32 minute read

4.3. Il sostegno italiano ai četnici

Next Article
Bibliografia

Bibliografia

un regime che non fosse quello del Poglavnik, dello Stato croato. Secondo Pièche infatti Pavelić era

imbarcato su un fragile scafo pieno di falle e tentando di continuare la faticosa navigazione ne regge affannosamente il timone, cercando di evitare i vortici e gli scogli costituitisi dalle difficoltà interne, dalla incontenibile invadenza tedesca e dal risentimento italiano: purtroppo non sempre vi riesce. (…) Il governo croato, vaso di terracotta viaggiante fra i vasi di ferro delle contrastanti correnti italo-tedesche, si destreggia come può, in un continuo alterno movimento di altalena fra i tedeschi e noi, ma con la precisa e sempre più accentuatasi tendenza ad orientarsi verso la Germania. E ciò è naturale e direi persino logico.657

Advertisement

Mussolini, comunque, non volle intervenire contro Pavelić e rifiutandosi di prendere in considerazione i consigli dei propri vertici militari presenti nei territori dello Stato croato divenne, insieme a Hitler, il difensore ad oltranza del regime del Poglavnik.

4.3. Il sostegno italiano ai četnici

Frequenti le collaborazioni tra četnici e autorità militari italiane.658 In seguito agli episodi in cui i militari italiani erano intervenuti in difesa dei serbi contro le violenze degli ustaša, i četnici si convinsero che gli italiani, nonostante lo status di occupanti, fossero il male minore: truppe italiane e četnici avevano in Tito e nei partigiani comunisti l’avversario comune contro il quale combattere, mentre non erano sconosciuti ai serbi neppure i risentimenti italiani verso croati e tedeschi per come andavano evolvendosi le vicende nei territori jugoslavi occupati. Nelle intenzioni delle autorità militari italiane v’era sicuramente anche il tentativo di contrapporre all’alleanza tedesco-ustaša l’intesa italo-četnica, mentre i četnici si rivolsero alla 2ª Armata soprattutto per ottenere viveri e armi, necessari alla lotta anti-partigiana e a difendere le proprie abitazioni e famiglie. I notabili serbi avevano assicurato le autorità italiane di essere pronti a rendere i propri servizi con l’unico desiderio di combattere i partigiani, ma una volta armate, le bande

657 AUSSME, M-3, b. 6, fasc. 1, Comando Supremo, Ufficio Operativo, Notiziari del generale Pièche 1942 (situazione in Croazia; movimenti cetnici), Rapporti del generale Pièche al Ministero degli Esteri (notizie dalla Serbia), a Ministero degli Affari Esteri, Gab.A.P. Roma, oggetto: Relazione sulla Croazia, f.to il Generale Pièche, P.M.10, 5 agosto 1942-XX. 658 Sulla collaborazione tra militari italiani e četnici si veda S. Fabei, I cetnici nella Seconda guerra mondiale. Dalla Resistenza alla collaborazione con l’Esercito italiano, Gorizia, Libreria Editrice Goriziana, 2006.

serbe – nelle stesse regioni in cui l’elemento croato veniva invece disarmato – si abbandonarono ad una feroce vendetta nei villaggi croati e musulmani, rendendo ancor più difficile la pacificazione dei territori occupati.

659

Di conseguenza le autorità militari italiane furono accusate dal governo di Zagabria di eccessiva indifferenza dinanzi ai crimini dei četnici, mentre gli ufficiali italiani che conferivano con gli elementi serbi si convinsero al contrario della sincerità delle dichiarazioni di stima e amicizia, pur non potendo rimuovere la sensazione che, una volta perfezionata la ribellione serba e qualora i militari italiani ne avessero sostenuto direttamente o indirettamente la lotta agli ustaša, i četnici non avrebbero esitato a compiere azioni di rappresaglia anche contro di loro. Era comunque fondamentale interesse italiano mantenere viva la lotta fra četnici e partigiani, sostenendo attivamente i primi, onde evitare alle masse di confluire in una comune azione di rivolta.660

A Chistagne ed Ervenik, ad esempio, i serbi confermarono agli italiani che il movimento di ribellione era dovuto unicamente alla spontanea reazione ed alla necessità di difesa dinanzi ai massacri ed alle rapine degli ustaša, senza volontà a loro ostile.661 Un ufficiale tedesco, in collaborazione con le autorità croate (luglioagosto 1941), visitò diversi centri della Bosnia e dell’Erzegovina per raccogliere dati ed informazioni circa le azioni dei četnici e i loro rapporti con le autorità militari italiane. In alcuni centri, però, sembra che all’ufficiale tedesco fossero stati presentati funzionari ustaša vestiti da četnici che si erano finti prigionieri e avevano dato informazioni precedentemente concordate tendenti ad accusare quanto più

659 AUSSME, M-3, b. 20, fasc. 11, Il Ministro di Croazia, all’Eccellenza Conte Ugo Cavallero Maresciallo d’Italia, Capo di Stato Maggiore Generale, f.to Dott. Stjepo Peric, Roma 29 dicembre 1942. Sui crimini commessi dai četnici nei territori dello Stato Indipendente Croato si veda Z. Dizdar, M. Sobolevski, Prešućivani četnički zločini u Hrvatskoj i u Bosni i Hercegovini 1941.-1945., Zagreb, Hrvatski Institut za povijest Dom i Svijet, 1999. 660 AUSSME, L-10, b. 38, fasc. 3, Stato Maggiore R. Esercito, Servizio Informazioni Esercito S.I.E., prot. n. Z/P-35231, Promemoria, oggetto: Ex Jugoslavia – Movimento cetnico, atteggiamento inglese, 14 aprile 1943-XXI. 661 ASDMAE, b. 1493 (AP 28), Ministero dell’Interno, Divisione Generale della P.S., Divisione Affari Generali e Riservati, a Ministero degli Affari Esteri A.G.IV, sezione I n. 441/OI2446, oggetto: Notizie pervenute dalla Dalmazia sulla situazione in Croazia, Roma 22 agosto 1941-XIX. Le località erano state invase all’inizio di agosto. Ad Ervenik Superiore il presidio croato era stato costretto alla resa da quattrocento serbi guidati da un ex ufficiale jugoslavo; successivamente una compagnia italiana aveva provveduto all’occupazione del paese. All’alzarsi della bandiera italiana i četnici avevano effettuato una calorosa dimostrazione inneggiando all’Italia. Ibidem, Ministero dell’Interno, Direzione Generale della P.S., Divisione Affari Generali e Riservati, d’ordine del Ministro (s.d.).

possibile l’Italia e l’operato delle sue autorità militari.662 Vero o falso che fosse, l’avvenimento non solo ben descrive l’evidente pericolo rappresentato per le autorità del regime croato dai rapporti italo-četnici, ma anche i futili escamotage a cui gli uomini del Poglavnik tentarono di ricorrere per marginare il fenomeno.

