"6° Quadernetto Poetico - La Luce e il Buio"

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I Quadernetti Poetici di “SiFaPerFarBenEdizioni”

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“La Luce e il Buio”


“SiFaPerFarBenEdizioni”, improbabile casa editrice frutto della fantasia contorta di Roberto Marzano, presenta il 6° Quadernetto Poetico a tema “La Luce e il Buio”, opere ispirate ai contrasti, al sole e alle nuvole, alla vita e alla morte, al dolore e al piacere, al sopra e al sotto, angeli e demoni, sesso e castità, al caldo e al freddo, bianco e nero, vero e falso, yin e yang. Anche questo “quadernetto” ha visto la partecipazione di tanti (45!) poeti, narratori, pittori, fotografi, da ogni parte d’Italia. Troverete, nell’ordine, opere di Roberto Marzano, Davide Marzano, Maria Pia Altamore, Luca Crastolla, Stefi Pastori Gloss, Davide Cortese, Sara Menichino, Helen Esher Nevola, Rosa Maria Puglisi, Enrico Mario Lazzarin, Alessandro Magherini, Valeria Bianchi Mian, Izabella Teresa Kostka, Simona Ugolotti, Giangiacomo Amoretti, Ivana Menichini, Raffaela Mortelli, Roberta Benna, Giulia Bragalone, Angela Donna, Vittorio Fioravanti, Bruna Pedemonte, Luca Valerio, Teresa Maggiore, Chirio, Grazia Tatta, Fabrizio Casapietra, Adele Libero, Adele Ferrari, Maura Taormina, Gabriella Valera, Ottavio Gruber, Giovanna Olivari, Mario Pellegrini, Angela Panno, Roberta Elena Murgia, Francesco Gallina, Enrica Gugliotta, Renato Fiorillo, Marcella Saggese, Sandra De Felice, Rosanna Frattaruolo, Loredana Borghetto, Emilia Fragomeni e Veronica Liga. I “quadernetti” sono (volutamente) piuttosto coloriti e colorati, disomogenei nella grafica, un tantino infantili, quasi naif. L’intento è quello di discostarsi dalla consueta veste di altre, pur rispettabilissime – detto senza alcuna ironia – antologie. Proviamo a dare una botta di vita a un ambiente talvolta rigido e ingessato con la tendenza a prendersi troppo sul serio. Qui, di “serio”, non c’è nessuno! La partecipazione è libera e gratuita, fatta solo per amore delle arti e della loro divulgazione. Non c’è selezione, se non quella di pubblicare nell’ordine d’arrivo dei contributi. Il risultato potrà anche apparire kitsch o un po’ pacchiano, ma la nostra “poca voglia di serietà” deve in qualche maniera esternarsi, e i “quadernetti” vanno proprio in quella direzione… Roberto Marzano


RobERtO MarZaNo SOTTO SOPRA Lo si bisbigli sottovoce, mi raccomando soprattutto per non urtare i nervi offesi di chi sopraffatto dalle urla sopravvive sottobanco alle offerte speciali sottocosto nei sottoscala del disordine della ragione sopra tavoli infestati di aloni tondi di caffellatte zuccherosi senza sottobicchiere... Sopraccigli perplessi da indugi sottintesi sottili equivoci, sottane sopra le righe forse sopravalutano non improbabili rischi quali finire schiacciati sotto sale da tè allagate di nausea e musichetta in sottofondo o spalmati sopra le ciglia bluastre, farinose di soprani che annaspano in tisane vermiglio sotto piogge incessanti di canarini magenta che lottano coi pipistrelli in soprabiti lisi nel nulla dilagante sottotraccia dei sottotetti...

mi bastano i pensieri come svago e il libro chiuso già al tramonto riprenderò all'alba a costo zero.

LUCE DEI MIEI OCCHI Luce dei miei occhi di vetro-resina di Pesco la carta velina sculetTante scuse oh mia S'ignora il motivo fischiettato allegraMenta pipeRita Hayworth stella luminOsa e otterrai qualCosa stai pensando? Dimmelo! Corpo di mille balene azzurre notti con la luna storta alla caviglia gonfia il materasSino che scoppi di saluteRemo il Signor Padrone di sé stesso discorso del PresiDente del giudizio di parte per un'isola che non c'è problema…

Capre giulive sopra la panca senza sotterfugi sottomettono capri espiatori dai soprannomi stinti sotto i ponti sopra i porti urbani ululanti dove sottospecie di tonti in apnea da risotto soprappensiero scrollan tovaglia e soprammobili sopra la giacca di un passante sotto la finestra lì sopraggiunto ben deciso a non soprassedere a non sottostare al sopruso, alla sopraffazione e gli rifilano un uppercut sotto il mento scaraventandolo sottosopra tra le stelle com’è di solito, più o meno, il sottoscritto…

IL BUIO É GRATIS La luce costa, e tanto, il buio è gratis ci puoi inzuppare gli occhi a perdi voglia mistero garantisce senza esborso stimola visioni nella mente e se mi prende improvvisa la paura m'adatterò al fioco balenare di candele tremolanti alla finestra spalancata con 'sto caldo soffocante della TV faccio a meno volentieri

RobERtO MarZaNo Nato a Genova il 7 di marzo del ‘59, narratore e poeta “senza cravatta”, chitarrista, cantautore naif e bidello giulivo. Barcollando tra sentimento e visioni, verseggio di vagabondi e di prostitute, di amori folli, di ubriachi, di oggetti inanimati e dei quartieri ultra-popolari dove sono orgogliosamente vissuto. Se vuoi sapere di più (pubblicazioni, premi letterari e altre poesie):

https://robertomarzano.jimdo.com


SE IL SOLE SAPESSE Se solo il sole sapesse districare le notti perdute in grovigli di abiti in tralcio darsi pena d'attendere ignaro la campana e la tuba dorate ed i turbini azzurri traditi frantumati in luci divelte da sospiri di fiati comuni e le unghie a cercare l'ascesa sulle creste dei monti di paglia come in stanze di lune traverse conficcate di sbieco ai soffitti…

PRIMA DELLA PIOGGIA S'agglomerano coagulano sfrigolando s’addensano schiaffeggiate dal vento sorde borbottano scuotono tonfi tuoni plumbei e al fine fragorose sbottano singulti a spruzzo rovescian scrosci diluvi a secchi lasciandoci increduli di tanto chiasso di simile schiamazzo…

SENZA ORTO NÉ PORTO Senza orto né porto te ne vai dribblando sassaiole esanimi di manicomi incompiuti l'abito logoro sulla pancia sacca molle per scarsa attività protratta non programmata. La stanza che contiene il tuo corpo stanco loculo gonfio di umido e di muffa carrucole cigolanti sul cavedio il vuoto il lamento (o il canto?) di chi stende salme sulle corde bagnate di quest'immane freddo (non si scendeva da anni di così tanto sotto lo zero assoluto la voragine feroce) fame lenita a sforzo da una grossa latta di conserva

gonfia di poesia a lunghissima scadenza da aprire prontamente in caso di scoraggio e spalmarla senza alcuna parsimonia su fette di pane fatto d'aria fritta. Perché, vedi, il tempo è un'interminabile biscia una moneta stronza che urla “croce” quando avresti spergiurato “testa” e allora dovrai rimboccarti in fretta perché senza orto né porto ne farai ben poca di strada…

ANGELI CUSTODI Mentre la commedia della vita si svolgeva immersa tutt’intera nel suo colorito candore m’affannavo in cerca dell’improbabile risposta da angeli custodi, gentilezza d’altri tempi schiavi senza rimedio dell’abitudine sparpagliati in servizio permanente agl’incroci nei dintorni di Milano certi quasi di saperlo, a pensarci bene dove diavolo fosse ‘sta benedetta “Via Roberto Marzano”…!

PICCOLO DIAVOLO Lungo di mani e di zigomi striscia sfiorando gli spifferi vorace d’ombre di anime incombe liquido agli incubi tra le lenzuola dilaga di sbieco equivoco sguscia con tracotante insolenza tira i capelli, le ciglia soffia bollente sui colli profana gambe ed anfratti di chi pur desto non crede altro che sia tutto un sogno.

LA MANO MORTA Molle pende dal polso snodato ai glutei lì accanto a rubarne il calore col dorso poggiato di sghembo in quel pavido gesto vizioso, un po' vile e indecente così come essa di solito stringe altre mani deluse dell'ardore e il trasporto, per l'appunto, di un morto!


MANOLESTA Tanto fa che pian piano s'acquatta importuna all'anfratto che occhieggia sulla borsa alla spalla che ciondola dell'ignara signora indifesa e distratta al pedale maligno che inchioda tutto il bus nella secca frenata dando modo alla mano ben lesta di sfruttarne l'inerzia e insinuarsi risoluta, arraffando il bottino...

BIANCO & NERO Se il sol incresparsi d’onde a mo' di sparpagliar cuori assopiti nei soporiferi week-end caliginosi mi capitombolerebbe giù da colli inclini a proferir parole come fumo nebbie d’anime sottili febbrili sibili, fantasmi… come posso io non dirti ora “Va’, oh mia signora, per le strade acute dei sensi-sospiranti!” e ad alitarti nel collo tutto il desiderio la follia dell’amore a tutto campo che non lascia scampo che non lascia fiato per dire “Dai! Smettiamola, presto, di divorarci in questo gioco pazzo!” Liberiamo le rondini che abbiamo dentro al petto e non finiamo avvinghiati su noi stessi ma inseguiamole, piuttosto nel loro argenteo volo in bianco e nero…

SALI & TABACCHI Sali da me, se ora vuoi vedere la nuova collezione di fandonie far roteare la trottola di latta in bilico alla mensola precaria con aria di ostentata indifferenza donarsi vortici di brividi bollenti. Il vasto assortimento d’aria fritta è a tua disposizione, fata del fato è complicato, ma il tempo basta e avanza per tenderci un agguato e catturarci.

Mentre ti offro un’ultima marlbòro dimmi del caldo che non ti lascia scampo apri un bottone, scompigliati i capelli come per gioco ammaliami con gli occhi. Dopo, sarà tutto fiori e rose petali con stami a impollinarsi cibo soave per passeri festanti fame e tormento il tuo profumo e l’ombra di arabeschi sul soffitto domani, a risvegliarci aggrovigliati.

RICORDO DELLA RIVIERA LIGURE Chissà se l’ha capito che sono una ragazza oppure è proprio per questo che si accanisce ottuso a manganellarmi a peso morto la sua rabbia in faccia a vomitarmi addosso urla d’odio e calci nella pancia anfibio nero che sul mio corpo impazza … Indifeso oggetto in balia della sua vendetta forse per un bacio non concesso o una sculacciata ingiusta di sua madre io “cagna rossa” e “troia comunista”, non so se da questo sacco a pelo ne uscirò viva se tornerò domani alla mia Brema oppure morirò per le ferite o per paura… Tutti gridano lì intorno è un bastonar con cura si picchiano i pensieri si rompono le braccia…

DI VENTO IN VENTO Di vento in vento, convinto vado avanti nel turbine violento del levante che semina ventriloquo spavento sulle mie vele gonfie di singhiozzi proventi di una vita controvento avvinta alle radici del rimpianto passano gli anni e ho sempre più freddo non ha rimedio questa sventata rotta.


Davide marzano


Davide marzano, Genova 19 febbraio 1993, pittore, musicista, fotografo, artigiano bigiottière, insegnante di chitarra, arte-terapeuta, laureato a pieni voti all’Accademia delle Belle Arti di Carrara con una tesi su “Malattia e destino”. Attualmente studia pittura all’Accademia Ligustica di Genova.


Maria pia altamore Dal Quaderno di lingua ittaliana di Maria Pia Altamore - Palermo 1967

Tema: la mamma. La mamma è l’angelo della casa prediletta dal Signore. La mamma fatiga molto per farci essere ordinati. La mamma è il più bel tesoro della mia vita. L’altro giorno la mamma mi ha detto di fare un servizi etto, ed io lo fatto distrattamente, e così mi rimproverò ed io mi misi a piangere dopo però la mamma mi ha perdonato ed io lo perdonata anche. La mia mamma cia le mani d’oro, perche sa fare tutto, lavoro all’unginetto, lavoro a maglia, ecc) ecc). La mia mamma quando lavora canta e nei suoi occhi si legge una felicità immensa, Quando la mia mamma legge io vado ad abbracciarla, e dirle “ti voglio bene, tanto tanto” e lei mi dice “mia cara bambina. Per la festa della mamma io con i miei risparmi le ho regalato un quadretto da mettere nella stanza da pranzo, e lei mi ha abbracciato, le abbiamo sbattuto le mani. Tema: il babbo. La sera quando viene il babbo dal lavoro è molto stanco. Mio padre il pomeriggio si riposa una volta tanto, e la sera quando si guarda la televisione si addormenta. Mio padre va a lavorare, a mezzogiorno viene per pranza, do aver finito ci facciamo una passeggiata, alla palazzina cinese e in tanti altri luoghi. Quando lavora il babbo quando è buono!


Tema: lo studio è necessari. Lo studio e necessari agli uomini. Nel Polo Nordi anche gli esquimesi vanno a scuola. Eppure oggi chi sono quelli che non vogliono studiare. Per fare, il bidello ci vuole la licenzia elementare. E per fare lavori in branche in altre mestieri ci vuole il leceo. Gli operai sono costretti ad andare alle scuole serali, e le ragazze alle scuole domenicali. Oggi l’istrutuzione e obrigatoria fino ai 14 anni. Vittorio alfieri, grande scrittore italiano si faceva legare da un servo ad una sedia per studiare: Egli lascio scritto : “Volli sempre volli frortissimamente volli.”

Tema: la pigrizia apre la porta alla poveltà. La pigrizia è una cosa brutta, è un vizio molto cattivo, e da questo vizio derivano tutti gli altri. Nell’uomo pigro l’inteligenza diventa ottusa. Il pigro sbarca il lunaio stentatamente. La pigrizia porta l’uomo alla poveltà, e quando sarà grande risentirà le con seguenze. L’uomo che non vuole studiare, che non vuole lavorare è un pigro. Il pigro fa tutte cose mal volentieri. L’uomo pigro non ha gioie del lavoro. Il pigro è sempre striste ha sempre la coscienza turbata. Una persona pigra che vede lavorare un suo amico lo vede in cagnesco. Una persona pigra si va divertendo al posto di lavora e studiare. Io ho una cuggina che è pigra che non vuole studiare, e non vuole lavora, fare qualche lavoretto in casa. Il letto di una casa piccola di una stanza, era tutto sudicio e sporco, perché non avento soldi, non possono fa niente. La pigrizia apre la porta alla poveltà. L’uomo misero, è povero, di mente e di cuore, e di mangiare. Giovane ozioso vecchio bisogno. La pigrizia è un peccato. Anche io qualche volta sono pigra. Tutti qualche volta ci facciamo vincere dalla pigrizia. Maria pia altamore, sembra un nome d'arte, invece è proprio il suo. Bisognava solo abbinare il temperamento artistico, rivelatosi negli anni tanto eclettico da farla spaziare dal teatro comico alla clownerie, allo scrivere teatro e poesia, a gestire eventi a cui partecipa anche come animatrice e cuoca. Insomma una "cuocattrice" (nonché poetessa) titolare del singolare progetto "Cibarty di Mariapia Altamore - La Cucina del Buonumore".


Luca crastolla il vento è scolpito dai rami e sulle nuvole, la nostra cara edera cura un giardino di corallo. Lasciami dire: -mentre siedi sull’altopiano edificato con le ombre millimetrate dei giornivoglio tentare cose indicibili cose, un mille modi, inenarrabili voglio sentirmi sconfitto: aprire un vasetto di miele e scovarci uno scantinato di dolore

Figlio di una tarantola e un ferroviere, Luca crastolla nasce, in Puglia, alla fine del secolo scorso, e nasce stanco. È convinto che su di sé gravi la spossatezza degli ultimi anni del ‘900, unita alla convalescenza dei feriti dal boom economico, di fatto esploso solo qualche anno prima. A sei anni, per Natale, chiede in dono l’allegro chirurgo. All’ufficio di Via 25 dicembre, dopo una stima accurata delle sue birichinate, (tenuto conto dei precedenti e della reiterazione, acquisito che in molti casi le disobbedienza costituiva la prova di una personalità fortemente controversa e antisociale, rigettate le attenuanti generiche e quelle legate alla compulsiva curiosità verso i fatti della vita) si opta per un tristissimo pacco di penne. Il bambino, scarta e non capisce. In prima battuta crede si tratti dei primi pezzi appartenenti al dono richiesto (il resto arriverà l’anno prossimo?). Crede di vederci dei bisturi e comincia a usarli su di se come capita. Le penne non reggono, scoppiano, e il bambino sporca d’inchiostro un po’ dappertutto. Ci prende gusto. E questo, signori, è tutto.


