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4.5. Gli accordi di Zagabria, 19 giugno 1942

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Bibliografia

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4.5. Gli Accordi di Zagabria, 19 giugno 1942

Il Governo croato sollecitò l’avvio di colloqui per prospettare al governo di Roma il grave onere per l’economia e le finanze dello Stato rappresentato dall’alto numero di truppe italiane stazionanti nei territori occupati – in conseguenza degli acquisti che compievano e degli anticipi in kune che venivano corrisposti – e chiedere di rimettere in mani croate i poteri civili nella seconda zona.

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725 Nell’opportunità di una più stretta collaborazione tra truppe italiane e croate, considerata la guerriglia diffusa, veniva inoltre auspicata una maggiore cooperazione tra la milizia fascista e quella ustaša per la protezione delle linee ferroviarie e la creazione in alcune zone, sotto il controllo comune italo-croato, di bande armate volontarie.726 A maggio il ministro delle Finanze croato Košak incontrò Cavallero (capo di Stato Maggiore Generale) e Ciano. Košak fece riferimento all’esercizio dei poteri civili da parte del comando italiano e alle ripercussioni che ne derivavano nell’opinione pubblica croata; espresse inoltre il desiderio di Zagabria di una più stretta collaborazione tra truppe croate e italiane e l’utilità che venissero armati determinati elementi locali a protezione della popolazione.727 Cavallero e Ciano sostanzialmente ritenevano le richieste croate in linea con gli interessi militari italiani: per ottenere infatti un maggiore raggruppamento e disponibilità delle forze italiane si era dell’avviso di dover arrivare ad una riduzione graduale dei presidi della terza zona e di alcuni minori della seconda; anche per quanto riguardava i versamenti mensili di kune alla 2ª Armata, era opportuno tentare di ridurne l’ammontare, rappresentando una grave difficoltà per la finanza croata. Nelle regioni completamente sgomberate (terza zona) la lotta anti-partigiana ed il mantenimento dell’ordine pubblico sarebbero stati affidati alle autorità militari o di polizia croate, che avrebbero così avuto modo di dimostrare di essere pienamente e facilmente in grado di farvi fronte. Nella seconda zona, da cui sarebbero stati ritirati alcuni presidi italiani, allo scopo di concentrare le forze in vista di operazioni di assieme, le piccole azioni locali ed il mantenimento dell’ordine pubblico sarebbero stati affidati normalmente a truppe croate ed eccezionalmente a minori formazioni di milizia ustaša, tutte agli ordini dei comandi delle grandi unità italiane. Nella seconda zona l’impiego di formazioni

725 Sugli accordi del giugno 1942 si veda anche O. Talpo, Dalmazia, II, pp. 424-437; M. Dassovich, Fronte jugoslavo 1941-42, pp. 193-201; N. Kisić Kolanović, op. cit., 222-228; L. Monzali, cit., in F. Caccamo, L. Monzali, op. cit., pp. 102-108. 726 AUSSME, M-3, b. 48, fasc. 5-6, Comando Supremo, Accordi di Zagabria 19 giugno 1942, Chiarimento all’Accordo di Zagabria del 19 giugno 1942-XX. 727 A. Biagini, F. Frattolillo, Diario Storico del Comando Supremo, Vol. VII, Tomo II, doc. 39, 6 giugno 1942, pp. 98-102; ASDMAE, b. 1500 (AP 35), AG Croazia 4, gennaio-giugno 1942, Ministero degli Affari Esteri, Gab.A.P. Uff. Croazia, a Comando Supremo, telespresso n. 8/11823, oggetto: Colloquio con il ministro croato Kosak, f.to Ciano, Roma 19 maggio 1942-XX.

