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DALL'OFFENSIVA DELLA. BAINS1ZZA AL PJAVE 305

La Francia dal febb raio al maggi.o 1916 resisté attorno a Verdun agli sforzi disperati degli eserciti del Kronprinz. N ella prima fase dell'attacco le truppe boches si spinsero, dopo la espugnazione dei forti p eriferici, fin sotto le mura della città.

Parve ad un dato momento che Verdun. stessa fosse condannata i cadere. I francesi resistettero con miracoli di eroismo e di tenacia, e dopo pochi mesi, nel dicembre, sferravano il primo contrattacco.

O ggi gli eserciti del Kronprinz sono stati ricacciati molto lung i da.ile linee dalle quali partirono.

Le vicende dell'Austria, per c iò che riguarda il possesso, la perdita, la riconquista di territori, sono straordinarie. Non piccole zone montuose come quelle che noi abbiamo abbandonato sull'Isonzo, ma delle immense éontrade della Galiria e d ella Butovina hanno cambiato più volté di padrone. Più volte i cosacchi - quelli di un tempo ! - si sono affacciati alle porte dei Carpaz.~ che digradano sulla pianu ra d 'Un· gheria.

Il possesso o no di un dato territorio è. oggi un elemento di indole secondaria nel gioco strategico. Nd maggio dell'anno scorso fummo costretti ad abbandonare gran parte dell' altopiano, ma gli austriaci, che la sapiente e audace manovra del nostro Comando stava per imbottiglia re al loro sbocco su Vicenza, furono ricacciati quasi dovunque indietro, fino ai confini.

E allora si trattava di ·territorio nazionale, mentre quello che abbiamo lasciato in questi giomi è territorio che prima del 191 5 apparteneva allo Stato nemico.

· Un altro ordine di considerazioni deve fa rci. guardare la situazione con serenità virile.

Il nostro Comando non è stato colto di sorpresa. Fra tutte le eventua• lità della manovra austro-tedesca, anche quella che si è verificata deve essere stata. contemplata dal nostro Stato Maggiore.

A nche prima che J'offensiva austro-:tedesca si sferras.se, il nostro Comando deve avere studiato e preso tutte le misure per la contromanovra.

Il problema è stato posto e risolto in antecedenza. Bisogna attende rne con fiducia lo svolgimento. Quando l'offensiva non ·conduce alla di. sfatta di tutto un esercito, la sua efficienza, in una guerra di posizione, di materiale, di masse, come la mode rna, è necessariamente limitata nello spazio e nel tempo.

Ogni offeÌlsiva conduce ad un nuovo equilibrio . su posizioni retrostanti ; o ad una controffensiva. immediata.

Fincb~ piano adottato dal nostro Comando non sia delineato, ogni giudizio è prematuro, ogni apprensione ingfostificata.

Il dovere degli italiani che non combattono, è questo: << Tenere spi· ritualme nte, moralmente e 6eremente fronte al nemico">>. Il quale s i in·ganna se dalla frase criminale di un deputato socialista ufficiale, o da un episodio come queUo di Torino, o da u na circolare jdiota e nefanda come quella di lazzari, o dal viaggio di delegati dei S011ièt, o dai movimenti obliqui delle vecchie scimmie g iolittiane e loro compagni disfattisti (tutto questo movimento politico interno, in concomitanza, coincidenza e preparazione dell'offensiva dei bocheJ, acquista alla luce degli avvenimenti una coloraz.ione sintomatica.... che ci ripromettiamo a miglior tempo di sottoporre all'anaJisi nostra), si inganna, il nemico, se crede da tutto ciò che l'ultima ora della nostra resistenza nazionale sia per suonare.

Gli austro-tedeschi hanno fatto questo ragionamento: Un buon colpo militare, e l'ltal.ia, demoralizzata all'interno, cadrà in ginocchio.

P erché i nemici calcolano anco ra, nonostante le acerbe delusioni p rovate, sulla nostra debolezza interna, sulla nostra eccitabilità . latina, sugli alti e bassi del nostro sentimento. P o iché i tedeschi - ,malgrado tre anni di guerra - ci considerano ancora alla stregua di un popolo isterico che si inebria facilmente al successo, ma non resiste a lle avversitàj disinganniamoli ancora una volta, superbamente e in maniera definitiva.

