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Forn1FICAZIONI ANTICORSAR E

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ANT.ICORSARE

ANT.ICORSARE

28 In merito cfr. E. KANTOROWICZ. Federico II. impera/ore, rist. Milano 1976, pp. 11 - 11 4.

! 9 Per val utare quanto ri sc hi oso fosse all'epoca anche sempl icemente conservare de l grano è sufiìc icnte osservare l a necessità di c ustodi rl o in appos ite masserie fortifica te, dette appunto per grano . Di esse ne so pravvive ancora un discreto numero in Puglia, per lo più ri sa le nti al XVI-XYll seco l o. Sull'argomento cfr. F. Russo. La dUèsa delegala, Rom a 1994, pp. I 58-190.

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30 Di questo avviso tra g li a ltri ma con ben diversa autorevolezza R. AJELLO, Laf,vnfi era , cit., pp. 52- 3 . Più in generale osse r vava al ri guardo P.M. D oRJA, il regno di Napoli nel 1713. in Territorio e socielà nella storia del Me::,zogiorno, a c ura di G. DE ROSA, A. CESTARO. Po mpe i 1973 , pp. 21 4 -2 15: ' ... Quanto sa di militare ha pochi ss i ma a ut ori t à e decoro nel paese. G li spag nu o li no n di sc iplinarono la mili z ia indigena. perc hé s timaron meglio perd erne i l vantaggio che avere un popolo agguc1Tito e diflìc il c da dominare. Intesero in vece amm o llirl o e avvilirl o. E però oggi, oserei di.re, non si troverebbero in tutto il R egno tremila uom ini capaci di tener fe rm o alpericolo delle arch ibugiate li p oco c he la po l itica spagnuola fece qui d ella milizia produsse la scarsa stima che i napoletani hanno de' m ilit ari "

31 D a B. Fo RT EGUERRl. Propos 1a di campagna marittima per i bas1imen1i de/fa Marina di S. M. il R e delle Due Sicilie, Palermo 1798.

11 C irca la stima dell'entità della flotta corsara, S. BONO, / corsari barbareschi, Torin o 1964, pp. 87 - 88 affe rm a: "Le notizi e s ulla cons iste nza nelle varie epoche delle flotte barbare s che non manca no ma so no frammentarie s uccint e e non d i rado co nt rastanti. Le indi caz io ni sull'entità delle fl otte c i attesta no. sem pre l a diversa imp o rt anza propo rzio nalme nte avuta dalle tre Reggenze nello svil u ppo della g uerra corsara: Algeri eb be un netto prim ato e Tunisi a sua vo lt a, soprava nz ò Tripoli A lge ri a quanto r isulta disponeva di 60 legni corsari già nel 1530; nel 157 1 la flotta a lgerina con tava una cinq uant in a di unila fra gale re, galeotte e brigantini nel 1634 il numero era salito ad oltre 80 " .

.n Cfr. C. M ANFRON I, S1oria , ci t. , pp. 181-185.

34 Così vie ne descrit ta la s ituazione che si d e t erminava a bordo di un ' imbarc azione co rs ara in casi d'e m e rgenza, da D. HA EDO, De la cap ti vitè a Alger, prima ed. 1612, ri s t. Algeri 1911, p 125:" Sono so liti pratica re ancora un'altra c rude ltà quando le ga le re c ri stiane danno loro la caccia ... Se gli sc hiavi so no s finiti ed a l limit e delle forze nel co rso di una cacc ia - ed i corsari vi si dedicano con l a massima energia, a volte per la durata di un'intera giorna t a, senza mangiare, né bere, né rall e ntare la ve locità de l loro batte ll o - se i vogatori crollano spossat i s ui loro banchi, essi g li si avven tano a dd osso imm ediatame nte a rm ati di una corta sci mi tarra e d i coltello, ferendo le braccia ad a lcuni , a d a ltri troncandogliele, a d a ltri a ncora rec idendogli di ne tto la testa " Il c he tuttavia non restituiva la velocità massima, anzi spesso l a decurtava ulteriormente, per c ui solo l' oc ul a ta gestio ne della c iurma ev itava pericolo se inadeguatezze.

35 Per il medes i mo fine es isteva, e d era au i viss imo. un cap illare se r viz io seg r e to co n age nti in ogni sca lo ottomano o barba resco, c h e i nfo rma vano co n di spacci c ifr ati s u og ni movimen t o de ll e unit à nemiche , avvale ndo s i delle navi mercantili o dei corrier i dip lo mati c i Anc he la co ntropa rte turca de l res to disponeva di un identico apparato. ed e ntrambe le s uperpotenze ne conosceva no perfettame nte le 1ispe t1i ve potenzialità.

3 ~ Pe r una s intet ica desc1i z io ne d i quelle ma~todontich e artig li e ri e d i scarsissi ma con sequ enzialit à nel ti ro antinave cfr. M M AU RO , Ro cch e e Bom harde fra Marche e Rom agna nel XV secolo, Rav en na 1995. pp . 135-194.

• 17 Preci sa D. HowA RTII L 'invin cib ile armada, Milano 1984. p I I 7: ''(G li lngl esi J avevano prima fa tto una sce l ta tattica e poi si erano provved uti di a nni adeguate, puntando so prattutto s ui pezzi a lun ga gittata. d alle colubrine in g iù. trascurando in vece quelli più pes anti ma di g i ttata più breve Sicché il me g lio d e ll 'a rti g li er ia spag nol a co nsisteva in canno ni pesanti a breve g itt ata, mentre quello deg li in g les i era composto d i mezze colubrine a lun ga g ittata I due sc hi era m e nti era no sup perg iù pari quanto a colu brin e. ma g li ing les i e rano decisamente super io ri ne i più picco li falconett i e s mer ig li ". E furono proprio quelli i calibri e le con no t azion i dei pezzi des tinati a ll ' armame nto delle torri , ottima li per il tiro a ntin ave

3 8 Da O. PA SANISI, La cos tru z ion e generale delle 1o rri mari/lime ordinata dalla R. Corte di Napoli, in S1udi in onore di Mi ch elangelo Schipa, Na poli 1926, p. 42 3.

39 Da O. PAS AN ISI, La cos 1ru zione , cit., p. 424

40 La citaz ione è tratta da F. Russo La difesa cos1iera de l R eg no di Sici lia cit., tomo II, p. 326.

41 Circa la figura e d il governo de l vicerè don Para fan de Ribera. cfr. G. CO NIGLIO, 1 vicerè , c ii. , pp 98- 1 17.

4 2 Molti doc ument.i dell 'Archivi o di Stato, trasferiti pre sso la vi lla Montesanto di San Pa o lo Ba ls it o, ne lla speranza di preservarli dalle incur sio ni aeree de ll ' ultima g uerra, finirono invece com pletam e nt e distrutti d all'incend i o d e l 30 sc lle mbre appiccato per ord in e del co mando ge rmanico. Al riguardo cfr. Rapporw finale sugl i Archivi, a cura della Sottocommissione per i monumenti, be lle arti ed archivi della Commissione Allea ta, R oma 1946, pp. 5 4 e sgg.

J J Cfr. S. FERRARO. La distruzione di Sorrento ad opera dei Turchi, in Rassegna del centro di Cultura e Storia Amalfitana. anno JT 1984 , n° 4. p. 67.

44 A.G.S. , E. 1051, f. 78 - Vicerè di Napoli a Marcantonio Colonna, Napoli 9 maggio 1561.

45 La c itazion e è tratta da F. BRAUDEL, Civiltà e imperi... , cit., voi. II, p. 1062.

46 La citazione è tratta da F. BRA UDEL, Civiltà e imperi , cit., voi II, p. 1081.

4 7 L'episodio è narrato da R. COSTO, Compendio dell ' istoria del Regno di Napoli, Venezia 1613, ed è riproposto da A. V ENTURA , Il Regno di Napoli di Pirir Reis, Lecce 1990, nota 11.

48 In me1ito cfr. F. STRAZZU LLO, Architetti e ingegneri napoletani dal '500 al '700, Napoli 1969, p. 200. In dettaglio stando ad una relazione dell'ing. Gisolfo Orazio, compilata nel 1623: " l'officio del/'lngegnero delle Torri del Regno non fu istituito dal principio di dette rorri. ma dal governo del S. r Conte di Lemos il quale considerando li disordini rappresentati da chi si fusse, che ogni giorno suc cedea110 n ella costru z ion e di detle torri vi istituì l' ingegnero appartato ".

49 Circa la fornitura delle artiglie1ie per le torri, l'ordine è riportato in un preciso documento custodito nell'A.S.N. Col!alerale Curiae, voi. XXTT , f. 64 , datato 1569 Si tratta però de ll a riproposizione di altri ordini analoghi di alcuni anni prima in particolare del '66, a sua vo lta cu s todito nel!' A.S.N., Diversi della R. C. Sommaria, voi. 192, ff. 60-61, 1566.

50 La interdipendenza dimensionale fra calibro e piazza, è desumibile da un esplicito ordine del 1636, in cui si notifica: " al monitioniero del Ca stello nuovo de Napoli, [che/ consegni al /JrO C re legittimo di dette torri due pe zz i. Le due torri nominale l'una Domine/la et l 'altra de Capogrosso floc. Casalicchio - Porto S. Matteo/ cioè a Dominella che è de palmi 40 de larghe u.a un falcone et alla de Capogros so de palmi 46 un me z zo sagra con la solita monitione per guardia di dette torri. " - A.S.N., Tesoreria Antica, Contabilità Ca s sa Militare , 359-366, pp 21-22.

5 1 A.S.N , Fondo torri e Castelli, voi. 115 , fol. 60-63.

52 Cfr. F. Russo , La difesa costiera dello Stato Pontificio , cit.. pp. 222-231.

53 Per approfondimenti cfr. G. DELLA MO NACA, D. RoSE LLI, G. Tosi, Forte zz e e torri costiere dell 'A,gentario , cit., pp. 68-76. -~ Al riguardo cfr. F. Rus s o. l e torri anticorsare vi ce reali con particolare riferimento a quelle della costa campana, Piedimonte Matese 2001. pp. 205-209.

15 F. BR AUD EL. Civiltà e imperi , cit., voi. il, p. 1062.

I'> È significativo os servare che il Toledo fu di tutti i viceré spagnoli quello che rimase in carica per un periodo straord inariamente pro lungato, oltre cinque volte quello precipuo di tale carica, condizione indispensabile per avviare a soluzione una serie di problemi endemici del Regno.

