44 della legge 222/85) affiancandogli la “mappa 8 x mille” che tutti possono consultare nel sito internet della Chiesa Cattolica. (www.8xmille.it). È una mappa attraverso la quale è possibile visionare le iniziative promosse sul territorio italiano. Sono informazioni in continuo aggiornamento, perché ogni diocesi, riporta sulla mappa il dettaglio delle proprie realizzazioni. Un progetto di trasparenza unico e innovativo che permette di consultare migliaia di interventi.

Contributo 5 x mille al GSO San Fereolo Nello scorso mese di dicembre il GSO San Fereolo ha percepito i contributi arretrati relativi alle annate 2011-2012-2013 del 5x1000, per un totale di euro 30.807,39 interamente utilizzati per l’attività del GSO San Fereolo (pagamento


bollette Enel - Gas – Acqua – Telecom, dell’anno 2015 e dell’anno corrente e manutenzioni alla pavimentazione e all’impianto elettrico del Palasanfereolo …); questo ci consente di ridurre la contribuzione che, comunque, la Parrocchia deve sostenere per le attività del GSO stesso. Anche questa è una notizia positiva circa la scelta della destinazione del 5 x 1000 che vi invitiamo a sostenere e a promuovere a favore del GSO San Fereolo e dunque a favore dell’Oratorio e della Parrocchia (vedi box in questo stesso numero del Bollettino).

Uscite (voci principali)

• Rata mutuo dicembre: euro 10.149,34 • Utenze varie (Enel, Gas, Acqua) dicembre 2015 - gennaio/febbraio 2016: euro 11.381,90 • Assicurazioni (1° semestre 2016): euro 3.888.

Il grazie sincero a tutti e a ciascuno Non posso far altro che esprimere il grazie sentito a tutti coloro, e sono molti, che mostrano la loro concreta attenzione alle necessità della Parrocchia e al contempo il grazie al Signore che non manca di mostrare i segni della sua Provvidenza. A tutti voi e a ciascuno: grazie!

L’Associazione Amici di San Fereolo

DIARIO DEL MESE Il giorno 2 Febbraio, festa della Candelora, abbiamo ripreso le nostre attività con una celebrazione (foto) molto partecipata. Prima della Santa Messa c’è stata una breve processione con le candele accese, appena benedette nell’atrio dell’oratorio. Al termine è seguito un momento di condivisione e fraternità: in tanti ci siamo radunati nel bar per gustare una cioccolata, a detta di tutti, veramente squisita. In quell’occasione è stato presentato il programma fino a Pasqua. Ai primi di Dicembre, è stato particolarmente interessante un incontro culturale in cui il professor Luigi Samarati, molto conosciuto in Lodi, è intervenuto per parlarci della vita e delle opere di Paolo Gorini. Ci ha raccontato alcuni aneddoti, curiosità e le grandi scoperte di questo personaggio tanto amato quanto discusso da tutti i lodigiani. Ma ci aspettano ancora altre proposte interessanti. Ecco le prossime date: • Giovedì 3 Marzo: “Il FAI a Lodi. Nascita e storia.” Relatrice professoressa Maria Emilia Monfrini. • Martedì 8, Mercoledì 9 e Giovedì 10 Marzo: esercizi spirituali quaresimali. • Mercoledì 16 Marzo: ritiro spirituale al Carmelo. • Giovedì 31 Marzo: festa di Pasqua.

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VITA PARROCCHIALE La celebrazione dei sacramenti Il tempo di Pasqua è anche l’occasione preziosa in cui celebriamo i Sacramenti della Iniziazione Cristiana. Vi ricordiamo le date di questi importanti appuntamenti.

Tramite il bollettino settimanale indicheremo di volta in volta le vie e le zone prescelte.

CELEBRAZIONE DEI BATTESIMI

Domenica 17 aprile; domenica 8 maggio; domenica 12 giugno. I genitori interessati prendano contatti con il parroco quanto prima.

