9 minute read

UN MANlfESTO

li manifesto lanciato al popolo itali ano dal Partito Repubblicano non può e non deve passa re inosservato, non fosse altro perché rappresenta un gesto di coraggio, di sincerità e di fede. Forse il manifesto è troppo lungo Ma questo - malgrado la penuria dello spazio di cui i giornali soffrono - non è giustificazione sufficentc per ignorare, come molti confrate lli hanno fatto, l'odierna manifestazione politica di un Partito che come quello Repubblicano ltaliano ha un secolo di grande storia e può a\'erc un grande avvenire. Che il Partito Repubblicano Ita liano si sia trovato sulla linea ideale dell'intervento si n d agli inizi della conflagrazione europea, è un fatto che torna a suo onore Già nell'agosto del 1914, il P. R. I. lanciava il suo motto d'ordine : o sui campi di Borgogna o a Trento e Trieste!, e con questo grido cen tinaia di volontari - nell'attt'Sa ch e la Patria scegliesse definitivamente la sua strada - corsero a ~cr i. ficarsi per la Francia straziata dall'invasore. Il m.1nifrsto odierno è in con• tinuità conscquen2.iale e ideale cogli atteggiamenti assunti dal Partito nell'estate del 1914. Davanti alle manovre pacifiste dei socialisti e dei clericali, il Partito Repubblicano rivendica fieramente la sua responsabilità nell'aver contribuito a determinare l'intervento e dichiara - pur des iderando ardentemente la pace - che questa dcv·es~re una pace di giusti1ia, altrimenti sarà un « miraggio ingannatore che preparerà tragiche delusioni ai sanguinosi sacrifici sinora sofferti ». Il Partito Repubblicano espone, quindi, i suoi lini di guerra dal punto di vista territoria le e cioè : restau. ra2.ione delle Nazioni invase, ricostituzione delle Nazion i mutilate; e quelli dal punto di vista morale, che coincidono coi fini t'Sposti da Wilson nei suoi messaggi memorabili. Perché le « insinuazioni dei nemici della guerra e della-pace giusta e duratura cadano» il P. R. chiede che iJ nostro Governo pubblichi i trattati che lo legano ai Governi alleati. La quc-stione è delicata.

Qllando, mesi or sono, il Govern_o provv isorio russo avanzò la stessa richiesta, il ministro degli Esteri inglese dichiarò che non avtva nula in contrario a render note le conven1ioni e i trattati stipulati (ra gli Alleati. Il signor Ribot fece identiche dichiaruioni alla Camera hanctse. E. chiaro che questa pubblicazione dei trattati non può avvenire senza un preventivo accordo fra tutti g li Alleati Dal momento che Francia e

Inghilterra non hanno difficoltà ad accettare questo punto di vista, noi crediamo che non sarà certo l'on. Sonnino a ricalcitrare davanti a questa domanda, purché - ben inteso - ragioni d'indole superiore non gli vietino d'accoglierla. Ad ogni modo noi pensiamo che i trattati conclusi dalrltalia in epoche diverse coi suoi Alleati, dal patto di Londra agli accordi di S. Giovanni di Morìana, non attentino all'indipendenza di altri popoli. Qui si allude evidentemente alla Jugo-Slavia .e. noto che nel Partito Repubblicano c'è, a proposito della Dalmazia, una tendenza. rinunciatari.a., rappresentata da Arcangelo Ghisleri, la cui lettera all'l nizialiM è stata sollecitamente riprodotta dalla Serbi~ di Ginevra, e una tendenza media, che è tanto lontana dal Ghisleri quanto dai nazionalisti .

Noi pensiamo che l'Italia non attenta affatto all'indipenJenZ.1. d egli 1ltri popoli, se ri"endica - come sembu stabilito dai patti di LondraFiume e quel tratto di costa d almata foltJ di città e villaggi italiani che \'a da Zara a Tr.1ù. Ai croati della futura Jugo-Slavia restano - quale sbocco sul mare - ben 160 chi lomet ri d i coste sul canale della Morlacca, sbocco sullicente per un"economia a tipo prevalentemente ag ricolo come quella croata. E da Traù in giù, fino alle coste del Montenegro, Ja finestra sul mare è altrettanto ampia e ricca di città - italìane - che sacrificheremo, se s.arl necessario, per amore di concordia, purché sia salvaguardata la loro italianità. Ora, se l' on. Sonnino rende rà di pubblica ragione questo trattato, e se le clausole contenute in esso saranno quelle che abbiamo esposto, ci scmbr.1 che non sia proprio il caso di parlare di un attentato all'indipendenza degli altri popoli. Attestazioni di simpatia p e r la causa jugo-slava, sta bene, ma non accada che per voler troppo rispettare l'indipcndenu. a ltrui, si finisca per compromettere la nostra. Noi comprendiamo benissimo che, date le divergenze esistenti a proposito della Dalmazia nel Partito Repubblicano, il man ifesto non abbia potuto approfondire la que-stione e sia rimasto nelle generali.

