50 minute read

SITUAZIONE ALL'ATTO DELL'UNIFICAZION E

Situazione politica e motivazioni relative alla scelta del 1866 anziché 1861

I grandi avvenimenti del I 859 e del I 86 I, che trovarono la loro conclusione formale nel mezzo del 1861 con la proclamazione del Regno d'Italia, aprirono nella storia italiana un nuovo periodo.

Advertisement

In un paese caratterizzato per secoli dal frazionamento politico, dall'ingerenza e dominio straniero, dall'assolutismo delle varie dinastie regnanti , la nascita di uno stato unitario fu una svo lta assai importante. Se dal punto di vista storico la data del 1861 è da preferirsi a quella del 1870 quale punto di arrivo del periodo risorgimentale e di inizio di quello dell'Italia unita (po iché è quello il periodo di inizio della continuità di vita statale, la cui impronta dura tuttora , mentre le annessioni di Venezia e Roma non modificarono la conclusione politica del Risorgimento , e cioè il sistema monarchico moderato che aveva trionfato nell'autunno de l '60), dal punto di vista della difesa dello Stato , e più propriamente dal punto di vista delle fortificazioni, la data che segna la cesura fra il vecchio ed il nuovo Stato sabaudo è quella del 1866, che vede l'uni one del Veneto al Regno d'Italia sotto il governo monarchico costituzionale del Re Vittorio Emanuele II.

Il 1866 simboleggia l a fine del dominio austriaco nella valle del Po e, cosa militarmente assai importante, vede lo spostamento del confine italo-austriaco che, sebbe ne lasciasse in mano austriaca le popolazioni italiane del Trentino e della Venezia Giulia, era di gran lunga migliore di quello del 1859, poiché l'indipendenza italiana non poteva dirsi sicura fino a che gli Austriaci erano padroni del Quadrilatero.

Esame del territorio italiano

Alla luce delle nuove acquisizioni l'Italia unita si presenta come un territorio la cui parte continentale è incassata fra Francia , Svizzera ed Austria , è limitata ad ovest, a nord e a nord-est dalla catena alpina, ad est dal mare Adriatico, a sud dalla congiungente la Cattolica con le foci del Magra, ad ovest dal mar Li gure ed è occupata in gran parte dalla valle del Po.

La parte peninsulare si spinge verso sud tra il Tirreno e l'Adriatico, mentre quella insulare ha come pat1i principali Sardegna e Sicilia.

Per ciò che attiene il presente lavoro, sarà esaminata solo l a parte continentale dell'Italia, alla cui difesa sono preposte l e fortificazioni, il cui sviluppo verrà esaminato.

La frontiera terrestre, avente uno sviluppo di circa 1200 km., è in massima parte determinata dalla cresta delle Alpi, eccezion fatta per le due estrem ità verso il mare e nella parte centrale, in corrispondenza al Canton Ticino ed al Tirolo (considerato nella sua integrità territoriale) i quali si addentrano nel territorio italiano a forma di triangoli cuneiformi con la base su ll e Alpi, ri spett i vamente fra gli antichi Stati Sabaudi e la Lombardia e fra Lombardia e Veneto. Numerosi sono i valichi che comodamente superano la barriera alpina e ne diminuiscono l'azione cautelare, unitamente all'andamento ciel confine politico, sfavorevole all'Italia. Vi è un solo tratto di frontiera aperta, di circa 20 km., fra le Alpi orientali ed il mare Adriatico, la frontiera dell ' Isonzo. Gli Appennini si col l egano alle Alpi marittime e, dopo un perco r so di circa 200 km. da ovest ad est, con andamento parallelo al litorale li gure, volgono in direzione di sud - est, dividendo la penisola nel senso della sua lunghezza.

Poiché l'Italia superiore si incunea nel conti nente fra Austria, Svizzera e Francia (per vedere quale era la sua situazione difensiva periferica all'atto dell'unificazione) si è ritenuto opportuno considerare separatamente i tratti di frontiera verso ciascuno di questi sta ti , analizzando dapprima le lince stradali principali che attravers,m o ciascuno dei tre settori di frontiera in cui si è suddi visa la frontiera terrestre italiana, successivamente evidenziando le linee di invasione, lungo le quali ciascuno dei tre stati sopracitati potrebbe muovere per invadere l'Italia e i loro punti di convergenza.

a) Frontiera verso /'Austria

Le li nee stradali principali che attraversano questa frontiera sono:

I. Fa5cio di strade che attra versano la frontiera aperta dell'Isonzo, fra cui la ferrovia Gorizia Udine;

2. Strada del Natisone, che attraversa il co ll e di Starasella e mette nell'alta valle dell'Isonzo;

3. Strada ordinaria e ferrovia della Pontebba o di Tarvis, fra la valle del Fella (Tagliamento) e la valle del Gailitz (Gail-Drava);

4. Strada del Kreuzberg (o Monte Croce cli Comelico), fra la valle della Drava e quella del Piave e del Tagliamento;

5. Strada di A lernagna, fra la va lle della Rienz (Adige) e quella del Boite (Piave);

6. Strada di Valsugana, fra la valle del Brenta e quella dell'Adige;

7. Strada delle Fugazze, fra la va ll e del Leno (Ad i ge) e quella del Leogra (Timonchio -B acchig li one);

8. Linea di Val d" Adige o di Val Lagarina, composto di due strade ordinar i e e di una ferrovia;

9. Strada delle Giudicar ie, fra l a valle del Chiese o Val Sabbia e Val Bona (Sarca);

I O. Strada del Tonale, fra la Val camonica (Oglio) e Val cli Sole (Noce -Adi ge);

11. Strada dello Stelvio, fra la Valtellina (Adda) e la valle cieli' Adige;

12. Rimane inoltre la frontiera aperta dell'Isonzo, di limitato sviluppo ( 20 km.) che può consentire, se non opportunamen te sbarrata, l'in vasio ne del Friuli.

L'infelice linea di confine a forma di S, conseguente la guerra del 1866 e al relativo trattato di pace italo-austriaco firmato a Vienna, già divinata come infausta dal vecchio Garibaldi, assicurava, come è noto, un forte vantaggio ali' Austria Ungheria, assegnando ad essa il controllo clirello non solo della displ u viale della catena alpina, ma anche di parte dello stesso versante italiano. Essa dallo Stelvio piegava ve r \o sud in direzione ciel Passo Croce Domini, toccando il monte Adamello ed il monte Listino; superato poi il Garda, raggiungeva il monte Altissimo e l'orlo selle ntrionale dei Lessini e dell'altopiano dei Sette Comuni, incrociando il Brenta. Da qui, seguendo lo spart iacqu e fra Cismon e Mis e tra Cordevole ed Avisio, ragg iungeva la Marmolada per piegare quindi ad est, indirizzandosi ve r so il Boite, tagl iato tra Cortina d'Ampezzo e S. Vito. Dalle Tre Cime di Lavaredo si snodava poi seguendo lo spartiacque tra Piave e Drava e scendeva infine in Val Pontebbana, diretta allo Jof cli Montasio e alla clispluviale tra lsonzo e Tagli amento b) Frontiera verso la 51'i::.::.era

Tale andamento non so l o assicurava ali' Austria un profondo cuneo in territorio italiano, il cui vertice era situato a circa 160 km. dal Brennero e a circa 30 km. da Verona, ma permetteva anche il control l o dei bacini del Chiese, del Sarca, del Brenta, del Cismon, ciel Cordevole e del Baite, e persino delle testate cli numerosi corsi minori, tra cu i anche quella cieli' Ansiei. Se a ciò aggi ungiamo la co nsiderazione che un u lteriore cuneo in direzione sud era riscontrabile nel bacino ciel T ag liamento, graz i e al possesso dell'alto Fella e di altre piccol e va l li delle Alpi Carniche, possiamo ben dedurre che l'Au stria controllava agevolmente tutte le vie di comunicaz ione che dalla A l pi tendevano alla pianura veneto-friulana.

Ed inoltre. ment re l' Austria disponeva in maniera assoluta del corridoio Adige -I sarco-Ricnza -Dra va, l'Italia più a sud non poteva sfruttare alcun corridoio per il fallo di non possederlo completamente: ogni connessione tra i bacini dell'Adda, dell'Oglio, del Chiese, del Brenta e del Piava risultava quindi lunga e difficile.

La porzione di catena principale delle Alpi posta fra l 'Ita lia e la Svizzera si estende dal monte

Grapillon, nel ma ss i ccio del Monte Bianco, allo Stelvio, nel massiccio del monte Braulio, cd è formato dalle Alpi Pennine, dalle L eponzie e da parte delle Retiche. La frontiera fra i due stati forma un gran sa lien te al di qua de ll e A lpi , per cui dalla parte dell'Italia essa resta comp l etamente aperta in co1Tisponde nza a quel salien te

La di sposizi one delle val l ate sui due versa nti è assai diversa: su quello se tt en tri onale es i stono tre sole vallate, quelle del Reno, della Reuss e del Rodano, c he hanno difficili comunicazioni fra l oro: su quello meridionale, invece, si dipartono numerose vallate che sce nd ono nei bacini dell'Adda e del Ticino convergendo ve r so i laghi lombardi, e l e strade che l e percorrono si possono raggruppare in due fasc i , divisi fra l oro dalla catena Meso lci na o del Pi zzo Tambò, l a qua l e, unitamente ai l ag hi cli Como e cli Lugano, non permette fin pr esso l a pianura che difficili collegamenti.