ustaša rappresentava una concessione più formale che sostanziale, lasciando poi l’attuazione delle operazioni militari e di polizia a Supersloda; nulla in contrario poi ad armare, sotto il controllo comune italo-croato, gli elementi sicuri di alcuni villaggi per metterli nelle condizioni di poter difendere le proprie case e famiglie, e la concessione della protezione di alcuni tratti ferroviari meno importanti della seconda zona a reparti croati – alle dipendenze dei comandi italiani – sia come protezione in luogo sia come scorta ai treni. Infine era noto come le autorità militari italiani esercitassero effettivamente nella seconda zona più che altro un diritto di veto e poteri grosso modo equivalenti a quelli propri di qualsiasi truppa operante: allo stato delle cose non si vedeva quindi nulla in contrario a passare alle autorità civili croate l’esercizio pratico di alcuni poteri. L’importante era mantenere alle autorità militari italiane, senza stabilire differenze tra le regioni effettivamente tenute militarmente e quelle non presidiate materialmente, i poteri propri delle truppe operanti mantenendo alle dipendenze italiane le autorità civili croate locali. In tal modo si sarebbe venuti in certa misura incontro ai desideri del governo croato senza mutare di molto lo stato di fatto delle cose.728

Il 1° giugno 1942, dopo l’esame delle richieste croate da parte del governo di Roma, si giunse ad una proposta di accordo tra i rappresentanti croati e Supersloda che prevedeva il graduale ritiro delle truppe italiane dalla terza zona (eccetto il presidio di Karlovac), il ritiro di alcune delle guarnigioni della seconda zona e la riconsegna di parte dei poteri civili ai croati. Supersloda di volta in volta avrebbe tenuto informato in tempo utile lo Stato Maggiore croato sull’eventuale ripiegamento di guarnigioni italiane, affinchè le autorità militari croate potessero intervenire, qualora lo avessero ritenuto necessario, con truppe proprie nelle zone abbandonate dagli italiani. Supersloda mantenne nella seconda e terza zona ampio potere di operazioni militari, come sul litorale e nelle isole (in concorso o meno con truppe croate), riservandosi il diritto di ripristinare presidi e di costituirne nuovi in caso di necessità militari o di ordine pubblico. L’accordo garantiva alle autorità croate l’amministrazione civile nella seconda zona, con l’obbligo di assicurare l’ordine pubblico nel modo più efficace – senza soprusi o rappresaglie verso le popolazioni civili – e di agire in stretta collaborazione con le autorità militari italiane sugli eventuali provvedimenti straordinari intrapresi (arresti o confinamenti di massa, requisizioni, restrizioni ecc.). In quest’ordine di idee avrebbe continuato a funzionare il Commissariato generale civile amministrativo croato presso Supersloda, al quale le autorità croate si sarebbero rivolte nel caso non fossero state d’accordo con le disposizioni italiane – comunque decisive ed

728 AUSSME, M-3, b. 48, fasc. 5-6, Comando Supremo, I Reparto, Ufficio Operaz. Scacch. Orient., a Ministero degli Affari Esteri-Gab.A.P.-Uff. Croazia-Roma, prot. n. 21706, oggetto: Colloquio col Ministro croato Kosak, f.to il Capo di Stato Maggiore Generale Ugo Cavallero, P.M.21, 22 maggio 1942-XX. Si veda anche A. Biagini, F. Frattolillo, Diario Storico del Comando Supremo, Vol. VII, Tomo II, Allegati, doc. 18, allegato n. 906 al Diario Storico, pp. 49-50.

