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CAPITOLO VI
Tra Medio Ev O E E T Moderna
Tra la seconda metà d el secolo XV e la prima metà di gu ello s ucc ess ivo l' arte d ella guerra attraversò un lung o momen t o di transizione.
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La caratteristica peculiare di guel peri o do fu la costante commistione di armi vecchie e nuove - solo n el 1595 gli Ingl esi furono cos tretti dalla forza delle cose a riconoscere che l'arco lungo aveva fatto il suo te mpo, mentre g ià nel 1508 Venezia aveva prescritto alle sue fanterie l'uso esclusivo de lle armi da fuoco - l'adozio n e di procedimenti tattici del tutto superati accan to a tentativi p ionieristici di anticipare lo svilup p o futuro del combattimento, la coes istenz a di o rmai arcaich e fortezze merlate accanto a m o d erne cinte bastio n ate .
Questo capitolo avrebbe p otuto in titolarsi "dalla lancia al cannone", oppure "dalla picca al moschetto" o, ancora, ' 'dal quadrato di otto mila uomini alla compagnia di cento", tanto mutarono in fatti ne l perio d o le armi, i procedimenti di imp iego, gli organici .
Le forze operative
Nella seconda metà de l secolo XV la cavalleria pesan te , no nostante le tante sconfitt e s u b ite , era ancora ritenuta la parte più impo rtante dell'eserci to, l 'unica in grado di esplicare l'azione ris ol utiva s ul campo di ba ttaglia mediante l'urto poderoso dei suoi cava lie ri coperti di ferro. Tuttav ia tale supremazia cominci ava ad essere m essa in disc us sione. Alla cavalleria p esante s i era affiancata la cavalleria leggera , più adatta all 'es plorazione, all'ins eguime nto del nemic o in fug a, alla scorta dei convogli di vettovagli e, alle scorre rie in territorio nemico. Sop r attutto alla periferia o rie ntale e me ridionale dell ' Europa jinetes spagnoli, cavalieri ungari e stradiotti albanesi e ran o largamente utili zzati per le loro caratteristic h e di fl essibilità e di leggerezza
Anche la fante ria cominc iava ad esse re nu ovamente co n siderata un fattore importante del combattimento, reparti di fanteria ben addestrati e ben inquadrati, in bu ona mi s ura a r mati di arco o di archibugio, erano ormai in grado di determinare l'esi to del combattimento e la p e rc e ntual e di fanti nella composizione degli es e rciti ten deva costantemente perc iò ad aumentare, oltre tutto il fante era molto meno costoso del cavaliere!
La guerra, che nel 1476-77 Francesi e Svizzeri condussero contro il duca di Borgogna Carlo il Tem erario, segnò il trionfo in campo europeo di una nuova fanteria, quella svizzera armata di picche, schierata in massicci quadrati e in grado di operare in modo autonomo ed offensivo.
Il successo imp rovviso della fanteria svizzera costituì una rivoluz ion e nella tattica dell' epoca La battaglia non fu più decisa dall'azion e lenta e distruttiva dell'arco o d ell'archibugio, ma dall'azione rapida e travolgente della fanteria armata di picca che riduceva al minimo le perdite, superando nel più breve tempo possibile la zona battuta dall'avversario e venen do subito a contatto.
Questa fanteria traeva le sue origini dalle lotte che il pop olo svizzero aveva dovuto sostenere nel XIV e nel XV secolo per salvaguardare la propria indip endenza contro Austria e Borgogna.
Pressoché privi di cavalleria, sia per la conformazione del terreno poco adatto ad un efficace imp iego di tale arma, sia per la lo r o pove rtà, gli Svizzeri si erano trovati nella necessità di fronteggiare in campo aperto eserciti composti da professionisti della guerra, bene armati ed equipaggiati, anch e se scarsi di numero. La tattica adottata dagli Svizzeri era stata allora l'unica possibile: quella di raccogliersi in una massa compatta, disposta a forma di quadrato per garantirsi i fianchi e le spalle, proiettata in avanti per coprire nel minore tempo possibile lo spazio che la se parava dalle linee nemiche costituite da tiratori. Tuttavia l'arma più pericolosa era pur sempre la cavalleria pesante, armata di lancia. Gli Svizzeri per farl e fronte si serv irono dapprima dell'alabarda, poi della picca, un'arma semplicissima, ma di una efficacia terribile se man eggiata da truppe esperte. Malgrado fosse adatta a colpire solo di punta - diversamente dall'alabarda, arma da taglio e da punta - la picca si rivelò, grazie alla sua maggior lunghezza, l'arma ideale contro la cavalleria. La picca degli Svizzeri, all'inizio lunga circa tre metri, con il trascorrere del tempo e con il crescere dell'esperienza delle truppe nel suo maneggio fu infatti allungata a cinque metri circa.