Il fascio orienta le mette in comu nicazione fra cli loro i bacini montani ciel Reno e ciel l 'Adda, direttamente per lo Spluga e indirettamente attraverso l 'Engad in a (Va ll e clell' lnn ) per i va li chi delle Alpi ciel B ernin a e dei Grigioni. Le strade principali cli questo fascio sono tre, attraversanti rispettivamente i colli del Bernina, del Maloggia e dello Spluga.

L 'al t ro fasc i o, posto ad occide nte della catena Mcsolc in a, si compone della stra d a ordina ria del San Bernardino, delle v ie o rdinari a e ferrata del San Gottardo e dall a rota bil e del Sempione. Dal Sempio ne al Monte Grapillon la ca tena principale è attraversata ei a sole strade mulattiere, fra cu i merita menzione quella del Gran San Bernardo.

Partendo dal Monte Dolent (ad est del Monte Bianco) fino alla zona dello Ste l v i o (Piz zo Umbrai l fin o al 1918, ora al Piz Lat) il confine è lungo c irca 700 km. e corre per solo 220 km su ll a dorsale elevata e difficile delle Alpi Centrali (Penn in e e L epontine ad oves t, Retiche ad es t). Per la parte rim anente se ne distacca in più punii per c r ea r e sal i ent i che si svo l gono per ben 397 km. sul versan te italiano e per 92 km su l versante svizzero. T due sali enti it a li ani, del l e va lli di L ei e di Livig no, nelle A l pi Retiche, sono di minore interesse ai fini delle comu ni cazioni e di eventua li operazioni militari. Tutti i cinque sa li enti svizze ri, invece, in maggiore o minor mi sura, conferiscono rilevanti poss i b ili tà offe nsi ve verso i I nostro Paese: il sa li ente d i Gondo o di Val cli Ycdro permette un co nt ro ll o assoluto del Passo elci Sempione e de ll'accesso alla va lle de ll 'Ossola (fiume Toce); il grande sa l iente del Canton Ticino, spingendosi profondamente sul versante padano fra Lago Maggiore e Lago cli Corno e giungendo col Menclrisiotto a meno di 50 km da Milano, permette il con t rol l o indi sturbato di importanti passi alpini sull'a lto e m o ltiplic a su l basso la possibilità di passagg i della frontiera in terreni facili; il sa lie nte della M era o di Val Bregaglia permette di scendere rapidamente a Chiavenna, tagliando l e comunicazioni con lo Spluga e di qui su Colico nell'alta valle del! ' Adda; il sa li ente di Val Poschiavo co nse nte cli puntare a tagliare agevolmente, a Tirano , le comunicaz i o ni della Valte llin a tra Sondrio e Bormi o e di aprirsi i l passo ve r so il co ll e del l'Aprica e l a conca di Edo l o in Val Giudicaria; infin e il sal i e nte di Val Monastero, per quanto min acc iato da quello italiano cli Val Livigno, perm ette aggiramenti a breve raggio delle difese (Giogo di Santa Maria e Pass o di Frach) dello Stelvio e di marciare , quindi, s ia ve rs o la Valt ellina , sia verso l a Va l Venosta. c) Frontiem verso la Fmncia

Il confine, là dove co rre sull a dorsale o su con trafforti diffici lme nte perc o rribili, garanti sce sicu rezza, ma i numerosi sa li enti in favore della Svizzera m o ltiplica no i passi percorribi li , da con trollare per evitare l e semp re fiorenti att ività de l contrabbando, o da clifencl er e in caso di conflitto.

L a frontiera ital o-francese segue pressappoco l'andamento della cresta delle Alpi occidentali, e resta so lo aperta nel piccolo tratto posto fra l e Alpi marittime e i l mare.

Aspramente conteso e sogge tto a spos tamenti a segu ito deg li esiti delle gue rre, i I confine co rreva f ino al IS66 lu ng o la linea di displuvio, come anticamente a veva disposto il tratt ato di Utrec ht del 1713, eccez io ne fatta per la 7ona del Valico del Mo nginevro, ove il confine anelava a col locars i in corri s p o n<knt.a del ce ntro della piana.

Le linee pr in cipali che attra,en,ano questa frontiera sono:

I. La s t rada del Piccolo San Bernardo, fra la Vall e dell' l sère e la Va ll e d'Aosta ( Dora Baltea);

2. La lin e a del Cenisio. formata dalla s trada ordinaria del Colk del Ce nisi o e dalla fe rrovia del FréJU\. fra I' Are e la Dora Riparia;

3. La s trada del Mongine, ro. fra la Valle della Durance e quella della Dora Ripar ia, a ttrav ersando poi il Colle del Se., tri è re pe r e ntrare nt!lla Valla ciel Chiusone;

-L Strada cieli' Argentera o d e lla Maddal ena, fra l' Ubaje tte ( Ubaj e- Duranc e) e la Stura cli Vinadio;

5. La ,tra ci a del Co ll e di Tenda. che quanto prima ,arà seguita dalla ferrovia, fra la Roja e la Vermcnagna (Gc,.,,o-Stura);

6. La linea della Cornice. lun go il lit ora le ( Riviera cli Ponent e), co mp o:-.tn di un a strada ordina ria e di una ferro"ia. che congiungo no Ni ua co n Ventimig li a, Savona e Genova Siccome poi un corpo di in,a,ione france.,e, che a,anrnsse per la linea della Cornice. o sbarcasse in un punt o di es::.a, pot rebbe rimontare le va lli de l vc r!'.ante me ridional e delle Alpi Marittim e e de l!' Appennino Ligure per e ntrare ne l Piem o nte, così s i può con s id era re ciascuna dell e s trade percorrenti queste u ltime ,alli come con tinuazi one della lin ea della Cornice.

Le più irnp o rtan11 di queste .,trade sono sei: que ll a del Colk di ~ava, da Oneg lia a Ccva; quella d e l Colle Sa n Bernardo. pure da Oneg lia a Ceva; la strada o rdi naria. "eg uit a anche dalla ferro\'ia del Colle di Cadibona da Sa,·ona a Cairo, e quindi a Ce\-a o ad Acqui; quella d e l C olle di:!I G iovo, da Savona ad Acqui; quella del Colle del Turchino. da Vo leri acl Ovada. Come ,i \ède ,i tra tta. più che di semplici linee, di veri e propri val ichi in cui s i addensano le, ic di comu nicazi one altr i menri dette fasc i di in vasio ne, che adducono dal te1Tit o ri o franc ese alla regi o ne ita1ia na. Qu est i fasci di in\'as ione montani prese ntano a fallor comune (esclusa c hi aramente la linea del la Cornice) ,\-ìlupp i lungo ,a liat e brc\'i, ad andamento radiale e rettilin eo, con fo rti pendenze. La disposit.ione a raggiera dei contrafforti che si dipartono dal crinale alpino e la loro asprezza ha nn o cost re tt o le vie di 1rnn..,1to lungo il fo nd ov all e.

Ana logamente è -,iarn ostaco lata la creazione cli vie di arroccamento, che co nse nton o il co ll egamen10 in sen-.o rncridiano da \alle a valle.

In conseguenza della d ifferen te azio ne erosiva dei ghiacc iai e delle acque di sco 1Time nt o a seco nda ci e l di,er!>o grado di compattezza de i terreni attraversati, l'andamento della lin ea di di sp luvio ha dato lu ogo a num erosi salienti e r ientranti. Il sa li e nt e di ma gg io r forma ed es t e ns io ne , fra qu e lli cos ì formati, prende il nome di Bardonecchia. dalla località abitata più nota in esso racchiusa. È formato dalla testata delle alte val li d e l C h iso ne e della Dora Riparia che s i incunean o fra Delfinat o e Moriana, seguendo l'ampia c un a fom1ata dal I' Are nel suo corso. Si tratta de l saliente più pericoloso e criti co dal punt o di , ista di fen-,i\'O e come ta le parr ico larrnent e curat o dallo S tat o Magg iore sardo prima ed italiano p o i, c he lo hann o amcchito. per ev it arne una resezione alla base di un addensamento e conce ntrazio ne cli s trutture fornfo: at e che non t ro\'a riscontro in a ltre parti del co nfin e.

Dtfesa 111tenw dell' I talia co11ri11e11ta!e

Una \Olta esam inat e le possibili lin ee cli in vas ion e c he dall' es te rno adducono a l te rrit o rio italian o, vediamo o,e cal i linee pos~ano in c idere all'interno del tessuto s tatua le , ne l malaugurato caso di forza- mento delle difese cli confine ed invasione ciel territorio italiano. e) Ipotesi di una invasione dalla frontiera francese.

"a) I potesi di una in vasio ne dalla fro nt ie ra aus tr i aca.

Le 11 linee principali che att raversano l a frollliera ita l o-austriaca si possono riunire in tn.: gruppi, costi tuenti altrc11an tc lince d i invasione cieli' Aus tria rispcllo all'Italia: il pr imo gruppo è formalo dalle prime cinq ul.! lin ce: i l secondo dalle l in ee 6•. 7" e 8": il terlO dalle ultime tre.

