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IL VALLO ALPINO E LA GUARDIA ALLA FRONTIERA

Motivi di una nascita

La guerra mondiale aveva assorbito prepotentemente la massa delle risorse finanziarie italiane, logico quindi che alla fine delle ostilità le esigenze del paese, pretermesse alle necessità belliche, fossero subentrate assorbendo anche ciò che sarebbe servi t o se non altro alla sopravvivenza dello strumento bellico.

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A questi fattori si deve inoltre aggiungere la particolare congiuntura politica non certo favorevole alle forze armate e quindi a stanziamenti ad esse destinati.

Intorno al la metà degli anni Trenta i I peggiorare della situazione politica ed i concetti strategici di difesa che permeavano i grandi stati maggiori portarono ad una corsa a costruire linee fortificate, basate su imponenti opere di fortificazione permanente, vedendo in queste il toccasana, il rimedio principe ad ogni pericolo di guerra.

Tutti o quasi tutti gl i Stati aventi frontiere terrestri si trovarono in quel periodo indaffaratissimi a fortificarsi, sfruttando al meglio le più evolute concezioni tecniche e le caratteristiche geomorfologiche delle zone di frontiera del proprio paese.

La Francia volle proteggersi con un immenso sistema - la linea Maginot, dal nome del ministro che nel 1930 fece votare i crediti per la sua realizzazione - che le dava l'illusione di poter tenere in scacco il nemico, esaurendone la spinta offensiva alle porte del paese e senza che lo stesso fosse materialmente toccato; la Germania mise in cantiere la linea Sigfrido, il cui nome richiama alla mente l'invincibile eroe della saga dei Nibelunghi, meno colossale della dirimpettaia linea francese ma in grado di controbatterla, almeno psicologicamente;

Belgio, Russia, Finlandia, Grecia, Olanda, Jugoslavia e Romania non furono da meno ed allestirono ai limiti delle loro possibilità, le loro brave linee fortificate destinate a dare apparente sicurezza, realizzando teoricamente l'arresto, sul nascere, di ogni tentativo di invasione e scacciando lo spettro di stragi di combattenti simili a quelle avvenute nel corso della guerra da poco co nclu sasi ed il cui luttuoso ricordo permaneva ancora nelle menti dei popoli coinvolti.

Concezione del Vallo Alpino

L'Italia, preso atto di ciò che le altre potenze stavano realizzando, ed in specia l modo -che la dirimpettaia Francia, dopo aver costituito un apposito organismo preposto allo studio e realizzazione delle fortificazioni di frontiera (C.O.R.F.), stava mettendo in linea tutta una serie di armi ed artiglierie appositamente concepite e realizzate per le fo11ificazioni, potenziava le fortificazioni di antica concezione che mai aveva cessato di ammodernare nonostante l'alleanza con l'Itali a contro gli Imp eri Centrali, e realizzava potenti e moderne opere fo11ifica te, mettendo in campo cioè s istem i fort ific ati continui, potentemente armati, realizzati secondo i più moderni dettati della scienza fo11ificatoria, idonei inoltre all'appoggio ad azioni offensive verso il territ orio del Regno,

- che analogo comportamento era in corso di attuazione da parte del Regno di Jugoslavia, notoriamente ostile all'Italia,

- che non si poteva e doveva avere fiducia in un comportamento neutrale o favorevole da parte della repubblica austriaca, e

- che erano possibili violazioni della neutralità elvetica, ritenne necessario coprire con una adeguata sistemazione difensiva la propria frontiera terrestre, tenendo anche conto che la maggior parte delle strutture difensive permanenti realizzate nel periodo antecedente la prima guerra mondiale erano o superate dalle nuove concezioni tecnologiche e strategiche o oramai in pieno territorio nazionale.

In effetti il ripudio della Triplice Alleanza, l'alleanza ed entrata in campo con gli Anglo-Francesi avevano fallo trascurare, da parte italiana, l'ammodernamento ed il potenziamento della fortificazione alla frontiera con la Francia e le annessioni territoriali alla frontiera austriaca rendevano oltremodo inutili , perché lontane dagli attuali, per allora, confini, le opere ivi realizzate che erano, tra l'altro, le più moderne.

Lo Stato Maggiore italiano sentì quindi l'esigenza di realizzare una linea difensiva che, avrebbe dovuto, nella mente degli ideatori, abbracciare tulio l'arco alpino, rendendo assai difficoltosa ed onerosa un'invasione dell'Italia attraverso l a sua frontiera alpina; le strutture cli questa linea e la linea stessa avrebbero dovuto essere realizzate tenendo in considerazione gli ammaestramenti traili dal comportamento delle opere permanenti durante la grande guerra, le proposte scaturite dai dibattiti tecnici tenutisi e l'evoluzione tecnica dei mezzi cli offesa e difesa.

Costituzione e svi luppo del Vallo A lpin o

La particolare conformazione del terreno alpino italiano e la presenza in esso di larghe zone intransitabili , po11arono al concepimento di un sistema di fortificazioni decisamente diverso da quello concepito per la francese I inca Maginot, cui peraltro concettualmente si ispirava, sistema teoricamente di considerevole valore, pur essend o al tempo stesso meno faraonico e dispendioso della suddetta Maginot.

L'organizzazione difensiva sulle Alpi, delineata nelle linee essenziali dalla circolare 200/R del 16/01/1931 - "Direttive per la organizzazione permanente difensiva in montagna", venne infatti realizzata mediante sistemi formati da un insieme di capisa ldi discontinui (permanenti e campa li ) realizzati in prossimità del confine, aventi il compito di garantire il possesso delle più importanti posizioni e sbarrare i solchi e vie di più facile ed agevo le accesso per un eventuale invasore. Questo sistema fortificato, che poco prima dello scoppio ciel secondo conflitto mondiale venne denominato Vallo Alpino od Alpino del Littorio, doveva costit uire appoggio alle truppe di copertura, destinate a permettere la radunata dell'esercito di campagna ed il suo successivo innesto nel sistema difensivo, nonché valorizzare la possibilità di sbocco offensivo oltre frontiera.

Caratteristica particolarissima di questo sistema fo11ificato fu che la fisionomia dell'organizzazione difensiva poteva considerarsi simi l e, nella sua essenza, ad una normalissima sistemazione difensiva campale, sia pure realizzata con altro materiale. Questo sistema prevedeva un'ossatura principale costituita da opere della fortificazione permanente realizzate fin dal tempo di pace, da integrarsi, all'atto dell'esigenza bellica, con fortificazioni campali.

Concepito inizialmente in tale fatta, il sistema fu soggetto nel corso degli anni ad una continua evoluzione nel campo della pratica realizzazione sul terreno, in funzione delle risorse economiche che vi potevano essere devolute, della evo luzi o ne della situazione poi itica internazionale e delle conseguenti direttive emanate dallo Stato Maggiore del Regio Esercito.

Si procedette quindi nel periodo 1931-36 a realizzare fortificazioni che fossero in linea con i tempi e le co ncezion i tattico-strategico dominanti; dette strutture fortificate ebbero caratteristiche diverse da quelle realizzate prima del primo confl itt o mondiale cd in esso utili zzate, una minima parte delle quali dovette e poté essere riutili zzata, in serendola ne l nuovo complesso fortificato che si andava costituendo. TI mantenimento in servizi o di tali ant iquate strutture di vasta ed imponente mole si rese necessario per poter garantire punti particolarmente delicati della frontiera e poté essere a ttu ato in quanto tali opere, pur rispondendo a concezioni tecnico-lattiche superate, conservavano un certo valore come bauerie di medio e grosso ca libro di grande potenza e giuata, essendo dotate cli artig li erie tuttora (all'epoca della costituzione del Vallo) balisticamente va lide ed inserite in strutture resistenti, protette da cupo l e corazzate.

Mole compatta e raccolta, cannoni di piccolo e medio calibro, mitragliatrici e fucili mitragliatori, cura quasi maniacale dell'inserimento della struttura nel paesaggio, uso spregiudicato di acciaio e cemento armato caratterizzavano le nuove fortificazioni destinate a costituire l'ossatura del Vallo Alpino e le differenziavano dai forti di precedente concezione. Con queste nuove strntture si cercava e tendeva ad ottenere un elevato volume di fuoco entro breve raggio piuttosto che un tiro di maggior gittata, ma più lento e metodico.