I quadrati svizzeri, che inizialmente non superavano i duemila uomini, schierati su una fronte di cinquanta con una profondità cli quaran ta 1 , per svil upp are un'azione offensiva di maggiore efficacia e per rendere nel contempo più difficile all'avve rsario effettuare una manovra di accerchiamento, divennero ben presto più massicci.
Gli Svizzeri eran o poi so liti combattere articolati su tre quadrati, chiamati anche battaglie o battag li o ni, di questi quello centrale iniziava per primo la lotta, mentre gli altri due entravano in azione in un secondo te mpo, o a sostegno de l primo, o agendo sui fianchi del nemico.
Ecce zionalmente il combattimento era iniziato da uno dei battaglioni d'ala, o da tutti e due contemporaneamente, rimanendo quello centrale di riserva. Durante le marce il primo battaglione costituiva l'avanguardia, il secondo il corpo di battaglia e il t e rzo la retroguardia.
Ne lle righe e nelle file esterne vi e rano i picchieri, in qu elle inte rne gli alabardieri e g li spadieri; alle ali i balestrieri, con il compito dell'azione di disturbo sulla massa nemica. Più tardi questi ultimi furono sostituiti dagli archibugieri, riuniti alle ali dello schieramento in unità chiamate maniche. La superiorità di questa nuova fanteria di rudi e .incolti montanari armati di picca sulla cavalleria pesante di estrazione gentilizia fu schiacciante. I picchieri, infatti, se rrati in grossi quadrati di sei-ottomila uomini erano in grado di apporre al n emico un irresistibil e muro marciante cli pu nt e ferrate.
G ià altre volte in passato la cavalleria pe sante era stata sconfitta da form azioni appiedate in g rad o cli sviluppare una metodica, len ta azione distruttiva con il lancio di frecce e di ve rrettoni, ora il prob lema tattico era d iverso, la fanteria non si limitava a difend ersi, attaccava invece con de ci sio ne, mettendo in atto un'azione risoh1tiva molto rapida, tal e da s uperare quasi indenne la zona battuta dai tiratori avversari . Come ha n o tato il Pieri la fanteria svizzera aveva decretato "il trio nfo dell'azione risolutiva rapida, travolgente, all'arma bianca" .
Il compito dei tiratori svizzeri era quasi sempre limitato ad azioni di sche rmaglia all'inizio del comba ttiment o o di guardia al bagaglio o al campo La maggior parte degli Svizzeri aveva una protez ione indivi du ale molto ridotta , sia per aumentare la mobilità e l'agilità d ei movimenti, sia perché le armature erano m olto costose. Col tempo fu comunqu e impiegata una certa quantità d i parti di armature più legger e prov enienti dal contado milan ese, mentre un'altra fonte cli riforni m e nto fu costituita dalle . armi prese a1 ne m1c1 ucc1s1.
Alcuni storici sostengono che il movimento i n battaglia del quadrato non richiedesse un addestramento partico lare e approfondito, ma si tra tta di un'opinione poco convincente Occorre considerare, infatti, che la picca era efficace solo se usata da trupp e se rrate in formazioni ben ordinate e allineate e ch e soltanto una rigorosa disciplina ed un continuo addestramento potevano permette r e di imp iegar e un'arma così ingombrante senza causare confusione tra le file.
A questa disciplina tattica gli Svizzeri aggiungeva no un coraggio ed una determinazione eccezionali. Sa ld ame nte nelle mani dei loro capi, nella cui g r ande abilità avevano piena fiducia , le truppe svizzere si conquistarono ben presto una fama terribile in t utta Europa. Esse non chiedeva n o né da vano quartiere, po iché era proibito fare prigionieri o avere pietà dei feriti, rego larmente massacrati sul pos t o. La loro fermezza, anche di fronte alle perdite più pesanti, diventò leggendaria.
"Colp ì unanimamente, n e l modo svizzer o di guerreggiare, non solo l'inarrestab il e potenza d ei quad rati m a anche l a loro imp e n et rabilità allorché venivano attaccati. Invincibili quando muovevano all'attacco lo erano anche quando res tavano s ulla difensiva (...).
L 'is tric e svizzera e ra un'immagin e di cu pa, impassibil e, i nesorabi le ferocia Davanti a quella muraglia umana non era r aro che gli avversari si lasciassero pr endere dal panico; d al canto lor o , essi sembravano incuranti di tutto, pr ivi di istinto di cons ervazione, indifferenti davanti alla pro ~ s p ettiva di cadere in battaglia" 2
Accanto alle doti militari questi mercenari poss e devano un'etica professionale ben prec isa : si battevan o solo per Stati alleati della Confederazione e mai contro altr e trupp e svizzere; erano fedeli ma se il soldo ritardava era loro abitudine astenersi da l combatti m e n to, facendo rito rn o a casa, senza preoccupars i minimam e nte della situazione nella quale lasc iavano ch i li aveva ingaggiati.
L a tattica sv izzera fece b e n presto scuola e in Germania, ve r so la fin e del XV secolo, sorsero le truppe destina t e a dive n tare i più accaniti e temib ili avversari degli Svizzeri, i lanzichenecchi.