Stefi pastori gloss LA LUCE & IL BUIO Una sera volle mettersi alla prova. Se ne stette appollaiata nella casa sull'albero ad aspettare la paura. I suoi dodici anni non l'avrebbero agevolata nell'affrontare il buio. La notte man mano ammantava di mistero ogni cosa, nel bosco scuro ogni rumore, ogni scrocchio, ogni latrato as-sumeva contorni immaginifici e spaventosi. Cadendo dai rami, invisibile, alla flebile luce dello spicchio sottile di luna crescente, la neve nera rumoreggiava in tonfi che, per la piccola, si traducevano nei passi della Creatura Buia. Memore di ciò che le insegnò la mamma, si schiarì la voce tremebonda e le rivolse la parola. “Buonasera Signora Creatura Buia, sono Marta, una bimba gentile e ben educata. Non mi merito di essere spaventata da te, vero?” La Creatura Buia arrestò il suo avanzare, come sorpresa e incerta sul da farsi. Mai nessuno aveva osato prima di allora rivolgerle la parola. Poi ripresero i tonfi, incuranti della sottile preghiera. La dodicenne sussultò. Ogni tonfo per lei si avvicinava terrorizzante. Poi pensò alla sua mamma che le aveva detto di non arretrare mai, anzi, persino di non fermarsi, perché ogni arresto nella vita sarebbe stato come un tornare indietro, perdendo tutto ciò che si era già conquistato. Questo le disse quando il mese prima improvvisamente mancò il cucciolo addottato al canile. Le disse anche di non essere arrabbiata con Duggie, ma di ringraziarlo, perché le aveva insegnato ad affrontare la paura più grande di tutte: quella della morte. La ragazzina si fece forza pensando alle parole di mamma che fortissimamente risuonavano ancora nella sua testolina e affrontò la Creatura Buia, dicendo: “Signora Creatura Buia, non ti temo. Ho superato ben altre difficoltà nella mia vita. È morto Duggie, gli volevo tanto bene, ma è morto lo stesso. Mia mamma mi disse che invece era sempre presente, nonostante il suo corpo non ci fosse più. Era presente nelle foto dell'album, era presente nei miei ricordi, nel mio naso il suo odore sarebbe rimasto per sempre, avrebbe trovato da mangiare amore nel mio cuore. Perciò, signora Creatura Buia, non arretrerò


davanti a te, io non ho paura.” I tonfi si spensero e la piccola poté addormentarsi nella casa sull'albero. La luce del mattino dopo la sorprese tremante di freddo nella casa sull'albero, ma il suo spirito era solennemente temprato. Saltò giù nella neve scintillante al sole ai piedi del suo albero e vide la Creatura Buia, o, meglio, quello che ne rimaneva: un mucchio semi-sciolto di neve marcia. Nonostante l'avesse fatta spaventare, non la prese a calci, ma le si avvicinò per carezzarla con le sue manine. Creatura Buia l'aveva infatti aiutata a diventare più forte. La voleva ringraziare. La Creatura Buia si sciolse del tutto, sotto quella gratitudine. Due anni dopo Duggie, morì anche la mamma, nonostante l'amasse. La quattordicenne si disse che anche lei sarebbe stata presente nelle sue mani, nella sua bocca, nei suoi occhi, nei suoi piedi, nei suoi capelli. Lei, la mamma, avrebbe potuto nutrirsi della figlia in ogni momento, trovandosi scritta nelle singole cellule del corpo. Ormai era una Creatura Luce. Stefi pastori gloss. Da sempre vorace lettrice. Art Director in pubblicità, l'amore per la sceneggiatura scoccò sul set di uno spot TV diretto da Wim Wenders. Negli anni novanta fu ghost writer di Leo Benvenuti, Carlo Verdone, Fausto Brizzi, mai dimenticando che uno scrittore deve prima leggere. È lettrice sotto contratto di casa editrice. Gestisce un blog di recensioni libresche da cui deriva un podcast radiofonico. E' grazie ad un ex partner diventa Gloss (Gruppo di Lavoro e Osservatorio Sessismo e Stalking), studiando i meccanismi psicologici che scattano nei maltrattamenti in famiglia. Nel 2013 esce il manuale CORPI RIBELLI – resilienza tra maltrattamenti e stalking, eBook contenente nomi e recapiti di coloro che salvano le donne maltrattate. Nel 2016 tre eBook, ovvero la riedizione di CORPI RIBELLI, il saggio sociologico STANDING OVULATION, le donne sono superiori agli uomini, anche nella violenza, infine la silloge poetica, MICA VAN GOGH. Per la rivista online Dol's vara la sua carriera da novellatrice contro gli stereotipi. Di questi, il racconto BIONDO OCA è premiato al concorso VOCE DONNA edizione 2017. Oltre alla raccolta di racconti contro gli stereotipi STEREOTIPI A BAGNOMARIA per i quali ha trovato un editore che si impegna a pubblicare nel 2019, per il 2017 ha ultimato una nuova silloge poetica dal titolo POESIE SPOLLICIATE (perché composte sullo smartphone), una raccolta di MICRORACCONTI DI POCHE PAROLE (massimo dieci), una di RACCONTI INCONCLUDENTI (dopo anni di scrittura paradigmatica per il cinema, finalmente senza paradigmi) Tra due anni, verrà la pubblicazione il suo primo romanzo ambientato durante la II Guerra Mondiale, dal titolo FUOCHI D'ARTIFICIO, ciascuno a suo modo, in corso di scrittura con narratore del Corriere della Sera.


Davide Cortese Nell’oscurità di questo bosco busso alla porta della tua casa di marzapane. Mi piove buio sul viso. Io busso. Busso alla tua porta di marzapane. Alla notte segue una nuova notte. Ed io busso. Busso con le nocche sul marzapane. Vedo la luce che viene dalla tua finestra. “Perché”, ti chiedo, “non vieni ad aprire?” Sono dietro la tua porta, bagnato fradicio di buio. Vorrei starmene lì con te, nella luce. Con te per sempre nella casa di marzapane. Ma sono solo nell’oscurità del bosco e una luce stremata che affiora dalla tua casa illumina appena la mia mano che bussa ancora. (da "Darkana" LietoColle)

Davide Cortese è nato nell' isola di Lipari nel 1974 e vive a Roma. Si è laureato in Lettere moderne all'Università degli Studi di Messina con una tesi sulle "Figure meravigliose nelle credenze popolari eoliane". Nel 1998 ha pubblicato la sua prima silloge poetica, titolata “ES” (Edizioni EDAS), alla quale sono seguite le sillogi: "Babylon Guest House" (Libroitaliano) "Storie del bimbo ciliegia" (Autoproduzione), “ANUDA” (Edizioni LaRecherche.it), “OSSARIO”(Arduino Sacco Editore), “MADREPERLA”(LietoColle), “Lettere da Eldorado”(Progetto Cultura) e “DARKANA” (LietoColle). I suoi versi sono inclusi in numerose antologie e riviste cartacee e on-line, tra cui “Poeti e Poesia” e “I fiori del male”. Le poesie di Davide Cortese nel 2004 sono state protagoniste del "Poetry Arcade" di Post Alley, a Seattle. Il poeta eoliano, che nel 2015 ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia, è anche autore di due raccolte di racconti: "Ikebana degli attimi", “NUOVA OZ”, del romanzo “Tattoo Motel” e di un cortometraggio, “Mahara”, che è stato premiato dal Maestro Ettore Scola alla prima edizione di EOLIE IN VIDEO nel 2004 e all’EscaMontage Film Festival nel 2013.


Sara menichino Un mercoledì sera Case vuote e parcheggi di locali intasati di nulla Ripercorro da anni la via di una vita non mia Sola sulla mia strada vi guardo ridere e il mio buio è ancora più immenso Prendimi e tienimi che sola non riesco più Non prego Dio ma sono qui ora, schiacciata dal cielo nero e ti chiedo aiuto La mia sacca piena di cocci non la voglio più Le tue lezioni sono solchi sul viso e ossigeno denso Ma ancora non mi piego Ho imparato a lottare quando avrei dovuto giocare Prendimi e tienimi che altro non sentirò Questa notte lei ha scartato il regalo più bello Semi di vita colorata concimata con l'anima del suo sangue E vi guardo invecchiare e leggo i vostri fallimenti sulle mani macchiate Prendimi e tienimi che difenderò ciò che è tuo Prendimi e tienimi che sola non voglio più Prendimi e tienimi che ora tocca a me.


Denso torpore che spinge sulla gola Scende al petto e allo stomaco Respiro piano per non consumare ossigeno che stento a trovare Annaspo in questa gelatina vischiosa che mi avvolge Galleggio appena Voglio fuggire, urlare, liberarmene ma lei mi stringe Mi assopisco, non mi lascia, non me ne libero Cerco, ma non trovo il modo da troppo tempo Non ricordo più come ci si ribella, come si lotta Non ricordo, non so più come si fa... E allora la lascio fare, è sempre con me, la mia unica compagnia La tratto male, la caccio via, scappo Ma lei è sempre con me... E allora stai, che tutti i giorni sono come i precedenti. Il risveglio è il momento peggiore e lo so E' così per tutti Ti svegli quasi con euforia, entusiasmo, stupore Dove sono? Chi sono? Sono felice? Poggi i piedi sul pavimento e lei arriva... Boom... Ti si schianta sul petto e ricominci ad annaspare Sì... ora sì... Ricordo... Vieni di là, prendiamo il caffè che poi ti do la tua cura così stringerai meno sul cuore...


Eccola La sento arrivare come una bestia strisciante Quella sensazione la conosco Brividi sulla pelle, gelo alla testa, il cuore impazzisce e lei piano piano mi avvolge Tra poco il respiro diventerà rado e faticoso Chiudo gli occhi Urla mute nelle orecchie Tra poco più nulla sarà com'era Tra poco la terra si sgretolerà La conosco questa sensazione Sono qui Sono qui Ah ah ah ah Siii... Sono terrorizzata ma resto qui E rido! Rido Rido Rido Non scappo più, rimango e mi prendo ciò che mi hai tolto.

Non chiedermi come Non chiedermi perchè Sono giorni... Non ricordo quando Improvvisamente, una mattina mi sono svegliata felice.

Mi chiamo Sara menichino (Sara Menichino), vivo ai margini del bosco poco sopra la città di Torino. Ho frequentato l’Istituto d’Arte nella sezione di restauro ed un anno di Accademia di Belle Arti che ho abbandonato prematuramente per lavorare. Inizi 2016 conosco una persona speciale che vive per ciò che ama più al mondo: la sua musica. Il suo cuore, la sua arte, la sua passione mi fanno ricordare che avevo anch’io, molti anni prima, una voglia di urlare al mondo lasciando segni sulla tela, una stretta allo stomaco, un universo solo mio... Torna il desiderio di esprimermi attraverso la mia pulsione artistica e così eccomi qui.


Helen esther nevola 1 AL BUIO You held on to me like I was a crucifix, as we went kneeling through the dark. (So long Maryanne - Leonard Cohen) All'imbrunire delle ombre ti accorgi che non sai e non è la morte. Voglio portarti con me nell'ignoto e falciare i sorrisi che noto sulle nostre facce, seminarli sotto il tuo materasso come fossero preziosi, non giostre di boccacce lasciate all'ingrasso. Sotterrarli come anticipi di piante, non promesse di pianti. Come potessero crescere ancora e salire e allargarsi; come le gocce arricchite del temporale copioso che è venuto a scoprirci. Nudi come bestie senza risposte, ci ha trovati. Ci siamo incastrati. Ci siamo incastrati e voglio scrivere al buio, ti giuro, questa storia la voglio scrivere al buio; voglio portarti con me nell'ignoto. Vuoi farmi luce, voglio il tuo buio, prendo tutto il tuo cappello pieno di qualcosa, voglio spingerti al buio voglio stringerti all'oscuro di tutto. Voglio scorgerti caduto, abbattuto, disperso e vuoto, Voglio prenderti a nolo e condurti con me nell'ignoto. Voglio scrivere al buio, voglio smettere smettere di farti credere solo. Voglio smentirti e non fingere e non infrangere il fango Voglio chiuderti in mano, tenerti in pugno soltanto per non perderti, come per conoscerti saluto e sorriso. Voglio ricordarmi chi siamo stanotte e ripetercelo ubriachi e buoni nella botte oppure piccoli,

prima di fare lotte. Siamo quelli che si sono incrociati e ci siamo incastrati. Voglio prenderti muto per guadagnarmi vocabolari di-versi. Voglio prenderti a morsi Voglio abitarti senza rimorsi Voglio leggerti in bagno, nella vasca del nostro profumo Voglio vivere tutto, Voglio pensarti morto Per vederti rinascere giorno per giorno. ANOTHER DAY The only thing you've done was yesterday and since you're gone you're just another day (J. Lennon) "Face the candle to the wind..." (Dream Theater)

Giochiamo che eravamo bambini e ci nascondevamo da noi. Dai, giochiamo che io sono qui con gli occhi persi sul caffè che vien su pensando a cosa non scrivere e tu no, tu a casa tua che aspetti ti legga e quasi non ci credi già più. Giochiamo alla cera che c'era, c'era davvero Giochiamo che ero viandante straniero con le mie partite a carte scoperte e i miei salti nel vuoto a piè pari. Facciamo che era tutto sincero e spietato e che il mio cavallo era nero e non s'era ammalato. Facciamo che ero equilibrista da anni e tu in quella gabbia più in alto quanto prendi nel circo? Facciamo che ero clown di poco più sorridente di te. Facciamo che eri te a parlare di stabilità, ma che io capivo tutto della bilancia del tempo che non è mai abbastanza, della sensibile fragilità. Facciamo che c'era polvere magica sul palco, mentre salivo, appena sorseggiato il tuo rum. Giochiamo a spallate, a cuscini di piume fintanto che il volo non è quello da un piano, ma quello con cui ho iniziato a scrivere un giorno.


Diciamo che di questa vita non ho condiviso quasi niente, tranne ciò che ho scelto. Che è tutto. E non mente. Facciamo che me la sono presa con dio e l'ho chiamato destino per offenderlo un poco, ma quello era infame più di ogni diabolico scherno. Facciamo che era scherzo, era tutto uno scherzo e non ci eravamo strisciati intorno sul serio di sguardo levriero, destriero, veliero, in una sera un po' pazza in cui l'ego starnazza e ci si contagia e risana con l'arte. Facciamo che ognuno giocava a dir la sua parte. Giochiamo che un giorno avevo capito che non c'entravo per nulla con quella gente perversa e un po' bulla che imperversava e imperava i mercati del nostro Paese. Facciamo che era lo stesso per te e le chiamavamo così "larghe intese". Facciamo che eravamo formiche che si ritrovano amiche e si regalano sguardi e una nota di armonica e fumo e un goccio di sangue di-vino mentre quell'altro natale degli altri va in scena da sé. Giochiamo, ché io volevo il gelato a novembre e quelli la lettura all'ora del the. Facciamo le maschere come bambole di pezza o facciamole a pezzi, all'ombra di un sole che forse non c'è. Facciamo di brace e cenere e cera la china con cui scrivere che vivere è qualcosa che ammazza chi ramazza la piazza del letto da fantasmi di chi non somiglia più a te. Facciamo che la brace ravviva nel camino che sbuffa più di droga assassina nel freddo glaciale che ci portiam dentro anche allorquando ci troviamo perfino a scaldare coperte, una per una, con l'angoscia vicina e nessuna è più corta del proprio spettro di lana che si squadra allo specchio e sguaiato sghignazza ululando alla luna. Giochiamo che Fido era ancora là. Giochiamo che Fido era ancora là. Facciamo che lo sapevamo. Lo davamo per certo, per c(')era, una volta, per-donarci una favola vera. Facciamo che sfidare la luce e la pace era roba per noi. "Era il portare il cavallo sull’orlo di un dirupo da urlo, scendere, mettersi di fronte, afferrarlo

per la criniera e fissarlo negli occhi poi gridare in preghiera: “E adesso scappa, bastardo, chiudi gli occhi e scappa". Giochiamo a non giocare d'indifferenza, ma di fantasia. E che dovevano mettersi paura tutti. E che all'autobus impazzito facevamo fare dietrofront, ma non indietreggiavamo nell'annusarci. "E intanto è quasi l’alba". Giochiamo che era scoppiato un botto dentro un caleidoscopio di frammenti di noi stessi e che facevamo girare la ruota a schiaffi e che si vedevano meravigliosi disegni. Giochiamo che il lusso sono io che busso alla tua porta sprangata, per chiederti di bere una birra ghiacciata. Facciamo che il vaso lo svuotavamo a turno. E ci toglievamo di torno l'odore del piscio, tenendo solo i cani delle nostre anime abbaianti. E ci tenevamo solo i fiori, senza piantarli in asso nelle carte. Senza strapparli alla terra ché son vivi. Facciamo che di alibi dovevano tutti crearsene di nuovi. Facciamo che la cera c'era e c'era pure quando la candela a tratti si spegneva mentre soffiavi come un vecchio e ti lagnavi cieco e sordo. Facciamo che la sedia era vuota di già. E la morte era passata da un pezzo. E il pezzo di film lo stavamo girando. E il regista eri tu. E io, tutt'al più. Diciamo che la zattera per ogni tua illusione te l'avevo costruita il primo giorno anche se in vero era una barchetta di cartone. E l'avevamo attraccata al molo dentro a un bar e mollata sul tavolino senza remi. Come scemi. Facciamo che non normalizzavamo niente, almeno noi. Facciamo che la ragazza in bianco e nero incontra l'uomo dalle mille sfumature di grigio E che fraintendere è un attimo: il tempo che sorrida. Diciamo che il lupo ci metteva anima e corpo di contorno. E non lo mangiavamo nemmeno, il lupo. E non ci mordeva nemmeno, il Corvo. Facciamo che il clown era un po' triste, un po' vero. E il Joker, un pagliaccio guerriero. Giochiamo a chi sta in equilibrio ché magari non cado e non cadi e magari quell'aria di sfida di chi si riconosce e conosce la vita niente e nessuno la vede e la toglie niente e nessuno al di sopra della mia e della tua libertà.


COM’È LA LUCE? Abbiamo celebrato milioni di volte questo funerale. Bisogna che io la smetta d’osare dosare il mio estro per trasformare il contorno in piatto principale di quest’ultima cena inutile. Ho giocato una di quelle partite a pugni con il mio senso egotico confinato nell’angolino dove sbatto la scopa. Riportami le chiavi di quel futuro che non abbiamo iniziato. Chissà se saremmo stati felici lì dentro. Chi lo sa se con un po’ di pazienza

avremmo imparato a salvare la sostanza con lo stesso impegno che ci metti nel salvare l’apparenza. Non credevo una casa riuscisse a contenere tanto dolore. Questo, non l’abbiamo chiesto all’agente immobiliare. A gingillare tempo in mano come catena che chiamo per nome e mi si appiccica addosso dentro la notte deserta cresciuta fino a questa mattina spaurita. Salutami le tue lavatrici non fatte e quando centrifuga, intendimi.