Soprattutto i rappresentanti italiani a Zagabria furono tra i più assidui, dalla fine del 1941, nell’esercitare pressioni su Ambrosio affinché i comandi militari italiani limitassero al minimo il sostegno ai ribelli serbi, con cui avevano avuto diversi contatti volti a facilitare l’azione anti-partigiana di diversi presidi;663 in alcune situazioni, come nel distretto di Sanski Most, alle autorità militari italiane veniva recriminato di aver permesso ai četnici, in loro presenza, di incendiare villaggi cattolici e musulmani, senza prendere misure atte ad impedirlo.

664 Il comandante della 2ª Armata accolse malvolentieri le sollecitazioni impartitegli da Roma e dagli ambienti italiani a Zagabria, ma dovette adeguarsi, senza comunque pregiudicare le fragili tregue locali raggiunte ed interrompere i buoni rapporti stabilitisi tra ufficiali italiani e capi serbi.

Un atteggiamento di aperta collaborazione con le truppe italiane fu dimostrato dal serbo-bosniaco Dobroslav Jevđević, proprietario di redditizie tenute con un notevole trascorso politico quale deputato alla Skupština, elemento decisamente anti-comunista ed anti-croato in stretto contatto con i circoli nazionalisti serbi. Alla caduta della Jugoslavia Jevđević aveva organizzato le prime bande armate per contrastare le violenze degli ustaša, gruppi successivamente potenziati e posti agli ordini dei comandi italiani in funzione anti-comunista. Assertore dichiarato del nazionalismo jugoslavo, indubbiamente collegato a Mihailović e ancor più al maggiore Jezdimir Dangić, leader serbo della Bosnia orientale, godeva grande ascendente fra la popolazione ortodossa ed era indicato come la personalità più autorevole, insieme al vojvoda Ilija Birčanin Trifunović – ex presidente dell’associazione nazionalista serba Narodna Obrana (Difesa nazionale) – alla guida delle formazioni di četnici della Bosnia occidentale, della Lika e della Dalmazia. 665

662 Ibidem, Ministero dell’Interno, sez. I n. OI2445/441, a Ministero Affari Esteri A.G.IV, oggetto: Notizie dalla Dalmazia relative alla situazione in Croazia, 1° - Metkovic, Roma 22 agosto 1941XIX. 663 AUSSME, M-3, b. 61, fasc. 5, Ufficio Operazioni, segreto, a Stato Maggiore R. Esercito, Ufficio Operazioni, Linea di condotta, f.to il Generale di Corpo d’Armata Comandante Mario Roatta, P.M.10, 30 gennaio XX. 664 HDA, 491, OUP, kut. 6, 1941, pov. spisi 3328-3810, Kotarsko predstojništvo, taj. broj 200, Sanski Most 8-IX-1941, Ministarstvu unutrašnjih poslova Zagreb. 665 AUSSME, M-3, b. 6, fasc. 4, Stato Maggiore R. Esercito, Servizio Informazioni Esercito S.I.E., Promemoria, oggetto: Montenegro – Contatti di capi cetnici bosniaci, erzegovesi e montenegrini, 10 agosto 1942-XX; ibidem, L-10, b. 38. fasc. 3, Stato Maggiore R. Esercito, Servizio Informazioni Esercito S.I.E., prot. n. Z/P – 32042, Promemoria, oggetto: Croazia – Contatti tra autorità croate e il capo cetnico On. Jevdjevic, f.to il colonnello Capo Servizio Edmondo de Renzi, 16 febbraio 1943-XXI.

Una distinzione generica sembrò caratterizzare l’atteggiamento di Mihailović e quello di alcuni suoi collaboratori, come Jevđević ed il maggiore Petar Baćović, con influenza in Bosnia e nell’Erzegovina. Se Mihailović sembrava voler condurre una lotta ad oltranza in modo da tenere i tedeschi in continuo allarme e neutralizzare gli italiani in attesa della loro capitolazione, Jevđević sembrava propenso ad accordi di non aggressione con italiani e tedeschi anche in caso di uno sbarco anglo-americano. Nel dicembre del 1941 a Spalato Jevđević entrò in contatto anche con il logornik Poljak, addetto al quartier generale ustaša di Zagabria, inviato del Poglavnik, nel tentativo di giungere ad un accordo che ponesse termine al sanguinoso conflitto tra serbi e croati (un colloquio a Zagabria del leader serbo con il ministro Artuković avrebbe definito l’accordo): Jevđević accusò i croati di aver tradito i serbi e aver consegnato la Dalmazia all’Italia, Poljak cercò di scagionare il governo croato dalle accuse, affermando che l’Italia continuava a rappresentare per i croati il principale nemico. Le truppe italiane in territorio croato – sosteneva Poljak – costavano un’enormità: gli italiani avevano tutto l’interesse che serbi e croati si annientassero a vicenda, secondo la vecchia storia del “divide et impera” e per tale ragione pur essendo alleati dei croati fornivano armi ai četnici.