Dopo la guerra contr o la Francia nelle F iandre, l'imperatore Massimili ano e n trò in contrasto con le ci ttà fiamminghe che, con la loro fanteria "alla svizzera", avevano contribuito in maniera notevole a ll a sua vittoria. La necessità di dover affr onta r e in campo aperto le truppe fiamminghe arm ate d i picca, obbligò Mass imilia n o a dotarsi di una fante ria di tip o analogo.
Egli iniziò così ad organizzare ed armare "alla svizze ra " i so ldati reclutati nei te rritori tedeschi, che e rano chiamati La o dsknechte cioè
"servitori del paese". Il nome perdette progressivamente il suo vero significato e finì con l'indicare i fanti mercenari te deschi che combattevano secondo il sistema svizzero. I lanzich e n e cchi si schieravano anch'essi in ma ssi cci guadrati, formati da picchieri ed alabardieri , ma nelle prime righe erano so liti mettere soldati armati cli grandi spade a due mani. Compito cli ,quest'ultimi era guello di avanzare in testa al guadrato per tagliare le punte delle picche dei nemici ed aprire un varco nelle loro file, permettendo in tal modo ai propri picchieri di p e netrare nella formazione nemica scompagina ta . Per il pericoloso compito loro assegnato ess i r icevevano paga doppia, da cui il nome cli "doppelsoldner".
Pe r guanto i lanz ich enec clù potessero rivaleggiare con i mercenari svizzeri in guanto a fermezza ed a spirito di corpo, la lo r o fedeltà ed il loro patriottismo lasciarono sempre a desiderare. Ed a tale proposito è sufficiente ricordare un solo episodio: dopo aver valorosamente combattuto e tanto contribuito a salvare Vienna dall'a ssedio ottomano nel 1529, i lanzichenecchi pretesero una paga tripla minacciando altrimenti di saccheggiare la città.
La superiorità sul campo cli battaglia d ei gross i guadrati non durò tuttavia a lungo.
Il miglioramento t ecnico conseguito dalle artiglierie n ei primi anni del XVI secolo ne rese efficace l'impiegQ anche sul campo di battaglia e presto le grosse formazioni alla svizzera si dimostrarono troppo vulnerabili al fuoco nemico e, nello s tes so t empo, incapaci di rispondere a loro volta con una adeguata azione di fuoco
L'impiego dell'artiglieria in campo tattico no n era una novità assoluta - già nella battaglia della Riccardina, nel 1467, Bartolomeo Colleoni aveva impiegato con successo alcuni pezzi di piccolo calibro a diretto sostegno della fanteria - ma ora i cannoni muniti cli orecchioni e posizionati sugli affusti erano in grado di effettuare azioni cli fuoco più cel eri e più precise con effetti distruttivi .
An che le armi portatili erano molto progredi t e e, per quanto la loro celerità di tiro fosse insoddisfacen te e fossero del tutto inaffidabili in caso cli tempo piovoso, g li armati cli arco o cli balestra stavano rapidamente sparendo dal campo cli battaglia, sosti tuiti dagli archibugieri. Un arciere b e n addestrato era in grado cli scoccare anche dieci frecce in un minuto e cli colpire un bersaglio situato a duecento metri, mentre un archibugiere potev a far fuoco ogni tre o gua ttr O. minuti e l'efficacia del suo tiro non oltrepassava i cento metri, tuttavia l'archibugio s i impose per la brevità de ll'addestramento che era necessario impartire al tiratore "Laddove pochi gior ni ed un buon sergente istru ttore potevano essere suffic ie nti ad addestrare un archibugiere ragionevolmente buono, erano nec essari molti anni ed un in tero stile di vita per produrre un a rciere capace" 3
Arcieri e balestrie ri dovettero quindi cedere il passo agli archibugie r i ma i picchieri r imasero, an zi proprio il coordinamento tra queste due "specialità" d ella fanteria costituì il problema tattico per eccellenza del1'epoca. Gli arch ibugieri erano indispensabili per scompaginare con il loro fuoco i quadrati dei picchieri avversari, ma non erano in grado di opporsi ad una ca ri ca di cavaller ia, per cui dovevano essere protetti, dopo la scarica iniziale, dai picchieri. Era pe rciò necessario diminuire la fronte e soprattutto la p r ofondità dei grossi battaglioni svizzeri pe r offrire un minor bersaglio e, nel contempo, aume ntar e il numero d ei tiratori sulla fronte e sui fianchi.
Gli svizzeri tardarono p e rò a comprendere la lezione, orgoglios i d ei ta n ti successi conseguiti si ostinarono a CO!}servare le loro massicce formazioni e nelle battaglie di Ravenna (1512), di Marignano (1 515) e della Bicocca (1522) pagarono un la rg o tributo di sangue alla migliorata efficienza dei cannoni e degli archibugi.