Le zone c he più probabilmente saranno segui te nell'invasione sono qu<.:lle corrispo ndenti al primo e al secondo gruppo: l a prima, perché comprende l a frontiera aperta dell'Isonzo; la seconda, perché i corpi d i inva~ione possono partire dal Tirolo I taliano. in possesso cieli' Austria, che si addentra a guisa di c uneo nel nostro territorio, e quindi. superata la fron tiera. essi trovan si quasi al c:cnlro dell'Italia c:o ntin.:n wle ed as~ai \icini a Bol og na. ove potrd1be esse re u tili.! stabi l ire un ridotto difensivo. lnvec:e, le l in c:e e.fa: cos tituiscono la terza zona cli invasiom: anziculto presentano maggiori clii'licoltà ag li sposcamenci cli gross i corpi di truppa, e poi sboc:c:ano nella p i anura lombarda a maggior distanza dal nostro supposto riclollo c:\!ntrale, sc:opo pri nc:ipale dell ·invasore.

Per la d i fesa interna di Sl.!co nd a linea delle prime due 1,ont: conn: 1i-ebbe ~wbilire una regione fonific:ata nel famoso quadrilatero Mantova - Peschiera-Verona-Legnago. come proponeva il Generale A raldi. Mantova dovrebbe esserne il perno di manovra, co n una testa di po nt e sul Po a Borgofone, e l e altre tre le piane di appoggio. Questa regione cos ti t uirebbe u n sec:o nd o sba r ramento della Val Lagarina e minaccerebbe l' invasore, che seguisse l e:: lin ee della prima zona e le prime due della seconda per dirigersi sul ridotto centrai..:. L..: fortiric:azioni verso te1Ta del l a piazza terrestre m ar itt im a di Vcnl.!zia cost i tuisc:ono u n 'a ltrn minac:c:ia sul l'ia nco opposw pc:r lo stesso invasore. il quale perciò non potrebbe passare oltre senza as~ediare regolarmence la regione fonifi ca ta I.! le p iazze predelle.

Come pe rn o di manovra rispello al la t<.:rza zona di invasione può servire: la piccola regione fortificata Piacenza-Cremona-Pizzigheuone. che conv i ene stabi lire per caso di un'inl'asione dal l a fro nti era svizzera. come cli remo tra poco" I.

Per completare la difesa interna verso l'Austria si dovrà, al momento cli una guerra, erigere teste cli ponte provvisorie sui principali fiumi che attraversano la pianura veneta, specia lmente su ll 'Ad i ge a Badia e a Boara, e sul Po a Santa Maria Maddalena, a nord di Ferrara.

"b) Ipotesi di un' invasion..: dalla frontiera sv i zzera.

A un nemico eh..: superasse questa fron tiera e volesse dirigt:rsi sopra il ridotto cemrak, converrebbe passare il Po a Piacenza..: a Crl.!mona. Quindi, per la difesa interna verso dl.!lla fron tiera è indicata l a posizione PiaccnzaCrcmona-Pizzighl.!ttone per stab i lirvi una rl.!gione i'o rt i i'i cata, c:on Piac:en1.a quale perno cli mano\rn, Crl.!monn e Pi zz igheu one quali piane di appogg i o.

Coscruenclo, al momento di una guerra, una cesta cli ponte provvisoria sul Po a Casalmaggiore, si verrebbe ad ottene re la grande linea di difesa int erna Piacenza-Cremona -Casalmaggiore-Borgoforte, lungo i l Po, l a quale renderebbe difficile al nem ico in vasore qualunque tentativo di passaggio dalla pianura lombarda in que ll a emiliana.

Supposto che i Francesi ricsc:ano a i'ar cadere la lin ea di difesa stabi lita dall'Italia sull e Alpi verso la Franc:ia. essi possono penetrare i 11 I talia per tre zone d i stinte.

Ln prima zo na, c he si puti dire litoranea, è co mprt:sa fra il mare da una partt: e l e Alpi Marittime e l'Appenn in o Ligure dnll'nlcra: ma per l a sua r is trettezza e i l'Ontinui auacch i a c ui può essere sogge tta sui fi anchi, cioè sul fianco clescro da pane della notta italiana e su quell o sinis tro da parti.! delle tr uppe c:hl.! scendcsst: ro dalle valli che v i meuono capo, qu esta zona rnalt: si pres ta ad un'invasione. Supposto che un corpo di tru ppe frances i. che sarebbe certamente sec0ndar i o, seg ui sse questa li nea di operazion i. potrebbe po i: o cencare di forzare i passi che mc 11 ono in Piemonte:, per entrare nella seconda zona: opp u re dirigersi su Genova, e qu i nd i o c:oncinua rl.! l ungo la Riviera di Levame su Spezia e Li vorno, o valic:art: l'app enn in o presso Genova (ai pass i della Boc:c:h..:ua. tk i Gio\'i ç ddla Scolfera) e marciare su Alessandria e su Piacenza. Al primo tentativo si oppo ngono le opere di sbarrame nt o de i passi delle Alpi .Ylariuime e dc li ' Appennino Ligure e ad impedi re che l'invasore possa, lungo il litora le , giungere nel!' Itali a cencr:i le evitando J' i111por1antc ostac:olo prl.!senrnto dagli Appennini. ci sono le fonitìcazion i verso terra de ll e piazze terrest ri-m aritti me di Gt.:nova e cli Spezia, le quali perc i ò per la zona (ristrelta) che consideriamo sono piaLLe intern e di sbarra rn cnlO.

Si pensa però c he d i ffic: il me nte i Francesi. pr..:sa Genova. avrebbero proseguito la marc:ia su Spc7ia, poiché, ammesso pure il l oro prl.!dorninio ne l Mar Ligure, avrl.!bbcro incontrato gra ndi difficoltìt, essl.!ndo la l inea Genova -

Spella htrada ordinaria e fcrro\'iaria) mollo malagcvok e facile ad es\ere interrnua. Più probabilmente dun4ue essi da Gt:nova avrebbew mosso s u /\h.:ssandria o su Pia ct: nza per riu n irsi al co1po d i inva s ione princ ipale c he già si trovas,e in Piemonte.

La ,econda lona. rhe si può ùcnominart: centrale. compre,a fra le Alpi \l.1ri ttirnc e r ApJJ<!nnino Ligurc da un lai, c 11 Po dall'altro (rllenuto pcrò quesw liumc come seno lhlacolo solt,11110 a \alle d1 Torino). è la più impor1:u111:. mettendo, i capo le princ ipa li vie pr0\e11ienti dirett amen te dalla Frnnl'ia. più que lle in di re lle che si Maccano dalla linea de ll a Cornire. e pcrch~. come vedn.:1110. l'invasore francese avrf1 co nv e ni en , a di dirigersi wr.,o di essa dalla 1cw1 zona.

La tena z o na ··scuemrionalc··i! compresa fra il Po e le ,\lp1 Cemrah. Le tmppe nemiche che a\e,scro mosso per questa 1011a s,irebbcro potute cmrare in Lombardia per numerose strade. m a inc ontrando success1\' i os tacoli neg h afflue nti di siniMra del Po. e poi. r,er av an 1ars i \'e rs o il r id otto centrah:. avrebbero dovuto s up erare il Po J:1 dm:e esso. ingro,sato ,Jagli afllucnti. d iventa u n ostaco lo ragguardevole.

\follo probabilmeme le truppe francesi. entrate in Italia per la terza 1.ona. si sarebbero ri\ersate nella ,ona centmle. ù1staccanJo soltamo qualche corpo secondario con l'incarico di occupare ) ;1 Lomban.lia"2

Ne l caso che la ma!'l sa dell'e se rcito fram;ese avc~sc deci so di invadere la zona centrale formata in g ran pan e dal basso Pi emonte . e di là diriger'>i per Alessandria e Pi ace nza sul rid o tt o centrale . a\' rebbe utilizzato la \ iab ili1 à csi~1e me e cioè le undici s trad e principali (da quell a del Cenisio a quella del Turch in o). Ma ques te s trade a11raverso cui in vadere l ' Italia co ntin e ntale co nvergono tulle verso Alessandria. do ve perciò sarebbe \lato va lid o c reare una reg ione fortificata per la dife sa int e rna verso la Francia. Quc'>ta regione awebbe dovuto avere per perno di mano, ra Alessandria e per piaae di appoggio Ast i, Casale e Valenza.

L'Appe1111i110 rosco-e111ilia110 e il ric/o((O centrale di difesa.

L' Appc!nnino. dalle sorge nti della Magra alla Catt olica, forma l'ultim a lin ea di difesa dell'Italia cont inenta le, qualunque sia la frontiera te rrestre da lla quale il nemic o provenga, poiché qu es ti sarà obb li gal o a supe rarl a co n la massa dell e sue forze p er penetrare nell'Italia ce ntrale.

"Quel tratto di appennino cos tituisce una grande barriera che si appoggia da una parte alle forti posi1ioni di Sm,Jdla. d1 Geno\a è di Spezia. e dall"altra dal ~lare Adriatico 111.:lla lunga stretta. facile a difendersi. che ,ta a sud di R1m1n1. rafforrnta dalla piazza teJTe,t rc manttima di Ancona ui cui dirt:mo in segu ito. L'invasore. non potendo per l,t natur..1 Ji questi ;1ppogg i d 'a ln g ira re l'os tacolo. sarì, costn.:110 a te ntarn e il va lico.