(B)IO <La notte del 4 febbraio 1984, al Sant'Anna di Torino, la sala travaglio più "intima" a disposizione fu il corridoio del 2° piano e in sala parto luci al neon e radio a tutto volume che trasmetteva musica leggera. Così è nata Helen, Esther. Non so se fu il suo primo impatto col mondo a infonderle quella "fretta di vivere" che ha sempre avuto. Imparò a correre prima di camminare> (mamma). Seguono domeniche ad ascoltar mio padre raccontare di canzone d’autore e pomeriggi a rubare lettere di mamma dalla carta di scarto della sua copisteria. Scrivo “Volo”, la prima poesia, a 8 anni: rimango tutta la sera in camera coi miei finché capiscono che è roba mia. A scuola invento laboratori di creatività e giornalini di concorrenza a quello della presidenza. A 18, via di casa; a 23, mamma di Nadine Esther. Oggi aiuto a crescere sia lei, sia la mia passione per l'arte. Lancio vernice su bottiglie di birra e tele, fotografo: ho ricevuto alcuni riconoscimenti anche in questi ambiti e organizzato/partecipato ad alcune mostre pittorico-fotografiche come “ArtEfollia”; recito in Reading e sfido performers in poetry slam. Ho vinto il Torneo di Poesia Declamata 2016 e partecipato come allieva attrice alla Rassegna "Dizionario Dell'Indicibile" c/o CAP Torino. Nel gennaio 2014 divento conduAutrice del Progetto Artistico CaleidoScoppio (facebook.com/caleidoscoppio) che si occupa di organizzazione eventi culturali e dà spazio a talentuosi artisti dell'underground torinese. Il format CaleidoScoppio è una serata mix-shaker di arti performative tra la tradizione dell'open mic e la jam session. Gli artisti si mescolano nelle esibizioni, anche improvvisando collaborazioni, come tessere di un "caleidoscoPPio" che di volta in volta dà colori e forme diverse alla serata. Due edizioni al Magazzino sul Po (ex Gianca2), storico locale dei Murazzi di Torino e poi itinerante per locali in Torino e Provincia, CaleidoScoppio ha partecipato e partecipa a manifestazioni svolte nel nord Italia con i "CaleidoS in Trip" e ha girato l'Italia con il CaleidOnTheRoad improvvisando reading nelle stazioni. Ha animato tutta l'estate de la "Spiaggia ai Murazzi" ampliandosi con serate, laboratori, incontri, reading poetico-musicali, mostre, mini corsi artistici, animazione per bimbi e ragazzi, i "CaleidoStuzzico" (aperitivi con artisti) e il "Photo Shooting Corner", il set fotografico di CaleidoScoppio. Ripetutamente ospite delle principali scene artistiche piemontesi, CaleidoScoppio ha vinto i Giochi Poetici 2016. E' stato riconosciuto come realtà di rilievo artistico e sociale in più occasioni e fa rete con associazioni culturali del territorio con le quali collabora anche con le Istituzioni per portare l'arte in periferia e in città. Negli ultimi anni ho partecipato ad alcuni workshop e laboratori teatrali e nel 2017 scritto e portato in scena due nuovi Reading poetico-performativi: “Non Abbiamo Altro da Dirci” e “Tanto Tony è in Vacanza – Il viaggio”. E' in lavorazione, “Tessere” - primo dei miei “libri perennemente incompiuti” per Kubera Edizioni - una raccolta di pezzi poetici, in prosa e monologhi. Oltreché un nuovo Reading a tema sui sogni e l'insonnia. Ad inizio stagione culturale 2017/2018, ho vinto la prima edizione dell'IoCentro Poetry Slam diventando finalista regionale per il Campionato Italiano di Poetry Slam – Rete LIPS e sono arrivata terza al poetry slam (rete SLAM ITALIA) collegato al 100th Poets for Change. Sono arrivata terza al Concorso “La paura e la città” (Versante Ripido) – sezione poesia e finalista al Concorso “PensareScrivereAmare” organizzato da Poesia&Friends e dall'Ass. Cultura del Comune di Remanzacco. Sta per nascere la Compagnia Multiartistica CircoScoppio, da me diretta.


Rosa Maria Puglisi



Rosa Maria Puglisi. Fotografa e blogger. Attraverso studi umanistici e artistici ha sviluppato la sua passione per una fotografia intesa come espressione soggettiva della realtà e custode di memorie. Ha una lunga esperienza nell'insegnamento della fotografia e da qualche anno – dopo un Master sulla relazione d'aiuto a mediazione artistica - tiene seminari di fotonarrazione autobiografica, avvalendosi delle metodologie della Gestalt espressiva per facilitare nei partecipanti autoconsapevolezza, creatività e pensiero positivo. Vive a Roma.


Enrico Mario Lazzarin N7. "QUALCOSA”: LA ragazza Con scarpe da tennis rosse cammina nella neve di questa citta'; ha malinconia leggera che pesa nelle pieghe dei sorrisi che mi regala : parla della Russia della sua nonna dei films di registi italiani e sorride sotto la neve mi dice che ieri aveva la febbre che ha preso la tachipirina ma la malinconia no quella non e' andata via. N12. "QUALCOSA”: MI PIACE l'odore che fa la neve colore di occhi e orecchie sotto la lana di sciarpa regalo di fine lavoro, entrare in un locare e l'appanarsi dei miei occhiali rende tutto magnificamente a posto non cercare dettagli, visioni, ripetere gesti Ora Tutto e e e'abbastanza; bellezza ritrovata in una nevicata.

La Domenica che sono costipato raffreddato Quando ti ho pensato , Nelle pieghe del libro che sto leggendo Frammenti di vita nel riflesso freddo di un ricordo scolorito Quasi dimenticato PIENA MATTINA. Nella foto eri sorridente e lo sfondo non importava niente Poi addosso avevi l'incoscienza dei 20 anni ma compiuti Quaranta Non ti ho PIÙ rivista Qualcuno ha detto che sei andata via il giorno di Natale cosi per non disturbare.

N11. "QUALCOSA”: HO MESSO SU LA LAVATRICE CHE FA BENE IL SUO LAVORO DELICATI A 30 GRADI. APRO LA FINESTRA SORRIDO LA NEVE è CADUTA FINO AI PIEDI DELLE MONTAGNE AZZURRINE E IL RIFLESSO CHE HANNO NELLA MATTINA TI FA VENIR VOGLIA DI ANDARE LA IN CIMA.


N10. "QUALCOSA": SULLE colline la neve , il ritorno mi da sogno sfumate parole in lingue che non conosco che dimentico dopo un giorno ma la parola della neve la parlo e lei conosce I miei occhi I tuoi occhi incantati e stupiti nella luce che sappiamo nel silenzio che condividiamo.

N9. "QUALCOSA�: IN CITTA'che conosci sai la sera sui marciapiedi I bar aperti fino a tardi Poi a volte ti trovi sconosciuto in una periferia dove vi e'gente che parte e arriva con le valigie a rotelle che sfiorano I pensieri dal ronzare scrisciare in autostazione con luce al neon che sembrano entrate di ospedale di scuole serali mal illuminate ; Ma la fuori vi e'Paris lungo Senna Foglie che cadono Ormai e' sera cerchiamo un Bar bene ILLUMINATO. N8. "QUALCOSA": NELLA mattina ti accorgi di una linea sottile una luce di casa vicina e dimentichi il sogno,; fumare una sigaretta mentre un amico spera che accada di vincere una gara di Poesia e tu solo sai che importa a te quanto a lui di divenire parola condivisa: come luce di casa in una citta' che non conosci che senti estranea poi entri in un bar e qualcuno QUALCOSA ti fa essere a casa tua.

Enrico Mario Lazzarin nasce a Torino il 22-9-1958 Si interessa di poesia da sempre. Dal 2016 presiede l’Associazione Culturale Due Fiumi Poesie e brevi racconti di E M Lazzarin su: www.meteodiario.blogspot.com www.meteosettimo.blogspot.com


Alessandro magherini


Alessandro magherini Sono nato a Genova nel 1952. Dopo la laurea in filosofia ho trascorso alcuni anni fra l’America Latina e l’Africa occidentale. Insegnante di lettere al Cpia 2 Milano, risiedo a Cinisello Balsamo. Sono stato fotoreporter, traduttore, redattore editoriale. Amo pensare alla poesia come a un’opzione intrinseca ad ogni essere umano, forse una weltanschauung che potrebbe cambiare il mondo. Ho scritto Sonetti per M.me Kalì (Officina Coviello), La Gru (Gattili), Anaconda (Sartoria Utopia). Ho partecipato all’antologia Milano (Edizioni Versi Umani). Autore ospite del blog «Bibbia d’asfalto: poesia urbana e autostradale», ho inoltre pubblicato testi sulle riviste «Il Vento Salato», «Alla Bottega», «Malvagia», «Pick Wick», «Il Foglio Clandestino di Poeti e Narratori», «Il Monte Analogo», «El Ghibli», «Il Segnale».

https://www.facebook.com/alessandro.magherini


Valeria bianchi mian DEMONE Scrivevo Demone è fuoco e tempere ha voce da tenore, ha occhi enormi. Dopo le notti di incubi a infrarossi salta sul letto come un matto vomita ideazioni continue ruscelli colorati, fiumi in immagini che dovrei cogliere al volo. Dio, se non avessi questo Io così pigro! Potrei incidere il flusso dentro i libri di carta carnale per non perdere nemmeno uno sguardo del mio Demone. Vorrei diventare certosina per miniare testi con regole militaresche organizzando con precisione l'onirica potenza satanassa.

Valeria bianchi mian è psicoterapeuta e psicodrammatista di orientamento junghiano. Vive a Torino e conduce gruppi di vario genere: supervisione, formazione, terapeutici, laboratori espressivi. Pubblicazioni: “Poesie aeree”, Matisklo Ed., 2014; “Favolesvelte”, Golem Ed., 2016; “Utero in anima” (con Ceresa, S.G.; Putti, S.), Lithos Ed., 2016; in “Psicosociologia della genitorialità” (a cura di S. A. Martini), ha scritto con B. Lattanzi il cap. VI (“Figli delle cicogne); in uscita per settembre 2018 il romanzo noir “Non è colpa mia”, Golem Ed. È redattrice per la rivista www.niederngasse.it (rubrica “Fonderie Favolesvelte”) e per www.psiconline.it (rubrica “Contemporanea/Mente”) Illustra articoli e libri con i suoi sketches.


Izabella Teresa Kostka




Simona ugolotti



Simona ugolotti Nasce a Genova e mai la lascia nel 1966, comincia l’attività teatrale da bambina con il padre O.G.Ugolotti, per vent'anni conduce la vita artistica in parallelo con l’attività rurale, si dedica all’insegnamento informale, al canto e alla sperimentazione vocale con cui è entrata nelle frequenze di RAI RADIO 3. Scrive canzoni e pubblica diversi CD. Con la Personal Edit. comincia a pubblicare con un manuale di come si allevano galline (2014) ed una fiaba: “Le paure di Arlecchino” In maniera occasionale appaiono articoli sul quotidiano di Genova IL SECOLO XIX e sulla rivista nazionale InNatura. Per il Premio “Parole di Terra” 2017 viene segnalata nella sezione racconti brevi.

http://cantadina.overblog.com


Giangiacomo amoretti Sotto il sole nero Buia Genova, buio il porto. Gonfiano silenti ondate luci illividite di là dall’orizzonte, le disperdono in brevi spasmi soffi di grecale. Una fiaccola sale e ridiscende, oltre la Lanterna. Un canotto a vela oscilla fra i cordami, spettrale. E si dilata il male dell’anima nell’aria – come un ansimare dolente, un fioco, impercettibile gemere, tra mare e cielo, ancora… Il tempo uguale-disuguale dell’attendere – il tempo del disperare. Mia luce – buia vampa – bianca senza ansia – nera lampa severa – algida ed attenta – rovente, dolente faccia – mia luce ferita, spenta e alta e ferma – luce svilita, deflorata – mia luce – crivellata di buchi, violata – sforata – poi raccesa da balenii più rari – mia luce aureolata – straziata – dagli spari.

Ti sopravvivrà questa luminescenza, mini vampa di brace, linea minima di saetta – uno svolìo di cenere e di fumo – ben altro da ciò che tu sperasti – salvezza o reinizio di questo cuore buio, di quest’anima infetta. Di colpo giungerà, non buio, non incerto, da lungi – ala di uccello, bagliore di lucertola. E grumo adesso – lacerto o brandello cùpreo di pelle o stoffa lacera nel ventare purpureo del crepuscolo tra cielo e mare – ed è subito una corolla di schiuma, o di nube – grigiastra, fùmida. Un nonnulla di bragia nell’alba. Un altro dischiùdersi, un’altra fuliggine che non perdura. Assoluto è l’istante, questo volo rattratto nel suo scatto da sé a un oltre sé, baleno lampante di colubro, di falco, di ramarro. Nulla più in alto. Brusco il dislivello – netti, più giù, i lumi inferi di un sasso, di una gemma, di uno scabro diamante.

Luce che all'alba defluisce e schiara le plaghe mute dell'inizio – luce più alta, che si stinge e si ritira.

Questo quieto crepuscolo svapora fra le nebbie color di perla e oro. Si svuota, sembra, il cielo: si fa luce e fievole chiarezza.

Nadir e zenit, nord e sud – il male da sempre già in questa incoincidenza, in questo non ancora e già non più,

Si fa bellezza, prima di morire.

che è il cuore nero – il centro della luce.


Il baleno – la luce nera – senza un occhio che la riguardi o la trattenga qui – le palpebre serrate – ed è già troppo tardi.

E verrà da ponente un sole striato di nero e di porpora – la sua luce livida come una palpebra smorta.

Un frugare poi tra i cespugli e le radici, nella cenere – finché il sole tramonti e al buio non si smetta ancora di attendere. Perché il pugno chiude e non chiude – la pietra non è trattenuta – il suo taglio inciso nel palmo a sangue – negata la fuga.

Le sue gelate iridescenze frante da riverberi e fumi. Oscura la sua fiamma, greve di nòduli e di grumi.

Incarbonita luce nella pietraia illividita. Gli occhi la fissano. Riluce tra le schegge ed i rocchi. Pare di sangue – e brilla mentre dilegua. Stocchi radenti prima che sia buio fendono i fumi oltre gli scogli. Come sottrae la luce di te nuda luce all’afoso mezzogiorno, come delimita fra spazio e spazio, fra basso e alto, l’esatto balenio rosa perla della tua pelle. Certa solo questa veggenza, questa ferma evidenza inequivoca degli occhi no, dell’anima – tesa morgana – velo e terra – mio franto desio, mio velle.

Verrà un sole stinto. Verrà un sole sbiadito e terribile. Rugato, esausto, semicieco – fra miasmi e scintille. Un sole cupo, senza un giorno che lo segua – l’estremo, l’ultimo di un tempo già agònico – noi curvi nel ghiaccio, muti. È più antica del giorno la notte e più profonda. Fluisce silenziosa, si muove e pare immobile. Occulta le distanze, raccoglie ciò che è sparso, ricuce crepe e tagli, rimargina ferite. Nella sua coltre morbida avvolge cautamente i corpi ansiosi e i gesti che ritrémano ancora; gli sguardi e gli occhi ciechi e i volti consumati raffonda e serba identici nell’oscuro di Dite. Là non sono salvati i morti. Là non una mano si protende in alto. Non un grido, uno spàsimo. La notte là si distende come un sudario. Silente il suo fruscio. Un sussurro il suo canto, il suo pregare.

Giangiacomo amoretti vive a Genova. Ha insegnato Letteratura italiana all’Università. Scrive poesie da sempre. La sua ultima raccolta di liriche, Come un canzoniere, è uscita nel 2011 presso Aracne (Roma).


Ivana menichini Il convitato di pietra



Ivana menichini - Ivana Menichini -

Fotografo con occhi inversi cosÏ come canto con note improvvise o cucino abbinando i colori o scrivo lasciando che sia l'altro che mi abita a raccontare‌ insomma una personcina perbene!


Raffaela Mortelli

Cosa sembra

Decise un giorno sconvolta dal dolore che non avrebbe più amato invecchio' cedendo al corpo piccoli doni, fiduciaria dell'apparenza imbolsì insopportabile il patto: casta ai sentimenti pudica al dolore cadde nell'errore di quell'odore il corpo arreso a se nel sesso riconobbe nascosto nel ventre affamato l'amore casta da sempre puttana a convenienza adesso spirito gemere crudele del perduto e ritrovato cuore.

Raffaela Mortelli, nata a Genova il 24/11/1972. Diploma di maturità assistente comunità infantile, diploma infermieristica, master oncologia.


Roberta benna Buie luci Esiste un momento nel buio in cui mi ritrovo Se per un attimo perdo tutto ...orientamento percezione del nord equilibrio... e resto sospesa in un piacevole e spaventoso all'unisono oblio, succede in un batter di ciglia e non so mai quale dei tanti che i miei occhi verosimilmente felini nel buio ritrovino contorni immagini forse sbiadite una sorta si di luce personale nella quale piano piano torno a distinguere tutto e sento profonda gratitudine Non sarò mai condannata al buio totale di un cieco o di chi non vuole vedere.

Sesso e castitĂ Scivola lenta quella mano insaziabile tra le gambe dischiuse e labbra intime Accarezzi quel pensiero giunto fugace e tra sospiri sommessi ne senti appagato il piacere Preferisci pregare in silenzio libera da rimostranze Hai sopito ogni indugio in quel libro poetico e trovi tra parole di fede l'amore e quel sottile piacere che ti appaga carne e cuore Roberta benna. Nata a Genova il 25 gennaio 1969.Infermiera professionale. Diploma di segreteria d'azienda. Amo scrivere da sempre, da quando poi compresi di aver scelto, o chi per me, la scuola sbagliata. Brevi racconti, poesia e scatti fotografici di vita reale di chi vive al margine, scorrono impetuosi dal-l'inchiostro. Ho partecipato a piccoli ruoli teatrali.


Giulia Bragalone


Giulia Bragalone

nata ad Anagni il 22 Gennaio 1996. Amante dell'arte (in modo particolare della pittura) della scrittura e della cultura, studia Filosofia presso l'UniversitĂ "La Sapienza" di Roma.