Emblematica al riguardo la battaglia di Marignano (13 e 14 settembre 1515) che segnò la definitiva affermazione dell'artiglieria da campagna sul campo di battaglia per merito di Jacques Galiot de Genouillac, gran maestro dell'artiglieria di Francesco I di Francia . Il 13 settembre circa 20.000 Svizzeri, articolati in tre grossi quadrati di picch ieri, mossero all'attacco delle truppe frances i nella pia n a di Marignano. Francesco I era consapevole che la sua fanteria, costituita da mercenari tedeschi, non era in grado di resistere all'urto poderoso dei picch ieri svizzeri ma accettò ugualmente la battaglia fidando sulla potenza della sua artiglieria : settantacinque cannoni al comando dell'espe r t o Galiot.
Gli Svizzeri iniziarono l'attacco a passo di corsa, intenzionati ad impadronirsi dei cannoni prima che questi potessero esp r imere tutta la loro devastante potenza, ma G aliot aveva schierato i suoi cannoni in modo da battere con efficac ia la fronte ed i fianchi dei quadrati svizzeri, le cui pe r dite furono s ubito molto elevate.
I formidabili montanari continuarono ad avanzare con e nergia disperata, face ndo r e tr ocede r e cavalieri e fanti e riuscendo anche a ca t turare cinque cannoni, ma l'artiglieria francese continuò a far fuoco, provocando nelle file svizzere pe rdi te così elevat e che alla fin e i quadrati dovette r o retrocedere.
L'oscurità inte rruppe la lot ta, ch e riprese accanita all'alba. Incuranti delle perdite i quadrati svizz eri ritornaro n o all'attacco con es trema determinazione, ma anch e nel secondo giorno di battaglia il fuoco potente e manovrato d e ll'artiglieri a francese ebbe la meglio ed alla fin e gli Svizzeri dovettero ritirarsi la sciando s ul terre no quasi 1 5.000 uomini . Schierata con giudizio e mano vra ta coerentemente con l'andamento della battaglia, l'artiglieria si e ra djm o strata l'arma determinante della vittoria.
Qualche anno dopo, alla battaglia di Pavia, anch e l'orgogliosa cava lle ria pesante franc ese registrò una sanguinosa di s fatta ad opera d egli archibugieri s p agnoli
La crisi dei quadrati di picchieri e delle pesanti formazioni di cavalieri catafratti diven n e a ll ora evidente, la comparsa sul campo di battaglia d el moschetto 4 e de lla p i s tol a convinsero p o i anche i più irriducibili sostenitori de i vecchi procedimenti e si gi unse ad un compro m esso: il gros so quadrato alla svizzera di sei- otto mila u omini si frazionò nel tercio spagnolo e la cavalleria rinunciò alla lancia per la pisto la a ruota.
Gli Spagnoli furono i primi a snellire le formazioni , già n el 1 SOS il re F erdinando avev a ordinato la sua fanteri a in venti unità chiama te colunelas, co lo nn e, ognuna delle quali contava mille-milledu ece n to uomini , tra p icchi eri , alabardieri ed archibugieri ed era comandata da un cabo de colunela o colonel 5
Negli anni che seguirono gli Spagnoli raggrupparono tre colunelas nel tercio, costituito da soli picchieri e protetto ai lati da due maniche di tirato r i, prima a r chibugie ri e po i mosc h ettieri. Normalment e i tiratori era n o schierati su sei rig h e e p otevano cos ì effettuare sei successive scariche, prima di retroced e r e dietro i picchieri, scompaginando lo schieramento avversario e fa cilitando l'azio ne di arresto o di u r to dei p icchieri.
Ciascun tercio era un esercito in miniatura di tre mila uomini: oltre ad un distaccam e nto di cavalleria leggera e ad alcuni pezzi di artiglieria, comprendeva picchi e ri e mosch e ttieri ripartiti in compagnie o banderas di 250 -300 soldati. Il re clutamento avveniva per compagnia ed il cap itan o comandante curav a l'addestramento, lo spirito di corp o, la di s ciplina. A l con trari o del quadrato svizzero, la cui forza era fondata unicamente nella mas sa compatta, il tercio poteva scomporsi in unità minori, delega nd o co m p iti tattici autonomi alle banderas.
Con il tempo il numero d ei tiratori aumentò considerevolme nte fino a pareggiare qu ello dei picchieri. Il tercio rappresentò la prima ris po s ta orga nica al p e rfe zio namento delle armi da fuoco. Il vecchio quadrato era stato costretto a dimintùre la s ua massa e, di cons egu e nza, la sua potenza d'urto per diminuire la vulnerabilità e, nel contemp o, era stato cos tretto ad aumentare ìl num ero dei tiratori per diminuir e l'impeto sfondante dell'avversario. Il dosaggio ottimale tra picchie ri e mosch e ttieri costituì il proble ma organico più dibattuto dai te oric i e dai t ecnici p er oltre un secolo!
