Parete 90 con masselli nell’intercapedine e porte battenti, tutto in essenza.
L’arte dev’essere un dito nell’occhio un chiodo nella carne, un sasso nelle scarpe
Ai Weiwei
AI, REBEL L’ARTE E L’ATTIVISMO DI AI WEIWEI
FINO AL 5 SETTEMBRE A SEATTLE CON 130 OPERE UNA GRANDE
RETROSPETTIVA CELEBRA QUARANT’ANNI DI CARRIERA DELL’ARTISTA
CHE È DIVENTATO UN SIMBOLO DELLA LOTTA PER LA LIBERTÀ
È un invito a riflettere su come l’arte possa mettere in discussione l’autorità e promuovere il cambiamento il senso di Ai, Rebel: L’Arte e l’Attivismo di Ai Weiwei, la retrospettiva dedicata al celebre artista e attivista politico cinese in programma al Seattle Art Museum fino al 7 settembre. L’esposizione ripercorre oltre quattro decenni della carriera di Ai Weiwei, con 130 opere che spaziano dalla performance alla fotografia, dalla scultura al video e all’installazione. Nato a Pechino nel 1957, Ai Weiwei è oggi un simbolo internazionale della lotta per la libertà. Con il ricorso all’ironia e alla provocazione e un’inarrestabile ricerca della verità, le sue opere stimolano il pubblico a indagare la storia, la società e la cultura, rivelando uno stretto intreccio tra arte e politica.
La mostra offre la rara opportunità di esplorare il vasto lavoro dell’artista concettuale, presentando opere note come Dropping a Han Dynasty Urn (1995), quando Ai Weiwei (con un gesto che in seguito egli stesso definì insensato) mandò in frantumi un’antica porcellana; Study of Perspective (1995-2011), una tonnellata dei Sunflower Seeds di ceramica nel 2010
esposti nella Turbine Hall della Tate Modern, insieme a progetti che fanno il loro debutto internazionale come Shells (2022), che riprende il tema dell’oppressione dell’individuo ai tempi della rivoluzione culturale di Mao.
Il titolo dell’esposizione, Ai, Rebel, mima quello dei racconti di fantascienza di Isaac Asimov, I Robot, che esploravano l’impatto della tecnologia sulla società anticipando le implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale. E se l’AI oggi viene impiegata per generare dei fake, già nel 2000 Ai (Weiwei) fondava a Pechino il Fake Design Studio, i cui caratteri, occidentalizzati, diventavano un luminoso F.U.C.K.
Organizzata in ordine quasi cronologico, la mostra si articola in tre sezioni tematiche. Ad accogliere i visitatori è Tree (2010), imponente scultura fatta di radici, tronchi e rami di alberi differenti, ricomposti a rappresentare la vulnerabilità e tuttavia la persistenza di forme di vita ormai perdute.
Le opere esposte nella prima sezione raccontano gli inizi della carriera di Ai Weiwei e le esperienze che hanno plasmato la sua visione. La seconda sezione indaga il lavoro di accu-
mulo e decostruzione condotto sui materiali, una pratica iniziata dopo il suo ritorno in Cina nel 1993, con cui l’artista sovverte i sistemi culturali, attribuendo nuovi significati a forme antiche.
L’ultimo capitolo si focalizza sulla svolta di Ai Weiwei verso un attivismo dichiarato, a sostegno di chi soffre per l’oppressione dei regimi autoritari o a causa di disastri naturali o provocati dall’uomo. Una retrospettiva ampia che, nel presentare l’impatto di Ai Weiwei in questi ultimi 40 anni, celebra l’arte come strumento di affermazione della libertà ■
Da sinistra in senso orario. Arm with the Finger in Bronze gilted with Gold, 2000. Courtesy Albertina Museum / Lisa Rastl Reiner Riedler e Ai Weiwei Studio.
Architetto, autore, disegnatore e insegnante, Matteo Pericoli vive a Torino dove nel 2010 ha fondato il Laboratorio di architettura letteraria, uno strumento in forma di workshop che utilizza il potenziale narrativo dell’architettura per esplorare la struttura delle storie. I risultati sono raccolti nel suo libro Il grande museo vivente dell’immaginazione (Il Saggiatore, 2022). www.lablitarch.com
#4
Come è fatta l’architettura di un romanzo? Come fanno a stare in piedi le storie? La lettura è un atto fortemente creativo, e siamo noi, con la nostra sensibilità e la nostra esperienza, a creare quelle strutture che ci permettono di esplorare e abitare liberamente le storie. Ogni struttura quindi non è che una tra le infinite possibili. In questa puntata, una delle possibili interpretazioni architettoniche de La chiave di Jun’ichir ō Tanizaki.
