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Bisogna democratizzare le Forze Armate? ....... ...... ............... ............... ..... .. ......... . »
risolvendo appunto quel problema agitato da tutti i 'novatori' e che, specialmente da noi italiani, si vuol far più difficile della quadratura del circolo". Il Poli perciò si augura che qualcuno "risponda per le rime" al De Grossi ...
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Anche dall'articolo di M. si deduce che il punto della questione, più che nella ricerca di nuove forme disciplinari, consiste nell'eliminazione di privilegi, abusi e carenze anche in passato da condannare, perché in contrasto con il vero concetto di disciplina.
Il problema della ricerca di una nuova disciplina è assai più complesso e non si esaurisce nel dibattito del primo dopoguerra, ma ha un seguito sulle riviste militari anche negli anni seguenti, e in particolar modo negli anni 70. In tutti i casi, questo contributo di M. rimane tuttora di attualità, se non altro perché riguarda obiettivi che in ogni tempo la selezione dei Quadri ha inteso raggiungere.
(F. B.)
I..:edizione europea della Rivista «Life» di Chicago ha pubblicato un articolo nel quale Robert Neville <<accusa il sistema antidemocratico di casta» vigente nell'Esercito degli Stati Uniti.
«Life» mette in evidenza che Neville ha servito dapprima come soldato poi come ufficiale raggiungendo il grado di tenente colonnello; che egli è stato corrispondente della New York Herald Tribune, redattore delle notizie estere del «Time», poi redattore di «Stars and Stripes» nel teatro Mediterraneo con sede successivamente ad Algeri, Orano, Casablanca, Tunisi, Palermo, Napoli, Roma.
I..:articolo è ornato di illustrazioni, due delle quali riproducono i cartelli propagandistici dell'arruolamento, pieni di euforia relativa al benessere del soldato, e due delle quali mettono in ridicolo tale euforia.
Si tratta di uno scritto «giornalistico», non «di studio» né di analisi critica; ma esso può essere oggetto di studio per noi Italiani, giacché anche da noi non manca chi, nella massima buona fede, si pone il problema che riassumo nel titolo della presente recensione.
Leggendo l'articolo del Neville e integrandolo con la lettura di altri scritti, specie americani ed inglesi, che vanno qua e là comparendo, ci si accorge che il problema stesso può distinguersi in parecchie questioni.
V'è in primo luogo quella del trattamento economico direttamente corrisposto (in danaro o in natura) ai militari dei diversi gradi gerarchici nelle varie posizioni: di servizio in prima linea, di servizio nelle retrovie, e di licenza. I novatori si lamentano che vi sia eccessiva diversità tra gli ufficiali, i sottufficiali e la truppa.
Naturalmente bisogna tener presente che in tempo di pace la questione cambia in parte d'aspetto, perché allora per alcuni militari (ufficiali, sottufficiali, graduati) il servizio militare è una professione volontaria (militari di carriera) mentre per altri (siano o no ufficiali) tale servizio è un obbligo nei Paesi dove vige la coscnztone.
La seconda questione concerne quella parte del trattamento che non viene direttamente corrisposto al militare ma che forma la organizzazione della sua vita e del suo benessere, ossia l'alloggio, le mense, le installazioni di conforto e in parte le vestimenta specie l'uniforme. Anche per tutto ciò i novatori si lamentano che sia eccessiva la disparità tra le tre categorie: ufficiali, sottufficiali e truppa; e anche per tutto ciò vale la distinzione fatta qui sopra fra la professione volontaria e il servizio obbligatorio.
Le due prime questioni come si vede riflettono il lato economico-logistico dell'organizzazione delle forze armate.
Invece le seguenti si riferiscono al costume o al regolamento.
È ingiusto che nel mondo esterno, si dice, taluni luoghi (come sale di spettacoli, ristoranti, caffè, e peggio vagoni ferroviari ed altri veicoli) siano riservati agli ufficiali e preclusi alla truppa.
Ciò potrebbe considerarsi ragionevole, si dice, se la truppa fosse deficiente di educazione (formale e sostanziale) e invece gli ufficiali fossero dotati di educazione eccellente; ma purtroppo così non è, almeno per la seconda parte.
I novatori aggiungono che da tutte le disparità sopra accennate deriva che il mondo dei non militari manifesta verso un ufficiale una considerazione assai maggiore di quella che manifesta verso un militare di
A. MECOZZI - Scritti scelti - Voi. II (1945-1970)
truppa, e assai maggiore di quella che spetterebbe al merito intrinseco rispettivo; perfino le compagne degli ufficiali si sentono superiori a quelle dei soldati!