Il tercio, all'origine unità tattica di circa tremila u o mini, s ì trasformò pr es t o in unità amministrativa e disciplinare, l'ante nat o d e l r eggim e nt o sette c e nte sco ch e, per certi aspetti, so pravv ive ancora oggi, m e ntr e il rang o di unità tattica fondamentale del combattimento scalò a ll a compagnia.
I fanti spagnoli, reclutati per lo più tra i pastori ed i contadini p ove ri delle me setas ma anche tra i piccoli nobili e gli artigiani, addes trati e dis ciplinati "alla svizz era" , pagati con l'oro delle colonie americane, per circa un se colo percorsero con successo i campi di battaglia eu r opei , esempio vin cente del binomio professionalità-patriottismo.
Negli altri paesi europei il m erce nariato costituì la base del reclutamento, anche la Francia, dopo il fallimento dei francs-arch ers, definitivam e nt e soppressi n el 1581, e d elle legion i territoriali volute da Franc es co I , si rassegn ò a fare largo ric o r so a Svizzeri e Scozzesi oltre, naturalmente, all'elemento nazionale. Anche la cavalleria dovette adattare tattica e for m azio ni ai t e mpi nu ovi, ma la so luzi o n e prescelta fu poco felice.
Ab bandonata quasi del tutto la lancia, troppo p esa nte e ingombrant e, i cavalieri si armarono di grosse pistole ed incominciaro no ad attaccar e, se rrati in elefantiaci squadroni, usando la caratte ri s tica man ovra d el caracollo 6 Ogni riga, cioè, giunta a distanza utile di tiro , dopo aver scaricato il pistolone sul nemico effettuava una svolta a sinistra e ritornava in coda allo squadrone, per consentire alla riga successiva di effettuare a s ua volta l'azione di fuoco. Scosso così il nemico, lo squadrone caricava all'arma bianca. U na manovra tanto complicata doveva però essere e ffettuata al trotto e quindi venivano ad essere sacrificate proprio la velocità e la potenza d'urto, le armi migliori della càvalleria. Il problema di articolare la fanteria in modo da poterne aumentare la potenza globale di fuoco, senza pregiudicarne la capacità di opporsi con successo alle cariche di cavalleria, e que llo di mantenere alla cavalleria la ve locità, aumentandone nel contempo però la potenza, non erano certo stati risolti in modo ottima le dal tercio e dal caracollo. Questi problemi costituirono, infatti, una costante pre occupazione per i comandanti del secolo succes s ivo
Alla metà d el XVI secolo gli eserciti europ ei e rano poco manovrieri, appesantiti dall'i ngombro d e ll e artiglieri e e de l re lativo munizionam e nto. Il passaggio dalla colonna, formazione ch e cons e ntiva di effe ttuare al caso una pronta ritirata e che forniva comunque maggiori garanzie di sicurezza, allo schieramento per la battaglia e ra sempre un'operazione complessa che richiedeva molto tempo e che non sfuggiva alla cavalleria leggera dell'avversario. Il combattimento si risolveva nell'urto della fanteria , s pe sso preparato dal fuoco dell'artiglieria e degli archibugieri. La decisione era ricercata con cariche di cavalleria sui fianchi dello schieramento avversario. Lo sfruttamento del successo, attraverso l'inseguimento, era attuato molto difficilmente. In definitiva gli eserciti d ell'epoca perseguivano una strategia molto riduttiva, consistente soprattutto nell'impadronirsi delle città e nel devastare le ca mp agne, per toglie r e al nemico la possibilità di rifornirsi. Alessandro Farnese, tra i migliori ge n erali del1'epoca, rico nquis t ò alla Spagna i Pa es i Bassi impadrone ndosi ogni anno di qualche città o luogo fortificato.
Tra le poch e innovazioni apportate all'arte della g u erra nel s eco lo XVI vi fu la comparsa di una articolazione di comando assai prossima a quella odierna, attuata per primi dagli Spagnoli.