La chiave Jun’ichirō Tanizaki
Come le dita di due mani che si intrecciano, le due ali di questo edificio si alternano e si incastrano una nell’altra. Le due parti, pur condividendo lo spazio nel quale si sviluppano e convivono, sebbene non possano non ignorarsi finiscono per non comunicare e non parlare l’una con l’altra. Nel girovagare in questo doppio palazzo, non sappiamo bene né da che parte siamo né da che parte vogliamo stare. Se, per esempio, dal terzo piano dell’ala di destra vogliamo passare al corrispondente terzo piano dell’ala di sinistra, dobbiamo scendere fino al piano terra e da lì risalire al terzo piano. Siamo nell’ala di destra o in quella di sinistra? Alla fine ci rendiamo conto che in fondo non cambia nulla e finiamo così per vagare in un costante altrove lontano da entrambe.
In basso. Michelangelo Pistoletto. Il presente. Uomo di schiena, 1961. Fondazione Pistoletto, Biella. Galleria Continua Foto Paolo Pellion.
MIRRORING FONTANA E PISTOLETTO DA PRADA RONG ZHAI A SHANGHAI
Prada presenta a Shanghai la mostra dal titolo Mirroring: Lucio Fontana e Michelangelo Pistoletto, curata da Sook-Kyung Lee (direttrice della Whitworth di Manchester) con la consulenza della Fondazione Lucio Fontana e di Cittadellarte, Fondazione Pistoletto. L’esposizione, ospitata nella residenza Prada Rong Zhai, mette per la prima volta in dialogo due tra i più significativi protagonisti dell’arte italiana e internazionale del dopoguerra: Lucio Fontana (1899–1968) e Michelangelo Pistoletto (n. 1933).
La mostra comprende 26 opere, realizzate dalla fine degli anni Quaranta in avanti, che evidenziano il comune interesse dei due artisti nel superare i canoni tradizionali dell’arte
attraverso nuove modalità espressive e l’uso di materiali non convenzionali.
Centrale è il loro approccio alla tridimensionalità, alla performatività e alla dimensione concettuale dell’arte, elementi che vengono messi a confronto e valorizzati in un percorso espositivo che intreccia linguaggi e poetiche diverse.
Lucio Fontana è rappresentato con opere chiave come Concetto spaziale (1949–50 e 1961) e All’alba Venezia era tutta d’argento (1961), che riflettono la sua rivoluzionaria esplorazione dello ‘spazio concettuale’ attraverso fori, tagli e l’uso di pigmenti argentati, oltre a inserti in pasta di vetro. La sua opera si estende alla tridimensionalità con le sculture in bronzo della
Forme decise, dimensioni ridotte e la nuova rosetta da 30 mm di diametro che fa apparire la maniglia un tutt’uno con la porta. Questa collezione nasce per entrare nei luoghi del mondo futuro.
www.frascio.it
serie Nature (1959–60) e i Teatrini (1965), dove il gesto fisico e la costruzione scenica diventano strumenti di espressione spaziale e performativa.
Michelangelo Pistoletto, invece, è presente con lavori significativi come Uomo di schiena (1961) e Figura umana (1962), che rientrano nella sua celebre serie dei Quadri specchianti. In queste opere, l’artista impiega superfici riflettenti e figure rivolte di spalle, sfidando il concetto tradizionale di autoritratto e rompendo il confine tra opera e spettatore. La dimensione riflessiva e concettuale trova un ulteriore sviluppo nella serie Oggetti in meno (1965–66), lavori unici che negano l’uniformità stilistica come marchio riconoscibile
Accanto. Michelangelo Pistoletto. Io – Tu – Noi 2003-2023. Cittadellarte Fondazione Pistoletto, Biella. Galleria Continua.
Michelangelo Pistoletto. Mappamondo (Oggetti in meno 1965-66) Fondazione Pistoletto Biella. Foto J.E.S.
dell’artista, aprendo alla dimensione del contingente e del collettivo.
Un altro filo conduttore della mostra è l’aspetto metafisico presente in entrambi gli artisti. Fontana lo esprime con lavori come Ambiente spaziale (1948–49) e Concetto spa ziale (1950), che suggeriscono un immaginario cosmico attraverso forme astratte e globulari. Secondo il critico d’arte contemporanea Luca Massimo Barbero, Fontana incarna la filosofia dello Spazialismo, una visione utopica che affida allo spazio infinito e all’intelligenza umana il compito di ridefinire l’arte.
Pistoletto affronta il tema con la serie Terzo Paradiso (2003), che reinterpreta il simbolo dell’infinito inserendo un terzo cerchio, segno
Sopra. Lucio Fontana. Ambiente spaziale 1949. Fondazione Lucio Fontana, Milano.
di una nuova era all’insegna dell’equilibrio tra natura e artificio. Questa simbologia diventa manifesto di un’arte impegnata nel promuovere una visione sostenibile e integrata della realtà.