Le ,trade principali c he aurnversano l'Appe nnino 1osco-e111ilia no sono 0 11 0 ord in a rie. una t"èrro\'ia e,istente e dl!..: m l'o,truzione. che. dal pumo di \iSta delle operazioni direlte ualla \'alle del Po \er,o l'Italia centrale. pos~ono raggrupparsi in tre fasci. Il primo. sboccante m Val di /\1agra. è compo,w dalla strada della Cisa (da Parma a SanJna e a Spezia). che sa rà quant o prima seg uita dalla l"i: rrov ia e dalla s tra d a d i Cerreto o di Sassalto d a Reg g io a S.:1uana e Spe, ia. Il secon d o fascio. !>bocca nt c nella \'alle dc li 'O mbro ne è forma to Jalla \!rada dell'Abetone o lii Bos.. ,)ungo. attr.tvcrsantc.: gli altri due passi di San Marcello c dclii! Piastre (da ~1odena a Pistoia), dalla quale si i.tac.:aro parecchi.: altre strade secondarie . e dalle \trade ordinaria e ferrata della Porrcttana (da Bologna a Pistoia). 11 tem ra,cio, sboccante in Val d i Sieve, è co,1i1uito dalla s tra da della Fut a o delle Fill iga re (da Bol og na a Firenze) d3lla ,trac.la lmole~e (ua I mola a Firenze), dall a Mrada faentina (da FaenLa a f-irenze). che sa rà prest o seg uita dalla rerwvi.1. e dalla ~tralla forlivese (da Forlì a Firen1e).

È bene ossc~.1re come le Mralle ora accennate. mentre si raggruppano III fa,ci ver,o ,ud. divergono in\'ece nello sborcare, wr~o nuru. ne lla p ia nura emiliam1. r.inno ~alo eccezio ne qu elle de ll a Porre tt a e della F111a. le quali. suss1ù1a tc da que lle del terLo gruppo. costitu iscono l'un ico fascio o pponun o al la controffensiva da sud verso nord. e determinano con c1t) l'importanLa ,1ra1egica di Bologna. ove si ritiene comeniente di ,wbilire il ridono centrale di d1fe,a Jclr ltali.t contmentale. A Bologna quindi ,i ÙOHebbc cre;m.: una \ a,ta regione tonificata con due campi trinLer.1t1. l'uno di pi.mura. e l'altw di montagna. cs tendent i,i tino alla cre,ta ùèl l'Appe nnino e comprendcnte le , alli ucl Reno e d ella Sa ve na. Così cos titui ta qucl la reg io ne se rvi1\!bbe scnla dubb ie.i a conte ncn: 1ut10 il no,tro cst:rci to ch e in caso d i rowsci pat iti ne ll a Valle Padana.\ i ,i rit irasse. è, ricev uti iv i soccorsi dal resto Jell' Italia. pot reh- be prepararsi a prendere la controffensiva. La sua azione poi si farebbe sentire sulle altre strade che attraversano l'Appennino tosco-emiliano. le quali perciò potrebbero essere difese anche da sole truppc mobili appoggiate ad opere passeggere. Infine, la regione fortiticata di Bologna servirebbe ad impedire che un corpo di truppe nemichc, riuscito a sbarcare sulle coste toscane. p-:nctrasse nella Valle Padana per congiungersi alla massa principale dell'invasore proveniente dalle frontiere tcrrcstri.'' 3

- z. , ITTI. op. cit. pag. ::!.'i.'i Z.:;, ITII ,ip dt. pag '.!'i.'i-::!56.

Strutture fortificate realizzate da Austria, Francia e Svizzera (motivazioni - rea/iz-:,azioni esistenti al 1866)

Lo studio fino ad ora realizzato consente di individuare quindi le linee cli attacco/invasione che possono essere utilizzate per invadere l'Italia o dall'Italia essere utilizzare contro gli stati contermini. Si procede quindi ad una disamina cli come nel 1866 tutti gli stati della zona abbiano provveduto a cautelarsi investendo sulle linee/vie cli possibile invasione, strutture fortificate. Lo studio prende in esame le strutrure difensive realizzate dagli stati confinanti per far fronte ad eventuali azioni italiane tese ad accrescere il territorio nazionale e successivamente la situazione difensiva italiana quale si presentava al termine della Terza Guerra di Indipendenza.

Austria

Privata dalla pace del 1866 delle formidabili fortificazioni della piazzaforte di Verona, l'Austria pone Trento, città di antiche tradizioni di comando, nel ruolo di fulcro dell'intero sistema fortificato meridionale dell'Impero e le fa assumere, a ripetizione più moderna cli un disegno gi~t realizzato nel passato, il rango cli vera e propria piazzaforte

Capolinea e sbocco da sempre di tutte le valli l:1terali nella spina dorsale cklla regione, in quella Val d'Adige cioè, che è l 'assc portante dd territorio

Non vengono trascurati gli altri punti di contatto con l'Italia e si sottopone a revisione critica, circa la loro ancora attuale dficienza ed utilità, ogni struttura su essi ubicata ed avente lo scopo di tutelare il territorio dell'Impero.

Specchio riassuntivo delle fortificazioni austro-imperiali al 1866

SOLCO VALLIVO

Sugana

Val d'Adige Sud

Val d'Adige Nord

Giudicarie e Val Chiese

Monte Brione

San Niccolò

Danzolino

Lari no

Revegler

Tonale

Stel\'iO Tarvisio e Val Canale

(sbarramen ti car in l iani )

Valle Isarco

Solco di Cadine

Garda Val di Sole

Val Rienza

Rocchetta

Gornagoi

Monte Ciavalac

Forte Lago Predii

Sbarramento di Passo Predii

Sbarramento di Malborghetto

Opera di Fortezza

Buco di Vela

Doss di Sponde

San Niccolb

Santo Alessandro

Nago

Vclon

Mero

Platzwiese

Svizzera li problema ciel rafforzamento del le difese con un sis tema cli fortificazion i preoccupava eia anni le competenti autorit~t svizzere.

Nel 1831 la situazione politica divenne così tesa in Europa che si temette lo scopp i o di un connitto gene r ale. La dieta, riunita in sessione straordinaria a Berna, decise di far erigere provvisoriamente e rapidamente alcune fortificazioni sui punti più importanti della Confederazione.

Sorsero allora, costruite in maniera provvisoria, le fortificazioni di Anrberg, le opere delle Gole di Gondo, la testa di ponte di Saint Maurice e \'ennero migliorate e perfezionate! le opere costruite sul Passo di Luziensteig, risalenti alla Guerra dei Trent'Anni.

Allorché nel 1848 la situazion e po l iti ca in Europa divenne di nuovo critica, l a Confederazione dispose per il miglioramento delle opere fortificate di Saint Maurice e di Luziensteig e la realizzazione di opere forti presso Bellinzona. In questa citlft vennero realizzate le opere di difesa relativa alla linea fortificata ' ·intcrieure" ed "extérieure" causa il pericolo di eventuali azioni offensive portate dal governo austriaco in ritor s ione all'espulsione d a l Canton Ticino di re li g ios i capp uc c ini.

Qu es ta era la s ituazi o n e fortificata della Svizzera, re a lizzata in pieno travaglio conseg u ente al passaggio dell a re s p o nsab ilit à della difesa del paese dalle mani degli Stati a quelle della Confederazione.

L 'a nn essione della Savoia da parte della Fra n cia al termine del processo costitutivo della Nazione italiana prima e la nascita dello Stato tedesco poi portarono da due a quattro i v icini.

Le potenzi a li pretese dei vicini sul le regioni cli lin gua it al iana, così ritenevano g li ambienti della Confed erazio ne, furono causa di inquietudine in Svizzera e fecero propendere per un rafforzamento della s truttura difensiva a s ud.

La costituzione di un Re gno it a lian o st retta m e nte legato a ll a Francia infatti non in contrava il favore dell'opinion e pubblica, m en tre n e i can toni cattolici non riu sciva grad it o l'attacco perpetrato alla Santa Sede e la proclamazione di Roma cap ital e del Reg no d ' Italia.

Si temeva inoltre che la nas c ita, a l confine m er idi o nal e, di un o stato di vas te dimensioni e popolazione, ese rc ita sse attrazione culturale ed economica verso la regione ticin ese, comp li cando così i delicati equ ilibri int e rni della Svizzera stessa.

La cessione della Savoia, dovuta ai patti s tipul a ti con la Francia, o ltre a costituire un sacrific io penoso p er l 'I talia , doveva avere per la Confederazione s te ssa riperc ussio ni di carattere militare che più ava nti nel tempo s i sa rebber o vivacemente fatte se ntire.

Molto forte era la minaccia cos tituita dal saliente ticines e per l'int egr it à territoriale it al ia na, ma non era la sola, anche se forse la più pericolosa.

I nfatt i. sop r att ut to dacché la Savoia era passata sotto l a sovra nità della Francia. questa. in caso di contlitto con l'Ital i a poteva cercare di es tend ere la sua fro nte d i attacco e di esercitare una per i co l osa azio ne avvolgente risalendo l 'a lt a va ll e del Rodano per invadere l ' Itali a, non solo per il Gran San Bernardo, ma anc he per i l Sempio ne e, dopo l' apertu r a delle comu ni cazio ni per il Passo della Furka, perfino per il Gottardo e la valle del Tic in o violando così la neu tral i tà della Savoia.