Sono elementi caratteristici e fondamentali di questa prima fase costruttiva che si sviluppa nel periodo compreso fra il 1931 e il 1936 il centro di resistenza e la batteria in caverna: il centro di resistenza era un'opera complessa fortemente protetta, caratterizzata dalla impenetrabilità e reattivitù a giro di orizzonte, contenente nel suo interno tutti i mezzi di vita e di azione necessari a consentire al suo presidio di vivere e combattere, anche se circondata e superata dal nemico. Armato principalmente di mitragliatrici, era destinato ad agire col proprio fuoco prioritariamente sul fianco ed il rovescio; per la copertura delle zone ove era prevedibile un eventuale sfondamento operato da mezzi corazzati avversari e ad integrazione e fiancheggiamento dei fossati anticarro successivamente realizzati, presentava casematte di calcestruzzo armate con pezzi da 57/43 R.M. (opere del primo sistema realizzate fino al 1935) e da 47/32 (opere ciel 2 ° e 3° sistema, bretelle cli raccordo, opere post 1935). Il centro si articolava in nuclei in numero e specie corrispondenti al numero e specie delle armi in dotazione; era la fortificazione moderna italiana cli maggior dimensione in grado di resistere ai proietti allora in servizio; la sua struttura generalmente si sviluppava all'interno della massa rocciosa ed aveva i malloppi, o postazioni, destinati a ricevere mitragliatrici e/o pezzi anticarro, ricavati nella roccia o parzialmente all'esterno sfruttando la protezione offerta dalle notevoli masse di calcestruzzo impiegate nella realizzazione della struttura; ogni malloppo comunque terminava verso l'esterno con un blocco di cemento armato in cui era ricavata la feritoia strombata a gradoni.

La circolare 300 del gennaio 1932, contenente le aggiunte e varianti alla precedente circolare emanata nel gennaio I 931 prescrisse, tra l'altro che:

- le strntture di nuova generazione e quelle in precedenza realizzate in pa11icolari punti del terreno fossero internamente rinforzate da una piastra di metallo, realizzata in vari tipi, che recava solidale l'affustino speciale destinato al I' incavalcamento dell'arma;

- oltre alle strutture in roccia venissero realizzate casematte cementizie o metalliche che, opportunamente inserite nel paesaggio mediante annegamento nel cemento e ten-a, lasciassero fuoriuscire le cupole metalliche delle torrette e le feritoie delle armi in dotazione.

Le batterie in caverna, armate principalmente con il pezzo da 75/27 mod. 06 e di previsto impiego sui valichi di maggiore importanza, nonché di concorso all'azione dei centri di fuoco sul margine anteriore della posizione di resistenza e sulla zona di sicurezza, avevano i pezzi in strutture analoghe a quelle dei centri di fuoco, realizzate però con vani di dimensioni adeguate alla mole dei pezzi che le costituivano. Queste strutture 'erano ricavate direttamente nella roccia oppure costituite da casematte in cemento armato o metalliche, annegate nel cemento, idoneamente inserite nel paesaggio; ampie cannoniere strombate esternamente a gradoni in calcestruzzo con spigoli a volte rinforzati da metallo, proporzionate al calibro dell'arma ed al brandeggio richiesto, erano ricavate direttamente nella struttura o copertura cementizia oppure nel blocco che chiudeva verso l'esterno i vani rocciosi destinati a contenere i singoli pezzi; talvolta erano riquadrature ricavate nella roccia, semplici o rinforzate - all'interno - da piastra metallica con feritoia.

Cunicoli alla prova di diversa dimensione e spesso interrotti da scale collegavano i malloppi, le caverne o strutture metalliche alla galleria principale o centrale su cui si aprivano i vani destinati a ricovero, posto comando, locali per le comunicazioni e servizi; uno o due malloppi in cemento armato generalmente costituivano l'uscita, il cui vano era materialmente chiuso da porte in ferro di tipo attivo; spesso il vano-dormitorio, spartanamente arredato, era costituito da parte della galleria stessa.

Opere complesse, veri e propri fortilizi resistenti ai medi calibri, avrebbero dovuto successivamente essere collocate a sbarramento, anche in profondità delle principali vie di penetrazione; con specifico compito anti fanteria e con armamento limitato alle sole mitragliatrici, erano previste opere semplici, dotate al massimo di tre mitragliatrici, a guisa di difesa ravvicinala e a corona delle opere complesse collegate almeno parzialmente alle suddette opere da camminamenti e cunicoli.

Questa fortificazione avrebbe dovuto costituire perno di appoggio e manovra per lo schieramento delle grandi unità mobili agenti negli spazi interni.

Qualora quindi le disponibilità finanziarie ed il tempo a disposizione lo avessero consentito, anche l'Italia avrebbe potuto essere difesa da un sistema fo1iificatorio profondo e raffinato, largamente ispirato alle coeve linee Maginot e Sigfrido, su linee successive, potentemente armato e quindi in grado di garantire la inviolabilità del territorio nazionale.

Un'analisi più approfondita e dettagliata mostra come questo sistema fortificalo, alla cui concezione e realizzazione fu tecnicamente preposto il Gen. Angelo Guidetti, prevedesse:

- una Zona di Sicurezza avente lo scopo di impedire la sorpresa, rallentando e logorando nel contempo l'attacco;

- una Posizione cli Resistenza appoggiata sui fianchi a zone di percorribilità assai difficile.

La parte anteriore di detta posizione di resistenza era previsto fosse battuta dal fuoco organizzato cli tutte le armi della difesa ed in particolare modo dai tiri incrociati delle anni installate nelle opere presenti nella zona, i cui operatori si avvalevano della perfetta conoscenza ciel terreno antistante per batterne, in qualsiasi condizione, ogni piega o recondita asperità.

Il sistema difensivo quindi:

1. si basava su postazioni per am1i della fanteria (centri di fuoco), per pezzi cli artiglieria (batterie in caverna) ricavate in caverna, in strutture in calcestruzzo o metalliche, inserite nell'ambiente mediante acconcio mascheramento di te1rn e cemento (falsa roccia);

2. presentava pai1icolari accorgimenti adollati per consentire un ottimale funzionamento della strutture realizzate; infatti. allo scopo di sollrarre le feritoie ai tiri di imbocco avversari, ampio sviluppo era stato dato ai tiri di fianco e rovescio, in grado di offendere l'avversario meno svelando l'origine del proprio fuoco; Era stato anche previsto che: a) qualora necessario utilizzare il tiro frontale, le postazioni per le mitragliatrici e/o cannoni di piccolo calibro impiegate per tale tipo cli tiro fossero realizzate mediante casamatta metallica (struttura a pozzo costituita da anelli metallici che rivestivano le p,u-eti del pozzo scavato nella roccia munita in superficie di cupola monoferitoia - per mitragliatrice - annegata nel calcestruzzo e terreno, o struttura metallica realizzata in più parti - per il trasporto - e messa in opera annegando gli clementi nel calcestruzzo e mantenendo visibile la sola feritoia ricavata nella piastra frontale). b) nelle zone di previsto comballimento ravvicinato, causa la mancanza di passaggi fissi, le postazioni a casamatta fossero di dimensioni lievemente maggiori di quelle prima descritte e munite cli torretta a quattro feritoie con quattro conchiglie po1ta arma anziché di cupolctta mono arma, c) i malloppi in calcestruzzo fossero rinforzati con piastra metallica frontale (ne esistevano diversi tipi), che presentava feritoia di dimensioni oltremodo contenute, tale da richme notevolmente il rischio del colpo di imbocco, d) le strutture fossero realizzate con spessori di calcestruzzo oscillanti fra i 3,50 ed i 4 metri, tali da dare una notevole protezione contro i colpi anche dei grossi calibri.

Le attrezzarure interne delle strutture, inoltre, erano state concepite in modo eia consentire una lunga autonomia ai presidi delle opere anche nel caso le opere fossero state superate ed aggirate; si erano previsti quindi magazzini per i viveri e le munizioni, impianti di illuminazione, ventilazione, filtraggio e rigenerazione dell'aria interna, nonché impianti di protezione antigas.

Stazioni radio, impianti telefonici e fotofonici (tipo particolare di apparato che collega punti mutuamente visibili ed allineati, trasformando in trasmissione il segnale acustico in un fascio luminoso e convertendo in ricezione il segnale ouico in acustico ricevibile in cuffia) assicuravano i collegamenti interni alle opere, fra le opere ed i comandi superiori, mentre impianti sanitari ed igienici protetti ed ubicati all'interno evitavano la necessità cli uscire, per la bisogna, dalla struttura protetta.