Angela donna Scintilla L’autenticità Di un desiderio (La malarecchia de la biribana, Genesi editrice, Torino 1991 p. 48)

sul salmo 34 non c’è luce/ contemplarti raggianti è d’altri amanti/ non me/ trafitta nel fondo dove subito è sera anzi mai è mattino/ giorno assolato e celeste grande come il cielo/ altre rondini per altri nidi per altra pace soffocare il cuore e non capire/ stupire ogni volta stupire (Salmi della notte, Genesi editrice, Torino 2010 p. 36)

Angela donna

L’aforisma di Goethe: “Dove c'è molta luce, l'ombra è più nera” l’ho fatto mio. Nell’ esperienza della vita sono passata infatti attraverso tanto buio ed altrettanta luce. Come poetessa la testimonianza della tenebra è esternata, in particolare, nei versi della silloge: Salmi della notte, Genesi editrice, Torino 2010; l’energia luminosa si trova sparsa in molte mie raccolte di poesie d’amore nel senso più ampio del termine.


Vittorio fioravanti CI VEDIAMO DOMANI ALLE SEI Quegl'incontri nell'ansia dell'orario di scuola nell'angoscia d'esami di greco Appuntamenti fissati su bianche pagine strappate in fretta a quaderni a quadretti Foglietti piegati e ripiegati i tuoi messaggi segreti con l'orma rossa stampata delle tue giovani labbra Ci vediamo domani alle sei sulla sponda del ponte che sai lungo le fondamenta là in fondo come l'ultima volta attorno al pozzo di pietra e non lo dire a nessuno - ma lo sapevano perfino i piccioni che stavano lì ad aspettarci Sotto la pioggia se avesse piovuto nella nebbia o nel sole all'imbrunire o ben presto al mattino e una sera tutta una sera fino a tardi tremando Sul Canal Grande le luci erano dolci parole d'amore e deliziosi sorrisi ogni gondola che ci scivolava accanto fingendo maliziosa di meravigliarsi ai nostri abbracci nell'ombra d'ogni umida arcata Nelle calli risuonavano come monete d'argento i nostri incerti passi senza un chiaro destino e le soste raccoglievano il nostro ansare sui muri come una nebbia sottile un'edera grigia ramificata di promesse e di sogni Amore vano di noi studenti con le cartelle tra i piedi e centomila futuri proiettati sui fogli sparsi dell'album da disegno in schizzi d'un tenero nero eseguiti a matita così facili da cancellare Sulla soglia di casa

con il balcone socchiuso l'ultimo nostro bacio prolungato fino a sorriderne sotto gli occhi del gatto che t'aspettava zitto più che tua madre 2003 / 395 * 084

IMMATURA SENILITÀ Ho dovuto rovesciare il guanto di quella mia sfida lanciata da giovane incredulo Sprezzante me n'andai nel dubbio e in quel dubbio ritorno esausto Sono qui in chiesa a pregare cercando pace e ristoro - meditazioni in contrasto ritorcendomi al credo chino sui sottomessi ginocchi a un largo segno di croce Mi riconosco vinto in ogni peccato commesso li ho negli occhi e le vene ne riassaggio in rigurgiti l'acre sapore in gola Trabocco ancora di desiderio così stravolto e insincero svicolando ostruzioni a luci spente a dar corpo a spettri in rosa involati al passato Dio perdoni i miei aneliti ma del grappolo d'oro d'amanti possedute sono questi ultimi acini spezzati fra i denti a placarmi la sete d'una senilità immatura 2003 / 406 * 134

E MI PERDO NEGLI OCCHI Se mi guardo in volto seguo i percorsi del tempo lungo i contorni marcati dei lineamenti e mi perdo negli occhi in quegli occhi schiusisi un giorno d'aprile alle prime tenui carezze

d'una trepida madre e sotto il commosso sorriso d'un padre in divisa in quegli occhi di ragazzo sgomento che hanno visto la guerra l'ingiustizia e la fame le bombe esplose sul porto le macerie d'interi quartieri e il sangue d'incauti civili di donne e bambini scorrere sul selciato fino ai miei piedi negli occhi di studente attento ad ogni criterio alle ragioni molteplici nascoste dietro alle cose che avvengono attento alle parole dette ed a quelle stampate lette in silenzio apprese in fretta prima d'andarmene fra le immagini carpite ai sogni all'arte d'esprimere all'arte di raffigurare all'arte di vivere in quegli sguardi di giovane innamorato affascinato da forme audaci di fanciulle appena intraviste fra trasparenze di venti ridestati violenti intorno a un germogliare nuovo d'emozioni in quelle occhiate che hanno incrociato cupo il livore di chi lavora a palpebre appesantite e ne han compartito triste il risentimento in quegli occhi che hanno attraversato montagne e mari barriere e distese violate dal mio coraggio in quelle pupille penetrate di sole che hanno ammirato la bianca caduta d'acque giù dall'Auyán-tepui il volo immobile del colibrì i colori del tucano e dell'ara i tralci dorati dell'araguaney


l'ampio scorrere dell'Orinoco e delle mandrie sui llanos in quegli occhi languidi che hanno guardato la donna della mia vita aprirsi come un'orchidea delicata per donarmi quei figli che porteranno avanti nel mondo dei sopravvissuti il nome dei Fioravanti Mi guardo perdermi in quegli occhi che hanno visto Venezia che sapranno una notte richiudersi per non riaprirsi nell'alba che sveglierà il Venezuela 2003 / 411 * 129

BALLATOIO IN PERIFERIA Luce giallastra s'addensa sporca d'alito umano alla lampada accesa rimasta appesa al soffitto d'un ballatoio qualunque alla periferia di Milano Nel fumo e le imprecazioni parole schizzate di rabbia su oscuri muri indifesi e il cuore assurdo d'un amore finito Sulla parete di fronte la lastra di vetro della finestra s'apre sul marciapiede buio d'una strada già vuota Sull'altra a destra verdi riquadri allineati di porte chiuse e rifiuti Nella penombra mesto ristagna il silenzio di chi già s'è arreso al gorgo dei suoi pensieri ma alle nove e un quarto sparano in televisione e c'è qualcuno che urla al piano dissotto Un vecchio intanto risale stanco le scale per un'ultima estrema volta col ventre grasso e la borsa gonfia d'un sogno infranto Quel sentore di morte sparso intorno dal fiato lo sfuggono i gradini per la spirale nera della ringhiera scivolante in basso

COSÌ MI RICORDO

ALA INFRANTA

Entravo lasciando fuori nel gelo la mia nera Gilera tra scrosci di pioggia in vortici d'umide foglie e mi toglievo dentro il giaccone per appenderlo a un gancio con tutto il suo odore al muro tra gli altri di spalle al locale

Ala infranta a muso duro eri sceso sui solchi tepidi appena chiusi sui semi nei campi della tua gente

Quattro passi con le gocce sul viso le guance scavate l'alito frammisto al fumo attraversando la luce fino all'angolo usato con la finestra chiusa al buio tra due tendine a quadretti su un tavolo di legno duro Grüss Gott mi diceva uno ed io l'osservavo in faccia con un mio aperto sorriso e gli ammiravo la moglie le lunghe gambe incrociate sotto l'orlo della tovaglia e quelle esangui mammelle dietro svuotati boccali di birra fra bianche trine e nastrini e due stelle d'argento Lei s'era voltata nell'ombra per non dovermi rispondere ma si chiamava Helga e aveva nell'inguine un neo bruno e una lingua di serpe I denti dell'oste e i suoi baffi macchiati di scuro tabacco affacciati al bancone Gli chiedevo a gesti del vino che mi mandava su un piatto tra le mani e il seno esiguo della giovane figlia Hannelore Sfioravo appena l'esili dita e le mormoravo parole così per farla arrossire Bevevo a sorsi studiati dietro la coppa verde di grosso vetro intagliato con gli occhi neri in giro sfrontato la fama d'amante latino corsa in maniera discreta lo sfoggio d'una moto italiana il parlar bene in tedesco e quell'essere alto e possente tra quella gente Così mi ricordo e mi guardo in volto lavandomi i denti rimasti 2003 / 425 * 076

2003 / 416 * 117

Incubo audace vissuto nell’accesa tua mente lungo disteso sul letto dell’ultima notte di morte Estremo tuo volo ambito di pilota senza licenza estremo volo proibito spento il motore giri a vuoto nel vento elica abbandonata al tuo malato destino La carlinga era scossa dai tuoi colpi di tosse fra brandelli di nubi cercando nell’imbrunire la grossa traccia dell’usata rotta d’ogni rientro a casa la pista d’erbe celata oltre i rovi d’acerbe more sulla consunta sponda del fiume amico Ma ormai non valeva la pena di scendere lento a posarsi sul liscio piazzale dell’hangar fra le strisce e i segnali per andare a morire sfinito nella sala d’un ospedale Sei allora venuto giù a braccia aperte gli occhi fissi nei solchi e tra le labbra contratte l’amara preghiera a Dio o forse solo un’imprecazione 2005 / 453 * 142

BARBARA (Ispirata dalla poesia "Barbara" di Jacques Prévert) Ricordati Barbara Pioveva a dirotto quel giorno a Venezia e tu te n'andavi serena e sorridente grondando malizia dagli occhi tra gocce lucenti di pioggia Ricordati come cadeva a scrosci sotto il Ponte dei Sospiri quando incrociammo gli sguardi


divisi dallo scorrere dei passanti e di lucide gondole nere Ti seguivo da tempo Al tuo luminoso passaggio avevo lasciato il riparo ed ero corso dietro i tuoi passi quasi senza sapere Ricordati che ti fermai all'imbocco della ristretta calle degli Albanesi riempiendomi il cuore del tuo fresco sorriso Avevi la giacca a vento slacciata e dal piccolo seno tradito dall'aderenza della maglietta bagnata m'immaginavo l'ansia gioiosa che t'animava dentro Restammo in silenzio storditi per un attimo prolungato di tacita ammirazione poi la voce tagliente dell'uomo ha gridato il tuo nome Barbara e sei corsa al richiamo sotto la pioggia che continuava a cadere sulle pietre e sull'acque della Laguna rigando d'oblique strie la penombra del sottoportico dove lui t'attendeva T'ho vista gettarti tra le sue braccia baciargli la bocca presa nelle sue mani sprofondarti nell'ampio suo oscuro torace ed allora - deluso o confuso - vi ho amato senza nemmeno conoscervi Ho amato la pioggia e il tuo volto Venezia e l'abbraccio d'entrambi la breve storia d'amore e di morte che in quel giorno di strana pioggia ci aveva uniti per sorte 2006 / 503 * 011

UN MIO VAGARE IRREQUIETO Grigiorossi mattoni lungo l'eroso bordo del rio snelle gondole a nolo e larghe barche stracariche d'angurie e gialli limoni Verderame screziato sull'argenteo lucente della lama che fende onde ricolme di case e cose riflesse Bianche colombe gemono oppresse d'avidi rostri le ali mal ripiegate

lese sui cornicioni sotto vi passa un gatto nel filtro di luce soffusa e un ratto vi sguscia quatto tra i consunti gradini ed un uscio Viandanti vanno fuggendo in fretta oltre il ponte sospeso un mio vagare irrequieto di passi sparsi su pietre gravide d'aliti e umori Chiarori cauti lenti m'insinuano tra la nebbia che invade calli e campielli odori van a diffondersi lungo le fondamenta dove i rumori si sciolgono in rastremati silenzi come stanche agonie Su nel verone un tendaggio s'anima e vibra di riverberi antichi aureo drappeggio di broccati lenzuola smosse d'ombre e fulgori candele spente a esalare grassi fili d'oscuro fumo Cristalli infranti di teche antiche rabbia repressa in gola lungo pagine ormai ingiallite reliquie sacre carpite all'incesto invano celato Da semivuote clessidre pugni di sabbia versati sui marmi striati d'altari di desolazione Inerti i due mori in alto martelli immoti come se il tempo fosse rimasto sommerso fermo in attesa sotto lo specchio d'acque dell'inferma laguna 2007 / 517 * 100

BOSSA NOVA Sillabe esalate in sospiri vocali riunite in grumi di dolci parole rastremate inflessioni di voci un sussurare armonioso tra riverberi acuti d'accenti tonici Mormorio vago d'ardenti colori nel sottofondo vibrante di luci Bossa Nova insinuante mi lascio le carni invadere l'animo schiuso a desideri e profumi le dita accese Mi dici t’amo Così mi spengo in te in fili di fumi densi ed è un morirmi dentro tra germogli intensi di vita 2008 / 570 * 198

E LE PAROLE TACCIONO Lei fra le dita ali trepide sull’arso dorso morbido il ventre e canti d’allodole in gola mentre incalzanti in movimenti di danza d’asimmetrie dilaganti membra sospinte a piedi ignudi nel vento in espressioni di gioia e d’aspra voglia d’azzardo ascendono in volo Frammenti acuti d’urli in un tardo momento d’un imbrunire inconcluso e nello spiraglio socchiuso quel guizzo d’incanto fra malcelati arabeschi d’una ormai spenta esistenza Profondi e stanchi i miei opachi sospiri mentre ingialliscono come foglie sui rami spogli gli estremi stimoli e gli ansiti E le parole tacciono su questi bianchi fogli graffi ormai tralasciati 2012 / 701 * 186


C'È FAME DI PANE E SETE D’ACQUE PULITE C'è fame di pane e sete d'acque pulite laggiù nell'Africa lontana dal nostro mondo tra savane ed acquitrini alberi spogli e bambini che vi muoiono ad ogni istante ad ogni mia lubrica penetrazione ad ogni gemito insano ad ogni tuo orgasmo ma c'è chi vada estinguendosi anche qui intorno nei dintorni di questa metropoli mentre lecchi ignara il mio volto distolto a stento dal telegiornale lasciato acceso nell'oscena penombra ricca della suite imperiale Feto sospeso sto cordone avvinto alla vita dalla tua lingua rossa nuvola in cielo terso dietro la cupola sacra sull'incurvato specchio del fiume antico come una morta foglia che vi galleggi stando supina le membra sciolte come in quei corpi in Somalia vinti d'inedia Tra la vita e la morte

sto ad ali aperte sopra cauti solfeggi di sesso le dita ancora protese urgenti voci e pareti ressa di genti estranee delegate al congresso sulla crisi mondiale

d’un animo estinto

io come un urlo nel buio dentro graffi che strisciano lisce le mie superfici di pelle impallidita

Panneggi osceni su labbra offerte a quell’avida liscia lingua d’ardesia creando nodi d’ardente sofferenza fra l’austera sensualità violata da un suo gesto invadente

Silente ai gridi resto pena inespressa 2008 / 582 * 010

CRESCENDO SIN FINE

Schizzi impressi sul foglio emergono affilati su tacchi a spillo di smunti manichini sfatti d’ossa e di sguardi famelici

Crollano i futuri domani spenti i progetti socchiuso varco al demonio d’appassionanti veglie nel buio

Rapporti vaghi d’inesplorate risorse Ed è quando un tenue sorriso concetti grafici contaminati accetta muto l’invito fra ramati riflessi d’un’aperta vetrata quando l’ansito esplode in gola al sole alto di primo meriggio imbrigliandovi flussi e dettagli frammenti acuti a ferire l’intorno Progetti d’insieme d’estese e blande nude superfici morbidi intrecci di spoglie membra di pelle colta in fremiti su sedimenti tolti al domani da mani e dita spazio in sospeso nel tempo distese all’incontro fermo da ieri Memorie spente sugli album sfasciati pagine sparse di calma noia e di brezza testure rese scoscese nell’arido pozzo vano

Ed è vibrante l’orgasmo un concerto improvviso dei sensi in crescendo sin fine 2013 / 719 * 205

Vittorio fioravanti risiede a Caracas, nel Venezuela da oltre cinquant’anni. Scrive fin da ragazzo, e ha pubblicato da sempre i suoi versi su riviste letterarie e nelle pagine di antologie poetiche italiane e straniere, ricevendo innumerevoli premi e menzioni durante l’intera sua lunga vita. Nel 2004 la sua composizione poetica “Non c’era una volta” ha meritato il primo premio assoluto al Concorso Mondiale “Italia Mia”, riservato agli scrittori italiani residenti all’Estero. Come esponente di riguardo della nostra collettività nel 2013 la Federazione delle Associazioni Italo-Venezuelane ha organizzato in suo onore il tradizionale Festival della Cultura. Due anni fa queste sue cinque liriche - “Razza mediterranea”, “Andarsene via”, “Me n’andrò”, “Un uomo solo” e “Silvia” - sono state pubblicate a Nuova York nell’imponente Antologia Italo-Americana “POETS OF THE ITALIAN DIASPORA”.


Bruna pedemonte Questo brevissimo raccontino lo dedico a Beppe Tosco e al suo libro “Scemo come tuo padre”. L’ho scritto ispirandomi proprio a quel libro. LUCINE … e tira tira e lo spago della memoria si svolge. fino ad arrivare a me, bambolina di bisquit del tre, che con la sorella "grande" si decide in combutta di inventarci un sistema per riavere la luce nella casetta di lego. Perchè il regalo di Natale era bello eh, erano pochi quelli che aveveno i lego e poi, una casetta! Corredeta di lucina! Era alimentata da una di quelle pile quadrate costosissime, quelle grosse per intenderci. E come al solito, quando ci regalavano qualcosa alimentato a pile, quando si esaurivano, fine, niet, nada, ninte, per dirla alla genovese… Allora noi lì, a guardare la casetta buia, pensando agli omini immaginari dentro, senza luce. Così, due geni, una del tre e l'altra del sette decidiamo che no, perdiana, gli omini non possono stare al buio! Perciò attacchiamo alla corrente i due fili delle lampadine provocando l'esplosione delle medesime e rischiando la folgorazione… Il silenzio che ne è seguito, si è protratto oltre, con il nostro patto omertoso e muto. Mai i "grandi" seppero. Nè sospettarono. Lampadine sparite, visi angelici. Gli occhi un po' "rotondi" però, per lo spavento.