57 Precisa al riguardo G. CONIGLIO,/ vicerè spagnoli. , cit., p. 73: "L' opera del viceré [don Pietro di To ledol fu complessa e si attuò in diversi modi. Anzitutto nel 1550 fece iniziare la costruzione ... di torri di difesa da cui si potessero tempestivamente scorgere le navi cors are che s i fossero avvicinate. Alte da quindici a venti metri, erano inoltre dotate di colubrine, ord igni per lanciare pietre ed anni da fuoco minori per respingere un eventuale assalto ed avevano fornelli per effettuare fumate di segna lazione ...".

58 Da F. BRAUD EL, Civiltà e imperi , cit., voi. li, p 906.

59 Circa l'opera del de Ayala in merito al torreggiamento della costa laziale cfr. G. M. DE Ross i, Torri costiere del La zio, Roma 1971, p. 15.

60 Dalla Cos tilutio de aedificandis Turribus in litore mari.i· Romae sub die 9 maji i 567, 1. Da A. GUGLIELMOTII, Storia delle , cit., p. 441.

6 1 È verosimile che la continuità semafo1ica fosse già operat iva nel XV secolo, appoggiandos i ai molti castelli costieri dis locati lungo la costa laziale. In merito cfr. F. Russo, La difesa costiera dello Stato Pontificio dal XV I al X IX secolo, Roma 1999, pp. 168-215.

62 Puntualizza A. GUGLIELMOTII, Vocabolario marino e militare, Ro ma 1889, alla voce: "Nella campagna romana era l'unità di misura per gli aridi, mass ime pe l grano: eguale a lit. 294, 46. Soven te ricorre q uesta voce parl ando di carico navale, e di panatica militare. li Rubbio romano , diviso in due sacca, quattro quarte, venti staja, e ottanta quartucce pesava libbre romane 640 e si so leva valutare rubbia cinque per una tonnellata " La concessione pertanto corrispondeva a ben 2.000 quinta li, che per tradursi in una valu tazione economica significativa richiedono una ulteriore delucidazione. F. BRAUDEL , le strutture del..., cit., p. 109, precisa: "il quintale di grano rimane, fino al 1543 circa, a l di sotto delle cento ore di lavoro, po i resta al di sopra di questa linea critica fino al 1883 circa. .. Un lavoratore dispone al l'incirca di tremila ore di lavoro annuali , la sua famiglia (quattro persone) consuma circa dodici qu intal i l'anno ". Ora considerando che 100 ore corrispondono mediamente a circa due settimane, il prezzo può stimarsi, con buona approssimaz ione

Le Fortificazioni Anticorsare

pari quasi ad uno scudo al quintale, per cui, considerando il guadagno sull'esportazione pari almeno al 50%, la concessione implicava un utile di almeno 1.000 scudi, cifra che copriva tranquillamente il costo della torre stessa!

6 1 Da A. GUGLIELMOTII, Storia dellefort(fi.cazioni , cit., pp. 476-478.

64 A. GUGLIELMOTII, Storia delle.fortificazioni. .. , cit. p. 446.

65 Sull'isola di I schia di fronte al Castello Aragonese si erge una sol itaria torre: non appartiene architettonicamente alla tipologia delle torri costiere vicerea li napoletane, ma curiosamente a quella dello Stato Pontificio. Secondo la tradizione, abitando Vittoria Colonna dopo il suo matrimonio (1509) con il marchese di Pescara Ferrante d' Avalos nel castello, la torre sarebbe stata fatta costruire - o soltanto abitata - dallo stesso Michelangelo per poter così stare saltuariame nte vicino alla donna a cui era legato da una profonda intesa spirituale. Al di là del legame, storicamen te indi scutibile, nu ll a però semb ra confermare la tradizione ad eccezione della singolarità architettonica della torre.

66 Da G.M. DE Rossr, Torri , cit.. p. 82.

6 7 Idem.

6 ij ldem.

69 Idem.

10 Da A. GUGLIELMOTTI, Storia delle.fortifica zioni , c il., p. 445.

7 1 C. PEROGALLI, Castelli e rocche di Emilia e Romagna, Novara 1981, p. 158.

72 In merito a Torre Aslllra cfr. G.M. DE Rossi. Le torri costiere , cit., pp. 76 -81.

73 Sulla fine di Corradino a piazza Me rcato a Napoli cfr. E. KANTOROwrcz, Federico Il... , cit., pp . 675 -677.

1 • In realtà nemmeno la defin iz ion e territoriale dei Presidi negli anni successivi al 1557 sembra risultare acquisita ed indiscussa. In data 9 settemb re 1564 un dispaccio indirizzato al v ice ré di Napoli, competente dei Presidi, ricordava: "Tambien nos ha informado de/o mucho que importa acabarse de declairar la d[fferençia que hay sobre lo delos confines entre aque/las mis tierras y las del Duque de florençia porque se escusen las contençiones que cada dia suelen naçer sobra elio, y porque esto nos pareçe que conviene assi os encargamos y mandamos que hagais que no se alçe la mans del que sobre eslo se /rara hasta que este acabado de concertar y asentar del todo(que en ello me hareys mucho plaser y serviçio) yen avisarme de/o que en elio se habiere hecho porque holgace de antendello De Madrid a 9 de setiembre 1564 "A. G. S. E 1053, f. 158

75 Il brano citato è di Giucurta Tommasi, Historia di Siena, II, pp. 260-5, ed è tratto da G. DELLA MONACA, D. ROSELLI, G. Tosr, La torre , c it., p. 32.

76 TI documento citato è custodito presso I' A.S.S., li Ca/effetto, c. 6 I, ed è tratto da G. DELLA MONACA, D. ROSELLI, G. Tosr, La torre , cit., p. 34.

77 G. DELLA MONACA, D. RosELLI, G. Tosi, Fortezze e 1orri costiere dell'Argentario , ci t. , pp. 20 -1. Il documento è custod ito nel1 ' Archivio di Stato di Piomb ino, Piombino, n. 0 14, c. 41 B.

78 Il documento citato è cus todito presso I' ASS, Consiglio Generale, voi. 225, c. l 74t, ed è tratto da G. DELLA MONACA, D. ROSELLI, G. Tosi, La torre dei misteri: l'Argentiera, Grosseto 1995 , p. 36.

79 Non si trattava di una sostanziale novità in quanto l'iniziati va privata nell'ambito della d ifesa vantava a ll'epoca già una lun ghissima tradizione. Sull'argomento cfr. F. Russo, La difesa delegata , c it., pp . 239-45.

8°Circa l'enti tà del 'braccio ' precisa A. GUGLIELMOTII, Vocabolario marino... , c it., alla voce:" 'Mis ura di tre pa lmi'. Unità di misura lineare, uguale in lunghezza al braccio di un uomo Due brac cia fio rentine facevano un passetto; quattro una canna, e c iascun braccio antico de l seco lo XV era uguale a m. 0.5833 ." Pertanto la torre in questione misurava m 23. 2 di a ltezza e m 7 d i larghezza, a lq uanto più s nella quindi delle s uccess ive di epoca rinasc imentale.

8 1 La c itaz ione è tratta da G. DELLA MON ACA, D. ROSELLI, G. To s i, Fortezze ... , cit., p. 20, ed è contenuta in un documento custodito presso I' A.S.S., Capitoli, Cale_ffetto, c. 132 B-1 37 B.

82 La lettera citata è tratta da I. B1A GG1oss r, Le torri costiere della Toscana, Roma 1988, p . 222: manca però il riferimento archivistico. Vi è da aggiungere che quell'estate fu caratterizzata da un v iole nti ss imo mo ltiplicars i delle incursioni barbaresche rese particolarmen te audaci da l di sastro accaduto a ll a flotta confederata cris tiana , nella q ua le si trovavano pure due galere di Fire nze, nel maggio alle Gerbe. Al ri g uardo cfr. F. R usso, La difesa costiera dello Stato Pont(fi.cio dal XV I al XIX secolo, Roma 1998, pp. 134-1 49.

83 A.G.S, E I060. f. 126.

84 È in teressan te osse rva re c he re lati vamente a q uesto per iodo le assicuraz ioni marittime per navigli operanti in zona mostrano un se ns ibile 1ia lzo in st retta corre lazione co n il ri sc hi o co rsa ro. G. G 1ACCHERO, Storia delle assicurazioni marillime , Genova 1984. pp.

lNGEGNO E PAURA TRENTA SECOLI DI FORT!F1CAZI0NI IN ITALIA

94-5. precisa che in: ·' linea genera le può dirsi che la sensazione di rischio maggiore 1ispetto anche ad un recente passato stimola il ria lzo dei tassi di copertura... Per la navigazione interna dell'Adriatico da Ancona a Ragusa erano praticati tassi minimi del 2 per cento ossia quasi due terzi in meno del tragitto Livorno-Roma, ma per Barletta- Valona, siccome le rouc si avvicinavano all'area musulmana, il premio risaliva al 7 . Messina-Livorno al 5 e Livorno -Marsiglia al 4 inducono a pensare che nel primo caso tutto il percorso fosse aperto all'aggressione dei barbareschi, mentre nel secondo. sia per il facile ricovero nelle insenature sia per la zona neutra non appena si e ,mava nelle acque francesi, il premio poteva assumere una minore gravosità. Ancora conviene mettere nel conto che le navigazioni Porto Ercole -Londra e Candia-Tamigi entrambe al 13 per cento. Erano possibili per la fiducia che gli assicuratori riponevano nelle risorse difensive dei vascell i nordici, per il cui abbordaggio gli algerini - i più arditi ed intraprendenti fra i barbareschi ed anche gli autori de lle più sperico late imprese - dovevano mettere ne l conto un cos to di uomini e di navi che rendeva problematica l'impresa ".

85 Cfr. 1. FABRO NI. Album di ricordi di viaggi e di naviga-:,io11i sulle galere toscane dall'anno 1664 all'anno 1687, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Co/le zione Rossi -Cassigo li , Mss. 199.

Rii Da G. DELLA MO NACA, D. Ros ELu, G. Tosi, Torre Ciana, Grosseto 1996, pp. 6-8.

x7 A.G.S., Es/(/do 1069, f. 123-24.

Rx A.G.S., Estado 1479, f. 20-25.

x9 A.G.S., Estado l 053, f. I58.