Mirroring offre dunque uno sguardo complementare e dialogico sulle pratiche di Fontana e Pistoletto, mettendo in luce tanto le convergenze quanto le divergenze delle loro ricerche. L’allestimento a Prada Rong Zhai, con la sua atmosfera storica e raffinata, contribuisce a valorizzare il carattere innovativo e visionario delle opere esposte, offrendo al pubblico una riflessione profonda sul ruolo dell’arte come spazio di trasformazione, relazione e pensiero ■
FINO AL 14 SETTEMBRE
AL MUSEO NIVOLA, IN UN’INSTALLAZIONE
AMBIENTALE DA LEI
STESSA PROGETTATA, LA PRODUZIONE PITTORICA
DELL’ARTISTA CHE FU TRA
I SOCI FONDATORI DEL GRUPPO MEMPHIS
NATHALIE DU PASQUIER VOLARE
GUARDARE COSTRUIRE
A Orani fino al 14 settembre il Museo Nivola presenta Volare Guardare Costruire , progetto site-specific di Nathalie Du Pasquier, artista e designer francese con base a Milano. Pensata appositamente per gli spazi del museo la mostra, curata da Giuliana Altea, Antonella Camarda e Luca Cheri, è una retrospettiva della produzione pittorica dell’artista dagli esordi a oggi e, insieme, un’installazione ambientale che fonde pittura, architettura e design. Il percorso espositivo si articola attraverso una serie di strutture progettate dall’artista che trasformano l’ambiente del museo in uno spazio da attraversare, esplorare, abitare. Nasce così un dialogo tra le architetture effimere dell’artista e la struttura storica dell’ex lavatoio di Orani, oggi sede del Museo Nivola. All’interno delle installazioni e sulle pareti del museo si trovano opere dagli anni Ottanta in poi, che mostrano l’evoluzione del suo linguaggio: da figurazione e narrazione alla natura morta fatta di oggetti quotidiani, fino a forme geometriche e costruzioni astratte. I dipinti sono pervasi da una luce meridiana
che dona loro un’aria metafisica, richiamando le opere di Morandi, Le Corbusier e Ozenfant. Il titolo della mostra richiama tre fasi del lavoro dell’artista.
Volare rappresenta il distacco dal design verso la pittura libera, con prospettive dall’alto simbolo della forza dell’immaginazione, della sua capacità di librarsi in volo ed espandersi liberamente. Guardare indica invece una fase di osservazione attenta del reale, anche degli
oggetti più comuni, rivelatori di forme e dettagli straordinari. Costruire rappresenta infine la creazione di strutture tridimensionali astratte poi trasposte in pittura, attivando una riflessione sul rapporto tra realtà e rappresentazione.
Con questa mostra, il Museo Nivola rinnova il suo impegno nel dialogo tra arte, design e architettura, offrendo un’immersione nel mondo visionario di un’artista che continua
a reinventare lo sguardo e la costruzione dell’immagine.
Nathalie Du Pasquier (Bordeaux, 1957) vive a Milano dal 1979. Co-fondatrice del collettivo Memphis, dagli anni Ottanta si dedica alla pittura. Le sue opere sono state esposte in istituzioni internazionali come la Villa Noailles Hyères a Tolone, la Kunsthalle Wien, il Camden Arts Center di Londra e il Macro di Roma ■
Nella pagina di sinistra gli oli su tela Untitled, 2020 (in alto) e C0834, 2008.
In questa pagina, in alto Untitled, 1987 (olio su carta montato su tela) e, sopra da sinistra, Guarda fuori C0536 2005; Untitled, 2019; Korea, 2019.
IL BICENTENARIO DI GIOVANNI FATTORI
A PIACENZA, UNA MOSTRA A 200 ANNI
DALLA NASCITA METTE IN LUCE L’ATTUALITÀ DELL’ARTISTA LIVORNESE
A duecento anni dalla sua nascita, Giovanni Fattori è protagonista di una grande mostra organizzata da XNL Piacenza, centro per le arti contemporanee della Fondazione di Piacenza e Vigevano, in collaborazione con la Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi. Visitabile fino al 29 giugno 2025, Giovanni Fattori 1825-1908. Il genio dei Macchiaioli, a cura di Fernando Mazzocca, Giorgio Marini ed Elisabetta Matteucci, offre una lettura inedita dell’artista livornese, ponendo l’accento sull’attualità del suo lavoro. Il percorso espositivo esplora tutti i generi pittorici che Fattori ha attraversato: dalle prime ricerche sulla macchia agli intensi ritratti, dai paesaggi en plein air alle scene di vita rurale, fino ai soggetti militari, indagati soprattutto nei momenti più intimi della vita di guarnigione. Un autore distante da ogni retorica celebrativa che, di fronte al disgregarsi degli ideali riposti nell’Unità,
Sotto. La strada bianca. 1887 circa. Collezione privata.
ha proposto una personale riflessione etica, donandoci una delle testimonianze più autentiche del Risorgimento italiano.