Approvia mo, senza restr izione, tutta l'ultima parte del manifesto, dove è illustrata la necessità di quella poritica « positiva » che noi andiamo in· vocando da molto tempo. Bisogna stringere tutte le volontà, tutte le intelligenze e tutte le energie per affrettare la vittoria, ma nello stesso tempo provveàcre ai bisogni inunediati e mediati delle masse che hanno dato il più vasto contributo di sangue alla guerra. La fnse « egoismi di classe» che bisogna superare è un po' vaga, ma essa indica tuttavia la direzione che una politica di saggezza deve proporsi d i seguire, durante la. guerra. e dopo la guecra. Era fo~ meglio specificare, ma l'occasione per farlo non mancherà. I repubblicani devono esprimere il loro programma « sociale » per il dopo-guerra, se non vogliono che la quarta guerra dell'Indipendenza li veda tramontare, come un Partito che avendo assolto il suo compito politico , non ha più Ja capacità di affrontare altri problemi,. su altri campi , per altri fini. ll Partito Repubblicano, oggi, non è, almeno dal punto di vista n umerico, una g rande forza. Solo in talune regioni d 'Italia, come le Romagne, le M arche, il Lazio, la Toscana, la Liguria, 1· repubblicani dispongono di posizioni politiche ragguardevoli, ma una politica di Governo veramente «nazionale·» deve tener conto e sapere utilizzare queste energie repubblicane, che portano una nota di alto idealismo nella gara dei Partiti in quanto esse mantengono viva la fiamma ddl'Uomo che un popol morto diet ro lui .si mise e ricostituendolo a indipendenza e unità, g li diede la prima pregiudiziale condizione per muovere - nel corso del tempo -verso altri migliori destini.

Da li Popolo d' Italia, N, 278, 7 ottobre 19 17, IV.

CI SONO ANCHE LORO !

le manovre della triplice boche alla vigilia della ripresa parlamentare si delinea già con tutta l'evidenza possibile. La prima mossa è stata quella dei socialisti ufficiali, i quali - superato il solito quarto d'ora non rabelesiano della loro vig liaccheria - hanno chiamato a raccolta le sezion i del Par6to per <<'fiancheggiare)> fazione del gruppo pa rlamentare, in difesa delle pubbliche libertà, a presidio del costituzionalismo m inacciato dal nostro estremismo interventista.

Noi abbiamo g ià ·detto - commentando una dichiarazione di Michaelis -che la difesa delle pubbliche libertà è un semplice e volgarissimo trucco per far passare merce pacifond aia, per rendere sempre più roergica quell'agitazione interna sulla quale fan no assegnamento Hin denburg e Boroevic.

I socialisti ufficiali ritenevano di essere soli a proteggere questa povera libertà - una zitellona che in Italia nessuno tenta - e già scontavano ai futuri effetti elettorali questa loro 1plendid isolation, quan do, ad un dato momento, si sono trovati in compagn ia - non sgradita, si capisce - dell'.Ouervatore Romano, il q uale, .come Fra Giovanni della Pace di · carducciana memoria, è sceso in campo g ridando :

S'è così, ci 1ono anch'io

Spettacolo superlativamente burlesco vedere l'organo del Vaticano atteggiarsi a campione della Ubertà. P erché il trio fosse completo, ecco arrivare, buoni, ultimi, i deputati g iolittiani. Dopo t renta mesi di guerra, è q uesto il loro primo atto di coraggio . Basta spigolare _fra i nomi dei firmatari dell'avviso di convocazione, che più sotto esamineremo, per ·essere illumin ati a sufficenza sui movimenti e sui fini di quest.i levata di scudi giolittiana. L'on. Barbera è il noto disfattista siciliano. Uno dei suoi ultimi discorsi - e precisa.mente quello pronunciato nel s~lone delle Lapidi a Palermo in occasione dell'assemblea dell'Unione ;Economica Siciliana - era. saturo di neutra lismo e di regionalismo. Il Bertini è uno dei deputati più« neri» della Camera. C'è un on. Bruno,·che dev'essere quel tale Bruno di Bel.monte, la cui azione durante il periodo della nostra neutralità non abbiamo dimenticato. C'è l'on. Gerini, meglio cono- scìuto come il marchese Gerini, ufficiale dell'esercito, se non c'inganniamo, il ch e non gl'impedisce di favorire - attivamente o passivamente - ìl disfattismo leninista che ha ora portato le sue tende in q uel d i Firenze e dintorni. Non manca l'on. Tovini, e gli fanno compagnia molti altri onorevoli della sua risma. L'on. Miglioli non figura nell'elenco, perché oramai" egli fa parte del gruppo socialista parlamentare. La fila dei nomi non lascia dubbi in materia, ma ·se qualche dubbio esistesse, basti leggere il manifesto e le dichiarazioni dell' on. Faellì per capire che sia.mo dinanzi al primo dichiarato tentativo di riscossa della fazione giolittiana, schiacciata, ma non sufficentemente, come avremmo voluto noi, nelle « memorabili giornate» del maggio 1915. Questi signori - in gra'n parte deficenti e bollati - cominciano coli'affermare che il Governo deve essere sorretto dalla costante collaborazione del Parlamento, custode delle garanzie liberali e interprete della voJontà del popolo. Che il Governo debba essere sorretto daJia col~aborazione del Parlamento -è giusto e benefico; ma noi eSC11:)diamo che questo Padamento .possa collaborare col Governo e che con un Governo che vuole e deve volere la guerra fino·alla vittoria, rappresentata da una pace giusta e duratura , possano collaborare i firmatari del manifesto in questione. [ Censura]. cronache parlamentari di questi due anni ci dicono che_ il Parla.mento non ha collaborato col Governo, se non coi voti di fiducia, troppo pletorici, per essere sinceri. Da questo Parlamento non sono mai venute al Paese folate d'aria calda, ma ventate gelide che aggh iacciavano gli animi, Di quando in quando, per alleggerirne l'atmosfera e · renderla respirabile, dopo i discorsi di un Modigliani o di un Grosso. Campana, t occava all'on. Gccotti o Cappa o a qualcun altro il compito di fare il grande discorso politico-sentimentale che disperdesse o attenuasse gli effetti deleteri di quegli altri. {Censura].

