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APPROCCI E MANOVRE

I segni della manovra boche che si sta preparando per la riapertura della Camera diventano Ogni gjorno più manifesti e precisi. Al manifesto dei quarantacinque che abbiamo esaminato ieri, fa degno riscontro un articolo dell'on. Treves pubblicato sulla Critica Sociale e un altro, polemico, che ha visto la luce ieri suJrorgano d~l Partito. In antitesi col rigid ismo assolutamente negativo del Partito, J'on. Treves rivendica per sé e per il gruppo parlamentare socialista unà certa latitudine e libertà di movimenti, per ciò che deve essere e può essere l'azione del Partito a Montecitorio. Il deputato di Bologna si guarda bene dal dirlo apertamente, ma lascia capire che se - dal punto di vista socialistico - il gioco parlamentare vale la candela dell'intransigenza rigida, il gruppo parlamentare deve consumarla, deve, cioè, destreggiarsi fra . gli altri gruppi affini della Camera, in modo da determinare l'avvento di quel « Gove~no migliore » che potrebbe anche essere un Governo di giolittiani , con o senza il capintesta di Dronero. ·

I massimalisti del Partito protestano contro questo collaborazionismo che viene annunciato sino a questo momento come una tesi di -principio, ma è positivo che quei signori del gruppo parlamentare socialista romperanno i vincoli della disciplina, se sarà nocessario, pur di varare a Mon· tecitorio un Ministero neutralista. Insomma i gruppi neutralisti - gio~ littiani, clericali, socialisti - o si sono jncontrati sullo stesso terreno o tendono ad incontrarvisi, obbedendo agli stimoli delle loro insopprimibili e sempre più palesi affinità. Tutti i neutralisti hanno preso posjzione. Ci sono tutti, per dirla col fiero linguaggio dell'Osservatore Romano. Armati di tutto punto e pronti alla. singolar tenzone. Sta bene.

Ma ci siamo - modestamente, tenacemente - anche noi. No"i interventisti. Noi estremisti. Noi oltranzisti. Come si vede non abbiamo paura nemmeno di quest'ultima denominazione che dovrebbe illfamard presso il popolino minuto al quale viene instillato l'odio per coloro che hanno voluto la guerra. Noi non apparteniamo ancora alla schiera di quelli che scantonano, che cercano un alibi, un po' d'oblio, un po' di perdono - esempio tipico di questo stato d'animo ci è offerto da.Ile dimissioni dell'on. Cabrini - che vogliono riconciliarsi, in vista., forse, delle elezioni che si annunciano, coi neùtralisti, dei quali prevedono i grandi· trionfi cartacei del suffra8io universale.. Ma il nostro « oltranzi- . smo » - diciamolo senza indugio e chiaramente - non servirà mai a un'eventuale incrostazione d'interessi che si fosse venuta formando at• torno al fatto guerra e al suo necessario perdurare. Abbiamo combattuto e spazz.ito e vinto gli interessi che si coalizzavano attorno alla .neutralità; siamo dispostissimi a spazzare gli interessi che si concentrassero, a difesa e offesa, dietro la guerra che noi abbiamo voluto in un impeto di idealismo e di passione.

L'interventismo nostro non è coi profiteurI. Rimane quello che fu . Ci siamo dunque anche noi a contendere, a disputare il passo ai neutralist i che non muovono tanto all'assalto del Ministero nel quale hanno '-degli amici, quanto al sacco della Nazione che nella sua parte migliore li detesta. Noi siamo una forza. Quantitativa, no. Qualitativa. Il nostro programma è tale che non può conciliarci le simpatie delle masse, che appunto essendo « masse » tendono .alla << staticità » degli atteggia menti e delle idee. Ma la forza non è sempre nel numero. « M assa » non siamo stati nemmeno nel 19 15. Anche allora eravamo soltan to una minoranza fortissima. Come oggi, malgrado le decimazioni che la guerra ha compiuto neile nostre file. La nostra forza scaturisce, prima di tutto, dal1a nostra giovinezza. Siamo ancor g iovan i. Di anni. Di spiriti. Quindi spregiudicati. Elastici. Aggressivi. Non apparteniamo alla turba degli uomin i imponenti, che si somigliano sino nelle minimalie della vita, che si misurano, che credono di essere degli « investiti » di qualche suprema missione in questo mondo paradossale e ·che sono, in fondo, degli anchilosati dello spirito. Noi siamo di un' altra generazione. Portiamo nelle cose una nota di gaiezza, Gaja Scientia. Il dovere cessa, per noi, di essere la legnosa nozione del pedagogo, per divr:-ntare un piacere, un « diletta· mento» dei sensi e -dell' anima. Pippo, l'indimenticabile, parlando un giorno in una·breve accolta di amici fidati, esprimeva questo n ostro com· plesso stato d'animo, dicendo che gli italiani sarebb~ra andati a morire con un sorriso e una can:zone sulle labbra.