CELEBRAZIONE DELLA PRIMA CONFESSIONE, LA FESTA DEL PERDONO Il Mese di Maggio Per fanciulli di 3a elementare la celebrazione della Prima Confessione sarà domenica 3 aprile alle ore 15.30, nella chiesa del Sacro Cuore. E’ la domenica dedicata alla divina Misericordia.

CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA DI PRIMA COMUNIONE

Lunedì 25 aprile, alle ore 10.30, nella chiesa del Sacro Cuore, la celebrazione della Prima Comunione, per i bambini di 4a elementare.

CELEBRAZIONE DELLA SANTA CRESIMA

Si terrà nella domenica di Pentecoste, 15 maggio, alle ore 17, nella chiesa del Sacro Cuore.

PROFESSIONE DI FEDE DEI 14ENNI

Venerdì 6 maggio, ore 21.00, presso la chiesa del Sacro Cuore, si terrà la celebrazione cittadina della Professione di Fede dei quattordicenni. Presiederà il Vicario Cittadino, don Egidio Miragoli. Venerdì 6 è sospesa la preghiera del Mese di Maggio.

La benedizione delle case Nel tempo pasquale i sacerdoti visiteranno le famiglie per la benedizione. Sceglieremo una zona del quartiere, dal momento che ci è impossibile visitare tutte le famiglie.

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Anche quest’anno per la preghiera del Mese di Maggio seguiremo la bella tradizione della parrocchia di uscire tra le case, nelle piazze e nelle vie del quartiere. L’apertura ufficiale del Mese di Maggio sarà lunedì 2 maggio con la Celebrazione Eucaristica presieduta dal nostro Vescovo Maurizio, nell’area artigianale presso la Ceramica Pisati. Il calendario dettagliato lo renderemo noto tramite il bollettino settimanale; restano, in ogni caso, invariate le indicazioni della scorso anno: il martedì andremo nelle cascine, il giovedì in oratorio. Ogni sera alle 20.30 si inizierà con la Recita del S. Rosario per proseguire con la Celebrazione della S. Messa. Durante il Mese di Maggio la messa delle 18.00 a San Fereolo sarà sospesa.

Le Giornate Eucaristiche o “Quarantore” Venerdì 27 maggio

• Ore 8.30 Santa Messa di apertura. Esposizione dell’Eucarestia e adorazione prolungata per tutta la giornata • Ore 21.00 Celebrazione dei Vespri e riflessione. A seguire: Adorazione notturna. E’ sospesa la preghiera del Mese di Maggio.


Un quartiere a teatro Sabato 28 maggio • Ore 8.00 Lodi mattutine e riposizione • Ore 8.30 Santa Messa; esposizione dell’Eucarestia e adorazione prolungata per tutta la giornata • Ore 17.30 Benedizione eucaristica • Ore 18.00 Santa Messa

Domenica 29 maggio Solennità del Corpus Domini • Ore 16.30 Esposizione e adorazione • Ore 17.30 Vespri e benedizione • Ore 18.00 Santa Messa e chiusura delle Giornate Eucaristiche • Ore 20.30 Celebrazione cittadina del Corpus Domini.

Soggiorno a Bellaria presso la Casa San Bassiano La parrocchia organizza anche per quest’anno un soggiorno al mare, a Bellaria, presso la Casa San Bassiano, aperta ad anziani, pensionati, adulti ma anche a famiglie e a quanti lo desiderano. Le date: da domenica 5 giugno (partenza ore 7.00) a sabato 11 giugno compreso. La quota: euro 385 per gli adulti; euro 300 per i ragazzi dai 3 ai 10 anni; supplemento camera singola euro 35. La quota comprende il viaggio e il soggiorno in pensione completa; comprende inoltre il pellegrinaggio giubilare al Santuario di Loreto (viaggio e pranzo in ristorante). Iscrizioni: entro il 31 marzo, presso la casa parrocchiale, versando un acconto di euro 150 (le iscrizioni non si ricevono nella Settimana Santa, dal 20 al 27 marzo).

