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3.6. Gli incontri di Zagabria, Abbazia e Venezia

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a truppe e presidi Orazi cadde in un agguato partigiano al ritorno da Ervenik. La risposta del governatore fu immediata e indiscriminata – fucilazioni, incendi di abitazioni, deportazioni – con una rapida ritorsione condotta da più di trecento camicie nere della 107ª Legione di Zara, spesso utilizzate da Bastianini per l’ordine pubblico nei territori annessi, con grande rabbia della popolazione locale.548 Le azioni di rastrellamento si protrassero per tutta l’estate fuori e dentro i territori annessi, tra le più incisive quella tra fine agosto e inizio settembre nella zona di Makarska, a sud-est di Spalato, effettuata da reparti delle divisioni Bergamo e Messina, in cui furono inflitte quasi mille perdite alle forze partigiane catturando materiale, armi e munizioni.549

3.6. Gli incontri di Zagabria, Abbazia e Venezia

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In seguito all’avanzata delle truppe italiane nella terza zona Ciano iniziò una frenetica attività volta a rinsaldare i rapporti tra le autorità militari italiane e l’alleato ustaša, cercando di ripristinare la supremazia della politica ufficiale di Roma su quella pragmatica della 2ª Armata. Furono avviati una serie d’incontri: 26-27 ottobre a Zagabria (Pietromarchi-Pavelić), 15-16 novembre ad Abbazia (Opatija) e 15-16 dicembre a Venezia, in un momento, peraltro, in cui Pavelić sembrava sempre più esposto ad un condizionamento da parte della corrente filotedesca del partito, guidata dai due Kvaternik e decisamente sostenuta anche dai ministri Puk e Lorković. 550 Ciano si impegnò con i rappresentanti croati a far sì che non venisse ridimensionato drasticamente il ruolo delle autorità croate nella terza zona e che fosse data la possibilità ad alcune formazioni della milizia ustaša di svolgere una funzione di gendarmeria ausiliaria.551 Il governo croato non poteva acconsentire che venisse disarmata la popolazione croata fuori dalla zona demilitarizzata, poiché v’era il rischio di attacchi di četnici e partigiani. Altrettanto impossibile riteneva ritirare gli ustaša dal territorio della terza zona: sul litorale, dal quale si erano già ritirate le milizie, c’erano migliaia di persone fuggite alle

548 Sulla morte del prefetto Orazi si veda D. Gizdić, Dalmacija 1942, pp. 258-261. 549 A. Biagini, F. Frattolillo, Diario Storico del Comando Supremo, Vol. VII, Tomo I, 3) Scacchiere Croazia, 27 maggio 1942-XX, pp. 205-206; id., 31 agosto 1942-XX, p. 1109; ibidem, Vol. VIII, Tomo I, 3) Scacchiere Croazia, 1 settembre 1942-XX; id., 3 settembre 1942-XX, p. 23. 550 ASDMAE, b. 1493 (AP 28), Ministero dell’Interno, Ispettore Generale di P.S. Verdiani, Zagabria 14 novembre 1941-XX. Cfr. anche E. Gobetti, L’occupazione allegra, p. 90. 551 M. Dassovich, Fronte jugoslavo 1941-42, p. 75.

aggressioni dei četnici, che l’esercito italiano non aveva potuto tutelare sufficientemente.

