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1.2. La storia del Canal del Ferro/Valcanale. Una storia di frontiera (I° parte

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Conclusione

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potuto sviluppare una cultura e una comunità stabile; invece la popolazione della valle è sopravvissuta nel corso secoli e ancora oggi assolve il compito al quale è stata chiamata in origine, ovvero operare come ponte fra le tre diverse culture, slava, tedesca e latina, che tutt’ora formano la base dell’intero continente europeo. Una regione di frontiera davvero unica nel suo genere e che, proprio per queste particolarità, attira studiosi e ricercatori in ogni campo, dalla geologia all’entomologia passando, ovviamente per la storia politica ed economica.

1.2. La strada del Canal del Ferro-Valcanale. Una storia di frontiera (I° parte)

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Dalle origini all’istituzione del vescovado di Bamberg (1007)

Delineare la storia del territorio del Canal del Ferro e della Valcanale significa narrare la storia di una strada, dell’evoluzione delle sue dogane e dei cambiamenti geopolitici che si sono susseguiti lungo questa direttiva che da tempi immemorabili collega le regioni del nord Europa con le regioni mediterranee. Il già citato Martin Wutte, nella sua guida “Das Kanaltal” offre un’interessante introduzione che merita di essere riportata quasi interamente perché ben illustra i motivi per cui il territorio della Valcanale presenta delle particolarità confinarie davvero uniche: 7

In vierfacher Hinsicht ist das Kanaltal Grenzgebiet: geographisch, völkisch, kulturell und politisch. Geographisch gehört es nach Lage und Lebensbedingungen ohne Zweifel zum inneralpinen Raum. […] In völkischer Hinsicht berühren sich an den Julischen Alpen seit dem frühen Mittelalter Deutsche, Slowenen und Friauler, zuletzt Italiener, somit die Hauptvölkergruppen Europas: Germanen, Slawen und Romanen. Bis zum Ende des Weltkrieges war das Kanaltal weit überwiegend deutscher, zum geringer Teil slowenischer Volksboden und beherbergte nicht einen einzigen bodenständigen Italiener. Scharf schieden sich Deutsche und Italiener an der alten Staatgrenze zwischen dem rein deutschen Pontafel und dem rein italienischen Ponntebba. Kulturell wurde das Kanaltal fast ausschiließlich von Norden her beeinflusst. Die Volksgrenze bei Pontafel war eine ebenso scharfe Kulturgrenze. Politisch endlich war das Kanaltal vom früher Mittelalter bis zum Frieden von St. Germain der südlichste Grenzstreifen und ein unbestrittener Teil des zum deutschen Norden gehörigen Herzogturms Kärntens. Wenn schon die Staatsgrenze infolge der größeren staatenbildenden Kraft des Nordens zeitweise hinunter in die Po-Tiefebene vorrückte, so war doch die

7 Per approfondimenti sugli usi e i costumi dei valcanalesi si veda: MIGGLAUTSCH K, INGOMAR P, Das Kanaltal und seine Geschichte, Klagenfurt, K3, 1995.

Südgrenze des Kanaltales: Pontebbanabach – Kamm der Julischen Alpen bis Predil, durch mehr als ein Jahrtausend auch die Südgrenze Kärntens, ausgenommen eine dreijährige Unterbrechung in der napoleonischen Zeit. Nicht nur in der Natur, sondern auch als Volks- und Kulturgrenze fest verankert, bewies sie eine Beständigkeit, wie sie in Europa einer Grenze nur selten zukommt.8

Sostanzialmente si parla di un’asse viario che nel corso dei secoli ha mantenuto intatta la sua importanza sia come via di passaggio e di scambio fra merci dal nord, dalla pianura italica e dalle regioni illiriche, sia come frontiera fra culture e tradizioni diverse spesso contrapposte anche violentemente. Tuttavia, come scrive Latino Fuccaro, importante storico locale: « Bisogna tener presente che un confine non è sempre una linea di demarcazione inviolabile e di scontro, anzi, nei momenti in cui le armi tacciono diventa un punto di proficui scambi sia economici che culturali. Gli eserciti si scontrano, ma le genti spesso s’incontrano dando origine a contaminazioni dai risultati inaspettati ».9 « Le tracce più antiche della presenza umana in Friuli sono databili più o meno dal V. millennio a.C. »10 e sicuramente l’uomo ha abitato queste anche valli persino durante le fasi interglaciali sebbene i ritrovamenti di reperti che potrebbero documentare più approfonditamente questo periodo sono scarsi. « Selci lavorate sono state rinvenute nella zona dei laghi di Fusine e a Cave del Predil. Nel 1821 venne trovata presso Riofreddo un’ascia litica […] che secondo gli esperti potrebbe datarsi alla fine del Neolitico. […] Nel 1865 fu trovata a Vidali di Dogna una spada a doppio taglio […] databile alla media-piena età del bronzo. Questa traccia potrebbe farci pensare che la via del fiume Fella […] fosse frequentata stabilmente fin dal secondo millennio avanti Cristo ».11