666

Mihailović, pur riconoscendone le oneste intenzioni, non approvava del tutto l’opera benevola agli italiani svolta da Jevđević, in quanto in contrasto con gli obiettivi dell’alleato inglese.667 In seguito alla possibilità delineatasi ai comandi italiani di occupare la Bosnia oltre la linea di demarcazione – possibile solamente nel caso le trattative con četnici e croati avessero avuto esito tale da assicurare una notevole riduzione della ribellione nel rimanente territorio occupato – Jevđević chiese al comando della 2ª Armata di rompere ogni indugio e contattare i capi četnici della Bosnia per accordarsi circa l’estensione dell’occupazione italiana: l’obiettivo era trovare un modus vivendi con l’elemento serbo in merito all’amministrazione dei territori bosniaci occupati, all’organizzazione dei soccorsi per le popolazioni affamate e alla concessione di un’amnistia generale per le azioni compiute fino ad allora. In cambio le bande ed i capi serbi (Mihailović, il maggiore Dangić e altri) si sarebbero impegnati a preparare all’esercito italiano il terreno presso la popolazione – affinché all’occupazione non fosse posto alcuno ostacolo –, a collaborare nella lotta anti-comunista sottraendo ai partigiani le masse di contadini ad essi associatesi per combattere gli ustaša e ad organizzare bande

666 Ibidem. 667 Ibidem, M-3, b. 6, fasc. 4, Comando 2ª Armata, Ufficio I, Sintesi del colloquio avvenuto il 30 dicembre 1941 dalle ore 11 alle ore 11.50 a Spalato fra l’ex deputato della Skupcina, Dott. Jevdjevic, esponente dell’ambiente serbo-bosniaco-erzegovese ed il Logornik Poljak, addetto al Q.G. ustascia di Zagabria, inviato del Poglavnik, 1°) Accordo serbo croato, a) Politica interna, 2 gennaio 1942-XX; ibidem, b. 20, fasc. 10, Carteggio Comando Supremo, Comando Gruppo Armate Est Stato Maggiore, al Comando Supremo, prot. n. 875/inf., segreto, oggetto: Questione cetnica, f.to il Generale d’Armata Comandante Ezio Rosi, P.M.76, 1 settembre 1943.

armate al fianco dei soldati italiani per il mantenimento dell’ordine pubblico.

668 Gli accordi delineatisi tra gli ufficiali italiani e i capi serbi non rispecchiavano tuttavia le istruzioni trasmesse dallo Stato Maggiore al comando della 2ª Armata: le direttive infatti erano di mantenere, pur adottando un contegno fermo, forte, senza debolezze, la massima lealtà nei confronti dell’alleato croato e di evitare ogni tipo di trattativa con i četnici, ritenuti incerti e poco affidabili, o almeno, se eventuali contatti si fossero rivelati necessari in situazioni contingenti e di convenienza locale, non avrebbero dovuto rappresentare, da parte italiana, impegni di sorta in campo politico.669

Nell’ambito delle operazioni anti-partigiane e delle trattative italo-tedeschecroate in merito all’atteggiamento da adottare nei confronti dei četnici (marzo 1942), il comando della 2ª Armata continuò comunque a sostenere l’opportunità di scindere del tutto le bande serbe dai partigiani, al fine di non raddoppiare il numero degli avversari dell’Asse con uomini che in parte già combattevano al fianco italiano. Bisognava distinguere i četnici dell’Erzegovina da quelli della Bosnia, poiché solo quest’ultimi si mostravano decisamente contrari alle truppe occupanti e mantenevano ancora rapporti con i partigiani, mentre i primi potevano benissimo entrare nell’orbita degli interessi italo-tedeschi: attraverso loro, inoltre, sarebbe stato presumibilmente possibile guadagnare alla causa anti-comunista anche i četnici più intransigenti. Il pericolo maggiore era rappresentato dall’effetto contrario, ovvero dalla possibilità che i četnici dell’Erzegovina, abbandonati a sé stessi, potessero stringere più strette relazioni con quelli della Bosnia ed aderire alla loro politica di ostilità alle forze occupanti. Era dunque necessario entrare quanto prima in trattative con le bande serbe dell’Erzegovina, ancora divise tra quelle che attaccavano le truppe italiane e quelle che invece iniziavano a combattere al loro fianco contro i partigiani, mentre in Bosnia si doveva tentare di convincere i četnici almeno a mantenere la neutralità, ponendo, perlomeno temporaneamente, una pietra sopra all’ostilità tra serbi e croati. Occorreva quindi che il governo croato consentisse alle autorità militari tedesche e italiane la possibilità di raggiungere un accordo che in ogni caso non avrebbe contemplato

668 Ibidem, b. 61, fasc. 5, Comando 2ª Armata, Ufficio I, all’Eccellenza il Capo di S.M. dell’Esercito, prot. n. 1367/S, oggetto: Linea di condotta, f.to il Generale di Corpo d’Arma Comandante M. Roatta, P.M.10, 2 febbraio 1942-XX, in allegato Nota del Capo Ufficio I/A in merito al promemoria del dottor Jevdjevic. 669 Ibidem, Stato Maggiore R. Esercito, Ufficio Operazioni I-Sez. 3ª, a Comando 2ª Armata e p.c. al Comando Supremo, prot. n. 2599, oggetto: Linea di condotta, f.to il Capo di Stato Maggiore Ambrosio, P.M.9, 13 febbraio 1942-XX; id., Comando 2ª Armata, Ufficio Operazioni, prot. n. 2343, segreto, oggetto: Linea di condotta, all’Eccellenza il Com.te del V, VI, XVIII, C.A., f.to il Generale di Corpo d’Armata Comandante Mario Roatta, P.M.10, 15 febbraio 1942-XX.

questioni politiche.