L'unità fondame ntale, la compagnia, fu affidata al capitano al quale subentrava, quando veniva ferito o cadeva ammalato, il suo luogotenente. Normalme n te al capitano spe ttava pure l'amministrazione del reparto e la corresponsione de l soldo ai dipendenti Il comando di più compagnie, raggruppate nel tercio spagnolo e n e lla legione francese, spettava al colonnello, c h e aveva a disposizione un luogotenente colonn e llo. Nel tercio era anche presente il serge nte maggiore, un ufficial e di grado superiore al capitano, cui comp eteva il comp ito di schierare il reggimento in ordine di battaglia. La prima parte d el nom e fu pres t o lasciata cadere - nelle compagnie già esisteva il se rgente, sottufficiale cui era dovuto l'allineamento del reparto - e tra il colonnello ed il capitano venne così ad inserirsi nella scala gerarchica il maggiore. Il comando dell ' esercito, non più direttamente retto dal sovrano, e r a affidato ad un luogotenente generale, assistito da: un sergente maggiore generale, pres t o chiamato maggior generale, che aveva la responsabilità di schierare tutto l'esercito in ordine di battaglia; un quartier mastro, o maestro di campo generale, incaricato delle i ncombenze logistiche e responsabile d egli accampamenti, coadiuvato da un prevosto al quale er a affidata la sbrigativa giustizia militare dell'epoca
La l ogistica
Il periodo in esam e fu contrassegnato da un peso c r escente degli apparati logistici, dovuto soprattutto alla crescente importanza dell'artig lieria che necessitava di un grande apparato orga niz zativo sia per la costruzione delle bocche da fuoco e degli affusti sia per la produzione della polvere d a sparo. Riso lti questi problemi a livello governativo, rimanevano quelli legati al trasporto del cannone e del relativo munizionamento sul campo di battaglia. Per il trasporto di un so lo gra nd e cannone occorr e vano: non m e n o di venti cavalli per il traino; una trentina di zappatori per realizzare la piazzola d i tiro; cinq ue cannoni eri per il servizio al pezzo; sei carri, con circa quaranta cava lli, per il trasporto del munizionamento. Co n siderando lo stato delle strade all ' epoca si co mp r ende facilmente quanto fossero aleato rie operazioni militari durante la cattiva stagione.
La pratica di affidare ad appaltatori civili i trasporti e gli approvvigionamenti era un'altra causa dello scarso rendimento dell'apparato logistico, c h e non riusciva a gara n tire né la regolarità delle somministrazioni né la qualità dei prodotti.
A qu esto si aggiunga la m ancata conoscenza di quelle che oggi ci appaiono le più elementari norme igieniche e si compre nd erà facilmente l'elevata percentuale di amma lati che affliggeva g li ese rciti di a ll ora.
Anc he i feriti in combat timento erano curati molto sommariamente, quasi tutti gli eserciti non avevano medici al seguito, se non que lli persona li de i personaggi più alto locati. Il tercio spagnolo, un vero modello di organizzazione per i tempi, ammetteva un medico ogn i mill e uomini contro otto prostitute ogni cento soldati, ri tenute ev identemente più utili per il morale dei combattenti! T uttavia anche nel campo medico fu compiuto qualch e progresso per merito del francese Ambroise Paré che nel 1545 pubblicò un ampio trattato, Méthode de traicter /es plqyes faictes par harquebutes, nel quale finalmente si proibiva d i trattare le fer ite d'arma da fuoco con la cauterizzazione e si suggeriva l 'uso d i meno traumatici unguenti. Nel 1 585 g li Spagnoli aprirono a Malines il primo ospeda le militare per i feriti e per gli ammalati. La Spagna fu all'avanguardia anche n e l settore del vettovagliamento, riu sce n do a distribuire con regolarità alle sue truppe tre libb r e di pane ogni due giorni ed un a lib b r a dì carne o d i formaggio o di pe sce ogni giorno, ricorrendo a fornitori civili ed a una catena dì depo siti.
L a g uerra s ul mare
Negli ultimi d ec e nni del seco lo XV e più ancora nel corso del XVI la guerra s ul ma r e, s i a pure con qualche contraddizione e co n molte esitazioni, si trasformò raclicalmente: le navi da guerra si diversificarono da quelle mercantili; il d is locamento medio dei bastimenti crebb e in m odo consid erevole; a poco a poco furono abbandonate le consolidate manovr e dì speronamento e dì abbordaggio a favore dell'azione dì fuoco a distanza, effettuata da cannoni di ca li bro s e mpre maggior e. L'evoluz ione d e l navig lio e de i procedimenti di azione fu naturalmente diversa nel Mediterran eo e nell' A tlantico.
Nelle acque genera lmente calme, almeno nel peri odo estivo, del Medi t erraneo la ga lea 7 , propulsa sia dai remi sia dalle vele , molto manovriera e dì ridotto pescaggio, continuò ad essere la protagonista indiscus sa della battaglia navale.
Lunga circa quaranta m e tri e larga cinque, munita dì un o o du e alberi con vel e inizialmente quadrate e poi latine, con venticinque-trenta banchi di v oga 8 per ciascuna fiancata, la galea poteva raggiungere i se i-sette nodi a forza di remi ed i dodici quando il vento gonfiava le ve le.
In realtà la ga le a era molto simile alla trireme romana ed al dromone bizantino, poco adatta sia alle lungh e traversate, data la consiste nza dell'equi p aggio 9 ed il poco spazio disponibile per i viveri e per l'acqua, sia alla navigazione con mare grosso, tuttavia in acqu e calme e ristrette era un eccellente arnese di guerra, armata con un r obusto spe r one a prua e con una quindicina di cannoni, sistemati sui castelli di prua e di poppa quelli dì maggior calib ro, sulle fiancate quelli più piccoli, utili ssi mi p er res pinge re un te ntativo di abbordaggio.