OPE RA , DE L COLLE PI CCO LO SAN BERNARDO (o~"'o.1 r ,va11o Alpino dal l1lt<>+'io li complesso delle opere fino ad all ora realizzato venne integrato così da postazioni dette pariani o settemila (dalla circolare 7000 del 3 Agosto 1938, a firma del Capo di S.M. Pariani, che ne fissa le caratteristiche) costituite da un contenuto monoblocco in calcest ruzz o adeguabi l e per forma di costruzione alle diverse situazioni del terreno; questi "bunker" erano annati con una/due mitragliatrici, talvolta un pezzo anticarro da 47/32 accoppiato ad una o due anni automatiche e presentavano una limitata autonomia logistico funzionale ed il l oro presidio, ridotto alle unità indispensabili allo stretto funzionamento delle anni in dotazione, era ospitato in casermetta o ricovero protetto realizzato, enucleato dalla st ruttura dell'opera, nelle immediate vic inan ze in posizione defilata ed in contropendenza.

Fossati anticarro, battuti dal fuoco delle armi ed i cosiddetti denti di drago costituivano i principali i ostacoli passivi permanenti di cui era prevista la costruzione fin dal tempo di pace per la parte anteriore della posizione di resistenza.

La parte posteriore di detta posizione (di resistenza) vedeva la realizzaz i one di postazioni protette per mitragliatrici pesanti, collegate ai ricoveri alla prova per i serventi e la sistemazione di ricoveri alla prova destinati al personale di previsto impiego per il contrattacco.

Sulla pa11e anteriore, a completare l'azione dei centri di resistenza armati di mitragliatrici Fiat mod. l 4 e mod. 14/35 o cannoni controcarro mod 47/32 (fino al 1936 57/43 mod. 87) tutti in posizione protetta, si trovavano, nella posizione di resistenza, le batterie di piccolo calibro in caverna, in casamatta corazzata o in calcestruzzo (pezzi da 75/27 mod. 06 o I 00/17) destinati a battere, con tiro di infilata o di rovescio, la parte anteriore, la zona di sicurezza ed i valichi di maggiore importanza; vi erano inoltre osservatori corazzati per la condotta del fuoco.

Era previsto il completamento della ossatura permanente di questa zona mediante la realizzazione di ostacoli passivi, di carattere campale, aventi il compilo di incanalare eventualmente l'avanzata nemica in direzione favorevole al contrattacco.

A tergo della posizione di resistenza, nella zona di schieramento, all'atto della mobilitazione dovevano affluire le truppe destinate ad alimentarne e sostenerne la difesa, nonché la massa delle artiglierie della difesa.

Un certo numero di batterie tenute e quindi c l assificate "sempre pronte" avevano i pezzi ed il munizionamento depositati in magazzini, talvolta ex forti della prima guem:1 mondiale o epoche precedenti declassati perché non rispondenti ai vigenti concetti, ubicati nelle immediate adiacenze delle località di impiego.

La rete stradale, di cui ancora oggi rimangono vaste tracce, era molto svil upp ata, per permettere un sollecito schieramento delle truppe e l'afflusso delle artiglierie di medio e grosso calibro alle postazioni che, numerose e ben asservite alla viabi lità militare, erano pressoché totalmente allo scoperto.

Ma nel 1938 il sistema fortificato italiano non aveva ancora raggiunta l a profondità voluta e la reali zzazione integrale di quanto concepito originariamente avrebbe richiesto un insopportabile sforzo economico ed un notevole lasso di tempo, non consentito dal pericolo ormai evidente di guem1.

Accadde al Iora che si dovette far fronte in brevissimo tempo, stante l'evolversi della situazi one poi itica e l'addensarsi sempre più minaccioso di venti di guem1, alla necessità di potenziare al massimo la copertura della frontiera, col mettere in cantiere opere fortificate semplici di rapida realizzazione in grado cli supplire all a mancata costruzione di parecchie delle opere di maggiore mole inizialmente previste e non ancora realizzate.

In questa, che si può definire seconda fase costruttiva del Vallo, le grosse strutture precedenti furono quindi sostitu ite da conte nute casematte, realizzate in calcestruzzo con pareti dello spessore variabile da 1,50 a 2,50 m., cui le ridotte dimensioni ed il basso spo110 su l piano di campagna, il diradamento, il defilamento, lo sfruttamento dell'ambiente naturale ed il mascheramento garantivano in maniera indiretta l a protezione ai piccoli e medi calibri; una piastra metallica annegata nel calcestruzzo in corrispondenza della feritoia proteggeva dai tiri di imbocco.

La semplicità e quindi facilità e velocità di realizzazione avevano tratto vantaggio da questo snellimento operato dalla c ircolare 7000 e si riuscì a completare la difesa dei valich i minori, ubicati ad alta quota, a coprire vie minori di penetrazione e a collegare con bretelle le precedenti realizzazioni fortificate , conferendo al complesso difensivo di frontiera, prima costituito da capisaldi isolati sia pure coordinati in linee difensive, una sistemazione I ineare vera e propria, dotata talora di limitata profondità; la riduzione dello sviluppo delle strutture però aveva fatto perdere alle stesse la loro autonomia logistica, elemento fondamentale per la sopravvivenza dell'opera stessa, qualora superata ma non annientata dal nemico.

Venne così realizzata un'organizzazione fondamentalmente lineare impostata essenzialmente su opere di fanteria, armate di mitragliatrici, pezzi controcarro di piccolo calibro e, ove previsto, su postazioni ricavate in caverna, prevalentemente per pezzi da 75/27 e I 00/ 17 , in grado di effettuare tiro sui valichi e le alte valli; in qualche caso venne abbozzato un sistema fortificatorio non più continuo, ma localizzato sulle principali vie di facilitazione e collegato al primo sistema mediante bretelle e vie allo scoperto; per le artiglierie si rese necessario mantenere in servizio alcuni forti realizzate a cavallo del '900 ritenuti ancora di possibile utile impiego quali batterie G.a.F. a lunga gittata (ad esempio il forte dello Chaberton divenuto SIY' Batteria G.a.F.).

In parecchi casi inoltre, stante l'urgenza di sbarrare pericolose vie di accesso, molte mitragliatrici e pezzi controcarro dovettero venire ubicati allo scoperto e così pure la massa delle artiglierie di medio e grosso calibro cui non fu possibile dare ricovero in opera o caverna.

Ad esemplificazione di quanto fino ad ora detto, si riportano, realizzati fotograficamente, alcuni esempi di tali strutture, ubicati in zone di frontiera considerate di vitale importanza.

La preoccupazione per la scarsa tenuta alla eventuale spinta offensiva avversaria che l'organizzazione fortificatoria fino ad allora realizzata poteva offrire, unita ad una schiarita politica che faceva sperare in un certo lasso di tempo privo di guerra, fece determinare nuovi concetti cui improntare l'organizzazione difensiva della frontiera italiana, concetti innovatori che modificavano il modo di vedere il vallo Alpino, non più collocato sul solo spartiacque, bensì ampiamente sviluppato anche nel fondo valle e costituito da sistemi di fortificazione, la cui composizione era in funzione della potenzialità della via tattica su cui era investito.

La circolare I 5000 emanata a firma del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Maresciallo Graziani, esponeva i criteri cui si doveva ispirare questa che si può definire terza fase costruttiva del Vallo Alpino; secondo questi nuovi concetti l'organizzazione difensiva doveva comprendere più sistemi fortificati, di regola tre, appoggiati a linee naturali particolarmente forti che si susseguivano in profondità e distanziati quanto era necessario a costringere l'avversario ad adottare successivi schieramenti cli a1tiglieria; (vicino al confine il primo sistema, a sbarramento dei tratti mediani delle valli, gravitando sulle vie di facilitazione il secondo, opere "catenaccio", a sbarramento delle strade principali per il terzo, realizzato in prossimità dello sbocco in pianura delle valli alpine).

I sistemi dovevano esser collegati da numerose bretelle di raccordo, linee di difesa trasversali alle linee principali, destinate a segmentare il terreno, evitando che la caduta di un caposaldo permettesse l'aggiramento dell'intera linea difensiva con conseguente a1Tetramento dell'intero fronte.

In ogni sistema, in relazione alle condizioni di operabilità del terreno nei vari tratti, si sarebbero dovute avere sistemazioni a caratteristiche diverse e precisamente:

1. sistemazioni tipo "A": costituite da una fascia di opere resistenti al grosso calibro, dislocate a cavaliere delle direttrici che potevano consentire lo sviluppo di attacchi a massa; opere grosse integrate da medie costi tu i vano l'ossatura del sistema.