Protagonista dell’arte europea dell’Ottocento, Fattori ha avuto un forte impatto anche sulla cultura del xx secolo, ispirando artisti contemporanei come Giorgio de Chirico e registi come Luchino Visconti, che ne ha evocato le atmosfere pittoriche in Senso (1954) e nel Gattopardo (1963).
AL GUGGENHEIM MUSEUM DI NEW YORK UNA MOSTRA RIPERCORRE I TRENT’ANNI DI ATTIVITÀ DELL’ARTISTA AMERICANO NOTO PER LA SUA RICERCA SU IDENTITÀ E MEMORIA
Fino al 19 gennaio 2026, il Solomon R. Guggenheim Museum di New York ospita Rashid Johnson: A Poem for Deep Thinkers, la più grande retrospettiva realizzata fino a oggi sull’artista statunitense. Oltre 90 opere che raccontano una carriera quasi trentennale, in cui la sperimentazione di diversi strumenti espressivi si intreccia con l’indagine sui temi dell’identità, della memoria e dell’integrazione. Nato a Chicago nel 1977, Rashid Johnson si è affermato come una delle voci più influenti della scena artistica contemporanea. Un autore raffinato che ha prodotto un corpus di opere estremamente variegato, attingendo alla storia dell’arte, alla filosofia, alla lettera-
tura e alla musica. Dai suoi primi lavori nella fotografia, nel video e nelle installazioni, fino ai recenti quadri in cui mescola diversi materiali, l’artista americano rivela una sensibilità particolare nell’analizzare la complessità della psiche umana. Una produzione trasversale che si presenta anche come una sintesi dei principali movimenti artistici degli ultimi 60 anni.
Formatosi nell’ambito dell’arte concettuale, Johnson ne ha infatti presto riconosciuto i limiti, nutrendosi in seguito di ispirazioni artistiche varie: dalla pittura modernista americana all’Arte Povera italiana, dal movimento Fluxus ai giochi linguistici di artisti
Joshua Woods, ritratto di Rashid Johnson, 2024. New York.
come Marcel Broodthaers e Barkley L. Hendricks. Senza dimenticare il confronto critico con la cultura Black, attraverso movimenti come il New Negro, il Rinascimento di Harlem e l’Afrofuturismo.
Secondo la curatrice Naomi Beckwith, «Rashid Johnson è un maestro nel sintetizzare le tendenze chiave dell’arte del xxi secolo: la capacità di muoversi liberamente tra diversi linguaggi – pittura, video, scultura, performance – ognuno dei quali diventa uno strumento raffinato per creare un legame tra la propria storia personale e la storia dell’arte ».
L’esposizione, che occupa l’intera rotonda del museo disegnato da Frank Lloyd Wright, è organizzata sulla base di temi quali l’alienazione sociale, la rinascita e l’evasione, proponendo una cronologia approssimativa dell’attività di Johnson.
Tra le oltre 90 opere in mostra: le serie The New Negro Escapist Social and Athletic Club, Cosmic Slops, i dipinti fatti di sapone africano e cera, i quadri dipinti con lo spray, le più recenti serie Anxious Men e Broken Men , i film e i video, le enormi sculture indoor e outdoor ■
The Peony Dress di Miss Sohee, collezione di debutto 2020 di The Girl in Full Bloom Foto di Daniel Sachon.