8WUTTE M, op, cit, p. 79. Trad, p. 93 [La Valcanale è una zona di confine da quattro punti di vista: geografico, etnico, culturale e politico. Dal punto di vista geografico appartiene per la sua ubicazione e per le sue condizioni di vita alla zona alpina interna. […] Dal punto di vista etnico vi s’incontrano sin dal primo medioevo Tedeschi, Sloveni, Friulani ed infine Italiani, ossia i principali ceppi dei popoli d’Europa: Germani, Slavi e Romani. Fino alla fine della guerra mondiale la Valcanale era un territorio abitato da una preponderante maggioranza tedesca, in numero meno consistente da quella slovena e da neppure un nativo italiano. Nitidamente i tedeschi e gli italiani erano divisi dal vecchio confine tra la Pontafel tedesca e la Pontebba esclusivamente italiana. Dal punto di vista culturale la Valcanale era influenzata quasi esclusivamente dal nord. Il confine di popoli presso Pontafel era nel contempo un preciso confine culturale. Infine dal punto di vista politico la Valcanale era fin dal primo medioevo al trattato di San Germano la zona di confine più meridionale e la parte più contesa del Ducato della Carinzia, appartenente al nord tedesco. Se come conseguenza della più consistente forza di formazione degli stati del nord il confine dello stato avanzava temporaneamente giù nella pianura padana, la linea meridionale di delimitazione della Valcanale – dal rio Pontebbana alla cresta delle Alpi Giulie fino al passo del Predil – rimase da oltre un millennio anche il confine meridionale della Carinzia, fatta eccezione per un’interruzione di tre anni durante il periodo napoleonico. Ben consolidata, non soltanto nella natura ma anche come confine etnico e culturale, essa dimostrò la sua stabilità come raramente accade ad altro confine d’Europa.]. 9 FUCCARO L, DANELUTTO A, Chiusaforte e la val Raccolana dalle origini ai giorni nostri, Chiusaforte, La Chiusa edizioni, 2011, p. 7. 10 DOMENIG R, Malborghetto- Valbruna; comune in Valcanale, Udine, Ed. del Confine, 2003, p. 15. 11 Ibid, p. 15.

Già alla luce di questi pochi dati si riscontra in maniera evidente quel carattere di vallata di transito che resterà incollata al territorio del Canal del Ferro-Valcanale fino ai giorni nostri. La strada principale di collegamento è stata chiamata in vari modi a seconda dell’utilizzo che ne è stato fatto nel corso dei secoli: in origine veniva chiamata “Via dell’ambra” perché la preziosa merce proveniente dal Baltico raggiungeva i porti dell’Adriatico oppure “Via del Sale”, quando la merce richiesta era il salgemma che veniva estratto in Alta Austria nella località di Hallstatt, la quale si sviluppò e diede origine ad una grande civiltà proprio grazie al commercio di questo indispensabile conservante naturale. « Infine, quando dalle miniere della vicina Carinzia ha cominciato a giungere il ferro, ha preso il nome di Via del Ferro e tutt’ora la vallata12 è conosciuta come Canal del Ferro ».13

In assenza di reperti storici che possano confermare quanto si teorizza, ci si aiuta con lo studio della toponomastica.14 L’analisi dei nomi delle località più importanti della valle conferma quanto rimane dubbioso riguardo l’origine dei primi abitanti stabili della valle e rivela una chiara origine celtica degli insediamenti « Presso gli antichi scrittori greci e romani compaiono con i nomi di Carni, Gallo-Carni, Taurisci e Norici».15 In particolare il toponimo di Tarvisio è di chiara origine celtica (Tarvos significa Toro)16 mentre Tito Livio descrive la regione del Friuli come Carnorum regio cioè “regione abitata dai Carni”17 . Quando i romani, nel 181 a. C. fondarono la colonia di Aquileia e intrapresero la conquista delle regioni a nord di essa si trovarono a confrontarsi con tribù già da molto tempo stanziate in loco. Le relazioni con i Norici, nome con cui queste numerose e diverse popolazioni venivano indicate dai romani, furono relativamente cordiali anche se i territori più refrattari alla romanizzazione vennero definitivamente sottomessi solo grazie alle campagne di Augusto nel 15 a. C.