esecutive – per un suo intervento chiarificatore presso il comando italiano. Le autorità militari italiane conservavano il diritto di veto nella seconda zona, ovvero la possibilità di indicare all’amministrazione civile croata, che avrebbe dovuto adeguarsi in conseguenza alle indicazioni, le misure giudicate non conformi agli impegni presi dal governo di Zagabria o pregiudizievoli per le operazioni militari e la pacificazione. I comandi italiani conservavano inoltre le ordinarie attribuzioni inerenti l’amministrazione della giustizia (tribunali straordinari e di guerra) e l’emanazione di bandi relativi all’ordine pubblico e all’imposizione di sanzioni e arresti nei confronti dei sospettati di crimini contro la sicurezza delle forze armate o di sabotaggi agli impianti industriali e alle ferrovie. Sarebbero rimaste di assoluta competenza delle autorità militari italiane le prescrizioni concernenti porto e detenzione di armi, munizioni, esplosivi e materiali bellici, coprifuoco, oscuramento, movimento e sosta dei civili presso le linee ferroviarie. Per quanto riguardava l’autorizzazione a circolare armati per gli ustaša della guardia personale del Poglavnik ed i funzionari di governo croato inviati per servizio nella seconda zona, dovevano essere muniti di un permesso equivalente ad un porto d’armi rilasciato dalla Missione militare italiana a Zagabria, o se residenti in altri centri, dai competenti comandi dei locali presidi italiani. Su tutta la costa continentale ed in tutte le isole croate rimanevano inoltre di esclusiva competenza italiana i provvedimenti riguardanti il traffico marittimo, la pesca ed il movimento in genere di natanti, nonché la protezione e difesa delle coste e isole e della navigazione. Nelle guarnigioni tenute da truppe italiane, situate sulla costa con esclusione dei conglomerati cittadini di Segna, Almissa e Ragusa, nelle regioni a dette guarnigioni legate dal punto di vista operativo e nelle isole, tali prescrizioni sarebbero state di competenza delle autorità militari italiane – ad eccezione delle città sede di prefettura – o vi sarebbero automaticamente passate in caso di rivolta interna o di imminenti operazioni militari. Le competenze delle autorità civili croate comprendevano invece le prescrizioni concernenti l’uso di apparecchi radio, l’impiego di automezzi, le limitazioni alla circolazione, i documenti di riconoscimento e lasciapassare, la disciplina di assembramenti per manifestazioni, fiere, mercati, cerimonie religiose e simili. In merito all’attuazione della limitazione della circolazione e dei documenti di riconoscimento e di lasciapassare il controllo, per coloro che entravano o uscivano dal territorio dei presidi italiani, sarebbe stato compiuto presso i posti di blocco italiani da personale croato addetto a tale particolare servizio. La quantità e la dislocazione delle truppe croate nella seconda zona, sia nelle guarnigioni abbandonate dalle truppe italiane sia in altre, oppure utilizzate in operazioni anti-partigiane, sarebbero state concordate tra lo Stato Maggiore croato e Supersloda, che ne avrebbe diretto anche l’eventuale impiego, mentre nella terza zona alle autorità militari croate veniva concessa più ampia libertà nel dislocare ed impiegare le proprie truppe come meglio si ritenesse opportuno. La situazione che sarebbe risultata dal ritiro delle guarnigioni italiane

sarebbe stata tenuta presente per determinare l’ammontare globale delle mensilità in kune da mettersi a disposizione di Supersloda da parte del governo croato.729

L’iniziativa fu approvata da Roatta, che aveva già proposto al governo di Roma il ritiro dalla terza zona per concentrare le forze a difesa delle terre annesse e di alcuni obiettivi nevralgici, come le miniere di bauxite nell’area di Mostar o la ferrovia del petrolio Fiume-Knin-Spalato. Analogamente a quanto già in atto nel campo civile-amministrativo per facilitare la collaborazione italo-croata presso Supersloda fu istituito un commissario generale militare croato responsabile delle relazioni con il comando italiano in merito alle questioni militari della seconda zona. Sarebbe stato gradualmente affidato a truppe croate agli ordini delle autorità militari italiane la protezione delle linee ferroviarie Karlovac-Ogulin-Knin e KninKonjic-Mostar (pur rimanendo Ogulin, Knin e Mostar presidi italiani). Nella seconda e terza zona sarebbe inoltre continuato sotto il controllo comune italo-croato il processo già ampiamente in corso di organizzazione di bande anti-comuniste alle dipendenze delle autorità militari italiane – mobili o con compiti di protezione locale e formate da elementi sicuri – che avrebbero riconosciuto e rispettato la sovranità dello Stato Indipendente Croato. Come per la popolazione civile le autorità croate si impegnavano che non venissero commessi soprusi o rappresaglie verso le bande anti-comuniste che, già formate sotto il controllo italiano, per effetto del ritiro delle guarnigioni fossero venute a trovarsi in regioni della seconda e terza zona presidiate unicamente da truppe croate. Presso le bande sarebbero rimasti ufficiali italiani di collegamento per il periodo ritenuto opportuno da Supersloda per facilitare il passaggio delle bande dalla dipendenza italiana a quella croata.730