Non deve costarci un grande sfono.

Tutta la nostra ,storia militare e civile, dai tempi luminosi della prima Repubblica di Roma, alle lotte antigermaniche dei liberi Comuni nell'alto medio evo, a"gli assedi memorabili del nostro Risorgimento, rivela una qualità fondamentale deUa nOstra stirpe: la tenacia sino alla ostinazione, · la fierezza sino all'orgoglio nel dolore Ed è con orgog lio ch e noi volgiamo il pensiero ai nostri soldati che fronteggiano in questi g iorni gl.i eserciti di due Imperi. ·1!, con fiducia che noi atten diaino gli eventi, certi che il popolo italiano sarà ìn quest'ora un esempio di concordia, di tranquillità e di dìsc ip lina.

Da li Popolo d'!Jalia, .N. 299, 28 ottobre 19 17, IV. Pubblicato anche sul. l'edizione di Roma, N. 298, 28 ottobre 1917, IV.

Unita Di Animi

« Non è più ora di contrasti » fu detto nel giorno in cui la Patria chiamò alle- armi i suoi figli, non per fini di conquista o di dominio, ma per necessità suprema di difesa nazionale e mondiale.

E noi, che eravamo stati fino allora gli irrequieti, gli irregolari, - un po' dentro e un po' fuori della lègge - ci allineammo nei ranghi e chiedemmo di diventare numeri di matricola nella vasta anonimia della Nazione combattente, troncammo le polemiche della vigilia, decidemmo di ignorare tutti i nemici, che non fossero quelli contro i quali si dirigeva il nostro sforzo di guerra.

Eppure non tutte le prevenzioni di altri tempi erano scomparse contro di noi; non tutte le diffidenze, non tutti i dubbi. Qualche volta ci accadeva di avvertire che il _ nostro slancio non era compreso, che iJ nÒStro entusiasmo infastidiva, che la nostra posizione veniva diffidata se non diffamata.

Sopportanuno in silenzio il dolore e la umiliazione. La nostra gioia di avere ritrovato l'Italia - la madre che non avevamo mai rinnegato ma soltanto un po' dimenticato, per inseguire, colla ingenuità fantasiosa della giovinezza, i rosei fantasmi del cosmopolitismo proletario - era cosl acuta e profonda che le miserie degli uomini e delle cose non bastavano a turbarla.

Più tardi, quando sulle giogaie delle Alpi o fra il pietrame dannato del Carso, i sovversivi internaz.ioi:,ialisti dell"ante-guerra, caddero a decine e a centinaia gridando: « Viva l'ltalia ! », molte coscienze ·ostili disarmarono, molta gente - commossa e convertita - piegò il capo e ammirò. la nostra piena lealtà, la nostra incondizionata dedizione alla causa nazionale, noi l'abbiamo consacrata col nostro sangue.

Nei primi mesi della guerra dimenticammo, volemmo deliberatamente dimenticare, di essere interventisti. Pareva a noi che - intervenuta l'Italia l'appellativo di interventista fosse diventato un po' illogico e di valore, per quanto grande, soltanto storico.

Dove erano i neutraljsti? Noi non li avevamo più riveduti, dopo le memorabili giornate di maggio. La. Nazione pareva presentarsi una, di forze e di animi, di fronte al nemico.

Ma dopo un primo tempo, quando si vide che la guerra - ri tenuta breve soltanto dagli sciocchi · e non da coloro che avevano qualche conoscenza della potente organiz.za:tione militare austriaca - diventava veramente una grande guerra, furono avv~rtiti i primi mOvimenti sospetti che si polarizzavano nel volere che l'Italia non dichiarasse mai ufficialmente la guerra alla Germania.

Si pretendeva che la nostra guerra rimanesse puramente nazionale, di ri,•endicazione territoriale, mentre g li avvenimenti imprimevano già alla guerra stess~ il suo carattere eminentement e europeo e mondiale.

