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2)0 OPERA OMNIA DI BENITO MUSSOLINI "

Due grandi organjzzazioni internazionali - il socialismo e la chiesa - hanÒ.o tentato di porsi a traverso di. questa necessità 11 tentativo è fallito. Abortito. D ov'è Stoccolma ? Sotto la maschera di città d ella pace, come l'avevano battezzata i neut ralisti, la capitale svedese nascondeva la sua criminosa complicità colla Germa.Ìlia, e l'adunata dei socialisti a Stoccolma non era che un episod io della manovra « organizzata » dal binomio Troelstra-Scheidemann.

Dopo Stoccolma, e in concorrenza a Stoccolma, il gesto del papa. Ma c.hi potrebbe afferrilare ch'esso avrebbe abbreviato di un giorno solo « l'inutile strage»?

E allora, se i due tentativi pacifisti del 1917 sono clamorosamente fa lliti, se la guerra continua, non g ià per un capricci? - che sarebbe mostruoso - dei governanti, ma p er l'oscura intuizione diffusa tra i ·popoli malg ra do certe sporadich e m anifestazioni superficiali, è che la posta di C]uesto gioco è l'avvenire della razza umana, che l'ope ra non può essere lascia ta a metà, ch e la pace n on può essere una tregua per dare Ia opportunità alla Germania di ritentare e le previsioni e l e confessioni d ei suoi generali sono altamente ammonitrici - il colpo fra dieci o quindici anni, ne consegue ch e i gruppi, i partiti, e le sette che ant epongono l'ide ologia alla realtà e si ostinano a rimanere sul -terreno anti-nazionale, lavorano per il nemico, contribuiscono a prolungare Ia guerra, allontanare la vittoria. In Italia, queste correnti e organizzazion i polit iche sono tre: i g.iolittiani, i socialisti, i clericali.

I giolittiani, legati :illa vergogna del « parecchio >> mercanteggiato con Biilow, si agitano n el fondo , ma non riusciranno a r iguadagnare 1a· sUperficie. Il « parecchio » è g ià o ltrepassato. Sia.mo molto più in là. La trincea mobi le dei" nostri soldati magnifici è ben oltre !;Isonzo. Non si to rna indietro Non lo permettono i morti che riposano fra le rocce delle montagne o sotto le pietraie de l Carso, non lo tollerano i combattenti '

Q uanto ai clericali, il loro doppio gioco è evidente. N ella loro predicazione pratica, nel loro pacifismo non si distinguono pi ù dai socia.listi ufficiali. C'è. un leninismo clericale , non meno pazzo del leninismo socialista. Tra i cattolici che non vogliono estraniarsi dalla Patria, ·il disa.gio diventa ogni giorno p iù acuto e potrebbe dar luogo a manifestazioni interessanti.

I socialisti ufficiali continuano nella loro tragi-commedia. In a lto, fra l'eletta del P artito, 1a convinzione int ima che questa guerra non si poteva, né s i doveva evitare; che-qudta guerra non può terminace senza che i nostri fini nazionali - anche quelli d'indole strategicasiano raggiunti; in basso, invece, tra il popolino minuto che crede nella efficacia taumaturgica di una tessera, sono in aumento l'idiotismo e la nefandezza.

Ma davanti alla nuova esercitazione ed esibizione di pura demagogia che i << seimila » del socialismo, fiancheggiati dalle sezioni, si preparano ad inscenare a Montecitorio, noi ci opporremo con tutte le forze. Siamo venuti qui per sabotare - nella: maniera più allegra e radicale -:- i sabotatori. E il compito - quantunque ingrato - non è molto difficile. Noi siamo sul terreno della realtà che non impedisce i voli meti.fisici dell'utopia; essi si tengono pertinacemente sul terreno antistorico dell'assurdo. Essi negano l'evidenza, per semplice amore di tesi - quando non sia per altri inconfessabili interessi - cosl come facevano gli aristotelici disputanti nelle scuo]e e n elle accademie del medio evo. Ess i, schiavi di una loro preoccupazione elettorale, non vedono che queSta guerra è veramente una sovvertitrice che apre possibilità senza fine. Bellamy non avrebbe mai sognato - nei siloi romanzi fantastici - un collettivismo pieno, integrale, quale è quello che la guerra ci ha imposto. Ma la Patria non si nega. Soprattutto la Patria non si kadisce, specie quando è impegnata in una lotta di vita o di morte. E chi dice Patria, dice discip lina; chi dice disciplina, ammette una gerarchia di autorità, di funzioni, di inteliigenze. Questa disciplina, laddove non sia liberamente e consape· volmente accettata, deve essere imposta, anche -colla violenza, anche - ci ·permetta la censura di dirlo - con quella dittatura, cui i Romani della · prima Repubblica ri cor revano neJle ore .critiche della loro storia.