Il trattato fu ufficialmente concluso a Zagabria il 19 giugno 1942 (Zagrebački sporazum) da Roatta, Pavelić e Lorković, con decorrenza dall’11 luglio. L’idea basilare dell’accordo era la pacificazione della popolazione e la normalizzazione della vita quotidiana: alla popolazione che si sarebbe mantenuta tranquilla sarebbero state garantite sicurezza personale e patrimonio. Il governo croato assumeva tutti i

729 AUSSME, M-3, b. 48, fasc. 5-6, Comando Supremo, Accordi di Zagabria 19 giugno 1942, Accordo tra lo Stato Indipendente di Croazia ed il Comando Supremo FF.AA. “Slovenia-Dalmazia”, 1° giugno 1942-XX; id., R. Missione Militare Italiana in Croazia, a Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia (2ª Armata), a R. Ministro d’Italia Zagabria, prot. n. 3243 S.M. Segreto, oggetto: Accordi di Zagabria 19 giugno 1942, f.to il Generale Capo Missione G. Oxilia, Zagabria 8 luglio 1942XX (allegate disposizioni emanate dal Ministro degli Interni Croato per l’esecuzione degli accordi in oggetto); ibidem, fondo L-14, Carteggio sussidiario S.M.R.E., b. 50, fasc. 1, Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia (2ª Armata), Ufficio Affari Civili, circolare n. 7000/AC. Segreto, Norme interpretative delle disposizioni per la tutela dell’ordine pubblico in relazione all’Accordo 19 giugno 1942XX, stipulato a Zagabria fra il Governo dello Stato Indipendente di Croazia ed il Comando Superiore FF. AA. “Slovenia-Dalmazia” (2ª Armata), f.to il Comandante Superiore Generale Mario Roatta, P.M.10, 1° luglio 1942-XX. 730 Ibidem.

poteri civili e militari nella terza zona, con diverse limitazioni nelle località dove sarebbero rimaste le guarnigioni italiane, assicurando l’adempimento degli impegni assunti dall’esercito italiano con la popolazione. La fine delle rappresaglie tuttavia rimase lettera morta e nella terza zona affidata alle autorità civili e militari croate, come nelle altre, la spirale di violenze e vendette non fu ridimensionata. Alla data dell’accordo gli italiani avevano già lasciato i presidi di Jastrebarsko, Bihać, Bosanski Petrovac, Glamoć, Bugojno, Prozor e Konijc; entro il 10 luglio sarebbero state abbandonate anche le guarnigioni di Dervar, Bosanski Grahovo, Livno, Tomislavgrad, Gacko e sarebbero stati ritirati i reparti di protezione ferroviaria a nord di Mostar. Successivamente Supersloda avrebbe sgomberato anche i presidi di Imotski, Stolac, Ljubinie, Nevesinje, Bileća.731 Rimanevano guarnigioni italiane nella seconda zona a Gospić, Ogulin, Knin, Mostar, Ragusa, Almissa e Segna: due giorni prima dell’entrata in vigore dell’accordo Pavelić inviò in queste località alcuni ministri ed esponenti ustaša (tra cui Košak a Ragusa, Žanić a Segna, Sušić a Ogulin, Artuković a Mostar) incaricati di indirizzare i prefetti sul trapasso dei poteri e l’adempimento delle intese italo-croate, nell’intento di evitare ogni genere di attrito con l’alleato italiano. Le direttive impartite dal Poglavnik tendevano ad evitare reazioni euforiche delle autorità e delle organizzazioni croate, nonché bruschi cambiamenti della linea di condotta verso la popolazione non cattolica. Onde evitare equivoci nell’applicazione pratica delle disposizioni da parte delle autorità croate dipendenti, il commissario generale amministrativo Vrančić il 10 luglio pregava Supersloda di voler considerare la modifica delle proprie norme interprative dell’accordo – divergenti rispetto a quelle del governo croato – in merito alle competenze dei tribunali a giudicare i delitti commessi da civili nella seconda zona. Le norme interpretative emanate dal comando italiano, infatti, non corrispondevano né alla lettera né allo spirito delle rispettive disposizioni dell’accordo, ove esse precisavano che i tribunali militari italiani erano competenti a giudicare i delitti contro le persone e le proprietà, gli attentati all’ordine pubblico o agli impianti industriali e ferroviari. Zagabria riteneva inconfutabile competenza dei tribunali civili croati il giudicare i reati commessi da civili nelle zone non presidiate da truppe italiane: se si aveva il dovere di mantenere l’ordine pubblico, si doveva avere anche il diritto di perseguire i perturbatori dello stesso. L’accordo inoltre anche nei propri presidi assegnava alle autorità militari italiane una determinata serie di competenze (porto d’armi, esplosivi ecc.) che non menzionavano il mantenimento dell’ordine pubblico, incombenza da dividere con le locali autorità