HALLYU! L’ONDA COREANA
AL MUSEO RIETBERG DI ZURIGO, UNA
MOSTRA DEDICATA ALLA KOREAN
WAVE E ALLA SUA INFLUENZA SULLA CULTURA GLOBALE
L’onda coreana arriva a Zurigo. Fino al 17 agosto 2025, il Museo Rietberg ospita l’unica tappa continentale europea di Hallyu! L’onda coreana, la mostra ideata dal Victoria&Albert Museum di Londra che esplora la cultura pop della Corea del Sud. Un fenomeno emerso alla fine degli anni ‘90 che ha avuto un impatto globale profondo in ambiti come il cinema, la moda, la musica e l’arte multimediale. Attraverso scenografie, costumi, fotografie, videoclip musicali e spezzoni di film, l’esposizione compone un racconto variegato della hallyu sudcoreana, di cui ripercorre le origini e la diffusione internazionale. Un racconto diviso in quattro sezioni da cui emerge come un Paese, che negli anni ’50 era uscito devastato dalla guerra, sia riuscito a trasformarsi nel giro
Accanto. Saekdong di Darcygom Foto di Jihoon Jung, courtesy Darcygom. Sotto. Ji Won Choi per Adidas. Courtesy Adidas
di qualche decennio in uno dei centri culturali e tecnologici più avanzati al mondo, senza tradire il legame con la tradizione. La mostra riunisce oltre 200 progetti, tra cui le opere del videoartista Nam June Paik, le scenografie del pluripremiato film Parasite, i costumi della celebre serie Netflix Squid Game, la Google Art Dance Room – dove è possibile imparare a ballare il K-pop – le interpretazioni contemporanee del tradizionale abito hanbok Oltre a immergere i visitatori nella cultura pop coreana, l’esposizione mette in luce anche il rapporto della Korean Wave con la storia culturale del Paese. Per la tappa zurighese, il Museo Rietberg ha infatti allestito, all’interno della collezione permanente, una sala dedicata alle tradizioni artistiche della Corea ■
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“Non ci sono regole! ”. Era questo il mantra di Helen Frankenthaler, pittrice americana tra le principali esponenti dell’arte astratta del XX secolo. Un’artista ‘senza regole’ a cui oggi il Museo Guggenheim di Bilbao dedica una importante retrospettiva. In programma fino al 28 settembre 2025, Helen Frankenthaler: Pittura senza regole ripercorre l’opera di un’artista che ha esplorato per tutta la vita nuovi modi di creare con l’astrazione.
Figura chiave nel passaggio dall’Espressionismo Astratto alla pittura Color Field , Frankenthaler è nota soprattutto per l’invenzione del soak-stain (in italiano ‘imbibizione a macchia’), una tecnica che consente al colore di
penetrare direttamente nella tela non trattata, creando un effetto traslucido. Un’instancabile sperimentatrice che, nel corso di sei decenni, ha dato vita a una vasta serie di dipinti su tela e carta, oltre a sculture, ceramiche, arazzi ed edizioni a stampa.
Strutturato cronologicamente, il percorso espositivo presenta 30 astrazioni poetiche di Frankenthaler, realizzate tra il 1953 e il 2002, raccontando in ogni sezione un capitolo diverso della sua carriera. Un racconto che si intreccia con quello di altri personaggi di spicco della scena artistica del secondo Novecento, a cui era legata dalla stessa attitudine alla sperimentazione. La mostra evidenzia
questi legami, facendo dialogare le opere della pittrice newyorkese con una selezione di dipinti e sculture di alcuni di questi grandi artisti: da Anthony Caro a Jackson Pollock, da Mark Rothko a David Smith. Helen Frankenthaler: Pittura senza regole è organizzata dalla Fondazione Palazzo Strozzi di Firenze e dalla Helen Frankenthaler Foundation di New York, in collaborazione con il Guggenheim Museum di Bilbao. La curatela è di Douglas Dreishpoon, direttore del catalogo ragionato di Helen Frankenthaler ■
Wassily ™ Chair Marcel Breuer, 1925
Photography
Dall’alto in senso orario. Dot Architects ha trasformato una casa di Osaka in uno spazio in evoluzione per l’arte e la vita quotidiana. Foto Yoshiro Masuda. Un lavoro dello studio Ishimura + Neichi, fondato nel 2017 a Tokyo da Daisuke Ishimura (1988) e Neichi Taku (1991). Foto Toshihiro Sobajima. L’annesso della scuola materna Yamasato a Nagoya dello studio di Maki Yoshimura. Foto ToLoLo Studio.
STRATEGIE DI ADATTAMENTO
AL TEATRO DELL’ARCHITETTURA DI MENDRISIO (TAM) FINO AL 5 OTTOBRE I PROGETTI DELLA NUOVA GENERAZIONE DI ARCHITETTI GIAPPONESI
Le idee e i progetti della nuova generazione di architetti giapponesi sono al centro di Make Do with Now. Nuovi orientamenti dell’architettura giapponese, la mostra dello Swiss Architecture Museum, a cura di Yuma Shinohara, ospitata negli spazi del Teatro dell’architettura di Mendrisio fino al 5 ottobre 2025. Un’esposizione che presenta un nuovo modo di fare architettura, in cui la tradizionale immagine dell’architetto-autore cede il passo a un approccio sociale e critico alla professione.
Nati tra la metà degli anni Settanta e gli anni Novanta, questi architetti hanno cominciato a lavorare dopo il grande terremoto del 2011 che devastò le regioni orientali del Paese e provocò il disastro nucleare di Fukushima. Si tratta, dunque, di una generazione che si è dovuta confrontare con numerosi problemi urgenti: dal calo demografico allo svuotamento delle campagne, dall’economia stagnante allo sviluppo urbano dominato dalla logica del profitto, fino alla crisi climatica globale.