Così ad oriente, fino al 19 18, c i oè tino a quando !"Aus tri a ebbe i l possesso dell'Alto Adige. questa avrebbe potuto facilitare un'offensiva dalla Stelvio e dal Tonale verso la Valtellina e l a Val Giudicaria aggira ndone le difese passando per l e val li sv i zze re dei G r ig i on i ed i passi ma l difesi di quel confine

È vero che queste azioni avrebbero v i olato la neutralità svizzera e, l a prima , anche quella del l a Savoia. stabilite dal tratt ato del 1815, m a in entrambe i cas i, si trattava d i passaggi d i forze att raverso regio ni periferiche della Svizzera.

Sicché si poteva se mpre temere c he c ircostanze intern e cd es terne potessero impedire alla Svizzera d i impegnars i a fondo per garantire la neutralità e opporsi a queste v i o l azio ni

È da dire che consimili passaggi attraverso zone perife rich e della Svizzera potranno apparire possibili. anc he alle autorità i ta li ane nel caso di event uali operazio ni offe nsi ve contro la Franc i a in comb inazi o ne con l a Genn ania all eata.

Notevoli le difficoltà dell'impresa sia per l e asperi tà de l terre no e successivamente anche per le d i fese predisposte da parte sv i zzera; era un 'i mpresa che si riteneva possibile esse nzi almente qualora l e pressioni interne cd esterne ese rcita bi li da parte tedesca avessero reso l a Rep ubb l ica Elvetica praticamente consenziente.

In q uesto caso l e possibilità di attraversamento dell a Svizzera av rebbero potu to co nse ntire due poss i bil ità:

-o di estende re le a7.ioni offe nsive (a uraverso il Moncenisio, il Piccol o San Bernardo. l a Tarantasia e la Moriana) ve r so il fronte Grenob l e-A l bertvill e co n altre avvo lgen ti per il Gran San B ernardo, il Sempione e l'alta valle del Roda no, in m odo da sboccare in forze nell a reg i one di Lione;

- oppure di avva lersi delle numerose l in ee d i penetrazione e d i ar roccame nto attraverso il ter r iwri o svizze ro per portarsi al con fin e nord occide nta l e della Svizzera ad invest ire, in combinazione con le annate tedesche all eate. l e posizioni del Giura Franco-Svizzero e tlell a famosa Troué dc 13clfort conco rre nd o alla batt aglia decisiva sul Reno.

Va deuo chiaramente, poi, che. nonostante le condiz i o ni topografiche del co nfin e così nega ti ve, l e p reoccupazio ni delle Autorità Militari ital i ane non erano destate tanto dalle minacce eserci tabil i da parte dell a Svizzera. sulla c ui vo l on tà e sul cui interesse a mantenere l a neutralità general men te;: si co nfid ava, quanto da qu elle eserci tabi li attrav erso il suo territ or i o dalle al tre gra ndi potenze confinanti.

Si è detto che generalmente si con fid ava nella volontà e nell'in teresse della Svizzera ad osserva re la neutralità; ma si tem eva che essa non potesse in ce rt e c ircosta nze garant irl a, opp ure c he il quadro politico es terno ovvero le stes se co mplcs siv ità della costituzione inte rn a della Co nfederazione potessero in durla a non con trappors i decisamente a violazioni per i fer iche del suo te r r i tO r io. che non fossero tali da minacc i are l a sua es i stenza o il grosso delle sue l'orze arroccate nel rido u o <..lei Gonaruo o sull'altopiano S\'izzero.

Si era hen convinti, dunque, che la neutrulitf1 ~viZLera 1·osse favorernlc e che la sua osse r va n;;a fo~se conveni e!lle ali' I talia; ma si temeva che la Sv i zzera )>tes,a non po tesse garantirla.

Preoccup:wano po i tutti quei silllomi o qud le opinioni che. nell:i S\' i ue ra medesima. erano indicativi <..li u na minore volontà di OS)>t::rvarla.

Veniva riconosciuto che la polit i ca interna de ll a Svizzera era intluenzata essenzialmente dalle pressioni interne ed es terne de ll'ekmento tedesco e d i quello francese. mentre non mancavano. nt! ll a libera S\' i zzera. uomini e forze politiche or i entat i a vedere e a ch i edere politiche p iù att i ve d i quel l e ancoratè al mantenimento de ll a neutralità.

Di fatto nel p r imo ventenn i o <..lei XIX secolo. una nella pre\'ale1wt <..lell'demcnto tcuc,rn nella popolazione. nelle alli\' it à economiche. negli organi di informaziont' c. ,oprau utto. ndlc sfere militari. finirono per preoccupare le autorità po litiche e mi l itari irnliane pe r il caso d i un possibile !>chieramento della SvizLera al fianco di avversa r i ali' Italia, opp ure di un suo aueggiamento pitlltosto conse nziente ve r so l oro in iz i a ti ve." 5

Dinan zi a tali prospcllive acquisivano, all ora, gra nde rilevanza tulle quelle carat teristiche nega ti ve della frontiera italo-svizzera che si è cercato di evidenziare, che divenivano in falli punii forti per un avversari o e possibili vie di penetrazione verso i l terr itorio ita l iano.

Specchio riassuntivo delle fortif icazioni svizzere al 1866

SOLCO VALLIVO

Solco del I' Aa r

Valle del Toce

Valle del Rodano

Confine co n la Germania (passaggi sul R eno)

Valle del Ticino

Francia

Forte O Opera Di Sbarramento

Aarbc r g

Ope re delle Gole di Gondo

Saint Maurice

Luziens te i g

Bellinzona

Il co nfin e ital o -fr ancese è stato se mpre soggetto a mutamenti.

La politica fr ancese ha sempre teso all'acquisizione di terre italiane, vis te come un natural e sbocco del paese, e questa politica ha il suo culmine con l'azione napoleonica che, annulland o ogni precedente confine sa ncito da trattati, determinò di fatto, radendo al suolo le fortificazion i p iemon tesi che si era no opposte, l' abrogaz i one di og ni ostacolo c he potesse impedire il libero transito delle Alpi da parte delle sue truppe.

Né i bellicosi Savoia sono stati da meno, comballe ndo, effettuando scorrerie e cercando cli anne tter e al l oro trono te rre al cli là della barriera alpina.

La Francia, in effe tti, pur ave nd o su ll e Alp i una sis tema z i o ne difensiva va li da c he risaliva al XVIII seco l o (isp irate ai conce tti del M ar escia ll o di Berwich, in ca ri cato della l oro realizzazione nel 1709) e che e ra stata organizzata co n il c rit e rio di costituire nell'alta Durance-Ubaje una l arga base dife nsi va, dando al Briançoncse un 'attitudine e minentemente offensiva, ne aveva, pur ne l periodo di a ll eanza con l'Italia, proseguito l o sviluppo ed il potenziamento.

Scegliendo la fro nti era delle Alp i co me front iera militare verso l'Italia, la Francia infalli ne rafforzava le già naturalm ente forti posizioni con lin ce successive di oper e e con l a costilllz ion e di un rid o tt o centrale ubicato in Lion e.

Non bisogna inoltre dimenticare che l 'acqu i ::.izio ne di N i zza e della Savoia aveva spos tato l'equilibrio fortificatorio e con finari o a netto favore della Fra nci a, pur esse ndo l a Savoia sottopos ta a particolari v incoli cli neu tralità in conseguenza del tratt ato ciel 18 l 5 tra il Regno di Sardegna e l a Confederazione E lvetica

.t,n.,,,,. coiopr, ,.,. 4d ,,.,,..e,,. ,.,,. .,,, ,.,.., ,fuo

, e,..,..,.., Ai <.,....,.,,;.,,.,,~c•ru~•• I•) •el Cw,,~ltn, , <• •••"' • u r•rl<f•I• •J'•••• • (.I) t.•.- t,.:1cU11t ;,.,, un-,., '" . ,,_tfO ftJ •• llr+ •• • ,, • , ti • """ ·

3 I. La fonificazione attuale.

Situazione fortificatoria del neonato Regno d'Italia (1866)

Premessa

P1ima di procedere alla disamina di quelle che sono le strutture fortificate che il neonato stato italiano si trova a dover gestire, è necessario esaminare brevemente quelli che sono stati i concetti informatori che hanno determinato il loro sorgere .

" Nell ' ordinamento e dife sa di una frontiera costituita da una cate na di montagne s i possono seguire due partiti: pre se ntare una resistenza a oltranza nella zona montana, ovvero ritardare la marcia dell'invasore quanto basta per compiere la radunata delle truppe destinate a manovrare offensivamente contro le masse nemiche le quali s boccano dai monti."6

• ) Toni co,.o n ,:t.t ptr co11 •0,u: 4.o tt o 4• 14 fflft, f> I To""""' ti ,cr.Mpo,10 ,,,. "" CCUUIOIU U e) O,tirootorio coro:uco • proidt4>rt/ot.odcetdeo.