Bruna pedemonte Scrivo poesie sin da bambina. Soprattutto in genovese. Sono sporadicamente state pubblicate su riviste distribuite male e lette da quasi nessuno. Ma a qualcuno sono arrivata perché il SecoloXIX mi ha contattata per tenere una rubrica nella pagina domenicale in genovese Parlo ciæo. La mia rubrica in prosa “Spegetti bleu”(occhiali blu) compare una volta ogni sette settimane su quella pagina. Sono in trattative per pubblicare il mio primo libro di poesie. Non c’è molto altro da dire, se non che sono viva e questo è tutt’altro che scontato.


Luca valerio Aspetta davvero davvero ricordo dov’ero sopra il tuo sentiero a far la lotta nel fango che scotta credi che davvero ora mi dispero amore mio intero sembra ricotta la pasta che è scotta lasciamoci davvero dammi di notte la pace dammela quanto mi piace: taci me quando loquace bramo, ma d’esser rapace davvero come il tuo destriero adesso mi schiero con chi disegna un futuro di stagno dimmi che davvero non sono un negriero son rosso, non nero sono chi sballa a giocar con la palla lasciamoci davvero dammi spiragli di luce forse non son così truce tu sei colei che mi cuce sogni laddove traluce davvero io sarò foriero di un voto che è zero tu sei quell’ansia che ammazza la danza vedi che davvero il vino è leggero sono il tuo guerriero ma se mi arrendo al tuo addio di novembre lasciamoci mentre l’amore (l’amore?) scivola dentro il rumore del mio perenne nitore e del tuo dolce rossore davvero tutto così vero nobile il tuo siero che mi avvelena e la musica stona. Lasciamoci davvero


ADESSO ARRIVANO Adesso arrivano pirati e demoni ma sono sogni mutilati e schizofrenici colmi di ipotesi di amori e farmaci sarebbe meglio avessi solo storie inutili Sei l’antibiotico contro la ruggine dei miei pensieri avviluppati in un gomitolo? Spero di vendere le troppe ipotesi: che accatastate fan l’encefalite a grappolo Sei l’ecatombe di sogni e rimorsi la latitante che subito torna sul luogo dello scandalo fai piover bombe che lasciano scie di sangue e morsi e una lobotomia come una vera amazzone ho il torcicollo l’escatocollo adesso ingollo il tuo turgido esempio e lo rinchiudo nel dolce mio tempio siamo funamboli fra notti nomadi: sono satollo e provo tanti troppi tremiti ma tu mi illumini di vuoti a perdere ti guardo e grido quando affermi che alle antipodi siamo fiammiferi che non si incendiano siamo parole che veloci si divorano conto le incognite che ci allontanano e che mi fan sentire lento e poco eccentrico Sei la catastrofe sulla frontiera che di nascosto sorpasso la notte e tengo per le redini non c’è armistizio che plachi quest’aria negli interstizi mi insinuo e poi fuggo per respirare polvere: Ora barcollo Lo so non mollo Anche se frollo per le tue ossessioni che mi rimbalzi qui, sulla mia sete. Luca valerio. Nasce a Genova nel 1967, il 5 maggio.

Laureato in Filologia italiana e insegnante di Lettere al liceo. Sue raccolte sono apparse in varie antologie e in un flip book nel 2004. La sua poesia si incentra sulla ricerca dell’io e si basa sulla riscoperta della metrica. E’ da poco uscito “Calma” da “Editrice Zona Contemporanea”.


Teresa maggiore

GENOVA DI MARE, LUCE, RIGHE, SCALE – 2017 - Acrilico su tela – cm. 60X60

“Splendida città che ti specchi nelle acque azzurre del Mediterraneo. Le rocce e i promontori, il cielo luminoso e gli allegri tuoi vigneti erano il mio mondo.” (Mary Shelley)

Teresa maggiore Nel 1966 si diploma presso il Liceo Artistico “Nicolò Barabino” di Genova dove studia con i maestri Aldo Bosco, Libero Verzetti, Lorenzo Garaventa e Stefano D'Amico. Dopo il diploma si trasferisce a Milano dove inizia a dipingere frequentando l'ambiente artistico milanese e partecipando anche a mostre collettive in Lombardia. Nel 1968 conosce Giuseppe Motti, dal quale apprende lezioni di vita e di pittura, e nel 1973 conosce e si avvicina a Bruno Munari e al suo metodo progettuale. Dal 1967 al 1969 frequenta la Facoltà di Architettura di Milano e dal 1968 al 1974 insegna Educazione Artistica e Disegno, presso istituti medi e superiori, pubblici e privati, della provincia di Milano. Nel 1975, si abilita all'insegnamento dell'Educazione Artistica.


Rientrata a Genova nel 1975, sospende l'attività artistica e, dopo una significativa esperienza manageriale in Multinazionali di servizi, dal 1986 intraprende un'attività imprenditoriale nell’area della Formazione e dello sviluppo delle Risorse Umane, attività che termina alla fine del 2013. Nel 2011 si iscrive alla Facoltà di Architettura dell'Uni.Te. di Genova e, dopo anni di inattività nel campo artistico, ritorna con passione a dipingere. Nel 2014/2015 frequenta il corso libero di pittura dell'Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova e dal 2015 è socia del Centro d'Arte La Spiga. Scrive di lei Mario Moneta: “ Vedendo i suoi lavori posso dire che il rigore e l’equilibrio mi hanno interessato così come posso dire che Lei sia approdata all’attuale espressione attraverso la lezione di Mondrian e lo studio del razionalismo astratto di Bruno Munari e Radice. Così è giunta ad una forma espressiva caratterizzata da una rigorosa scansione degli spazi, dove il colore, usato nei toni primari, viene organizzato in una precisa ed equilibrata costruzione. Tutto è disposto e reinventato attraverso contaminazioni, derivate dalla realtà, che costituiscono il tratto personale ed originale della sua ricerca.” Scrive di lei Leonardo Alberto Caruso: “La pittura di Teresa Maggiore si ispira all’Astrattismo Geometrico, movimento artistico nel quale prevale l’aspetto geometrico delle forme e l’uso prevalente dei colori primari: giallo, rosso, blu. Nella composizione geometrica di Teresa Maggiore vi è un equilibrio e un’armonia che raggiunge la liberazione della forma naturale e da vita ad un astratto di segni geometrici, liberi da rigide strutture formali. Quadri che concedono al colore di assumere variabili estensioni in una modulare forma il cui disegno conchiude il colore, dove la linea divide in comparti ogni possibile soluzione di continuità e le superfici si uniscono tra di loro in un armonico alternarsi di colori caldi e di colori freddi, costituendo un gradevole tessuto variopinto dove emergono le forme di un pensiero dinamico e plastico, su cui preme l’analisi costruttiva composta dall’astrazione geometrica, nella costante ricerca, da parte di Teresa Maggiore, di una componente astratta più lirica e spirituale. Opere, le cui composizioni si trasformano in un’astratta tassellatura cromatica dove il dato naturale diventa emozione interiore e dove l’equilibrio estetico esprime una nuova armonia, ed è proprio a questa armonia e a questo equilibrio estetico che l’immaginazione e gli interessi di Teresa Maggiore si ispirano.” Scrive di lei Giannina Scorza: “Le sue tele dalle scansioni tematiche rigorose e calibratissime avvincono per il phatos tensivo tra l’assetto geometrico dei soggetti, la razionalità astratta e l’esplodenza cromatica affidata al rigore dei colori primari, sostentato dalla presenza inquietante e provocatoria di figure paradigmatiche. Ne risultano opere dipinte di intrepida pregnanza estetica, che sottendono una stesura originale del tratto e dell’ensemble coloristico: effetti di una specifica distinzione d’indagine che supera l’essenzialità della geometria per addentrarsi in una “zona” di linguistica poetica e proiezione etica”. Scrive di lei Rosario Lo Re: “Finalmente vedo qualcosa di originale. Sono interessanti questi labirinti dove la figura cerca la sua strada. Composizioni armoniche che vivono negli spazi del nostro tempo”.


Chirio A volte il volto segue l'espressione delle ore

A

in un mimico conto, un' inarcatura di lancette.

ditate

Così si svolge il tempo maschera di lattice lievemente obnubilata restando ad aspettare qualcosa che d'aspettare ne valga la pena.

Dal best seller in cui il cane non acchiappa la coda si arpiona una sola speranza qualcosa più del sasso

ho colorato il volto al mondo. Una punta di rosso nulla di più -Così è fugace, la passione!dal nero vedo il palco in un ghigno... che non m'appartiene. Allo specchio erano ditate di colore un bianco e nero dal sapore selvaggio Un oltraggio alla reale comune...

qualcosa meno dell' escremento. non sono mai stato così vero!

Chirio E ho ancora voglia di parlarti, sai?! mio schermo candido, mia libido pura

Chirio

Anche per non dire nulla divagare del tempo, forse e tu... tu chissà cosa pensi tu che sei copia perfetta della Luce stessa. Quale intimo ha il tuo sapere...

Bio: Non ho nulla da dire, sono un uomo nel suo viaggio che forse, e solo forse, ha una sua meta...

Quanto è ampio l' occhio sul mondo e quanto profondo. Ma sono solo chiacchiere che non sopporterebbe nessuno.

Chirio


Grazia tatta

Grazia tatta, nata a Bisceglie (Ba) il 28.6.1955, sono in possesso del diploma di maturitĂ

magistrale; vivo e lavoro a Torino. Nel 2014 e nel 2015 ho frequentato il laboratorio di scrittura creativa del Centro Donna della 6^ Circoscrizione e quello organizzato dalla Biblioteca Civica Centrale “Caro amico ti scrivo�. Mi piace leggere. Scrivo e faccio fotografie a livello amatoriale. Ho partecipato a concorsi letterari e fotografici, ottenendo vari riconoscimenti.


Fabrizio casapietra POESIA DI NATALE Il sole si spegne negli occhi di dicembre, ma lo zucchero si accende nei pensieri: diventano carta velina, i desideri si scontrano, e scontano: si spegne anche una stella, e scende dall'albero di Natale: come un'alba di giovinezza blanda, la tua banda nella landa: fusione di respiri, che diventano montagne: lontani dal tempo e dallo spazio

Fabrizio casapietra, cantautore genovese, molto apprezzato da cantanti ormai noti a Genova come G.Zazza e Bobby Soul, e' stato recensito, con ottimo apprezzamento di pubblico e critica, da "La Repubblica", "Il Secolo XIX°" e "Mente locale"; scrive canzoni e ballate pop melodiche, dolci, graffianti, ironiche, delicate. Dal vivo, ha partecipato a prestigiose letture di poesia e concerti, fra cui "Faber e la città vecchia" (centro storico, per un tributo a F.De AndrÊ).


Adele libero Luce !! Vedere il prisma dentro ad un cristallo o in due gocce di pioggia sugli occhiali, nel sorgere improvviso del mio sole, nel centro d’una nube sopra i mari. Ci giochi con la punta di un ricamo lasciato dalla neve su di un vetro, si scioglie presto e poi ti scopri uomo che ammira e gode l’aria del domani. Non ci rendiamo conto di quel dono che ricevemmo quando, aperti gli occhi, vedemmo chino il capo di una madre, a incoraggiare il piccolo respiro. Io sogno un cielo aperto in tutto il mondo, un limpido spaccarsi di ogni prato a cogliere rugiada tra le rose correndo per le vie di questa vita.

Adele libero Nata a Napoli il 28 dicembre del 1950, laureata in lingue e culture moderne. Ho lavorato per tanti anni. Sposata. Una volta in pensione ho iniziato per hobby a scrivere poesie ed ho pubblicato due sillogi “Poesie per tutti i giorni” e “Le mie chimere”. Le mie poesie sono state inserite in diverse antologie sia in stampa che on line ed alcune hanno vinto premi di poesia. Tratto dei problemi della vita moderna, di temi esistenziali, dell’amore, insomma di tutto ciò che mi emoziona e mi rende viva.


Adele ferrari Equlibri – Ordine - Disordine

della partenza Forse Risorgerò

Il buio non blocca la luce

un giorno

Essa entra e splende improvvisa

Lo ha promesso anche Dio

Mentre il buio è sopraffatto dalla luce La luce vince sempre le tenebre

La magia delle parole e dei silenzi

Non si possono negare verità Non si possono negare armonie

Se conoscessi anche solo poche parole,

Perfette e misteriose

Semplici o bizzarre ma che donano

Degli elementi

Che strabiliano, che coinvolgono

Non si possono negare equilibri

Che concedono ascolto al posto dell’isolamento.

Dal dosaggio fluido

Ah! Se avessi parole dal potere benefico!

Che mette ordine nel disordine

Che non limitano ma risolvono dubbi e paure Cancellano ciò che si nega

Il bianco & il nero - Insicurezze

Cambiano percorsi e creano spazi Perfezionano energie negative

Io andrei sul bianco!

e le traducono in positive

Tu vuoi puntare sul nero

Danno accesso ai divieti

Quando non ci si ritrova

Creano vite semplici, ricche di gioia

Diventa difficile comprendersi

Parole sdrucciole fatte di insiemi

Le parole diventano lame

Fra vocali consonanti e silenzi

Parlano lingue biforcute

Che si declinano nel loro fluire ritmico

Ciò che desidero io va a destra

Che suonino come stradivari,

Forse quello che desideri tu

Che regalino ogni giorno note diverse

prosegue dal lato opposto

Parole che impallano … per alcuni minuti.

Siamo giunti al varco

Che cambiano sostanzialmente e per incanto la vita

Al bivio di due strade

Fino alla trasformazione di questa.

Se accettassimo un compromesso?

AH! se queste ci evitassero il dolore, la sofferenza

Scegliamo tutti e due il bianco

E ci offrissero i piaceri della vita!

O il nero? …

Certo, sarebbe una gran bella magia!

Temo che ci ritroveremo il grigio

Dovrei solo scegliere di pronunciarle! … L’unico timore è che spesso le parole

Forse un giorno

vengono travisate …

Quando una mano

Luce e buio

Saprà darmi la fragranza dei fiori Quando anche nel buio

Il malvagio da solo non ha potuto

vedrò il fotogramma iniziale

Allontanare il bene


Ha coinvolto i suoi simili

Trasformandosi in gocce

Che sollecite tristi ombre

Ora soffice neve ammanta la borgata

Col cordoglio della luce

La sua sosta candida e silente frena i suoni

Hanno offuscato menti

Troppo freddo per stare fuori

Schiodato e distrutto sogni

Ho bisogno del fuoco d’un camino

Fino ad afferrare la nostra storia

Una luce vicina impermeabile al resto

E spezzarne l’incanto

indica il riparo caldo e sereno della mia casa.

La cattiveria non è destino. Passato – Futuro - Presente Pregiudizi – Paure e coraggio Ricorda del passato le cose necessarie all’esperienza A me fa paura chi si erge a giudice

Guarda al futuro al tuo progetto d’avanzamento

dal podio delle sue certezze

Ma vivi il tuo presente senza remore e rimpianti

Chi in base al suo credo

Senza insabbiare, senza accantonare e seppellire

Fra angeli e serpenti parlanti

Vivi i tuoi sentimenti con tutti i requisiti

esige di sapere tutto

Ogni tempo ci frappone i suoi blocchi

Chi è convinto cosa sia bene e male

In nome del fanatismo o dell’ipocrisia

Mi fa paura chi declama anatemi

Fissa le sue inferriate e trascina le sue catene

Come quando si vendevano indulgenze

Tu vivi oggi il tuo sentimento

Mi fa paura

Come se non ci fosse un domani.

Chi decide degli altrui sentimenti La loro convinzione nasce

Sopra di noi

Da un dialogo diretto con il Supremo? Sappiamo che Egli non fa le nostre distinzioni!

Mi faccio sempre troppe domande

Questo è biecamente umano.

Apparentemente semplici

E’ solo un’insopportabile intolleranza

Ma la loro risposta non lo è mai.

travestita da buonismo

Si progetta ci si attiva

Abbiamo diritto alla felicità

Come se la vita fosse un tracciato

Io sto con le persone che si amano

Ci si ripara sotto un tetto

Il mio appoggio e la mia solidarietà va a chi

Si confida nell’amore così sacro

A testa alta e coraggiosamente

Come la tutela più sicura

Affronta i pregiudizi.

Ma non è così

Il bianco e il nero - Il freddo e il caldo E’inverno una bassa ovatta di nubi Abbozza un indistinto chiarore del giorno La brina inghirlanda di trasparenze i rami Schiudo la mano e lievemente Innumerevoli voli di fiocchi di neve Rubano il calore dell’indifesa pelle

Nulla è stabile Nemmeno la terra lo è Qui sotto il cielo ci siano noi E le nostre battaglie Sopra di noi gli dei del fato Non si decidono gli eventi! Spesso nemmeno si presagiscono Questi arrivano … e devastano.


Vero e falso

E mano a mano che si rafforzano Diventano sempre più fulgidi

Sono al buio di ogni rappresentazione

Come l’onestà di bimbi che rotolano nell’erba

Che nasconde soprattutto me stessa

Come il verde dei prati, il rosso dei tramonti

Agli occhi di un mondo falso

La massa blu del mare

Che non comprendo

Tutto riacquista il suo senso infinito

Nella voragine che trita, spreme, getta!

Dove c’è ancora il giallo del sole

Senza note di pensiero e nessun spessore

Dove la luna estende il suo argento

Tranne per qualche minoranza

Nella lealtà di una vela che va

Costante, laboriosa, indipendente

E per queste verità nemmeno il buio

Supremi sentimenti

Potrà interrompere il cammino di un uomo.

Che riaccendono di colori questo marasma

“… non mi sono ancora decisa di dire qualcosa di me. Ritengo che chi scrive poesie dIa già, concede qualcosa di sensibilmente privato, sentimenti maturati dentro ed esternati. La poesia delinea dei lineamenti personali eterei. Potrei decidermi di dire come altri ad esempio che sono state pubblicate mie poesie ect ect ... Io spero solo che quello che scrivo lasci un motivo di confronto, di conforto, rilasci emozioni...” Adele ferrari


Maura taormina LAMPI DI BUIO

ABBAGLIO

È Il posto delle lucciole. Di quelle che ti dicon <Tieni!> <Prendi!> Cipria di stucco pendagli alle orecchie per tacco un marciapiede le calze dirompenti. Il braccio si fa scudo un piede s' incammina. Sali. Ed entra in questo quadro di miseria. Accendo il caffè ma sposta i sensi che non vedo se il sipario è aperto, se mostri i denti di un sorriso triste o mordi i miei pensieri levandoti le scarpe. Illumina un momento questo prato di bisogni tanto sai che non avrò ricordo ma luce dipanata in questi occhi stanchi.