2. sistemazioni tipo "B": formate da gruppi di opere resistenti ai grossi e medi calibri, realizzate a cavaliere di direttrici che avrebbero potuto consentire attacchi portati da colonne; qualche opera grossa ed opere medie formavano la struttura portante del sistema. ·

3. sistemazioni tipo "C": opere resistenti al piccolo e medio calibro, raggruppate o staccate in funzione di irrobustimento dei lavori campali realizzati per le truppe mobili; erano collocate a cavaliere delle direttrici che avrebbero potuto permettere attacchi portati da piccoli reparti; l'ossatura di questo tipo di sistemazione era costituita da opere piccole.

4. sistemazioni campali: venivano realizzate nei tratti impervi ed erano affidate alle sole truppe mobili.

Tre erano fondamentalmente i tipi di opera presenti nella sistemazione difensiva prevista dalla circolare 15000; essi differivano tra di loro per il numero di postazioni, il tipo di protezione, il sistema di realizzazione del/degli osservatorio/i e le attrezzature complementari e precisamente:

- opere grosse: munite di cinque o più postazioni, per mitragliatrici, pezzi controcarro o di piccolo calibro , lanciafiamme o mortai, collegate tra di loro e con i locali di servizio da cunicoli protetti, avevano generalmente protezione ai grossi ca li bri ed erano munite di osservatori attivi, realizzati, quasi sempre, in apposita casamatta metallica:

- opere medie: munite al massimo di quattro postazioni per gli stessi tipi di arma presenti nelle opere grosse, analogamente collegate da cunicoli protetti, avevano protezione al medio calibro (grosso calibro solo per quelle inserite nelle sistemazioni tipo ''A"); feritoie di osservazione e periscopi assicuravano il sistema di osservazione;

- opere piccole: costituite al massimo da due postazioni per mitragliatrice. arma controcarro o lanciafiamme, avevano protezione generalmente al piccolo calibro.

Particolare cura era rivolta, in tutte le opere, alla difesa vicina degli clementi vitali dell'opera e cioè ingressi e postazioni; parimenti curata era l'attrezzatura che doveva permettere la efficienza ed azione del presidio, nonché la vita, anche in caso di lunga permanenza all'interno dell'opera stessa.

Si trattava quindi di strutture molto più estese dei precedenti centri di fuoco ed opere 7000, meglio annate, sviluppate su più piani, generalmente raccordati fra loro da scale interne, implementate nella difesa vicina dell'opera con la realizzazione di caponiere armate di fucili mitragliatori, a protezione degli ingressi e di fossi diamante per la difesa dai sabotatori ed il mantenimento del campo di tiro delle armi anche nel caso cli caduta di macerie per bombardamento.

Qualora il tempo e le somme a disposizione lo avessero consentito, era previsto il completamento della sistemazione difensiva con:

I. bretelle di collegamento cli costituzione analoga a quella dei rispettivi tipi di sistemazione difensiva,

2. postazioni per la massa delle artiglierie (all'atto dell'inizio delle ostilità pochissime erano le artiglierie dotate di una sede protetta),

3. ricoveri per le truppe mobili,

4. posti comando per gli Enti che già non avessero sede all'interno di opere,

5. collegamenti di carattere generale,

6. osservatori per le a1iiglierie cd i comandi ai vari livelli,

7. predisposizioni interruttive (gallerie, ponti stradali e ferroviari, vie di comunicazione ecc.),

8. reticolati ed ostacoli anticarro di varia natura,

9. potenziamento della rete stradale militare e realizzazione di raccordi fra i vari sistemi viari, creazione di vie di arroccamento e del la viabilità minore di accesso a postazioni, comandi, depositi e riservette (al momento - fine del 1939 - ancora al lo stato embrionale o quasi), l O. teleferiche di servizio, magazzini. li sistema teoricamente avrebbe dovuto essere valido e completo alla fine del 1939 e quindi in grado di tutelare l'Italia da ogni allacco; in realtà le accelerazioni date ai lavori sul fin ire del 1939 e gli inizi

Poiché il primo sistema difensivo era praticamente stato già completato con i centri di fuoco e le postazioni tipo 7000, le fortificazioni previste dalla nuova circolare avrebbero dovuto costituire il completamento del secondo, integrando massicciamente le strutture già realizzate e l'ossatura del terzo sistema; lo scoppio della guena contro la Fra ncia non concesse il tempo materiale alla realizzazione di questo progetto che venne portato a parziale compimento dopo la guerra del 1940 e solo là ove più vistose erano emerse le lacune del primitivo sistema fortificato.

Gli avvenimenti be lli ci non misero, se non in minima parte, alla prova il sistema così realizzato per il cui presidio e gestione fu addirittura creato il Corpo della Guardia alla Frontiera e quindi non si può esprimere un sicuro e ponderato giudizio sulla sua validità .

ANDAMENTO del 1940, non riuscirono, secondo quanto emerso dalle ispezioni compiute in loco dai massimi responsabili militari dell'epoca , nonostante la ormai accertata immanenza dell'entrata in guerra , a conferire all'insieme della fortificazione italiana di frontiera quel minimo di completezza, robustezza e profondità necessari alla positiva tenuta della frontiera nel caso di investimento della stessa da parte di un solido e preparato avversario.

Anche in questo campo, campo di cui nessuno aveva messo in dubbio la attualità e necessità, si verificò il ritardo di attuazione che caratterizzò il pur indifferibile rinnovo del parco delle artiglierie, dei mezzi corazzati e degli altri strumenti bellici e che portò impreparato l'Esercito llaliano al secondo Conflitto Mondiale.

Armamento delle opere

L'avere il costituito Vallo Alpino inglobato le opere risalenti agli albori del '900, dotate di artiglierie protette da coperture corazzate o cemento armato , porta doverosamente ad esaminare non solo le anni automatiche ed i cannoni di piccolo calibro adottati dalle moderne costruzioni fortificate, ma anche le artiglierie che, montate in cupola, armavano queste antiche strutture inserite a pieno titolo nel Vallo.

L'esmne delle anni presenti nelle strutture mostra come in Italia non fossero state realizzate, a differenza di quanto invece fatto specialmente in Francia, mitragliatrici, mortai, lanciagranate o cannoni controcarro appositamente progettati per essere impiegate dalle strutture fortificate; le a.imi collocate all'interno delle fortificazioni del Vallo erano quelle di normale dotazione ai reparti, senza alcuno specifico adeguamento degli affusti al particolare impiego; di ciò venne tenuto conto in fase di costruzione delle strutture e le feritoie vennero realizzate ad altezza adeguata agli affusti regolamentari.

Solo in tempi successivi, allo scopo di migliorare le prestazioni delle armi, garantire la sicurezza dei serventi e poter effettuare tiri frontali , vennero realizzate feritoie scudatc prodotte in diversi modelli, cupole metalliche corazzate mono o pluri arma, affustini o supporti particolari da collegarsi alle suddette blindature; l'insieme arma-cupola o armascudo veniva inserita nella struttura di cemento o nelle aperture ricavate nella roccia ove era stata realizzata la fortificazione.

L'armamento principale delle strutture fortificate costituito da mitragliatrici e cannoni controcarro di piccolo e medio calibro, era inoltre integrato da mortai, lanciafiamme da posizione e fucili-mitragliatori che battevano con il loro fuoco rispettivamente le zone defilate, gli accessi alle opere stesse e le cosiddette zone morte, cioè non battute dalle armi principali.

Per quanto riguarda le artiglierie, vi era, come già visto, una netta diversità fra quello delle opere di nuova concezione e quello delle strutture realizzate antecedentemente alla prima guerra mondiale impiegate quali batterie di grosso calibro per interventi particolari (interdizione, sbarramento, controbatteria).