Nonostante gli obiettivi limiti nautici la galea era in grado di opporsi con successo all'attacco dei pirati barbareschi, l'unico nemico che minacciasse i traffici nel bacino del Mediterraneo.
Dopo il 1540 Venezia, la maggiore potenza navale, ini ziò la costruzione di un tipo di galea più grande e meglio armata, la ga leazza.
Lunga cinquanta m etri e larga nove, una tipica galeazza era armata con otto cannoni pesanti, in grado di lanciare ad alzo zero una palla di ferro di sessanta libbre a seicentocinquanta metri di distanza, sistemati a prua ed a poppa e con sette spi ngarde anti-uomo lungo ciascuna fiancata ed era quindi in grado di sviluppare un grande volume di fuoco.
Alla battaglia di Lepanto (1571) le sei galeazze veneziane presenti, schierate a coppie davanti allo schieramento cristiano, con il loro fuoco preciso e potente molto contribuirono a scompaginare la flotta turca, che avanzava contro quella cristiana a forza di remi e schierata su tre linee, bersagliandola prima di fronte e poi di fianco. I Turchi, infatti, non riuscirono ad abbordare nessuna delle sei galeazze che poterono così continuare a far fuoco per tutta la durata d ella battaglia, affondando un gran numero di navi avversarie, secondo alcuni cronisti dell'epoca addirittura settanta.
Diverso, invece, lo sviluppo delle flotte atlantiche. Già nel secolo XV Spagnoli e Portoghesi avevano impiegato per i loro viaggi di esplorazione velieri a tre alberi e di tonnellaggio superiore a quello delle galee mediterranee e, nello stesso periodo, i costruttori navali frances i, olandes i ed inglesi avevano varato grossi vascelli mercantili senza che all'aumento del dislocamento corrispondesse un aumento dell'equipaggio, grazie ai miglioramenti apportati alla manovra delle ve le.
Equipaggi ridotti, che si traducevano in minore spazio per l'alloggiamento e per i viveri a vantaggio del carico utile per il commercio, erano un'esigenza insopprimibile per i traffici commerciali transoceanici e quando ci si rese conto del maggior rendimento del cannone nella difesa della nave rispetto al balestriere o all'archibugiere, si vollero armare le navi con cannoni più potenti. La nuova artiglieria era tropp o pesante per essere collocata in entra mbi i castelli o lungo il ponte di coperta: doveva essere piazzata più io basso. Nacque così il galeone, snello come la galea ma di dislocamento doppio, con tre alberi e, soprattutto, con le artiglierie sulle fiancate, collocate su affusti ruotati nei ponti di batteria sotto coperta e che facevano fu oco sporgen do con la vo lata dai portelloni.
La maggior potenza dei cannoni, e soprattutto la loro nuova collocazione, det ermi naron o l'abbandono della prassi dello speronamento e l'adozione di un n u ovo procedimento tattico: la bordata, sparata dalle navi che avanzavano in linea di fila e sopravvento rispetto alle navi avversarie, alla distanza minima e con i cannoni puntati contro la linea di galleggiamento d ella nave nemica.
La grande vittoria riportata dalla marina inglese nel canal e della Manica sulla Grande Ar mada spagnola (1588) dimostrò senza possibilità di dubbio la decisiva rilevanza assunta dal fuoco nel combattimento navale.
Lepanto era stata l'ultima battaglia navale delle flotte a remi, lo scontro della Manica fu la prima battaglia navale delle flotte a vela. Anche sul mare le tecniche di guerra medievali erano definitivamente battute da nuovi procedimenti di impiego e dal definitivo affermarsi dell'arma da fuoco.
Letteratura militare
Nel periodo preso in considerazione da questo capitolo le opere di arte militare venute alla luce furono parecchie, ma si trattò quasi sempre di opere mediocri.
Possono essere ricordate: De la integtità de fa militare arte di Antonio Cornazzano e due Memoriali di Diomed e Carafa. Il primo trattato, opera di un uomo di lettere, è un riassunto degli scritti di Frontino, Cesare, Ti to Livio e Vegezio; i due Memoriali, opera di un esperto condottiero, propugnano una stra tegia logoratrice, le nta, studiata, indirizzata più ad evitare la sconfitta che a ricercare la vittoria.
Notevoli però alcune considerazioni: l'ordine e la disciplina possono facilitare il successo; è sempre necessario mantenere fino all'ultimo forze in riserva; è sempre fruttuoso agire contro le ali dello schieramento avversario.
Lo scrittore più s ignificativo del periodo è Niccolò Machiavelli, fautore di una riforma radicale che inv estiva tutta l'arte militare, dal reclutamento all'impiego tattico ed alla politica militare dello Stato.
Nicco lò Machiavelli si era chiesto il motivo dell 'incapacità italiana ad oppo rsi agli eserciti francesi e spagnoli e credette di aver trovato la risposta nella inconsistenza del modo di guerreggiare delle compagnie di ventura , avide di denaro ma molto parche di sangue.