D all'altro lato, partiti e clientele, che avevano all' inizio ~derito alla concordia nazionale, o si traevano in d ispatte o ~nterpretavano il patto d ella concordia con criteri subiettivi e partigiani, qualche volta ricattatori.

La compagine mora]e de11a Nazione veniva insidiata lentamente e metodicamente, Allora l'intetventismo , che aveva vissuto l a sua grande e intensa vita coi Fasci e che all'atto della guerra li aveva disciolti, tornò riscossa, Bisognava riprendere l'opera interrotta. Cosl abbiamo voluto. Così è stato.

Ma tutta la nostra battaglia non aveva in vista che l'interesse superiore (materiale e morale) della Nazione in ,guerra.

Noi abbiamo combattuto fieramente i socialisti, non in quanto socialisti, i clericali, non in quanto clericali, ma p erché ritenevamo che la loro azione neutralista, malgrado la guerra, portasse, come portava, nocumento all' Jtalia.

Non c' era nella nostra battaglia l'obiettivo di una sopraffazione di partit i. Fra l'altro noi non siamo; noi non saremo mai un partito; e po i, perché i vecchi partiti ci appaiono trasrurabili istituzioni nelle grandiose vicende di questa epoca unica nella storia. Ma c'era soltanto il ptop<r sito di difendere la N azione, di sorreggerne lo .sforzo, di tenere salda la resistenza morale delle popolazioni.

Questi, in rapida sintesi, i movimenti e gli scopi del nostro attegg iamento. Ci è sembrato necessario questo esame di coscienza retrospettiva, oggi che, dalle varie parti, si invoca un nuovo patto di concordia nazionale

Noi che .a questo patto siamo rimasti fedeli , siamo i primi a rispon~ dere: Presente! Con volontà piena, senza restrizioni mentali, dopo le esperienze del passato, chiediamo che gli altri facciano altrettanto.

Nell'ora del pericolo il patto non deve avere secondi fini . Sarebbe indegno. Patto, diciamo, non mercato Patto, diciamo, non transazione. Patto vogliamo, ma per la resistenza e per la vittoria.

Fuori di qui c'è l'insidia.

Ebbene, noi siamo pronti ancora una volta a dimenticare le polemiche di ieri, le controversie politiche e personali nelle quali, oltre alle nostre idee e a.Ila nostra fede, portiamo il nostro temperamento. Siamo pronti a stendere la mano aperta a quanti vogliono che l'Italia si present i al nemico che ha violato i confini con un cuore solo e intrepido, come un fascio solo di e nergie inflessibili. dubbio se gl'lmperi Centrali potranno p iù compiere in segu ito, nel 19 18, un altro sforzo così imponente.

Che importano ·te pacale?

·Che importano le nostre differenze dottrinali? Oggi la posta del gioco è ben più grave. Oggi è in gioco l'Italia, quella di ieri e quella di domani.

Perché la minaccia sia sventata, perché i barbari ripassino i nostri monti, è necessario che il Paese sia tutto dietro l'esercito, dietro quei fant i magn ifici (primavera Superba di giovinezza) che non hanno dimenticato e non dimenticheranno mai di essere i soldati che in undici precedenti battaglie sconfissero il nemico.

Concordia adunque, e concordia sia! Concordia di animi e di azioni !

Quando la casa brucia, nessuno si cu ra di indagare come e qualmente sia scoppiato l'incendio. Quando la Patria chiama i suoi figl i ad una lotta di vita o di morte, sciagurato chi si attarda in atteggiamenti inadeguati alla realtà.

Quella che si combatte lungo le valli del Judrio e del Natisone è forse l'ultima grande battaglia della guerra.

Siamo forse alla decisione.

Per questo la Na:Zione oggi deve essere l'esercito, come l' esercito è la N azionC.

Si può col concorso di varie circostanze vincere un esercito - e il n ostro non sarà mai vinto - ma quando dietro l'esercito c'è la N azion e, il tentativo nemico è destinato a· fallire. E fallirà!

Da li Popo l o d'I1a/itl, N. 300, 29 o ttobre 19 17, IV, Pubblicato anche sull'edizione di Roma, N. 299, 29 ottobre 191 7, IV.