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La bellezza della ricerca scientifica

La materia è fatta di atomi: dal sasso di Makapan, un lungo filo rosso che porta alla foto numero 51 del DNA e alla scoperta del Grafene, fino agli androidi e ai sogni di pecore elettriche.

Proviamo a fare ordine camminando come acrobati cui si guarda con entusiasmo e meraviglia proprio sul quel filo rosso adottando come metodo la bellezza. Quando a Richard Feynman, fisico premio Nobel considerato il padre delle nanotecnologie, è stato chiesto cosa i suoi studenti avrebbero dovuto ricordare per tutta la vita, una cosa sola, la risposta fu che “la materia è fatta di atomi”. Gli stessi atomi che uniscono lungo un’unica traiettoria un ciottolo di diaspro, pietra dura rossa, al DNA per arrivare all’espressione empatica di iCub il cucciolo di robot a rappresentare la crescente popolazione umanoide.

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Ecco che nell’aria risuona l’idea che quella materia fatta di atomi va compresa alla scala del miliardesimo di metro, la nanoscala, dove la bellezza è impressionante, nuova rispetto a quello a cui i nostri occhi e la nostra mente sono abituati. È la bellezza di una nuova conoscenza unita ad un senso estetico che vale per un affresco di Michelangelo come per quella scala a chiocciola che evoca l’organizzazione del DNA in ognuna delle nostre cellule. La materia è “percorsa da onde nuove, da nano-mattoni, da pietre cosmiche costitutive della materia, sintesi che si susseguono nell’universo in miliardi di anni” passando per i segnavia di una traiettoria ideale che unisce il vivente all’inanimato, il sasso di Makapan raccolto dall’uomo all’uomo stesso.

Sono passati oltre 2,5 milioni di anni da quando un australopiteco, attratto, forse per eccesso di senso come commenterebbe Jean Paul Sartre, nella valle sudafricana di Makapan da un ciottolo rossastro, sviluppò la prima forma conosciuta di pensiero simbolico e di senso estetico. Forse si vide bello in quella sua rappresentazione tridimensionale forgiata dalle forze della natura, e decise di conservare il sasso in una grotta di roccia magmatica dove venne ritrovato molto, molto, tempo dopo e denominato “Sasso dalle molte facce”: la costruzione mentale di un modello, il modello più semplice e ingenuo possibile.

Quattro gli atomi differenti di quel minerale - silicio, ferro, ossigeno e idrogeno - a incuriosire il vivente che con tutti gli altri viventi ne condivide solo sei: ossigeno, idrogeno, calcio, azoto, fosforo e carbonio. A dilatare il senso di meraviglia come un elogio della bellezza. Manca in quel ciottolo il carbonio, l’atomo della vita. L’atomo che regola con la bellezza di una doppia elica, una specie di scala a chiocciola, il delicato rapporto tra struttura e funzione.

Se dall’umano passiamo all’umanoide, se pensiamo ad iCub il cucciolo di robot dal volto simpatico quanto il ciottolo di Makapan, vale la pena di considerare che di atomi ne servono circa una trentina che funzionano a fronte della somministrazione dell’energia di almeno due “lavatrici in centrifuga” per poter svolgere azioni quotidiane. A me, a voi, alla mia nipotina Irene l’energia di una barretta di cioccolata è sufficiente per arrivare a sera svolgendo tutte le nostre più consuete azioni. Quell’atomo di carbonio, incastonato negli altri cinque, sublima nella bellezza del DNA. Quel DNA “fotografato” da Rosalind Franklin che con la sua famosa foto numero 51 fece nascere l’intuizione di una organizzazione su una doppia elica delle informazioni che servono a regolare le nostre vite e la trasmissione del patrimonio genetico.