La forma dei rapporti fra i vad gradi gerarchici dovrebbe essere meno autoritaria senza che divenisse perciò meno autorevole; anzi la sostanza stessa di tali rapporti merita di essere modificata, nel senso di un assai maggior rispetto che il superiore dovrebbe verso i «diritti umani» dell'inferiore e la qualità di «essere razionale» che a quest'ultimo si deve riconoscere, risparmiandogli obblighi spiacevoli allorché non sono necessari, ed ordini capricciosi, e non sollecitandone mai la servilità.
Le questioni che seguono non sono né economiche né di ordinamento, ma sembrano assai scottanti se formano oggetto di discussione nelle forze armate di tutti i Paesi (Italia non esclusa).
Sembra dunque, al dire dei novatori: - che tra gli ufficiali si commettano abusi e disordini (anche di contegno morale) e profittazioni (specie nell'uso dei beni collettivi quali automobili e alloggi), i quali restano tollerati tanto più per quanto più elevato sia il grado, mentre ne vengono repressi anche assai più lievi se commessi da uomini di truppa; - che troppi siano gli ufficiali i quali commettono disonestà vere e propri~, reati, i quali inoltre sfuggono alle sanzioni in misura maggiore per i gradi maggiori; - che siccome sono gli ufficiali a fare le leggi e i regolamenti d'interesse militare, essi li fanno principalmente a proprio beneficio; che tra gli ufficiali i più elevati danno la preferenza, precedenza e prevalenza alle disposizioni che procurino loro maggiori benefici; le disposizioni di cui dovrebbero beneficiare sottufficiali e truppa vengono sempre per ultime.

Mi sono dovuto diffondere ad illustrare quest'ultima questione sollevata dai «novatori» perché mi sembra che alla resa dei conti il problema del cosiddetto «democratizzare le Forze Armate» si possa ridurre alla considerazione seguente:
Attualmente nelle gerarchie militari di quasi tutti i Paesi (anche di alcuni dei Paesi vincitori) gli individui che rivestono i gradi superiori (ufficiali) non posseggono più, di fronte agli individui che rivestono i gradi inferiori (uomini di truppa compresi) quel PRESTIGIO (culturale, morale, sociale) che prima godevano e che faceva riconoscere come legittimamente loro dovuti, insieme alla autorità ed alla responsabilità, anche particolari vantaggi e privilegi.
Che tale perdita di prestigio sia prodotta da una minorazione di qualità degli individui di maggior grado; o da una maggiorazione di qualità degli individui di minor grado; o da entrambe le cause; o anche perfino da una eventuale ingiusta presunzione di questi ultimi contro i primi (supposti invece integri nel loro meritO effettivo); ciò non ha una reale importanza pratica.
In 'concreto i minori dicono ai maggiori: Voi usurpate vantaggi che non meritate; bisogna accorciare le distanze fra voi e noi nei vantaggi, portandole ad essere nella giusta proporzione in cui si trovano le distanze fra i meriti rispettivi.
Un tempo si era ufficiali per diritto 'di nascita, poi lo si fu per un diritto riconosciuto ai possessori di determinati requisiti; oggi si contesta che per esempio uno di tali requisiti (il titolo di studio) sia frutto di merito personale anziché di un privilegio di classe, e si contesta che esso sia sufficiente.
Oggi si contesta che il principale di tali requisiti: il carattere (col suo corredo di probità, onestà, serietà, fermezza, equità, disinteresse, operosità, eccetera) sia tra gli ufficiali sufficientemente diffuso, mentre un tempo si ammetteva che fosse generale ·ed eccellente, se non esclusivo.
Immaginate un ambiente militare dove i meriti intrinseci degli individui che rivestono grado superiore fossero riconosciuti anziché contestati dagli individui che rivestono grado inferiore; dove il prestigio dei primi fosse una realtà operante anziché una ipotesi non realizzata; dove la differen~iazione dei requisiti, la distanza fra i minimi i massimi (culturali, intellettivi, fisici, spirituali) fosse effettiva e non convenzionale.
In tale ambiente a nessuno verrebbe in mente cli «accorciare le distanze» dei vantaggi (economici o morali) e dei rapporti (formali o sostanziali) inter-gerarchici.
A me sembra evidente che ogni ambiente militare debba essere essenzialmente «gerarchico» e non possa essere che tale; e credo che (non etimologicamente) gerarchia significhi «distanza» o «livello»; perciò l'accorciamento delle distanze (perché in tal senso la maggioranza delle persone intende il «democratizzare») è una contraddizione in termini.
Parte I - Il primo dopoguerra e gli scritti sulla "Rivista Aeronautica" (1945-1953)
Sarebbe un metodo sbagliato che il generale dicesse al soldato «tu devi stare a disagio perché così voglio»; ma è un metodo inattuabile se non altro per motivi economici e funzionali quello di dire al soldato: affinché tu sia tranquillo e obbediente ti alloggerò e stipendierò come un ufficiale, e «accorcerò le distanze» anche in altri rapporti.