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A Dervar intanto rientravano popolazione civile e militari croati fatti prigionieri dai četnici e liberati dalle truppe italiane.553 Il 2 novembre Mussolini comunicava ad Ambrosio che, nel rispetto delle autorità croate, la normalizzazione dell’area occupata doveva avvenire con spirito di amichevole collaborazione con i croati ad ogni livello di governo, evitando assolutamente di assumere un atteggiamento filo-serbo, come spesso accadeva tra i militari italiani. Anche i rappresentanti italiani a Zagabria continuarono a fare pressioni su Ambrosio affinché i comandi militari limitassero al minimo il sostegno alle bande serbe. Il comandante della 2ª Armata accolse malvolentieri le sollecitazioni impartitegli, ma si adeguò al tentativo di miglioramento dei rapporti italo-croati. Per non pregiudicare le fragili tregue locali raggiunte, però, i generali italiani pur dimostrandosi disponibili nei confronti degli ustaša continuarono a mantenere buoni rapporti con i capi serbi. Inoltre Ambrosio proibì rigorosamente che la confisca e la vendita di beni appartenenti ad ortodossi venisse applicata nella zona demilitarizzata. 554 La crisi dell’apparato logistico della 2ª Armata spinse buona parte degli ufficiali italiani a considerare l’ipotesi di un ripiegamento e lo stesso Ambrosio iniziò a ritenere necessaria una riduzione delle forze impegnate nello scacchiere balcanico, al fine di concentrarsi prevalentemente nella difesa della fascia adriatica annessa.

Il 13 novembre il segretario di Stato del Ministero degli Esteri Vjekoslav Vrančić comunicava al comando della 2ª Armata che a Josipdol, Plaški, Otočac e altre località, molti croati erano stati arrestati dalle autorità militari italiane, in alcuni casi su denuncia dei serbi, che andavano vantandosi del sostegno ricevuto dagli ufficiali italiani. Dello stesso avviso il commissario Karčić, che inviava un comunicato simile il giorno successivo: le fucilazioni compiute e gli ulteriori arresti avevano infatti prodotto a Zagabria e altrove un certo allarmismo e la diffusione di notizie preoccupanti, dal momento che gran parte degli arresti era avvenuto per il possesso di armi, non consegnate alle autorità italiane dalla popolazione croata per timore di incorrere nelle aggressioni dei četnici. Anche il caso della condanna a morte di due ustaša di S. Pietro di Brazza, trovati in possesso di armi, contribuì ad

552 HDA, 227, MVP NDH, kut. 4, a Sua Eccellenza il Generale Comandante designato d’Armata V. Ambrosio, n. 1670/41, il Commissario Generale Amministrativo Dr. Karčić, Sussak 17 ottobre 1941. 553 AUSSME, fondo H-9, Carteggio del Capo del Governo, b. 11, Promemoria per il Duce, 9 novembre 1941-XX; HDA, 491, OUP, kut. 2, Promemoria giornaliero n. 15 del 3/X/41, f.to il Commissario Generale Amministrativo. 554 HDA, 227, MVP NDH, Zagreb (1942-1945), kut. 5, Politički odjel, odsjek za Romanske zemljie Italije, 1941/668-3561 bb., Comando Divisione di Fanteria Marche, Sezione Operazioni e Servizi, ai prefetti di Ragusa e Mostar, prot. n. 1171, oggetto: Confisca e vendita di beni appartenenti a persone ortodosse, f.to il Generale Giuseppe Amico, P.M.32, 1 novembre 1941-XX.

allarmare sensibilmente la popolazione locale e gli ambienti di governo.555 Gli agenti italiani a Zagabria continuavano a rilevare il disordine croato e l’inconsistenza del regime ustaša, che si era prodigato esclusivamente in provvedimenti inadeguati ed arresti ed esecuzioni sommarie determinate da antipatie personali, interessi e clientele.556