731 AUSSME, M-3, b. 48, fasc. 5-6, Accordo tra il governo dello Stato Indipendente di Croazia ed il Comando Superiore FF.AA. “Slovenia-Dalmazia”, f.to il Comandante Superiore delle FF.AA. Slovenia-Dalmazia Generale Mario Roatta, il Poglavnik dello Stato Indipendente di Croazia Dr. Ante Pavelić, Dr. M. Lorković, Zagabria 19 giugno 1942-XX. Riportato anche in A. Biagini, F. Frattolillo, Diario Storico del Comando Supremo, Vol. VII, Tomo II, doc. 83, Zagabria 19 giugno 1942, pp. 202-208; id., doc. 113, 24 luglio 1942, pp. 290-295.

civili croate così come le competenze a giudicare tali infrazioni sarebbero dovute appartenere ai tribunali della rispettiva autorità – italiana o croata che fosse –emanante l’ordinanza. Dunque non spettava più ai tribunali militari italiani il giudizio di tutti i delitti commessi contro l’ordine pubblico – come era avvenuto durante il pieno vigore del bando del 7 settembre dell’anno precedente – ma la competenza andava ridotta ai limiti dell’impegno delle autorità militari italiane per il mantenimento della sicurezza pubblica. Secondo il codice penale militare di guerra italiano – arrivava a sostenere il commissario generale croato – anche gli atti di ostilità alle truppe italiane sarebbero in realtà dovuti essere di competenza dei tribunali croati, se commessi da civili, trattandosi la Croazia di un Paese alleato e trovandosi le truppe italiane nel suo territorio in virtù di espressi accordi intervenuti tra i due governi. L’accordo di Zagabria determinava quindi chiaramente e senza dubbi le competenze dei tribunali militari italiani limitandole al giudizio di atti ostili alle truppe italiane e di quelli di non osservanza alle ordinanze emanate dalle autorità militari italiane; per tutto il resto erano invece competenti i tribunali croati. Il commissario croato chiedeva infine di inserire tra le categorie a cui sarebbe stato rilasciato il porto d’armi con validità permanente, oltre ai federali e ai vice-federali, anche i gerarchi ustaša distrettuali (logornici) e quelli comunali (tabornici).732