NUOVA ARCHITETTURA IN GIAPPONE
L’Architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico, dei volumi assemblati nella luce
Difficoltà a cui gli architetti hanno risposto con una serie di pratiche critiche, ecologiche e sociali, dimostrando come sia possibile ‘adattarsi’ impiegando risorse limitate, materiali di recupero e strutture già esistenti. Un approccio che ha portato alla nascita di un’estetica che accoglie l’imperfezione, in contrasto con gli spazi minimalisti tipici dell’architettura giapponese contemporanea.
La mostra offre, però, una prospettiva che va ben oltre i confini del Giappone. Gli orientamenti che emergono nell’architettura nipponica danno, infatti, un contributo al dibattito globale, dimostrando che dalla capacità di adattamento può nascere una straordinaria creatività ■
le storie di
LUIGI CACCIA DOMINIONI il patriarca dell’architettura milanese del dopoguerra
di Luigi Prestinenza Puglisi
Illustrazioni di Roberto Malfatti
Manfredo Tafuri nella sua Storia dell’architettura italiana 1944 -1985 liquida Luigi Caccia Dominioni affermando che tra le migliori opere milanesi le sue si caratterizzano per maggiore ‘superficialità’. Bruno Zevi non ne parla mai a lungo, come si può vedere sfogliando gli indici delle Cronache dove appare solo tre volte e a proposito di altro. Eppure, pochi come Caccia Dominioni hanno contribuito a segnare il volto di Milano. Non solo per la quantità di opere realizzate nel corso di una
lunghissima carriera iniziata presto e conclusasi all’età di 102 anni. Ma per il fatto che per la borghesia milanese, il Caccia, come veniva chiamato e viene tuttora ricordato, è stato l’architetto per eccellenza, il personaggio a cui rivolgersi per un progetto di qualità: non importa di quale dimensione. Compresi gli arredi: ha disegnato oggetti apprezzati e vincitori di un paio di Compassi d’Oro. Sua è la sedia Catilina che David Chipperfield ha voluto inserire nel proprio studio. Sue la lampada Monachella e le maniglie San Babila, queste ultime ancora commercializzate con successo da Olivari.
È difficile caratterizzarne stilisticamente l’opera anche se due parole vengono in mente. La prima è razionalismo. Un razionalismo però non nella versione astratta, indirizzata verso la ricerca di geometrie perentorie. Quanto in quella professionale, orientata al buon costruire e al concetto di durata. Lo si vede nell’attenzione nell’elaborazione del progetto in pianta ( Dominioni scherzosamente si definiva un “piantista”) e alla cura del dettaglio costruttivo. Se, per esempio, la migliore copertura, dal punto di vista del deflusso dell’acqua piovana, è inclinata, non si vede perché, sulla base di un diktat estetico, occorra preferirgli un tetto piano. Oppure non si vede perché la persiana, che è un ottimo sistema di oscuramento, debba essere abolita.
Il secondo termine che caratterizza l’opera di Caccia Dominioni è eclettismo, per la molteplicità dei riferimenti stilistici dovuta alla voglia di dialogare con il contesto, storico, tecnologico e ambientale. L’obiettivo è che l’opera, alla fine, riesca a comunicare solidità, durata e eleganza.
Nato a Milano nel 1913, Luigi Caccia Dominioni si iscrive nel 1931 alla facoltà di architettura del Politecnico dove si laurea nel 1936. Con i suoi
Caccia Dominioni nel suo studio nel palazzo di famiglia, in piazza Sant’Ambrogio 16 (da lui riprogettato su incarico del padre dopo i bombardamenti americani).
A destra, la sedia Catilina e la lampada Monachella disegnate da Caccia Dominioni per Azucena, e la maniglia San Babila, per Olivari. A sinistra, il condominio di piazza Carbonari.
compagni di corso Livio e Pier Giacomo Castiglioni apre uno studio professionale, attivando un sodalizio che, sciolto dopo la guerra, sarà ripreso in seguito per alcune collaborazioni professionali. Nel 1947 con Corrado Corradi dell’Acqua e Ignazio Gardella fonda la ditta Azucena per produrre mobili da loro ideati. Numerose sono le collaborazioni con altri protagonisti dell’architettura milanese. Per esempio con Vico Magistretti con il quale realizzerà il complesso residenziale Milano San Felice a Segrate (1967-75).
Dominioni non è quindi un protagonista isolato, al di fuori dalle ricerche formali e tipologiche che
segnano il suo tempo.