I croati arrivarono all’incontro di Abbazia del 15-16 novembre con una lunga serie di recriminazioni, soprattutto in merito al fatto che gli italiani, pur avendo insediato al potere Pavelić, spingendosi militarmente fino all’interno dello Stato croato, avevano finito con il danneggiare la sovranità del regime di Zagabria. Chiesero quindi la restituzione dei poteri civili nella seconda zona: l’obbligo imposto alle autorità civili croate di chiedere di volta in volta al comando della 2ª Armata l’autorizzazione a mezzo del Commissario generale amministrativo per gli atti più importanti era causa di gravissimi ritardi che paralizzavano di fatto l’amministrazione croata. La situazione tuttavia era a tal punto critica da imporre ai delegati croati una politica concreta che risolvesse i problemi del momento senza indugiare su questioni di legittimità di governo e così si dimostrarono ben più arrendevoli di quanto fossero apparsi inizialmente nell’accettare le proposte italiane, che prevedevano l’adesione delle autorità croate all’emanazione di un’amnistia generale necessaria alla pacificazione delle popolazioni e la concessione di garanzie di sopravvivenza ai serbi che fossero tornati ai loro villaggi, per evitare che il malcontento portasse alla diffusione dell’agitazione partigiana.557 In cambio del consenso croato venivano confermati gli impegni presi da Ciano in merito al ruolo delle formazioni ustaša sul territorio occupato.

Ad Abbazia non venne minimamente affrontata la questione, sempre più preoccupante per il governo di Roma, dell’invadente presenza tedesca nello Stato croato, confermata nuovamente il 19 novembre a Mussolini da Casertano: urgeva un chiarimento con Berlino sulle reali intenzioni della Germania, cosa che avvenne alla riunione dei rappresentanti degli Stati aderenti al Patto Anti-Comintern del 24-26 novembre convocata nella capitale tedesca. Ribbentrop ribadì a Ciano che da parte tedesca nulla era cambiato rispetto agli accordi di Vienna e che lo Stato Indipendente Croato rimaneva una zona d’influenza italiana, ma il ministro italiano, malgrado tutto, non si sentì rassicurato.

555 Ibidem, 491, OUP, kut. 2, all’onorevole Comando II. Armata E.I. sede, Susak, 13-IX-1941; id., all’onorevole Comando II. Armata E.I. sede, Susak, f.to il Commissario Generale Amministrativo Karčić, 14-IX-1941. 556 ASDMAE, b. 1493 (AP 28), Ministero dell’Interno, Ispettore Generale di P.S. Verdiani, Zagabria 14 novembre 1941-XX. 557 AUSSME, M-3, b. 61, fasc. 5, Linea di condotta in Croazia, Comando 2ª Armata, Ufficio Operazioni, a Ufficio Operazioni Stato Maggiore Regio Esercito, prot. n. 810, oggetto: Politica croata nei territori della 2ª e 3ª zona, f.to Ambrosio, P.M.10, 15 gennaio 1942-XX.

La situazione alimentare nei territori croati rimaneva precaria per i deficienti invii di viveri da Zagabria, occorrenti agli immediati bisogni della popolazione, e la mancata costituzione di scorte o depositi per risolvere le difficoltà di approvvigionamento nell’inoltrata stagione invernale. In numerose località si verificavano aumenti continui e sensibili dei prezzi e nella maggior parte dei casi non si era verificata la riassunzione in servizio degli impiegati e dei lavoratori serbo-ortodossi. Permaneva la diffidenza nei confronti della kuna e sui mercati le contrattazioni, in molti casi, avvenivano con scambi di generi: nulla era stato fatto dalle autorità croate per concedere una proroga ai termini del cambio dei dinari e così coloro che rientravano ai propri paesi in base al precedente invito del governo croato si trovavano esposti anche a gravi sanzioni legali per detenzione di moneta fuori corso.558

Il 1° dicembre Casertano esprimeva severe critiche all’operato del capo delegazione del Partito nazionale fascista a Zagabria. Secondo Casertano Coselschi svolgeva un’attività

prevalentemente esteriore, superficiale e povera di risultati e nella capitale croata non riscuoteva simpatie, essendo considerato un comodo amico prodigo di gesti ed eloquenza ma scarso di conclusioni e prestigio. La sua presenza serviva ormai a quegli uomini politici croati favorevoli ad un’amicizia italocroata solamente a parole ma non nei fatti.559

Casertano proponeva quindi di richiamare Coselschi a Roma e sostituirlo con altro delegato.560

