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Mescolanze, eccezioni, sovrapposizioni a livello di studi

singolarmente affini alle lettere, agli epistolari, tant’è vero che fra gli scritti antologizzati nella celebre raccolta di Lettere dei condannati a morte della Resistenza, rinveniamo brani o frammenti di diario, scritti a volte in condizioni drammatiche, nelle galere fasciste o tedesche.63

Alla luce di queste riflessioni i diari partigiani, non essendo testi di memoria, andrebbero esclusi dal mondo della memorialistica.

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Mescolanze, eccezioni, sovrapposizioni a livello di studi…

Ciò nonostante, mi sembra utile fare qualche altro accenno al genere diaristico, poiché la situazione non è così ben delimitata: ci sono anche in questo caso zone d’ombra in cui i due generi – memorialistica e diario – si accavallano. Castelli stesso, oltre a lamentare il fatto che questi scritti siano stati a lungo trascurati dagli studiosi, nota una certa confusione tra i due tipi di testo:

E qui bisogna dire che non è facile rispondere perché se sulla letteratura e sulla stampa della Resistenza esiste ormai una ricca bibliografia, mancano ancora del tutto una ricognizione e un’analisi della diaristica prodotta nel corso della lotta partigiana o a ridosso di essa, sia da protagonisti che da testimoni di quell’evento. È successo che persino da parte degli studiosi più ferrati in materia non si sono considerati i diari partigiani come genere a sé stante, venendone impropriamente a trattare nella memorialistica, sulla base dell’ovvia considerazione che “meno è evidente la differenza fra diario e racconto, più sottile è quella fra diario e memoria”.64

Castelli porta a sostegno della sua tesi l’esempio di Roberto Battaglia, storico e autore a sua volta di una memoria partigiana.65 In un suo intervento66 sulla storiografia resistenziale, Battaglia non fa distinzioni tra la produzione diaristica e la vera e propria memorialistica, anzi definisce “diari” testi che hanno la struttura della narrazione continua e sono scritti anni dopo i fatti raccontati, come Ponte rotto67 di Gian Battista Lazagna, La riscossa di Raffaele Cadorna, Il mio granello di sabbia68 di Luciano Bolis. Credo che Battaglia non abbia fondato queste sue affermazioni su una verifica diretta dei testi, o meglio, che abbia considerato i termini “memoria” e “diario” semplicemente come due sinonimi,

63FRANCO CASTELLI, Diari della “guerra breve”. Prime ricognizioni sulla diaristica resistenziale, in “Italia contemporanea”, n. 179, giugno 1990, p. 268. 64 Ivi, p. 265. 65 ROBERTO BATTAGLIA, Un uomo un partigiano, Firenze, Edizioni U, 1945. 66 ROBERTO BATTAGLIA, La storiografia della Resistenza. Dalla memorialistica al saggio storico, in “Il movimento di liberazione in Italia”, n. 57, fas. 4, ott.-dic. 1959, pp. 80-130. 67 GIAMBATTISTA LAZAGNA, Ponte rotto, Genova, Edizioni del partigiano, 1946. 68 LUCIANO BOLIS, Il mio granello di sabbia, Torino, Einaudi, 1946.

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senza legare ad essi una differenza di status. Per dimostrarlo, si consideri il volume di Raffaele Cadorna, definito da Battaglia «opera, svolta in forma di diario o in prima persona»: 69 nella premessa introduttiva, il generale mette bene in chiaro i motivi che l’hanno spinto a raccontare gli episodi storici a cui ha preso parte, prima come ufficiale di grado maggiore dell’esercito italiano, poi come comandante del Cvl a fianco di Luigi Longo. Cadorna dice:

Mi sono deciso a rompere gli ozi campagnoli del pensionato ed a scrivere la narrazione dei fatti ai quali ho preso parte nel tragico episodio del 1943-1945 per offrire il mio sia pure modesto contributo a quelli che scriveranno la storia di quel periodo fortunoso. Sono sempre stato convinto che la Storia è realmente maestra di vita, quando sia scritta con obiettività, cioè senza retorica e senza scopi propagandistici. Sono anche convinto che se avessimo meglio scritto e meglio studiato la recente storia d’Italia, per esempio quella del conflitto 1915-1918, avremmo evitato molti errori che ci furono fatali. […] Cercherò quindi di essere obiettivo quanto umanamente possibile e a tale scopo mi riconosco uno stato d’animo particolarmente favorevole, non avendo nulla, assolutamente nulla da rivendicare. I fatti narrati furono diligentemente, e non da me solo, vagliati: devono quindi ritenersi, per lo meno nelle linee essenziali, storicamente esatti.70

Dalle parole di Cadorna traspare chiaramente il fatto che il suo è un testo di memoria steso dopo i fatti narrati. Egli ambisce a dare di essi una descrizione il più oggettiva possibile per essere utile ad una successiva ricostruzione storica: niente che lo avvicini a quello che è un diario. Per fare un altro esempio illuminante, si consideri il testo di Luciano Bolis, breve ma toccante racconto dell’esperienza della prigionia che l’autore ha vissuto nelle carceri di Genova. La paura di poter rivelare sotto tortura alcune informazioni sui partigiani liguri delle brigate “Giustizia e Libertà”, di cui è ispettore, lo spinge verso il suicidio in carcere. Bolis cerca di tagliarsi le vene, di lacerarsi la carotide, ma il tentativo fallisce; egli sopravvive e viene successivamente liberato da un intervento dei partigiani. La testimonianza dell’esperienza vissuta viene scritta di getto un anno dopo, nel 1946, su insistenza di Ferruccio Parri, il quale dice nella premessa introduttiva alla prima edizione:

Un anno è passato e Bolis, che si è salvato per miracolo, parla ancora penosamente, ancor quasi afono. Parlano di più, e interrogano, i suoi occhi vivaci, un po’ confidenti, un po’ franchi e indagatori. Nei suoi occhi ho cercato il segreto di tanta forza d’animo così inumana e

69 R.BATTAGLIA, La storiografia della Resistenza, cit., p. 90. 70 RAFFAELE CADORNA, La riscossa, Milano-Roma, Rizzoli, 1948, p. 3.

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