670 L’ostacolo principale rimaneva l’atteggiamento delle bande serbe nei confronti della popolazione croata e musulmana: gli italiani tolleravano le azioni dei četnici difendendoli da ustaša e domobranci e proprio per tale ragione le unità serbe si schieravano e agivano a ridosso dei presidi italiani, a Glamoč, Bosansko Grahovo, Dervar, Bosanski Petrovac, Bosanska Krupa, Bosanski Novi, Sanski Most, Ribnik, Mrkonjić-Grad e l’area di Manjača. 671

Alla fine del 1942 il maggiore Đurić, uomo di Mihailović al comando di una formazione di četnici di circa cinquecento elementi nella regione di Roca, mise emissari del generale serbo, il colonnello Milutin Radniević ed il tenente Dragan, in contatto con un inviato militare italiano. Il fiduciario italiano apprese le intenzioni del capo nazionalista serbo (o presunte tali): secondo Mihailović con la guerra che volgeva a favore degli Alleati dopo gli sviluppi in Africa settentrionale e in Russia l’Italia sarebbe stata costretta quasi certamente alla resa in breve tempo e a chiedere una pace separata. In tal modo la Jugoslavia sarebbe stata ricostituita così come era prima del marzo 1941: qualunque intesa dei četnici con i militari italiani per la lotta al comunismo non avrebbe quindi posto in pericolo l’obiettivo ultimo della ricostituzione dello Stato jugoslavo. Mihailović era intenzionato ad accordarsi con le truppe italiane nei Balcani per impegnarle assieme alle formazioni nazionaliste serbe nella campagna contro il bolscevismo, per impedire alla Russia la costituzione di una federazione tra Stati balcanici che raggruppasse sotto la sua sovranità i popoli slavi del sud. Era tuttavia evidente che la possibilità di contatti con Mihailović, se non connessa a strategie anti-comuniste, fosse ormai superata dagli avvenimenti in corso e dalla certezza di una vittoria alleata.672

Nel 1943 la situazione si aggravò non solo per la maggiore audacia delle formazioni partigiane e per l’estendersi della loro propaganda tra la popolazione ma anche per la sistematica organizzazione delle forze četniche. Poiché ciò avveniva in buona parte in territori occupati o controllati dalle truppe italiane, da più parti fu manifestata una certa preoccupazione per l’atteggiamento da queste assunto. Alcune bande serbe armate e inquadrate dal comando della 2ª Armata erano state trasformate in una sorta di milizia ausiliaria, la Milizia Volontaria Anticomunista (MVAC), del tutto dipendente dal Comando della 2ª Armata (milizie volontarie furono reclutate, seppure in minor parte, anche tra cattolici e

670 Ibidem, b. 58, fasc. 1, 2ª Armata, Carteggio sulle operazioni antipartigiane in collaborazione con i tedeschi e i croati nella primavera 1942 in Croazia (Bosnia), Comando 2ª Armata, Ufficio Operazioni, all’Eccellenza il Generale Bader Comandante il “Kampf Gruppe Bader” Belgrado, prot. n. 6469, segreto, oggetto: Trattative coi “cetnici”, f.to il Generale Comandante Mario Roatta, P.M.10, 31 marzo 1942-XX. 671 E. Redžić, op. cit., p. 125. 672 AUSSME, M-3, b. 6, fasc. 1, Comando Supremo I Reparto – Ufficio Operazioni, Scacchiere Orientale, 4383, Notiziari del Generale Pièche, a Ministero degli Affari Esteri-Gab.A.P., oggetto: Pensiero di Mihajlovic, f.to generale Pièche, P.M.10, 21 dicembre 1942-XXI.

musulmani):673 Roatta riuscì a far accettare a Pavelić la loro formazione nell’ambito dell’accordo italo-croato del 19 giugno 1942 (vedi infra), in cambio del ritiro delle truppe italiane verso la costa. A quella data bande armate locali anti-comuniste già contribuivano con un certo successo alla lotta anti-partigiana nella provincia di Cattaro e nel resto della Dalmazia (Zara, Spalato) alle dipendenze del VI Corpo d’Armata.674

Le bande MVAC erano inquadrate da ufficiali italiani ed operavano in azioni combinate con i reparti dell’esercito: il governatore della Dalmazia chiese un ulteriore rifornimento di moschetti da distribuire in sostituzione dei fucili ex jugoslavi di cui erano armate. Lo Stato Maggiore dell’esercito espresse parere favorevole aggiungendo che erano già in corso assegnazioni di armi agli enti dipendenti; il Ministero della Guerra temeva tuttavia l’eventualità di armare bande poco fedeli e affidabili i cui gregari potessero con il tempo passare ai partigiani e portare nel loro campo le armi distribuite dai comandi italiani.675 Una certa garanzia sulla fedeltà delle bande era costituita da una serie di fattori, quali il controllo militare continuo, l’esclusivo utilizzo in territorio annesso, la presenza delle famiglie dei volontari in mani italiane; la diffidenza, tuttavia, seppur dissimulata, rimaneva forte. Nel luglio del 1942, secondo un rapporto della gendarmeria croata, risultava che a Trebinje era stata tenuta una riunione alla quale avevano partecipato alcuni capi delle formazioni anti-comuniste serbe, tra cui il pope ortodosso Vladimir Derić ed il noto ex giornalista Milan Šantić. Quest’ultimo aveva dichiarato che i serbi avevano in parte riacquistato la loro libertà e potevano circolare liberamente in diversi territori; sembrava che Mihailović avesse inoltre ordinato di usare gli italiani fino a quando fosse stato necessario e affermato che lo Stato croato non sarebbe mai stato riconosciuto dai serbi, nemmeno formalmente. I rapporti con gli elementi cattolici e musulmani sarebbero stati buoni fino all’inizio della lotta contro gli italiani, quando anch’essi avrebbero preso parte attiva nella stessa, con atti di sabotaggio. L’obiettivo finale fondamentalmente era la costituzione di una Grande Serbia, con l’esclusione dal territorio di musulmani e cattolici, obiettivo da raggiungere – secondo quanto riferito – utilizzando le forze anti-comuniste, che avevano fornito già buone prove nella lotta contro i partigiani. Pur non sottovalutando il problema della fedeltà

673 Sull’organizzazione delle MVAC si veda D Rodogno, op. cit., p. 376 e ss.; S. Fabei, La “legione straniera” di Mussolini, pp. 149-186. 674 AUSSME, H-1, b. 39, fasc. 15, Bande anticomuniste nei Balcani dal 4 maggio al 30 dicembre 1942, Il Governatore della Dalmazia, all’Eccellenza il Generale di Divisione Antonio Scuero Sottosegretario di Stato Ministero della Guerra, prot. n. 19 G.M. 10071, f.to Bastianini, Zara 3 giugno 1942-XX. 675 Ibidem, Ministero della Guerra, Gabinetto, Promemoria per il sig. capo di gabinetto, Roma 20 giugno 1942-XX; id., Ministero della Guerra, Gabinetto, Moschetti 91 per bande anticomuniste della Dalmazia, Roma 21 giugno 1942-XX.

delle bande anti-comuniste, il comando della 2ª Armata riteneva tuttavia che le notizie fornite dalla polizia croata fossero artificiosamente esagerate allo scopo di far apparire ai militari italiani i volontari serbi come pericolosi nemici, anziché collaboratori nella lotta per l’annientamento del comunismo.