Le opere di "nuova" concezione prevedevano ed utilizzavano principalmente i seguenti pezzi:

- cannone da 47/32 modello 35, usato incavalcato sullo specifico affusto a code come arma anticarro standard del Regio Esercito, allorché installato in casamatta, veniva impiegato con le ruote sollevate oppure incavalcato su affusto speciale modello opere; armava le strutture del 2° e 3° sistema, le bretelle di raccordo e le opere realizzate dopo il 1935;

- cannone da 57 /43 NORDENFELT mod. 1887 di origine navale, a causa della carenza, all'epoca, di specifiche armi, venne impiegato con funzione anticarro nelle opere del 1° sistema o comunque realizzate nel periodo 1930160. Cannone da 47/32 mod. 39. 36; montato su affusto a candeliere, era protetto frontalmente, allorché posizionato in struttura cementizia o caverna, da piastra corazzata in cui era ricavata una feritoia;

- cannone da 75/27 modello 06, pezzo maggiormente impiegato nel Vallo Alpino, di cui armava al giugno del '40 ben 101 installazioni , veniva impiegato dall'interno di speciale casamat ta metallica resistente ai medi calibri o in casamatta di calcestruzzo ed incavalcato su affusto da fortezza (tipo 4) ancorato alla casamatta ed era suscettibile di spostamenti in direzione su rotaie arcuate. Veniva altresì impiegato da caverna utilizzando l'affustino del complesso campale ed un affusto speciale poggiante mediante rotelle su rotaie fissate al pavimento della caverna ed ancorato ad una piastra di corazzatura frontale; in tale configurazione, allo scopo di evitare la presenza dei gas prodotti dalla deflagrazione della carica di lancio all'interno della caverna, la bocca da fuoco veniva munita, alla volata, di un tubo di prolunga di circa 40 cm.;

- obice da 100/17 mod. 14 P.B. (preda bellica), massimo calibro installato in caverna venne impiegato sul suo affusto in un numero limitato di s trutture realizzate nella prima fase fortificatoria sulle Alpi Marittime; erano previste opere di artiglieria in cui questo pezzo rimaneva stoccato in caverna e fatto uscire nella camera di combattimento solo al momento dell'azione.

I pochi vecchi forti del periodo della Triplice Alleanza o precedenti, del tipo Brialmont modificato Rocchi, che, ubicati alla frontiera francese (tratto di frontiera fra il Monginevro ed il Moncenisio) e svizzera, fu necessario mantenere in servizio inglobati nel Vallo Alpino, come batterie G.a.F., presentavano :

- i materiali di calibro e tipo vario (pezzi da 120/21 120/40, 149/35 dei tipi A, S) collocati in installazione a pozzo, su affusto a piattaforma girevole per 360°, protetti da una calotta di acciaio di vario spessore, girevole assieme all'affusto ed ali 'incavalcato cannone, sop ra una rotaia murata, sul bordo del pozzo, nel calcestruzzo e protetta da una avancorazza in ghisa pure annegata nella massicciata;

- i complessi installazione per i pezzi non omogenei, in quanto realizzati per i diversi tipi di cannone in tempi e modi diversi anche in funzione delle diverse esigenze, ed identificabili per il nome preso dalla casa costruttrice, dall'ideatore o dall'impiego particolare per cui erano state realizzate. Da un esame della documentazione dell'epoca risulta che le strutture mantenute in servizio ed inserite nel Vallo Alpino furono:

I. Batteria La Cou11 (5 1211 btr. G.a.F.) e Batteria Paradiso (51311 btr. G.a.F.) armate rispettivamente con 4 e 6 pezzi da 149/35/A in installazione tipo G,

2. Batteria Pramancl (51411 btr. G.a.F.) armata con 4 pezzi eia 149/35/A in installazione tipo A,

3. Batteria Bramafam (51611 btr. G.a.F.) armata con 2 pezzi da 120/21 in installazione tipo A,

4. Batt eria (forte) cli OGA (Borm i o) (52211 btr. G.a.F.) armata con 4 pezzi da 120/40/A, ciascuno in pozzo singolo protello da cupo l a leggera ,

5. Batteria Chaberton (5 1511 btr. G.a.F. ) armata con 8 pezzi da 149/35/A, in torre singola in installazione tipo A.M.

6. Batteria (forte) di Colico (52011 btr. G.a.F.) armata con 4 pezzi eia 149/35/S, in installazione tipo S,

7 Batteria (forte) di Tirano (521 11 btr. G .a.F.) armata con 4 pezzi da 149/35/A, in installazione tipo A.

L'armamento di talune di queste batterie o forti era talvolta integrato da:

- pezzi da 57 mrn. a caricamento rapido, di produzione Gruson, che costituivano l'armamento delle torrette a scomparsa (forti Bramafam e Giaglione, fortino di Colle delle Finestre),

- pezzi eia 57/22 e 42/30 che, cli modello antiquato, venivano impi egati su affusto a candeliere o piedistallo per l a difesa delle fronti secondari e o, incavalcati su affusti a ruote, venivano posizionati all'immediato esterno od interno delle stesse opere.

A fronte della eterogeneità del materiale che si era dovuto mantenere in servizio, e relative specifiche installazioni, il Generale Guicletti, responsabile della cos tru zione elci Va ll o, aveva eseguito studi per modificare l e installazioni in cupola ancora esistenti allo scopo di renderle più omogenee e rispondenti al le offese che nel corso dello stesso primo conflitto avevano causato la perdita di alcune nostre fortificazioni; il prezzo rilevante e la eccessiva eterogeneità del materiale installato nelle strutture conservate ed inglobate nel Vallo sconsig li arono l'adozione globale cli tale valida modifica e le strutture mantennero il sistema a pozzo di origine .

Lo sviluppo jòrtificatorio negli Stati confinanti

L'evolversi della situazione po liti ca internazionale ha determinato spostamenti della linea di confine a favore degli Stati che hanno combattu t o contro l'Italia e conseguentemente molte fort ificazioni a suo tempo erette sono scomparse perché col loca t e lontano dai luoghi di possibile utilizzo; è tuttavia possibile definire, da un esame dei documenti rinvenuti, quale fu l'attività fortificatoria degli Stati che si affacciavano su l confi ne italiano ed in un solo caso (Francia) mostrare i prodotti di tale attività:

- Austria: eia parte di questo Stato non ve nne realizzata alcuna fortificazione a tutela del confine con l'Italia e la successiva annessione alla Germania annullò ogni eventual e progetto c he a tale riguardo lo Stato Maggiore austriaco potesse aver concepito.

- Jugoslavia: la politica filo francese ed anti-italiana po11ata avanti dal Regno di Jugoslavia fece sì che venissero realizzate numerose strutture fortificate cli notevole valore ai confini con l'Italia; all'atto delle ostilità solo le strutture ubicate a ridosso immediato del confine opposero una certa qual resistenza alle truppe

Vallo Alpino

OBICE DA 10(1 li Mo<I. 14

Bocca dA luoao l.>i ;,cciaio, a pan:u "'-'mt•lfC;1 (in ~u.dC"'h,· t·1".:mp.l~rc .1 tubo auim:\ ci.:rcbi•tO). ung .zta. I tota!,·

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Prc&UODC do•ulA alhl. c~r 11f:.,4.

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1'i(Att1rK .-CrtltO •.•. ,la. Maittr,1 a ,tt,alrM.

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C°"f'Ol'fffl di ..,_r<, a lllt"l'C.....,;Olu· r,1~·1.ii&tc.t" ·· { tk41,t, dà [u<.,<:o , 11 o-:.tu~.~l<trt · ka: 4.0.J t-Mlo ' · · · · J 4f-truttur"ton• , li ,5

Affusto

A Jc·fOl'nlatioau.:, 1,.·011 :.tf'f«c.t..inu p,·r ,t .,,u1(Mf~1tc, tu 4wc&ioth: " .t:." J,'r,·110 i<lr.wlico, :1 ~:,h·11t" r,,t.:rn•,· 1,:,,,,C,• ,H ,..i-<" ..,i,1<'• n.lc iucougcl-tfulc· f'm1;,·ru<, n•gol.tlot1· ,Id 1i1w-ul<1 '"'I ,·.• r,01'<· ddl"iHdin~,.40ft\',

'ntifllllHI

H:icUJ)t•raJ(•r ,: ,1 111vll.t Ah•·r.7:, d, H'.,t~ ,t.11 ,.,<• mm. llfo !\OC! mtu l(1l:"

Obice

PRINCIPALI ARTIGLIERIE INSTALLATE NELLE OPERE DEL VALLO -Strutture di antica concezione-

CANNONE DA 120/'0

DI ICCl>lo al Gicll.U., OOmpo&V., - - lii ,art. • t,o. ùlla pa,lo rtc,.t& • . mm 0111et - ool. 31 t,,a.t,ci. l1oi..i. • • , uu,,, u,t

VoJw.m• 4J oocaba1U.O.

