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I testi di memoria
documentare episodi, a ricostruire circostanze. Ringrazio tanti cari amici che mi hanno dato la loro collaborazione.284
In ambito storiografico non è difficile trovare testi che nascono dalla collaborazione di più testimoni o studiosi. È lavoro d’équipe il volume Il monte Rosa è sceso a Milano, scritto a due mani, da Pietro Secchia e Cino Moscatelli. Il confronto tra diverse prospettive diventa sempre più un elemento utile per avere una ricostruzione del fenomeno che si è vissuto. L’esigenza del raffronto si ritroverà anche in ambito memoriale. La crisi socio-politica degli anni ’60 e ’70 aveva contribuito a rinsaldare i rapporti tra gli ex partigiani, che si erano indeboliti probabilmente a causa dell’inattività e del silenzio a cui i ribelli erano portati dal clima di sospetto della fine degli anni ‘40. Come è ovvio, ci sono stati ex combattenti rimasti attivi, ma anche partigiani che dopo la Resistenza non sono più scesi in campo direttamente, e si sono ritirati nel privato. L’atmosfera di protesta, però, che indubbiamente si respirava in quegli anni, si diffondeva grazie ai mass media e all’informazione anche nelle case di chi non voleva essere
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coinvolto direttamente, contribuendo a risvegliarne i ricordi.
I testi di memoria
Gli scritti di memorialistica degli anni ’80 continuano ad essere pubblicati con la stessa frequenza dei decenni precedenti. Si possono notare, però, alcune nuove tendenze legate al clima contemporaneo. Prima di tutto, diminuiscono le memorie partigiane operaie legate alla lotta di classe, dal momento che anche nel concreto le manifestazioni di piazza – operaie e studentesche – sono quasi del tutto scomparse. In effetti, gli anni ’80 vedono in Italia un situazione di apparente equilibrio. Dopo gli anni di piombo, si sente che il paese ha bisogno di un momento di tranquillità, di provvedimenti che mettano un freno deciso al terrorismo. Grazie all’azione dello stato, delle forze dell’ordine e della magistratura il fenomeno viene apparentemente estirpato. La quiete però è solo momentanea. Questo periodo è segnato dalla politica di accordo tra Dc e Psi, dalla partitocrazia, dall’egemonia di Craxi e Andreotti, ma anche dalle tangenti, dalla corruzione ai vertici governativi e di partito, dall’eccessiva
284 GIUSEPPE GARNERI, Tra rischi e pericoli: fatti e testimonianza nel periodo della Resistenza, della liberazione e della persecuzione contro gli ebrei, Pinerolo, Alzani, 1981, p. 5.
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intromissione dello stato nell’economia del paese. I lati negativi di questo tipo di gestione statale emergeranno solo successivamente. La relativa – anche se solo apparente – tranquillità degli anni ’80 si rispecchia nella pacatezza dei testi di memoria partigiana. Negli scritti comparsi in questo decennio non si trovano aperte rivendicazioni di sinistra o polemiche in riferimento all’attualità politica. È interessante sottolineare questo elemento, poiché permette di evidenziare un parallelo tra questi scritti e i testi degli anni ’50; anche i testi della seconda ondata sono per la maggior parte privi di riferimenti diretti alla situazione politica del dopoguerra. In effetti, per entrambi i periodi si evidenzia la coincidenza tra una situazione “tranquilla” – per quel che riguarda il dibattito interno al paese sui fatti resistenziali – e la produzione di testi di memorialistica meno motivati da esigenze legate alla difesa dei valori resistenziali, e per questo più originali. L’esigenza di raccontare la Resistenza per difenderne l’immagine pubblica porta alla nascita di testi molto simili tra loro, perché “conformati” dallo stesso obiettivo. Si vedano le pubblicazioni immediatamente successive alla Liberazione: la maggior parte di esse tende a descrivere la Resistenza sotto una luce eroica e leggendaria, usando toni agiografici ed evitando i temi più dolenti. Questa stessa situazione si ripresenta negli anni ’60 e ’70; la si noterà anche nei testi degli anni ’90. Alla luce di quanto detto si può affermare che il “filone” della memorialistica partigiana ha i momenti di maggior sviluppo quando i suoi autori sono spinti a scrivere non da motivazioni contingenti, ma solo da esigenze personali. Chi racconta senza scopi rivendicativi immediati ha infatti la possibilità e la libertà di tentare nuove strade espressive per raccontare la Resistenza vissuta. Si individuano, tra i testi pubblicati in questi anni, scritti che escono dalle strutture canoniche della memorialistica resistenziale e si avvicinano ad una più originale dimensione narrativa. Si vedranno memorialisti che “giocano” con le tecniche narrative, con le tematiche, con i personaggi dei propri ricordi, e anche con lo stile, fino a ricalcare le orme del romanzo.
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