, A,(f•H(o r..,r,u:oto ptr ca111n)1tt ,ro 1 t CN f.'t(, : T"rN.tc(I 111 • co mp.zr,o p,t.r co1tfto11t cf& .s : "'"' ·

I Ou(Tt<UOri<'I corci::o.t, e prl'li tHort/l'lt"dd lncfl Scolo di 1 : ,uo

La piima teoria porta alla difesa a cordone del territorio (disseminato di opere in tutti i valichi e su più linee) con l'assorbimento della massa delle forze in compiti statici di presidio a detrimento della costituzione di una robusta massa mobile di manovra, la seconda prelude "ab origine" all'abbandono della difesa di una parte di territorio nazionale. In contrasto con la difesa a cordone adottata dai Piemontesi e pm volte bucata per sfondamento e'vJ aggiramento, si ha l'adozione del secondo partito teso a limitare lo sviluppo delle fortificazioni a quel grado che si reputava necessario per permettere lo sviluppo delle operazioni di mobilitazione, adunate e schieramento strategico agli sbocchi nella pianura dove sarebbero avvenuti i combattimenti risolutivi, e così si cadde nella esagerazione opposta.

Man mano che si perfezionava e portava a termine questo indirizzo difensivo, sorgeva in numerosi studiosi, p1i111i fra tutti i fratelli Mezzacapo. il Gen. Ricci ed il Perrucchetti, il concetto che la barriera delle Alpi fosse per l'Italia un dono di natura da sfruttare ''in toto" per trattenere l'avversario e che si dovesse sfruttare appieno la forza delle popolazioni delle valli al pine dando loro un completo ordinamento territoriale c he ne facesse valido elemenro di difesa.

Si profila quindi il conceuo di:

- sfruttare la forza difensiva delle Alpi, integrandola sapientemente con forti di sbarramento ed a ltri elementi difensivi statici e fondendo la loro azione con quella di truppe mobili (alpini),

- imporre non più un solo campo di arres to all'avversario per poter creare in piano masse mobili a seguito di mobilitazione, bensì un deciso arresto, se non annientamento, sulle posizioni iniziali di attacco, proporzionato alla va lidit à degli sbarramenti e forze mobili messi in campo.

Conseguente a q uesta evoluzione è la realizzazione del sistema dei forti di sbarramento a ll e frontiere e la costituzione delle compagnie alpine aue a svolgere la funzione mobile all'interno del balu ardo così creato.

Dalle opere ciel Rocchi "La Fortificazione in Montagna'' e "La Fortificazione Attuale" vengono tratte queste illustrazioni, esempio di opere di montagna con cui, secondo l 'autore, uno elci massimi studiosi dell'epoca, "afforzare" le difese in momagna.

Siruazione fortificatoria del Reirno

Le fortificazioni che lo stato unitario si trova a gestire sono parte eia distrugger e e parte da costruire. È necessario precisare il perché di questa affermazione che può sconcertare, specie in presenza cli una richiesta fortissima cli fo ndi per il piano fo rtific atorio.

L'Italia, all'atto della sua nascita come stato unitario. ebbe due principali eredità in fatto di fortificazioni, una dal Regno di Sardegna e l'altra clall' Austria.

"Ma 1:1 S,1rdegna specie nell'ultimo ù,xennio Jella su..i esistenza non ebbe rhe un nemico in \'i sta, qudlo che minacciava la sua frontiera Jell'cst e quindi quello che fece lo fece Jireuo verso qut:lla pane.

L'Austria dacché tenne il dominio in I talia non ehhe t' non poté ave re in \'ista che un nemico: quello provenicme dall'ovest e dal suJ. quindi si fortificò da quella pane.

L'Italia nella provincia dell'antico stato Sardo non ha da temere ché un nemico, il quale si trova alJ' ovest; nella ex provincia austriaca non ha pure a temere che un nemico, il quale si trova a nord e est. Come potrebbero quindi quelle fon ifi cazioni state cos truite per far fronte in senso opposto r ispondere alle esigenze difensive Jell'ltaliar7

Non è difficile capire come d'una piazza cons id erata i solatamen te si possano capovolge re l e difese e con le risorse dell'a1te fortificatoria farle ser vire ad uno scopo inverso a quello per cui fu costruita.

Questo capovolgimento cli schieramenti può ben soddisfare al concetto tecnico, ma non necessariamente a quello strategico, per cui è talvolta necessario distruggere e rifare altrove.

Alla fine di quanto precedentemente esposto si può rilevare come il neonato Regno d'Italia si sia trovato ad avere le sue frontiere difese da un insieme cli strutture fortificate, giit appartenenti alle precedenti compagini nazionali confluire nello Stato ed aventi diverse possibilità di reimpiego per co ll ocazione cd epoca cli rea l izzazione. Studiando queste fortificazio ni con lo stesso cr iterio adotta to nell'analisi ciel territorio, si cercherà di mettere in luce l'esistenza di queste strutture, raggnippandolc in tre settori, quanti sono quindi gl i stati che al I 866 si affacciavano a ll e frontiere italiane.

Poiché il tradizionale nemico era la Francia e l'Armata8, in caso di eventuale guerra contro cli essa, avrebbe ricevuto un n otevo l e incremento delle capacitù operative della fortificazione permanente, i re sabaudi, ed in particolare Carlo Alberto, vi dedicarono costante vigi l e cura. impegnandovi capitali ed energie, soprattutto al fine di potenziare gli sbarramemi naturali dei pussi alp ini e di provvedere alla cl ife- sa del fronte a mare della città di Genova.

Nel Regno sardo-piemontese infatti, unico stato rimasto indipendente, la fortificazione si mantenne in auge nella prima metà del XlX secolo.

I Savoia non abbassarono mai la guardia nei confronti della Francia e cercarono per il loro confine sempre iJ meglio, anche se il rafforzamento limitato alla zona alpina spesso non pem1ise di applicare su grande scala i concetti difensivi del momento.

I trattati di Parigi del novembre 1815 avevano assegnato, quale indennizzo per le distruzioni operate da Napoleone al Re di Sardegna, 10 milioni di lire per la costruzione di fortezze nei passi principali delle Alpi: in sostituzione delle fonificaL.ioni della Brunetta sorgono i due forti di Lessei llon, viene rafforzato e migliorato il forte di Exilles ad opera dell'Oliviero, uno dei migliori ingegneri dell'epoca. Nello stesso periodo il Recchia realizza la fortezza di Vinadio (fig. 33a-b) in sostituzione dell'altra fortezza fatta radere al suolo da Napoleone 1°, quella di Dcmonte , mentre il Chiodo rafforza la grande cinta di Genova cd erige sulle alture i forti che circondano la città difendendola nel fronte" a terra'' e "a mare". n forte di Bard , già demolito per ordine di Napoleone nel 1810, avendo osato resistergli, risorge potenziato; le nuove difese erette consistono in una successione di opere che, occupando i punti più importanti della posizione, ne consentono l 'asso-

Erette dopo Ja campagna del 1848-49 le nuove fortificazioni di Alessandria rappresentano un' estensione della struttura realizzata dal francese Chasseloup ed un adeguamento alle nuove esigenze difensive appena allora rivelatesi.

Questo, ad eccezione dei Forti di Lesseillon passati alla Francia a seguito della cessione della Savoia, è quanto di fortificatorio lo Stato sardo-piemontese apporta al patrimonio difensivo del Regno d'Ttalia ed è in larga massima prontamente reimpiegabile.

Si tratta di una poderosa linea difensiva che taglia la Val Chisone e si collega con le fortificazioni della Valle di Susa, sbarra le vie della riviera cd interdice la Cornice, garantendo al suo riparo economie di forze e libertà di azioni all'armata campale. Sempre curata e potenziata ha subìto, come si è precedentemente visto, gli insulti di Napoleone, ma è risorta dalle sue ceneri ed è pronta al bisogno.

Il valore della sistemazione della frontiera orientale (Austria) per ciò che concerne il riutilizzo delle strutture ex-austriache non è molto elevato.

Le fortificazioni sulla riva sinistra del Mincio presso Mantova e quelle di Verona, costituenti la fronte orientale appoggiata a Monte Castelletto sono antiquate, quando, come le prime, non dannose per la possibile influenza - quale campo trincerato - esercitabile sulle truppe.

Lo sbarramento di Rivoli e le difese Nord della piazza di Verona, sono ancora validi tecnicamente e riutilizzabili invertendo, qualora del caso, verso Nord il fronte difensivo.

Nessuna fortificazione è in atto e valida per ciò che concerne il fronte italo-svizzero.

Confine

Specchio rias suntivo delle fortificazioni italiane al J 866

Confine ita lo-francese

Alture di Genova

Forte

Forte Gallo

Exilles

Bard

Vinadio

Fenestrelle

Serre la Garde

Fo1te Sperone

Begatto

Crocetta

Castellaccio

Diamante

Puin

Ratti

Richelieu

S. Tecla

S. Martino

S. Giuliano

Il primo pia110.fortificatorio

L' Italia, per la sua configurazione geografica, si trova in condizioni piuttosto sfavorevoli per ciò che riguarda la difesa, tanto territoriale guanto mobile, poiché la sua forma allungata non si presta né all'ordinamento concen lri co delle difese successive né al facile accon-cre delle forze mobili dalle parti centrali o periferiche dello stato ove si sono concentrate.

Assicurare il funzionamento delle forze mobili mediante un ben ordinato sistema di fortificazioni e comunicazioni, reso tanto più necessario quanto più la forma del territorio è meno favorevole a ll a rapidità della mobilitazione e dell'adunata nel punto minacciato , dovette essere e fu una delle prime preoccupazioni dei reggitori del nuovo stato.

Fin dal 1862 venne nominata una commissione permanente di difesa incaricata di compi lare il progetto di difesa dello stato.