0 li brano è tratto dall'Archivio Giucciarclini di Firenze. Mis ce llanea, li, Rela z ioni diverse n° 4, ed è citato da G. DELLA MO NACA, D. Ros ELLI, G. Tosi, La torre , cit.. p. 39

9 1 li conte Gabrio Serbel loni (1508 - 15 80) o ltre ad essere un cap it ano milanese fu anche un valente ingegnere militare e la doppia qualifica ne rendeva più credibile il parere. Come cava li ere di Malta combatté nel 1543 contro Solimano quando invase l'Ungheria. Quindi al serviz io di papa Pio lV fortificò la città Leonina in Roma. ed ancora so tto Fi li ppo Il, fortificò varie città del Regno di Napoli. Combatté a Lepanto e difese Tunisi. dove fu fatto prigioniero dai turchi e r il asciato a Costantinopoli, dove venne deportato, mediante riscatto. Combatlé ancora al se rvizio della Spagna nelle gue rre di Fiandra fino a l 1578.

92 In particolare il duca di Terranova, ricchissimo reudatario sic ili ano as s urto al rango di viceré ad interim del regno di Sicilia sol lecitò il parere del Serbelloni circa la fortificazione di Palermo, di Termini Tmerese e di Milazzo. ln merito cfr. F. Russo, La difesa costiera del regno di Sicilia , cit., tomo I, pp. 160-1.

9 A.G.S., Estado 1065, f. 39

94 In mer ito cfr. F. Russo, La difesa costiera dei Reali Presidi di To scana dal XVI al XIX secolo, Roma 2002, pp. 189-200.

95 Il viceré e capitano generale Giovanni dc Vega rimase in carica per un triennio. Cfr. O.E. Dr B1As1, Storia cronologica .... cit.. voi. L pp. 623-83.

96 Secondo la tradizione, che in alcuni casi trova conferma nei resti architettonici di quelle che furono indubbi amente delle torri cos ti e re, la Sicilia già nel corso dei seco li precedenti organizzò più volte un dispositivo di torreggiamento co ntinu o. Se ne u·ova menzione persino nelle opere cli Cicerone, in particolare in Actio Il, in Verrem , li. V, XXXV. Ad ogni buon conto tanto i Bizantini quanto gli Arabi, come poi i Normanni e g li Svev i stabilirono postazioni di vigilanza cos tiera, sulle colline o su torri. delle quali se ne incontrano anco ra i ruderi, in particolare di epoca sveva ed aragonese.

97 Cfr. S. M AZZA RELLA, R. ZANCA , Il libro , cit., pp. 35 -37.

98 C. PROMIS , Biografie di ingegneri ... , cit.. pp. 583 -59 L ricordava che: 'Tiburzio di Bianca di Daddo Nioclucci e di Lu ca dell'antica nobili ss ima famiglia degli Spannocchi nacque in Siena patria de' suoi maggio1i l'anno 15 41 il giorno 18 ottobre Giovinctlo fu a Roma .. . ldove] MarcAntonio Colonna genera le dell'arma ta Pont ificia lo richiese ... e con sé lo portò .. . alla immortale battaglia di Lepanto Quindi il Colonna, v is itando il regno di Napoli collo Spannocchi, aveva i suoi pareri come migliori di quelli degli altri ingegneri ... Perciò il viceré d i Napoli. instava per aver secolo Spannocchi. ma quest i non volle lasc iare mai il Colonna, sinché ne l ge nnaio del 1577. fu ele tto Viceré di Sicilia. ed eg li accompagnollo in quell ' isola, ove ,is taurò le fo rtificazioni di Girgenti e levata la ca rta del la S ici li a intiera, fu da l Colo nn a mandata al Re. Il quale fche l g ià prima ne aveva lodato i disegn i lo volle alla sua corte, cd avutolo lo fece suo gentiluomo di camera, col carico di visitare e fortificare le principali città di Spagna... Ne l 1580-81 accompagnò il Re a ll a conquista del Portogallo Fatto membro del Consiglio (S upremo di Castiglia) diede in iscritto il suo parere su l modo da tenersi per conquistar l'i so la di Terzeira Tornato in Ispagna nei tumulti dcl i' Aragona fece il castello di Saragozza Visitò poscia la Guiposcoa, ove fabbricò dai fondamenti la fortezza di Xacca... Ne l 1588, quando il Re detem1inò di mandare all'impresa d'Inghilterra la famosa armata, g liene sc ri sse di sua mano ed amò seg uirn e i cons igl i De ll a guai imp resa (di a maro esito per lo Spannocchi, c he vi perdette Mario frate ll o suo, in gegnere esso pure) ... egli d istese e pose a stampa due d iscorsi. Ne l I 598 Filippo Ill successo a l padre g li confer-

LE FORTlrlCAZION I ANTICORSARE

mò il posto di Sop1intendente delle fortificazioni d i tutti i suoi regni, volendolo subordinalo so lamente al Re ed al Supremo Consiglio il 4 novembre de l 1606, egli venne a morte in Mad,id in età di 65 ann i ".

99 TI ms dello Spannocchi sulla S ici l ia , c he stando sempre al la biografia del Promis il Re: " talmente se ne d il ettava che, fissati [ i d isegni] con bu ll etti ne d'o ro. pe r aver li sempre sott'occhio, teneva l i nella sua piC, segreta galleria " , è ancora cust0d i to nella Bib l ioteca de l Palazzo Reale.

100 Per avere un mig lior dato di valutaz ione c i rca l 'en t ità della spesa della vigilanza cost iera pass iva, non astrallamente in assoluto, ma concretam ente in relaz ione al b il ancio de ll o Stato. bisogna ricordar e che su d i un reddito annuo. p revisto di c irca 600.000 ducati quell'esbo rso ne rappresentava il 4%.

10 1 TI Cam il lian i era gi u nto in Sic i lia nel 1574 per montare a Palermo la fontana d i piazza P retoria opera di suo padre e dello scu l tore Naccherin i. Le sue refere n ze per sost i tu i re lo Spannocchi dovevano tuttav i a esse r e adeguale, tanto p iù che non può escludersi per la sovrapposiz ione de lle date un suo in contro con i l pi L1 ce leb re collega e conterraneo. Del resto non è se r iamente credibile il suo avv icenda mento se n za il be neplac i to de l p r imo non fosse al t ro come gara nt e.

102 Ne l q u indicesimo secolo s u lla falsariga de lle isti tuz ioni aragonesi anche in Sicilia il par lamento f u diviso in tre bracci, o camere, che dovevano riunirsi per vaglia re separata m ente le proposte de l vice ré. La votazio ne pe rò era pubblica. De i tre bracc i i l p1imo era quello ecclesiastico. dei vescov i e degl i abati; seguiva q u ind i que llo militare o de l baronato, formato da i princ ipali feudatari del Regno, obbligati alla prestaz ione de l 'serv iz io m i litare'; u ltimo i l terzo. cos ti tu ito da i rapp resentanti delle c ittà direttamente soggette al re e l ibe re da v i ncoli feudal i . Per ulter ior i approfond ime n ti cfr. D. MACK SM ITH, Storia delle Sicilia medievale e modema, Bari 197 1, pp. 156-166 i ().I li termine dia lettale buratturi. una sorta d i per ifrast ica s ic il iana. stava ad indicare le caditoie attraverso le qua l i s i sarebbe potuto effettuare la difesa piombante. La definizione tec ni ca v igente più appropr iata era que !J a di 'bertesche ' . ln ogni caso il d ispositivo costituiva una permanenza medievale che nelle torri siciliane subirà so ltanto una leggera modifica per adattarlo al tiro delle armi da fuoco senza però divenirne una connotazione architettonica precipua. io, Modo suggestivo per precisare che la fondazione della torre avrebbe dovuto ins istere su ll a roccia.

101 Parl amento L1 V, 9 apri le 1579. in A . MoNGITORE. Parlamenti generali, Pa lermo 1749, voi. I, pp. 390-39 1.

1011 Il termine solo sta per 'solaio'. usato nella fattispecie ne ll a sua p iù ampia accezione, al limite dell'improprio: i l primo live llo ag i bi le di una torre era sostenuto dal riempimento sottostante Qu indi non v i e ra alcun solaio di sorta o vo lta , essendo la tor re fino a quel live ll o ·soda' ad eccezione de ll a cisterna, peraltro d i modes t e dimensioni.

101 Crocarizzo sta per volta a crociera, in alternativa di quella a botte più frequentemente impiegata per la maggiore res istenza a ll e so l lec i taz ioni statiche e dinamiche, derivanti più che dal peso dei cannoni dal loro rinculo.

108 Nel caso che la vo l ta fosse a crociera veniva ripartita in vele o t ele, da cui la definizione dia letta le atte/arata.

I O'l L' un it à di m is u ra cubica in uso all'epoca a Palermo era costituita da ll a canna (cubica) formata a sua volta da una canna quadrata, ci r ca 4 mq. per u no spessore di due pa l mi. circa 50 cm: un tota le perciò di circa mc 2. Risulta inferiore a quella praticata in tutte le a l t re località de l Reg no che contemplavano invece uno spessore di 3 pa l mi.

11 0 A ll ' ini zio della gara d i appa lt o ven i va accesa una candela e le offerte s i potevano avvicendare fintanto che la fiamma d i quella a rdesse. Il s uo spegn i me n to conispondeva a ll a chiusura della gara, segnando perciò la v i nci t a dell'ultima offerta pervenuta, ovv iamente la più bassa.

111 A.S. Pale rm o, Deputazione, Atti voi. 230 ( 1571-1581 ) - la citazione è tratta da S. Mazzare ll a, R. Zanca, li libro , cit.

112 L'ope r a del Camill iani, riten u ta a lu ngo distrutta, fu pochi ann i or sono ritrovata s i a pure parzia l mente brucia t a nell'Arc hi vio di Stato d i Tor in o, e p u bb li cat a in u n a sp le ndida ed iz ione d al Poligrafico d ello S t a t o. Cfr. M SCARLATA. L'opera di Camil/o Camilliani, Ro m a 1992.

113 La c i taz io ne è t ratta da S. MAZZAREL LA. R . ZANCA, cap. di appuntamento preso da ll a depu tazione nella sessione del I lug li o 1583 ed approvato da l vice rè in Ordina~ioni, p. 143

11 4 A.S.Pa., Deputazione. Consulte, voi. 202, Registro de· spacci, li (1579 -1583), da S. MAZZARELLA, R. ZA:--!CA .