Si arrivò all’incontro del 15 e 16 dicembre a Venezia tra Ciano e Pavelić, terza fase dell’iniziativa diplomatica di chiarimento tra Roma e Zagabria. Il Poglavnik intendeva affrontare una serie di argomenti: l’esercizio dei poteri civili nei territori occupati della seconda zona, il regime della terza zona – dove i poteri che esercitava la 2ª Armata erano alquanto vaghi e poco definiti –, la collaborazione tra milizia fascista e milizia ustaša, le forniture militari richieste da Zagabria, la collaborazione

558 Ibidem, b. 48, fasc. 4, Comando 2ª Armata, Ufficio Affari Civili, Sintesi situazione politica, economica, finanziaria nella 2ª e 3ª zona dal 16 novembre (Accordi di Fiume) ad oggi, P.M.10, 9 dicembre 1941-XX; HDA, 491, OUP, kut. 12, 1942 opći spisi 1476-2098, Comando 2ª Armata, Ufficio Affari Civili, a Commissariato Generale Amministrativo dello Stato Indipendente di Croazia presso il Comando 2ª Armata, prot. n. 3423/A.C., oggetto: Situazione alimentare a Bos. Grahovo, a Ragusa ed a Mostar, f.to il Generale Comandante designato d’Armata V. Ambrosio, P.M.10, 4 dicembre 1941XX.

559 ASDMAE, b. 1493 (AP 28), R. Legazione Zagabria, a Gab.A.P. (U.C.), Segreto non diramare, telegramma n. 42966 P.R., f.to Casertano, Zagabria, 1 dicembre 1941-XIX. 560 Ibidem.

in campo agricolo e industriale. 561 Presenti anche il conte Giuseppe Volpi di Misurata, uomo d’affari ed ex ministro, Casertano, Pietromarchi ed il generale Ambrosio, mentre il seguito del Poglavnik era composto dai ministri Lorković, Košak, Puk e dal ministro a Roma Perić.562 Pavelić chiese che nella seconda zona venissero restituiti i poteri civili alle autorità croate e l’invio di urgente materiale bellico: la presenza delle truppe italiane nei territori d’occupazione aumentava inoltre i prezzi dei generi disponibili, piuttosto scarsi; Ciano, che aveva ricevuto disposizioni precise riguardo alle richieste del leader ustaša (chiederà molte cose ma so già che debbo rifiutargliele tutte),563 acconsentì alla proposta di rimandare l’insediamento di Aimone di Savoia sul trono croato. Fu inoltre richiesto da parte italiana il passaggio, senza limitazione, di merci dallo Stato croato alla Dalmazia e viceversa, fino a quando non fossero stati costituiti gli uffici misti di registrazione in via di organizzazione. Per determinare un crescente avvicinamento della Croazia all’Italia vi fu l’interesse all’introduzione dell’italiano accanto al tedesco quale lingua obbligatoria nelle scuole croate. Nel complesso con l’incontro di Venezia Ciano ebbe l’impressione – piacevole dal momento che Roma sembrava considerasse ancora il Poglavnik la via più sicura per l’influenza su Zagabria – di un rafforzamento della posizione politica di Pavelić, che descriveva in termini ottimistici la situazione dello Stato croato, purchè si reprimessero al più presto četnici e comunisti.564 La principale preoccupazione del governo di Roma era tuttavia capire se ci si potesse fidare delle assicurazioni tedesche riguardo l’influenza italiana in Croazia e Ciano non mancò di ribadirlo: se riprendessero a forzare la mano e a spingere innanzi la loro penetrazione, non ci rimane che ripiegare le bandiere e tornarcene a casa. 565

Al termine del 1941 va infine ricordata la mancata occupazione della Bosnia orientale, che avrebbe portato l’intero Stato Indipendente Croato sotto il controllo militare italiano. L’ipotesi era stata presa in considerazione dal Comando Supremo italiano già da qualche mese, ma non sarebbe stata realizzabile senza il consenso dei tedeschi, che detenevano il controllo sulla zona. La nuova avanzata, in un territorio in cui si concentrava peraltro la maggiore attività delle bande ribelli era la logica conseguenza dell’occupazione della terza zona e avrebbe rappresentato