Un’idea così bella ed elegante non poteva che trovare le conferme sperimentali che portarono Watson, Crick e Wilkins al premio Nobel. Perché, come sosteneva Paul Dirac, tra i pionieri della meccanica quantistica, la bellezza è il metodo e quando una teoria è bella qualcuno prima o poi dimostrerà che è vera.

Per il bosone di Higgs ci sono voluti quarant’anni, molti meno per l’intuizione di Rosalind Franklin che mancò il Nobel per una scomparsa prematura legata proprio a quei funzionamenti maldestri del vivente che si traducono in tumori.

Quell’atomo di carbonio, solitario, cambiò in meglio la vita delle pecore inglesi nel tardo millecinquecento quando, grazie alla scoperta della grafite, passarono da una marchiatura a fuoco ad una a matita. La matita, quella che Lyndiana e Simonio Bernacotti ebbero l’idea di realizzare accatastando la grafite in un pezzo di legno. La grafite è l’atomo di carbonio disposto in foglietti sfogliabili attraverso una piccola pressione e trasferibili su un pezzo di carta per scrivere. La semplicità di tutto questo è di una bellezza sconvolgente ma il vostro senso di meraviglia si dilata immediatamente se il carbonio si organizza in tre dimensioni dando vita al diamante trasformando un atomo in un oggetto fortissimo e bellissimo, dotato di una lucentezza eterna. D’altra parte un diamante è per sempre!

La bellezza della ricerca e della scienza sta nel fatto che la storia non finisce mai e, appena un risultato è raggiunto, il prossimo incalza. Così quando Andrej Konstantinovic Gejm e Konstantin Sergeevic Novosëlov all’Università di Manchester, attrezzati di un buon nastro adesivo, riuscirono a strappare dalla grafite singoli piani monoatomici di carbonio dando vita al grafene, una nuova rivoluzione nella vita quotidiana ebbe inizio: la rivoluzione del grafene.

Gejm e Novosëlov, nel 2010, non mancarono il riconoscimento Nobel per avere donato al mondo un materiale capace di dotare gli oggetti di superpoteri. Ne basta l’1% per fare diventare 100 volte più resistente un casco da motociclista o le stanghette dei vostri occhiali, o per realizzare suole per scarpe con una abbondante tolleranza all’escursione termica e, ancora, per realizzare i serbatoi energetici e le batterie del futuro. Potete progettare qualunque cosa, il grafene e altri materiali a due dimensioni - fatti di atomi che stanno su un foglio dello spessore di un atomo - vi offrono la possibilità concreta, in modo biocompatibile - è carbonio! - di realizzare qualunque vostro sogno fosse anche una pecora elettrica. In fondo non serve essere androidi per poterla sognare.

Che poi se mettete sul piatto del vostro giradischi l’ultimo disco della Premiata Forneria Marconi o lo lasciate entrare liquidamente nelle vostre cuffiette scoprirete quei mondi paralleli, tra la terra e il cielo solcati da Nedro il drone intelligente, calati in una atmosfera stravinskijana che in un crescendo ci fa viaggiare verso una nuova atmosfera, dove i tempi caotici sono fusi tra loro: lo scenario della nostra vita, a metà tra sogno e realtà, tra utopia e distopia.

Per amor di bellezza tutti insieme “tifiamo” per la visione utopica. La bellezza della ricerca scientifica è qui, in quel pensare alla prossima scoperta, alla prossima intuizione avendo imparato dal Sudafrica del ciottolo di Makapan che “sembra impossibile finché non si fa” in quell’idea “Ubuntu” di Nelson Mandela tra lealtà e relazioni reciproche tra le persone che abbiamo trovato in gioventù leggendo un bellissimo racconto di formazione, i Ragazzi della via Paal, scritto da Ferenc Molnár nel 1906, l’anno in cui la bellezza della poesia e della scienza donano all’Italia il primo riconoscimento Nobel con Giosuè Carducci e Camillo Golgi. È la bellezza delle leggi fondamentali della natura.

Alberto Diaspro

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