Il lavoro fu lungo e difficile, avendosi dovuto procedere allo studio di tutto il territorio ed essendo cambiate le condizioni stesse del territorio per l'annessione del Veneto ( 1866) e di Roma ( 1870).

Un notevole impulso all'opera della commissione venne dal constatare come all'atto delle ostilità nel 1866 l'Austria godesse di una posizione strategica di frontiera formidabile: ad ovest le Alpi Bresciane con i loro passi sbarrati da opere fortificate, il Garda ed il Mincio con le fortezze di Peschiera (sottoposta a revisione e miglioramento dopo il 1859) e di Mantova, a mezzogiorno il Po con Borgoforte, alle spalle l'Adige con le fortezze di Legnago ed il campo trincerato di Verona, tra il Garda e l'Adige le chiuse di Pastrengo, tra il basso Adige ed il basso Po, Rovigo adeguatamente munita. sul fronte a mare Venezia, Brondolo, Marghera, le batterie della laguna ed i forti del Lido.

Alla luce di questa situazione sorse nel Paese e principalmente negli organismi istituzionalmente preposti, cioè politici e militari, la sentita esigenza di dare un assetto razionale alla struttura difensiva dello stato italiano, emerso carente nei confronti del principale avversario.

Si doveva quindi opporre a tale sistema fort ifi catorio (quello austriaco) un altro che potesse essere di notevole ostaco l o ad una eventuale invasione, favorendo la radunata del l'Armata.

La difficoltà era quella di collegare il preesistente sistema Genova-Casale-Alessandria con il nuovo, realizzando nel contempo questo in modo provvisorio, poiché la frontiera del momento non poteva che essere temporanea .

Ev itare, per quanto possibile. ùi int raprendere la costruzione di nuove fonificazioni la cui importanza avesse a cessare allorché l'Italia fosse giunta ai s uoi naturali con lini. accrescerne le difese permanenti nei soli punti giudicai i più essenziali in vista di una prossima guerra con J'Austria." 1

Questi i criteri guida cui doveva inizialmente ispirarsi la Commissione permanente per la difesa dello Stato" istituita nel gennaio '62.

Dat e le premesse, gl i st udi furono lenti e difficoltosi, interrott i dal sopraggiungere della gue rra, ma ne l frattempo si era g ià dato co r so all'inizio di l avori, co n preminente funzione difensiva, q uasi un avancorpo di posizioni da difendere ad o ltran za o sull e quali ritirarsi in caso di event i sfavorevol i sul davanti.

Ciò fu rea l izza to dopo che la Commissione, riconfermando le proposte ciel gennaio 1864, presentò il p roge tto ge neral e definitivo della difesa dello stato .

T al e progetto pr evedeva:

I. l'ulter i ore po te nzi amento delle fo rt ezze di Piacenza e d i Bologna - per far del l a pri ma una grande p i azza da guerra co n campo trincerato permanente a gu i sa d i dorp i.i tcs ta di ponte sul Po (secondo il progelto del I 864) e della seconda u na gra nde riazza da guerra con dopp i o carnro t r ill(;erato. u no cioè nella pian u ra per la difesa della ciuà e l'al tro in collina (secondo il progetto del 1865). assegna ndo a Piacenza l ' u fficio d i appogg i are le orerazioni dell'esercito pe r l a difesa della Lombardia e de ll 'Emilia, e a Bologna quel l o di copr ire nel modo più efficace l e p r incipali comunicazioni tra la bassa va ll e del Po e la Tosca na, ed offrire un pu ru o d'appoggio alle truppe operanti sul basso Po-;

2. l a cos truzio ne a C remona d i una testa di pome (seco ndo un progetto già esistente) a ll o scopo cl i assicurare momentaneamente u n secondo passaggio su l Po riù a va ll e di Piacenza. al fine di agevola re un a d i fcs.i di f i anco del l a Lombardia atwccata dalla linea del Mincio. face ndo sistema con Pizzighettone e Piacenza;

3. i l rafforzamenw di Pizzighettone (secondo il progetto de l 1863) con l 'intento di estendere J'azionc cli Piacenza sull'Adda, assic ur ando un passaggio importame su ques to fiume all e t ru ppe operanti sul la riva sini stra del Po;

4. l a costr uzione d i un a n uova p i azza cli cara tt ere per manen te d i fensivo nella pane ce nt rale del l'Emil i a in quel si to che verrà scel to d i etro ult er i ori studi sul terre no (Guas tall a o Reggio) pe r collegare l e due piazze cli Pi acenza e di Bologna. cop r ire l e varie comu nicat.ioni dire tt e tra l a valle del Po e l a Toscana e particola r rncnte quel l e che provengono dai dis tre tti mant ovan i ;

5. la ch i usura. con opere di sbarrnme nlO di tu tt e le strade che att raversano l'Appenn in o tosco - emi l iano. al fine di accrescere valore all' appe nni no medesimo come lin ea difensiva;

6. la costruzione sol l ecita delle ferrov i e Spezia-Genova c Sa rzana-Parma, nonché l 'ape rt ura di rotabi l i di a rr occa mento sui g i oghi dell'appe nnin o pe r facili tare le comu nicazion i tra i fo rt i c he si dovrebbero erigere."2

TI progetto definitivo venne presentato in ritardo, inizialmente a causa della discorde valu taz ione su qual e fosse il mi glior punto intermedio cli raccordo tra Piacenza (punto natural e dì cope rtura ) e Bologna (d efinita fondamentale all'atto del trasfer imen to della capi tal e d'Italia dn Torino a Firenze), successivamente, co me prima accennato, la guerra e l a susseguente modifica dei confini imposero alla presentazione una ulteriore proroga te mp ora l e.

Solo nell'agosto 1871 la co mmi ssio ne presentò finalmente la relazi one a cor redo del pi ano generale di difesa dell'Italia, piano che, quasi ultimato nel 1866 dopo un'accurata indagine topografica e strateg ica del territ o rio nazionale, aveva do v uto obbli gatoria me nte essere rivi sto , aggiorna to e modificato a segu ito de ll 'annessione del Veneto prima e della presa di Roma poi.

Il pian o presentato dimostra va che l a commissione aveva l avorato con competenza ed oculatezza, ma non aveva dimostrato un sano realismo nei confronti delle ben note difficoltà dello Stato; esso infatti , te nendo conto de lle defici enze pal esates i , prevedeva, se nza eccez ioni , le misure fortificatorie ric onosc iute necessa rie per la difesa d ell o sta to a i confini, su ll e coste cd all ' interno , il tutto improntato ad una concezione marcatamente difensivi stica co n la prefigurazione cli due scacc hieri principali, costituiti rispettivam ente dalla zona continenta l e fino all 'appennino tosco-emiliano (da difendere siste matica- mente) e della parte peninsulare con difesa limitata ad alcuni capisaldi. Causa gli oneri elevatissimi che tale piano richiedeva, si dovette ripiegare su di un piano ridotto che puntasse al minimo indispensabile per far fronte ad un attacco esterno.

Il piano, sia nella versione integrale che in quella ridotta, ribadiva l'importanza cli fortificare le montagne, concepite come argine e margine di sicurezza; ecco dunque che bisognava cos truire forti su tutte le rotabili alpine, fortificare i porti e le rade, puntare su un unico arsena l e - Spezia - e sulla piazzaforte di Bologna, la cui esistenza e resistenza era vista come fondamentale,

"in quanto il possesso cli tale nodo nevralgico e l'afflusso cli uomini e mezzi dal sud garantivano se mpre lo svi l uppo di masse controffensive e la possibilità di un co mpleto re cupero strategico con relativa ric on qui sta dell'irnera pianura padana. ne l caso questa fosse già stata occupata dal rn.:mico." 3

Tre erano quindi le linee difensive:

- l a linea dei forti cli sbarramento in prossimità dei valichi alpini;

- l a linea del Po;

- la linea addossata alla catena dell'appennino, avente come perno il ridotto centrale difensivo cli Bologna.

Piazze dell'Italia continentale erano Genova, Alessandria, Piacenza, Legnago; teste di ponte a Borgoforte, Pavia , Pizzighettone, fortificazioni sul l 'asse Isonzo-Po-Ferrara.

La difesa "a capisa ldi " della parte peninsulare era affidata, tra le altre, al l e piazze di Ancona e Lucera, campi trincerati a Roma e Capua, porti fortificati a Livorno, Civitavecchia e Gaeta.

È un piano minuzioso, pedante e faraonico, c he si preoccupa cli garant ire innanzi tutto il Paese dal1 ' invasione e, temendo di commettere errori di valutazione, propone cli realizzare fortificazioni ovunque, immobilizzando per il l oro presidio forze che non saranno così disponibili per creare le grandi masse mobili previste per la manovra.

Il progetto originale prevedeva la disponibilitù di ben 97 piazze e la riduzione ne ha portato a 77 e poi a 65 il numero , ma il piano ridotto non modifica nulla del conceno strategico, e si ha solo una riduzione della spesa globale e la creazione di un a struttura goffa e disarmonica, frutto dei tagli apportati. Questo piano nelle sue due versioni ha estimatori cd avversari; questi ultimi in special modo non sono disposti ad accettare la perdita d i porzioni consistenti ciel territorio nazionale fin dagli inizi, ritenendo che l e Alpi non siano un elemento di frazionamento dell'impeto nemi co, bensì un potente ostacolo naturale da valorizza re.