I giornali croati riportarono le disposizioni in merito all’esecuzione dell’accordo emanate dal Ministero degli Interni in un modo piuttosto ambiguo: veniva espressamente sottolineata l’autorizzazione concessa al movimento ustaša a dare pieno sviluppo alla propria attività su tutto il territorio della fascia costiera, nota in parte sottintesa ma non esplicitamente dichiarata negli accordi.733 Anche la notizia del ritorno dei poteri civili alle autorità croate nella zona occupata dalle truppe italiane fu data in una forma tutt’altro che chiara, in modo da far apparire l’avvenimento un successo del governo di Zagabria nei confronti dell’Italia: la zona in cui i poteri erano tornati alle autorità croate fu indicata vagamente in modo da dare l’impressione che si trattasse di tutto il territorio dello Stato e che le autorità militari italiane non esercitassero ormai alcun potere. Con la pacificazione della fascia costiera le autorità croate avrebbero assunto l’intera amministrazione civile ed il servizio di pubblica sicurezza nelle regioni dello Stato Indipendente Croato lungo la costa adriatica in cui, per evitare il pericolo di attacchi esterni, dalla fine del settembre 1941 i poteri civili erano stati assunti dalle truppe italiane.

732 AUSSME, M-3, b. 48, fasc. 5-6, Stato Indipendente di Croazia, Commisariato Generale Amministrativo presso il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia, n. 7247 1942, f.to il Commissario Generale Amministrativo, Sussak 10 luglio 1942. 733 Ibidem, R. Missione Militare Italiana in Croazia, a Comando Superiore FF.AA. SloveniaDalmazia (2ª Armata), a R. Ministro d’Italia Zagabria, prot. n. 3243 S.M. Segreto, oggetto: Accordi di Zagabria 19 giugno 1942, f.to il Generale Capo Missione G. Oxilia, Zagabria 8 luglio 1942-XX (allegate disposizioni emanate dal Ministro degli Interni Croato per l’esecuzione degli accordi in oggetto).

Misure, secondo l’accordo di allora, temporanee, previste per il tempo della durata necessaria per la protezione comune di tali regioni; dopo il miglioramento delle condizioni nella zona litoranea e le azioni delle truppe italiane condotte con successo alla scopo di pacificare l’area e annientare le forze partigiane – a cui avevano partecipato anche le forze armate croate – si era giunti ad un nuovo accordo che assegnava il mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica al dovere solidale delle autorità militari italiane e di quelle civili croate. Nei comunicati dei giornali croati venivano quindi tralasciati dettagli di non poca importanza, dal momento che non si faceva menzione alcuna, ad esempio, del diritto di veto italiano sulle decisioni delle autorità civili croate.734

Nel corso dell’estate, dunque, le truppe italiane si disimpegnarono progressivamente dai territori dello Stato croato, concentrando le proprie forze a difesa delle zone costiere annesse e lasciando le altre in mano alle truppe croate e ai četnici, incapaci di resistere ai partigiani. Il disimpegno italiano decretò la perdita del controllo effettivo sul territorio compromettendo lo sfruttamento economico dell’area, le cui vie di comunicazione rimasero insicure, ed in generale il proseguimento delle operazioni anti-partigiane, mai decisive e limitate al costringere Tito e i suoi uomini a spostarsi in continuazione all’interno dei territori dello Stato croato. A Mostar secondo indiscrezioni da parte di ufficiali croati, in seguito alle azioni partigiane di luglio a Hadžići, Konjic e Prozor, il generale Lukić, comandante del III Corpo d’Armata croato di Sarajevo, accusato dagli ambienti militari cittadini di essere responsabile, con la sua faciloneria, dell’avvicinamento e dell’organizzazione dei gruppi partigiani a soli quindici-venti km dalla città, era stato richiamato a Zagabria, per fornire spiegazioni in merito ai fatti. Sembrava che la partenza della Taurinense fosse stata voluta dallo stesso Lukić, il quale interpellato in merito dal generale tedesco Fortner, aveva detto di assumersi la responsabilità di occupare ed organizzare le zone sgomberate dagli italiani. Il colonnello Prohasca, che aveva sostituito Lukić nel comando del corpo d’Armata, aveva sempre espresso il pensiero che da soli i croati non avrebbero potuto fare nulla nella Bosnia meridionale, dove occorreva la presenza di truppe italiane e particolarmente di quelle alpine. La sostituzione del generale Lukić, che andava inoltre subendo l’influenza del colonnello Francetić e degli ufficiali ustaša che facevano parte del suo Stato Maggiore, doveva essere considerata una punizione inflittagli dal Comando Supremo croato.735