T' incontrerei avida in fondo a due filari dove finisce il cammino e comincia l' abbaglio. Sfilerei gli occhiali e morderei i guanti delle dita inginocchiandomi con la spocchia di chi sa che il gingillo non durerà e il gioco non varrà più del sole che incollò il sudore alla mia fronte. T' incontrerei golosa in cima alle onde sete di spuma a pizzicar la pelle. Correrei tra gli scogli saltellando sui cristalli di sale scivolando pur di soffocare questo gioco lungo e tondo di giravolte tra le arterie di spire in mezzo ai campi. E cadrei di fronte a te se questa luce non mi ingannasse. Maura taormina nata a Genova l’11 luglio 1963 da genitori siciliani trasferitisi a Genova alla fine degli anni ’50 per motivi di lavoro. Sono sposata e ho 2 figli. Ho un diploma in perito tecnico per il turismo. Mio padre mi ha trasmesso l’ amore per la danza, il canto e l’arte in genere. Divento prima ballerina di danza classica e modern/jazz, successivamente insegnante delle due suddette discipline. Ho diretto saggi e spettacoli scrivendone personalmente i testi e curandone la regia. Ho partecipato a concorsi di danza in qualità di giurata e preso parte a film e spettacoli teatrali. L’anno scorso la mia coreografia “Mia ombra di luce” ha avuto vari riconoscimenti in 5 differenti concorsi anche a livello internazionale. Ho lavorato in varie radio private genovesi tra gli anni 80 e 90. La mia passione per la scrittura nasce poco dopo aver imparato a scrivere. Avendo smesso di insegnare da qualche anno, mi dedico un po’ di più alla poesia quando gli impegni di lavoro e familiari me lo permettono. Mi piace ridere e scherzare in compagnia, per contro adoro trasferire su carta le mie inquietudini ed i miei pensieri chiudendomi in piccoli spazi fisici e mentalmente comodi.


Gabriella valera Le ombre nere dei boschi Qualche volta sognai le ombre nere dei boschi il vento sulle paludi e il silenzio di un paesaggio inerte. Me ne andai sbigottita dove mi dissero che il buio aveva coperto le tele dell’artista. (Da Gente della mia vita, Ibiskos Editrice Risolo 2004)

di tutto questo creato e intatto rimanga quasi disincarnato il mio silente accogliermi caduca che mi ha fatto fragile e buona. (Da Gente della mia vita, Ibiskos Editrice Risolo 2004)

Notte Notte più volte amata per la solitudine per la concentrazione dei tuoi silenzi per quel tuo maestoso volgere quando le ore si fanno buie e lente Ora che lungamente ti ho dato il mio antico pianto vorrei guardare in te lo specchio di un universo clemente Un uomo oggi ha perso. Non gli resta che supplicarti di non incrudelire anche sui sogni (Da “Le molte case dei miei ritorni”, Ibiskos Editrice Risolo, 2012, musicata dal Maestro Stefano Sacher per pianoforte viola e baritono)

Notte Imprigioni i miei pensieri nella tua luce cieca Notte Per questo ho cessato di amarti E’ successo Son tornata a guardare le stelle. Sono belle le stelle stasera e il profumo dei campi mietuti di fresco. Io appena respiro perché non mi prenda l’ebbrezza

Perché non mi concedi riposo così come sei straordinariamente bella e senza mistero Per questo ho cessato di amarti Perché non hai pietà per il giorno finito


né sai farti preghiera al cospetto delle stelle Tu, che più di tutta la luce solare contieni l’immensità dell’universo Per un attimo di aldilà Piena e splendente è la luna nel cielo d’agosto. Ma io, dimentica, scendo nel buio che avvolge, paga di tutti gli amori che amai con baci profumati, pensieri di lillà e fedeltà santa. Ora che non posso più amarli, né posso perderli, sfiorando la sostanza del tempo, per un attimo di al di là io sono eterna (Da “Lasciami danzare”, Firenze Libri editore, 2000)

Passi Passi sono Le lievi percezioni Che accompagnano il mio respiro Stasera Passi sono Da qualche remoto sogno Verso qualche remoto sogno Passi venuti da lontano A rendere smarrita la mi anima Di fronte al buio della notte Di fronte al cielo opaco e senza stelle Di fronte al silenzio Saprò io stare Qui ad accogliere Il venuto da lontano E muto Lasciarlo andare Ed ascoltare ancora Passi Che segnano il cammino Della sua ombra? Passi sono Della vita che va Nel cerchio della luce sopra il tavolo Fogli impuri di desiderio Arrestano il silenzio Di quei passi Da un sogno a un sogno.

Gabriella valera Storica, autrice di innumerevoli pubblicazioni scientifiche, con esperienze di lavoro accademico nelle più importanti università del mondo, professore fino al 2016 dell’ateneo di Trieste, fondatrice e direttore scientifico del Centro Internazionale di Studi e Documentazione per la Cultura Giovanile (iSDC). Ha pubblicato tre libri di poesie, presente in Antologie, tradotta in più lingue. Presidente dell’Associazione Poesia e Solidarietà (Trieste) promuove, tra l’altro, il Concorso Internazionale di Poesia e Teatro Castello di Duino (XIV edizione) e il Forum Mondiale dei Giovani Diritto di Dialogo (X edizione). Curatrice, nell’ambito di questi progetti, di mostre fotografiche e della Festa della Letteratura e della Poesia nonché del Concorso “Invito alla poesia”, tutto condividendo con il suo sposo, Ottavio Gruber, e con i soci di Poesia e Solidarietà.


Ottavio gruber Sternschuppe Heute ist wieder ein Tag, schön wie gestern. Und morgen? Werden helle Nächte verdunkeln, heiße Stunden erstarren? Eine Sternschuppe berührte mich heute Nacht. Ihre Bahn kreuzte kurz meine und blitzte. “Sternschuppe”

- Acquaforte/acquatinta di Ottavio Gruber

19 luglio 1995

Cometa - Oggi / è di nuovo / un giorno, / bello / come ieri. / E domani? / Notti luminose / si oscureranno, / ore ardenti / si pietrificheranno? // Una cometa / mi ha sfiorato / questa notte. / La sua orbita / ha incrociato la mia, / brevemente, / e il mio cuore scintillò.

Ottavio gruber … ufficiale di macchina nella marina mercantile ed elettronico delle telecomunicazioni; ha studiato disegno e pittura nella scuola steineriana di Pforzheim (Germania) nonché pittura a Trieste sotto la guida della pittrice Gabry Benci, partecipando a diversi seminari presso la Scuola Internazionale dell’Incisione di Venezia. Ha seguito per diversi anni i corsi di incisione di Mirella Schott Sbisà presso la Scuola dell’incisione “Carlo Sbisà” di Trieste, dove ha perfezionato l’uso di tecniche quali l’acquaforte, la ceramolle, l’acquatinta, etc. Ha esposto in mostre personali e collettive a Pforzheim (Germania), Slovenia, a Trieste e Muggia ( fra le ultime, a Trieste, una collettiva degli allievi della Scuola Sbisà nelle sale del Museo Revoltella, nonché altre collettive della stessa scuola presso le sale espositive del Museo delle Comunità Istriane, Fitke, Giubileo, Costanzi e TRart e delle personali all’Europalace di Monfalcone, presso la Sala Espositiva dell’Albo Pretorio a Trieste nonché presso la Biblioteca Statale di Trieste in concomitanza con la presentazione del suo libro di poesie “Colori primari”). Alla poesia è ispirata la sua opera grafica o dalla grafica nasce spesso la poesia.


Giovanna olivari IL BUIO AL DI QUA DELLA SIEPE

VISITOR

Amo il buio che conosco. Il buio al di qua della siepe. Il buio di casa mia. La casa dell’estate. La camera in cima alla scala. Ogni notte contro le zanzare notturne si va a dormire al buio. Ogni notte al buio chiudo gli occhi. Solo ad occhi chiusi il buio è buio. Solo con gli occhi della memoria attraverso lo spazio. Scala Ringhiera Stipite Porta Sedia Legno Velluto Ferro Voluta Letto. Mi infilo tra le lenzuola fresche. Apro gli occhi. Guardo il buio. E mi fa pro.

Me l’ero immaginato così fuori dal mondo fatto di luce e di leggerezza. Mi sei entrato dentro fino in fondo in me hai trovato un corpo e concretezza. Non conoscevi l’ombra l’hai imparata quella dei corpi se incontrano la luce. Mi sei entrato dentro nel profondo e nelle ombre mie hai fatto luce.

Giovanna olivari È nata a Genova dove tuttora vive e lavora. Scrive poesie, haiku, racconti, favole, monologhi, che si trovano pubblicati in diverse raccolte antologiche, e-Book , tra cui “ I quaderni di Erato”, “Voci di poesia”,”Luoghi di parole”, “Il Federiciano 2015” “ Divergentemente 2015” “Estemporanea” 2016, “Genova canta il tuo canto” 2015 ed Zona, “Essenza di un’isola”2017, a cura di Acqua dell’Elba e Io Donna, “Genoese Hours. Le ore genovesi di Henry James”2017 a cura di Beth Vermeer, “Binari InVersi2016”e “Poetando 2017” a cura di Roberto Marzano ,in riviste, tra cui “Illustrati”( settembre 2015, maggio 2016, marzo 2017) ed.Logos, ed inseriti in rappresentazioni teatrali. Ha collaborato col Circolo Letterario “Banchina”. Fa parte del gruppo di Poeti di Genova Voci e del Coro dei Poeti di Genova Voci. Ha partecipato e partecipa a numerosi eventi, spettacoli, reading, festival, mostre. Nel 2017 la mostra”Versi Sospesi: poesie di Giovanna Olivari su cieli di Mario Pellegrini”. Ha ricevuto diversi “attestati di merito”, “ menzioni” e “segnalazioni”. Nel 2015 ha pubblicato il libro-oggetto “INFERNO-INTERNO. Parole Immagini Emozioni” (trailer su Youtube): https://youtu.be/nFfQwhHU8Hg


Mario Pellegrini

Mario Pellegrini, elbano di Marciana Marina, vive a Nisporto. Appassionato di storia dell’isola e di fotografia, ha pubblicato nel 2010 insieme a Romano Bavastro il libro L’Isola d’Elba e il suo cuore generoso edito da Bandecchi & Vivaldi. In testa e nel cassetto, ma destinati prima o poi ad uscirne, una serie di progetti su vicende e personaggi elbani di tempi lontani, visti ed analizzati alla luce di originali documentazioni e approfondimenti.


Angela panno Scende la notte Scende la notte, al buio cammino a piedi nudi nella mia anima straziata da mille dubbi, mille pensieri, non so più se realtà o sogno. Ormai non ricordo più da quanto tempo la mia anima non vede la luce, quella luce che è dentro di noi, il buio, il mio amico, il mio compagno di vita. Eppure so che la luce tornerà da me un giorno e sarà luce d'amore, di sogno e tenerezza; forse per qualcuno, forse per me stessa, ma tornerà brillante e sfavillante più che mai, accecherà il buio che scapperà per sempre, non tornerà mai più.

Angela panno nasce nel 1963 a Taranto. Sesta di sette figli, Angela vive un'infanzia tra mare e

Arsenale, dove lavora suo padre. Diplomata in ragioneria, ha cominciato a scrivere intorno ai 50 anni. Ha ricevuto alcuni riconoscimenti nei concorsi a tema diversabilità e universo femminile. Ogni tanto, le piace scrivere qualcosa di nuovo.


Helen esther nevola 2 ESSERE SCALZI AIUTA ".. Invitami a bere un bicchiere di sole .." (Bira Robin Chopin) ...Pure se piove! Amo questa nostra consapevole colpevole ingordigia di inevitabile futuro dolore. Amo il masochismo dei sorrisi, mio e tuo, quando si incontrano e si vanno addosso. Amo anche l'aria prima dei temporali, se è per questo. C'è un piccolo demone spietato che spara petardi e non si addormenta. Ogni mattina in cui ti svegli e vesti quelle tasche piccole da cui ti scappano i diamanti e si frantumano in milioni di riflessi di te, come bolle di sapone, voglio esserci. E raccoglierne le tinte. E farne tovaglia per un picnic. Per strade dove la serenità è spaccata a ferire, passeggiano le nostre certezze a braccetto dell'approssimazione che beve e beve e beve. NOCIVA Ma ti sei vista come ti vedo io? Sei tutta nera lo stesso. Basterebbe toccarti con un’unghia per farti cadere. Sei opera d’arte messa sotto vetro da sé. Reimparare a sorridere, la tua opera sociale. Mi chiedi di versarti amore nei polsini, nelle palpebre, sul collo come profumo che non dà mai nausea. Mi avverti che un giorno ruoterò la manopola e fermerò il tuo chiasso. “Vorrai altre voci - mi dici a riempire i tuoi mattini grigi”. Entri in casa e dai musica alle pareti, agli spazi, ai tuoi fogli. Sei Nociva. Ti svegli ogni dì con una dichiarazione d’amore diversa in faccia. Dicono che si mescolano pelle, anima e ossa con quelle come te e che poi ognuno riprenda le sue. Ma ci dev’essere stato qualcosa che non è quadrato perché io ti vesto addosso e tu ti senti come una cui manca qualcosa. Devi aver dimenticato qualche pezzo in giro. Il vento lo lasci sbattere e sbuffare e fare boccacce sui vetri. Te ne stai sotto le coperte e chiudi gli occhi senza dormire. Un po’ come quando hai respirato con me ed il vento era il mondo tutto intorno.


SCACCO MATTO Siamo una folla e un solo nome ci sta stretto. [F. Pessoa]. E capì tardi che dentro quel negozio di tabaccheria c'era più vita di quanta ce ne fosse in tutta la sua poesia e che invece di continuare a tormentarsi con un mondo assurdo, basterebbe toccare il corpo di una donna, rispondere a uno sguardo [Le lettere d'amore - Roberto Vecchioni]

Entro nella stanza di vetro ogni volta che ti faccio ciao con la mano. Solo dopo mi accorgo che le pareti riflettono dentro per via della luce, sono specchi. Ne guardo i colori come fossero di sfumati diamanti e chiedo: che ci posso fare se mi innamoro in un secondo? che ci posso fare se m'innamoro anche del vento? Poi mi immergo nelle memorie ingrassate; sirene e acqua sul fuoco si scambiano gli accenti ed io ripenso a come da che lo conosco non sia più stata capace di parlar d'altro. Le ore insieme mi hanno fatto il nido in cuore e tornano e scappano mascherandosi da ricordi diversi di quel pomeriggio in una brutta città. Magari questo tempo stesse qui: tutto sotto vetro, a farsi guardare; manciate di polvere magica che per riviverla una capriola a testa in giù potesse bastare. Invece s'allontana, scivola e poi ritorna e mi lascia intera fino in fondo alla sera e poi a scegliere gli attimi e sciogliergli le catene e tentar di rimuovere le frecce impreparate che han fatto centro senza bersaglio, persa nel rigirarle in testa si può dir in eterno. O almeno quel po' di anni che m'han concesso e la clessidra sbriciola uguali mentre ci sono date che iniziano all'alba e giorni che son tutti di notte; ci son quelli di lei che adesso mi parla insieme e quello di oggi, con il caffè non preso divenuto sparviero gracchiante col becco vuoto. La chiave per i segreti del mondo ce l'avevamo sempre avuta qui, sotto il tappeto dove si va a infilare la polvere.

E' tutta la vita che dico che vorrei fare l'amore con un vicino di casa, ma sbaglio forse sempre indirizzo dove costruire mura sottili, dove mettermi ad abitare. Ma pure se, come dite, non mi avete presa in giro con quest'illusione assurda che la vita sta lì fuori che m'attende, il cappotto non lo metto, sento freddo, forse piango. Tengo pronto il divano per potervi accompagnare tutte quando, prima una, poi l'altra, a volte due per mano, busserete alla porta piano piano. E non gridate giù in strada, per chiamarmi, ché non s'accorgono mai, ma se dovessero per caso vedervi, nel silenzio vuoto che loro non riempiono di vernice, si lamenterebbero del fastidio, tutti i bei fantasmi. Sul pianerottolo tra scatoloni e scatoloni pensano di aver in mano le conquiste d'una vita, gli operai ubriaconi. Non sbagliate porta, voi, distratte. Venite pure a me e beviamo forte perché siamo vicini, eppur da me sembra che tutto sfugga e per tenerlo dentro non basta né lo Scotch, né il bicchiere. Ballatemi intorno, non siate caute, perché possa dimenticare. Sedete qui a conversare, ma diciamoci poco di questi segreti che san tutti, pesci che ho pescato. Che li avessi già sugli scaffali di questa stanza - che lo vedete come ci abbracciano, - tra consumi e costumi, l'ho capito dopo. Che poi, ve lo confesso schietta, a me di queste grandezze eterne non m'importa d'altro del tentare di sapere di una goccia di pianto sul suo volto; del provare a capire la punta del sorriso suo timido o spavaldo; del dire e dire di dita soldatine a trasportar la penna morta dentro il ghiaccio e giù nel caldo.