(l"onob • pollotlo 4o 110)•••. dm' f,UO

Preulooodon&a.U. maaalmo cuiu

(,,....lo • ,.U.llo da 110) , •= 2'00

B.tpt.a,. Mo d• c1a1tn • tl.aMlil•

..,..,..,., dello rlpt se pMIO 001&aote .••••. mm SIOO - ool. SO

OOIIC'C"• 41 ohlaJV.ra ·• riloot olllJld,o troooO ootlloo, - p- 4o1la - 4o - (con oer<>hlo porlo &a dal ltoDI) q '"'· tA,i&llulooe lii po-, oon oopcri..r. metolllea 11ff.,,._ IOltoDGl,I ID4lpm• d -lo dall'al!ulo • ooo qllOO&a t!N•or.: al!a1lo od llloal 10 plal,tal • -bVO pATole; o,,llo O moD!oollo

....UOpla.liloo.

~oo 41 ,p,,,o •,.,.....ione,• rfp.t.ulon1.

OOD lrMa J4nalloo O ,ioupert.loTO I moli,,. ()oal1CJlb 4I olen.rJo0,t O d llon, OOD dllpoclll\'O 41 lll&l>Offa topldo por lllr4 la4.tpoa4ente. 0oq..., 41 ~. tra p!MWonlla ct,w,ol• • b..- to. aou.c-1o tlMlleo Ira c..,..i. 41 ooperm• • al!v.no.

PnllO l4nalloo dal Ila-. od 1WCII di olloU6

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CANNONE DA 120/21

DI aoclolo LII ·1ooo o&wr.t.or• • ~..... .,lo ,o,a -..i.

.- ,. , lftO-oal.~ 'l'olun1lal.slaledl-l>utlou (lnua

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•> UQ.lt.o por t.otn ooru1&W..

<) AtrUlo da d.UCM jg OUut..Ct.L

Armamento Delle Fort Ificazioni Italiane

A ff usto da 120 ~r torr<i e.o razzata.. ( d ca.nnof\•~l'"d m·,n;md.} italiane, quelle ubicate in profondità vennero abbandonate dalle truppe di presidio e quindi superate senza colpo ferire dalle truppe celeri italiane lanciate in profondità.

Affusto per cannone d. .sf'lrd.

- Svizzera: la Confederazione Elvetica in previsione di un nuovo conflitto mondiale, ribadendo la sua volontà di rimanerne estranea, adeguò e potenziò le preesistenti strutture fortificate erette a tutela dei suoi confini e non ritenne necessario creare nuove fortificazioni a tutela del confine italo-svizzero che non aveva subito modifiche, rispetto ai tempi del precedente primo conflitto mondiale.

- Francia: lo Stato Maggiore francese, auspice il ministro Maginot che aveva in prima persona vissuto le stragi del primo conflitto mondiale, stabilì di dotare il paese di un sistema fortificato che tutelasse la integrità dei confini nazionali anestando su di essi il nemico, evitando così le carneficine subite nel corso della grande guerra, ed a tale scopo detenninò la costituzione di una apposita commissione ( C.O.R.F.), organo esecutivo della Commissione di Difesa delle Frontiere, incaricata di studiare e far applicare le migliori soluzioni fortificatorie per la difesa della Francia. Nello studio di tale sistema difensivo ebbe rilevante importanza la fortificazione della frontiera alpina con l'Italia, ritenuta possibile nazione avversaria, alla luce degli allriti sviluppatisi fra i due stati, dei comportamenti della politica internazionale italiana e dei discorsi di Mussolini, alludenti alla volontà di riunire alla madre patria i territori forzosamente ceduti quale prezzo della unità d'Italia.

TI terreno di confine, già di per sé naturalmente difficile, venne reso pressoché inaccessibile con la realizzazione, lungo la linea di frontiera ed in profondità, di numerose strutture fortificate complesse (costituite da blocchi di potenti artiglierie integrati, per la difesa vicina, da blocchi di fanteria) e di blokhaus leggeri destinati ad integrare e saldare l'azione dei primi.

Cenni sulla Guardia alla Frontiera

L'aver fino ad ora parlato delle strutture costituenti il Vallo Alpino ci porta a dare un sommario cenno a chi presidiava questo insieme di opere cli cui si erano riempite lentamente prima e impetuosamente poi, in funzione del deteriorarsi dei rapporti con gli stati confinanti, le zone di frontiera italiane.

Dal rientro dei Sovrani Sardi dall'esil i o in cui li aveva confinati Napoleone Bonaparte fino alla Seconda Guerra Mondiale, la responsabilità delle fortificazioni ubicate lungo l'arco alpino venne sempre accentrata sotto la giurisdizione del comando militare competente per territorio. Su l finire del secolo XX la responsabilità dell'attività delle fortezze fu devoluta ai comandi artig li eria competenti per territorio, i quali ebbero a disposizione Brigate da Fortezza da cui trarre le guarnigioni delle piazzeforti. La fortezza non era però guarnita eia soli artiglieri; sino ai primi del '900 infatti vi fu la tendenza a far coabitare nella stessa fortezza reparti di armi differenti; artiglieri per i I funzionamento delle artiglierie, fanti od alpini per assicurare in pace il normale serv i zio di g uarn i gione ed in tempo di gue1Ta la difesa v icina della struttura . A partire dal primo decennio del XX secolo le fortezze furono esclusivo appannaggio dell'arma di artiglieria che, sotto diverso nome, reggiment i da piazza, brigate eia fortezza, reggimenti d'armata, le gestì fino a quando no n venne sent ita l a necessità inderogabile di creare un nuovo corpo che, assommando in sé tutte le armi necessarie (fanteria, aniglieria, ge ni o e servizi ), gestisse in modo unitario la difesa e copertura del confine, occupandos i di tulli gli aspetti cli tutte le strutture fortificate presenti lun go i confi ni italiani, strutture che si erano dilatate in numero veramente elevato, svincolando così dal presidio statico unità destinate originariame nte e per loro costituzione ordinativa al!' impiego mobile su lla frontiera e o ltre.

Non fu una concezione rapida ed indolore, stanti l e resistenze dei corpi già esistenti a cedere uomini, armi e mezzi ad un nuovo co rpo di cui non vedeva no, con somma miopia, la necessità; questa e l'esige nza di costituire un nuovo corpo furono ampiamente sentite, allorché la vigilanza al confine venne potenziata con la realizzazione di una notevolissima massa di strutture fortificate permanenti, destinate ad essere presidiate pressoché costa ntemen te, immobilizzando una notevole e considerevole massa cli forze tradizionalmente ed istituzionalmente mobili, facenti capo per l 'impiego ai Corpi cl' Armata di frontiera (cinque nell'ordinamento del 1926, sei in quello del 1927).

Fu so lo nel 1934 che cominciò a prendere co rpo l 'idea dell'istituzione di un nuovo corpo militare che v igilasse e difendesse a pieno titolo il confìne statale, sollevando eia tale oneroso e non istituzionale compito statico unità nate per attività mobile, sia pure nello stesso ambiente montano ove era no ubicate l e strutture da presidiare.

Agli ini zi degli anni '30, lungo tutto il confine terrestre del Regno di Ital i a, che allora andava da Ventimiglia a Fiume, era stata iniziata la costruzione cli tutta una serie di opere difensive in calcestruzzo e/o caverna; si trattava di sbam1menti ed altri apprestamenti difensivi, assieme alle caserme e casermette destinate al personale c he li doveva presidiare, che si appoggiavano alla morfologia ciel territorio, sfruttandola appieno.

Tutte queste realizzazioni erano frullo dell'aumentato sta to di tensione fra Italia e stari confi nanti conseguente ai diversi orientamenti di politica internazionale adotta ti dai rispettivi governi.

Per carenza di altre truppe idonee a v i vere ed operare in montagna, tenendo conto che sino ad allora la vigilanza, essenzialmente mobile, del co nfine era stata affidata alle truppe alpine, il compito di presidiare queste nuove strutture venne consequenzialmente devoluto agi i alpini; truppe nate per essere mobili venivano così trasformate in statiche, contraddicendo g li stessi principi che erano sta ti alla base della loro creazione; gli alpini infatti erano nati come truppe mobili destinate ad operare nella fascia cli frontiera, controllando l e zone ad altri corp i inaccessibili e non come truppe da destinarsi ad un punto fisso di operabilità.