Se si osservano gli interni, scopriamo la sua qualità principale: consiste nel mettere in scena il gioco della vita, saperne organizzare attraverso l’architettura i rituali. A rappresentare le relazioni sono le piante disegnate come se fossero la concretizzazione di flussi di attività. Simili ritualità mediano lo spazio esterno da quello interno, evitando rigide contrapposizioni tra edificio e scena pubblica. È chiaro che, con un approccio del genere, saltano le logiche formali a priori, nel senso che le geometrie sono un risultato, ottenuto empiricamente e con aggiustamenti operati attraver-
so il buon gusto, e non un precetto ineluttabile e assoluto. L’edificio ha una immagine ma potrebbe averne un’altra. Così come i materiali potrebbero essere ceramiche o mattoni, naturali o artificiali. Da qui un elenco sterminato di forme che Caccia Dominioni mette in gioco, a dimostrare che una volta che si sceglie una strada in cui il linguaggio è relativamente poco importante, molte immagini sono possibili.
Tutto bene, sin qui. Se non fosse per un problema. Che il mondo al quale Caccia Dominioni appartiene e coltiva è aristocratico, sia pur corazzato da tutto l’understatement lombardo. Emerge sotto forma di richiamo al bon ton, al lusso, alla distinzione sociale. La sedia Catilina è apparentemente povera: in realtà è snob nel suo accennato richiamo alla virtù romana. I mobili hanno sempre un dettaglio in ottone o un richiamo al neoclassico per poter essere un oggetto di design veramente moderno. Non hanno quell’asciutto rigore fuori dal tempo e dallo spazio che, per esempio, fa la grandezza dei fratelli Castiglioni. I palazzi hanno quell’armonia un po’ leccata che li fa piacere tanto alla aristocrazia e alla borghesia milanese ma li rende poco interessanti alla storia dell’architettura contemporanea.
Forse non è la superficialità che Tafuri gli rimproverava ma è sicuramente una incapacità dell’architettura di staccarsi dai suoi dati di partenza, per rappresentare una condizione forse meno raffinata ma più universale ■
Tall Buildings lo stato dell’arte in Italia e gli esempi internazionali
Aldo Norsa
Già professore ordinario di tecnologia all’università Iuav di Venezia, associato al Politecnico di Milano, incaricato all’università di Firenze, a contratto all’università di Chieti e ricercatore all’università di Montréal, Aldo Norsa, master all’università di Princeton, è direttore scientifico della società di ricerca e consulenza Guamari di Milano, che anima l’annuale conferenza Tall Buildings e cura i Report on the Italian Architecture, Engineering and Construction Industry e il Rapporto Classifiche - le Prime 70 Imprese dell’Edilizia Privata www.guamari.it
La progettazione dei tall buildings non è una sfida che le maggiori società di architettura italiane affrontano frequentemente. Anche perché in patria si trovano a fronteggiare la concorrenza di grandi nomi stranieri, spesso privilegiati perché attirano più facilmente investimenti da società finanziarie estere. Fortunatamente esiste un’importante alternativa per i nostri architetti: ottenere incarichi all’estero, in particolare nei Paesi dove il mercato immobiliare è sufficientemente ricco da offrire opportunità importanti sia nel terziario, sia nel residenziale. Il tema è di particolare attualità in questo periodo per i casi giudiziari generati dalle ‘scorciatoie’ autorizzative adottate dai comuni italiani (Milano in primis) nell’incertezza normativa derivante da una legge urbanistica del tutto obsoleta (datata 1942!), alla quale hanno fatto seguito una serie di decreti attuativi che hanno ingenerato confusioni e contraddizioni nelle amministrazioni municipali, soprattutto quando oggetto del Permesso di Costruire sono edifici privati di forte impatto sulla città (non fosse che per la loro volumetria, soprattutto quando sviluppata in altezza e quindi con effetti concentrati sull’ambiente circostante). In attesa che il Parlamento faccia finalmente chiarezza sulle norme da applicare sono comunque in costruzione (o definitivamente approvati) 11 nuovi grattacieli di cui ben 10 a Milano se si considera anche la nuova torre residenziale a CityLife il cui progettista, selezionato per concorso, sta per essere comunicato.
Secondo una ricerca realizzata da Guamari, a oggi sono ben 96 gli edifici oltre gli 80 metri in Italia tra realizzati e in costruzione, a partire dalla torre Littoria di Torino datata 1933, passando per le opere della Milano anni ’50 come Velasca, GalFa e Pirelli, il primo boom degli anni ’90 trainato dal Centro Direzionale di Napoli e lo sviluppo degli anni ’10 del ventunesimo secolo (e non ancora ultimato) di due aree milanesi quali Porta Nuova e CityLife con i due edifici più alti d’Italia: le torri Unicredit e Allianz, rispettivamente 218 e 209 metri, progettate da Pelli Clarke & Partners e da Arata Isozaki (con l’italiano Andrea Maffei).