Secondo lo scrittore fiore n tino gli Italia ni avrebber o potu to riacquis tare l'indipendenza con i l re clutamento di un esercito nazionale di cittad ini e con l'applicazione de i procedimenti tattici usati dagli e serciti della repubblica romana.
Nei se tte libri D ell'arte della guerra, scritti in gra n parte n e l 1520, Ma chiave lli affermò la necessità di creare una fanteria nazionale e di farla combattere co n i procedimenti della legione romana manipolare. Se con tale strumento operativo i Romani avevano avuto ragi one delle falangi macedoni, ora gli Italiani avrebbero potuto sconfiggere i quadrati svizzeri.
Pe r il segretario fior e ntino, ino ltre, le armi da fuoco non rappresentavano un os tacolo, solo n e ll 'attacco alle fortezze l'artiglieria poteva fornire un utile sostegno In campo ap erto la b attaglia ri solutiva dovev a essere con dotta da agili formazioni di picchieri che avrebbero s compag inato con il loro impe t o e con la lo r o fl essibilità i g r ossi quadrati svizzeri.
Ne lla sua opera s uc cessiva, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, Machiave lli si o ccup ò del problema strategico, afferman d o la n ece ss ità di condur re una guerra "corta e grossa", imponendo all ' avversario la battag lia d ecisiva. Per lo scrittore fiore n tino, infatti, solo uno s co ntro di grandi proporzioni poteva co nclu dere po sitivamente un conflitto, le fortez ze ed i campi trincerati d ovevano servire soltan to per contenere l'avversario temporaneamente, non avevano quindi r ilevan za n ella condotta ge n erale della guerra. Iotevole è poi l' afferma zio ne che " l'oro non è suffic ie nte a trov are buoni soldati, ma i buoni so lda ti sono ben s ufficienti a trova re l'o ro ", riconfe rma d ella sua disistima nei confronti dei m ercenari e della s ua convinzione d elle superior i qualità del cittadino-s o ld ato. Co m e ha osserva to il Pieri " so prattutto nel campo strategico Machiavelli h a veramente inteso la gue rra: guerra che è la p iù energica e fata le es pres sio n e dell' attività politica di un popolo e la cui condotta si lega strettame nte all a sua o rg anic a sa ldezza". An che ne ll e S t orie fiorentine Machiavelli rib adi l'avve r sio n e per il p r ofessionismo militare e la g rand e fiducia nelle forze popolari, d a trasfo r mare all'occorrenza , e solo per l'o cco rre nza, in forze ar mate.
In sintesi: le concezioni tattiche dello s cri ttore fiorentino erano intrinsicame n te erronee, basate su un'insufficiente conoscenza della tattica romana e s u una deficiente valutazione dell'efficacia dell e armi da fuoco, ma la s ua chiara e precisa affermazione dell'importanza di un a strategia annie ntatrice, in contrapposizione alla prass i del s uo tempo di condurre una guerra lenta e logoratrice, costituisce un m erito non piccolo de l suo pensiero
N Ot E Al Ca Pitolo Vi
Il nu m ero degli uo mini schierati in profo ndi tà era se m p re in feriore a qu e llo degli u o mini schieraci su ll a fro n te perc hé u n u omo c he ca m mina dietro u n al tro o cc upa u no s pa zio alm e no do pp io di qu e llo occupato d a u n uo m o a fianco di un altro.
2 C ARDINI, F. , Quell'cm ticafesta crudele , r irc nze, Sanso ni, 1 982, pag. 8 2.
3 Affer mazione d ello storico inglese J.F. G uilm ar tin , ci ta ta d a G eo f frey Pa rk er n el volume La 1ivo!uzione militare, Bo logna, Il Mulino, 1990, pag 3 3.
4 11 moschetto, pi ù pesa nte dell'archibugio, aveva però u n'effic ac ia s u perio re e fi nì con l'impors i a nc he se il soste g n o a fo rcella costitu iva un ogge ttivo impa ccio per il tiratore n elle m a rce.
5 Mo lti s tudio si individuano nella c1Jhme/a la genesi d e l m o d ern o reggime n to. A nc he la denomi n a zio ne di colon n ello p e r l' uffi c iale che è pos to al coma nd o del reggim e n to deriva d al colone/ com a n dan te della colu ncla
6 li ter mine carac()//o d e riva dall o s pagn o lo caraco4 c h ioc c iola . V isto dall'al co, l'attacco d ella cavalleri a, a causa delle regolari e ampie vo lu te e ffettua te d alle rig he d i cavalieri per m e tters i in coda a llo squadron e, ricordava effeniva m c n te l'andamento d el guscio di u na lu m aca
7 Il te rmin e galea di origin e b iza n tina d eriverebbe da gali, s qu alo, o da galaia, pesce spad a.
8 Ciascu n ba nco di voga era occupato da almeno tre re m ato ri.
9 Tra re ma to ri, m a rin a i e so ld ati l'equipaggio d i una galea s upera va spesso di m olto le d u ecento unità.