Ci troviamo quindi in una posi zione di privilegio, quando dobbiamo battagliare coi vecchi. In secondo luogo, non abbiamo vincoli. Non c'è nessuno che ci possa frenare o limitare o inibire. Gli altri devono tener conto di troppe cose:. della setta, del partito,_ delle cl~entele, degli elettori. Soprattutto di questi. Tante siepi. Tante catene. Tante umiliazioni . Noi, no. I famosi ordini del giorno, coi quali gli organismi collett ivi - sezioni del Partito o dell'Unione Cattolica Popolare - si impongono ai depu~ti o agli uomini rappresentativi, oon esistono per noi. Quando si parla in nome di un p artito, bisogni prendere tutte le precauzioni. Non bisogna compromettere H partito. Noi non compromettiamo nessuno. Qualche volta nemmeno n oi stessi. Qui è la ·terza sorgente della nostra forza : la nostra audacia. Siccome noi - personalmente e politicamente - non abbiamo posizioni da perdere o da conquistare, possiamo permetterci il lusso di batterci per amore dell'arte. Con un disinteresse forse ignoto ai poemi del romanticismo. Infine c'è, dietro di noi, la parte nuova dell'Italia. Il nostro pubblico è un pubblico di élite. n il pubblico delle città. Il pubblico che cerca, che vuole, che ·cammina. "E straordinario che un giornale personale come questo raccolga cosl vasta messe di aiuti Segno dunque che noi esprimiamo correnti che esistono, tendenze che affinano, volontà che si determinano. Segno dunque che questo giornale non è un sacco, come quasi tutti gli altri, o un « bollettino » come quelli dei partiti, ma un vessillo sotto al quale si raccolgono molti dei migliori italiani. Per tu tto questo complesso di ragioni noi ci sentiamo « in forma ». La ripresa neutralista non ci p r eoccupa troppo. Si tratta di fug. giaschi, di esiliati, di rammolliti. Vecchiume medagliettato. All'ultimo m inuto ripe{erà il gesto della prima ora: scivolerà via1 senza combattere....

La Tenda

Un giorno - che non è lontano nel tempo, ma è assai remoto nella memoria - a un amico fedele della dura vigilia che ci domandava d i portare questo giornale a Roma, qualcuno rispondeva: Il Popolo d ' Italia è una tenda e può essere piantata anche altrove.

Dopo due anni, la nostra tenda - poiché noi non abbiamo una casa, non abbiamo una « d itta», non abbiamo capitali, eccettuati quelli che ci vengQno periodicamente attribuiti dai malvagi e dagli sciocchi - la p iantiamo qui a Roma, nel c uore stesso d 'Jtalia, fra queste mura che hanno visto gli eventi più grandiosi della storia umana. N on certo, senza qual(he trepidazione, che deriva dalla voce segreta delle cose, le quali parlano in questa città unica il linguaggio dei secoli, e dalla solennità. tragica di quest'ora di gloria e di sangue. Non si monta, sen~ che il cuore acceleri un poco il suo ritmo, su q uesta nave, che il Poeta vedeva dalralto del Gianicolo.

lanciata ver l'imperio del mondo

Ma le accoglienze degli amici romani - devoti, solidali e prontissimi, come nelle « giornate memorabili» del maggi6 191 5 - temperano la nostra inquietudine, stimolano ancor più il nostro desiderio della buOna battaglia. ·

Perché siamo venuti qui?

Arizitutto p er obbedire ag li impulsi del nostro nomadismo e a quel complesso di sottili emozioni, per cui all'immobilità che può finire p er diventare cadaverica, noi preferiamo· il movimento, l'.ivventura, l'imprevisto.

In secondo luogo per vigilare più da vicino - nell'inunediatezza topografica e personale - i nemici della guerra; per opporre·il nostro antidoto al loro veleno; la nostra. fede nella vittoria al loro pessimismo disfattista.

Siamo venuti ·qui per dire e ripetere alcune semplici verità che solo da uomini in maJa fede possono ·venir denegate. E la prima è che questa guerra - essendo mondiale e ponendo di fronte due concezioni ideali nettamente antitetiche - non « ammette >> una soluzione di compromesso Ci deve essere un vinto e un v incitore.