561 Ibidem, b. 1495 (AP 30), Incontro Ciano-Pavelić, R. Legazione Zagabria, a Gab.A.P. (U.C.), telegramma n. 11765 R., f.to Casertano, Zagabria 11 dicembre 1941-XX; id., Gab.A.P. – Croazia, Appunto, Roma 14 dicembre 1941-XX. 562 Ibidem, b. 1168 (UC 52), fasc. 4, Verbale della riunione italo-croata svoltasi a Venezia lunedì 15 dicembre 1941-XX. 563 G. Ciano, 14 dicembre 1941. 564 ASDMAE, b. 1168 (UC 52), fasc. 4, Verbale incontro Ciano-Pavelić, Colloquio con il Poglavnik, Venezia 16 dicembre 1941-XX. 565 G. Ciano, 15-16 dicembre 1941.

una chiara affermazione del valore politico e strategico italiano.566 La situazione sembrò sbloccarsi quando proprio l’addetto militare tedesco a Roma, generale von Rintelen, avendo la Wehrmacht necessità di spostare anche le poche forze dislocate nei Balcani sul fronte russo, propose a Mussolini l’occupazione dell’intero Stato Indipendente Croato per ripristinare e mantenere l’ordine:567 l’offerta tedesca nasceva dalla sicurezza di aver raggiunto posizioni di controllo politico ed economico così inattaccabili da non poter essere minacciate dal passaggio dell’intero Stato croato al controllo militare italiano.568 La propaganda tedesca era diffusa attraverso libri e giornali e nel campo economico-finanziario e commerciale le attività tedesche approdavano rapidamente a risultati migliori di quelli ottenuti dall’Italia, con enti commerciali statali e parastatali efficienti in fatto di forniture, imprese, lavori. Alla germanofilia istintiva croata si aggiungeva l’azione capillare della Gestapo, mentre nei riguardi dell’Italia l’amicizia iniziale si era tramutata in aperta ostilità; verso i tedeschi v’era una manifesta ammirazione, riconoscenza e la speranza in un aiuto per attuare le rivendicazioni nazionali croate.569 La notizia del ritiro tedesco e dell’ulteriore dispiegamento delle truppe italiane su tutto il territorio statale allarmò il governo di Zagabria, che chiese a Glaise von Horstenau e Kasche di intervenire presso il governo di Berlino.570 A Ciano la proposta sembrò la conferma del riconoscimento dell’area all’influenza italiana:

I tedeschi ci hanno offerto di assumere il controllo territoriale-militare di tutto il Paese. Ciò è certamente dovuto alla necessità ch’essi hanno di ritirare le loro divisioni, perché in Russia l’inverno si annunzia duro e la Serbia dà molti grattacapi, ma prova anche che la Croazia è veramente considerata a Berlino quale nostro lebensraum.

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Le autorità politiche e militari italiane iniziarono a studiare un progetto di occupazione e il 18 dicembre Mussolini, Ciano e Casertano incontrarono Roatta, Ambrosio ed il generale Giovanni Magli (Comando Supremo), per discutere la proposta tedesca: Ambrosio si affrettò a far presente a Mussolini la necessità che la Germania non solo ritirasse le truppe d’occupazione, ma anche il presidio