676

Anche nell’Erzegovina le MVAC che affiancavano le truppe italiane avevano contribuito alla repressione anti-partigiana ed era stato proposto il loro ulteriore sviluppo, impiantando un sistema amministrativo delle bande stesse, non essendo più sufficienti la forma di premi e sussidi loro forniti come compenso. Le formazioni anti-comuniste si distinguevano in due categorie: “unità locali” (milizia paesana) di entità varia a seconda delle esigenze ambientali, per la difesa diretta dei centri abitati; e “unità d’impiego” (milizia attiva) di forma varia, per azioni dirette e di concorso con le truppe operanti. Le singole formazioni erano comandate da capi locali e da ex ufficiali jugoslavi che, già internati in campi di prigionia, erano stati dimessi su richiesta del comando italiano. I compensi elargiti inizialmente variavano da somme in denaro a somministrazione di viveri e vestiario: fu quindi avviato un sistema amministrativo uniforme che garantisse pari trattamento nei pagamenti e nella consegna dei viveri alle diverse formazioni presenti nello Stato Indipendente Croato e in Montenegro, per eliminare cause d’attrito. Le formazioni operavano agli ordini diretti dei comandi di divisione nel cui territorio di giurisdizione erano dislocate. Nel luglio del 1942 la forza delle formazioni si aggirava sui novemila uomini ma l’intenzione era quella di incrementarla ulteriormente portandola a circa quindicimila.677 Alla fine dell’estate fu proposto uno schema di bando da far approvare a Mussolini con il quale si sarebbe provveduto ad una forma di legalizzazione della costituzione delle formazioni irregolari nel territorio occupato e del trattamento economico da corrispondere ai componenti delle stesse.678

676 AUSSME, M-3, b. 69, Nazionalizzazione dei beni degli ebrei, Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia (2ª Armata), Ufficio Affari Civili, Stralcio dei notiziari del VI Corpo d’Armata, nn. 454-455 rispettivamente in data 3 e 4 corrente, Trebinje, P.M.10, 9 agosto 1942-XX. 677 Ibidem, H-1, b. 39, fasc. 15, Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia, Ufficio Informazioni, a Ministero della Guerra-Gabinetto, prot. n. I/11814, oggetto: Formazioni anticomuniste nei territori della Croazia occupata, f.to il Generale Comandante designato d’Armata M. Roatta, P.M.10, 22 luglio 1942-XX; id., Ministero della Guerra-Gabinetto, Formazioni anticomuniste nei territori della Croazia occupata, f.to il Sottosegretario di Stato A. Scuero, Roma 30 luglio 1942-XX; id., Ministero delle Finanze, Ragioneria gener. dello Stato – Ispett. gen. per gli ord. del pers., a Ministero della Guerra-Gabinetto, prot. n. 256761, oggetto: Formazioni anticomuniste nel territorio della Croazia, f.to il Ministro Revel, Roma 11 agosto 1942-XX. 678 Ibidem, a Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia, prot. n. 54152/76.5.14/5, oggetto: Trattamento economico formazioni armate anticomuniste, costituite nei territori della Croazia presidiati dalle forze armate italiane, f.to il Sottosegretario di Stato A. Scuero, P.M.10, Roma 29 agosto 1942-XX. Per la bozza del bando si veda id., Bando del Duce concernente la costituzione ed il trattamento

Il Comando Supremo tuttavia, consultata la Commissione consultiva per il diritto di guerra, sostenne che la questione della sistemazione amministrativa delle formazioni in questione non fosse da disciplinare mediante bando, bensì – come proponeva la stessa commissione – tramite provvedimenti interni del Comando Superiore Slovenia-Dalmazia e del Ministero della Guerra.679 Un provvedimento di tal genere, infatti, destinato ad avere efficacia anche fuori dal territorio italiano, avrebbe dovuto avere come presupposto l’appartenenza – e quindi l’inquadramento – dei reparti suddetti nelle forze armate italiane. Poiché non sembrava fosse questo l’intendimento delle autorità interessate, appariva indispensabile che l’organizzazione delle “unità d’impiego” e delle “unità locali” irregolari fosse disposta con provvedimenti dell’autorità militare italiana, che esercitava direttamente il controllo nel territorio croato presidiato. Lo schema di bando fu pertanto accantonato e l’organizzazione disciplinare e i criteri d’impiego dei reparti irregolari divennero formalmente oggetto dei provvedimenti e dei comandi di divisione italiani, mentre il trattamento economico avrebbe seguito specifiche direttive del Ministero della Guerra al Comando Supremo.680 La commissione consultiva aggiungeva inoltre di ritenere ammissibile dal punto di vista giuridico la costituzione di reparti irregolari destinati ad operare nel territorio croato, con personale reclutato nel territorio stesso, ma non altrettanto la loro formazione nelle provincie annesse di Lubiana, Fiume, Zara, Cattaro e Spalato, dove erano state costituite ed erano ancora in corso di costituzione speciali formazioni territoriali anti-comuniste. Non appariva infatti giustificabile il ricorso a forze irregolari in un territorio soggetto alla sovranità italiana, nel quale, semmai, poteva farsi ricorso alla costituzione di corpi volontari che sarebbero dovuti entrare a far parte delle forze armate dello Stato. Non si trattava quindi di estendere alle bande nel territorio annesso il sistema di trattamento economico e in generale la condizione amministrativa delle bande costituite nel territorio croato,

economico delle formazioni armate anticomuniste nei territori del Regno di Croazia presidiati dalle forze armate italiane. 679 Ibidem, Comando Supremo, III Rep., Ufficio Aff. Generali, a Ministero della GuerraGabinetto e p.c. a Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia (2ª Armata), prot. n. 2862/ag. risposta al foglio del 29/8/42 n. 53541/76.5.14/5, oggetto: Trattamento economico formazioni armate anticomuniste, f.to il Capo di Stato Maggiore Generale, P.M.21, 27 settembre 1942-XX; id., Ministero della Guerra-Gabinetto, a Direzione Generale Servizi Amministrativi, uff. trattamento economico pers. mobilitato, prot. n. 60609/76.5.14/5, oggetto: Trattamento economico formazioni armate anticomuniste, f.to d’ordine il Capo di Gabinetto E. Magliano, Roma 1 ottobre 1942-XX. 680 Ibidem, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione Consultiva per il Diritto di Guerra, a Comando Supremo-III Reparto Ufficio Affari Generali, prot. n. 1110 dg., oggetto: Trattamento economico alle formazioni armate anticomuniste, f.to il Presidente della Commissione Grandi, Roma 11 settembre 1942-XX.