Le distanze vengono accettate spontaneamente se esiste il prestigio; ed è questo, non è il regolamento che produce la subordinazione, e con essa il riconoscimento che sono dovuti deferenze e privilegi.
Senonché sembra, nelle Forze Armate di quasi tutti i Paesi, che il «prestigio» sia una molla ormai scaricata; è indispensabile ed urgente ricaricarla; ma non lo si può fare con un decreto del presidente della repubblica o del re (dove il re c'è ancora).
L'opera necessaria è assai più complessa; «democratizzare» deve significare: A - Reclutare con spirito democratico, cioè dal basso, mantenendo aperto l'accesso a tutti i gradi per i meritevoli, da qualsiasi classe sociale siano provenienti. B - Selezionare nell'avanzamento elevando i migliori con severità estrema, badando a che siano selezionati i selezionatori. C - Contrastare ogni eventuale formarsi d'un nuovo spirito di casta, agendo all'uopo con provvedimenti organici, e con azione educativa; nonché con sanzioni contro ogni atto «autoritario» che sia inoperante per l'autorevolezza. D - Reprimere con assoluta intransigenza ogni ahuso; concedendo però effettivamente ed esplicitamente i privilegi di cui si riconosca opportuno l'uso.
I dispareri si manifestano probabilmente soltanto sul punto A che è il più dolente; eppure è necessario affrontarlo; siccome nella attuale struttura sociale non la dote naturale dei singoli ma la diversità di classe economica cui appartengono produce taluni «titoli» che per convenzione si consideravano, ma ora non più si considerano, dimostrativi cli un superiore livello culturale, spirituale, morale; bisogna scovare e sospingere i migliori esistenti anche fra i senza «titoli» iniziali, saggiandone la reale sostanza per esempio facendo in modo che il personale i·n tutti i gradi sia tanto assorbito dallo studio quanto dal servizio (e per gli aviatori dal volo) e in ogni modo sia più assorbiro dalle dette occupazioni che dalla vita fuor.i servizio; «mi·litare» (verbo) deve significare dedicarsi ad una missione (per coscrizione o per volontarietà), non deve significare avere un impiego con relative 36 ore settimanali e chi le superi riscuota le ore straordinarie.
In quanto all'avanzamento può sembrare eresia, ma non è, auspicare che si tenga conto anche del giudizio degli inferiori, pur senza giungere al metodo elettivo che la disciplinatissima Chiesa cattolica applica da secoli; ma per far ciò bisogna che l'attuale demagogismo sia placato attraverso un giusto rinnovamento ed una energica opera educativa; mentre oggidì ... !
In ogni modo, siccome l'uomo, si trovi in alto o in basso, è più propenso a ricordarsi dei suoi crediti che dei suoi debiti, bisogna auspicare che il progresso sociale ci adduca a una forma di democrazia progressiva che parli ai cittadini, e ancor più ai militari comandanti o gregari, più spesso cli doveri che di diritti.

Dopo cli che le distanze potranno essere allungate senza inconvenienti, anzi lo dovranno con qualche ottimo effetto di sprone, e di efficacia funzionale.
È curioso osservare che nelle Forze Armate (non diciamo della sola Italia) il prestigio s'è ridotto man mano che le distanze si sono accorciate; quale dei due è la causa e quale l'effetto? O non sono interdipendenti?
La disciplina e la subordinazione militari, formali e sostanziali, sono in un ribasso che è pauroso soprattutto ai fini funzionali; si scorgono dovunque di continuo superiori che non reagiscono alle alzate di testa degli inferiori; si odono di continuo inferiori che con ragione (purtroppo) stigmatizzano colpe o deficienze di superiori.
Una frattura s'è aperta tra due parti d'un ambiente nel quale invece la coesione è essenziale per l'efficienza; in alcuni Paesi ciò accade anche perché sono crollati dei miti; ma in tutti i Paesi, con sola eccezione la Russia, ciò accade perché l'ambiente non ha saputo adeguarsi ai tempi quali sono (né bastano i militari a modificarli); indietro non si può tornare, bisogna saper andare avanti.
Bisogna creare un nuovo spirito militare, idonei ai nuovi tempi.
Ma io volevo soltanto recensire l'articolo del Ncville, e mi sono lasciato andare a troppe considerazioni; eccovene un largo sunto, leggetelo. Anzi lo faccio seguire dal sunto cli un articolo di Paul Deutschmann redattore dello stesso «Life».
Non vi scandalizzate delle molte futilità che sembrano tanto preoccupanti a quei beati combattenti venuti d'oltre Atlantico; andate all'osso della questione: ufficiali troppo numerosi e fra essi molti con pochi meriti, troppi privilegi e poca austerità; d'onde incontentabilità della truppa, nonostante che a noi meschini sembrasse così prodigalmente provvista d'ogni benessere. I due articoli dimostrano una tesi alquanto diversa da quella che vorrebbero sostenere!