Ma io m'arrabbio inquieta quando i miei amori non partecipano al gioco, stanno enormi e fermi con la pancia grossa e la bocca aperta, sbadigliando, senza ch'io li possa raccontare, seppur sarebbe bello sentirli già cantare. A quell'uomo, lo sapete, ho scritto migliaia di parole, mentre quegli era tutto intento a vivere il suo mondo ed in nessuna della mie lettere, mi rendo conto, ce n'era il senso più profondo. Lui mi sapeva al porto, nella mia tabaccheria sognante, dove mi curavo dell'attesa piena di luci, dei colori, del gesto che avrei fatto, delle vesti e di come pronunciare il buongiorno prima che se n'andasse, mai del fatto che non fumasse. Cento volte credemmo di avere sbagliato, impaurite all'idea di dover per forza compiere gli ultimi tre giorni per arrivare a posare gli occhiali. Cento giorni è arrivato e in sella al fremere delle foglie sulla vetrina di fuori, non lo guardavo in faccia, non gli vedevamo in mano quel niente che qui comperava invano. I miei trucchi me li tengo tutti, venderemo ancora pacchetti per salare la neve senza scivolare, non cambierà ancora niente, lo saprò vedere, ma lasciatemi alle unghie lo smeraldo su cui chiedere, in preghiera, che anche se il verso è storto e sparso, esso sia puro come alcool al bancone. La primavera non bussa: ogni volta il mio principe ubriaco è entrato sicuro nella mia libera porta indifesa, ha segnato, chiedendo il permesso solo ai rami. Guardi, principe, non è vero che il gabbiano s'è mangiato tutti i fogli di grano che ho seminato in terra come segnali stradali. Sì, ha sempre e ancora fame, ma ha volato e volato. L'ombra tra me e la Madonna mi fa giocare con le mani a creare storie e affezionarmi a me, alla follia saetta che corre addosso e torna dentro mentre sogno, mentre invento. Poeti e appassionati come bruchi dentro pagine, scrivendo di buchi il diario proprio e intanto cercando, cercando. Cercando l'inclinazione giusta per star ancora all'ombra. Inudibile rimorso è il vostro vezzo, ragazze mie, siete brave così come viene anche se non so quante siete e non vi conterò neanche alla fine. Non vi conosco, ragazze, eppure resto su questo divano sgombro, dove mi siete care, ma non mi fate paura. Anche lui voglio aspettarlo dentro una tuta da operaia in cui sto bene. Il capo mi paga a giornata, per ogni ora che vivo. Ci sono quelle piogge cupe in cui penso di traslocare e inerme e disperata grido alla finestra che il principe non saprà mai dove ho casa. Poi mi faccio reduce incline a vincer stanchezza di spada. Poi prendo il pigiama come divisa per volare più veloce in fantasie più distanti. E poi sto lì a guardar le mie serrature senza spolverarne il sogno, il mito, il tempo nuovo in cui aspetterò ancora il suo pugno inutile verso una porta aperta dal fatto che è primavera d'istinto e mazzo di carte sul piatto. Gli ho dato tutto ciò che non serviva, non la nostalgia o quel che lui voleva, né forse ciò che bene vestiva. Mentre rifletto, m'avvolgo nell'odore di tabacco e incenso tutt'attorno. E c'è carta da lettere nel retro e qualche penna da regalare a mani capaci di creare quando, annegate nell'ombra del presente, le parole gli diventan vizio da non sapersi negare, quasi gesti per farsi intuire. C'è come una geometria strana nelle ossa sue e mie quando nell'abbraccio si fondono e finiscono in un quadro composto, compiuto. Guadagno un'altra ora: non inchioderò il principe al pavimento per poi piangergli in grembo. Se vorrà potrà andare, rimanendo comunque mia poesia.


Roberta Elena Murgia CARILLON Nevicava sulla nostra notte. Una notte di stelle di cartapesta, Dipinte di colori pastello. Nevicava sulla nostra vita Riflessa dal mio viso, D'un anno più bello. Si posava tutto così senza tempo, Sulla musica che mi avevi regalato E sui fogli che mi avevi scritto... Ma continuava a nevicare. Sempre più fitto, senza più freddo Eppure così emozionante. Abbiamo acceso le tenebre Con i nostri timidi rossori E la neve ci copriva interamente, Allora, Tutti e due, insieme, In una notte di dicembre Sotto la neve di una bolla di vetro. HO PERSO UN ANGELO, L'HA RIPRESO IL CIELO Mio piccolo giungo sottile e stanco Spezzato dalle piogge di marzo. Sono il tuo contenitore d'amore, Riempito goccia a goccia dalla tua profonda saggezza, delicatezza e forza. Mia grande quercia secolare Che mi scruti dal tuo immobile giardino senza tempo, Austera, ritta eppure così amorevole, moderna, poco rispettosa e coraggiosa; Donna d'altri tempi in questo giorno speciale. Tu, il mio faro nella nebbia La mia acqua nel deserto La mia stella polare La vita e la morte La gioia e il dolore La presenza e l'assenza Sanguigna Pura Trasparente Sangue del mio sangue Tu, Presente eternamente come un pugnale Sigillato nel mio petto, Sarai per sempre mia Ed io Per sempre tua. Buon viaggio Angelina


LIBERA USCITA Gorghi profondi, risucchiano la mia calda anima, Come scuri spiriti, chiamati dal regno dei morti. CRISI D' ARIA. Soffoco assieme ai miei desideri, è un'esplosione di pelle, Una ricerca di ossigeno puro, Di cose solo mie da scegliere con me E da dividere con nessun' altro. E' un viaggio senza testa E' un corpo senza gambe Con mani troppo grandi per non arrivare. E' un muro duro Ma poco spesso da non attraversare Volo con la proiezione della mente Ma mi sollevo con i piedi nudi. L'aria trapassa il viso, Nulla ha più confini Né umani Né divini; E' la vita è... LA LIBERA USCITA! STABILITA' Mi turba ogni cosa. Mi turba la goccia che fuoriesce a stento dal rubinetto E il rumore che fa pieno e inetto Mi turba la bottiglia riempita fino all'orlo ed oltremodo quasi vuota con il tappo aperto Mi turba il limite dell'asfalto e ancor di più il prato, limitato dall'asfalto Mi turba il cielo colmo di nuvole bianche come fosse un lenzuolo Ed oltre modo mi turba l'assenza di bianco nel cielo cinerino. Mi turba il cambiamento nel mezzo del cammino E più di tutto, mi turbi tu, che in tutto il percorso non sei per niente cambiato.

Roberta Elena Murgia in arte R.E.M nasce a Moncalieri (To) nel 1974, il liceo classico e poi l'Università, ma la voglia di scrivere esiste già a nove anni. Nel 1996 una pubblicazione al salone del libro di Torino.


Francesco gallina La Luce e il Buio

Il Natale è alle porte, e in parecchi luoghi della Terra, sono in corso i preparativi per la gran festa; malgrado ciò, ci sono molte persone che a causa dei propri errori stanno ancora soffrendo. Alcune vorrebbero cambiare il corso del loro destino attraverso delle buone azioni, ma il timore perpetrato dal senso di colpa ormai ben radicato nella loro coscienza, non gli consente di trovare il coraggio per compiere il primo passo; altre invece, malgrado siano riuscite a porre rimedio ad alcuni dei loro sbagli, sono rimaste deluse da ciò che hanno ottenuto e sono tornate a nascondersi nell'ombra. Soltanto lo spirito della Luce può salvarle prima che abbia inizio il grande evento, ma per riuscirci, dovrà chiedere aiuto all'unica entità in grado di oscurare il destino di ogni essere vivente. I due spiriti si incontrarono in un luogo appartato e nel contempo meraviglioso, nel centro stesso dell'universo, dove non è concesso il caos ma soltanto il silenzio... - Perché mi hai chiesto di venire qui, sorella mia? - Perché ho bisogno del tuo aiuto. - Ti sei forse scordata chi sono io? - No, fratello. Lo so bene. Tu sei il Buio, l'essere al cui interno si celano i segreti e i tormenti di tutti gli esseri viventi. -


- Bene. Allora dimmi, quale aiuto posso offrire alla Luce? - Devo salvare tutte quelle persone che sono state vittime di se stesse. - Ah! Che idiozia stai dicendo. Se sono finite nel mio regno, è perché l'hanno voluto. - La vita non è così semplice da interpretare, esistono diversi modi di pensare... - Ma soltanto alcuni di questi, possono condurti a compiere certe azioni. - Si, infatti... Ti prego fratello, ascolta. - Son qui, tutto orecchi. Avanti parla, cosa aspetti? - Tu sai bene di chi sto parlando, conosci tutti quelli che stanno al tuo comando. - Si, e allora? - Le persone che voglio salvare non hanno scelto di vivere nell'oblio, alcune circostanze le hanno condotte al tuo cospetto. - E tu credi che basterà il mio aiuto per cambiare il loro mondo? - Ne sono certa. - Vuoi che disturbi il loro sonno, far dimenticare loro il piacere dell'abbandono a cui hanno affidato le sorti della loro esistenza, e far si che tornino a credere e a sperare? - Si, per questo chiedo la tua comprensione. - E se non volessero accettare, se si trovassero bene nei loro angoli bui? - Ne dubito, fratello caro. Il loro è un infelice esilio tra le pareti dell'oscurità. Se mostreremo loro la via della redenzione, vedrai che la seguiranno. - Mi chiedi un grosso favore... - Le persone di cui parlo non sono tuoi discepoli, e mai ti apparterranno. In passato hanno fatto del bene attraverso la bontà del loro animo. Se non le aiuteremo, finiranno col soffrire le pene dell'inferno. - E se un giorno dovessero fallire? - Lo sai bene, che la speranza è l'ultima a morire. - E così sia, sorella mia. Ti concederò ciò che mi hai chiesto. I due spiriti si abbracciarono e si strinsero la mano, accettando entrambi di rispettare i limiti del loro antico arbitrio. Il giorno seguente, tutte le persone di buon cuore celebrarono il Natale con gioia e armonia, e alcune di loro, ritrovarono la pace che avevano smarrito. Francesco gallina nasce a Torino nel 1971, fin da bambino dimostra una grande passione per tutto ciò che rappresenta il fantastico. Frequenta l'accademia Albertina di Belle Arti realizzando alcune mostre, ma la passione per la letteratura fantastica lo condurrà a perseguire uno dei suoi desideri più grandi: scrivere racconti, ispirandosi alle molteplici considerazioni che ha del mondo in cui vive. I suoi racconti finora sono stati inseriti nelle seguenti raccolte: micro NASF pubblicate da AssoNuoviAutori.org, nelle collane antologiche: BReVI AUTORI pubblicate da www.BraviAutori.it, e su altre due antologie: FELICEMENTE HORROR di A.A. V.V. e I Figli di Cthulhu pubblicata da EF LIBRI. www.facebook.com/FrancescoGallinaloscrittore


Enrica gugliotta

Novembre : Novembre se ne andrà Con le sue nebbie E le sue piogge Lasciando Un po' di malinconia Nel cuore .... L 'ultima foglia d ' autunno cadrà E un tappeto di foglie bagnate Gialle come il sole Scalderà il mio cuore ! D ' amore Cammineremo ........... Io e te mano nella mano Senza cadere Sarà freddo Ma i nostri Cuori si Scalderanno ! Le giornate buie e grige di Novembre Passeranno ! Il vento porterà via le piogge e le nebbie ........

La stella cometa La intravedo Oltre la montagna I Remagi arriveranno Oro incenso e mirra Porteranno Gesù nascerà Come ogni anno Nelle nostre case La sua luce Invaderà i nostri cuori E forse per un giorno Saremo più buoni Questa sera Il gelo di Novembre Ci fa tremare Ma è quasi Il Santo Natale

Il dolore : Solo l ' amore Lenisce il dolore ! E il tempo cura le ferite .... Nel cuore restano Solo dolci ricordi ! E le lacrime si asciugano Come per magia ..... Come quando Spunta l ' arcobaleno

Dopo la pioggia ... E tutto splende E tutto tace Via il dolore .... Le lacrime appartengono A ieri ... Oggi ho nel cuore Solo amore ! Oggi nel mio cuore È inciso il tuo nome Amore mio

Grigio su grigio Di un Novembre Piovoso E uggioso ...... Senza parole E rumore Nel tepore Delle quattro mura T ' aspetto ....... Amore ! I vostri sorrisi Illuminano I miei giorni D ' infinito amore

Enrica gugliotta, nata a Genova il 7 Maggio 1977. A 12 anni ho iniziato a scrivere poesie. Nel 2002 sono entrata in semi-finale al Festival internazionale di poesia La città dei poeti. Nel 2002 hanno pubblicato la poesia la città nell'antologia del festival la città dei poeti. Nel 2007 ho pubblicato la mia prima raccolta di poesie dal titolo: Diario dei pensieri notturni. A seguire: Il risveglio, La rinascita, Gocce di poesia, Emozioni, Sogni ad occhi aperti, Scatti e versi, Poemys, La mia seconda vita. In preparazione: 40 anni in versi. Biografie : Breve vita romanzata di Eugenio Montale, Breve vita romanzata di Alda Merini, Le poetesse liguri. 15 antologie poetiche, Ebook vari, eventi poetici, un calendario un cd musicale, video su YouTube.

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Renato Fiorillo Ad Antonio

Sei partito all'improvviso ... senza salutare in età prematura ... lasciandoci stupiti e sgomenti. Sei andato via per il tuo ennesimo viaggio ... il più lungo e senza ritorno denso di incognite che fanno paura ... che tutti, prima o poi, dobbiamo affrontare. Sarà la fine di tutto ? La speranza che ci sostiene nella vita terrena ... svanirà nel nulla ? Da agnostico qual sono, non posso dare una risposta certa. Nonostante ciò, mi piace pensare che quando sarà la mia ora sospeso nello spazio intergalattico, sarai là ad aspettarmi ... mi dirai : " vieni, ho una miriade di storie da raccontarti ".

Renato Fiorillo è nato a Carrara (MS) il 12/07/1958 e risiede a Chiavari, nel golfo del Tigullio in provincia di Genova. Proviene da una famiglia dove scorre la vena poetica: la sorella Annalisa, lo zio Salvatore si sono più volte cimentati nell'arte di comunicare sensazioni e immagini attraverso le parole scritte. Iniziò a scrivere da ragazzo, cercando di esprimere sulla carta i suoi pensieri.Per anni ha tenuto custoditi i suoi scritti, che affrontano spesso tematiche sociali di rilievo, rendendoli partecipe a pochi intimi. Usa termini semplici, ma molto incisivi, con forte potere descrittivo. Scrive di getto e l'ispirazione gli permette di farlo in breve tempo.Con il passare degli anni, le sue capacità di scrittore si sono affinate e la sua maturità di poeta si riscontra nelle ultime poesie.


Marcella saggese Fragole bianche

come un punto lontanissimo poi ancora acqua e mari lontani

Una grotta buia

“Terra, Terra”

riecheggia un’ eco lontano

il desiderio di toccarla

distorce parole

e tornare uomini

non si capiscono si perdono

in piedi, contro gravità

non arriva la luce del sole come fragole nascoste sotto le foglie

C’è un dosso in quella strada

non maturano rimangono bianche Bisognava pensarci prima

C’è un dosso in quella strada

prima che si perdessero i ricordi

che ti fa entrare nel buio

le emozioni i piaceri i dolori

la notte lì intorno

di te bimba fra braccia sicure

il silenzio degli alberi neri

che han lasciato quei segni

le luci si fanno lontane

era una storia lunga

la luna ti prende lo sguardo

ora è tardi manca la memoria

e subito ti senti più in te

Vicino a te fra le nuvole

Paura

Nubi come soffici cotoni

Come carboncino

spume d’albume

tirato con il polpastrello

11mila metri d’altezza

si stende un velo di nero

l’alto di sempre diventa basso

sul tramonto

lì sotto i tuoi piedi

quasi a trattenerlo

vicino a te fra le nuvole

a smorzare quei toni accesi

ore azzurre sopra l’oceano

di una giornata

un icerberg bianchissimo

alla fine della sua luce


Non ho trovato rimedio

Pulsazioni

alle mie ombre pensieri e sogni si accavallano

A volte il cervello pulsa

e la mente si confonde

pulsa come un cuore in salita

un velo di grigio li unisce

a volte il cervello diventa cuore

non rispondo a te che mi chiami

si trasforma

“ Marcella, sei tu? Non puoi aspettare,

comincia a battere

apri,apri ...”

batte e non fa relazioni

Qualcosa mi tiene, forse è paura,

batte e non esprime pensieri

sempre la stessa

batte, trova emozioni e raccoglie dolori

quella di esserci

troppo spesso le circonvoluzioni

e poi di scomparire

diventano arterie muscolo cardiaco spauriti riferimenti,finimenti in balia dell’accento della valvola mitralica

Mi chiamo Marcella saggese, sono nata e vivo a Torino. Sono una neuropsicomotricista dell’età evolutiva e lavoro presso l’a.s.l. to2, scrivo da parecchi anni sia poesie che racconti. Ho partecipato a parecchi eventi poetici tra cui quelli di Settimo Torinese per “Poesia Vagabonda” e ad alcuni Poetry Slam. Ho pubblicato su varie riviste e libri collettivi. Nel dicembre 2015 è uscito il mio primo libro di poesie “ Madre per sempre” pubblicato dalla casa editrice Achille e La Tartaruga. Ho presentato il libro presso vari Caffè Alzheimer a Torino e provincia. Nel 2016 e nel 2017 ho partecipato a vari reading di poesia organizzati dall’Associazione Culturale Due Fiumi di cui faccio parte come socia.


Sandra de felice DIPINTO DELL’ AURORA del 2 Novembre 2014 h: 05,40 Nuvole purpuree…pennellate di rosa dalla timida aurora guardo, nuvole soffici che ricamano con fili argentati lembi di cielo sospesi, fin dove l’orizzonte svanisce dai miei occhi incantati, fin là….dove il sogno finisce…

EMOZIONE AL CREPUSCOLO del 18 Gennaio 2015 E sono canto suadente spiegato nella brezza marina, una nuvola soffice che al limite sovrasta l'orizzonte infuocato, un sogno impetuoso di luce acceso che trapassa l'oblio.... E sono lacrima d'amore versata in questa eternità che mi appassiona, nell'incanto tutto intorno sono un infinito, adagiato sul tappeto rosa del crepuscolo che acceso cattura il mare e purpureo lo riveste...


AL TRAMONTO 21 novembre 2015 h: 22,00

DIPINTO D'ESTATE ( Campagna ) 21 Giugno 2016

Immutabile ogni giorno si racchiude in un tramonto, in autunno si raccolgono le ore in un gomitolo rossastro di tacite emozioni... Al calare della sera si ravvedono i pensieri e nelle sfinite sensazioni si odono i sospiri a placare le innamorate anime...