Sabato 2 aprile 2016 ore 21,00

NON TI CONOSCO PIU’ Compagnia “Attori per caso” di Pantigliate Sabato 16 aprile 2016 ore 21,00

A QUALCUNO PIACE CALDO Compagnia “Coup de Thèatre” di Paullo Sabato 7 maggio 2016 ore 21,00

OTTO DONNE E UN MISTERO DELITTI DI LETTO

Compagnia “Teatro dell’improbabile” di Castiraga Vidardo Sabato 28 maggio 2016 ore 21,00

UN MARITO CONFUSO

Gruppo Teatrale “Lavori in corso” di Lodi

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IL PERCORSO DELLA VITA

BATTESIMI

• TROMBIN GIULIA di Luigi e Avila Delia Susana (2a foto a destra) • CALABRO’ VALENTINA di Vladimiro e Marino Valeria (1a foto a destra) • GARAVAGLIA LUCA di Marco e Vighi Valentina • GESTI RITA di Francesco e Aprile Petra • SPORTELLI DORA SOFIA di Massimiliano e Mirisan Diana Ramona (foto sopra)

Dell’Acqua Carla di anni 83

Locatelli Francesco di anni 92

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• LOCATELLI ACHILLE di Paolo e Negri Silvia Eurilla • CATAMO NICCOLO’ di Umberto e Neglia Mariangela

DEFUNTI • • • • • •

BOMBELLI ANGELO di anni 83 BOSELLI GIOVANNA di anni 75 POLENGHI ROSANGELA di anni 84 CRESPI ADELE di anni 92 BARBAZZA GIULIO di anni 73 COLOMBI MADDALENA di anni 90

Rubino Caterina di anni 79

Ercoli Giovanna di anni 81

• • • • • • • • • • •

MAR SALA LIGO FERR CAPE CREM COLO CAPP CIOF GROS REGO

Lamanuz di a


RTINENGHI GIORDANO di anni 77 ANI MARIA PIA di anni 81 ORIO VINCENZA di anni 80 RARI ORIETTA di anni 57 ELLI FRANCESCO di anni 63 MONESI CESARE di anni 96 OMBO LUIGIA di anni 93 PELLETTI STEFANO di anni 90 FETTI GIUSEPPE di anni 76 SSI STEFANO di anni 59 ORDA GIUSEPPINA di anni 77

zzi Antonio anni 63

Bragonzi Franca di anni 68

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Parrocchia dei Santi Bassiano e Fereolo viale Pavia 41, Lodi ▪ tel. 0371-30658

per contattarci:

don Elia: tel. 0371-30658 don Roberto: tel. 0371-36345 don Marco: tel. 0371-438540 Caritas parrocchiale: via della Marescalca 3 ▪ tel. 0371-430885 Gruppo Sportivo Oratorio: via Salvemini 5 ▪ tel. 0371-31964 Coordinatore Sportivo: Roberto Folletti tel. 339-1452918 e-mail: doneliacroce@libero.it sito web: www.sanfereolo.it e-mail Caritas Parrocchiale: caritassanfereolo@gmail.com

i servizi della Caritas parrocchiale: Ambulatorio infermieristico

lunedì – mercoledì – venerdì dalle ore 9 alle 10

Doposcuola

martedì - giovedì dalle 17 alle 18,30 mercoledì - venerdì dalle 14,30 alle 16

Distribuzione vestiti

martedì – giovedì dalle ore 9 alle 11

Servizio anziani ammalati e infermi mercoledì – venerdì dalle ore 9 alle 11,30

Aiuto generi alimentari una volta al mese

Centro d’ascolto

Mercoledì – venerdì dalle ore 9 alle 11

Servizio pratiche A.C.L.I.

Secondo e quarto mercoledì del mese dalle 9,30 alle 11

Prenotazione esami e visite mediche

mercoledì dalle 9 alle 10 - venerdì dalle 9 alle 11 in copertina: “Resurrezione” di El Greco (1596-1600)


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