Le critiche

Numerose e ben valide l e voci di coloro che ritengono il piano incompleto ed inad eguato e sovrastano quelle di coloro che gli sono favorevoli: il Yeroggio, il Ricci ed il Perruccheni si oppongono decisamente al piano proposto con scritte d'opcre in cui abilmente disquisiscono il l oro valido dissenso, cd il Perrucchetti addiri!tura dichiara:

La commissiom: per la dil'esa generale dello Stato nella sua relazione a corredo del p iuno d i clil'e sa presentat o a S.E. il Ministro della Guerra, dopo ave r affermato la conwnienza di sbarrare tulle le strade alp in e e fatte le sue propos te , soggiungeva: "È vero che q uesto gran de scopo 11011 si è potuto rnggiu ngerc completamente perc hé sussistono iuttavia due lacune:

- una delle quali as~a1 bre, e \'erso la Sviucra, in cui s1 è tentato di riparani !'.>chb..:ne insufficientemente. con l a pia1.1.a di Varese:

- l'altra sull' I sonzo, dove fu for,w rinunziarvi assol ut amente. "

A far parere meno triste l a situazione creata nelle condizioni di difesa ùella frontiera ùalle suddette due lacune, la Commissione accennava da un a parte alla gara ntita neu tralit à della Sv i zzera, dall'altra alla lontanan za fra la fro nti era aperta dell'Isonzo cd il cuore del R egno.

"Se non che l a prima, c he ne l piano completo era lacuna assai breve, si fece po i assai grande nel piano r ido tto. avveg nac hé furono radiate da quello. non so l o l a piazza di Varese. destinata a riparare. ~ebbene insufficientemente, a quella lacuna. ma altresì i foni di sbarramento di Gra,dlona. Fuentcs ed Aprica proposti dapprima per concorrere a chiudae le comunicazioni del Sl!mpione, del San Gottardo, del San Bernardino. dello Spluga, del M al oggia, de l B ern ina e d ell o Ste l vio.

Così, per la lacuna ,w~o I' hon,o. la Commbsionc accennava nd piano completo a rimediarvi in pane con le proposte fortificazioni di Sacile e di l otta. le quah. offeremlo una piaaa di rifugio cd un perno di manovra sulla lin ea dell a Li ve n1.a, erano dc~t inat e a co ncorre re alla d i fesa ve rso I ' l son1.o.

Ma l e proposte relati\'C a Sacile cd a M otta furono poi rad i ate dal piano ridotto.

Posto pertanto che per quanto riguarda lo ~barramento dei , afichi alpini \'eng~1 adottato il piano ridotto della Commissione. rimarranno i meramente apeni: l o credo c he no n parrà arrischiato, in meuo al le politiche incerte11.c del nostro 1cmpo, il dire c he l ' Ital i a non può ~enza pericolo lasciare M1ssistere queste due lacune nella difesa della \Ua linea d1 frontiera. né tenere come sufficiente garanzia la neutralità della s, iLLera e la lontananLa dcli' lsonLo dal cuore del Regno. " 4

A) lutti i passi dal Sempione allo Stdvio, co111prenden1i: il fascio delle com un icazio ni più d irette fra Genmmia ed Italia: e. qualcuna delle comunica,ioni indirette fra Francia ed Italia. Austria cd I talia.

B) lutto il Friuli, cioè la più diretta e potente linea di invasione apena alrlmJX!ro austro-ungarico.

Il governo allora in carica, ritenuto pur valido lo studio e il susseguente piano, non l o rit e nne tuttavia compatibil e co n le finan ze dello stato, esse ndo il gove rno pronto a sac r ificare qualsiasi i stanza finanz iaria si op pon esse al suo fine e cioè il raggiungimento ù el pareggio d el bi lancio, dogma basi l are di tutta l a politica della destra.

I piani che si sussegu o no e tentano di dare all'Italia una struttura dife nsiva annegano, tagliati senza alcun a pietà dalla mor sa econo mica c he semp re più si string e in vis ta dell'agognato e sospirato paregg i o. La destra non è disposta a rinun cia r e a quello che è sempre stato il suo sogno: difesa dello stat o od altro pa ssa no in secondo piano risp etto al paregg io.

Colui infaui c he fa dec idere per una rinun c ia a questo pian o c he , sia pure perfettibile, era uno strnmento difensivo, è un nemico ben più terribile ed al momento indistruttibile: il nemico economico.

Il ministero di destra, Minghetti, present a nel 187 3 un secondo pro gclto fo1tifi ca torio più riduttivo del prim o e men o di spendio so, escludendo tutt e le oper e destinate alla valle del Po e a numerose l ocaIità costiere.

Notevole impo rtanza riv es te, all'interno di questo piano, la decisione di fortificare Roma, perc hé possa offrire una notevol e r es isten za temporal e in caso di attacco impro v vi so : accanto al m otivo psicol ogico-po litico delle gravi co nseguenze cui può portare l a cadut a della capi tal e si è fatta strada una considerazione di carattere prettamente strate g i co, in quanto Roma è il nodo ferroviario dove termina la linea proveniente da Napoli, unica lin ea ch e co ll ega il sud con il r es to de lla peni so la.

Il progetto, presentato e già dato per approvato, v i ene ritirato da l governo. po iché compromellerebbc l'agognato pareggio del bilancio.

Molti gli interventi successivi ed i vari progetli che, pur validi, cedono sempre di fronte al solito nemico: o la loro realizzazione o il pareggio del bilancio.

Cade infine senza grande rimpianto la Destra avendo, con il raggiungimento ciel pareggio del bi l ancio dello stato, ultimato il suo compito.

L'ascesa al potere della Sinistra nel 1876 non porta inizialmente grandi sovvertimenti nel campo fortificatorio: dal 1876 infatti si prosegue in i zialmente quasi per inerzia l o sviluppo di quelle attività forrificatorie che già in precedenza (e si parte anche dal periodo del Regno sardo -piemontese), si era ritenuto essenziale svi lu ppare: si ammodernano ta l uni materia li e si ce rca di migliorare il meccanismo della mob ilitazione, principalmente a ll o scopo cli organ i zzare la mi li zia territoriale, la cu i nascita avrebbe infaui consentito di svincolare dai compiti statici (sicurezza, vie di comunicazione ecc.) la milizia mobile che così diveniva l'immediato rinforzo dell'esercito.

Ad un periodo di transizione caratterizzato dal l 'azione protesa a portare a termine i progetti tracciati dal l a destra, suben tra una frenetica att i vità dovuta al perdurare della situazione internazionale che fa ritenere incompiute le opere portate avanti per risolvere la questione del l 'ordinamenro nazionale per la cl/fesa e rende urgente la necessità di adottare provvedimenti atti a sanarla .

È importante a questo punto rappresentare come, mentre la Con1missione disquisiva ed oculatamente proponeva, para l lelamente ed in modo assai opportuno, tenuto conto della pericolosità e de li catezza del settore di intervento, si procedeva alla sollecita realizzazione dello sba,rnmento della Va l Roja, intervento fortificatorio stabi lito già prima della unificazione.

In effetti lo Stato Maggiore piemontese già nel I 860, esaminando il pericoloso conf ine italo-francese, aveva deciso cli cautelarsi da i pericoli derivanti dal l a sinuosità della linea di confine che interrompeva per una ventina di ch il ometri il fondo della Valle Roja: venne così pianificato di fortificare le posizioni più e l evate che dominavano lo svil uppo della linea di confine, tenendo presente che le preoccupazion i erano pure rivolte alle necessità difensive della bassa Val Roja, all e spa ll e di Ventimiglia.

I lavori per la costruz i one dei forti, costituenti il campo trincerato di Tenda, ebbero inizio verso il 1880 e furono ultimati nell'arco di un decennio.

Sorgono così, realizzati secondo le caratteristiche Lecnico-fortificatorie dell'epoca, i forti Giaura, Pernante, Margheria, su ll a dorsale dell ' abisso, capaci baraccamenti logistici ed il forre Alto in corrispondenza del Colle di Tenda vero e proprio ed infine i forti Pepino e Taborcla sul contrafforte orientale.

Di tanto l avoro realizzato in un punto fondamentale per il controllo della frontiera (ora territorio francese), ciò che ancora resiste agli insulti del tempo e degli uomini si è cercato di evidenziare fotograficamente.

L'oc ul atezza della scelta dei punti su cui in vestire l e strutture fort ifi cate verrà confermata alle soglie del l a Seconda Guerra Mondiale allorché moderne st ru tture integreranno, disponendosi nelle adiacenze, le vecchie strutture e nel dopo guerra all orché la Francia pretenderà ed otrerrà come danni di guerra, mascherati da plebisciti, questi territori va lidi a cautelar l a, ma il c ui passaggio al l a Francia crea una potenziale minaccia per l'Italia.

Si ha così un'ultedore pratica dimostrazione di ciò che la ricerca storica ha con numerosi studi confermato e cioè che un punto fortificato, rispondente a precise esigenze del terreno, rimane il prescelto per lunghissimo periodo di tempo ( persistenza) ed esattamente sino a quando l'offesa resti simile e non emerga un nuovo modo di fare la gue1rn.

T p unti forti mutano solo se vi è un radicale mutamento nei modi di fare l a guerra.

This article is from: