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La teoria della guerra alla prova dei fatti ......... ................... .... ......... ......... ..... . »

A. MECOZZI - Scritti scelti - Vol. II (1945-1970)

LA TEOIUA DELLA GUERRA ALLA PROVA DEI FATTI

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Il conflitto che eia quasi sei anni sta insanguinando il mondo trova le sue radici in un fattore economico; ma la determinazione di scatenare il conflitto e le forze che l'hanno condotto e lo fanno perdurare sono sostanziate di fattori ideologici.

Scendendo più nel dettaglio dobbiamo riconoscere che la preparazione della guerra e la sua condotta sono il risultato, l'applicazione di concetti puri, di teoriche.

Questo è vero per la guerra in complesso ma è più vero per la guerra aerea in particolare; perché mentre per la guerra nel complesso, nelle sue forme terrestre e navale, si avevano secoli di esperienza a fornire una guida alla formulazione delle dottrine, per la guerra aerea l'esperienza del conflitto 1914-1918 non era sufficiente, cosicché i concetti puri, le «teoriche,, influenzarono i fatti in misura assai maggiore.

Non è ancora stato scritto, ed è troppo presto per scriverlo, un libro che racchiuda l'analisi delle teorie di guerra aerea agitatesi nel periodo interbellico, e le prospetti in una sintesi che dimostri quale influenza ciascuna di esse ebbe nella preparazione della guerra aerea ed ha avuto nella sua esecuzione.

Ho letto con piacere il proposito della Rivista Aeronautica di fornire ai lettori materiale di studio, e incitarli a manifestare il prodotto dei loro studi: credo che attuandolo con sollecitudine si potrebbe contribuire alla elaborazione del libro cui sopra ho accennato 1 .

Una simile fatica non ha scopo puramente «scribacchino»; avrebbe torto chi credesse che le teoriche militari servano al sollazzo degli scrittori militari; ad occupare gli ozi dei pensionati.

Gli uomini d'azione, i piloti sul velivolo, i comandanti sul prato degli aeroporti, debbono considerare i «facitori della parola» come facitori dei fatti e temerli (o approvarli) come quelli dai quali ogni loro fatica e ogni loro rischio potrebbero essere inutilizzati (o potenziati).

Dirò di più: proprio quegli uomini d'azione non dovrebbero sdegnare di essere altresì, se non prima di tutto, uomini di pensiero affinché il pensiero non

1. Un libro non tr.oppo dissimile da quello qui proposto già esiste in bozze di stampa. Ne daremo prossimamente notizie ai lettori della Rivista {N.d.R.). venga monopolizzato da chi lo concepisca senza il quotidiano confronto alla realtà operante.

In Italia, come in tutti i paesi liberati, si sta facendo il processo agli uomini che collaborarono politicamente con le dittarure e ne avvalorarono le ideologie politiche. Si sta anche facendo il processo ai dirigenti per accertarne le colpe e gli errori in fatto di dirittura morale, e in fatto di solerzia professionale ossia responsabilità inerenti alla esecuzione dei doveri che appartengono alle cariche.

Tutto ciò è molto giusto e molto fruttuoso specie se giungerà al risultato di colpire i colpevoli, soprattutto quelli che per la loro alta posizione poterono compier,e maggior danno. Ma vi sono responsabilità d'altro' genere oltre le suddette; vi sono cioè le responsabilità professionali intellettive, i «concetti sbagliati» da cui derivarono conseguenze enormi nella preparazione e neILa condotta della guerra, e perfino nella determinazione di scatenare la guerra.

Certo i «politici» non l'avrebbero scatenata se i «professionali» dell'economia e della produzione industriale, della scienza della guerra o d'altre attività che interessano la guerra, non avessero, per sbagliati calcoli o per dolosa lusinga, convinto i «politici» che l'avventura sarebbe giunta a buon fine.

Il governante più spregiudicato esiterà ad aggredire se ha la coscienza d'essere armato male; ma getterà il paese nella guerra quando i suoi «professionali» gli assicureranno di possedere il «raggio della morte», la ricetta per la «guerra-lampo», la dottrina per il «dominio».

Dunque se i politici sono colpevoli davanti al tribunale penale de.Ila coscienza umana, i <<professionisti» sono colpevoli davanti ad un tribunale civile per i rovinati interessi della collettività.

Non importa se quegli errori siano stati compiuti in buona fede; ciò pòtrà diminuire, annullare la punibilità; sebbene l'errore in buona fede non sia reato, i danneggiati, constatato e comprovato il danno, hanno il diritto ed il dovere di accertare se esso provenga o no in tutto od in parte da un errore concettuale, ed identificare a quali persone l'errore sia imputabile; se quest'errore non è dolo, esso è più che un difetto ed è meno che un delitro, è colpa.

Una colpa di questo genere è tanto più grave nei casi quando contro l'errore concettuale che si stava commettendo si levò la voce di qualche dissenziente a confutare, e non fu ascoltata, per incuria o per presunzione; essa è ancor più grave e rasenta il reato quando il dissenziente fu avversato affinché tacesse,

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