566 E. Gobetti, L’occupazione allegra, p. 95. 567 AUSSME, M-3, b. 59, fasc. 7, Dal Duce, 18-XII-41-XX, ore 20, presenti S.E. Ciano, S.E. Roatta, S.E. Ambrosio, S.E. Casertano e generale Magli del Comando Supremo, f.to Ambrosio. 568 D. Rodogno, op. cit., p. 128. 569 AUSSME, H-1, b. 16, fasc. 1, Situazione politica dei territori ex jugoslavi, Stato Maggiore R. Esercito, Ufficio Operazioni I-Sezione 3ª, a Comando Supremo e p.c. a Ministero della Guerra, Gabinetto, prot. n. 12843, oggetto: Attività politica tedesca in Croazia, il Capo di S.M. dell’Esercito, P.M.9, 11 agosto 1941-XIX; id., Ministero della Guerra, Gabinetto, Attività politica tedesca in Croazia, Roma 13 agosto 1941-XIX. 570 B. Krizman, Pavelić između Mussolinija i Hitlera, pp. 232-234. 571 G. Ciano, 17 dicembre 1941.

aereonautico di Zagabria, tutte le formazioni palesi od occulte attive nel Paese, le autorità militari tedesche residenti nella capitale croata e negli altri centri e i rappresentanti nei vari ministeri, in modo da permettere all’Italia le migliori possibilità per impadronirsi dello Stato Indipendente Croato, non solo militarmente ma anche dal punto di vista politico ed economico. Roatta, più realista, ricordò come la Germania, malgrado fosse stata pronunciata più volte la frase Croazia spazio vitale dell’Italia sia da Hitler sia da Ribbentrop, non intendesse affatto rinunciare al lavoro compiuto nel campo economico e come questa solo in seguito alle necessità derivanti dal concentrare le proprie forze per fronteggiare la rivolta in Serbia, avesse proposto tale offerta all’Italia.572

I piani italiani furono tuttavia bruscamente interrotti dal repentino ripensamento tedesco. Il 24 dicembre, infatti, il generale von Rintelen comunicava al Comando Supremo italiano che la Germania non richiedeva più la sostituzione in tutto lo Stato Indipendente Croato delle forze armate tedesche con le italiane, bensì una semplice collaborazione per stroncare le attività ribelli; i cambiamenti di programma sembravano fossero dovuti più alle incertezze del Comando Supremo tedesco (Oberkommando der Wehrmacht, OKW) – inizialmente promotore dell’iniziativa – preoccupato del controllo delle risorse minerarie bosniache fondamentali per l’economia bellica tedesca, che a decisioni prese dal governo di Berlino. Ad Ambrosio i tedeschi chiedevano il contributo di reparti italiani per un ciclo di operazioni contro i ribelli nella zona di Sarajevo: compito della 2ª Armata sarebbe stato sbarrare la linea di demarcazione impedendo il loro arrivo nei territori controllati dalle unità italiane. Mussolini assecondò contrariato il ripensamento tedesco e ancora per qualche tempo continuò a considerare la possibilità della completa occupazione dello Stato croato, ma alla fine dovette desistere, sfogando sui croati la propria frustrazione e minacciando che la presenza italiana nei territori controllati, sarebbe stata duratura e finalizzata alla modifica dei confini dalmati, contrariamente a quanto sempre ribadito fino a quel momento (invettive che rimasero senza seguito).573

Quella che inizialmente era sembrata una conferma dell’alleato tedesco al riconoscimento degli interessi italiani si rivelò l’ennesima riprova di subalternità dell’Italia fascista alle politiche di dominio di Hitler nell’Europa sud-orientale. A Roma e tra i militari italiani vi fu il serio sospetto che il repentino cambiamento di idea tedesco fosse stato causato dalla reazione sfavorevole delle autorità di Zagabria alla soluzione, con conseguenti pressioni croate su Glaise von Horstenau. La questione era comunque destinata a perdere presto importanza a causa della necessità di contrastare l’incalzante movimento partigiano e le violenze fra serbi e croati, che solo in apparenza erano state moderate dall’opera di pacificazione

572 AUSSME, M-3, b. 59, fasc. 7, Dal Duce, 18-XII-41-XX, ore 20, presenti S.E. Ciano, S.E. Roatta, S.E. Ambrosio, S.E. Casertano e generale Magli del Comando Supremo, f.to Ambrosio. 573 O. Talpo, Dalmazia, I, pp. 938-939.

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