Ecco perché i socialisti ufficiali lo vorrebbero aperto in permanenza; ecco spiegato perché i giolittiani vorrebbero la stessa cosa, che essi eufemisticamente chiamano « collaborazione costante». L'identità perfetta d i vedute fra s~ialisti e giolittiani si rivela dal brano dove è detto che « sole;> al Parlamento sp~ttano i giudizi e le indicazioni per risolvere le criSi ministeriali». . Ai giolittiani brucia ancora quella crisi extraparlamentare che 1~ band) violentemente dalla vita politica italiana nel momento p iù solenne della nostra storia. Ci sono delle umiliazioni che non si dimenticano, nemmeno dopo lungo volgere di tempo; e quella che subirooo i giolittiani nel maggio del 1915, fu cos) profonda, ch'essi non lo dimenticheranno mai. Poiché fu il Paese, fu il Popolo che li cacciò furiosamen~e e santamente a pedate, rivendicando a sé quell'esercizio della sovranità. che può essere delegata, non ma.i ali~ata a un deputato; i giolittiani, ad ogni stormir di fronda nel bosco ministeriale, si affrettano a gridare: « Indietro il Paese! Avanti il Parlamento! Il Paese non deve giudicare, né indicare; siamo noi che dobbiamo determinare e risolvere le crisi ministeriali!... ». L'impudenza di questi «seimila» non potrebbe essere più urtante e scandalosa. Se il Parlamento fosse veramente l 'assemblea dei cittadini più intelligenti, dei cittadini più devoti alla Patria, dei cittadini più virtuosi, come si presume che avvenisse nelle prime antiche repubbliche di Grecia e Roma, allòra nulla di più giusto che il Popolo si rimettesse .fiducioso nell'opera dei suoi reggitori. Ma nel Parlamento italiano, invece degli intelligenti, abbondano gli analfabeti; invece dei patriotti, ci sono dei leninisti alla Miglioli, alla Beltrami, alla Grosso-Campana; quanto alle virtù civiche, basta dire che pochissimi sono i deputat i che nei loro collegi hanno contribuito a mantener salda la Compagine nazionale; e quanto alle virt.ù nel senso privato o personale, la parola può essere data . all'on. Casalegno, il quale nel sottosuolo delle portinerie torinesi è « libero" docente » di sadismo erotico generi affini.

Il Paese, quello che lavora e resiste nelle retrovie, il Paese, quello che combatte e vince alla fronte, non intende di essere considerato come un deficente o un pusillo.

Ora. - anche secondo i canoni del diritto costiruzionale - il P aese, in quanto è mandante, ha diritto di controllare e criticare i suoi mandatari, poiché la vera, reale, effettuale sovranità è in lui, non già in costoro. [ Cemura] 11 Parlamento non può mai arrogarsi il diritto di ignorare ì1 Paese. [Censura].

Si comprende, del resto, questa tatt ica della triplice b oche. Giolittiani, socialisti e clericali, sono qualche cosa nel Parlamento, ma fuori del P arlamento la loro autorità è nulla o quasi. La diffidenza popolare -li isola, Ja parte nuova del Paese li fronteggia con energia e li costringe al silenzio. Vogliano o non vogliano i giolittiani, il Paese è maggiorenne; indossa la toga virile, per il molto sangue versato dallo Stelvio al Mare : questo Paese che « fa )} la sua storia non è disposto a lasciarsi sopraffare e spogliare.