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CAPITOLO TERZO

Cons id eraz io ni gen era li s ull e fo rtezze mar ittime d'a ltu ra

II fronte bastionato per la sua intrinseca concezione non si adattava all'impianto apicale più in generale alle opere erette sulle alture e meno che mai in montagna. In tali condizioni, infatti, le sue artiglierie non disponevano del terreno antistante necessario all' ottimale espletazione del fuoco d'interdizione < 1J Le bocche da fuoco, pertanto, non avrebbero potuto falcidiare con le micidiali traiettorie radenti le schiere attaccanti, defilate e disperse dalle asperità dei dirupi. La fortificazione quand'anche modernis s ima, scadeva vistosamente di efficacia non bastando a compensare la grave deficienza i pochi ma non trascurabili vantaggi, quali per tutti la minore vulnerabilità delle s uperfici esterne al fuoco nemico ed alle mine. In un contesto del genere, infatti , il cannoneggiamento ossidionale oltre a dovers i inevitabilmente condurre dai pochi erist retti settori concessi dalla accidentata morfologia dei siti, finiva inevitabilmente per percuotere gli estradossi delle fortificazioni sempre con grande obliquità. E l ' angolo delle traiettorie non di rado, attingeva valori prossimi, quando non superiori, a quelli di rimbalzo delle palle, trasformando così l' altrimenti devastante impatto in una insignificante deviazione. Parimenti di improbabiliss ima attuazione il ricorso alla guerra sotterranea , frustrato dalla durezza e dalla sa lde zza della roccia d'impianto. Nonostante ciò la sommatoria d ' entrambi i vantagg i, e di altri mi nori ancora, non compensava affatto l'impraticabilità del tiro radente, senza contare, poi , che anche il tiro dei pezzi sugli spalti diretto in depressione richiedeva accorgimenti di attivazione più complessi tormentando in maniera anomala gli affusti. Un'ultima osservazione delle conseguenze dell'insediamento di un 'ope ra bastionata su di un'altura deve ravvisarsi nella sua maggiore, e non di poco, cubatura complessiva, richiedendosi alla stessa, per garantire anche il se mplice tiro ficcante lun go le pendici una maggiore elevazione delle strutture rispetto alle similari di pianura. II che unitamente alle difficoltà di trasporto dei materiali ne incrementava esponenzialmente i costi, ragion per cui la loro adozione deve supporsi semp re dettata da motivazioni pratiche imprescindibili, per lo più non st rettamente difensive.

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È pertanto lecito affermare che il fattore di arroccamento tanto ricercato nei castelli medi eva li quale supporto esaltante l 'i nacce ssibilità e quindi la sicurezza passiva, nel caso di forti bast ionati si trasformava in una grave limitazione per la reazione attiva e quindi per l'efficacia complessiva dell'opera (2) . D'altronde per la difesa costiera che obbligava ad una rigida posizionatura delle fortificazioni in funzione dei porti, la prese nza di un 'alt ura limitrofa costringeva inevitabilmente ad occuparla con un caposaldo. In caso contrario si sarebbe la sc iata alla discrezione di un eventuale attaccante l'opportunità di avvalersi del suo dominio per bombardare il sottosta nte abitalo, con esiti devasta nti. Ovviamente costrizioni s iffatte divengono st ringenti laddove la natura dei luoghi non consentiva alcuna alternativa: tipico il caso dell 'Arge ntario , ali' epoca facente parte integrante del cosiddetto Stato dei ReaU Presidi dì To scana <3>

Consi derando la morfologia dello Stato dei Pres idi si assiste ad una sorta di paradosso difen s ivo mai toccato con identica sistematicità altrove. Pur trattando s i di piazze e di fortezze marittime si devono adottare per la loro migl iore comprension e i criteri e le peculiarità precipui di quelle di montagna! Tanto per esemplificare una fortezza moderna d'impianto tipicamente costiero gode del vantaggio di un campo di tiro assolutamente piatto ed omogeneo , privo di ostacoli e di asperità defilanti s ia verso il mare che verso terra. Go- de inoltre della facilità di approvvigionamento e di collegamento derivante dal disporre di un porto, per cui il suo isolamento può ottenersi soltanto con un duplice blocco da terra e da mare , prassi estremamente difficile in qualsiasi epoca storica.

Nel caso in questione pur esistendo alla base delle alture d'impianto delle principali fortezze un ampio ancoraggio, mancava però la stretta com unica zione tra le prime e le banchine per cui non riu sciva né facile né scontato il loro rifornimento co n convogli navali. Sia i viveri che le munizioni una volta sbarcati vi si sarebbero dovuti innalzare con lentissime e vulnerabilissime carovane di muli , con immaginabili difficoltà.

Scendendo in dettaglio l'adozione del tracciato bastionato in montagna , o più ge ner icamente sulla sommità di una collina. cost rin geva innanzitutto a rinunciare a lla planimetria simmetrica requisito canonico di tali fortificazioni. Suo tramite, infatti, si conseguiva l'isotropia della difesa, ovvero r assenza dei tanto 1icercati punti deboli sui quali concentrare gli attacchi, e l'interdipendenza tra le singole opere. È senza dubbio vero che in tutti gli esempi precedenti la bas tionatura non ostentava affatto la suddetta caratteristica, ma ciò derivava da una precisa scelta progettuale, e soprattutto econo mic a, ma non certo da un insormontabile condizio nam ento ambientale, per cui le asimmetrie possono riguardarsi come una sorta di risparmio compensando lo scadimento struttura le con l 'as perità geomorfologica. Nel co nt esto in questione la situazione non è in alcun modo equiparabile, essendo l ' irregolarità obbligata. In pratica sig nificava che in fortezze geometricamente irre go lari non s olo non si sarebbero potuti adottare bastioni uguali , e con identiche divaricazioni, ma nemmeno in numero conve ni ente, poiché il s ito d'impianto consentiva limitati ss imi adattamenti. La penalizzante costrizione attingeva il s uo apice in corrispondenza delle creste co llinari, laddove cioè lo spazio disponibile, sempre relativamente parlando, ostentava una netta prevalenza di un'unica dimensione. Dal che ne derivava necessariamente uno sc hema planimetrico eccessivamente allungato, con bastioni non so lo d issimili ma per giunta troppo acuti e fragili, scarsa mente divaricati e, peggio ancora di disuguale altezza. Le con seg uenze s ul piano difensivo, oltre alla polarizzazione dell ' intera fortificazione, vanno ricercate nella precaria solidarietà tra le sue diverse sezioni, troppo distanti fra loro in caso di attacco, e nella subordinazione delle strutture più basse. Senza contare, infine la g ra ve decurtazione dell 'efficacia interdittiva nei confronti del naviglio nemico , troppo in basso rispetto ai loro cannoni. Quanto poi al fiancheggiamento ed al tiro radente sarebbe stato possibile, con le limitazioni accennate, soltanto nel caso che la pendenza dell'altura, dalle pendici alla somm ità. fosse ri sultata uniforme , esattamente come in una piramide , connotazione però che 1' orogenesi non ha mai adottato! Del tutto impraticabile. invece. nel caso contrario, poiché si s arebbero creati ampi settori defilati dalle stesse balze e dalle mutazione di pendenza. Inoltre, come accennato, dal punto di vista costruttivo, infine, edificare una fortezza bast ionata sopra una cresta rocciosa originava difficoltà tecniche e costi enormemente eccedenti una equivalente opera in pianura. A fronte del risparmio, peraltro non trascurabile , delle fondazioni e del le contromine, l ' impianto su rocce apicali imphcava il trasport o dal basso di tutto il materiale dalle pietre all'acqua per gl'impasti. Implicava inoltre, e riusciva ancora più esasperante, il trasporto della terra che in enormi quantitativi occorreva per costipare le muraglie, non potendosi utilizzare quella di risulta dello scavo dei fossati, quasi se mpre inesistenti. Quando previsti, poi, richiedevano lavori massacranti e gravosissimi imposti dal ta g lio a mano della roccia. E se era certamente vero che la ristrettezza del sito d'impianto non consentiva notevoli larghezze, era a ltre ttanto inevitabile che per conseguire una equiparabile valid ità occorreva che i fossati d'altura fossero notevolmente più profondi di quelli di pianura. In caso con trario infatti , sarebbero risultati rapidamente colm ab ili con le macerie prodotte dal ca nnon eggiamento ossidiona le co ntro le parti super iori delle mura più fragili e sgretolabili

I forti di Porto Ercole: la Rocca

Tramite gl'interventi degli architetti Bernardo

Buontalenti < 4 i e Giovanni Camerini si provvide senza indugio al recupero di quanto ancora valido delle vecch ie fortificazioni di Porto Ercole, integrandole con nuove strutture. In particolare sotlo la s upervisione del genera le toscano Chiappino Vitelli si procedette al la radicale ricostruzione della Rocca, cancellandone ogni precedente connotazione architettonica, per cui l'opera che la sostituì conservò di immutato soltanto il nome. Pertanto sebbene continuò a chiamarsi rocca, fu in realtà una moderna fortezza bastionata d 'a ltura eretta ex novo, seco ndo una singol arissima concezio- ne, destinata a trovare in futuro ampia riproposizione in tutte le opere bastionate di montagna , che potrebb e etichettars i come impianto bastionato grado nato < 51 •

Scendendo in dettaglio si conseguì al termine dei lavori: " una tipica costruzione cinquecentesca articolata in un corpo interno, costituito da una fortezza quadrilatera con due bast ioni del lato Sud molto più allungati di quelli del lato Nord, circondato da un 'opera esterna con mura molto basse e scarpat e 11 grandioso insieme occupa tutta la sommi tà del colle, a circa 73 metri s .1.m.

La bas tionatura su cui poggia il complesso, è tutto un s usseguirsi di punte e speroni ben piantati nella roccia ... hanno un basamento molto alto, a scarpa, so r - montato da un cordolo sopra il quale corre un larghissimo parapetto stondato verso l'esterno ... i vertici dei bastioni sono guardati da garitte rotonde ed esagonali, munile cli feritoie biconiche, adornate di stemmi " (6 > L'ordine dei bastioni che fronteggia la sezione meno ripida del promontorio appare triplice, intervallato da altrettanti fossati, in modo che l ' insieme si propone di improbo scavalcamento. Pur non potendosi individuare un chiaro ed univoco disegno della fortezza quanto piuttosto una sintesi di diversi elementi difensivi fusi insieme , l'opera risultava di tenùbile articolazione. Ai suoi contrafforti, poi , si andavano a raccordare le mura del borgo che ri salivano da l mare, lungo l a pendice del promontorio, con andamento rettilineo e convergente. La config urazione complessiva so migliava ad una sorta di grande recinto triangolare con a ll a base la costa ed al vertice la rocca. Dal punto di vista strettamente difensivo, però, quella fortificazione perimetrale non forniva un 'a ppre zzabile sicurezza, specie verso la base del promontorio. Meno che mai appariva capace di proteggere l'ancoraggio con un efficace tiro radente. La deficienza, fin troppo evidente, aveva s uggerito del re sto già agli inizi del XVI seco lo la cost ruzione de l fortino di S. Barbara, innestato alI'es tremità della sezione costiera della cerchia, predisposto per l'adozione di batte r ie basse s ull'acqua. Nella circosta nza venne pertanto potenziato e riqualificato, integrandolo con l'intera elaborazione fortificatoria della piazza di grandiosa impo staz ione. In fatti il complesso de ll a: " R occa di Porto Ercole con i suoi oltre 2,5 ettari di su perficie , di cui circa 1. 700 mq occupati da e lementi esclus ivamente difen s ivi e da altri fabb r icati quali caserme, depositi , cisterne , cappella, celle e magazzini era la fortezza più grande ed efficace di tutto il sistema difensivo de l Monte

Relativamente al s uo armamento conserviamo un dettag li ato inventario redatto nel 1560. pochi anni quindi dopo l'avvento della sovranità spagnola e l'avvio del radicale programma di riqualificazione:

In Des 110111i11e. A111e11

In nome di Dio, amen . .. queslo pubblico slrumento desc riv e r A rti gl ieria e le munizioni che a l presente si trovano nei detti fo11 i. le quali co nsisto no in:

Nel forte de ll a cittadina

- un cannone che tiene il calibro di 55 ljbbre affus tato con ruote e cassa ferrate con il suo calcatoio, rifilatore , scovolo

- 312 palle di ferro da 55 libbre cada una per munizione del detto can non e

- una mezza colubrina bastarda di calibro di I 2 libbre affustata con cassa e ruote ferrate, con calcato io, rifilatore. scovolo.

- 304 palle di ferro del calibro di 12 libbre cada un a per muni zione de ll a detta mezza colubrina.

- un quarto di can none r inforzat.o . .. del calibro di 14 li bbre affustato con ruote e cassa ferrata con calca toio , rifilatore. e scovolo.

- 82 palle di fe1rn da 14 libbre cadauna per munizione ciel detto pezzo.

- un sagro tiene 6 l ibbre di calibro. è affustato su cassa e ruote fe1nte, con il s uo calcatoio, liii latore e scovo lo

- 29 palle di fen-o da 6 li bbre cadauna per mun i z i one de l detto sagro.

- un a lLro sagro ... tiene 8 li bb re di calib ro. è affustato su cassa e ruote ferrate. compl eto del suo ca lcatoio, rifil atore e scovo lo.

- 132 palle di ferro da 8 libbre per munizione del dello sagro.

- un mezzo cannone peuiero 90 libbre di portata <~i affustaLO con cassa ferrata ma non le ruote, completo del suo ca lcatore, rifi latore e scovolo.

- un a ltro mezzo canno ne petriero ... 80 libbre di portata affustato su cassa ferrata. ma ruote sempl ici, comp leto del suo calcatoio. rilìlatore e scovo lo.

- 40 palle di pietra c•>i per muniLÌ<>ne di detti mezzi cannoni ...

- una mezza colubrina bastarda ... tiene di calibro 12 li bbre, affustata con cassa e ruote ferrate, e completa di calcatoio, rifìlatore e scovolo.

- 5 sme rigli di bronzo affustati sui loro cavalletti di legname, hanno di ca libro libbre I

- 140 palle di piombo da I libbra cadauna e 66 palle di piombo riv es tito.

- 5 moschetti di ferro tra i qua li uno rollo , con i loro cavalleni cli legno ed i loro calcatoi.. :· 111»

L a dotazione , pe r l" epoca di notevole entità, conferma già di per sé il ruolo affidato alla fortezza da i governanti spag noli. Tuttavia l'ultimazione dei lavori di aggiornamento a quella data non sembra affatto conclusa tanto che, un paio di anni dopo si redigevano ancora precise relazioni circa lo stato d'avanzamento dei lavori. È presumibile che la fortezza s ia s tata effettivamente terminata int orno al 1565, quando quella di Monte Filippo si andava edificando s ull 'opposto promontorio

Forte Filippo - o di Montefilippo

Nella primavera del 1558 si avviò la costruzione di una poderosa e modernissima fortezza sull'altura prospiciente P orto Ercole Anche in questo caso si incontrano i nomi di Giovanni Camerino, quale progettista, e di Chiappino Vitelli quale cons igliere militare. fl sito , come accennato in precedenza, era stato perfettaDlSE!l;,J mente valutato per il suo asso luto dominio del porto e della città, presupposto pertanto irrinunciabile per la loro inviolabilità. La distanza , infatti, tra monte Filippo, a quota m. 118 s.l.m. e l a Rocca in lin ea d'aria non eccedeva il chilometro, ed anche meno quella con il porto e con il tombolo della Feniglia, per cui tutti rientravano ampiamente nell'ambito della gittata utile dei pezzi dell'epoca .

Per gli stringenti condizionamenti morfologici i mposti dalla cresta di roccia. i progettisti della fortezza, originariamente denominata di S. Ermo, dovettero rinunziare ancora una volta alla rigida sim metria prevista per le opere bastionate dalla precettistica coeva, adattandole per quanto possibile alle asperità naturali . I quattro bastioni, perciò, che andarono a munire il corpo di fabbrica centrale appaiono totalmente diversi fra loro ed asimmetrici persino rispetto ad un qualsiasi asse trasversale. Circa le caratteristiche salienti il forte rispecchia in sos tanza quelle proprie del pe1iodo, forse leggermente in ritardo sulle realiz zazio ni più evolute. Il suo contorno è scandito da un duplice ordine di fossati cavati nella roccia viva, non molto larghi ma notevo lm ente profondi , per sopper ire così ai rischi di colmata, innanzi esposti. Unico vantaggio derivante da quella disposizione il maggiore defilamento delle sue supe rfici , difficilmente battibili dal basso.

A renderne oltremodo accentuata tale peculiarità le mastodontiche mura di sostegno delle controscarpe , sagomate a foggia di bastioni ed arditamente aniglia te nella roccia della cresta, tanto da farle assimilare ad un inedito ulteriore ordine i c ui: " ... bastioni esterni ... so no coronati da un camminamento sco pe1to, piuttosto ampio. Quelli interni si presentano molto compatti e hanno una scarpatura accentuata, con linee terminali affilate come lame. Sono inoltre dotati di un cordolo a toro " 0 1l

Al di là della sensaz ione di totale indifferenza alle asperità naturali, l ' intero forte ed in particolare proprio i suoi bastioni tradiscono gravi carenze. Inn anzitutto ne ss uno è munito di fia nchi rientrati, ritenuti probabilmente inutili per l a quota d'impianto, ma non per questo comp letamente irrilevanti. Secondariame nte il grado di fiancheggiamento comp lessivo dell 'o pera appare al di sotto del minimo indi spensabi le, anche per strutt ure <l 'a ltura, in conseguenza della scarsa divaricazio ne dei bastioni e per la contemporanea eccessiva estensione delle facce. Per il medesimo motivo le loro cannoniere non sono in grado di incrociare i fuochi [ sui settori antistanti, né di appoggiarsi reciprocamente in maniera sign ificativa.

Certamente il verticistico impianto attenuava le suddette limitazioni, ma non al punto di evitare giudizi poco Jusinghie1i nei 1iguardi del forte, se non addirittura dispregiativi. Eppure non mancavano una serie di accorgimenti miranti a sopperire alle principali deficienze quali la: '·... presenza di quattro bombardiere a casamatta utilizzate per la protezione delle cortine centrali, nel punto più distante tra bas tione e bastione ..." mJ: per lo stesso motivo una particolare cura si e ra adottata per i settori contenenti i possibili. varchi d'ingresso, la cui entrata: " ... era difesa all'estremità 01ientale da un rivellino e in quella occidentale, cioè sul lato da cui s i accede al corpo centrale del forte, da un ingresso in galleria... Da notare, sul lato settentrionale del forte. la presenza di un seco ndo rivellino triangolare, molto robusto, simile a que ll o disposto a dife sa dell'accesso.

Dal lato Nord del forte s i distacca un camminamento che collega la fortezza al piccolo avamposto difensivo culminante con la tonella rotonda del Mulinaccio ..." (" 1 •

Le strutture, so mmariamente descritte , vennero si n datrinizio seg uite da tecnici spagnoli che ne relazionavano regolarmente all'imperatore il progredire e la s upposta validità militare, a partire dal! ' armamento. Ecco come quest ' ultimo si articolava ad appena due anni dall 'avv io de i lavori:

''En e/ Cas1i/lo de Mo111e Phelippe

Nel forte di Mo nte F ilipp o l 73 Porto Ercole. forte Filippo, dettaglio ponte.

- un mezzo cannone bastardo di calibro 16 libhrc è affu~Lalo su cassa e ruote ferrate. con relativo calcato io. rilì l atore e scovo lo.

- 87 pall e di ferro da 16 libbre cadauna.

- due mezzi cannoni di identica fattura di calibro di 20 libbre cadauno ... entramb i affu s tati su cassa e ruote fe1ntc con calcatoi. rilìlaLoi e ~covoE.

- 205 palle di ferro di cal ibro di 20 libbre cadauna.

- due falconeui di bronzo di calibro di 2 libbre entrambi affustati su cassa e ruote ferrale , completi di calcatoi , rifilatori, e scovoli

- un altro falconetto di bronzo... del calib ro di 2 libbre... affustato con ruote fen-ate, calcato io, rifi l atore e scovolo.

- sei smerigli di bronzo afTustati sui loro cavalletti di legno

- l 00 palle di piombo per munizione dei detti falconetti e sme ri gl i. oltre a 12 pa lle di piombo rive s tite.

- cinque moschett i di ferro affustat i su cavalleu i di legno con i loro scovoli.

- polvere grossa: ve ne sono 199 barili che pesano a l nena della tara 88 quinta l i 30 rotoli e due terzi.

- polvere fina per archibugio: 80 b,uili che pesano al netto della tara 29 quintali e 37 rotoli " 1141 •

Al pari dell 'armamento che si conferma di tipo leggero, compatibile perfettamente con la difesa di un forte in costruzione, la massa variegata delle altre dotazioni lascia intravedere le necessità di un grosso cantiere, privo persino di adeguate cisterne per l'acqua potabile. piuttosto che non la dotazione di un opera militare. Nonostante ciò è degna d'interesse la celerità di approntamento, al punto che trascorsi altri due anni, stando ad una delle ricorrentj relazioni s ullo stato d 'ava nzamento dei l avori, le sue mura eq uip aravano ormai l'aJtezza de] cordone °"> . Praticamente nell'arco di sei anni il forte poteva iniziare ad esercitare la s ua funz ione. Ma forse per l a migliore definizione raggiunta dalla sua co nfi gurazione le crit iche divennero di giorno in giorno più serrate e malevole, appaiando da un ce1to momento in poi entram be le fo rtezze di Porto Ercole nella identica riprovazione. Da qui le loro difese d'ufficio, come in questa re lazione d e l 157 J: " La costruzio ne dei due castelli di P o rto Ercole di cu i è incaricato il cap. no Geronimo d e Salinas ed anche nel la s ua assenza il cap.no Andrea de Orejon, si avv ia alla conclusione, ed appare potente e ben s trutturata, deg na di S.M., spec ie se entrambe le opere disponessero di più artig li e ri a c he al mom e nto è scarsa e per g iunta in buon a parte g ua sta. È necessario pe1tanto affinché VS.I.ma s ia se r v ita c he s i provved a ad acc resce rl a e d a inviare quella inutilizzabil e a G e nova, od in altra sede più vic in a, per rifon d erl a, mentre per quella c he g iace priv a di affusto sarà necessario dare ordine per farla riparare e sis t emare ..." 116> . In poch e parole secon do l'alto uffi c iale l'unico problem a dei forti consisteva nella carenza d e ll e rutiglierie, de g li uomini e dei v iv e ri , ovvero in deficienze facilmente 1imediabili. Ma il g iudi zio doveva costituire un parere poco cond i viso se il ce l e br e Gabri o Serbelloni e bb e l'incarico di una più attendibile valutazio ne. In essa, secondo la s ua indole pratica, pur non sottacendo affatto l a non felice ubicaz ion e e )'ancor più infelic e configurazione architettonica prospettò però conclusioni ottimi ste a patto di adottare alcuni modesti rimedi:

'·Port oe rco le et Monte fi Iipp o se ben potr ia no esse r meglio piantati et con più rag ione fondati con s ue piazze e lianchi più capace, nondimeno esse nd o Monte fi lippo superiore à tutt o il suo circui t o, et offese, situato sopra un· scoglio o monte di pietra dura. et il medesimo la R occa cli Port'erco le qual ha solamente un'incontro cli un a supe ri orità, di un luoco, dove era al tempo che s i prese Port'ercole un forte detto r Avoltor, qual s upe 1i o1ità non è capace de molli pezzi et anco è alla di co ns umarsi in parte come nella Re lall io ne se int e nd e rà. Pe r il chè di co che con qu est i pochi rimedj c he g li ma nca no à far. sara nn o queste fortezze à termin e che no n baster l' a nim o, o forza humana di promettersi di sforzarle, et queste reparationi. tassando da parte le s pese della comodi tà di alloggiamen ti non costerà d. 12.000 ' 17 '

Dopo i preliminari, peraltro es tre mam e nt e e loquenti. il rapporto do veva dilung ars i s ui 1imedi , m a di sgra - z i atamente questa sez ion e del documento non c i è pervenuta. Qu e ll e c h e in vece possiamo leggere sono le cr itich e d e ll'in gegner Fratin a tali sem plici s ti c i adattamenti e forse a ll a maniera fin tropp o disinvolta ostentata dal milanese di int e nd ere l a fortificazione. Così il testo della controrelazione:

·'Parere del Fratin in 1ispos ta de un a relaLione de Gabrio de Serbeloni so pra la fortilìcacio ne di Montetilippo

Ho visto la relalione di Monte lìlippo , il quale luogo per esser una fortezza tulla int egra et per que ll o che mos tra in figura molto debile non potendo io g iudi care senza veder la natura del sito o Monte non po sso se non remettcndomi a la relatione. La qual pero in quello c he dice che sa ri a bene ad abassarla s in al cordone per che faria mig li or difes sa et che non costaria tanto il terrapienarla ne saria bi sog no alzar tanto la contrascarpa non mi piace perchè essendo la figura et misura del fo1te molto debile di tutti i s uoi membri et tutti in sieme molto piccolo la conlro sca rpa non può esser buona eia basso de un forte come questo anzi conforme a l sito sare bb e dannossa a causa c he le controscarpe che se fanno se 11011 sonno defes se de la forcezza. cli denlro sono più prolittevoli a l enernico che all'amico et questa fortezza s tando co me mo stra non e possibile che possa favorire la s ua contrascarpa :· 11 ~·.

Il giudizio è estremamente severo, ma se nza dubbio assol utam e nte inoppu g nabil e: al di là della natura del s ito d'impianto le s ing o le com ponenti d e l forte appaiono deboli e quindi asso lutamente non idonee a dife ndere una co ntro scarpa così masto dontica e d articolata. Per cui quella che dovrebbe costituire una protezione avanzata si tra sfo rma, in pratica, in un vantaggio p e r l'attaccante! Pertanto , proseguiva la controrelazion e, sa rebb e s t ato meglio teITapienare le s trutture abbassandone so ltanto i fianchi.

In sostan za il Fratin sco ns igliava quello che molto probabilmente s ug ge1i va invece. il Serbelloni. ovvero di abbassare le cortine e d i bast ioni. Per il milanese infatti, così facendo, per esse re s trutture sca rpate , perd e ndo in altezza avrebbero guadagnato in larghe zza, offrendo più s pa z io all'armamento. Os se rvav a a s u a volta il Fratin che l ' incre mento s are bb e ri s ultato mo - destissimo a fronte della s pesa, per cui gli pareva più se n sa t o l asciare r altezza immutata , certamente v uln erabilissima una volta accostatosi il nemico ma vantaggiosa per battere a distanza le s ue trincee in fase cli avvicinamento. Precisava ancora il Fratin che per rendere il tiro meno ficcante, e quindi più radente, s i sare bb e r o se mai dovuti abbassare so lt anto i fianchi con le re l ative ca nn oniere e non l'intera opera, col rischio di renderla incapace di dominare le pendici dell'altura. P e r cui ribadiva di non mutarne minimam ente l'altezza complessiva ma so lo quella dei fianchi. Anche per la Rocca il Fratin esp resse nella circostanza una se ri e di riserve, dettate sempre dall'anomala disposizione dei bastioni. E cercò anche di fornire per qu anto po ss ibil e indicazioni su ll a maniera di ridurre le ma ggior i deficienze.

Diffi cile a questo punto precisare quanti dei s ug geri m e nti del Fratin abbiano poi trovato effettiva attuazione: molto probabilmente ben pochi neutralizza ti dalle carenze economiche e dall ' incalzare degli eventi che impedivano ulteriori varianti consentendo, al massimo, i nt erventi integrativi marginali. E forse proprio per ovviare alle più gravi e pericolos issime carenze evidenz iate , q u ali per tutte quella della po s izion e tr oppo v uln erabile della Rocca di Porto Ercole soggetta al donùnio della cima del! ' Avvoltoio si procedette alcun i decenni dopo, costellati certamente seco nd o la prassi spagnola dell 'e poca da infiniti sopralluoghi, diatribe e disquisizioni t ecniche al limite del filosofico s u a ltre tt an t e propo ste di progetto, alla costruzione di un nuovo forte: il già ricordato forte Stella. Suo tramite occupando la sommità dell ' altura in questione, e i s uoi imm ediati paraggi , s i sar ebbe definitivamente scong iurato il rischio, tutt'altro che remoto, di bombardamento della R occa e della città stessa, dalle immaginabili conseguenze

CERCHIE URBICHE D'ALTURA BASTIO NATE

I bastioni di Venezia

Com e in precedenza ricordato , un a delle ultime s correrie turche di notevole entità abbattutasi sui retroterra della Sereniss ima fu quella del 1499. Non a caso Ven ez ia, già dal XV seco lo , ad onta de l s uo mode st iss imo stato costituiva s ul mare grazie alla s ua podero sa flotta la punta più temibile de ll o sc hieramento antiottomano, ma a nche quella più debol e ed indifesa lungo i suo i co nfini te 1Tes tri ' 19 > .

A differenza, quindi, dell'immenso Mezzogiorno spagnolo che poteva riguardarsi alla stregua di un ' enorme quanto statico bastione proteso nel Mediterraneo, ottimo per la difesa ma del nttto inerte a pochi chilomet ri di distanza; a differenza dello Stato Po nti ficio che pur rapp re senta nd o il polo id eologico dell'intera c ri stian it à ed il suo stimol o ideale, si co nfermava altre tt an to imbe ll e e d inene, Venezia poteva a g iu s ta ragione reputarsi la punta di diamante della civiltà europea. Con le sue na vi , idonee a l co mm ercio quanto a ll a guerra , m osse in entrambe le ci r cos t anze dall'identica detenninata aggressività e maestria, cost ituiva il lungo braccio armato del mondo occidentale, capace di colpire i I fanatico turco ed i suo i all eati, in qualsiasi momento e dovunque uno specchio di m are l a mbi sse la loro terra. D i tale minacciosa potenzialità anche g li orgogliosi s ult ani di Costantinopoli erano perfettamente consapevo li , al punto di evitare accorta m e nte ogni occasione per c im entarsi con le galere di S. Marco , me no c he mai nel loro golfo, per l'epoca l'intero Adriatico fi no a l la cong iun gente Otranto-Va l o na , no no stante che l a spo nd a orienta l e fosse qua si interamente nel le loro mani.

Di sgraz i atamente però se l' lm pero spagno l o, l o Stato Pon t ificio e la R e pubbli ca di Ven ez ia, s i gnificativamente un a monarchia il primo. una so rt a di teocrazia il seco ndo e d una repubblica il terzo , temevano e com batt eva no un identi co nemico non per questo a l di là di ta l e concordanza polemologica ne oste nt ava n o a na loghe in qual siasi a ltro setto re. Anzi a voler meglio ind agare la v icenda ba l za evidente che in div e rs e circos tanze per contrasti rec iproci ed ostilità di g re tto potere avevano preferito favorire il turco, pur di dann eggiare l ' odiato e dete stato alleato cristiano. L'a pi ce fo attinto allorquando in qu e ll a infid a cobelligeranza si temette ro piuttosto le conseguenze di una vittoria su Cos tantinopoli c h e di un a sco nfi tta. In altr i termi ni c he un succe sso occide n tal e potesse agevolare i correligio nar i, con i quali peraltro motivi e cause di cos tante conflittu ali tà più o m eno late nte , più o m e no esp lic it a non mancavano mai, in partico l are agli ini zi de l

XVJ secolo. Nessuna meraviglia, pertanto che , proprio alle s egrete trattative tra Venezia ed il Turco si attribuì l'efferata scorreria dj Otranto condotta nel 1480 da una formazione navale d'estrazione balcanica <~<)) E nessuna meraviglia che anche l'altrettanto efferata scoITeria contro il tenitorio veneziano del 1499, condotla a nch'essa da un'orda di estrazione balcanica , è asc ritta alla trattativa altrettanto segreta fra Milano ed il Turco 12 ') ·

Nella circostanza la Repubblica, forse per insipienza o viltà dei suoi comandati militari di terraferma, forse per inadeguatezza del suo dispositivo difensivo, concause perfettamente identiche a que ll e ravvisa te a l le spalle della tragedia di Otranto, non seppe oppo r si efficacemente al dilagare dell'orda mus ulm ana. E questa, esattamente come diciannove a nni prima nella disgraziatissima cittadi n a pugliese, trasformò per mancanza di adeg uata reazione una iniziale scorreria corsara in una terribile azione militare. Co l senno d i poi anche Venezia al pari di Napo li corse ai ripar i avviando un grandioso programma di fortificazione delle sue frontiere: dal momento che su quella marinima non temeva alc un a minaccia gl i interventi dovevano concentra rsi lungo que ll a terrestre. Unica significativa differenza, determinata però dall'essere le vie di penetrazione al pin e poche. note ed immutabili; a differenza di quelle mediterranee non sarebbe stato necessario diluire g li interventi riqualificando ogni abitato ma concentrarli in pochiss imi punti nodali , bloccandoli irreversibilmente con altrettante piazzefo11i.

Ne i decenni successiv i, pertanto, la dùigenza milita r e venezia n a memore della terribile vicenda e constatando che il num ero dei probabili agg ressori da terra non si limitava più so lt anto agli ottomani ed ai loro gregari balcanici , ma includeva sempre più distintamente e concreta me nte le ma ggior i potenze militari del momento, prima fra tutte la Spagna e subito dopo la Francia, dovette stabi l ire una precisa mappatura delle rela Li ve direttrici d'attacco. Ad onta d a lr essere entrambe costantemente straziate da1 comune nemico, le due superpo te nze 1inascimen tali non perdevano oc- casione per confrontarsi spietatamente s ul campo di battaglia, lasciando perciò facilmente arguire che aJla prima circostanza propizia quelle contese sarebbero degenerate in un vero e prop1io conflitto totale, senza esclusione di colpi, nel quale indipendentemente dal parteggiare per l 'una o per l ' altra formazione, o persino dall'essere neutrali , ogni altra compagine sarebbe stata in evitabilme nte ri succhiata. E magari l'occasione sarebbe s cat urit a proprio da un ennesimo successo ottomano. E sebbene la Francia esasperando la rivalità con la Spagna, avesse finito per adottare , da un certo momento in poi, una linea politica di aperta allea nza con i Turchi mJ , stigmat izzata all ' epoca come empia, questo non la rendeva agli occhi della Serenissima un a ll eato fidato né un nemico remoto.

Il quadro pertanto co n l'approssimarsi della metà del XV J secolo si confermava per il Senato veneziano, sotto qualsiasi punto di vista , asso lut amente gravido di minacciose potenzialità, con un'unica chiara ed inconfutab il e certezza: laddove non arrivavano le navi la vul nerabilità di Venezia appariva irrimediabile e terrificante, non potendosi fare affidamento neppure su appoggi di tipo meramente dissuasivo. Ed og ni anno che trascorreva rendeva l'esposizione se possibi l e sempre più temibile e sempre più incombente , da qualunque parte la si ipotizzasse.

Con il proverbiale pragmatismo dei suoi migliori uomini politici il senatore A luigi Gritti, nel 1542 ricordava al Senato della R epubblica c he : " essendosifatri quas i tutti i .signori del mondo più potenti de noi, et che disegnano di levarne non solamenre questo poco resto di stato ne è rimasto, ma del tutto annichilirne... " <2 2 )

La constatazione. o anche semp li cemente la psicosi, di un accerch i a me nt o da patte di tanti sp ietati nemici, tutti moss i dall'unico intento di cancellare la scomoda potenza n ava le e l 'ancora più detestabile concez io ne poli ti ca repubblicana in un universo di dispot ic he monarchie assolute, no n poteva che sp in gere Venezia ve r so un ' uni ca direzione, quella di potenziare al massimo i suoi ar m amenti s ul mare e sulla te1Ta, nonché le s ue fortezze di fron ti era.

A rendere ulteriormente auspicabile qu est' ultima opzione g iocava una fin troppo facile osservaz i one: da decenni ese rciti imperiali agguerritissimi ed armatissimi venivano tenuti in scacco nelle Fiandre da poche pia zzefo rti , certamente dell'ultima concezione archiLettonic a, ma altrettanto certamente ine s pugnabili dalle altrettanto moderni ss ime artiglierie. La s oluzione dell'ecces s iva vulnerabilità del retroterra venezia no sarebbe s tata perciò l'erezione di analoghe opere difensive: poche e coriacee. M a per poch e che fossero state, fu s ubito evidente che il numero di qu e l le indispen sa bili non era affatto tra sc urabi l e: volendo adottare gli standard delle grandi piazze bas tionate sarebbero occorsi stanziamenti economici assolutamente esorbitanti dalle concr e te di s ponibil i tà, essendo pur se mpre la flott a la prima anna in assoluto. I ndi spensab il e p e rtanto s caglionarne l ' edific azione, procedura che implicava preliminarmente un 'accorta valutazione de ll e priorità. Del resto era quello il s istema ad o tt ato pure dagli altr i stati e urop ei alle prese con il medesimo onerosissimo problem a. Qu an to ai re qui si ti s upposti s tringenti per l'a vv io delle opere fondamentali, ris ultarono l'e spos izion e ai ri sc hi di inva s ione esterna ed anche a quelli di secess i o ne interna , di sposiz ion e soc iale que s t'ultima foriera di avve nture nemich e . A Berga mo le du e connotazioni per un s ingolare , ma comprensibilissimo contesto s tori co se mbra vano intimamente connesse s ugg e rendo così di avviare la gra ndjo sa opera proprio da lì.

La c ittà di Bergamo. infatti, in diverse circostanze aveva dimo s trato una ce11a insofferenza verso il dominio veneziano, ed una diffu s a m;tiosità delle s ua popo -

!azione vers o i suoi rappresentanti. Non erano mancati significativi episodi di aperta ribellione alla prima circostanza propizia e di 1ivolla alla prima occasione incentivante: la vicinanza di Milano , estrema propagg ine spagnola, e della Francia aggravava la situazione rendendola oltremodo instabi le.

Nes s una meraviglia pertanto che la R epubblica non: " ... dimenticò quel fatto: e se in un primo momento non prese provvedimenti di tipo punitivo, quando si trattò di scegliere tra il progetto di una fortezza nu ova di zecca da collocars i nel la parte piana a sostegno esterno dell'impianto ve tu sto della cinta medievale di Bergamo opportunamente rafforzato con alcune opere, e il progetto di ridurre a fortezza, completamente rinnovata , la città s te ss a di Bergamo. non es iterà e prendere que s ta seconda decisione ..." '23 l

La s oluzione adoltata, d a l punto di vi s ta tecnico-militare non era certamente la migliore: realizzare una cerchia bastionata intorno ad una cittadina medievale impiantata, come tutte le coeve su ll a s ommità di un'altura costituiva un'impre s a comples s a. cos tosa e poco va lid a. Ma nella fattispecie la decis ione veneziana ostentava un a duplicità d ' intenti che, quand ' anche per nulla origi nali riuscivano as solutamente tali nella sintesi e scogitata: er igere al contempo una opera difensiva e recJusiva, destinata a respingere gli insulti e s terni e l e sollevazioni interne, una so1ta di corazza, un esoscheletro che sostenendo costringeva, impedendo perciò qualsiasi azione non ortodossa. In prima approssimazione la volontà di tenere in soggezione una popolazione infida con un 'opera militare di tipo difen s ivo non sembra discostarsi gran che dalla prassi vigente, della quale gli Spagnoli erano maestri. Ma fino a quel momento il compito di 'freno sociale' era stato affidato ad un fo 1te cittadino, o per meglio dire ad una cittadella, una sorta di estremo ridotto e non già alla stessa cerchia bastionata, come nel caso di Bergamo. La novità pertanto stava certamente nell'individuare nella particolare struttura un valido pretesto per procedere alla militruizzazione coatta dell'intera popolazione, trasformandola suo malgrado in una sorta di guru·nigione, assoggettata perciò alla disciplina militare precipua delle piazze di frontiera. Ed a tanto non erano mai giunti neppure gli Spagnoli nell'ultima loro colonia!

Pertanto se ufficialment e la nuova fortificazione sarebbe stata finalizzata alla difesa della popolazione e del territorio la infelice so luzione architettonica tradiva l ' intento politico. Infatti: " ... l 'aver diviso in due la città, per esempio, e l'aver costituito una piazzaforte d'altura , se poteva essere ritenuto logico nel medioevo, non altrettanto può considerarsi tale nel cinquecento inoltrato.

Si creava una situazione poco propizia alla difesa in caso d'assedio: l'impossibilità di effettuare un qualsiasi tiro radente di artiglieria in avanti.

Non solo, ma vistosi difetti, frutto d'improvvisazioni in un'arte al suo nascere, concernenti importanti settori del sistema difen s ivo pur denunciati dai tecnici non vennero rimossi.

È evidente a questo punto che la costruzione delle mura fu perciò una operazione che mascherava con una vistosa apparenza militare una sos tanza squi sitamente politica " 124 )

179 Bergamo. le mura viste da l lato Sud -Es t della città.

M a anche qu es ti condizio namenti, queste soggez ioni soc iali , que s te costrizioni imperialiste facevano parte de lla nuo va realtà del fronte bastionato.

In pratica B e rgamo adagiata sulla so mmilà di una collina non s i pres tava ad un tracc i ato s imm e trico id e al e, p ec uliare almeno in lin ea di principio della nuova concezione fo r tificatorja. Pertanto il tracciato perimetrico pre sc elto do ve tte n e c essa riamente de s treggiar s i adattandosi alla meglio a l ciglio tatti co dell 'al tura s te ssa qua s i una anacroni s tica ripropo s i z i one, fatta sa l va una lie ve conce ss ion e, l'unica del re sto possibi le limitatamente ad alcune tratte. In dettaglio l'e s pediente escogitato per r idurre se non altro l'incompat ibilit à tra ba s tioni e rilievi , consisteva, come g i à rim arcato in tutte l e co n s imili realiz zaz ioni , nell'arretrare al massimo il piede delle mura risp e tto a l ciglio de ll a so mmit à dell'altura. In tal modo veniva lasc iata la mass im a superficie di terreno pianeggiante possibile, una s orta di co mprome sso che s acrificava un 'a liquota della pre z io sa capienza di un ' opera fortificata , cioè l 'area difendibile per incre me nt are la s ua interdi z ion e esterna, cioè l'area dife sa. L a preziosa fasc ia così ri s parmiata, non di rado ampia poche decine di metii, conse ntiv a un s ia pur minimo tiro raden te, di basso fiancheggiamento che impediva un fin troppo facile accostame nto ne mi co, tanto più ch e in costruz ioni del gene re abitualmente mancava il fo ss ato o, quando es is tente ri s ultava molto s tretto.

Venendo alla scan s ion e cronologica de ll a cerchia di Bergamo è possibil e individuarne i prodromi in un a relazione del 1553 nella quale il capitano Francesco Bernardo sc ons i g liava di tra sfo rmare la città in una piaz za di confine in guanto centro d'altura. Suggeriva , in vece , di fortificar e adeg uatam ente al s u o po s to la c itt ad in a di Romano a s uo parere ùi gran lun ga più idon ea in quanto di pianura. II che lasc ia facilmen te intendere che alla stessa data fosse onnai abbastanza scontata l'individuazione.

A recidere gli estremi dubbi. o le loro parvenze , provvid e i I generale conte Sforza Pallavicino , su] finire dello stesso decennio. In particol are, in una s ua relazione del I 560 consigliava esplicitamente per l'erigenda piazza l'adozione di una cerchia ba st ionata. Modic a peraltro, a s uo parere, la s pesa fatta ascendere a so li J 00 mila ducati, di cui so lo un terzo a carico di Venezia, mentre i restanti due terzi da ripartirsi secondo logiche affini a quelle già incontrate altrove, sui territori limitrofi. Il vero e maggior onere sare bbe stato , sempre seco ndo il suo giudizio, quello derivante dai danni che inevitabilmente la nuova costruzione avrebbe provocato al patrimonio immobiliare di molti cittadini: ma sareb b e sta to un male necessario, di tipo chirurgico, indi s pensabile per la sa i vezza dell ' inLero organismo. Ne l la relazione conclusiva, compilata in data 13 luglio 1561, lo Sforza forniva una migliore descr izione del suo progetto: " dopo aver scartato l'idea di cingere tutta la città. che aveva un perimetro di circa 6 miglia, perché l'op era ri s ultava troppo costosa e poco conveniente, egli tracciava le lin ee ge nerali del lavoro da compiere per fortificare la parte alta, il cui perimetro era circa la metà: l'opera più impegnativa era quella di « tagliar quella schiena, la qual viene dalla Cappella a congiungersi con la città»: in quella zona dovevano bastare 3 baluardi di terra, rivestili di muro fino all'a lt ezza di 12 piedi dal fondo della fossa; « i] resto del circuito di detta città è tanto erto, che non ha bisogno di fosso in luogo a lcuno, ovvero in poc hi ss imi. ma so lo di esser scarpato, e t esserv i fatto il suo parapetto et percioche il monte nella maggior parte de luoghi va fiancheggiandosi da se stesso havrà ancor bisogno di pochi altri fianchi che quelli che lanatura istessa vi ha fatti »" 1151 •

Nei mesi successivi l'illustre personaggio chiarì ancora meglio quel suo progetto dinanzi al senato della Repubblica: 3000 guastatori 40.000 ducati e circa due mesi di tempo, questo quanto strettamente necessario per concretizzare la cerchia bastionata di Bergamo, secondo le migliori e più avanzate concezioni difensjve: in particolare dalle vallate e dalla pianura, chiariva che la cittadinanza di Bergamo era obbligata a provvedere di casa e di utensili i so ld ati, mentre le vallate e il resto del territorio dovevano provvedere alla legna, all'olio ... e al carbone occorrenti al corpo di guardia, senza distinzioni tra esenti e non esenti, p1ivilegiati e non privilegiati, dal momento che i soldati erano «s tati mandati de li per comuni benificio di tutta la città» ..." (27> .

"

...co ll a commodità che s i ha delli homini di quelle valli si potran tuor 3 mjla guastadori et far l'opera in doi mesi solamente et perchè fu detto che quello era un buon termine, rispose se io con questa gente e con questa cornmodità del denaro che d ico non lo meuo in d ifesa in doi mesi o doi mesi e mezo al più non vogl io esser tenuto per sano dicendo computare la s. tà v.ra a tutta la spesa che è a 3 ducati per homo per 3 mila guastadori 9 mila ducati al mese che in doi mesi sono 18 m. ducati ma voglio che siano 20 mila. 16 mi la poi vi andrà per far quella incamisada del muro , ma datene 4 mila di più che siano 20 mi la che con l a spesa de i g uastadori il tutto non passerà più di 40 mila ducati ... " 126'

L a migliore comp rensione del progetto ed il diffondersi dei suoi dettagli, sollevò nella città violente recriminazioni: le demolizioni previste non erano affatto insignificanti e gli oneri da sostenere, sia economici che esistenziali, molto gravosi per tutti i bergamaschi. Nonostante ciò, tra le comprensibili proteste ed ostilità i lavo1i, esaurita la dolorosa fase delle demolizioni, iniziarono so lennemente il l O settembre dello stesso anno con la posa della prima p ietra. Per prudenza l a guarnigione inca1icata ufficialmente di difendere la città durante i lavo1i ed ufficiosamente di reprimere qualsiasi resistenza al]' avanzamento degli stess i ve nn e raddoppiata. Stando ai documenti, infatti: " ... ai soldati normalme nte impiegati per la difesa della c ittà di confi ne (ci rca 400 ) furono aggiunti, coll'inizio dei lavori, altri 550 fanti e, a metà agosto, richiesti "con ogni prestezza" alu·i 500... fino a raggiungere il numero di 1700 fanti nel novembre I 561. Ol tretutto in mancanza di adeguati a llo ggiamenti militari , ai cittadini era imp osto a n che l'onere di osp itare i soldati . Successivamente il Se nato veneto ... per togliere i continui ricorsi e contestazioni,

Con incredibile energ ia in : " ... soli tre mesi (da agosto alla fine di ottobre), con il lavoro di 3760 "guastato1i", 263 "spezzamonti", 147 "murari" e 8 "proti", distribuiti in 9 punti diversi della città, lo Sforza era riuscito a tracciare quasi tutto il circuito della fortezza, nonostante l'amp li amento del progetto originruio e di conseguenza l 'aumento co ns id erevole del lavoro " <28>

Quanto alle distruzioni, difficilmente un investimento ossid ionale avrebbe potuto infierire peggio. Grazie ad un preciso documento sappiamo infatti che vennero demolite 276 case, tre chiese ed i relativi monasteri per un valore complessivo di 190.000 ducati. La cifra appare in tutta la s ua gravità considerando che l a fortezza finita ne racchiudeva so lt anto 550, per cui l'entità corrispondeva ad un terzo dell'intero patrimonio urbanistico della piazza!

È interessante a questo punto , per vagliare meglio lo stato d 'a nim o che circondava la realizzazione di q uelle grandi fortificazioni, altro aspetto abitualmente trascurato del fronte bastionato, scorrere una relazio ne del novembre di quello stesso 1561 inviata dal Veniero al Senato di Venezia che così enunciava : a quali so no state rovinate e case e vigne. sono mo lti c he hanno ric ev uto danno ne ll a maggior parte delle loro faco ltà et molt'altri che non havcvano altro al mondo che quello che loro è stato rovinato et destructo. Per la qual cosa sono rimasti miseri et mendici. cosa veramente degna di ogni compassione et della grati a di Vostra Serenità... ''.

" ... "Se r. mo Principe.

Il Veniero co ntinu ava chiedendo che venissero almeno in parte risarciti questi danni o che ag i i abitanti danneggiati ve ni sse ro tolte certe tasse. Con ciò:

« consolerebbe in gran parte gli animi di quel populo, il quale è rimasto tanto mal soddisfatto et mal contento di questa fortificazione che promello a Vostra Serenità che non so qual maggior dispiacere havesse potuto s entire quas i di qualsivoglia altra cosa che gli fusse potuta succedere, et tanto più res ta mal soddisfatto quanto chi dubita che i borghi di qualche tempo non habbino ad esser rovinati et des trutti »

Nel giugno dell'anno seguente il Senato disse la sua parola definitiva e chiara in merito: rispondendo a lla supplica degli ambasciatori della città di Bergamo, affermava che non era possibile accettare la richiesta di risarcimento, per non creare precedenti anomali, tenuto anche presente che la Repubblica aveva intrapreso quelle ingenti spese per la difesa della città stessa ." <29i _

Il buon inizio, mai come in questo caso, non corrispose affatto alla metà dell'opera, e si rivelò, invece, ben presto l'unica fase rapida della vicenda: occon-eranno infatti 29 anni ed oltre un milione di ducati per completare quella cerchia! Ad ogni modo c irca cinque anni dopo l'avvio, lo stato d'avanzamento dei lavori è così riassunto dalla relazione del: " cap. Lorenzo Donato, fatta davanti al Senato veneto nel dicembre 1565. Il ci rcuit o della fortezza è stabilito nella misura di passi 2944 (mt. 5117). Le mura nuove, rivestite di pietra fino all'altezza del cordone, chiudono tutta la zona compresa tra la porta di S. Alessandro e il baluardo di S. Lorenzo e, verso s ud- ovest, si innalzano a formare l a piattaforma di S. Grata e il bastione di S. Giacomo. In te rrapi e no erano costruiti il bastione e la piattaforma di Sant' Alessandro, la tenaglia di S. Agosti no con la porta, il bastione Belfante e la cort in a che co ntinua fino a S. Andrea. È ancora in funzione la muraglia vecchia fra i bastioni di S. L orenzo e di S. Agostino , fra S. Andrea e S. Giacomo e nei due tratti fra la piattaforma di S. Grata e i bastioni di S. Alessandro e di S. Giacomo .

Le spese sostenute fino a quel momento erano di 216 mila ducati e il Don ado prevedeva che l'opera sa- rebbe stata completata con altrettanta spesa entro quattro o cinque anni, a condizione che Venezia continuasse a stanziare i fondi in misura sufficiente ..." 130>

In realtà, però , come accennato il dilatarsi abnorme dei tempi di costruzione finì per moltiplicare esponenzialmente i costi. Tredici anni dopo, infatti, mentre la spesa sostenuta ha ormai superato i 370.000 ducati, senza contare i quasi 250.000 impiegati per il soldo della guarnigione, l'ultimazione appariva lontana: appena tre capisaldi principali, fra baluardi e bastioni , dei sedici di progetto sono realmente finiti! Dodici anni dopo, per l'esattezza nel 1590 il capitano Alvise Gromaldi scriveva: " La città è tutta serrata con baluardi e i suoi membri quasi tutti terrapienati , compite le piazze, i parapetti e le traverse per coprirsi dalle vicine co llin e e l a fortezza col circuito di tre miglia è bellissima" < 3 1) Lo stesso relatore osservava però che molto vi era ancora da fare e, soprattutto, che quanto fatto, discutibile sotto il profilo tecnico, aveva comportato un costo esorbitante , a suo dire di circa un milione e mezzo di ducati. La cifra fornita dal Gromaldi per una serie di ragioni, faci lm ente intuibili, non doveva essere lontana dal vero: che dalle casse della Repubblica, poi, fossero usciti fino a quel momento soltanto 522.000, oltre al soldo dei militari sembrava piuttosto confermare l'affermazione che smentirla. A quell'importo infatti occorreva aggiungere l 'enorme va l ore delle contr ibu z ioni in natura, sia come prestazioni di mano d'opera sia come fornitura di materiali, sostenute dai paesi limitrofi. E la conclusione dei lavori non era ancora giunta, tant'è che alla fine del secolo si discuteva in merito alla migliore sistemazione da dare ad alcune sezioni delle fortificazioni Finalmente intorno al 1612: " ... tutte queste opere erano finite ma non risultarono del tutto soddisfacenti, dato che l'anno successivo il provveditore Marco Bragadin, cu i era stato affidato il lavoro, udito i l parere di alcuni esperti , nonostante la dura opposizione dell'ing. L orini, decise di rafforzare il terrapieno c he d ifendeva la s trada, incamiciandolo di pietra e costruendo anche due piazze .. . La strada che aveva una larghezza massi- ma di 18 pass i ed era c ostata circa 41.000 ducati, venne smantellala da Napoleone ..." m> .

Fu solo intorno agli anni venti del XVII che la gra nd e fonificazione potette considerarsi esaurita, ma ormai anche la sua esigenza strategica era sostanzi,almente esaurita. L' I mpero ottomano non rappresentava più una minaccia imbattibile ed incombente, mentre la ricerca di nuovi equilibr i agitava le potenze europee.

Dati tecnici

La cerchia di Bergamo. come accennato, contava 16 caposaldi p1imari, fra bastioni, baluardi e piattaforme , raccordati da tratte di cortine per uno sv iluppo complessivo di circa 3 km. Il suo armamento doveva contare su di un centinaio di cannoni, dei quali aoli o 1ruz1 del '600 ne risultavano già posizionati 85. Di questi ben 67 nella so la fo1tezza. 4 nella Rocca e 14 ne lla Cappella. In base aJ calibro, stando ad un pedante inventario dell ' 8 febbraio del I 600 , po sso no così s uddivid ers i: nella Forrez.-;.u n° 2 cannoni da I00 Iibbre n° 4 cannoni da 70 libbre n° 13 cannoni da 50 libbre

11° 2 cannoni da 30 libbre n° 2 cannoni ei a 20 libbre

11 ° 4 cannoni eia 14 libbre

11 ° l 2 sag ri da 8 libbre n" l9 falconi eia 4 libbre n° 9 falconctti da 2 libbre nella Ro cca n° I sagro da 8 libbre n° I falcone da 4 libbre n° 2 falconelli eia 2 libbre nella Cappella n° I ca nnone da 30 libbre n° J colubrin a eia 20 libbre n° I colubrina eia 14 libbre n° 3 sagri da 8 libbre n° 3 falconett i da 4 libbre n° I falcone da 2 libbre n° 4 petriere da 12 libbre equi valenti·' •33 •.

Quattro po11e assicw-avano l'accesso alla città: di esse tre ad impianto monumentale , S.Agos tino, Sant' Alessandro e S.Giacomo ed una soltanto di più modesto impianto S . Lorenzo.

Oltre a ll e articolazioni architettoniche di s uperficie la cerchia disponeva , al pari delle migliori coeve, di un intricatissimo dedalo di collegamenti ed ambienti sotterranei. La rete se rviva a pone in comunicazione fra loro le diverse sez ioni della fortificazione, nonché alla ottimizzazione del servizio alle batterie casamattate basse, vere caverne artificiali alle quali si accedeva anche da tenebro si cunicoli indipendenti. Non polendo , per ovvi motivi, dilungarci eccessivamenle nella d es cri zio ne dei criteri informatori di tali impianti e delle rispettive configurazioni strutturali, peraltro in ottimo s tato di con se rvazion e, ci limiteremo a precisarne i se mplici dati dimen s ionali rias s untivi dei bastioni. La defini z ione è forse impropria per la loro sistematica se mplificazione dettata dalla morfologia dei luoghi , pur trov an do conferma nelle compartimentazioni sotterranee, ques te senza dubbio canoniche del fronte ba s tionato, che ci consentono uno straordinario commento iconografico di valenza ancora una volta generalizzabi le a tutt e le coeve fortificazioni bastionate.

Dati architettonici

I Bastione di S. Lorenzo:

È un bastione asimmetrico con un unico fianco rientrante dotato perciò di un altrettanto unico orecchione . Le s ue dimensioni fondamentali sono <.1 -1 ,:

Sviluppo totale del perimetro di cresta ml 196.50

S v iluppo in cresta delle facce Est ml 53.40 O ves t ml 64.20

183 Bergamo, mura veneziane , cannoniera e sortita nel bastione S. Lorenzo.

Sviluppo in cresta dei fianchi Est ml 28 Ovest ml 41 .00

Sviluppo in cresta delle cortine laterali Est ml

120.00 + 62.00 Ov ml 91.00 + 56.00 ...

Angolo di spa ll a Ovest 131 ° Est 105 °

Ango l o di gola 14°

Angolo di fiancheggiamento 118 °

II Bastione della Fara

È anche questo un bastione asimmetrico dotato di un unico fianco rientrante con relativo orecchione. Le sue dimensioni fondamentali sono:

Sviluppo totale del perimetro di cresta ml 277.40

Sviluppo in cresta delle facce Est ml 128.00 Ovest ml 104.00

Sviluppo in cresta deJJe cortine laterali Est ml 112.00 Ovest ml 120.00+62 ...

Angoli di spalla Est 130°

Angolo di gola l 0° sfalsato

Angolo fiancheggiato 96° ...

Irr Bastione del Pall one

Al pari dei precedenti anche questo terzo bastione è fortemente asimmetrico con un unico fianco rientrante sebbene ostenti due orecchioni di cui uno propriamente detto e completo. l'altro, invece, appena accennato e innestato direttamente alla cortina senza retrostante fianco. Queste le sue dimensioni p1incipali:

Sviluppo totale del perimetro di cresta ml 289.50

Sviluppo in cresta delle facce Est ml 5 l .00 Nord ml 149.50

Sviluppo in cresta dei fianchi Est ml 27.50 Nord ml 49.00

Sviluppo in cresta delle cortine laterali Est ml 54.00 Ovest ml 146.00

Angoli di spalla Est 141 ° - Ovest 91 °

Angolo di gola 46 ° sfalsato

Angolo fiancheggiato 86 °

IV B ast ione di S. Agost in o

Sempre asimmetrico ma completo in ogni sua parte il bastione di S. Agostino , possiede infatti due fianchi rientranti, di diversa grandezza ma entrambi protetti da orecchioni. Notevolmente diversa anche la lunghezza delle facce . Queste le sue dimensioni princ ipali:

Sviluppo totale del perimetro di cres ta ml 232.00

Sviluppo in cresta delle facce Ovest ml 116.00 Est ml 49.00

Sviluppo in cresta dei fianchi Ovest ml 32.00 Est ml 22.50

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