11 5 Marcantonio Colon na morì nel 1584 a M ed in a e s ull a sua morte corse voce d i avvelenamen t o.

11 6 Da S . MAZZARELLA. R. ZANCA, Il Libro ... , c il., pp. 51 - 52 .

11 7 Da s MAZZARELLA, R ZANCA. !I libro ci t.. p 55.

11 x La ci t azione è t ratta da O. ALBERTI, le carte della Sardegna di R occo Capellino, in Nuovo Bolletti110 Bibliografico Sardo Cagliari 1970, nn. 70, 71. 72 p. 3 [

119 Secondo E. PILLOSU, Un indedito rapporto cinquecentesco sulla difesa costiera della Sardegna, in Nuovo Bollettino Bibliografico Sardo , Cagliari 1959, n° 21, p. 7: " nel 1577 era Capitano e Castellano della città rdi Iglesias] il nobile don Francesco de Camo s e nel 1573 la stessa carica era ricoperta da don March Antoni Camos, veros imilmente figlio del precedente È da ritenere che i componenti della famiglia Camos - di piccola nobiltà - ricoprissero frequentemente cariche pubbliche di fiducia Nell'En c iclopedia Universai lllustrada Europea-Americana , p. 1183 Camos de R equenses Marco Anto ni o è menzionato quale militare, teologo, predicatore e poeta, nato a Barcellona nel I 543 e morto a Napoli nel 1606 Premesse queste notizie , risulta evidente che Marco Antonjo Camos intraprese , in qualità di governatore d'lglesias il periplo della Sardegna nel 1572, a ll ' età di 29 anni per assumere tre a n11 i dopo la carica di governatore di Alghero e comandante del Logudoro. "

120 Il p1imo a dar notizia del rinvenimento del prezioso documento giacente nell'Archivio di Simancas fu F. BRA UDEL. Civiltà ... , cit., voi. TJ , p. 907. La collocazione archivistica indicata è A.G.S., E 327.

12 1 Circa la fortezza della Goletta a Tunisi ed al ru olo svolto nella sua difesa dal Serbelloni, cfr. F. Ru sso, La forte zza de la Goletta , in Studi Storico-Militari, Roma 2001.

122 Il Cervantes trascorse cinque anni in sch i av itù ad Algeri , e di quel triste periodo ne ha lasciato alquante allusioni e desc1izioni nelle s ue opere letterarie.

12 1 A.G.S., G. M. 3694.

124 A.G.S., G. A., Leg. 104 .

125 Da A. MATTONE, Le istituzioni militari. in Storia dei Sardi ... , cit., vo i. Ili, pp. 68-69.

126 Alla foce del fiume Ebro, dove non mancavano s poradi che incursioni co rsare vi vennero edificate alcune torri , innalzandole in terra. Si trattava di un s istema molto econom ico di costruzione ma estremamente degradabile: da qui forse la precisazione dell'imperatore circa la tipologia muraria da impiegarsi lungo le coste della Sardegna, senza badare ad alcun risparmio.

127 li testo in latino della storica o rdinan za è riportato tra le citazioni nel Piano per migliorare la difesa del litorale del Regno di Sardegna, del 170, Biblioteca Reale di Torino, Ms mise. 104-8.

Evoluzione de l fronte bastionato

I criteri fondamentali dell'architettura bastionata a partire dalla metà del XVII seco l o, iniziarono a sub ire vistose e significative modifiche. L 'avv io della nuova fase evolutiva fu in buona parte una conseguenza della Guerra dei Trent'anni <1J, che d evastò l'Europa central e ed i P aesi B assi in particolare. Per nulla casuale, pertanto, che il primato in materia di fort ifi cazion i perimetrali passò d a ll ' It a li a all'Olanda , i cu i tec ni ci furono ben presto ovunque ricercati per l'acclarata competenza.

Quanto alle innovazioni c he s i imp osero e diffusero non costituivano di per sé rivoluzionarie concezioni , ma piuttosto dei gradual i amp li amenti concentrici dei ci rcuiti difensivi t ra mite una i nterminabile teoria di opere addizionali ed avanzate. R aggiungere le cortin e di c inta divenne , quindi, la conclusione del supera m e nto di una se ri e di os t acol i via v ia più co riac ei e micidiali, singo l armente presi, già impiegati da oltre un seco l o . Il c h e pur non rendendo drasticamente obso l ete l e fortificazioni già esis t enti, ne ridim e ns ionava senza eccezioni la validità e l 'efficacia persino delle più r ecent i , imponendo colossali lavori di adeg uam e nto.

Per ass urdo che po ssa sembrare i prodromi di questa e nne s ima rielaborazione dell'ingegneria mili tare non scaturirono da un improvv iso e s travol ge nt e salto tecnologico dell'artiglieria ma dalla lenti ss ima conclusione dell ' imperc etti bile perfe zio n ame nto dell 'arm a m e nto individuale <2J. Solo in un seco ndo momento pesò nella vicenda il potenziamento delle bocch e d a fuoco, ma a quel punto l 'età moderna era ormai agli sgocc ioli , spazza t a via dalle armate napoleoniche e da ll a ri voluzion e indu s tri a le (3)

L 'evo luzion e delle armi da fuoco individu a li, come accennato, seg na un vistoso sa lto di qualità immedia- tamente dopo l'invenzione e l'adozione generalizzata dell 'acciarino a percussione < 4 ', evento collocabile intorno al 1630. È in fatti emb l ematico che tanto in Spag na c he in It alia il di sposi tivo venne chiamato alla miquelet ovvero col nome che de s ignava i soldati delle truppe imp eriali I suoi requisiti possono sintetizzarsi in due concetti fondamentali: rapidità ed affidabilità. La rispondenza dell'acciarino a percussione in quals ias i circostanza ambienta l e rese l'impiego dell'arma da fuoco individuale sistematico in ogni eserci to. La notevole ce leri tà di tiro garantita dallo stesso, inoltre, suggerì ben presto di s in cro ni zza re il fuoco di un intero reparto eliminando la vigente discrezionalità. Quella modesta innovazione tattica costituì lo spunto per una in ed i ta concezio n e operativa incentrata s ullo s fruttamento del volume di fuoco delle grosse formazioni, di moschettieri prima, e di fucilieri poi, per finire a quelli di carabi ni eri, nei quali il mutare della denomi nazione è funzione del progressivo perfezionarsi dell'arma di precipua dotazione. Per il resto, moschettieri o carabin ieri, s i imposero per la l oro mobilità non impacciata da pesanti artiglierie ma non per que sto priva di un temibile volume di fuoco, specie se concentrato.

Un indubbio riscontro di quanto delineato si ricava dal cons ta tare c he uno dei m ig liori eserc i ti dell'epoca, quello di Gu stavo Adolfo <5l, fu ar m a to e min entemente co n il mo sc h etto con acciarino a pietra focaia e munizionamento pr eco nfez ionato, appunto in pr evis ion e di un impi ego tattico mirante ad esa ltarne la mobi lità e la reazio ne di fuoco.

Qu a n to a ppena de line ato impli cava pure che con un discreto, ma non eccess ivo numero di uomini , arm ati di moschetto o di fucile, fosse facilmente attuabile un fuoco di in te rdi z ion e, un o s barramento ba li stico difensivo sos tan z ia lm e nt e s imil e a quello che fino ad allora impl icava l'impiego di alcuni cannoni, ovvia - ment e caricati a mitraglia. Le manovre cadenzate imposte dalle innovazioni di Maurizio di Nassau, principe d'Orange (1567-1625) non a caso scaturite anch'esse nel contesto delle guerre nei Paesi Bassi, avevano finito, infatti, per garantire alla fanteria annata di moschetto un inusitato volume di fuoco. La no v ità si spiega osservando che :" .. .i soldat i si muove vano tutti contemporaneamente e con lo stesso ritmo, erano tutti pronti a far fuoco nel medesimo istante, ottenendo una 'salva' facile e naturale il cui effetto tra le file nemiche era sconvolge nte. La cosa più importante era però che a questo punto i soldati caricavano e sparavano molto più rapidamente " <6>

Significativamente lo stesso principe aveva introdotto anche delle fortificazioni campali ottenute con grandi movimenti di ten-a, compiuti dai medesimi soldati, a simil itudin e dei leg ionari romani. Espediente tattico che si ritrova peraltro ab bondantem e nt e contemplato nell 'opera del Montecuccoli, a conferma della sua diffusione. L'abbinamento della straordi naria potenzialità ostativa del volume di fuoco provocato da una salva di fucileria e del riparo fornito alle unità di tiratori dalle masse di terra opportunamente configurate, costituì indubbiamente la premessa di un'inedita tipologia di opere difensive. In ultima analisi una fortificazione squisitamente campale mutatasi in fortificazione permanente, grazie alla sua apparente dote di estrema se mplicità

L'innovativa concezione, infatti, fu accolta favorevolme nte non solo dagli s tati maggiori ma so prattutto dalla dirigenza politica in quanto consentiva l'adozione di st rutture difensive di rapido approntamento, almeno inizialmente , quindi s icuramente meno costose e non implicanti l'immenso numero di cannoni che con il loro ragguardevole prezzo contribuivano a far levitare enormemente l'onere globale della fortificazione perimetrale. Per tradurre in pratica quelle interessa nti premesse e que ll e accattivanti promesse, superando la fase di me re linee di tend enza, occon-eva però apportare alquanti adeguamenti strut turali alle fortificazioni canoniche, nate ed elaborate, come in precedenza delineato, per una diversa logica di fuoco e per un diverso armamento.

Senza dubbio le nutrite salve dei moschettieri e dei fuci !ieri aveva no dimostrato di poter sost ituir e nella protezione delle mura quelle dell'artiglieria, ma solo per distanze non eccedenti la loro gittata efficace, ovvero non più di 150 m. Senza contare che i bastioni dimensionati per ospitare appena alcuni cannoni non disponevano dello spaz io necessario, né della giusta co nformazione dei parapetti, per consentire lo schieramento di numerosi tiratori. In conclusione mentre l'interasse fra i bastioni appar iva troppo grande, la dimensione dei bastioni stessi ri sultava troppo piccola. Scartata ovunque la ve ll e itaria sol uzione di reimpostare la geometria del fronte bastionato, unica alternativa praticabile per avvalersi di quella straord in aria opportunità, restava l'inserimento di opere addizionali dinanzi alle vecchie.

