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Quando le fake news distruggono la fiducia
I tempi sono più che maturi per cercare di risolvere il problema della sostenibilità dell’informazione.
Dobbiamo iniziare a impegnarci a scrivere sui media e a diffondere in rete solo notizie documentate e circostanziate che si ha il coraggio di affermare di persona, non più frutto del sentito dire, del rimbalzo sociale e del chiacchiericcio generale.
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Far leva sull’emotività della gente - e non sul suo intelletto e buonsenso - sembra essere il filo conduttore di questa era dell’informazione che, in effetti, di informazione ha ben poco. Tutti noi percepiamo che nel nostro sistema comunicativo, in quello televisivo soprattutto, c’è qualcosa che non va: si punta al controllo e alla manipolazione dell’opinione pubblica favorendo la diffusione incontrastata di fake news.
Chi ha interesse a diffondere odio, rabbia, paura? I famosi haters (odiatori) sono sul libro-paga di qualcuno?
Chiunque può affermare qualsiasi cosa senza timore di essere smentito, anzi più esprime sensazionalismo e più è probabile che i social e i talkshow gli diano spazio e credito, molto soddisfatti e compiaciuti dell’impennarsi di audience e consenso.
Freud scriveva che una massa di persone è impulsiva, mutevole, straordinariamente influenzabile, credula e acritica. La massa non conosce spirito critico né incertezze.
La psicologia della massa comporta la compressione della personalità individuale cosciente e consapevole e, nel contempo, la canalizzazione di pensieri e sentimenti in una direzione comune. Il tutto conduce all’affermazione prepotente di schemi comuni e condivisi, superando quelli individuali. Ogni individuo del gruppo si sente in obbligo di evitare critiche penetranti che potrebbero portare ad uno scontro coi membri del gruppo.
Tutto ciò conduce inevitabilmente al deterioramento dell’efficienza mentale, dell’attenzione e dell’intelligenza critica dell’individuo.
Questo fenomeno ha iniziato ad interessare crescentemente anche il mondo delle imprese, per le quali la comunicazione al pubblico è diventata strumento fondamentale nel tentativo di combattere le fake news che stanno iniziando a creare seri problemi alla reputazione delle imprese stesse.
A tale proposito:
• il 71% dei Clienti intende acquistare beni e servizi da imprese che riflettono concretamente i valori in cui costoro credono: responsabilità, sostenibilità sociale ed ambientale, onestà, fiducia (ricerca Accenture 2019 – 30mila interviste)
• il 47% ha smesso di acquistare a causa di comportamenti aziendali non in linea con la propria etica personale (rapporto Reputation Institute 2020 – 40mila interviste)
Le fake news vengono diffuse per fare pubblicità negativa o per catturare l’attenzione del grande pubblico vulnerando finanziariamente le aziende, minando la loro credibilità e creando un’atmosfera in cui le persone non sanno di chi possono fidarsi, anche perché il tutto può essere amplificato su scala internazionale.
In Italia le aziende investono sempre di più sui canali digitali per garantire trasparenza di informazione su processi produttivi, qualità, rispetto delle regole, allineamento ai principi della sostenibilità sociale ed ambientale al fine di conquistarsi la fiducia di tutti i portatori di interesse che gravitano attorno all’Azienda (Clienti, Azionisti, Partner, Fornitori), senza - ovviamente - trascurare i Collaboratori che possono giocare un ruolo fondamentale nella costruzione dell’opinion leadership a favore della propria Azienda.
Per difendere un’azienda da fake news e campagne denigratorie, è quindi importante coinvolgere i propri Collaboratori, per renderli i primi convinti diffusori di immagine e di reputazione.
Secondo Snopes, sito web specializzato nel confutare la fake news, in una recente lista delle 50 notizie false più popolari, 12 riguardavano aziende.
Facebook si è alleato con fact checkers come Snopes per contrassegnare le fake news. Se una notizia viene accertata come falsa, viene etichettata come disputed abbassandone/azzerandone pubblicamente il valore nel ranking della credibilità. La giusta conseguenza negativa può essere l’estromissione dal mercato della pubblicità di siti noti per essere divulgatori di falsità.
Un importante antidoto in grado di contrastare questa tendenza è la fiducia, quella da riconquistare, da ricostruire e da alimentare ogni giorno grazie a chi in prima persona lavora o è a contatto coi soggetti colpiti dalla disinformazione e che con la propria testimonianza può provare a raccontare una storia diversa ed obiettiva, magari dai toni meno sensazionalistici ma più aderenti alla realtà.
Per concludere, dobbiamo tutti dare il nostro contributo a favore dell’informazione sostenibile garantendo il pieno accesso a corrette fonti di informazione, agevolando la formazione di un’opinione pubblica dotata di strumenti culturali necessari per distinguere una notizia falsa da una proveniente da fonte attendibile.
In un Paese come l’Italia, che è al 26° posto nella graduatoria dei 27 Paesi UE in fatto di istruzione scolastica e dove il 30% della popolazione adulta é funzionalmente analfabeta, il baluardo dell’informazione sostenibile è la priorità assoluta.
Fabrizio Favini