Ho nel cuore e tra le braccia manciate di spighe di grano dorate e fiori di campo profumati, le margherite bianche tra i capelli nelle corse affannate nei campi allineati e i piedi scalzi...bagnati nel torrente.... Ho negli occhi all'orizzonte gialli covoni di paglia nelle zolle di terra bruciate dal sole, nell'attesa bramosa della fresca pioggia d'estate....

LA NOTTE

DIPINTO DELLA NEVE Gennaio 2017

La notte mi avvolge, mi ammalia con i suoi segreti E con la sua magia... Il suo profumo intenso ha il profumo della tua pelle, i suoi rumori ovattati sono i battiti del tuo cuore. La notte mi strazia, la notte mi sfinisce e mi abbraccia con tenere illusioni, mi colma di divampante passione, la notte mi protegge con il suo silenzio... Nello splendore della luna la notte sconvolge le emozioni deforma la realta' e riflette le immagini... La notte ti cerco. Non ci sei. La notte piango. La notte l'idea di te mi fa impazzire

Affondo i miei occhi nella coltre bianca che incornicia l’intorno di incanto… Vieni…entriamo mano nella mano in un sogno invernale, cullati dalla magia della neve che scende dipingendo il candore della nostra passione… Lungo il sentiero innevato lasceremo impronte leggere e i nostri baci d’amore come le rose d’inverno sbocceranno sui steli di cristallo… Vieni….entriamo nel sogno, tra i tetti e i rami imbiancati, nel cielo soave che ammaliato risplende….

Sandra de felice è nata a Scafa (Pe).Vive e lavora a Pescara. La sua opera prima il libro di poesie d’amore “Frammenti di luna”è stato pubblicato nel 1998 dalla Casa Editrice "TRACCE" di Pescara. La sua opera seconda il libro di poesie “Trasparenze” è stato pubblicato nel 2011 dalla casa Editrice Aletti.Con la stessa pubblica poesie in numerose Antologie. La piu' prestigiosa è L'ENCICLOPEDIA dei Poeti Italiani anno 2009 che .raccoglie tre Poesie di Sandra. Nel 2014 ha partecipato all’ Antologia “ Vortice” con un componimento di poesie intitolato Il Mare, gli amanti e il poeta”Per la “Casa Editrice “ Pagine” ha partecipato alla realizzazione della Collana Riflessi 2014 con una Raccolta di poesie dal titolo ” Bagliori Autunnali”.La sua Terza Opera di Poesie dal titolo "DIPINTI POETICI" è stato pubblicato a Marzo 2016 dalla Casa Editrice ERMES Servizi Editoriali Integrali S.R.L.


ROSANNA FRATTARUOLO IL CORVO Anche il corvo nero come la notte si arrende alla meraviglia del nuovo giorno. Trame corvine s' intrecciano con l'ordito porpora di cielo. Rami di pioppo sfogliati su ogni lato trattengono rossi i pigmenti sulle mie piume FRAGILITA' Al buio tutto appare più chiaro. Si stagliano odorose di nettare le mie più recondite fragilità. LUCE Voglio una possibilità di felicità un grappolo di sole ad illuminare l'incavo della mia mano non più vuota ma sazia di luce. Anche domani spiluccherò quanti di luce dall’iride del giorno per vincere il buio e la convinzione radicata di essere morta il giorno che mi hai lasciata. ROSANNA FRATTARUOLO, pugliese di origine, vive a Manfredonia fino a trent'anni, ove consegue diploma di ragioneria e poi Laurea in Economia. Dopo la laurea, si trasferisce a Cuorgne' in Piemonte dove tuttora vive, occupandosi di consulenza fiscale. Appassionata d'arte, dal 2002 comincia il suo viaggio nella poesia e nel 2011 pubblica, assieme ad altri autori, alcune poesie su una pagina dedicata del Il Mattino di Foggia. Alcune sue composizioni sono pubblicate in antologie e blog letterari. Nel 2017 comincia a scrivere piccoli racconti per bambini, partecipando all'antologia Incantevoli storie di Luna. Vincitrice, sempre nel 2017, del VI concorso nazionale "LunaNera" Mosaici, pubblica la silloge poetica "Fragile". Presente sul canale Mitico channel nella rubrica Immagini & parole curata da Rosanna Spezzati, pagina intitolata "Un'ora" . Diverse le partecipazioni attive a reading e collettive artistico-letterarie di pittura, fotografia e poesia.


Loredana Borghetto MARINA

ALBA D’INVERNO

sulla giacca.

Il buio si sfascia senza fretta. Una pennellata di grigio stinge un angolo di mare e di cielo là dove il sole sorge pallido come un narciso. Poi sguscia come miele denso tra le dita perlacee del mare che s’indora, sfarina luce sulle vele che sfilano stanche, pesanti di silenzi salati.

Un rossore liquido macchia la purezza dell’alba d’inverno. Una luce fasulla come olio fine macera le ore che si sciolgono in un tramonto di fuliggine raffreddata.

Li troverai impolverati quando cercherai tracce del tuo inizio per capire ciò che sei stato.

TEMPESTA Ombra e luce acqua e sete freddo e febbre silenzio… affogo in una tempesta di vite polverizzate che danzano con me nello spazio infinito del nulla cerco aria fresca si consuma in fretta cerco acqua pulita diviene presto torbido stagno. Cerco la voce di un dio nascosto da qualche parte silenzio… cambio direzione la tempesta si adatta al mio passo. Non vedo sole né luna non la scia disegnata da una lucciola. In un cielo di bachelite solo questa tempesta che polverizza speranze.

TEMPO BEFFARDO In quella miniatura di cielo dove il gufo sfiora il gabbiano e il presente sa già di futuro giro le spalle alle ombre abbandono gli stracci che odorano di passato entro in un tempo nuovo che illumina barche sfiancate da notti di veglie. Cerco inchiostri diversi per riempire pagine vergini. Ma il futuro ha un’aria beffarda riscrive i capitoli di un romanzo già letto riporta oggetti smarriti di un passato che non se ne va. TRACCE Il tuo cielo è conteso tra le ultime stelle e l’aurora di un giorno sconosciuto che ti affascina, non si stacca l’infanzia mentre cerchi di capire ciò che ancora non sei. Sorridi a questo cielo nuovo ma prima di spogliarti di ingenuità e stupori nascondi favole nelle tasche ricama sogni

IL RUMORE DELL’ABBANDONO Trascino la notte senza un briciolo di sonno da conciliare mentre il rumore del mio attendere rimbalza sulla pelle. Ho paura di questa notte imperturbabile che ha il colore dell’abbandono. Tra coperte solitarie aspetto il suono di una carezza che germogli i sensi svelando segreti e baci trattenuti. Ma anche questa notte scivolerà in un giorno illuminato di solitudine. SOSPIRO DI RESA Quando l’eco di sbadigli trattiene ancora calde sensazioni raccolgo i pensieri dell’ultimo sonno stringendo avventure fra le dita. Mentre la luce incerta indugia all’orizzonte e il sole e la luna si sorridono mi scalda l’illusione che asperità si levighino che divergenze convergano. Sfolgora di cose buone il giorno che incede vestito dei colori dell’alba

ma poi si spoglia lentamente indossando il mio sospiro di resa.


Ora che ho smesso di avere paura Ora che ho smesso di avere paura ora che ho abbattuto argini e steccati e abbandonato ogni zavorra al limite della foresta disarmata cammino verso il centro del labirinto per bere alla sorgente che dissolve le tenebre per raccogliere echi di suoni sconosciuti. Ora che ho smesso di avere paura non guardo l’intrico di rami che oscurano il mio sentiero non sento la forza di nodose radici che mi vogliono prigioniera di putride foglie tra dissecate spoglie di insetti e ragnatele vischiose. Ora che ho smesso di avere paura seguo tracce che conducono in spazi nuovi dove gli uccelli cantano profezie da svelare dove il vento sfiora la mia immagine smarginata prima di ricomporne i frammenti sparsi in un tempo deformato. Mentre si allontanano sfocate figure placo l’affanno regolo il respiro

proseguo più leggera il cammino dimentico la strada del ritorno. Continua la terra lentamente a girare intorno al sole e io ho smesso di avere paura.

Quando la vita si distrae Quando la vita si distrae all’ombra di un profumo ti adescano discinte meretrici accarezzano i tuoi pensieri ti spogliano del fresco vestito per avvolgerti in smagliate trame di un tempo sparpagliato in attimi irrequieti d’impudica castità fiori di campo che reclinano il capo al calar della sera. Contorni indistinti e corpi vivi, smarrimenti e perdite ansie e stordimenti… Non hai più voglia di ricordare ti rivesti del tuo abito non più fresco riprendi la corsa con il tempo alla ricerca di altri fiori da raccogliere di altre farfalle da rincorrere nel tramonto che contiene tutti i colori e i profumi dell’alba.

Loredana Borghetto Sono venuta alla luce in quel di Treviso ed ora mi illumina la stessa luce che accarezza le Dolomiti. Nell’attesa che mi avvolga l’ombra (spero il più tardi possibile!), di tanto in tanto scrivo poesie, alcune delle quali sono apparse in varie sillogi e pubblicate dall’Editore Urso in due raccolte: “Anch’io sento quel canto” e “Vite in cammino”.


Emilia Fragomeni UN’ALBA NUOVA Un altro giorno sta aprendo la sua pagina sui misteri del tempo. E’ un giorno normale, di speranza controvento. Soffia leggero sulle verdi foglie la voce del vento, sussurra all’anima i pensieri del mondo. Io assaporo il giorno dalle alture, dove l’estate a picco sugli ulivi accoglie piccole ali di cardellini. Da qui si vede il mondo e tutto ciò che appare nel cielo aperto, l’aurora che discopre il desiderio di spalancare il sole e l’universo. Una cascata di rifrazioni attente avvolge questo ingresso nella vita. Si fa vento di folgori nell’anima, che in quei raggi discioglie un lungo velo, che affonda dentro abissi di sereno.

Si vede, oltre il visibile, qualcosa: inesistenti spazi, veli di nubi sciolte, soffuse di remote nostalgie, ali di carta che, palpitanti, soffiano nell’orbita del cielo. E’ questa un’alba nuova che si specchia sui sentieri del mare. E ci ghermisce l’ombra dell’istante: un piccolo frammento d’infinito, che custodisce i semi del mistero. E un nuovo sogno rinasce in cima al mondo e mette tra le nuvole un sorriso, una parola al nascere del vento, ali d’uccelli a costeggiare il cielo, sussurri d’erba tra passi leggeri. Tutto il mio corpo è teso, attende, ascolta, nell’ombra che s’affolla tra la luce, ad annegare in cielo trasparenze. Emilia Fragomeni, nata a Siderno

Marina (RC), vive a Genova dal ’66, dove si è laureata e ha insegnato Lettere Classiche. Socia e membro del Direttivo del “Corimbo” di Genova; socia e Accademica di numerose Associazioni Culturali in Italia e all’estero, si occupa anche di critica letteraria e di giornalismo. E’ membro di importanti giurie di premi letterari e promotrice di manifestazioni culturali. Collabora, anche mediante articoli e scritti, con le Comunità Libere e con le Associazioni Antimafia, con l’obiettivo di un riscatto dalla paura, dai soprusi e dalla violenza, seguendo lo slogan “Non limitiamoci a sperare, organizziamo la speranza!”. Scrive poesie e romanzi sin dall’adolescenza. Partecipa a concorsi nazionali ed internazionali, affermandosi spesso nelle prime posizioni. Ha vinto più di trecento concorsi, sia per la poesia che per la prosa. Ha vinto anche il I premio assoluto nel “Certamen” di poesie in latino e un I° Premio per il giornalismo. Ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui:“Il Trofeo Medusa Aurea” della Presidenza del Consiglio, il titolo di “Poeta d’Italia“, l’Oscar della cultura Italiana, l’Oscar della Cultura Europea, il titolo di “Cavaliere della Cultura”, il Premio per la Poesia per la pace “G. La Pira 2006, 2010, 2011”, il Premio Mondiale “Nosside” 2012, ecc. E’ Ambasciatrice della poesia “Nosside” nel mondo. Le sue poesie, le sue opere di narrativa e le sue critiche letterarie compaiono in numerose antologie, riviste letterarie e culturali e siti Internet; la sua biografia, con note critiche sulla sua poetica, compare anche sull’Enciclopedia degli Autori Italiani e sul “Dizionario della Cultura Europea. Ha pubblicato vari libri di poesie, tra cui “Alba sul mare della vita”, I ed. “I fiori di campo”, II ed. “Ed.“Tigullio-Bacherontius"e “Il respiro del tempo”, casa ed. Montedit. “Lacci di vita”, ed. Vitale,"Il senso della vita", narrativa e poesie, edito da Carta e Penna, 2017. Altri libri, di poesia e di narrativa, stanno per essere pubblicati. Opera di Tesauro Art Art, "Marine" Olio su tela 60x80 spatola


Veronica liga СВЕТЛО-ТЁМНОЕ ВИДЕНИЕ (ПРИСНИЛОСЬ В ПИТЕРЕ) При желанье здесь столько света, в каждой щели - по педагогу, что спешат тебе на подмогу, предлагая свои билеты (лотерейные, на поезд в счастье) Только боль так и не проходит, верным другом она с нами, и страданье всегда в моде, гордо поднято ее знамя И любовь все равно жалит, Даже если она свята, Даже если детей нарожали, Перемешивая яд с мятой... UNA VISIONE IN CHIAROSCURO (Sognata a San Pietroburgo)

Volendo qui c’è tanta di quella luce, In ogni fessura si cela un maestro Che corre in tuo soccorso Proponendo i suoi biglietti (da visita – di lotteria – per la felicità) Eppure il dolore non passa mai, Ci resta accanto da un fedele amico, E la sofferenza non passa di moda, Vola in alto la sua bandiera E l’amore comunque punge, Anche se è sacro, Anche avendo partorito dei bambini, mescolando il veleno con la menta...


Caro buio Caro buio, Cerco di non pensarti Mi bagno nel mio amico Sole Ma la luce non filtrata è bianca senza colori, Le cose si fanno piatte per non lasciare le ombre Caro buio, fitto, impassibile, che assorbi i miei raggi e chissà che ne fai Forse non sai essere diverso Come io, creatura solare, Posso essere tenera o scottante, splendente o fragile, ma mai distante, fredda, misteriosa Caro buio, Chissà se anch’io ti manco?..

E di nuovo il vento porterà la terra, e su questa terra cresceranno i fiori nascondendo il gelo permanente dagli occhi estranei – Esattamente come fiorivano profumando del rifiuto del dolore e credendosi padroni di casa i fiori che ad un tratto ha calpestato il ghiacciaio tornato.

Mabon (L’equinozio d’autunno) L’oscurità è nera come la foresta nera, il tè nero, il vino nero, il pepe nero, il cioccolato fondente, il caffè ristretto – Provala, è buona!

Lanciati – non ti perdi! Queste scatole nere nella scatola cranica queste scatole cinesi non le puoi boicottare: Più chiudi gli occhi e più le vedi! Coraggio, scarta questo regalo, la sorpresa che fai a te stesso: Hai gettato a lungo distrattamente i semi – Raccoltamente ora Raccogli!

Un saluto ai tuoi demoni Un saluto a tutti i tuoi demoni che non c’entrano con i tuoi schemi, che della tua età se ne fregano,

È in lei che finiscono tutti i tatuaggi all'henné fatti durante l’estate su tutte le spiagge del mondo – Guardala, è bella!

che ti creano solo problemi, Quelle bestie alate e libere che arrivano come uragani, che non hanno paura di vivere

Ghiacciaio E di nuovo si è mosso in avanti il ghiacciaio, senza alcun preavviso Come un piccolo dinosauro che ti appoggia addosso il suo fianco ruvido e freddo. E il tentativo di scaldarlo con le mani è stato vano – E un altro strato si è aggiunto al gelo permanente.

È in lei che si cela l’inchiostro di tutte le parole non ancora scritte – Sondala con la penna!

e non pensano sempre al domani! Mentre mediti, stanco e sobrio, rassegnandoti nella tua cella –

Il fondo del suo oceano è pieno di forme di vita – Ascoltale, queste voci, Senti le loro storie!

l’invisibile torre d’avorio,

Il suo profondo spazio non supera mai i confini di TE. Non ne esci vivo.

perché al buio li senti ancora…

la fortezza di pace e di gelo, So che a volte le mura ti tremano Un saluto a tutti i tuoi demoni – Un saluto da una di loro!

Veronica liga nasce (nel 1973) e si laurea in lingue a San Pietroburgo – una città interculturale che ama definire “una specie di esperanto”. La sua adolescenza coincide con gli anni dei grandi cambiamenti – la “Perestroika”, la caduta dei regimi socialisti nel mondo. Dalla più tenera età prova una passione per la lingua e la cultura italiana – passione che ha determinato le sue scelte di lavoro e di vita. Dopo aver visitato e girato l’Italia innumerevoli volte, nel 2003 si stabilisce in provincia di Como, dove ancora oggi vive e lavora come interprete. Le esperienze forti e svariate l’hanno portata alla convinzione che non c’è nulla di più universale ed importante del cammino spirituale della Persona. Ed è questo l’argomento prevalente delle sue poesie introspettive, condite con ironia. Scrive in russo da sempre, in italiano e in inglese – da quando li conosce: dipende in che lingua aveva comunicato nell’ultimo quarto d’ora prima del colpo di ispirazione! Ha collaborato con diversi portali letterali, pubblicato su numerose antologie e partecipato con successo ai vari concorsi di poesia. I suoi testi sono stati musicati dal gruppo milaneseirpino “Nuove forme di poesia”, dalla cantautrice modenese Alessia Marani (in arte Almax), dal brianzolo Paolo Fan e dal francese Roudoudou. Ha pubblicato 2 sillogi di poesia: “Le parole sono segnali stradali” (nel 2011 con OTMA Edizioni) e “Regolazione termica” (nel 2013 con ego Edizioni).



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