L ' infittirsi progressivo di tali elementi rese la nuova fortificazione bastionata non so lo perfettamente congrua alle prestazioni della moschetteria, ma proprio per la riduzione delle distanze da battere consentì di incrementare ulteriormente l'adozione delle artiglierie da caricarsi a mitraglia. Esaltandone le prestazioni con pochi colpi, in rapidissima seq uenza e senza bisogno di alcun brandegg io , quei pezzi spazzavano in modo terribilmente accurato i fossati dagli eventuali assalitori. Non che in precedenza tale opportunità non venisse debitamente sfruttata ma per ottimizzarla sarebbe sta to indispensab ile ridun-e l 'in tera sse fra i bastioni esse ndo la gittata efficace della mitraglia notevolmente più breve del tiro a palla, di poco inferiore anche di quella del mo sc hetto. Siffatta opzione, però , avrebbe inevitabilmente comportato un incremento del numero dei bastioni e per conseguenza del costo del l'intera fortificazione in maniera in sopporta bile. Non così con i suddetti inserimenti di opere accessorie avanzate in terra di riporto.

Non mancarono tuttavia gli svantagg i, in particolare quelli connessi con la proliferazione delle opere minori. Queste, infatti, per essere più deboli e delicate finivano per accrescere le vulnerabilità complessiva dell'intera piazza ai pezzi nemici. Facile impadronirsene da parte degli assedianti trasformandole in ottime postazioni d'artiglieria avanzate, e per contro improbo riconquistarle da parte degli assediati. Per frustrare la temibile evenienza si finì per renderle gradatamente più resistenti, fino a renderle a ltretta nti capisaldi autonomi. Il che obbligò ad una maggiore articolazione dei movimenti della terra antistante, realizzando rilevati accortamente sagomati per cop rirn e la sagoma. La definizione complessiva essendo frutto di una decisione progettuale più o meno discrezionale e soggettiva divenne l a precipua nota distintiva delle diverse scuole europee. D i tutte quella certamente più interessante ed emblematica fu l'olandese, che influenzò persino il celeberrimo Vauban. Non potendo e non essendo inoltre significativo ai fini della ricerca, approfondire i tantissimi sistemi fortificatorii da quel momento elaboratisi (7> , neppure quello olandese in ognuna delle sue innumerevoli varianti evolutive, ci limiteremo a delineare di quest'ultimo una brevissima sintesi evidenziandone appena le peculiarità salie nti che saranno poi i canoni base della fortificazione della seconda metà del XVIII secolo.

La caratteristica sub it o evidente del sistema olandese, fu la sua straordinaria ampiezza: in esso quasi sempre la s up erficie complessiva delle difese s up erava abbo nd antemente quella difesa! Ovviamente ciò tornò attuabile in virtù dell'assoluta uniformità del terreno, priva della sia pur minima as p erità, del sia pur minimo rilievo e per giu nta con una falda freatica quasi affiorante, ideal e per allagare gli immensi fossati senza ricorrere a cana li di derivazione e c hiu se. Entrambe le caratteristiche non costituivano di per sé una eclatan te novità, ma lo divennero per le dimensioni inusitate c he consentiro no opere, prive di qualsiasi precedente. Si eressero così enormi bastioni , relat ivame nt e bassi nei fossati e grandi spalti con conseguenti eccezionali movimenti di te rra ed altrettanto consi d erevo li occupazioni di aree circostanti la piazza. Pe r garant ire un maggior volume di fuoco radente vi erano poi a ll a base delle cortine delle cosiddette falsehraghe, ovvero una sorta di percorso protetto da palizzate e gabbioni, di altezza uguale a quella del muro di controscarpa esistente sull'altro lato del fossato: in sostanza delle antesignane trincee di notevole larghezza. Quanto alla funzione prioritaria della falsabraga consisteva nel permettere di battere il ciglio dello spalto e la strada coperta, nel malaugurato caso fossero caduti nelle mani del nemico. Quest ' ultima , infatti, era un ampio camminamento completamente defilato che si snodava quasi ai piedi del muro di controscarpa, necessaria per i movimenti dei difensori.

Volendo meglio dettagliare:" .. .il profilo della fortificazione olandese consiste in un rampale più o meno a lt o, con parapetto rivestito in terra a scarpa naturale ; a poca altezza dal pelo dell 'acqua havvi un'ampia berma con parapetto al primo che prese il nome di falsa braga ... su di essa ponevas i palizzate, steccate, cavalli di frisia e simili: col munirla poi di parapetto si ottenne una seconda linea di fuoco in rinforzo della principale.

11 tracciato poco di ssimile dall 'i taliano , fu completamente descritto da Freitag nel l 630. I bastioni sono ampi coi fianchi perpendicolari a ll a cortina; le linee di difesa del recinto principale sono, come presso gl'italiani, dirette a due punti della cortina, e quelle della falsabraga ag li a ngo li della cort ina. Al di là di un fosso pieno d'acqua largo da 30 a 40 metri havvi un piccolo rivellino senza falsabraga dinanzi alla cortina, ed una lunetta s imil e rimpetto al sagl ien te del bastione. A questa lunetta Freitag dà il nome di mezzaluna il qual nome passò in seg uito . .. a l ri vellino ampliato. Gli olandesi fecero frequente uso di opere add iz ion ali esterne, quali sono le opere a corna e le corone semplici e doppie, imitate poi dal Va uban " 18 l

Per evitare che la falsabraga da micidiale ostacolo si trasformasse in vantaggio per gli assedianti, in quanto spezzando l'altezza delle cortine ne agevolava l a sca l ata, decimando per giu nt a i difensori con le schegge provocate dagli impatti delle palle sulla sovrastante cortina battuta in breccia, si impose senza al- ternativa l'ampliamento a dismisura dei fossati ed il loro allagamento. Solo così le batterie d'assedio non avrebbero potuto portarsi a tiro smantellando la cerchia principale e le ondate d 'assa lto non avrebbero potuto avventarsi sulla stessa. Indispensabile complemento a quel punto la strada coperta, l'unica soluzione capace di consentire alla fucileria dei difensori di sc hierarsi al di là del fossato in modo da poter battere gli attaccanti, indipendentemente dalla sua larghezza. Per scongiurare l'eventualità che il nemico collocando in un settore appena conquistato i propri cannoni con un appo s ito angolo potesse prend e rla d ' infilata mas sacrandovi schiere di soldati, la sua lunghezza fu segmentata tramite delle robuste muraglie trasve rsali, dette appunto traverse , sufficientemente solide per arrestare le palle di qualsiasi calibro.

Intorno agli anni '70 del XVII seco lo , le descritte fortificazioni del sistema olandese subirono ancora ulteriori adeguamenti per renderle capaci di sos tenere gli a sse di scientifici del Vauban. In larga s intesi consistevano nel defilare tutte le ma sse murarie alla vista diretta dal)' es terno; nel ri st rutturare i bastioni con fianchi a grande sv iluppo; nell ' i so lare i capisaldi esterni, ovvero nel compartimentare il perimetro, in maniera che la perdita di un settore non implicasse lo scadimento dell'intera piazza; nel ridurre al mass imo il terreno antistante alle opere avanzate, indi s pensabile al nemico per l'istallazione del suo parco d 'assedio.

Ques t ' ultima caratteristica significava in pratica l' occupazione massiva degli spazi disponibili o , nel caso di piazze costiere il loro isolamento tramite un ' enorme tagliata od un ordine plurimo di fossati e rivellini. In definitiva tale sistema, meglio noto come del Coehoorn, architetto militare (9> salito alla ribalta con l'invasione dell'Olanda da parte di Luigi XIV nel 1672, si può assimilare più che a un fronte bastionato di rinascimentale memoria, ad un colossale campo trincerato. Una fortificazione quindi molto articolata e rivestita di muratura, protetta anteriormente da un fosso asciutto e quindi da opere a tenaglia ed ancora da un secondo fos s ato, più esterno allagato, oltre il quale

IN GEGNO E PAURA TR ENTA SECOLI DI FORTIFICAZIO NI TN I TAL IA

si trovano le mezzelune , le controguardie e d un ennes imo fossato asciutto.

Senza addentrarci ulteri ormente nel dedalo di dettagli, appare a ques to punto evidente come da una iniziale premes sa di t i po se mplificativo , dopo circa m ezzo seco lo , per s ucces s ivi perfezionamenti s i pervenne a quegli immens i s ist emi, la cui caratteristica peculiare de st inata a sv ilupparsi ulteriormente fu quella d e lla compartimentazione dell e loro s ingole opere. Il che, per ovvia conseguenza dovendo in qualche modo ciasc una di esse mantenere un collegamento con la piazza assolutamente protetto , significò l'abnorme sv iluppo della rete delle infra s trutture so tterranee, dalle grandi gallerie agli infimi cunicoli, premesse a loro volta per l'accentuazione esponenziale della guerra di mina e della re s istenza autonoma dei capisaldi.

E sig nificativamente proprio con du e episodi d e l genere, nei quali so no state intravi ste alcune affinità , può concludersi questo terzo itinerario lungo l ' ingeg ne ria stimolata dalla paura. Entrambi e bbero per t eatro fortificazioni impiegate od erette nel corso della cosiddetta Gueri-a di Successione di Spagna, per l 'esa ttezza la cittadella di Torino ed il Fortino di Vigliena a Napoli. Il primo episodio fu in un certo senso il debutto d e l seco lo d ei lumi e d il sec ondo la s ua conclusione, coincidente col tramonto dell ' età moderna. In quanto alle ragioni di quella ennesima guerra dinas tica che riu sc ì a coinvolgere città tanto di sta nti e di s tinte per storia e per urbanisti ca, è indi s pensabile qualche precisazione.

All ' approssimarsi dello s cadere del XVIII secolo l'enorme compagine imperiale asburgica ini z iò a manifestare evidenti sintomi di un imminente collasso. Pers ino so tto il profilo della continuità dinastica la crisi s i confermava prossima, poiché: " .il problema della s ucce ssi one s pagnola si era fatto acuto. Carlo II non aveva avuto figli dal s uo primo matrimonio , quello con Maria Luisa d'Orléans, morta nel 1689. Fu s ubito evidente che figli non ne avrebbe avuti neanche dalla seconda moglie , ! "'au s triaca " Marianna di Neuburg, figlia del!' elettore palatino e sorella dell'imperatrice. Via via che svanivano le speranze che il re spagnolo avesse un erede, le potenze europee si impegnavano in intricate manovre per mettere le mani sul retaggio della Corona spagnola. Le seconde nozze di Carlo 11 avevano indotto Luigi XIV a dichiarare ancora una volta guerra alla Spagna..." (J OJ _

Le ostilità, tuttavia, si conclusero nel 1697 con il Trattato di Ryswick e nella circostanza il Re di Francia si dimostrò ast ut amente generoso, cercando di conseguire diplomaticamente ciò che militarn,ente appariva più difficile: insediare sul trono spagnolo un esponente della casa di Borbone. Il 1° novembre del 1700, l'ultimo e derelitto sovrano della monarchia asburgica spagnola, Carlo 11, morì.