ma di prendere in esame – ove se ne fosse riconosciuta l’opportunità dal punto di vista militare – la costituzione di altri corpi volontari e la condizione giuridica degli appartenenti ai corpi medesimi.681 La commissione consultiva comunque, nonostante le riserve espresse, ammetteva la possibilità in presenza di condizioni eccezionali di attuare di fatto un provvedimento del genere che permettesse alle autorità preposte al mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza militare –con il consenso degli organi politici centrali – la formazione di milizie irregolari non facenti parte delle forze armate statali. Il ministero della Guerra, da parte sua, ravvisò, nella situazione delle province annesse, le particolari circostanze che consigliavano la costituzione delle formazioni in oggetto.682

Per le formazioni anti-comuniste organizzate dal comando della 2ª Armata furono prese in considerazione anche una serie di concessioni particolari, come ad esempio trattamenti di quiescenza privilegiati in caso di mutilazioni o invalidità riportate in guerra combattendo al servizio dell’esercito italiano (l’iniziativa incontrava il particolare favore del governatore del Montenegro).683 La questione fu sollevata nel dicembre del 1942 in seguito al ricovero negli ospedali metropolitani di un numero sempre maggiore di gregari delle formazioni anti-

681 Ibidem, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissione Consultiva per il diritto di guerra, a Comando Supremo-Affari Generali, prot. n. 1206 dg., oggetto: Trattamento economico formazioni armate anticomuniste nei territori annessi, f.to il Presidente della Commissione Grandi, Roma 6 ottobre 1942-XX. 682 Ibidem, Ministero della Guerra-Gabinetto, a Ministero dell’Interno-Gabinetto e p.c. a Presidenza del Consiglio dei Ministri-Gabinetto, a Comando Supremo-Ufficio Affari Generali (rif. lett. 3696 del 17/11/u.s.), prot. n. 74519/76.5.14, oggetto: Formazioni anticomuniste nelle provincie annesse, f.to il Sottosegretario di Stato A. Scuero, Roma 1 dicembre 1942-XXI; id., Presidenza del Consiglio dei Ministri-Commissione consultiva per il diritto di guerra, a Comando Supremo-Aff. generali, prot. n. 1365/dg, oggetto: Trattamento economico formazioni armate anticomuniste nei territori annessi, f.to il Presidente della Commissione Grandi, Roma 3 novembre 1942-XXI; id., Comando Supremo, 3° Reparto, Ufficio Affari Generali, a Ministero della Guerra-Gab. (rif. 58260/76.5.14/5 del 25/9/u.s.) e p.c. a Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia (2ª Armata), prot. n. 3696/ag., oggetto: Trattamento economico formazioni anticomuniste nei territori annessi, f.to il Capo di Stato Maggiore Generale Cavallero, 17 novembre 1942-XXI. 683 Ibidem, Ministero della Guerra-Gabinetto, a Comando Supremo-Uff. Ord. e Add. e p.c. allo Stato Maggiore R. Esercito-Uff. Ord., prot. n. 74517/76.5.14, oggetto: Formazioni armate anticomuniste organizzate da Supersloda e milizie nazionaliste montenegrine. Pensioni di guerra, il Sottosegretario di Stato A. Scuero, Roma 1 dicembre 1942-XXI; ibidem, b. 48, fasc. 10, Attività sovversiva in Montenegro dal 12 gennaio al 20 agosto 1943, Ministero della Guerra, Gabinetto, Formazioni anticomuniste organizzate da Supersloda e milizie nazionaliste montenegrine – Pensioni privilegiate di guerra, Roma 24 gennaio 1943-XXI; id., Ministero della Guerra, Gabinetto, Formazioni anticomuniste croate e milizie montenegrine – pensioni di guerra, Roma 27 marzo 1943-XXI.

comuniste dei territori croati occupati e delle milizie nazionaliste montenegrine, che asserivano spettasse loro un premio in denaro per le ferite riportate.684

Come in parte accennato, in Bosnia-Erzegovina Mihailović poteva contare, in qualità di suoi rappresentati – sebbene decisamente autonomi – sul maggiore Baćović e su Jevđević, da cui dipendevano insieme a Trifunović le organizzazioni MVAC al servizio degli italiani, ma in Lika erano attivi anche Radmilo Grgić ed un altro dei capi delle formazioni četniche inquadrate dagli italiani ed attive nel distretto di Knin: il sacerdote ortodosso Momčilo Đujić, decorato da re Petar con la Stella dei Karađorđević con spade – la più grande onorificenza concessa dal governo jugoslavo a Londra – per il valore militare ed il merito dimostrato contro il nemico, nonostante il pope avesse smentito la notizia del conferimento. Il gruppo di Đujić, le MVAC Dinara, operava in coordinamento con l’attività svolta dal comando della Divisione Zara nei settori di Knin, Obrovazzo e Chistagne, in funzione antipartigiana, ma risultava pienamente indipendente nelle questioni di reclutamento ed autonomo nell’attività operativa, sia pure inquadrata nell’azione della divisione italiana.685