Il periodo romano merita un piccolo approfondimento a causa di un problema di localizzazione. Proprio a Camporosso furono ritrovati parecchi resti romani e questo fa pensare ad una possibile stazione di sosta sulla Via Julia Augusta, la strada romana che, in periodo imperiale, da Aquileia portava a Virunum, capitale della provincia del Noricum,

12 Da Pontebba in giù [N.d.A.]. 13 FUCCARO L, DANELUTTO A, Chiusaforte e la val Raccolana dalle origini ai giorni nostri, Chiusaforte, La Chiusa edizioni, 2011, p. 5. 14 Un’importantissima pubblicazione in tal senso è: Legami fra una terra e la sua gente, toponomastica del comune di Chiusaforte, a cura di FUCCARO L, DANELUTTO A, Comune di Chiusaforte, 2004. 15 IL TARVISIANO a cura di Pietro Treu, Tarvisio, Azienda autonoma di soggiorno, 1974. 16 Legami fra una terra e la sua gente, toponomastica del comune di Chiusaforte, a cura di FUCCARO L, DANELUTTO A, Comune di Chiusaforte, 2004, p. 36. 17 T. LIVIO, Ab Urbe Condita Libri, XL, 54.

attuale Maria Saal, nei pressi di Klagenfurt. Però l’identificazione di questo punto di sosta si è rivelato di non facile interpretazione. Bisogna tener presente che le strade romane erano organizzate in modo che i viaggatori potessero sempre trovare un punto di rifornimento ogni qualvolta ne avessero avuto bisogno e questa distanza era calcolata in circa XXX miglia nel caso di strade agevoli e in XXIII miglia in caso di strade pericolose o insicure. Le “stazioni” della Via Julia Augusta sono elencate in uno stradario anonimo chiamato Itinerarium Antonini, giunto a noi in una forma redatta all’epoca di Diocleziano ma che in realtà deriva da una copia più antica risalente all’epoca di Caracalla e stilata in base a fonti datate all’epoca di Augusto. L’anonimo compilatore, descrivendo l’intero itinerario, nomina la località di Ad TricensimumViam Belloio collocando la stazione di sosta presso Tricesimo, nei dintorni di Udine, XXX miglia a nord di Aquilea, dopodiché cita la Mansio Larice, una stazione di sosta posta XXIII miglia a nord di Viam Belloio, in territorio montano e identificata con Chiusaforte mentre successivamente riporta le località di Santicum, attuale Villach, e Virunum, rispettivamente dopo XXIII miglia e XXX miglia. Tuttavia, analizzando la distanza fra Aquileia e Klagenfurt si nota che mancano XXX miglia all’appello. Uno studioso, Luciano Bosio, si è occupato di risolvere questo problema giungendo alla conclusione che il compilatore avesse per sbaglio lasciato cadere una tappa, calcolando XXIII miglia anziché XXX prima della stazione di Larice e tralasciando una stazione di posta localizzata fra Larice e Santicum. Questa tappa viene collocata proprio a Camporosso ed indicata con il nome di Statio Bilachiniensis ed in questo modo i conti dell’intera distanza tornano ad essere precisi in quanto si susseguono XXX miglia da Tricesimo a Chiusaforte, XXIII miglia da Chiusaforte a Camporosso e poi nuovamente XXIII miglia fino a Villach.18 In aggiunta a questi dati va ricordato che sia la località di Chiusaforte sia la località di Camporosso hanno restituito importanti testimonianze romane: lapidi, steli e parecchie monete di epoca imperiale. Inoltre, la stazione di sosta di Larice era preceduta da un posto di dogana, la Statio Plorucensis, identificata con Resiutta. Alla luce di queste prove si conferma anche in epoca romana il carattere di confine del luogo, conclude Bosio: « In tal modo abbiamo lungo questa strada la presenza di un portorium in

18 Cfr: BOSIO L, La strada romana da Aquilea a Virunum in Tarvis, ats dal 68n Congres, Udine, Societât Filologjiche Furlane, 1991, pp. 25-32.