Non si trattò di un evento improvviso e meno che mai imprevisto: da anni, infatti, le condizioni fisiche e mentali del re lo avevano preannunciato. Da mesi, poi: "intorno al morituro Carlo II ... [si tesseva] una fitta rete di intrighi a servizio dei Borboni di Francia o degli Asburgo d'Austria gli uni e gli altri bramosi di carpirne, a dispetto dei principi di equilibrio europeo banditi solennemente nelle paci di Westfalia la pingue eredità del ramo spagnolo degli Asburgo " (11 > Il disgustoso mercanteggiare pervenne a livelli tali che lo stesso Carlo, in un estremo sussulto di dignità, temendo lo smembramento dell'Impero, prescelse a succedergli il principe Giuseppe Ferdinando di Baviera, un bambino di appena sette anni, figlio dell'Elettore di Ba viera. La prematura scomparsa, questa sì improv visa ed imprevista, dell'erede designato nel 1699 riacutizzò la questione ed incrementò le trame europee. Nel maggio successivo, prossimo a lla fine, Carlo II nelle dispos i z ioni testamentarie nomin ò il duca Filippo d' Angiò, secondogenito del Delfino, e quindi nipote di Luigi XIV, suo s ucc essore, sperando c he la scelta costituisse il minore dei mali per l'Impero e per i sudditi. Nell'aprile del 1701 il nuovo Re, designato come Filippo V di Borbone, di soli 17 anni, fece la sua solenne comparsa in Madrid, ben accolto dalla popolazione. Ma, in breve, gli eventi van ifi carono l a spe ranza del defunto sovrano concretizzandone, invece, il timore: la Guerra di Successione Spagnola, che si sarebbe protratta per ben 11 anni, scoppiò nel 1702, e vide contrapposte le forze franco-ispaniche a quelle austro-britanniche.

La cittadella di Torino nel 1706

Quando il de Grunemberg progettò la cittadella pentagonale di Messina, molto probabilmente si ispirò non solo a quella di Anversa, o di Lilla, capolavoro quest'ultima del Vauban, ma forse più verosimilmente a quella di Torino. Fatta erigere da Emanuele Filiberto a partire dal 1564 aveva anch'essa, infatti, la configurazione di pentagono regolare con cinque bastioni ai vertici e due porte di collegamento con l'esterno. Di esse la prima, detta del Soccorso, si apriva verso la campagna, mentre la seconda sboccava invece su di un ponte che la collegava con l'antistante mezzaluna, dal che la designazione di Mezzaluna del Soccorso. Nonostante l'evidente grandiosità della fortificazione perimetrale di Torino, l'apice della sua complessità risultava asso lutamente invisibile, dipanandosi a diversi metri sotto terra. Ben 14 km di gallerie e cunicoli correnti a varie profondità costituivano il suo intricatissimo dedalo d i contromine. E quelle interminabili ed anguste viscere della piazza ad intervalli regolari si allargavano, formando dei piccoli vani, detti camere di mina. In esse s i sarebbe dovuto costipare l'esplosivo da far brillare non appena le sensibili orecchie delle sentinelle avessero percepito, con assoluta precisione, l'adiacenza della testa di uno scavo nemico da mina. Una guerra di talpe, condotta nel tenue barbaglio delle lucerne cieche, in amb ie nti poveri di aria e trasudanti umidità, col ri schio continuo di frane ed esplosioni.

Allorquando Luigi XIV manifestò al Vauban l'intenzione di attaccare Torino, questi non mancò di fargli osservare c he l a città, per molti aspetti simile a quella di Lilla, era protetta da una cinta di diciassette o diciotto bastioni, da una c ittadella pentagonale di notevole solidità , e soprattulto era reputata inviolabile per l'articolatissimo sistema di contromine. Anzi , volendo chiarire senza ombra di dubbio il suo parere, a costo di apparire cinicamente brutale, in quella rete di cunicoli il re avrebbe finito per seppellire vivo il suo esercito <121 •

Nonostante la sensatezza del parere che, implicitamente suggeriva di non cimentarsi in un investimento ossidionale tanto azzardato, nell'agosto del 1705 nel1'ambito delle operazioni dell ' accennata Guen-a di Successione di Spagna, le truppe francesi comandate dal generale Louis Françoìs Aubusson , duca de la Feuillade , circondarono Torino accingendosi ad assediarla. In realtà occorsero ancora alcuni mesi affinché tutto fosse concretamenle pronto per 1' avvio del] ' assedio propriamente detto. A quel punto , però, mentre intorno alle mura stavano posizionati oltre 40.000 assedianti all ' interno se ne contavano appena J0.000. Un rapporto quindi di uno a quattro, asimmetria perfettamente compensata dall ' efficacia delle fortificazioni che spiega pienamente la titubanza francese ad aprire il fuoco.

Finalmente intorno alla metà del maggio del 1706 le batterie d'assedio concentrarono sulla disgraziata città un diluvio di proietti e di bombe cli mortaio. Superato il primo comprensibile panico, la popolazione civile si prodigò per aiutare la difesa incurante del persistere del tiro. DaJ canto loro le batterie della piazza ap1irono un efficace controtirn , senza però eguagliare per intensità quello nemico: la polvere, infatti, scarseggiava e la raccomandazione deJlo stesso Vittorio Amedeo era stata di non sprecarne inutilmente. Ragion per cui si preferì impiegarla piuttosto sottoteITa nelle mine che al di sopra dei bastioni nei cannoni. I risultati confermarono di lì a breve Ia sensatezza della scelta.

Volendo meglio precisare la rete di cunicoli in cui la ten-ibile guerra delle mine stava per scatenarsi, va ricordato che si dipartiva: ·• ... dalle gallerie 'capitali' che da ogni bastione principale della cittadella, a partire dalle mezzelune, si sprofondavano in linea retta e in leggera discesa verso la campagna, fino a quattordici metri di profondità e fin oltre l'ultimo spa l to. Qui si concludevano con un grappolo di fornelli da mina.

Parallelamente a queste gallerie capitali , dette 'basse' , con-evano , sei o sette metri più in alto, a partire dai fossati, le capitali ' alte'. Anch ' esse erano dotate di fornelli da mina ed erano us ate per l'ascolto sotten-aneo dei movimenti nemici ... " <13 J _ Oltre alle suddette gallerie ve ne erano ancora numerose secondarie , dei veri cunicoli correnti in ogni direzione. In ultima analisi quasi ogni punto della sovrastante superficie del terreno poteva ritenersi nel raggio d ' azione di una qual s iasi mina, opportunamente dosata.

La prima terribile manifestazione di tale potenzialità si ebbe verso la metà di luglio, quando un'enorme esplosione formò una voragine che inghiottì una quarantina di Francesi con i relativi armamenti. Il 7 agosto gli assedianti riuscirono ad infilar s i nei cunicoli ma la reazione che ne seguì, violentissima e spietata bloccò la penetrazione colmando quegli angusti ambienti di cadaveri, che solo i forzati col miraggio della libertà riuscirono ad evacuare. Dovunque si moltiplicavano le esplosioni sotterranee ed i ga s che sprigionavano saturavano intere gallerie per vari giorni, uccidendo in pochi minuti chiunque vi si fo s se incautamente avventurato. Il 24 agosto un ' ennesima grande mina perfettamente localizzata lanciò in aria schiantandoli ben undici cannoni d'assedio con i relativi serventi.

Ma anche le mine francesi iniziarono a farsi temibilj: tre giorni dopo , infatti. per l'esattezza il 27 agosto s altò così un'intera sezione del muro di controscarpa della Mezzaluna del Soccorso. Subito gli assedianti si lanciarono al l'assalto, guadagnando per alcuni minuti la sommità delle mura. Il rabbioso contrattacco dei Granatieri dapprima bloccò il dilagare dei nemici poi li rigettò nel fossato, consegnandoli alla micidiale mitraglia delle cannoniere traditore . Un on-endo groviglio di corpi dilaniati, molti dei quali ancora in vita venne a quel punto sepolto sotto cumuli di ramaglie secche alle quali fu dato fuoco , respingendo così la richiesta di tregua francese per salvare i feriti. L' assedio è ormai un'atroce mattanza, senza più alcuna parvenza cavalleresca.

Il 29 agosto una nuova infiltrazione france se raggiunge la capitale alta. e so praffatta la guardia vi penetra dirigendosi tramite una scala verso la capitale hassa: poche centinaia di metri ed il manipolo di incursori sarebbe pervenuto all ' interno della cittadella, con conseguenze tragiche. La base della scala, però, era stata prudentemente minata in precedenza ed un paio di granatieri vi si trovavano di guardia, uno dei quali di nome Pietro Micca. All ' irrompere dei Francesi i due uomini ebbero la prontezza di chiudersi alle spalle la ma ssicc ia porta, e mentre gli intrusi febbrilmente cercano di sfondarla il Micca, facendo allontanare con la celebre frase il suo compagno, provvedeva ad accendere la miccia della mina. L' imminente cedere della porta lo aveva costretto a ridurre al minimo la sua lunghezza e quando l'esplosione avvenne, oltre a dilaniare gli attaccanti, scag liò anche l'eroico difensore contro la parete del cunicolo, provocandone la motte. Il commilitone sopravvissuto racconterà di averne sentito gli ultimi gemiti.

Otto giorni dopo i Francesi so rpre si dal contrattacco austro-piemontese, rotto l 'assedio abbandonarono la città in di so rdinata fuga.