Come provvedere quindi ai nu ovi impegni c he andavano prospettandosi ne l futuro militare italiano, stan ti gl i orientamenti politici in auge che volevano, auspice Mussolini ed il suo Capo di Stato Maggiore, Generale Baistrocchi, l'esercito poderoso strumento bellico offensivo e quindi libero eia pastoie sta ti c he?

Il comando delle !ruppe alpine aveva dal canto suo iniziato a rappresentare l'incongruenza di un atteggiamento che imponeva ad unità mobili di provvedere ad un servizio de l tutto diverso che, tra l'allro, tendeva ad assorbire, stante la mole delle esigenze, ogni capacità e possibilità delle !ruppe alpine, obbligandole a trascurare per carenza di forze i compiti mobili istituzionali.

Si pensò, a livello di Stato Maggiore Generale, di creare forze specifiche, suggerendo l'istituzione di un corpo speciale che avesse in permanenza ccl esclusivamente il compito di vigi l are ed al momento ciel b i sogno presidiare e gestire, la linea fortificata realizzata lungo il confine italiano, assicurando così la copertura delle frontiere; detto corpo avrebbe dovuto essere formato da gente conscia della necessità di dover vivere permanentemente in montagna, truppe alpine di nuovo genere, legate al terreno e validamente moti vate.

Le armi, i materiali e l'equipaggiamento assegnali avrebbero dovuto essere adatti a svolgere l'attività ed i servizi ai quali i militari di questo nuovo corpo sarebbero stati preposti cd essere validi per la natura del terreno sul quale sarebbero stati destinati ad agire ed operare.

Qualora creato, il corpo sarebbe stato alimentato da tulti i Distretti Militari della Penisola, non potendosi sottrarre ai Distretti di tradizionale reclutamento alpino elementi da inviare fuori specia lità ; si sarebbe dovuto quindi assegnare alle unitit di questo corpo quadri validi, in grado cli poter dare un addestramento specifico alla vita di montagna al personale assegnato, amalgamando a tale vita anche coloro che i monti mai avevano visto in vi ta loro.

In montagna, nei pressi del confine, sarebbero state realizzate le caserme così che gli occupanti potessero raggiungere in breve tempo e presidiare lutle le strutture difensive predisposte ed affidate alle l oro cure.

Così facendo le truppe alpine e quelle di rincalzo sarebbero siate restituite alla disponibilità degli Alti Comandi che le avrebbero potute impiegare in base alle esige nze sorte in qualsia~i punto del territorio e nel contempo il confine sarebbe stato egua lmente presidiato e reso invalicabile con l'u so ottimale delle fortificazioni, gestite da personale specificatamente addestrato a servirsi di esse, i I personale appunto del nuovo corpo di cui si proponeva cd auspicava la creazione.

li co ncetto più che mai valido finalmente attecchì e si creò nelle menti dei responsabili la ineluttabilità della istituzione di un corpo di specific i addetti alla gestione delle fortificazioni e controllo degli spazi impervi esis tenti eventualmente fra esse, pena l'immobilizzo a ridosso della frontiera cli tulto l'esercito di campagna (quello mobile).

Il 24 Maggio 1934 con il foglio 11 200 di prot. il Sottosegretario di Stato, Generale Baistrocchi, comunicava ai dipendenti Comandi di Corpo d'Armata: "Per il presidio delle opere dello sistemcòone difensiva terrestre, nel prossimo mese di se11e111bre, 1•ermn110 costituite apposite unità di fanteria ed artiglieria il cui insieme sarà denominato Co,po di Frontiem.( )"

Successivamente, in data 6 Settembre 1934, essendo ini ziato l'afflusso nelle varie predesignate sedi degli uomini e quadri destinati al costituendo corpo ed esse ndo necessario dare ad essi anche uno speciale e specifico addestramento, il Ministero della Guerra - Gabinetto - emanava con foglio 18559 di protocollo l e "norme per l'addestramento del personale del Corpo di Frontiera". Questo corpo del Regio Esercito, all'atto dell'emanazione del decreto cost ituti vo, prenderà il nome di corpo della "Guardia alla Frontiera".

Nasce così con il Regio Decreto Legge n° 833 del 28 Aprile 1937, avente però valore retroattivo al 20 Dicembre 1934, il Corpo della Guardia alla Frontiera.

Questo nuovo corpo suben tra va, anche alla lu ce delle nuove concezioni e conseguente organizzazione della fortificazione permanente di confine, alla Artiglieria da Fortezza, che nei sistemi basati su grandi opere fortificate singo l e dotate essenzialmente di pezzi di grosso cal ibro, quali erano quelli presenti lungo i confini terrestri del Regno all'atto del primo conflitto mondiale, aveva gestito tali strutture.

Non più quindi, come si è accennato prima, compagnie di artiglieria da fortezza per il presidio delle opere e funzionamento dei cannoni in esse presenti, unitù cli fanteria presidiaria, milizia territorial e od alpini per la difesa v i c ina ed il presidio attivo dei sistemi trincerati esterni, comandi di artig li eria da fortezza per la gestione del sistema, bensì un corpo unitario con unità di fanteria che dovevano far funzionare la massa di mitragliatrici, mortai e pezzi controcar ro costituenti l'armamento del gran numero di piccole opere fo11ificatc previste da l nuovo sistema fort ifi catorio italiano e proprie unità di artiglieria incarica te di gestire le artiglierie della difesa, la cui massa ora, contrariamente al passato e con l'eccezione delle aiiiglieric incavernate e di quelle degli antic hi forti mantenuti in servizio quali batterie G.a.F. cli medio calibro per la va lidità dei pezzi che li armavano, era di prevista dislocazione ed impiego fuori dalle opere.

A li quote del Genio e dei servizi, organicamente inquadrati nel nuovo corpo provvedevano allo svo lg im ento di tutto il complesso di attività necessarie a consentire alla Guardia alla Frontièra autonomia logistico-funzionale, cura nd o le esigenze di v ita quotidiana, i piccoli lavori intern i od esterni alle strutture ed i vital i collegamen ti fra le struttu r e e con i comandi ai var i livèlli.

La nascita fu sancita con un decreto e non con un normale provvedimento ordinativo in quanto fu allora ritenuto che la sis temazione l egis l ativa avrebbe consentito di superare notevoli ostacoli, spec i e cli ordine burocratico-formale che avrebbero potuto bloccare o se non altro ostacolare l 'azione della Guardia alla Frontiera.

In effetti l'emanazione di un decreto legislativo, che sotto si riporta, co nsent ì cli definire le relazioni del Corpo con le Autorità e gli Enti Pubblici e diede ai Comandi G.a.F. l a possibilità di emanare disposizion i riguardanti i l territorio, gli interessi privati (servi tù. sgomberi, aree di ri spetto ccc ) e cli farsi asseg nare fondi mirati a garantire la copertura finanziaria alle attivitù spec ifi che cli istituto.

Leggi E Decreti

REGIO DECRETO-LEGGE 2tl aprik 1937-XV n.833 Istituzione dd corpo della Guardia alla frontiera"

V JTTORIO E:vlANUELE lii

PER GRAZI/\ DI DIO E VOLONTÀ DELLA NAZIONE RE D'ITALIA IMPERATORE DI ETIOPIA

Visto il R. decreto legge 11 ottobre 1934 n. 1723 converti to in legge. <.:on modiricazinni, con la legge 17 dit·ernbre 193..f-XIII. r..:lativo all'aggiornamemo tielle dispo~izioni concernenti l'orJinamento del Regio esercito. c succe$sivc modi fic,wioni:

Vista la legge 7 gi ugno 1934 n. 899 sull'avanzamento degli ulTic:iali del Regio esercito e successive 111odilìcaLioni:

Vista l a kgge 21 gi ugno 1934 -Xli n. 1093 recante modificazioni al testo uni co delle kggi sullo stato dei souufficia li de l Regio esercito. approvato <.:011

R. decreto 15 seuemb re 1932-X n. I 514 e successive modilìcazioni;

Ritenuta la necessitÌI urgeme ed asso lut a di rende r e le grand i unità del Regio esercito in!cram ente disponibili per l e operazion i e di assicurare, d'altra pane. in ogn i event uali tà l'immediata ed efficace di resa de ll e frontiere affidando la a uno speciale corpo cl i nuova i stituz i o ne;

Visto l'a rti co l o 3, n. 2, del la legge 3 1 genna i o 1926- IV, 11. I 00:

Sentito il Consiglio dei Minis1ri:

Su ll a proposta de l Capo del Governo. Primo M in istro Segretario di Staw e Ministro Segretario di Stato per la Guerra. di co ncerto col Ministro S,;;grctario cli Stato per le finanze;

Abbiamo clecrctato e decre(iamo: Art. I.