territorio italico (Resiutta), di una linea di confine fra la X Regio (=Italia) e il Noricum (Chiusaforte), e di una stazione doganale in territorio norico (Camporosso) ».19

L’equilibrio politico-economico che garantiva la pacifica convivenza ai confini dell’Italia venne bruscamente interrotto con le invasioni dei Quadi e dei Marcomanni, penetrati nel 167 d. C. nella pianura friulana proprio grazie a questa agevole via. In quell’occasione Roma fu capace di resistere all’urto anche grazie alle doti tattiche e strategiche di Marco Aurelio, ma si trovò completamente inerme durante il IV sec. d. C. quando orde di barbari discesero in Italia per il facile valico di Camporosso e per le vie laterali del Predil e del cividalese annientando quanto restava dell’agonizzante impero. Fra queste popolazioni vanno citati i Longobardi che calarono in Italia nel 568 d. C. e fondarono il Ducato del Friuli. Recentemente l’insediamento longobardo di confine, la Meclaria di Paolo Diacono, è stato individuato a Thörl Maglern, a pochi chilometri oltre il confine italiano. Un secolo dopo è il turno dell’invasione degli Avari e degli Slavi alpini o Vendi. Questi si rivelarono immediatamente dei vicini scomodi per i Longobardi i quali si trovarono a dover lottare per difendere le fertili pianure friulane da queste popolazioni bellicose. Respinti gli Avari oltre le Alpi, i Vendi, messi dai longobardi in condizione di non nuocere, andarono ad occupare i territori delle valli alpine rimasti semivuoti istituendo il ducato della Carantania che comprendeva sia la Carinzia sia la Valcanale confinando con il ducato longobardo. Probabilmente questi pastori-agricoltori furono i primi abitanti a fondare degli insediamenti stabili nelle valli dopo parecchi secoli, tuttavia, mentre in Carnia e nel Canal del Ferro, nonostante i numerosissimi toponimi ancora presenti, l’elemento slavo venne con il tempo assorbito dall’elemento friulano, in Valcanale esso si radicò, rimase vivo e, contaminandosi nel corso dei secoli con le popolazioni friulane e carinziane, diede origine a quel caratteristico ceppo windisch, stanziatosi nelle località di Zabnice, Ukve e Lipalija Vas (Camporosso, Ugovizza e San Leopoldo), le quali ancora oggi sono abitate da minoranze slovene.20 In ogni caso, a parte pochi e confusi dati, la storia tace su questo tormentato periodo; la larga strada romana venne lasciata a sé stessa e le alluvioni la cancellarono, le varie stazioni di sosta, insieme con gli insediamenti, furono abbandonate e non vennero più citati i nomi latini. L’unico barlume di civiltà si conservò grazie alle sedi ecclesiali, ma quando anche Julium carnicum, centro di riferimento religioso dell’alto Friuli, fu abbandonata, solo Aquileia mantenne il potere spirituale.

19 Ibid, pp. 30-31. 20 Sull’origine del termine windisch si rimanda a: RADO L, The terms Wende-Winde, Wendisch -Windisch in the historiographical tradition of the Slovene land, Slovene studies, 2008, p. 93-97.

La città di Aquileia fu già dal III sec. d. C. uno dei massimi centri di diffusione del cristianesimo nel nordest italiano e nell’est europeo. Col tempo la sua importanza e la sua forza politica si accrebbero e, soprattutto grazie alle numerose donazioni longobarde, nell’VIII secolo era una delle realtà temporali e spirituali più importanti della zona. La diocesi di Aquileia, retta da un Patriarca autonomo da Roma e in diretto contatto con Costantinopoli, riusciva ad amministrare un territorio molto vasto, che andava dalla parte occidentale della pianura friulana, al Cadore, fino alla Stiria, infatti fu grazie all’azione dei primi patriarchi che le popolazioni windisch vennero cristianizzate. Successivamente ai Longobardi si sostituirono i Franchi e quando Carlo Magno fu incoronato imperatore del Sacro Romano Impero nell’800 d. C. l’Europa si trovò nuovamente unita sotto un’unica politica imperiale. Fu un periodo di rinascita culturale e le politiche di riorganizzazione burocratica dei territori permisero una gestione pubblica più efficace. Fra le riforme del periodo va citata quella di ridefinizione dei confini del potere spirituale delle varie diocesi fra cui quella di Aquileia all’interno del ducato di Carantania, il quale venne diviso fra i territori a nord della Drava, facenti riferimento alla diocesi di Salisburgo, e quelli a sud che divennero parte della diocesi di Aquileia. Tuttavia questo clima di rinascita era destinato a non durare a lungo. Alla morte di Carlo Magno il Sacro Romano impero venne spartito fra i suoi figli e iniziò un periodo di lotte dinastiche.