Il Fortino di Vigli e n a

Proprio nell ' anno della morte di Carlo Il era giunto a Napoli, con l'incarico di viceré , don Giovanni Emanuele Femandez Pacheco duca di Escalona e marchese di Villena. Cinquantenne cli estrazione militare non impiegò molto per realizzare l 'asso luta inconsistenza difensiva della capitale al profilarsi di probabili attacchi navali inglesi. Senza alcun indugio, agli inizi di marzo , emanò le apposite ordjnanze per la realizzazione di cinque modernissimi fo1tini costieri da scaglionare tra Napoli e Castellammare, ovvero in media uno ogni tre chjlometri 114 > Per l'esattezza il primo, che ne tramanderà il nome, f-u insediato sulla spiaggia dell'attuale S. Giovanru a Teduccio <15l : di tutti fu senza dubbio il più razionale ed avanzato. Progettato dal1'_ingegnere napoletano don Filippo Maiinello, ostenta significative analogie con coeve fortificazioni francesi, reputate al momento tra le migliori del settore.

Dal punto di vista formale ricorda un grosso cuneo con lo spigolo volto al mare: Je sue due facce convergenti, lunghe circa 36 metri, sopportavano cias cuna tre cannoni di grosso calibro s chierati in barbetta, mentre un settimo sovrastava lo spigolo stess o. Verso terra il forte si concludeva con due piccoli fianchi , lunghi a loro volta circa 20 metri, formanti fra le loro estremità un segmento rientrante contenente l'ingresso, servito da un ponte levatoio scavalcante il modesto fossato, ampio mediamente 9 metri , che circondava quasi interamente il fortino. Una fitta teoria di fuciliere assicuravano il rispetto alle s palle.

Secondo i dettami dell'epoca l ' opera risultava particolarmente bassa, circa 5-6 metri dal fondo del fosso, ben defilata al tiro navale , e difesa da possibili colpi di mano da due piccolissimi bastioni disposti simmetricamente alla base del 'cuneo ' Tutto il perimetro era debitamente tenapienato all ' interno , con spessori che attingevano oltre 7 m sul fronte a mare , interpretati fino ai recenti ss imi s cavi come casematte, altrettanti alloggiamenti di una nutrita guarnigione. L'acce s so alla sovras tante piazza d'armi avveniva attraver s o una rampa lunga circa 18 m., montante dal corti letto i ntemo t1iangolare. Nessun sotterraneo, tranne una cisterna centrale, e due piccole casematte nei bastioncini per la difesa radente del fossato: al di sopra di queste ultime in quello di sinistra, a livello ciel cortile, la polveriera ed in quello di destra un deposito di attrezzi. La costruzione fu portata innanzi a tempo di primato tanto che in soli tre anni il fortino fu ultimato: nel 1705 risulta già armato e presidiato 11 ">

Gli eventi che seguirono non videro la paventata aggressione biitannica: Vigliena ed i con s imili capisaldi non ebbero pertanto occasione di tirare neanche un colpo. La pace ratificata nel 1713 con il Trattato di Utrecht, sancì di fatto lo smembramento dell'Impero spagnolo. li Regno di Napoli passò così all'Austria, e con esso i famosi fortini che si avviarono , in ottemperanza alla mutata visione strategica. ad una tranquilla obsolenza. Ma, non trascorsero neppure vent'anni, che il precario assetto fu posto nuovamente in discu ss ione da un ' ennesima crisi dinastica, pas sata alla storia come guerra di Success ione di Polonia, conclusas i nel 1734. Il regno di Napoli, dopo una s erie di combattimenti tornò alla Spagna, per essere ceduto insieme a quello di Sicilia, in data I 5 giugno dal s ovrano Filippo V, al suo primogenito Carlo III, in entità autonoma.

Nonostante la s ua giovane età il nuovo sovrano realizzò s ubito la gravi s sima debolezza del s uo stato e tentò di porvi rimedio istituendo un adeguato supporto militare. Nacque così il primo nucleo di un'inedita forza armata napoletana di terra e di mare , con le relative pertinenze di opere e navi. Nella circos tanza anche i fortini vennero potenziati, curandone in particolare l'i s olamento da tergo tramite l' impianto di un robusto rivellino e l'interposizione di un secondo ponte levatoio. Pochi anni dopo , nel 1759 , Carlo dovette lasciare Napoli per succedere al padre sul trono di Spagna. Al s uo posto insediò il figlio Ferdinando , all'epo- ca un bambino di s oli otto anni , s otto la reg genza di Bernardo Tanucci.

Il programma di riarmo e di aggiornamento delle forze armate pro s eguì con ulteriori incrementi che s ubirono una v isto s a impennata in cons e guenza dell a Rivoluzione Frances e. La tragica sorte di Maria Antonietta , sorella della regina di Napoli acuì la già connaturale avvers ione della corte napoletana nei confronti degli ideali democratici proclamati a Parigi, inducendo Ferdinando IV, ad onta della sua proverbiale prudenza , a rigettare la richiesta di riconoscimento del nuovo regime. Come paventato le cons eguenze non si fecero attendere. Nella primavera del 1792 a Napoli reputandosi ormai imminente una ini z iativa navale frances e, s i intensificarono al paros sismo i preparativi difens ivi lungo la marina. Diverse batterie , armate con i modernissimi e micidiali obici da 32 libbre de s tinati al tiro a pall e roventi contro i vas celli vennero rapi- damente attivate e, tra queste, anche quella di Vigliena. Da un'estremità all ' altra del golfo si susseguivano postazioni di artiglieria, forti complessivamente di quasi 500 pezzi, mentre circa 15.000 uomini di truppa regolare e 12 reggimenti di milizia presidiavano ogni metro di arenile.

Ma quando alla fine comparve la squadra francese, peraltro di insignificante entità, l'isterico terrore di Ferdinando inibì ogni resistenza.

Il pavidissimo comportamento del sovrano trovò nei giorni successivi una plausibile giustificazione nella presenza di circa 50 .000 giacobini pronti ad insorgere al primo colpo di cannone. Si trattava di una diceria ovviamente non vera, ma disgraziatamente molto verosimi le, serpeggiando da tempo esplicite simpatie rivoluzionarie. In fatti, allontanatisi i vascelli non si allontanò il sospetto, ed il contagio ideologico che la corte borbonica cercava disperatamente di tenere lontano, proprio con il vile episodio, si era diffuso ulteriormente fra gli strati più colti e più benestanti dei sudditi, incrementandosi negli anni successivi. E quando un esercito francese nel 1798 superò le frontiere del Regno parve a molti i1 tanto auspicato avvento della repubblica. li re il 22 dicembre fuggì alla volta di Palermo , mentre a Napoli il 25 gennaio si insediava un governo provvisorio: quanto all'ese rcito regio, sbandato e disperso, ne sopravvisse soltanto l'aliquota di stanza in Sicilia.

La vergognosa disfatta trovò nel card in ale Ruffo un fanatico vendicatore A so l e due settimane dalla proclamazione della repubblica, l'a lto prelato sbarcava in Calabria, deciso con l'aiuto di raffazzonati seguaci a riconquistare il Regno. Il trascorrere delle settimane v ide un incessante affluire sotto le sue insegne, più note come della ' Santa Fede' sch iere di popo l ani ed alcuni contingenti militari inviati dallo zar di Russia e dal Sultano di Costantinopoli: fu quello l'unico esempio di truppe ottomane comandate direttamente da un cardinale cristiano!

Con l'incrementarsi dei realisti si dissolveva ogni resistenza, poiché quasi tutti g li abitati si consegnava- no al Ruffo temendo il saccheggio a cui sarebbero stati so ttoposti in caso contrario. Ai primi di giugno la situazione nella Capitale è ormai disperata: manca il pane e scarseggia persino l 'acq ua, mentre i sanfedisti sono ormai a pochi chilometri di distanza. Il giorno 11 il fortino è attaccato contemporaneamente da mare e da terra: i difensori tuttavia riescono a resi stere. All'estremo della disperazione il governo repubblicano decreta per la sola città la coscrizione obbligatoria, requisendo persino i cavalli da tiro. Trascorre in quegli angosciosi preparativi anche il giorno 12 e dopo una notte insonne spunta l'alba del giovedì 13.

L'orda del Ruffo è ormai a ridosso di Napoli dirigendovi per la direttrice più breve , l'antichissima strada per le Calabrie, all'epoca ancora libera dalla teoria ininterrotta di caseggiati che in seguito l'avrebbero costipata. A contrastargli la marcia , soltanto gli scarni e scoraggia ti manipoli repubblicani e, qualche chilometro più ad est, il vecchio fortino di Vigliena, estremo retaggio dei viceré spag noli ed ultimo avamposto repubblicano: sette cannoni di marina ed un pugno di calabresi comandati da un certo Toscani, fervente patriota, già prete in Cosenza (17}

Con l'inoltrarsi del la mattinata alle orecchie della sua guarnigione il cadenzato frangersi della risacca iniziò a dissolversi nel crescente e terrificante clamore della massa in avvicinamento. Il gridio, dapprima indistinto e confuso, sembrò ben presto ai difensori sovrastato da una parlata nota, quasi familiare. Non si sbagliavano poiché a fianco ai soldati dello zar, del s ult ano e di Ferdinando IV avanzavano torn1e di miserabili calabresi, formando nel l oro in sieme un 'o ndeggiante e policroma marea che, istante dopo istante, ricopd dappertutto la grigia sabbia vesuviana, trasformando il piccolo caposaldo in una sorta di isola biancastra, appena affiorante e sempre più minuscola.

Pochi minuti ancora ed al barbàglio delle tante lame di falcioni, di roncole e di baionette si inframmezza l ' intermittente sfavi lli o crepitante della fucileria. L'attonito stupore sugli spalti cessa di colpo ed il cupo tuonare dei pezzi ristabilisce i precis i ruoli. Una densa coltre [ di vo lute di fumo rotola dalle cannoniere verso la spiagg ia, rischiarata frequentemente da rossastre vampate che preannunciano agli incauti attaccan ti le mic id iali sa l ve a mitraglia. Ag li strepit i degli esa ltati succed o no gli urli dei dilaniati, mentre la cadenza di fuoco divenuta spasmod ica, impone a ll a massa un rapido riflu sso.