È istilllito uno spec i ale corpo del Regio esercito denom in ato "Guardia al la frontiera Art. 2.

La "Guardia alla fro nti era è ordinata in settori d i copert ura reu i da generali di brigata o co l onnelli. Ciascun settore di copertura comprende un numero vario di unità minori. Per c i ascun seuore d i copert ura. di massima. csisie u n depos it o terri toriale.

Art. 3.

Gli ufficia li l'd i souufficia l i as~t:gnati alla Guardia alla frontie r a sono compn~~i negli organid dcgli ufficiali c dci sottufficia li (klle varie armi (esc lu sa quella ùci Carabinieri Reali).

Art.4.

La ripartizione ùel personale fra i vari cnti della Guardia alla frontkra è stabilita dal .\ilinis tro per la guerra con apposite tabelk graduali e numt:richc. Il pn.:scntc dccreto. chc a\'l'i1 vigorc <lai 20 dicembre 193-1-XIII. sarà p resentato a l Par l amento per la sua conl'ersionc in legge. Il Ministro proponente è autoriaato alla prescnta1. i om: del n.:lativo disegno di leggc. O rdin i amo che il presente dccrcto munito del sigillo <lello Stato, ~ia ins..:rito nella raccolta u llicia le delle leggi e de i decr..:ti del Regno d ' Italia, manda ndo a chiunqul? ~petti di osscrvarlo e l'arlo osservarc.

D,ìlO a Ro111;1, addì 28 aprile 1937-anno XV

Y ITIOR IO E.'vlA~UELE

Vis10 : il Guar<la,igil l i:SOU, tl

Regis1r:uo alla Conc <lei com i, addì 1-1 giugno 1937 - anno XV

Atti del Gm,:rno. regi,tro 386. foglio 7 1 • [\'l,\NCINI.

Una volta creata, l a G uardia a lla Frontiera dovette inserirsi ne l la struttura militare preesistente. ma con un o rganico particolare che ne consent i sse allo stesso tempo la coma ndabi litù, l'occupazione e presid i o de ll e strutture realizzate, il cui numero e soprattutto raggruppamento in funzione della coma nclabilità era determinato dal terreno su cu i era no investite.

Si p r ospe tt ò qu indi l a necessità di un organ i co particolare che consen ti sse i l co ntro ll o e gestione unitaria di forze all oca te nei vari settori vallivi ed i l raggruppamento dei settori confluen ti in un unico sbocco, l a tempestività dell'esecuzione dègli ordini e l a necessaria au tonom i a.

Moltep l ici quindi lè èsige nze, spesso antitetiche, cu i far fronte con il so l o strumento possibile e cioè una slrull ura ordi nativa particolare c he recepisse l e necessità derivanti dal dove r vivere in prossimità de lle opere, co ll ocate in funzione ta t tico- topografica, e nello stesso tempo non allentasse. cosa assai facil e con le piccole "comunità" sparse. i necessar i vincoli organico -gerarchici; ne derivò quindi un co rpo con una st ru ttura particolare che si cercherà, nei l imit i cie l possibile, cli anali zzare.

Elimi nata la soluzione cli organi zza re il nuovo corpo secondo il sistema c lassico dell'esercito e cioè articolarlo su Corp i d'Armata, Di vis i oni, Reggimenti, ecc basar lo quindi su cli un o r dinamento che ne ll a mobilità delle sue compo nenti consen ti sse l 'accorrere là ove era più necessario, giostrando sull'accorpamento e smembramento degli elementi costi tu e nti , fino al livello di unità elementare (cosa tipica e caralleristica di u n esercito mobile), si addiven ne per l a Guard i a alla Frontiera ad una organ i zzazione non uni forme, atipica l egata al numero e tipo delle oper e eia presidiare ed alle spec ifi c he es i genze dei var i tratti di terreno ei a difendere.

L 'ordinam ento iniziale, de tt o I 934 , (Capo di S.M. il Generale Bonzani) prevedeva. come sa rù anche per i successiv i ord inamen ti, che l 'ossat ura fo nd amenta l e di ques to nuovo Corpo fosse data dai Settori di Copertura cui era devoluta la responsab ilit ù dellè uniti'1 c he p res idi avano le opere di una determinata parte della si stemazio ne difens i va della frontiera.

L'a r co alpino ve nn e ini zia lmente ripartito, prOcèdendo da ovest (corn i ce ligure) ad es t (golfo del Carnaro) in 19 Settori di cope rtura , contraddistinti da un numero romano; a ll'interno della progressione numeri ca furon o lasciati spazi per l'in ser imento di nuovi se tt o ri frutto eventua l e di un accrescimento numerico delle strutture e co nseguente l oro diversa accorpamento.

C i ascun Setto r e dipendeva per l'impiego direttamente da l Conrnndo della Divisione Militare che aveva il comp ito della copertura ne ll a zona nella q ual e eran o comprese le opere affid ate a ll e un it à dipendenti da l Settore.

Dai Settori dipendevano due o più Sottosettori, a loro vo lta arti colati su un co mand o e due o più gruppi di ce ntri ; i gruppi di centri si articolavano su di un comando e due o più centri (in funzione del legame tattico determinato dal terreno).

Ciascun centro presidiava una unità elementare della sistemazione difensiva, con composizione organica variabile, adeguata alla struttura della sistemazione stessa.

L'artiglieria si articolava in batterie che potevano essere dislocate in caverna od in opera fortificata; queste erano classificate in tipi a seconda del calibro e numero dei cannoni che le am1avano e precisamente:

- opera tipo 1 se armata con 8 pezzi da 149/35 ,

- opera tipo 2 se armata con 4 pezzi da 149/35,

- opera tipo 3 se armata con 2 pezzi da 120.

Il Ministero della Guerra con foglio 39300 di prot., datato 21 giugno 1938, stabilì che, allo scopo di realizzare una organizzazione dei comandi di frontiera più rispondente allo sviluppo assunto dalla G.a.F. e dalla sistemazione difensiva , ed allo stesso tempo alleggerire i comandi di C. d ' A, subentrati alle Divisioni Militari, del complesso onere derivante dal comando diretto dlci settori di copertura, tutti i settori di copertura fossero retti da colonnelli, e che in ciascuno dei comandi di C. d' A di Torino, Alessandria, Milano, Bolzano, Udine e Trieste fosse istituito un Comando della G.a.F. di C. d' A, retto da un Generale di brigata, con il compito di dirigere e controllare la vita disciplinare ed addestrativa dei settori di copertura, le cui opere erano dislocate nel territorio di giurisdizione.

Il notevole impulso dato allo sviluppo della fortificazione in conseguenza delle scelte politico-strategiche operate dal Capo del governo e tradotte in provvedimenti specifici dal nuovo Capo di S.M. del Regio Esercito, Generale Pariani, succeduto sul finire del 1936 nell'alta carica al parigrado Baistrocchi, portò un notevole impulso alla realizzazione di fortificazioni nella zona di frontiera e conscguentemen-

Comando Guardia Alla

DI C.A.

te si ebbe uno accrescimento e sviluppo deciso e considerevole dell'iniziale organico della Guardia alla Frontiera.

Ebbero vita organica di pace nel 1939 ed un organico di gucm1 mml. 1940 che recepiva gli inconvenienti e le esigenze emerse nel periodo della mobilitazione ciel 1939 e faceva emergere nuove figure ordinative quali ad esempio i reggimenti, i gruppi ed i raggruppamenti artiglieria a disposizione, prima non contemplati.

È con queste strutture, costituenti il Vallo Alpino e presidiate dalla G.a.F., che l ' Italia entrò nel 19-W in guerra; quasi per nulla utilizzate, vennero occupate dai tedeschi nel periodo 1943-1945 e diedero prova della loro validiti't frenando l'attacco delle truppe francesi.

Quelle di esse che, in territorio italiano, sopravvissero alla distruzione operata a mente del trattato di pace, vennero inglobate nella difesa che il Patto Atlantico realizzò nei confronti c.lc:i paesi dell'Est e operativamente scomparvero nel vento ciel disgelo creato dalla caduta del muro di Berlino.

Si è così chiuso il cerchio che, partito dai nuraghi, era giunto ai castelli ed aveva cinto a rno' cli protezione il confine compenetrandosi ed integrando la barriera delle Alpi.

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