Il principale timore dei tedeschi era un eventuale tentativo di emissari britannici per una vasta opera di organizzazione di četnici e partigiani con un’intesa che permettesse la formazione di un unico fronte ribelle. Così avevano sciolto analoghe formazioni armate dipendenti da Nedić e insistevano affinchè uguali misure fossero prese dai comandi italiani.686 Lo stesso chiedeva a Roma il ministro croato Perić intervenendo presso il Ministero degli Affari Esteri e presso il generale Cavallero in merito alla pericolosa collaborazione tra le autorità militari italiane e i četnici della seconda zona, svolta senza partecipazione delle autorità di Zagabria: il ministro croato sottolineò le relazioni di Mihailović con i nemici dell’Asse e come i četnici più che impiegare le proprie forze contro i partigiani, si abbandonassero al massacro ed all’annientamento della popolazione croata, come era avvenuto nei pressi del fiume Neretva e nella Bosnia meridionale (solo a Prozor tra il 9 ed il 15 ottobre 1942 avevano ucciso più di cinquecento persone). Perić, in relazione alla decisione di sostituire alcuni reparti italiani della seconda zona con reparti di četnici, richiamò l’attenzione sulle possibili conseguenze, ricordando gli eccessi in cui si erano lanciati circa seimila četnici giunti dalla Serbia

684 Ibidem, b. 39, fasc. 15, Ministero della Guerra-Gabinetto, al Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia, prot. n. 74516/76.5.14, oggetto: Formazioni anticomuniste e milizie nazionaliste. Premi per ferite riportate al servizio dell’Italia, f.to d’ordine il Capo del Gabinetto E. Magliano, Roma 1 dicembre 1942-XXI. 685 ASDMAE, b. 1496 (AP 31), a Comando Generale M.V.S.N., Servizio Politico e Ufficio Coordinamento Roma, 828/2/1, Comportamento dei cetnici della zona di Knin ed atteggiamento delle autorità militari italiane verso di essi, 17 giugno 1943-XXI. 686 AUSSME, M-3, b. 20, fasc. 11, Ministero degli Affari Esteri, Gab.A.P., Appunto per l’Eccellenza il Ministro, Roma 2 gennaio 1943-XXI.

e dal Montenegro nei territori di Knin e Gračac e evidenziandone gli atteggiamenti anti-croati e anti-italiani. Sembrava infatti che il gruppo di četnici avesse anche dichiarato, dinanzi a diversi ufficiali e soldati italiani, di attendere lo sbarco inglese e l’arrivo di re Petar, cantando canzoni oltraggiose verso la Croazia, il Poglavnik, l’Italia e il Duce. Anche a Vrlika, Markovac (distretto di Knin), Kanjani e Lunić (distretto di Dernis), e ancora a Foča (agosto 1942, circa tremila persone prevalentemente musulmane) dopo il ritiro dei militari italiani e la consegna dei poteri ai četnici, questi si erano dati al massacro della popolazione croata.687

Il comando della 2ª Armata il 15 ottobre 1942 sottoscrisse a Zagabria l’accordo con il quale riconosceva la necessità di disarmare gradualmente i četnici e di allontanare i loro capi provenienti dal territorio non croato collocando le forze serbe dietro la linea Stolac-Nevesinje-Ravno: secondo l’accordo i reparti dell’esercito croato avrebbero sostituito le guarnigioni fino a quel momento tenute dai četnici. Ciò non impedì tuttavia al comando italiano di tenere in considerazione le bande serbe per alcuni compiti specifici ed in seguito alla decisione di ritirare alcuni reparti italiani dalla seconda zona propose al governo croato di affidare ai četnici provenienti dall’Erzegovina meridionale (circa duemila) il controllo dell’importante linea ferroviaria Ogulin-Gračac. Il governo croato si oppose alla proposta, disposto al più ad acconsentire che alcuni reparti di četnici fossero organizzati e collocati a sud della Lika per formare presidi militari sotto il comando degli ufficiali italiani, fino a quando Zagabria non fosse stata in grado di sostituire i gruppi serbi con il proprio esercito. Quando il governo croato come da accordi inviò nell’Erzegovina meridionale una brigata di domobranci pronta a prendere il posto dei četnici, il generale Santovito, comandante della divisione italiana a Mostar, impedì ai croati l’accesso alle guarnigioni, con il pretesto di non aver ricevuto ordini in tal senso.688

L’intransigenza dimostrata dagli ambienti ufficiali croati nei confronti della collaborazione italo-četnica non corrispondeva tuttavia in pieno alla politica adottata dalle autorità croate nei confronti delle bande serbe: ciò fece seriamente sospettare alle autorità militari italiane che a Zagabria la preoccupazione principale fosse il consolidamento delle alleanze strategiche italo-serbe, piuttosto

687 Ibidem, Il Ministro di Croazia, all’Eccellenza Conte Ugo Cavallero Maresciallo d’Italia, Capo di Stato Maggiore Generale, f.to Dott. Stjepo Peric, Roma 29 dicembre 1942; id., Legazione di Croazia, a R. Ministero Affari Esteri Roma, Promemoria, Roma 2 gennaio 1943; id., Ministero degli Affari Esteri, Gabinetto, Appunto, Roma 3 gennaio 1943-XXI. In merito agli eventi di Foča si veda Z. Dizdar, M. Sobolevski, op. cit., pp. 305-309; S. Fabei, I cetnici nella Seconda guerra mondiale, pp. 119-121. 688 AUSSME, M-3, b. 20, fasc. 11, Il Ministro di Croazia, all’Eccellenza Conte Ugo Cavallero Maresciallo d’Italia, Capo di Stato Maggiore Generale, f.to Dott. Stjepo Peric, Roma 29 dicembre 1942; id., Legazione di Croazia, a R. Ministero Affari Esteri Roma, Promemoria, Roma 2 gennaio 1943; id., Ministero degli Affari Esteri, Gabinetto, Appunto, Roma 3 gennaio 1943-XXI.