Supersloda effettuò un’ulteriore serie di operazioni per la riconquista dei territori caduti in mano ai partigiani. Nello Stato Indipendente Croato al di là della

734 Ibidem, Fonogramma n. 3459 da Missione Italiana Zagabria at Comando XI Corpo d’Armata per Eccellenza Roatta, f.to Generale Oxilia, Zagabria 20 luglio 1942-XX, ore 23.20. 735 Ibidem, M-3, b. 69, Nazionalizzazione dei beni degli ebrei, Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia (2ª Armata), Ufficio Affari Civili, Stralcio dei notiziari del VI Corpo d’Armata, nn. 454-455 rispettivamente in data 3 e 4 corrente, Mostar, P.M.10, 9 agosto 1942-XX.

linea di demarcazione, nella zona di pertinenza militare tedesca, esisteva un sistema di presidi costituito dal 90% delle forze croate, comprese quelle mobili dell’esercito e degli ustaša, mentre nella zona di pertinenza italiana le forze croate erano minime e di scarsa efficienza. Ne derivava che le forze tedesche non dovevano provvedere al presidio e alla difesa di determinate regioni, ma potevano attendere ad operazioni offensive con il concorso di forze mobili croate, usando i presidi di quest’ultime (quelli tedeschi erano pochissimi, limitati a zone che presentavano un particolare interesse minerario o industriale). Le forze italiane, invece, dovevano provvedere al presidio e alla difesa di vaste regioni, non presidiate dai croati, e che operavano offensivamente, da sole e senza l’appoggio di un’intelaiatura di presidi croati. Il comando della 2ª Armata avrebbe tentato di indurre lo Stato Maggiore croato ad aumentare e rafforzare i presidi della zona di pertinenza italiana, in modo da raggiungere una situazione simile alla zona tedesca.736

Furono avviate una serie di operazioni: a luglio la Velebit (Alpi Bebie, nordovest Knin, 16-24 luglio)737 effettuata dalla Divisione Sassari con il supporto di formazioni četniche e reparti domobranci e volta al rastrellamento dell’alta Dalmazia e della Lika meridionale; tra agosto e settembre l’operazione Albia, contro le forze partigiane asserragliate sui monti Albi (Biokovo), nel quadrilatero foce della Neretva-Baška Voda-Zagvozd-Metković. Nella zona era segnalata la presenza della 2ª Brigata proletaria e di un battaglione dalmata: le formazioni erano state solo in parte sconfitte durante le operazioni di rastrellamento eseguite intorno a Vrgorac nella primavera precedente e si erano riorganizzate rapidamente. L’obiettivo dei partigiani era riunirsi alle brigate che occupavano l’area tra Livno e Tomislavgrad per tagliare lo schieramento dei reparti italiani. La zona permetteva di affacciarsi al mare data la vicinanza del litorale, che una volta raggiunto, avrebbe permesso i collegamenti con le isole e le località della fascia costiera e con i mezzi di rifornimento marittimi.738 L’operazione portò all’uccisione di più di novecento partigiani, sbaragliando le forze avversarie. Ad ottobre seguì l’operazione Dinara, condotta da truppe italiane del VI Corpo d’Armata e četnici avanzanti da est verso Prozor all’estremo confine settentrionale dell’Erzegovina (fase Alfa) e dalle unità del XVIII Corpo d’Armata da ovest verso Livno (fase Beta), fino a ricongiungersi attorno a Tomislavgrad allo scopo di evitare ulteriori azioni di disturbo dei partigiani contro le attività di sfruttamento (tedesche) dei

