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La geoingegneria dell’oceano: la cura è peggio malattia?della

Una delle industrie emergenti della cosiddetta transizione ecologica riguarda gli interventi per la mitigazione dei cambiamenti climatici o addirittura gli interventi diretti o indiretti per la modificazione del clima. Ad esempio, fra i metodi indiretti possiamo classificare tutti quelli che riguardano l’assorbimento e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CO2) dell’atmosfera mentre fra quelli diretti andiamo a classificare la cosiddetta geoingegneria solare che tende a ridurre la luce solare - e quindi raffreddare la Terra - immettendo grandi quantità di aerosol al di sopra dei 20 km di altezza. Si tratta di metodi che fanno pensare al dottor Stranamore ma, per quanto possa sembrare paradossale, ci sono piccole e grandi imprese che lavorano su queste cose e schiere di “scienziati” che ci hanno costruito sopra una carriera. Fra queste tecniche Stranamore dobbiamo includere gli interventi sugli oceani e sul mare in generale.

La più vecchia di queste tecniche è stata proposta alla fine degli anni ‘80 del secolo scorso dall’oceanografo americano John Martin e provata sperimentalmente. La tecnica consiste nel disciogliere ferro - o composti di ferro - nelle acque oceaniche per favorire la crescita del plankton e quindi assorbire grandi quantità di anidride carbonica dall’atmosfera e dal mare.

Ad esempio in un esperimento condotto nel 2002 sono state rovesciate nel mare circa 1,7 tonnellate di solfato di ferro che hanno mostrato un notevole aumento della massa organica e quindi un aumento del flusso di anidride carbonica dall’atmosfera al mare. Il plankton prodotto può affondare e quindi sottrarre carbonio alla superficie. L’oceano contiene circa 50 volte il carbonio presente in atmosfera e pertanto funziona come un termostato che attraverso processi biotici (basati cioè su processi biologici) e abiotici (basati su processi chimici) regola la quantità di carbonio in atmosfera.

Le tecniche di geoingegneria applicata al mare si possono raggruppare in quelle di sequestro del carbonio, di riduzione delle emissioni e di raffreddamento.

Le prime includono la fertilizzazione dell’oceano (Ocean Fertilization, OF) che abbiamo citato, la cultura di macroalghe in superficie e il successivo affondamento (afforestazione, AF). Sia OF che AF fondamentalmente tendono ad aumentare l’attività fotosintetica nel mare e nel caso di AF la coltura di macroalghe con il loro successivo affondamento può potenzialmente assorbire grandi quantità di CO2. Nei processi naturali l’anidride carbonica viene disciolta nell’acqua del mare che però così facendo si acidifica e quindi limita o ritarda ogni ulteriore scioglimento. Le tecniche di rafforzamento dell’alcalinità dell’oceano (OAE) tendono a ridurre questo effetto aumentando artificialmente l’alcalinità delle acque superficiali. Questo può essere fatto sciogliendo grandi quantità di carbonato di calcio e silicato di calcio oppure separando acidi e basi dalle acque superficiali e pompando i residui acidi a profondità superiori a 2 km. Le stesse tecniche di pompaggio potrebbero esser usate per rimuovere l’anidride carbonica assorbita e liquefatta dall’atmosfera.

Le tecniche di riduzione delle emissioni di CO2 sono tutte indirette nel senso che l’oceano in questo caso viene usato come risorsa per generare energia sfruttando le maree o la differenza di temperatura fra le acque superficiali (più calde) e quelle profonde. Come risultato complementare, alcune di queste tecniche possono produrre anche acqua desalinizzata.

Infine le tecniche di raffreddamento includono fondamentalmente l’aumento delle capacità riflettenti dell’oceano o delle nubi che lo sovrastano. La riflettività dell’oceano si può aumentare con prodotti chimici che stabilizzano le bolle o le schiume superficiali, mentre l’inseminazione delle nubi ne potrebbe aumentare la capacità riflettente. Ad un aumento della capacità riflettente corrisponde una diminuzione dell’energia solare che arriva in superficie con conseguente raffreddamento del pianeta.

Questi propositi di intervento sono stati fortemente criticati da un documento del GESAMP (Group of Expert on the Scientific Aspect of Marine Protection), un gruppo di lavoro dell’ONU.

Le critiche si concentrano soprattutto sugli effetti che queste tecniche avrebbero sul mare profondo e sul fondo stesso dell’oceano. Ad esempio OF può alterare la massa di fitoplankton (organismi in grado di sintetizzare sostanze organiche da sostanze inorganiche) e quindi l’equilibrio di ecosistemi alterando i cicli di fosforo e azoto che sono vitali per il mare. Questi cambiamenti potrebbero influenzare la disponibilità di materiale organico alterando quindi la disponibilità di ossigeno. La coltivazione delle alghe in superficie può aumentare in modo sproporzionato la disponibilità di cibo nelle acque profonde alterando gli equilibri fra le specie di pesci. L’anidride carbonica liquida pompata a grandi profondità creerebbe strati sul fondo del mare che potrebbero soffocare l’attività biologica.

Esiste anche in questo caso il problema della governance, cioè stabilire quale sarebbe l’organismo internazionale che si prende l’onere di regolare tutta questa attività. Attualmente gli interventi sulle acque territoriali vengono regolate dai singoli Stati e, a livello internazionale, da trattati quali lo UNCLOS (Convenzione delle Nazioni Unite sulla Legge del Mare) o dalla Convenzione di Londra e dal Protocollo di Londra.

Ma è chiaro che un’estesa attività di questo genere richiede un costante monitoraggio dello stato degli oceani. Come nel caso dell’ingegneria solare, diventa difficile e discutibile anche una sperimentazione limitata. Nell’inverno del 2022 lo Stato del Messico ha proibito qualunque esperimento di geoingegneria sul suo territorio dopo che un esperimento con due palloni era stato tentato in Baja California da una startup americana. Il pericolo maggiore di queste tecniche è che, considerata la vastità dell’impegno tecnologico, esse siano accessibili solo ai Paesi più ricchi e progrediti. Per combattere i cambiamenti climatici le strade sono o quella di una drastica riduzione di consumi ed emissioni o quella di rassegnarsi a vivere in un mondo diverso: dopo tutto l’Uomo è un’espressione della Natura.

Guido Visconti
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