Ma la tac it azione del caposa ld o non p uò rinviarsi perché quelle stesse artig li erie, sebbene postate or iginariame nt e per i l tiro nava le riescono a battere anc h e l a v ic in a strada, scompag in a ndo l'avanzata. Le truppe msse , probabilmente l e sole d otate della capaci tà militare di affrontare un in vestimento coordinato tentano a ll ora di espug narl o d'assalto. Con perdite inge nti il rabbioso tiro dei difensori ri caccia i sol d at i dello zar a distanza di sicurezza. L'iniziat i va passa a llora ad un a batteria ca mpal e realista, che fa convergere le traiettorie s ul fianco del caposaldo, spesso meno di un paio d i me tti In poch e ore la m uraglia di tufo sconvo lt a dai devastanti impatti s i sgretola irreparabilmente. A l diradarsi della densa polvere appare una vasta breccia: le s ue m acerie hanno per g iunta co lmat o il fossato, co nsentendo perciò l'im1zione: dei difensori molti giacciono uccisi, molti altri feriti mentre i restanti b,u-collano stordi ti. La z u ffa divampa te rribil e e spietata a ll'arm a bianca non di rado tra compae s ani . Il Toscani a ll ora, acco rt osi della imminente sopraffaz ion e, conscio dell ' inesorabile destino dei s uo i co mmilitoni, benché trafitto più vo .lte, barco ll a ve r so l a polveriera, ed invocando Di o e l a Lib ertà fa brillare i tanti barili di polvere accatas tat i.

Qu esta, almeno, sta ndo a ll a ricostruzione del Coll e tt a , sino a poche sett im ane prima ufficiale di a rtiglieria dell'esercito borbonico e quindi passato nelle file dei repubblicani, la g lorio sa fine del fortino di Vig li e n a e della sua guarnigio ne

Cosa s ia rea lm ente acca duto negli is ta nti s ucc essivi all ' irru z ione è difficile stabil irl o pe r l a confusione c h e da quel momento circo nd ò J" intera v icend a . L e contraddi ttori e rico stru zio ni che si sono s uccedute da allora, tutt e più o meno afflitte da partigiane1ia per l ' una o l'altra fazione, non hanno favorito l'acquisi- zione della verità . Per i filorepubb li cani si trattò del volonta r io s acrificio di un pugno di eroi , per i filoborbonici di un in cide nte verifica tosi nelle ore immediata m e nte s uccessive alla co nqui sta provocato o dalla disattenzione dei vi nc it ori intenti a sparti rsi la po l ve re , o da un a min a a scoppio ritardato innescata dai difensori prima della sopraffazio n e. Di cer to i l fortino non andò distrutto ed a ltr ettanto ce rt ame nte fra le s ue mura si estri nsecò una disperata resistenza di un pugno di rep ubbli cani, la cu i trag ica morte, conseguente o di poco precedente a l l'esplosione di a lcun i barili di polvere, diede or igine al mito di un Pi etro Micca napol etano.

Il mare, c he per oltre due seco li ha lambito e coIToso le mur aglie de l fo11ino, dalla somm it à dei loro incerti rud e1i oggi nemmeno si vede. Al suo posto svettano le c imini ere di una ce ntr a le termoelettrica de l] ' ENEL Qu ella che fino ag li iniz i del nostro secolo era un a s plendida e profumata sp i aggia si è trasformata in una casba di capannoni fatisce nti ed irregolari , sconci cadaveri di un' industriai izzazione defunta dopo un a mi serabile esis te n za. Al pari delle be ll ezze paesaggistiche sbra na te dalla barbarie di un ve ll e it ario sviluppo, anc h e i resti del fortino di Vigliena non sono riusciti a sco nfi gge re l a barbarie dell'incultura. Sommersi da s trati di detriti e di spazzatura, co rro s i, anno dopo a nn o, dall ' assed io d e lla sq uallida cementificazio ne c iJ'cos ta nte non differivano, fino a pochi mesi fa , da un'anonima discarica, ornata dall e gramigne ed arredata dalle onnipresenti carcasse d'autovetture. Con lo spirar e del mill e nnio , finalmente, se ne è avv iat a l ' esumaz io ne rim oven do l ' immondo su d ario

Come in tanti ese mpi g ià rilevati nulla di eccezional e: l ' a bbond a nza di un bene ge nera il disinteresse anche quando, co me in qu es to caso, la retorica se non l a Storia avrebbero impli cato il contrari o. M a tant ' è in un paese c he veros imilm e nte non ha bisogno di ero i Ad ogni buon conto in qu es to mod esto caposaldo, a ll o s pir are de ll 'effimera R e pubbli ca P arte nop ea , assu rd o coace r vo di utopia e razion ali tà, di a ltrui smo ed egoi - smo, di vi g liacch e ria ed eroismo, di cultura ed ig noranza . la fede di pochi ge nero si ri sca tt ò l ' ipocri s ia cli tanti sed i cen ti p at rioti. L e poche ore di s tr e nu o combattimento e di tem e rario furore dimo s trarono se non altro l 'aspiraz ione al la dignità di un int ero popolo, indipend entemen te dalla s ua s trum e ntale s uddi visione. Dis perato coraggio ebbero infatti i suoi s paruti dife n so ri. co nsapevo li de i rischi m o rtali a c ui l 'esponeva quell'inutile resistenza. Ma a ltr e ttanto coragg io e bb ero pure molti a tt acca nti anch'essi consapevoli dei rischi mort a li a cui r es pon eva l'altrett a nto inutil e investi me nto di quell ' ultimo ed isolato caposaldo. Ness un a ricompensa o g lori a per gli uni , nessuna g lori a o bottin o per g li a ltri. Moti v i en trambi va lidi prima e dopo l 'U nit à d'Ital ia per preservare quel mi g liai o di mq dalla becera de vas ta zione: ma p ers ino la proposiz ion e a monumento na z ional e di quel fazzoletto di maceri e nel s uo prim o ce ntenario di a bband o no non tro vò accog lim ento. Valse ap pena a restringere l'offesa a qu e lle malconce mura, g i à mart o riate dall' artig li eria it a li a na - in qu anto assurte a comodo bersag lio - alle so le viole nze della natura. peraltro affatto trascurabili qu a nd o concomitanti in ri va al m are . Ma a llorquand o nel seco nd o dopoguerra la pr es unz io ne di ri so l vere sem p l icistica m e nte e rapidamente la questione meridionale individuò nelle sp iagge, ad oriente e ad occidente di Napoli, i siti id ea li per r ins e diam en to di tutt e le più s tra vo lgenti attività indu striali , in pe rfe tta co ncordan za co n quanto già avv iato d a i Borboni , pe r il fortino di Vigliena, cessò il coma e d ini z iò l' agonia. Sopra vv iss uto ind e nn e agli sco nvolgenti bombardamenti alleali, sopravvissuto a due seco li di m a regg iat e, ne ll' arco di poche stagio ni sva nì , dapprima sa l assa to come cava urbana poi sommerso dai rifiuti, per ri affiora re alla vi.g il ia del seco ndo centenario .

lNGEGNO E PAURA TRENTA SECOLI DI FORTlFICAZIONl IN LTALI A

Note Epilogo

1 Circa le condizion i vigenti al la vigilia della Guerra dei Trent'anni, cfr. J.Y. PousENSKY, La guerra dei trent'anni, Torino 1982, pp. 15 -80.

2 Sulla vicenda cfr. S. MASIN I, G. ROTASSO. Dall'archibugio al Kalashnikov, selle secoli cli anni da fuoco , Milano 1982, pp. 72 - 118. Riguardo alle conseguenze in campo militare della rivoluzione industriale e francese cfr. W.H. Mc NEII.L, Caccia al potere , cit.. pp. 156- 184.

• 1 Precisano al 1iguardo S. MASINI. G. ROTASSO, Da/l'archibugio al..., cit.. p. 77: "L'acciarino detto co nve nzionalmente 'alla micheletta' si diffuse in tutta l'area del Mediterraneo e venne costruito, ol tre che in Spagna (ad Eibar e a Ripoll ), anche nei territori soggetti al Regno di Spagna, in Italia e nell'America del Sud, e presumibilmente su ordinazione anche in E uropa Centrale, restando in uso su armi militari e civ ili fin o a tutto il XYlll seco lo, con esemplari fabbricati anche all'inizio dell'Ottocento".

5 Ri corda B. MONTGOMERY, Storia delle guerre Milano 1970, p. 276: " La base del successo di Gustavo Adolfo fu la sua int elligente conoscenza dell'organizzazione lo gistica led un] esercito nazionale reclutato, pagato, nutrito ed equipaggiato dallo stato L'eserc ito svedese differiva, come struttur a ed equipaggiamento, dagli altri eserciti e uropei in quanto cor ri s p o nd eva alla concezione tattica del re, nella quale avevano s uprem a importanza il fuoco e la mobilità ".

6 La citaz ion e è Lratta da W.H. Mc NEtLL, Caccia , ci t. , p. 109. Sulle conseg uenze del fuoco a 'raffica ' cfr. G. PARKER, La rivolu::.ione militare. Le innova::_ioni militari e il sorgere del/ 'Occidente, Bologna 1989, pp. 35 e sgg.

7 Per un quadro ria ssuntivo dei diversi sis temi fortificato1i europei e laborat i tra il XVII cd il XVITT secolo cfr. A. FARA, Il sistema ... , cit.,pp.15 1-252 w Da J.H. EL LI OTT. La Spagna imperiale ... , ci t. , p. 43 1.

" Da C. SACHERO, Corso di.fortificazione... , cit., pp. 71- 72 .

" Circa la co nc ez ione del sistema ideato da Men no van Coehoorn, I 641-1704, cfr A. FARA, 11 sistema , cit., pp. 210 -213.

11 Da T. CELOTTI, Storia di Spagna, Milano 1940, p. 638.

I ? La ci tazio ne è tratta da V. MELEGARl, J grandi assedi, Milano 1972, p. 167.

13 Da V. M ELEGARI, i grandi c il. , p. 167.

1 ~ Di essi, oltre a quello di Yigliena sop ravv i ve so ltanto quello di Rovigliano , si tuato su di uno scog li o ant istante la foce de l Sarno a ToJTc Annunziata. Completamente distrutto quello di Caste ll ammare, di Torre del Greco e di Portici.

15 Per un approfondimento su ll a genesi del fortino cfr. D. DEL Rio, S. ESPOS ITO, Vigliena, Napo li 1986, pp. 12 e sgg.

16 Una puntuale descrizione di com'era il fortino di Vigliena la forn isce G. ABATINO , // forte di Vigli ena, in Napoli Nobilissima. fase. Ottobre-Novembre 1899.

17 L'episodio è ricostruito più dellagliatarnente da F. R usso, Vigliena: autopsia di un fortino, in Studi Stor ico M ilitari 1999, Roma 2000, pp. 4-85.

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