736 A. Biagini, F. Frattolillo, Diario Storico del Comando Supremo, Vol. VIII (1.9.1942-31.12.1942), Tomo II, doc. 5, Roatta Comandante Superiore Forze Armate Slovenia-Dalmazia, Promemoria per Gandin, generale capo del I Reparto del Comando Supremo, 11 agosto 1942, pp. 13-14. 737 Ibidem, Vol. VII, Tomo I, 16-24 luglio 1942-XX. 738 AUSSME, M-3, b. 60, fasc. 4, Supersloda, 2ª Armata, Comando VI Corpo d’Armata, a Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia (2ª Armata), prot. n. 15300/Op., Segreto, oggetto: Operazioni “Albia”, P.M.39, 20 settembre 1942-XX. Si veda anche O. Talpo, Dalmazia, II, pp. 588-598.

giacimenti di bauxite e di lignite dei bacini di Mostar e Livno. Ad agosto avevano infatti assalito ed occupato la sede della direzione delle miniere, lasciando morti e feriti tra tedeschi e croati.739 L’utilizzo di četnici e MVAC nel corso dell’operazione insieme a reparti italiani e croati era stato discusso il 19 settembre da Roatta e Pavelić a Zagabria: solamente a nord-ovest di Mostar, alla data del 10 ottobre, Divisione Murge e bande anti-comuniste portarono ai partigiani più di seicento perdite, vittime dei duri combattimenti.740 I battaglioni MVAC contribuirono validamente al successo delle operazioni, rendendosi tuttavia responsabili di eccessi e violenze contro la popolazione locale, per lo più croata, come era avvenuto nel distretto di Stolac a settembre (incendio dei villaggi di Prenj e Hutonj). 741 Il commissario generale amministrativo faceva presente che nei dintorni di Mostar, i componenti delle MVAC a bordo delle autovetture italiane cantavano canzoni oltraggiose all’indirizzo del Poglavnik e dello Stato Indipendente Croato, sparando alla vista di popolazione croata.742 Dai dati raccolti risultavano fino a quel momento uccise nell’area da componenti delle MVAC almeno settantasei persone e una cinquantina di donne violentate, più saccheggi e rapine per circa cinque milioni di kune.743

Nonostante la strumentale politica filo-musulmana del regime, con le persecuzioni di serbi ed ebrei Pavelić perse gradualmente anche il sostegno della comunità musulmana bosniaca, timorosa di poter diventare il successivo obiettivo delle crociate confessionali ustaša. 744 I musulmani finirono con il costituire proprie unità di difesa locali, mentre i loro leader politici si rivolsero direttamente ai tedeschi proponendo l’autonomia della Bosnia da Zagabria e protezione dai nazionalisti serbi e dagli ustaša. Nel novembre del 1942 emisero un Memorandum indirizzato a Hitler con il quale veniva richiesto un intervento contro le attività ustaša nel territorio bosniaco, che avevano portato alla morte di numerosi musulmani, e si suggeriva di porre formazioni volontarie musulmane al diretto controllo tedesco. I notabili musulmani cercarono di porre la questione a Hitler in

739 A. Biagini, F. Frattolillo, Diario Storico del Comando Supremo, Vol. VII, Tomo I, 12 agosto 1942-XX, p. 904. 740 Ibidem, Vol. VIII, Tomo I, Scacchiere Croazia, 8 ottobre 1942-XX, p. 355; id., 10 ottobre 1942XX, p. 369. 741 HDA, 491, OUP, kut. 25, 1942 opći spisi 8936-10378, n. 9959, il Commissario Generale Amministrativo, Sussak 15 settembre 1942. Si veda inoltre M. Dassovich, Fronte jugoslavo 1941-42, p. 218. 742 HDA, 491, OUP, kut. 25, a Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia 2ª Armata, 10.359 2, oggetto: Eccessi e rapine delle M.V.A.C., il Commissario Generale Amministrativo, Sussak 14 ottobre 1942. 743 Ibidem, kut. 27, 1942 opći spisi 11003-12150, a Comando Superiore FF.AA. SloveniaDalmazia, 2ª Armata, 11.191 2, il Commissario Generale Amministrativo, Sussak 10 ottobre 1942. 744 P. Adriano, G. Cingolani, op. cit., p. 275.

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