Roma Tre News 3/2011

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Fair trade Il consumatore responsabile: una sfida alla crisi? di Roberta Paltrinieri

Roberta Paltrinieri

La crisi che ha colpito il sistema globale, crisi sistemica che riguarda tutti gli ambiti del sociale dal politico all’economico, dall’ambiente al welfare, dalla cultura alla formazione, ha portato all’attenzione di tutti coloro che guardano all’istituzione del mercato secondo un approccio culturalista un nuovo agente economico e sociale. Mi riferisco ad una peculiare accezione del consumato-

re: il consumatore responsabile. Ho preferito declinare quest’azione come responsabile piuttosto che come critica o sostenibile, termini pressochè equivalenti anche se sottendono qualche sfumatura di contesto, perché, come credo si chiarirà nel proseguire delle mie riflessioni, il tema della responsabilità è centrale nella ricollocazione di questa azione dotata di senso in un paradigma più ampio. È questa del consumatore responsabile una figura piuttosto interessante per chi come me da tempo si interroga sul significato che hanno le azioni di consumo nel sistema sociale. Il suo interesse si trova, a mio parere, nella capacità che essa ha di mettere in crisi quelle rappresentazioni che hanno dominato lungamente la com-

La figura del consumatore responsabile sembra sfuggire sia dalle griglie strette del “consumatore sovrano”, sia dalle larghe maglie di un agire in base a motivazioni squisitamente edonistiche che nella società liquida ci vorrebbero tutti in preda a costanti tentazioni persuasorie secondo le logiche di uno shopping compulsivo che ha via via colonizzato gli spazi lasciati liberi da altri ambiti come la famiglia, la religione, il sistema formativo, la politica, la cultura etc… prensione dell’agire di consumo. La figura del consumatore responsabile sembra, infatti, sfuggire sia dalle griglie strette del “consumatore sovrano” che dogmaticamente detta le leggi di aggiustamento tra l’offerta e la domanda nel mercato, sia dalle larghe maglie di un agire in base a motivazioni squisitamente edonistiche che nella società liquida ci vorrebbero tutti in preda a costanti tentazioni persuasorie secondo le logiche di uno

shopping compulsivo che ha via via colonizzato gli spazi lasciati liberi da altri ambiti, come la famiglia, la religione, il sistema formativo, la politica, la cultura, etc.. Per capire il portato del consumatore responsabile è opportuno rifarsi a quella che da qualche tempo è entrata nel lessico scientifico, cioè la definizione ossimorica del cittadino consumatore. Ossimorica perché i due ambiti della politica e del mercato dovrebbero avere confini ben definiti, non sovrapporsi, seguire codici e logiche differenti. Ed invece, non a caso, secondo un’accezione negativa, molto spesso i politologi utilizzano queste definizioni per sottolineare la spettacolarizzazione e la personalizzazione della politica, intese come distorsioni del sistema medesimo. Scomparse le ideologie il voto viene accordato al partito o al candidato capace di vendere al meglio la propria immagine, esattamente come un prodotto nel mercato, utilizzando le medesime tecniche della comunicazione pub-

Scomparse le ideologie il voto viene accordato al partito o al candidato capace di vendere al meglio la propria immagine, esattamente come un prodotto nel mercato, utilizzando le medesime tecniche della comunicazione pubblicitaria e del brand blicitaria e del brand. Ma il cittadino consumatore può avere anche una valenza positiva. Sto parlando del cittadino che utilizza le pratiche di boicottaggio e di buycottaggio per rivolgersi direttamente alle imprese affinché siano rispettati i diritti dei lavoratori, dell’ambiente e della comunità, provocando irritazioni nei rapporti tra Stato, mercato e società civile, capaci di indurre le imprese a comportamenti virtuosi e lo Stato ad un maggior controllo. Il political consumerism di cui parla la sociologa Michele Micheletti implica una partecipazione attiva nel mercato, traslando l’impegno dal sistema della politica, verso cui appare evidente la crescente disaffezione, a quello del mercato. Ancora legato ad una nicchia di consumatori in Italia, anche se, val la pena ricordare, è una nicchia che si allarga, dato che il commercio equo solidale ed il biologico sono settori che hanno conosciuto la crisi molto meno di altri e che scelte di responsabilità sociale di impresa sembra abbiano premiato alcune strutture di grande distribuzione rispetto ad altre, nel Nord Europa è un vero e proprio movimento. L’aspetto interessante di queste azioni deve ricercarsi nel fatto che quelle di buy-boicottaggio appaiono vere e proprie prassi di politicizzazione del mercato, le quali, secondo il sociologo tedesco Nico Stehr, promuovono percorsi di moralizzazione del mercato. Vale la pena di soffermarci su questo concetto di moralizzazione. Non stiamo parlan-


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