Alla fine di quel periodo che viene definito “Anarchia Feudale” Ottone I imperatore, dopo essere riuscito ad emergere all’interno della lotta per il trono imperiale, istituì il Ducato di Carinzia unendo il vecchio Ducato di Carantania, la Marca del Friuli, trasformata in contea, la Marca di Verona e altre realtà minori, « fu da allora che il nostro territorio iniziò a gravitare nell’ambito tedesco, mentre si veniva a delineare quello che poi sarebbe stato il confine con il Friuli ».21

Gli Ottoni cercarono, in questo modo, di legare più strettamente il nord Italia all’Impero in modo da tenere libero il passaggio verso la Penisola. A questo scopo, in piena lotta per le investiture, se da un lato essi unirono le varie entità statali in un unico ducato di diretta dipendenza imperiale, dall’altro mantennero oculatamente buoni rapporti con i patriarchi di Aquileia elargendo nel corso del tempo numerose donazioni che andarono a formare la base per il futuro sviluppo del potere temporale. In questo periodo il Patriarcato rimase saldamente in mano a vescovi-guerrieri di origine tedesca che si premurarono di garantire il sostegno

21 DOMENIG R, Malborghetto-Valbruna, comune in Valcanale, Udine, Ed. del Confine, 2003, p. 20.

all’imperatore in cambio di protezione. In questo modo Aquileia ampliò grandemente la sua autonomia politica ponendosi non solo come un interlocutore di pari livello dei ducati germanici all’interno della compagine del Sacro Romano Impero ma anche come la più grande e prestigiosa entità statale del nord Italia del periodo. Nel 1077, con diploma imperiale datato 3 aprile, l’imperatore Enrico IV, dopo l’umiliazione di Canossa, per premiare la fedeltà del patriarca Sigeardo, uno fra i pochi vassalli ad essere rimasto sempre devoto all’imperatore, gli donò in feudo l’intera contea del Friuli, fregiandolo del titolo di Principe. « È la nascita nel nuovo stato patriarcale, destinato a durare più di tre secoli, fino al 1420 ».22 Il confine del Patriarcato di Aquileia venne fissato al ponte sulla Pontebbana, dividendo in questo modo la Pontebba patriarcale dalla Pontafel imperiale. Raimondo Domenig descrive in sintesi ciò che invece pochi anni prima era accaduto dall’altro lato del ponte:

Il primo novembre 1007 l’imperatore Enrico II […] fondò il Vescovado di Bamberg in Franconia. Per renderlo effettivo lo dotò di beni regali e proprietà anche lontane. […]. Dalla prima ora fecero parte in Carinzia della dotazione del Capitolo il circondario attorno al transito del fiume Drau (Villach), quello attorno al transito sul fiume Gail (Federaun), Arnoldstein e gli importanti passi alp ini di Camporosso e del Predil. […]. Il 14 febbraio 1014, in occasione della sua incoronazione a Roma, Enrico II stilò un atto con cui donava al Capitolo tre località […] difficilmente identificabili. In quel particolare momento storico c’era l’interesse da parte dell’imperatore di mettere in sicurezza i passi alpini delle Alpi Orientali per motivi politico-strategici. Questo interesse, assommato a quello delle mude (dogane) poteva essere esercitato solo da un vassallo fedelissimo come il vescovo bamberghese. Iniziò da allora la storia della presenza del Capitolo in valle. Il potere spirituale […] appartenne alla diocesi di Aquileia.23

In questo particolare contesto storico la storia della strada del Canal del Ferro-Valcanale smette di essere storia di confine e diventa storia di frontiera. Le due realtà si trovarono

stabilmente delimitate ed iniziò un periodo di precisa differenziazione politica destinata a durare fino alla prima guerra mondiale.

22 FUCCARO L, DANELUTTO A, Chiusaforte e la val Raccolana dalle origini ai giorni nostri, Chiusaforte, La Chiusa edizioni, 2011, p. 29. 23 DOMENIG R, Malborghetto-Valbruna, comune in Valcanale, Udine, Ed. del Confine, 2003, p. 21.

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