leStrade settembre 2017

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12 Opinione Legale

Conservazione dell’attestazione SOA nell’ipotesi di cessione di ramo d’azienda Sulla questione arriva la pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato Claudio Guccione Avvocato Fondatore di P&I - Studio Legale Guccione & Associati

L’

Adunanza plenaria, con la sentenza del 3 luglio 2017, n. 3, si è pronunciata sulla questione relativa alla necessità o meno, per le imprese appaltatrici, di procedere alla richiesta di una nuova attestazione SOA nel caso di cessione di ramo d’azienda. Con tale pronuncia l’Adunanza plenaria ha avuto modo di affermare due principi di diritto: (1) La cessione del ramo d’azienda non comporta automaticamente la perdita della qualificazione, occorrendo procedere a una valutazione in concreto dell’atto di cessione, da condursi sulla base degli scopi perseguiti dalle parti e dell’oggetto del trasferimento. (2) In ipotesi di cessione di un ramo d’azienda, l’accertamento positivo effettuato dalla SOA, su richiesta o in sede di verifica periodica, in ordine al mantenimento dei requisiti di qualificazione da parte dell’impresa cedente, comporta la conservazione dell’attestazione da parte della stessa senza soluzione di continuità. La pronuncia di seguito

L’avvocato Claudio Guccione è referente scientifico dell’Executive Master in Management delle Imprese di Costruzione della LUISS Business School (claudio.guccione@peilex.com)

commentata pone fine a una lunga diatriba, giurisprudenziale e dottrinale, che ha richiesto all’Adunanza plenaria uno sforzo ermeneutico che si riscontra nel lungo ragionamento interpretativo condotto.

Il rilascio dell’attestazione SOA e il contrasto giurisprudenziale L’attestazione della qualificazione è collegata direttamente all’azienda che ne fa domanda, infatti, è rilasciata a seguito di un procedimento istruttorio finalizzato ad accertare il possesso dei requisiti previsti dalla legge in capo al soggetto richiedente. Le Società Organismo di Attestazione (SOA) verificano la sussistenza di specifici requisiti che riguardano l’affidamento morale e la correttezza professionale dell’operatore economico, affinché questo possa contrarre con la Pubblica Amministrazione. In considerazione del legame esistente tra l’attestazione di qualificazione e l’azienda richiedente, sono sorti dubbi interpretativi sulle sorti della qualifica SOA, nel caso in cui ci siano operazioni di cessione di ramo d’azienda. L’Adunanza plenaria è intervenuta sulla questione a seguito di ordinanza di rimessione proveniente dalla Terza sezione del Consiglio di Stato del 13 marzo, n. 1152, che si è trovata a dover interpretare e applicare l’art. 76, comma 11, D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. La decisione del Consiglio di Stato di rimettere la questione all’Adunanza plenaria trae origine dall’esistenza di due orientamenti giurisprudenziali. La prima tesi, definita dalla sentenza in commento come “formalistica”, ritiene che nel caso di cessione di ramo d’azienda il cedente perde automaticamente le qualificazioni. Il cedente e il cessionario, non potendosi valere dell’attestazione di qualificazione dell’azienda ceduta, potrebbero richiedere una nuova attestazione a una Società Organismo di Attestazione, attivando il procedimento previsto dall’art. 76, comma 11, D.P.R n. 207/2010. In base a questa “tesi dell’automatismo” - sostenuta da Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 811, n. 812 e n. 813 - in virtù dell’effetto traslativo della cessione di ramo d’azienda “non potrebbe darsi rilievo alla conferma ex post dei requisiti operati dalla SOA in sede di verifica triennale, perché essa giammai potrebbe avere un effetto sanante”. La seconda tesi, c.d. sostanzialistica, ritiene necessaria la verifica in concreto ed ex post della entità dei beni e dei rapporti trasferiti con il negozio traslativo, in modo da accertare se si è in presenza di un vero e proprio trasferimento di ramo di azienda oppure se si tratta di trasferimento di singoli cespiti. Quindi, il tra-

sferimento di ramo aziendale non comporta, in automatico, la decadenza della titolarità della qualifica SOA. In base a questo orientamento, a cui aderisce il Cons. Stato, sez. III, 9 gennaio 2017, n. 30, la verifica triennale positiva di validità dell’attestazione SOA, successiva al negozio traslativo, non ha l’effetto di una rinnovazione ex nunc della validità del precedente certificato quanto piuttosto la attestazione della sua perdurante validità, senza soluzione di continuità. Come si legge nella sentenza in commento, la diversità di opinioni sul punto, all’interno del Consiglio di Stato appare netta ed equamente suddivisa. Diverso è quanto accade nella giurisprudenza di primo grado che appare prevalentemente orientata a favore della tesi sostanzialistica. Alla tesi sostanzialistica aderisce sia la Terza sezione del Consiglio di Stato sia l’Adunanza plenaria anche se con argomenti in parte diversi. Secondo la sezione Terza del Consiglio di Stato, l’art. 76 del D.P.R. 207/2010 esclude ogni automatica decadenza e la perdita della SOA potrebbe esserci solo nell’ipotesi in cui il cedente abbia in concreto perso la consistenza aziendale in base alla quale aveva ottenuto le attestazioni. In tale sede è rigettata la tesi (Cons. St., sez. IV, 29 febbraio 2016, nn. 811, 812 e 813) per cui, in caso di cessione di un ramo d’azienda, né il cedente né il cessionario potrebbero avvalersi della qualificazione posseduta dall’azienda ceduta, pur potendo richiederne una nuova che potrebbe valere solo per il futuro. Una simile interpretazione presenterebbe dei profili di incostituzionalità perché equiparerebbe in modo irragionevole la situazione del cessionario e quella del cedente. Soprattutto, il cessionario - in quanto soggetto nuovo - è giustamente impedito nella possibilità di far valere la qualificazione, fino a che la SOA non abbia attestato che i requisiti acquisiti siano in concreto sufficienti per il conseguimento dell’attestazione. Diversa è la posizione del cedente, i cui requisiti posseduti si presumono continui sino a quando la SOA non li escluda e mantiene il diritto di spendere la qualificazione senza soluzione di continuità.

Il ragionamento dell’Adunanza plenaria L’Adunanza plenaria - al fine di rafforzare il suo ragionamento interpretativo - ha analizzato la questione sulla base di ben tre metodi esegetici, ovvero l’argomento letterale, logico-sistematico e teleologico. Centrale è l’analisi dell’art. 76, commi 9-11, del D.P.R. n. 207/2010 che - fino all’abrogazione da parte del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 - disciplina la domanda di qualificazione.

Opinone legale 8-9/2017 leStrade


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