che l’effettiva minaccia rappresentata dai gruppi četnici. Nel gennaio del 1943 il prefetto ed il comandante della divisione croata di Mostar – su ordini presumibilmente pervenuti dal governo centrale – convocarono a colloquio Jevđević per discutere l’eventualità di un accordo per la collaborazione delle forze anti-comuniste četniche con le autorità croate: condizione base era l’esclusione delle autorità italiane dalle trattative (a quest’ultime Jevđević dichiarò di aver respinto la proposta). L’iniziativa s’inquadrava nel programma di normalizzazione interna avviato da Zagabria con l’allontanamento dei Kvaternik dalla vita politica croata e proseguita con il passaggio della milizia ustaša alla diretta dipendenza del Ministero delle Forze Armate croato. La ricercata collaborazione con i četnici, qualora fosse stata raggiunta, avrebbe avuto il risultato di saldare uno dei più gravi elementi di frattura nell’auspicata omogeneità interna trasformando in una forza dello Stato le bande serbe nettamente ostili. L’accordo avrebbe inoltre sottratto all’influenza italiana le formazioni armate serbe valendo al governo del Poglavnik l’acquisto di un notevole prestigio e andando incontro ai voleri delle autorità tedesche che avevano già sottolineato il pericolo rappresentato dai četnici nell’eventualità di un’azione anglo-americana nei Balcani.689

Nel marzo successivo le bande četniche e le milizie anti-comuniste alle dipendenze del comando italiano arrivarono a contare circa trentacinquemila uomini (venticinquemila nei territori croati, il resto in quelli annessi). Il mese precedente i capi četnici convenuti a Spalato per i funerali di Trifunović avevano riaffermato l’orientamento anti-comunista del movimento e l’intenzione di proseguire l’azione contro i partigiani a fianco delle forze armate italiane, offrendo nuove convincenti manifestazioni di lealismo. Con l’inasprirsi della campagna di propaganda anti-Asse da parte della stazione radio Karađorđe – che presumibilmente trasmetteva dal Medio Oriente – i capi četnici avevano tenuto ad affermare esplicitamente che tale campagna non poteva essere espressione del pensiero di Mihailović che, a conoscenza della particolare situazione politica e militare dello Stato Indipendente Croato, non avrebbe preso posizione così netta e decisa contro le forze di occupazione italiane. La lotta delle formazioni četniche contro i reparti partigiani era la lotta suprema per la vita o la morte del popolo serbo e veniva assicurato che sarebbe proseguita fino a che l’ultimo combattente partigiano o agitatore comunista non fosse stato allontanato dalle terre serbe. L’esercito italiano aveva fornito alle organizzazioni serbe e alla popolazione un supporto fondamentale, che sarebbe passato alla storia come una delle più belle testimonianze della nobiltà del popolo italiano e della sua missione di cristiana civiltà. 690 Ai tentativi da parte di personalità

689 Ibidem, L-10, b. 38. fasc. 3, Stato Maggiore R. Esercito, Servizio Informazioni Esercito S.I.E., prot. n. Z/P – 32042, Promemoria, oggetto: Croazia – Contatti tra autorità croate e il capo cetnico On. Jevdjevic, f.to il colonnello Capo Servizio Edmondo de Renzi, 16 febbraio 1943-XXI. 690 Ibidem, M-3, b. 20, fasc. 11, Allegato n. 3, a Supersloda Sussa, f.to Radmilo Gricic, Abbazia 2 febbraio, 1943; id., Comando Supremo, Ufficio Operazioni-Scacchiere Orientale, Promemoria per

tedesche e croate per concludere accordi con i četnici, all’infuori dell’influenza italiana, Jevđević, con perfetta lealtà, aveva sempre messo al corrente i comandi italiani dei passi fatti verso di lui ed aveva sistematicamente opposto la pregiudiziale che nessun accordo era possibile senza la preventiva autorizzazione delle autorità italiane. Alle ripetute manifestazioni di corretta politica da parte dei capi četnici si affiancava l’azione militare delle formazioni della MVAC, che pur con gravi difficoltà, concorrevano efficacemente con le truppe italiane alla protezione del territorio occupato.691

Nonostante le assicurazioni dei capi četnici ed il ragguardevole apporto fornito fino a quel momento alla comune lotta anti-sovversiva, gli ufficiali italiani, tenendo ben presente l’atteggiamento dei četnici condizionato dagli eventuali rivolgimenti militari nei Balcani (intervento britannico), non trascurarono l’adozione di alcune misure intese ad assicurarsi il controllo delle bande serbe, come mantenere frazionate le diverse formazioni con stretto criterio territoriale, evitare la formazione di nuove unità e limitare il rifornimento di armi e munizioni allo stretto indispensabile. Era di particolare importanza evitare la riunione delle forze montenegrine ed erzegovesi con quelle delle Alpi Dinariche, della Lika e della Bosnia centrale, onde scongiurare che il complesso di forze acquistasse carattere unitario ed organico e potesse, successivamente, costituire il fulcro di appoggio per la ricostituzione della Jugoslavia.692 Lo Stato Maggiore italiano era ben consapevole degli orientamenti delle formazioni anti-comuniste. I capi serbi, pur con notevoli divergenze tra loro, erano tutti in contatto con Mihailović, a cui fornivano dettagliate notizie sulle operazioni in corso: a marzo il generale risultava aver assunto il comando diretto delle forze serbe dislocandosi a Kalinovik (circa cinquanta km a nord-est di Mostar), comando precedentemente affidato al maggiore Branko Ostojić, suo capo di Stato Maggiore. L’assunzione diretta del comando da parte di Mihailović era da mettere in relazione alla delicata situazione creatasi nella Bosnia meridionale e nell’Erzegovina in seguito all’offensiva sferrata dai partigiani nelle regioni abitate da serbo-ortodossi e all’indisciplina dei capi delle formazioni serbe che poco sopportavano di essere comandati direttamente da

il Capo di S.M. Generale, Movimento cetnico (rif. I/3677 in data 8 febbraio di Supersloda), 15 febbraio 1943-XXI. 691 Ibidem, Comando Superiore FF.AA Slovenia-Dalmazia (2ª Armata), Ufficio Informazioni, a Comando Supremo, prot. n. 1/3677, oggetto: Movimento cetnico, f.to il Generale di Brigata Capo di Stato Maggiore C. Primieri, P.M.10, 8 febbraio 1943-XXI. 692 Ibidem, Stato Maggiore R. Esercito, Servizio Informazioni Esercito (S.I.E.), prot. n. Z/P33551, Promemoria, oggetto: Ex Jugoslavia – Atteggiamento dei cetnici, f.to il Colonnello Capo Servizio Edmondo de Renzi, il Colonnelo Vice Capo Servizio V. Pasquale, 20 marzo 1943-XXI.

This article is from: