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L'introduzione del cristianesimo ortodosso in Giappone e la figura di San Nikolaij

MARCO DE BAGGIS

L’introduzione del cristianesimo ortodosso in Giappone e la figura di San Nikolaij

Brevi cenni sull’ortodossia 1

Con questo nome viene indicata la variante del cristianesimo sorella del cattolicesimo e diffusasi nell’Europa orientale e nel medio oriente, e raggruppa tutte quelle chiese nazionali che, dal punto di vista gerarchico, riconoscono il primato onorario del Vescovo di Roma e del Patriarca di Costantinopoli-Nuova Roma. Le differenze sostanziali riguardano principalmente questioni teologiche ma non mancano divergenze su aspetti quotidiani della vita, dal segno della croce al matrimonio per il clero. La diffusione originaria ricalcava l’estensione dell’impero romano d’oriente (principalmente bassi Balcani, penisola ellenica e Asia Minore) e i suoi satelliti culturali (penisola balcanica e mondo slavo, e per lungo periodo anche l’Italia meridionale, la Sicilia e la Sardegna). La fede cattolica e quella ortodossa sono state indistinte per circa un millennio dalla morte di Cristo, fino a quando, nel 1054, con una scomunica incrociata il Papa e il Patriarca si allontanarono sempre di più. L’ecumene cristiana si trovò quindi divisa in cattolica (dal greco καθολικòς, universale) ed ortodossa (da ορθοδοξία, retta opinione). Curiosamente, la primigenia cristianità si connotava come cattolica e ortodossa allo stesso tempo. La liturgia ortodossa, influenzata dalla corte bizantina, ha fatto suoi molti rituali e modalità di questo ambiente, oltre ad aver mantenuto forme poco o per nulla alterate provenienti più o meno direttamente dal mondo del cristianesimo tardo antico. Invece in occidente la liturgia, rivisitata più volte, è stata influenzata dal rito romano pesantemente rivisitato in chiave franca, prima, e in funzione anti protestante, dopo, oltre ad essere passata attraverso numerosi concili e cambi di rotta ancora fino ai giorni nostri.

La chiesa ortodossa giapponese, la sua struttura

La chiesa ortodossa del Giappone, Nihon seikyōkai 日本聖教会 oppure Nihon harisutosu seikyōkai 日本ハリストス正教会 (dove harisutosu ハリ ストス sarebbe una sorta di traslitterazione del greco Χριστòς) è una chiesa

1 Due studi utili per la conoscenza dell’ortodossia sono: Hans Dieter Döpmann, Il Cristo d’oriente, ECIG, Genova 1994; Morini Enrico, Gli ortodossi, Il Mulino, Bologna 2002.

autonoma nell’ambito del Patriarcato di Mosca. Durante l’URSS era sotto la chiesa ortodossa d’America. Nel 1970, in corrispondenza dell’allentamento della pressione sovietica, la chiesa russa poté riorganizzarsi, e recuperò la competenza sulla chiesa giapponese,2 alla quale fu dato lo status di chiesa autonoma (status peraltro contestato dal Patriarca di Costantinopoli-Nuova Roma). Attualmente si compone di tre diocesi: Giappone orientale, con sede a Sendai (32 parrocchie), Tokyo (20 parrocchie), dove il vescovo è anche Metropolita del Giappone, e infine il Giappone occidentale, con sede a Kyoto (15 parrocchie); il Metropolita, che risiede a Tokyo, è Nushiro Ikuo, che ha preso il nome di Daniel. Il vescovo di Sendai è Tsujinaga Noboru, Seraphim, mentre il seggio di Kyoto è vacante, ed è retto ad interim dal Metropolita Daniel, peraltro già ex vescovo della diocesi. Il recente terremoto e tsunami nel Tōhoku hanno naturalmente avuto pesanti ripercussioni per la chiesa locale soprattutto, e diverse chiese risultano danneggiate, come la sede vescovile di Sendai, altre completamente distrutte. I fedeli sono circa 30.000.

I primi contatti

La presenza del cristianesimo in Cina è antica, ma fondamentalmente di matrice nestoriana. Né cattolicesimo, né ortodossia riuscirono a giungere molto più in là della Mesopotamia. L’arrivo in Giappone del cristianesimo, a prescindere dalla confessione, è invece molto tardo, se escludiamo le affascinanti suggestioni del nestorianesimo nel Giappone del VI secolo.3 I contatti con il mondo ortodosso, poi, sono ancora più recenti. Bisognerà, infatti, aspettare che i Russi raggiungano l’estremo oriente, alla fine del XVII secolo.4 I primi ortodossi Giapponesi furono marinai naufragati sulle coste delle Aleutine5 e della Kamchatka, i quali, entrati in territorio russo, in gran parte dei casi non poterono più far ritorno in patria. Preso quindi il battesimo e un nome russo, restarono allora in Russia per il resto dei loro giorni.

Non è chiaro quante siano tali persone, ma possiamo conoscere le vicende di alcuni di loro grazie ai diari che hanno scritto.6

Il primo Giapponese in assoluto a comparire nelle cronache russe fu un certo Denbei, povero mercante di Osaka. Egli, partito alla volta di Edo nel 1695, ottavo

2 http://oca.org/history-archives/autocephaly-agreement (20/1/2012), versione online del tomo di autocefalia, con il quale il Patriarcato di Mosca concede alla chiesa d’America di organizzarsi come Patriarcato a tutti gli effetti, all’articolo X, stabilisce che la chiesa ortodossa giapponese rientra sotto la giurisdizione di Mosca, alla quale dovrà fare richiesta per ottenere l’autonomia. 3 http://www.onmarkproductions.com/LostIdentity.pdf, versione elettronica del libro del 2005 Lost identity del sacerdote siro americano Ken Joseph, Kobunsha paperback, Tokyo (20/1/2012). 4 Döpmann, Il Cristo d’oriente, cit, pp. 44-45. 5 Arcipelago attualmente sotto la sovranità degli Stati Uniti d’America (Alaska), ma all’epoca sotto il dominio russo. 6 Ushimaru Yasuo, Nihon seikyōshi, Nihon harisutosu seikyōkaikyōdan, Tokyo 1979.

anno dell’era Genroku, fu sorpreso da un tifone e giunse l’anno successivo sulle coste della Kamchatka meridionale. Da qui, con il capo dei Cosacchi Vladimir Atrasov, giunse in Russia, nel 1702, e fu presentato allo zar Pietro il Grande il quale, impressionato da quel mercante, fondò una scuola di studi giapponesi a Pietroburgo, dove Denbei divenne insegnante di lingua giapponese. Negatogli nel 1710 il permesso di tornare in Giappone, gli fu ingiunto di battezzarsi, e con il nome di Gavril, egli divenne il primo Giapponese della storia a diventare cristiano ortodosso. È del 1711 una sua esposizione della religiosità nipponica per il governo russo, una sorta di intervista sulle convinzioni religiose dei suoi conterranei, uno scritto in realtà molto semplicistico, vista anche la bassa caratura culturale del personaggio.

Nel 1710 fu la volta di un altro Giapponese, Sanima. Egli faceva parte di un gruppo di dieci persone, naufragato sulle coste della Kamchatka. Quella volta però, furono gli indigeni del posto a trovarli per primi, e a massacrare quattro di loro. Poi, ridotti in prigionia, furono acquistati in quattro da alcuni russi, e Sanima venne inviato come insegnante a Pietroburgo. Qui, divenuto aiutante di Denbei, si battezzò e si naturalizzò, prendendo perfino moglie. Non sappiamo quando morirono sia Denbei sia Sanima.

Nel 1729 furono alcuni mercanti di Satsuma diretti ad Asaka con un carico di legname e carta, ad essere vittime di un tifone che trascinò tutti ancora una volta in Kamchatka. Dell’equipaggio di 19 persone, dopo 7 mesi, sopravvissero solo due uomini, Gonza, figlio di pescatori, e Sōza, mercante. Nel 1733 incontrarono la zarina Anna Ivanovna, e l’anno seguente si battezzarono e presero nomi russi.

Nel 1745 invece fu il turno del gruppo di un certo Takeuchi, che naufragò sulle isole Kurili, presso Onekotan.

Tra i legni naufragati lungo le isole Kurili figura anche quello di Daikokuya Kōdayu, che non si convertì, ma che merita menzione per i suoi viaggi nella Russia a contatto stretto con l’ortodossia e perché due dei superstiti della sua nave si convertirono e restarono in questo paese. Egli, a differenza della grande maggioranza dei suoi connazionali, riuscì a tornare in Giappone e ci ha lasciato un buon numero di scritti, i più famosi dei quali sono Hokusa Ibun e Hyōmin goran no ki, opere che, però, non hanno come fine il descrivere le reali condizioni e vicende dei naufraghi giapponesi, e che sono quindi carenti dal punto di vista dell’accuratezza.

Egli partì da Shirokochō, a Suzuka, diretto a Edo, nel dicembre del 1782, ma venne travolto da una tempesta, e nel 1783 sbarcò ad Amchitoka. Il suo gruppo aveva già perso un uomo, e nei quattro anni di permanenza sull’isola ne perderà altri quattro. Nel 1787 il gruppo si trasferì in Kamchatka, dove morirono altri tre compagni, poi in Jakuzia. Nel 1789 i sei superstiti giunsero a Irkutsk, in Siberia, dove Shinzō (che sposa anche una donna russa) e Shōzō si convertono. Nel 1791 si recarono a Pietroburgo per ottenere il permesso di tornare in Giappone, e furono ricevuti dalla Zarina Caterina II, che concesse il permesso, ma il solo Daikokuya tornò in Hokkaidō nel 1792, mentre i suoi due compagni convertiti all’ortodossia restarono in Russia. Morì infine a Edo nel 1828.

Possiamo quindi evidenziare come i primissimi ortodossi giapponesi altro non furono che naufraghi che, per convenienza alla vita russa o per convinzione, si battezzarono. Solo alla fine del bakufu l’arrivo di Nikolaij cambierà questo stato di cose.

I primi tentativi di presenza stabile: il consolato russo di Hakodate sotto il console Goshkevich

Con la fine del sakoku, il Giappone fu costretto ad aprirsi ai commerci e alla diplomazia delle potenze occidentali. I primi stati ad approfittarne furono il Regno Unito, gli Stati Uniti, la Francia, l’Olanda e la Russia. Quest’ultima, già dal 1858, in virtù degli accordi di Shimoda ottenuti dall’ammiraglio Putyatin aveva un consolato ad Hakodate. Il primo console incaricato fu Iosofovich Antonovich Goshkevich7 che acquistò per il governo russo un pezzo di terra per l’edificio e per una piccola chiesa di legno, completata nel 1859 (la quale è da considerare come la prima chiesa in assoluto costruita in Giappone dall’imposizione del divieto di professare il cristianesimo).

Goshkevich, nato nel 1814 a Minsk, si laureò a Pietroburgo nel 1839. Dopo una vita movimentata tra la Russia e l’Asia, incontrò a Shimoda Tachibana Kōsai (nato Masuda Kōsai), un ex samurai e monaco buddista che, divenutogli amico, gli fornì del materiale per la stesura di un saggio comparativo sulle lingue giapponese e russa. Dal canto suo, egli sarebbe stato il padrino per Tachibana quando, giunto in Russia, mutò il suo nome in Vladimir Iosofovich Yamatov (questi ultimi nomi chiari riferimento l’uno al padrino, l’altro alla sua origine giapponese). Yamatov sarà in seguito insegnante di lingua giapponese a San Pietroburgo ma tornerà in Giappone dopo che gli inviati della missione Iwakura lo assicurarono che poteva tornare in patria senza paura di essere condannato per il tradimento al suo daimyō. Morì in Giappone nel 1885. Goshkevich, fortemente credente, apprestò quindi una cappella che avrebbe dovuto avere, come di regola, anche ministri del culto. Il primo sacerdote assegnato ufficialmente fu Vasilij Makhov, coadiuvato dal figlio Ivan Makhov con il ruolo di lettore (che ha il compito di leggere le Scritture), i quali arrivarono a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro nel 1859.8 Vasilij era nato da una povera famiglia di Oboyanski, nel distretto di Kursk. Si laureò in teologia nel 1815 e nel 1823 divenne sacerdote. Nel 1849 gli morì la moglie e nel 1852 su invito del metropolita Isidoro di Kursk si fece monaco a Pietroburgo nel monastero Alexandr Ovskij, ma poco dopo si imbarcò divenendo nel 1853 prete della fregata “Diana”, all’epoca impegnata in una circumnavigazione del Globo sotto il comando dell’ammiraglio Evfemij Valisevich Putyatin. Successivamente, quando questi ebbe il compito di aprire negoziati con il bakufu, egli lo seguì in Giappone e sbarcò con lui a Shimoda. Nel 1855 tornò in Russia, ma nel 1858 gli venne ordi-

7 Nakamura Kennosuke, Senkyōshi Nikolai to Meiji Nihon, Iwanami shōten, Tokyo 1996. 8 Naganawa Mitsuo, “Mō hitori no Makhov”, Roshia techō, 33.

nato di tornare in Giappone come cappellano del consolato di Hakodate. Makhov è considerato da alcuni9 il primo ministro del culto ortodosso (seppure per pochissimo tempo) in Giappone, ma è più probabile che questo primato debba andare a Filaret,10 sacerdote il cui nome era per altro già presente nell’elenco di persone che, con Putyatin e Goshkevich, salparono per fondare il consolato. Filaret però è un personaggio molto sfuggente, che forse lasciò Hakodate nel 1860, quando era già stato scelto il successore di Makhov. Un’ipotesi vede Filaret “reggente” del titolo di cappellano in attesa dell’arrivo di Makhov, il che spiegherebbe la sua relativa posizione defilata. Compare poco dopo a Vladivostok un altro Filaret ma non è chiaro se sia la stessa persona. Ad ogni modo di lui si perdono presto le tracce. Dei Makhov, invece, abbiamo diverse informazioni. Dopo appena quattro mesi Vasilij, già sessantenne, a causa di una malattia del cuore, chiese di tornare in Russia per curarsi, e lasciò il Giappone nel 1860, a circa un anno dalla sua venuta. Morì a 69 anni nel villaggio di Radoubeji, nel distretto di Kursk. Il figlio rimase a Hakodate dove però non potè fungere da cappellano non avendo ricevuto l’ordinazione. Ivan, da alcuni considerato non il figlio bensì il genero di Basilij,11 scrisse per i bambini giapponesi un breve testo, Roshiya no iroha ろしやのいろは12 (Pyccкая азбука, ABC della Russia), che è poi il primo testo che mise in comunicazione Russia e Giappone. Si tratta di un semplice testo di 20 pagine (uno, se non il primo testo ad essere stato stampato in Hokkaidō) con alfabeto, sillabe e parole in russo con il corrispettivo in giapponese. Nel 1861, adducendo anch’egli motivi di salute (una malattia alla gola), tornò in Russia e il console Goskevich mandò quindi una richiesta al sinodo russo per un nuovo cappellano capace anche di diffondere l’ortodossia in Giappone. Quest’ultima richiesta sembra strana, visto che in Giappone il divieto di professare il cristianesimo era ancora vigente e lo sarebbe stato ancora per una decina di anni. Forse aveva avuto sentore che prima o poi questo divieto sarebbe caduto. Il candidato ideale sarebbe dovuto essere non solo laureato in teologia, ma versato anche in altre discipline, e capace di lasciare una buona immagine sia ai Giapponesi, sia ai Russi, sia agli altri stranieri presenti in città. Questo per contrastare la presenza di brillanti personaggi presenti nelle ambasciate inglese e francese. Il prescelto sarebbe stato Nikolaij Kasatskin. Nel 1865 Goshkevich lasciò il Giappone e chiuse la sua carriera nel 1867, nondimeno durante questi due anni rimase sicuramente sostenitore dell’attività di propaganda di Nikolaij sia di fronte al sinodo russo, sia con raccolte di fondi.

9 Ushimaru Yasuo, Nihon seikyōshi, cit. 10 Shimizu Megumi, “Futari no Makhov to Firaret shisai”, in Hakodate-Roshia: sono kōryū no kiseki, Hakodate nichi ro kōryūshikenkyūkai, 2005. 11 Naganawa Mitsuo, “Mō hitori no Makhov”, cit. 12 http://eprints.lib.hokudai.ac.jp/dspace/bitstream/2115/40196/3/tonai2009_rev.pdf (20/01/2012), interessantissimo studio di Tonai Yuzuru, dell’Università dello Hokkaidō.

Nikolaij (Ivan) Kasatkin dalla nascita all’arrivo in Giappone

San Nikolaij (1830-1912) nacque come Ivan Dimitrievich Kasatkin Ива́н Дми́триевич Каса́ткин nella regione di Smolensk,13 provincia di Beriskij, villaggio di Beryoza, nella Russia occidentale, da Dimitri Ivanovich Kasatkin, parroco di campagna, e da Xenia Aleksevina Kasatkina, che muore a 35 anni, quando Ivan aveva 5 anni. Fin da piccolo aiutò nelle funzioni della chiesa. Durante la sua giovinezza, la Russia attraversò un periodo turbolento e anche lui subì, come molti giovani della sua età, il fascino della carriera militare. Il padre, però, riuscì a farlo desistere dai suoi propositi e lo fece iscrivere all’istituto superiore di teologia di Smolensk. Ivan è così capace che riesce successivamente ad entrare nella prestigiosissima università teologica di Pietroburgo, che offriva dei corsi molto impegnativi basati sia sulle Scritture, sia su scienze quali la linguistica, la fisica, la geografia, fino ad arrivare alla logica e alle lingue classiche e moderne. Versato in tutti i campi, affinerà soprattutto la conoscenza del Tedesco e del Greco classico, e studierà soprattutto gli autori della Patristica più venerati dalle chiese orientali.

Il primo avvicinamento al Giappone Ivan lo ebbe leggendo all’università il libro del capitano di fregata Vasilij Mikhailovich Golovnin Васи́лий Миха́йлович Головни́н (1776-1831), Записки о пребывании в Японии, (Note sul mio soggiorno in Giappone, [Nihon yūshūki 日本幽囚記]), pubblicato nel 1816. È il resoconto del naufragio al largo di Kurashiki della sua nave, e della conseguente deportazione a Hakodate, dove ebbe l’opportunità di conoscere usi e costumi dei Giapponesi. Il libro divenne subito un best seller tradotto in molte lingue ed ebbe un’influenza molto grande sulla visione del Giappone per tutto l’800. Al quarto anno di teologia, poi, Ivan vide per caso un foglio in cui si richiedeva di mandare un nuovo sacerdote in Giappone. Era la lettera con cui il console Goshkevich chiedeva al sinodo russo un sostituto per Makhov. Subito si entusiasmò, pronto a partire, tanto più che un suo compagno di camera, Polikin, che poi prese il nome di Isaia, partì poco dopo per far parte della missione ortodossa a Beijing. Dopo un colloquio con il rettore Nektarios, che provò a distoglierlo dall’intento facendogli intravedere una brillante carriera come studioso e insegnante presso l’Università, poté proporsi. La rosa dei candidati era formata da dodici nomi, ma la candidatura di Nikolaij prevalse nonostante la sua giovane età, anche perché era l’unico a non essere sposato,14 così come ricordato dall’archimandrita e amico di lunga data di Ivan, Bragoravmov, in una lettera. Anche l’appoggio del Metropolita Isidoro, grande nome del clero russo, attivo a Novgorod, Pietroburgo e in Finlandia, (all’epoca parte dell’impero), e impressionato dalle capacità del giovane prete, deve essere stato determinante. Nel 1860 prese quindi i voti, affrontò la cerimonia della tonsura, divenne monaco e cambiò il nome in Nikolaij, “il vincitore”, per poi officiare come diacono ad alcune funzioni presso la

13 Takahashi Yasuyuki, Sei Nikolai daishukyō, Nihon Kirisutokyōdan Shuppansha, Tokyo 2000. 14 Kedorov, “Chōshisai guragorāzu ate no tegami ni miru Nikolai daishukyō”, Russkij Archiv 1912, 3.

cappella dei Dodici Apostoli annessa all’università, il 30 giugno che in Russia è la festa dei Santi Pietro e Paolo.15 Prima della partenza andò a salutare il padre e i fratelli. Tutti rimasero sorpresi da quella decisione, ma lo sostennero. Il padre, in particolare, intagliò per lui una croce di legno e gli diede un’icona molto venerata in famiglia che portò poi in Giappone. Il primo agosto del 1860 intraprende il terribile viaggio attraverso la Siberia, tra boschi e distese infinite per raggiungere Irkutsk, sul lago Baikal, nel cuore della Siberia meridionale, a ridosso dei deserti della Mongolia. Qui, a causa di avversità meteorologiche, rallentò la marcia, e raggiunta Nikolaijesk, si fermò per quasi un anno. Durante il soggiorno forzato, incontrò colui che sarebbe stato poi il Metropolita di Mosca, Innocent (17991879), uomo colto e di grande virtù, proclamato santo nel 1977. La sua influenza su Nikolaij fu di grande importanza: egli, come missionario, recuperò lo spirito dei sacerdoti evangelizzatori bizantini degli Slavi, traducendo in varie lingue i testi sacri, tra cui la lingua degli abitanti delle isole Aleutine, l’arcipelago che congiunge la Kamchatka all’Alaska, attualmente territorio degli Stati Uniti d’America, ma all’epoca zona di espansione russa. La sua influenza positiva lo esortò ad accantonare lo studio delle lingue europee, per dedicarsi quanto più possibile allo studio del giapponese. Fu proprio il suo esempio che portò Nikolaij alla completa padronanza di quella lingua, che gli permise di tradurre numerosi testi sacri ma, soprattutto, di entrare più a fondo con il popolo nipponico.

Nikolaij a Hakodate

Lo sbarco a Hakodate avvenne il 14 luglio 1861 dalla nave Amur, partita da Nikolaijesk nell’aprile dello stesso anno. All’epoca la città, uno dei pochi porti accessibili agli stranieri, aveva un forte sapore internazionale ed erano molte le presenze di stranieri, seppure guardati con malcelato sospetto. Nell’agosto di quell’anno sarebbe passato in città anche l’anarchico Bakunin.16 Sebbene la prima impressione non fosse delle migliori, a causa delle grandi aspettative che nutriva verso il Giappone, nondimeno subito si impegnò nello studio della lingua, memore dei consigli di Innocent. Fece rapidi progressi anche nello studio della storia e della letteratura, nonché nel buddismo e nei classici confuciani, sotto la tutela del medico e intellettuale confuciano Kimura Kensai. Alla partenza di questo, proseguì gli studi sotto Niijima Shimeta, più noto come Niijima Jō, il fondatore della Dōshisha, che, nonostante numerosi tentativi, però, non riuscì

15 Nikolaij, una volta giunto in Giappone e rafforzata la sua diocesi, scelse, in ricordo proprio della sua prima messa, questa data come giorno per le riunioni annuali del piccolo sinodo giapponese, tradizione ancora oggi seguita dai fedeli giapponesi, sebbene le riunioni siano ormai differenti dai primi incontri, riservati al clero e finanziati dalla Chiesa russa; quelli attuali, aperti ai fedeli laici hanno acquisito un ruolo importante, e sono autofinanziati, già dal 1917, dopo la Rivoluzione di Ottobre in Russia. 16 Sakon Takeshi, “M.a. Bakunin no nihon raikō wo megutte”, in Kyōdō kenkyū roshia to nihon, Tokyo 1990.

mai a convertire. Tra messe e servizi spirituali in larga parte a beneficio di marinai e mercanti russi, visto che i Giapponesi vedevano il cristianesimo come la peggiore forma di malvagità tradotta in religione,17 però, Nikolaij non riusciva a trovare lo sbocco per la sua vera passione, il proselitismo, cosa che gli causò non poche frustrazioni. Un grande risultato lo otterrà, comunque, pochi anni dopo, con Sawabe, un personaggio dai tratti romanzeschi, conosciuto nel 1865 durante un ricevimento. Il primo scambio di battute tra i due sarà all’insegna della conflittualità, poi, a poco a poco, grazie ad assidue visite di Sawabe, maestro di scherma al consolato, a Nikolaij, le cose cambiano, fino alla clamorosa conversione. Per comprendere l’eccezionalità della vicenda, occorre considerare la storia di Sawabe. Egli nacque nel 1833 a Tosa, e poi si trasferì ad Edo. Dopo una giovinezza piuttosto movimentata, si avvicinò al movimento xenofobo son’nō jōi, e partì per Hakodate con altri seguaci del movimento con l’intenzione di creare disordini con atti di violenza contro gli stranieri della città. Curiosamente, tra le sue amicizie ci sono lo stesso Niijima e Sakamoto Ryōma. Allo stesso tempo divenne, in virtù del matrimonio, anche il titolare del piccolo santuario shintō Shinmeisha a Hakodate. Entrò nel consolato russo come maestro di kendō, e qui conobbe Nikolaij. All’epoca egli vedeva i Cristiani come esseri immondi e insopportabili, e un giorno entrò nella stanza di Nikolaij con l’intenzione di ucciderlo per difendere il suo paese dal male del cristianesimo, ma dopo uno scambio di battute non solo desistette, ma diventò il suo primo discepolo. Sawabe, con il suo consueto spirito passionale, inizia a spingere molte persone verso l’ortodossia, ma per molti che lo avevano conosciuto in precedenza sotto la veste di fanatico xenofobo, questa trasformazione sembrava davvero buffa. Una delle sue frasi preferite era: “se volete salvare questo paese, fate come me, convertitevi!”, che unisce un indomito spirito nazionalista a curiose venature apocalittiche. Tuttavia, grazie alla sua azione, un medico di Hakodate, Sakai, e Urano Daizō, diverranno anche loro discepoli di Nikolaij, quando ancora vigeva il divieto di praticare il cristianesimo.

Alla caduta del bakufu e al ritorno al potere dell’imperatore, si era creduto che questo divieto sarebbe stato ancora più inasprito e che una nuova ondata di persecuzioni si sarebbe abbattuta. Ma Sawabe e gli altri erano infuocati dallo spirito missionario e, nel 1868, primo anno dell’era Meiji, chiesero a Nikolaij di essere battezzati, e il rito fu compiuto nella stanza del sacerdote e in tutta segretezza. Sawabe prese il nome di Pavel,18 mentre Sakai divenne Ioan. Anche Urano si fece battezzare e prese il nome di Yakov. Dopo il battesimo, questi tre si divisero, Sakai tornò nel suo paese d’origine, a Yamagata, Urano a Kanazawa e Sawabe a Sendai. Nikolaij, invece, tornò in Russia per due anni.

17 Pozneiev, Meiji nihon to Nikolaij daishukyō, (tr. Nakamura Kennosuke), Kōdansha, Tokyo 1986. 18 Pavel corrisponde a “Paulus”, in latino, il nome del santo che era partito, proprio come Sawabe, da persecutore dei cristiani, per poi diventare uno dei massimi esponenti.

Nikolaij in Russia per l’ultima volta

Il ritorno in Russia ai primi del 1869 fu necessario per un insieme di fattori, e il timore di persecuzioni sicuramente non fu uno di questi (Nikolaij affrontò con coraggio la crisi scoppiata a causa della guerra russo giapponese del 1904-5 restando in Giappone).19 Egli, probabilmente, decise di tornare in patria in questo periodo in quanto la situazione restava bloccata in Giappone e per non perdere tempo, valutò che la sua presenza in Russia sarebbe stata più proficua. Al sinodo della chiesa russa egli presentò i risultati ottenuti fino ad allora, e un dossier sulla situazione religiosa nel paese. Da questa traspare la convinzione che i fedeli delle religioni diffuse in Giappone, buddismo e shintō, fossero in uno stato di incertezza, dovuto all’arrivo del cristianesimo, e che in queste crepe, a patto di una vigorosa azione di evangelizzazione, ci fossero ottime possibilità per diffondere l’ortodossia. In particolare, sono interessanti i giudizi dati sul buddismo e sullo shintō. Per il primo, infatti, egli sembra nutrire una sincera ammirazione, per la profondità della speculazione filosofica e per essere una religione chiaramente organizzata, a differenza dello shintō che è, invece, considerato alla stregua di una superstizione, e quindi più facile da superare.20 Quindi, chiese l’autorizzazione ufficiale alla fondazione di una missione in Giappone. Ottenne il permesso, ma non riuscì ad ottenere la possibilità di inviare in quattro città strategiche (Hakodate, Edo, Kyoto, Nagasaki) altrettanti sacerdoti, come invece stavano facendo gli altri contendenti, cioè i cattolici e i protestanti. Questa decisione provocò un gap che con gli anni divenne praticamente incolmabile: se, infatti, la presenza nel Tōhoku fu assicurata, ciò non si potrà dire delle altre aree del paese, peraltro molto più vivaci e dinamiche. La missione dal punto di vista amministrativo andava a cadere sotto la giurisdizione del vescovado della Kamchatka, mentre in un anno dalla Russia sarebbero arrivati finanziamenti per 6000 rubli, utilizzabili anche per l’architettura sacra. Nel 1870 Nikolaij venne infine nominato archimandrita. Nello stesso anno, quando fu chiaro che la nuova politica avrebbe preso una precisa strada verso l’occidentalizzazione del paese, ritornò in Giappone. Durante la sua assenza l’azione missionaria dei neoconvertiti fu alquanto intensa e ricca di buoni risultati: in breve tempo, Sendai vide nascere una ricca comunità ortodossa intorno al circolo di Sawabe, e anche altri piccoli centri del Tōhoku furono interessati dalla loro azione missionaria. Nel dicembre 1871 giunge ad Hakodate dalla Russia un altro prete, Anatolij, all’arrivo del quale, Nikolaij partì per Tokyo, aprendo un altro grande capitolo per la storia dell’ortodossia in Giappone.

19 Nakamura Kennosuke, Meiji no Nihon Harisutosukyōkai Nikolai no hōkokusho, Kyōbunkan, Tokyo 1993. 20 Kasatkin Nikolaij, Nikolai no mita bakumatsu nihon (trad. di Nakamura Kennosuke), Kōdansha, Tokyo 1979.

Nikolaij a Tokyo, lo sviluppo della missione, la morte

Il governo Meiji lentamente allentava, ma non eliminava, i divieti alle religioni imposti dal bakufu, tanto che nel 1872 ci fu un improvviso quanto inaspettato ritorno di severità contro i cristiani di tutte le fedi. Durante questa brevissima, e a tutt’oggi ultima “persecuzione” nel paese, furono imprigionati anche alcuni ortodossi giapponesi, tra i quali, naturalmente, Sawabe. Tuttavia il clima era sereno sotto il nuovo regime, e ormai evidente la diffusione dell’ortodossia del Tōhoku, Nikolaij tentò quindi la carta di Tokyo. Nel gennaio del 1872 partì per Yokohama, affidando la reggenza della sede di Hakodate al nuovo arrivato Anatolij. Giunto nella nuova capitale a febbraio, potè vedere direttamente i progressi delle altre confessioni cristiane, così come aveva fatto già a Yokohama. A Tokyo non ebbe subito vita facile: costretto a cambiare dimora diverse volte, alla fine trovò, nel quartiere di Irifune, un alloggio di fortuna e divise il tempo tra l’opera missionaria e le lezioni di russo. Un interessante trafiletto del 1872 apparso sul Tōkyō nichi nichi shinbun del 10 aprile, parla di lui e soprattutto del suo impegno nello studio dei classici del pensiero cinese al famosissimo shiba no zōjōji. Durante la opera di proselitismo casa per casa, trovò anche il luogo dove poter costruire la chiesa della capitale. Il luogo prescelto era a Surugadai, attuale Kandachō, ad Ochanomizu.21 Era una vecchia stazione dei pompieri usata fino alla fine del bakufu, in posizione alta per l’epoca. Nel 1872 Il terreno e la struttura furono comprati tramite dei prestanome, in quanto all’epoca vigeva il divieto di acquistare terreni da parte di stranieri, e fu subito costruita una scuola missionaria che in breve divenne il fulcro dell’ortodossia giapponese, attirando studenti da tutto il paese. Successivamente, grazie all’intervento diplomatico russo, il terreno fu rilevato dall’ambasciata russa che lo “prestò” alla chiesa e solo a metà degli anni ‘50 del ‘900 la proprietà passò definitivamente sotto la chiesa ortodossa giapponese. I lavori iniziarono nel 1884, grazie ai generosi fondi raccolti durante la permanenza in Russia e terminarono nel 1891. La cattedrale fu dedicata alla Resurrezione e si presentava come una chiesa a croce greca con un alto campanile davanti all’entrata, di chiara matrice russa. La cupola poggiava direttamente sul corpo dell’edificio. Fu progettata da Michael A. Shchurupov un architetto russo al momento in Giappone, in collaborazione con l’architetto britannico Josiah Conder, e costruita dalle maestranze di Nagasato Taisuke, e fu un landmark per molti anni, prima che il terremoto del Kantō22 e poi l’urbanizzazione della zona circostante la assorbissero. Alla cattedrale furono affiancati una biblioteca e un colleggio maschile e femminile, quest’ultimo di notevole importanza in quanto una delle poche istituzioni di istruzione per ragazze di matrice cristiana in Giappone. Questi anni furono cruciali anche per l’organizzazione gerarchica della diocesi: nel

21 Seraphim, Tōkyō fukkatsu daiseidō ga taterareta toki, Seikyō jihōsha, Tokyo 2002. 22 Durante il terremoto andrà distrutta la biblioteca, e il campanile rovinerà sulla cupola, distruggendola. All’atto della ricostruzione, fu abbassato il campanile e la cupola fu poggiata su di un tamburo e rifatta in uno stile più marcatamente bizantino. Gli interni furono fortemente semplificati.

1874 venne indetto il primo concilio della chiesa ortodossa giapponese, mentre ancora più importante fu il secondo concilio durante il quale il vescovo Pavel della Siberia orientale ordina sacerdote Sawabe e Sakai come diacono,23 realizzando così uno dei punti cardine del progetto di Nikolaij, cioè quello di creare una chiesa che fosse sempre più autosufficiente dal punto di vista pastorale. In questi stessi anni si organizzò anche il coro della cattedrale di Tokyo e venne creato un corpus di canti in giapponese24 su melodia russa.25 Nel 1880 fu fondata la scuola missionaria di Tokyo unificando i precedenti istituti di istruzione con la missione, e nello stesso anno Nikolaij fu ordinato finalmente vescovo di Revel, dell’arcidiocesi di Riga, e nel 1882 consacrò il suo primo sacerdote, curiosamente un cinese, da avviare alla diocesi di Beijing. Nel frattempo, nel 1881 era stata inviata in Russia la pittrice Yamashita Rin con l’intenzione di creare un atelier pittorico di icone.26 Nel 1891 l’ufficiale del ministero degli esteri Soejima27 contattò Nikolaij in quanto serviva un interprete per il principe imperiale Aleksander nella sua sfortunata visita in Giappone quando fu ferito al volto ad Otsu. Secondo Ushimaru fu per l’intercessione di Nikolaij presso il principe ferito che si evitò lo scontro armato con la Russia. Ad ogni modo, il prestigio di Nikolaij era incontestabile, e fu anche grazie al suo interessamento che il figlio di Soejima e un amico dell’imperatore Meiji fecero un viaggio di studio in Russia. Tuttavia lo scontro tra i due paesi era diventato inevitabile e durante la guerra del 1904-5 tra Russia e Giappone, i fedeli ortodossi furono visti con disprezzo e sospettati di essere spie russe. Nikolaij si astenne dalle funzioni in pubblico ritenendo disdicevole il fatto sia che un Russo pregasse per la sconfitta del proprio paese, sia che egli, a capo della chiesa ortodossa giapponese, pregasse per la sconfitta del suo paese adottivo, ma si rifiutò recisamente di lasciare il Giappone. Finita la guerra, in realtà, la chiesa ortodossa fu molto utile nei rapporti con il grande numero di prigionieri russi (70.000 uomini) caduti in mano giapponese. I vari sacerdoti e fedeli che avevano imparato il russo aiutarono i prigionieri e diedero loro assistenza spirituale, in modo che la loro condizione sfavorevole fosse alleviata. Questo fece sì che il prestigio della chiesa ortodossa fosse ripristinato ed anzi risultasse aumentato agli occhi del popolo e della politica. Nel 1906 lo ieromonaco Andronik diventa vescovo di Kyoto e vicario di Nikolaij, ma restò molto poco in sede per problemi di salute: due anni dopo è già stato sostituito da Sergij. Ma di tutte queste date, sicuramente la più importante è il 1907, quando Nikolaij divenne arcivescovo, creando, così, la diocesi indipendente nell’ambito del Patriarcato di Mosca della Chiesa del Giappone. Con il passare degli anni, tuttavia, la salute di Nikolaij peggiorò sempre di più, crollando nel 1910 quando gli fu diagnosticata una malattia cardiaca, tanto

23 In quanto archimandrita, Nikolaij non poteva ancora ordinare sacerdoti. 24 Seikyo-Shinpo, pp. 318, 1894. 25 http://www.orthodox-jp.com/maria/English-index.htm (20/01/2012). 26 Nakamura Kennosuke, Senkyōshi Nikolai to Meiji Nihon, cit. 27 Aleksej Potapov, Meijiki Nihon no bunka ni okeru Tōhōseikyōkai no ichi oyobi eikyō, Nihon Harisutosuseikyōkaikyōdan, Tokyo 2004.

che nel 1912 fu costretto al ricovero. Nonostante questo, dal letto continuò a lavorare su progetti editoriali quali la pubblicazione di traduzioni dal russo e dal cinese di testi religiosi e di notiziari. Terminati gli ultimi lavori urgenti, uscì dall’ospedale per tornare al suo alloggio. Qui scrisse ancora delle brevi note, l’ultima delle quali, “con animo tranquillo andate e fate il vostro lavoro. Anch’io in un posto tranquillo continuerò l’opera…”, è da considerare il suo testamento spirituale. La sera del 16 febbraio il suono delle campane ruppe il silenzio circostante e tutti quelli che conoscevano Nikolaij capirono quello che era successo. Il 22 febbraio si celebrarono i funerali in una chiesa affollatissima. Il funerale fu celebrato da Sergij,28 che divenne subito dopo il nuovo, e sfortunato, arcivescovo e che sarebbe stato a capo della chiesa fino al 1941. La sua sarà probabilmente la figura più tragica di tutta la storia dell’ortodossia in Giappone. Tra le numerose ghirlande, spiccò quella inviata personalmente dall’imperatore Meiji, che sarebbe scomparso pochi mesi dopo, un fatto eccezionale visto che di tutti i grandi personaggi stranieri che aveva conosciuto e che erano morti durante il suo lungo regno, solo a Nikolaij fu inviato un dono ufficiale.29 Con il titolo di eguale agli apostoli ed evangelizzatore del Giappone, Nikolaij viene canonizzato dal Patriarcato di Mosca nel 1970.

