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L’esigenza testamentaria
realtà con la quale non è spinto ad entrare in contatto né dalla scuola, né dalle istituzioni.
Per questi e altri motivi, la Resistenza non ha saputo, o potuto, trasformarsi da momento storico in “leggenda” mitica ed eroica – presente nell’immaginario collettivo generale come espressione di patriottismo – e collante che avrebbe dovuto riunire il lacerato popolo italiano.
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L’esigenza testamentaria
Detto questo, si deve precisare che non tutti i testi di memoria degli anni ’90 nascono in difesa della guerra di Liberazione. Anche se il genere della memorialistica resistenziale subisce molto l’influenza del clima contemporaneo, per ogni decennio analizzato si trovano sempre – in maggiore o minore misura – testi nati da motivazioni personali. In particolar modo, negli anni ’90 vi sono molti ex partigiani che scrivono semplicemente per lasciare un loro “testamento”, prima della morte. Non ci si deve stupire di questo fatto: facendo un mero calcolo matematico, i più giovani partigiani negli anni ’90 hanno già oltrepassato i settant’anni. L’esigenza testamentaria diventa quindi un motivo di scrittura comune, rilevante poiché percepito da più di un ex partigiano. Non tutti gli ex combattenti hanno mantenuto un ruolo attivo all’interno dell’opinione pubblica; si è visto che, dopo la delusione post-Liberazione, molti si sono ritirati dalla militanza, preferendo la zona oscura del privato. Nel momento della vecchiaia alcuni di questi ex combattenti hanno recuperato il ricordo dell’esperienza resistenziale ed hanno sentito l’esigenza di scriverne. È uno dei modi per scongiurare la propria personale fine, ma non per soccorrere l’immagine crocifissa della Resistenza. Che questi testi contribuiscano anche allo scopo difensivo del mito partigiano, è un fatto collaterale. Si tratta di testimonianze in cui, di nuovo, all’esigenza privata di scrivere corrisponde una narrazione più personale.
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