Liberalismo, democrazia, costituzionalismo e altre venerabili finzioni, sono parole che suonano falso, oggi, per il semplice fatto che il loro possibile contenuto ed avvenire è irremissibilmente legato all'esito della guerra. Avranno, o non avranno ancora un senso, a seconda che la guerra sarà vinta o perduta. Se si vince, tutto è salvo, tutti i sacrifici avranno un compenso, tutte le lacrime saranno asciugate, tutte le vie del futuro ·saranno aperte dinnanzi a noi; se si perde, noi perdiamo la nostra terra, la nostrà lingua, il nostro costume, la nostra libertà. tutto ciò ch'è _ il patrimonio morale e materiale della nostra - st irpe

Queste semplici enunciazioni noi abbiamo affermato nella ·vigilia

C siamo venuti a ripetere in questa nuova non meno decisiva vigilia. Nel maggio del 1915 fu imposta la guerra; oggi bisogna imporre la vittoria,

A questo mirano i nostri sforzi : questo è il nostro obiettivo, per questo ci siamo attendati - come i soldati in marcia - a Roma; in questa Roma che ha dato al mondo il prodigio dell'unità trina nel diritto, nella forza, nella bellezza. E: se ci accade qualche volta di travar· care il segno, è per fa passione che ci sospinge, passione non ignota agli italiani moderni che vivono quest'ora solenne; non ignota nemmeno agli antkhi padri, le cui ombre conversano

/Jmghieuo iJ jifl111e 1acro che vide le fortune della Roma di ieri e vedrà quelle più grandi - noi fermissimamente lo crediamo di Roma e dell'Italia di domani.

Da li Popolo d'Italia (tdizione d i Roma), N. 282, 11 ottobre 1917, IV •. Pubblicato anche sull'edizione di Milano, N . 283, 12 e1ttobre 1917, IV,

• Questa nuova edizione ro mana de li P;opolo d'Italia (una precedentecon 'uffici in via Colonna 4, redattore politico Francesco Paoloni - era uscita saltuariamente nel novembre-dicembre 19 16 e nel _gennaio-maggio 1917) aveva gli uffici dapprima jn via del Leone 15; poi., col N. 290, 20 ottobre 1917, IV, Ì!) via Montecatini 5; infine, col N. H9, 8 dicembre 1917, IV, in: via della Guàrdiola 21. Redattori politici: Francesco Paoloni e Gaetano Polverelli. Gerente re' sponsabi le : Pio Borani. Il foglio era stampato presso l'*' Officina Poligra6ca Ita · Jiana », via de lla Guardiola 22. Fino al N. 90, 31 marzo 1918, V, la testata dell'edizione di Roma è uguaJe a quella dell'edizione di Milano, tranne l'indicazione d ella città. Col N. 91 , 2 aprile 1918, V, la testata dell'edhione di Roma è così modificata: dalJa parte destra, al posto del motto di Napoleone: « La rivo lu· :zione è ·un'idea che ha trovato delle baionette • , si legge: « Per J'Ita.lia Centrale, Meridionale e Insulare » ; dalla parte sinistra, al posto del motto di Blanqui : « C hi ha del f~ ro, ha del pane ))1 si legge : « Edizione di Roma». L'edizione romana de J/ Popolo d?talia ces.sa col N . 209, 31 luglio 1918, V (Xl).