Nikolaij e la sua attività di traduzione

La Chiesa Ortodossa fin dalle origini ha sempre considerato fondamentale l’opera di traduzione nella lingua locale dei testi sacri e di uso liturgico, e la chiesa giapponese non si comportò diversamente. Già durante i primi anni Nikolaij si impegnò nella traduzione, ma una grossa accelerazione fu data al suo ritorno dalla Russia. Durante l’assenza di Nikolaij dal Giappone, Sawabe, Ono, Sasagawa e altri, essendo in larga parte ex samurai, usarono testi in kanbun, tra cui il Tōkyōshūkan – Dōngjiàozōngjiàn 東教宗鑑, “Lo specchio della religione orientale”, che è una traduzione dal russo di un semplice catechismo (1863). La Sacra Bibbia fu pubblicata nel 1865 a Shanghai, e presto divenne un oggetto prezioso anche per i Giapponesi, e fu utilizzata fino a che a Yokohama non fu pubblicata un’edizione in kanbun annotato, di più facile comprensione. In cinese fu pubblicata a Beijing (estate del 1866) una traduzione dal russo del Nuovo Testamento, in due volumi, con il nome di Shin’ishōseikei – xīnyízhàoshèngjīng, poi via via altre raccolte di scritti cristiani si sono aggiunte, e tutte pare siano state in possesso degli studiosi ortodossi giapponesi. Gran parte di questi testi furono pubblicati dalla missione russa di Beijing, all’epoca molto attiva e che annoverava tra le sue fila grandi nomi di missionari come gli archimandriti Joakin Bukhurin, Palladii Katharov e Gury Karpov. Le loro opere furono diffuse dall’Amur al Giappone, ed ebbero una forte influenza su Sawabe e la sua cerchia. Finalmente,

28 Ushimaro Yasuo, Kami no mi mune ni ikita gekidō no shimobetachi, Nihon harisutosu seikyōkai kyōdan, Tokyo 1987. 29 Pozneiev, Meiji nihon to Nikolaij daishukyō, cit.

in concomitanza con il rigoglio della missione di Hakodate e Sendai, anche in Giappone vennero pubblicati testi sul cristianesimo: nel 1873 il Tōkyōshūkan, tradotto da Ivan Imada, ma pubblicato con il titolo di Kyō no kagami 教之鑑 da Ivan Ono e Satō, all’epoca residenti a Edo. Ancora, gli studiosi ortodossi ricopiavano i Vangeli dal cinese per farne testi di studio, così come gli appunti presi dalle conversazioni e gli insegnamenti di Nikolaij. Al suo ritorno in Giappone, Nikolaij portò con sé le matrici per la stampa di opuscoli e preghiere, e fu felice di vedere i progressi della comunità. Comprendendo poi l’importanza di avere dei testi tradotti, Nikolaij decise di approfondire lo studio dei classici cinesi, e fece giungere dalla regione di Sendai il grande studioso confuciano Naoyama Onji. Grazie a questa decisione di Nikolaij, gli studi ortodossi giapponesi presero una propria fisionomia. Intanto, Ono Shōgorō e altri decidono di imparare il russo per poter leggere i libri originali, mentre Nikolaij fece tradurre a Naoyama testi sacri dal cinese al giapponese. Ancora, con la formazione di Giapponesi che parlano russo, Nikolaij, con Ono e Naoyama, scrisse il dizionario Russo-Giapponese. Questo fu il primo dizionario di questo tipo, e sarebbe stato largamente in uso fino al 1881, quando il Ministero dell’Istruzione russo darà alle stampe uno proprio. Con il miglioramento delle tecniche, iniziarono ad essere stampate anche icone per uso privato familiare, e alcune di queste si possono ancora ammirare nelle chiese di Kurashiki, Shirakawa, etc. Nelle immagini degli Evangelisti, i Vangeli hanno i testi in cinese, un tipo di raffigurazione assolutamente inedita in Giappone. Il Nichizukyō 日図教 è invece un libro che contiene numerose preghiere e, essendo la prima opera di traduzione in giapponese, è diventato un classico anche per quanto riguarda il linguaggio specifico della teologia. Infine, proprio in questo periodo nasce il temine seikyōkai 正教会 scritto con i kanji attuali (prima era usato hijiri 聖 al posto di tadashii 正, una resa del vero significato di ortodossia del tutto inadeguato). Tra le traduzioni fatte da Nikolaij, ci sono anche le opere complete dei santi Giovanni Crisostomo, Cirillo, del siriano Isacco e dell’egiziano Macario.

The Intoduction of Christian Orthodoxy in Japan and Saint Nikolaij

The first known Japanese Orthodox was Denbei in XVIII century. When the Russians were granted a permit to build its consulate in Hakodate, it was during the late Edo period, and due to the law banning they had no opportunity to spread their faith. But everything changed with Nikolaij Kasatkin. He, with the fall of the bakufu, was able to start evangelizing. The first convert was a Shinto priest named Sawabe. The Church grew steadily, and in 1872 Nikolai came to Tokyo where he constructed the Holy Resurrection Cathedral. Many other churches were opened in the north, as well as in Osaka and Kyoto. He died in 1916. He was a very active evangelist who learnt Japanese in order to translate as many religious texts as he could. After his death he was sainted by the Japanese and Russian churches.

日本における正教会の普及と聖ニコライについて

マルコ・デ・バッジス

一番最初の正教会の日本人はでんべい(漢字不明)でした。しかし、 本当の日本正教会の歴史はすでに幕末から始まっていました。幕末 に、函館にロシア領事館、領事館近くに小さな教会がそれぞれ建設さ れました。この教会では何人かの司祭を経て、聖ニコライが186 1年から司祭を勤めました。当時、幕府の命令により、キリスト教の 話は禁じられていましたが、聖ニコライは3人の日本人を洗礼しまし た。明治初期には、彼はロシアに戻って約2年間滞在し、日本の正教 会を全国に普及する為の資金及び教会や他の司祭達の援助が必要だと 大司祭に訴えました。その後、彼は日本の函館に戻り、東京へ行きま した。東京では大聖堂を建設以降、多くの日本人が入会しました。日 本における正教会の基礎を築きあげ、1912年に亡くなりました。