› è la legge La legge sul consumo di suolo, questa chimera! Alessandro Ezechieli, avvocato
Sarà questa la volta buona per avere una legge nazionale che dia un freno all’aggressione incontrollata del territorio? Forse sì. Ma partiamo dai dati di fatto. Secondo l’Ispra in Italia il suolo consumato (cioè irreversibilmente trasformato dall’uomo per far spazio a strade, edifici, industrie e qualsiasi altro manufatto artificiale) è circa il 7% della superficie totale, percentuale che cresce dagli anni ’50 del secolo scorso a ritmi impressionanti un po’ ovunque. Basti pensare che nella relazione accompagnatoria al disegno di legge governativo per il contenimento del consumo di suolo del 2014 è scritto a chiare lettere che “ogni giorno in Italia si cementificano 100 ettari di superficie libera” e che dal 1956 al 2010 “il territorio nazionale edificato …è aumentato del 166%”. Che si sia arrivati al limite e che serva un’inversione di tendenza ce lo fa sapere la natura che sempre più spesso si manifesta con fenomeni violenti che non risparmiano il territorio, costantemente afflitto da inondazioni e frane. Ma ce lo fa sapere anche l’UE che, circa cinque anni fa, si è data l’obiettivo di arrivare entro il 2050 a un incremento di consumo di suolo pari a zero, obiettivo poi rafforzato con l’entrata in vigore, nel 2014, del Settimo programma ambientale dell’Unione Europea. Anche in Italia l’argomento è sentito, tanto che alcune Regioni hanno già legiferato sul tema (ad esempio la L.R. Lombardia n. 31/2014 e l’articolo 4 della L.R. Toscana n. 65/2014). Per arginare efficacemente il fenomeno è però necessario un intervento legislativo a livello nazionale. Negli ultimi anni sul tema si contano almeno quattro proposte di legge di iniziativa parlamentare, alle quali è stato abbinato il menzionato disegno di legge di iniziativa governativa del 2014. Il risultato è un testo di 11 articoli che, dopo vari aggiustamenti “al ribasso”, il 12 maggio 2016 è stato finalmente approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati. Entrando nel merito del testo licenziato dalla Camera, pur limitandosi ad un esame a prima lettura, si possono evidenziare alcune novità rilevanti. Anzitutto, sarà un principio fondamentale della materia del governo del territorio (vincolante anche per la legislazione regionale) quello per cui il consumo di suolo inedificato “è consentito esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse”. Ma dall’enunciazione del principio alla fase applicativa la strada è lunga e, in questo caso, particolarmente 9% 8% 7% 6%
tortuosa. È infatti prevista una selva di provvedimenti attuativi (decreti ministeriali e deliberazioni della Conferenza Stato-Regioni), tanto che per arrivare a vedere negli strumenti urbanistici dei Comuni delle norme puntuali su quantità, modalità e ripartizione territoriale della programmata riduzione del consumo di suolo ci potrebbero volere anni.
Edificabilità bene comune Autore Francesco Maria Esposito Cacucci Editore 323 pp- euro 28,00 ISBN 978-88-6611-397-3
SUOLO CONSUMATO [%] ≤ 3% 3 - 5% 5 - 7% 7 - 9% > 9%
Vi è poi un’altra norma che potrebbe passare inosservata ma che, se mai diverrà legge, di certo avrà un significativo e positivo impatto sulle nostre città: sarà vietato ai Comuni utilizzare i fondi derivanti dalla riscossione delle sanzioni edilizie per far fronte a esigenze di spesa corrente: i fondi dovranno essere “destinati esclusivamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione … al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, a interventi di qualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della messa in sicurezza delle aree esposte a rischio idrogeologico e sismico”. È ancora presto per dire se, quando e in che versione sarà approvata la nuova legge, ma questa volta, forse, riusciremo ad averne una entro la fine dell’anno. alessandro.ezechieli@studiolegalebelvedere.com
Nord - Ovest Nord - Est Centro Mezzogiorno ITALIA
5% 4% 3% 2% 1955
[ 16 ]
1965
IOARCH_65
1975
1985
L’EDIFICABILITÁ? UN BENE COMUNE
1995
2005
Nel grafico, 60 anni di consumo di suolo in Italia e, sopra, il suolo consumato a livello provinciale nel 2015 (fonte: elaborazione Ispra su carta nazionale del consumo di suolo 2015 Ispra-Arpa-Appa).
Per il 70% degli italiani la casa costituisce la principale voce di spesa, sottraendo liquidità all’economia domestica. Se il suolo fosse considerato un bene comune, al pari dell’acqua, come in Germania, i costi di locazione abitativa, che intaccano oggi il 65% della busta paga degli italiani, potrebbero scendere in modo esponenziale. Il libro propone un’economia immobiliare libera da speculazioni e la realizzazione di un piano abitativo pluriennale nazionale, a costo zero per lo Stato, con un consumo di suolo quasi nullo, in grado di assicurare 480mila alloggi in dieci anni a prezzi convenzionati. “Lo squilibrio tra redditi e costi abitativi - spiega l’autore - ha contribuito a generare una bolla immobiliare globale con effetti devastanti: a Roma, come a Milano, oggi una casa costa mediamente più del triplo che a Berlino. Questi costi sono gonfiati dalla speculazione fuori controllo della rendita fondiaria urbana e bisogna ridurli per liberare risorse necessarie ad aumentare i consumi”. Secondo Esposito il terreno edificabile deve diventare, al pari dell’acqua e l’aria, un bene prezioso per la collettività e deve essere lo Stato a fissare il prezzo di vendita e di affitto delle case. Questo permetterebbe di frenare la speculazione immobiliare e, a catena, diminuire la disoccupazione, aumentare il Pil, ridurre il debito pubblico e ricondurre il Paese su un sentiero di crescita sostenibile. Nel suo testo l’autore propone anche un piano abitativo pluriennale nazionale da circa 120 miliardi a costo zero per lo Stato, in grado di assicurare 480mila abitazioni a prezzi diversificati.