Per realizzare questo articolo abbiamo coinvolto alcune società con i nomi più noti anche al grande pubblico e altre che per la prima volta hanno l’opportunità di progettare tall buildings e gli interventi sono per la maggior parte in Italia, con l’eccezione di Acpv e Rpbw che pur avendo importanti esperienze in patria (rispettivamente la Torre A2a a Milano e la sede di Intesa Sanpaolo a Torino) hanno preferito spiegare come adattarsi (creativamente) a contesti in Paesi stranieri già ricchi di esempi di edifici alti di successo. Per aggiornare il dibattito su questa tipologia edilizia si svolgerà a Milano il 14° Convegno Internazionale Tall Buildings organizzato da Guamari il prossimo 26 giugno in Triennale. Si tratterà dello stato dell’arte nelle principali città italiane, saranno presentati edifici realizzati all’estero e si discuterà di importanti tematiche trasversali quali la prevenzione e la sicurezza, la sostenibilità e il life cycle assessment, oltre ad aggiornare gli esiti della ricerca e sviluppo per l’innovazione tecnologica.
3 DOMANDE a 6 architetti
• Emanuela Baglietto Rpbw
• Antonio Citterio Acpv Architects
• Floriana Marotta MAB Arquitectura
• Carlo Ratti Cra
• Michele Rossi Park Associati
• Carlo Terpolilli Ipostudio
1 Come si colloca la progettazione di edifici alti nell’esperienza della sua società?
2 Qual è l’esempio di edificio alto da voi progettato e quali caratteristiche lo rendono emblematico?
3 In una più ampia visione di riprogettazione della città, come il grattacielo presentato contribuisce alla rigenerazione urbana?
Emanuela Baglietto
Rpbw, Renzo Piano Building Workshop
1 _ Gli edifici alti progettati da Rpbw si differenziano formalmente ma rappresentano l’evoluzione di una ricerca basata sulla luce, la trasparenza, il riflesso, la ventilazione naturale e l’attenzione alla sostenibilità. In tutti appare chiaro l’intento di uniformarsi all’ambiente circostante, riflettere le condizioni atmosferiche e il cielo nelle sue variazioni durante il giorno e delle diverse stagioni, la volontà di sfumare in sommità con piani quasi eterei. Anche alla base del grattacielo c’è il tentativo di smaterializzarsi, con il piano terra che cerca di essere trasparente e permeabile quanto più possibile. Spesso le funzioni interagiscono con il contesto urbano, contribuiscono ad aumentarne l’attrattività e, in qualche caso,
includono anche piccoli parchi urbani. Molte volte nei progetti delle torri trovano spazio anche giardini pensili e terrazze osservatorio che consentono l’utilizzo di aree esterne anche ad alta quota.
2 _ One Sydney Harbour fa dialogare l’architettura con la natura della bellissima baia di Sydney. Le tre torri prospicienti la baia sono cristalli sfaccettati che offrono viste mozzafiato e consentono di dotare gli appartamenti di terrazzi aperti dove i residenti possono gioire delle brezze rinfrescanti della baia. Le facciate ventilate uniscono sostenibilità e comfort assicurando la massima efficienza energetica. Integrato nel nuovo paesaggio urbano, questo complesso diventa un nuovo modello per una vita cittadina moderna e sostenibile a contatto con la natura.
3 _ Parte del progetto di trasformazione di una zona portuale adiacente al Cbd (Central Busi-
ness District) di Sydney, il nostro complesso, insieme alle tre torri per uffici progettate da Richard Rogers e a un hotel di Wilkinson Eyre, costituiscono il nuovo quartiere di Barangaroo, un’importante rigenerazione ed espansione urbana corredata da un suggestivo parco litoraneo progettato da Peter Walker. Le nostre torri toccano il suolo con podi di altezza contenuta, tagliati da percorsi pedonali di cui uno coperto da una galleria vetrata su cui si aprono le vetrine di negozi e ristoranti al piano terra. Questa permeabilità invita i pedoni ad attraversare l’area, a sedersi ai tavolini esterni e a passeggiare nel piccolo parco urbano ai piedi delle torri. Il nuovo quartiere, che fin da subito è stato molto frequentato sia da turisti che da cittadini, è collegato al resto della città da una nuova fermata della metro e da pontili di attracco per i ferries
Il complesso di Rpbw One Sidney Harbour. Foto Rex Whiticker.
I Portali, progetto di Acpv in via di completamento nell’area milanese di Porta Nuova (render by Wolf).
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Come si colloca la progettazione di edifi ci alti nell’esperienza della sua società?
2 Qual è l’esempio di edifi cio alto da voi progettato e quali caratteristiche lo rendono emblematico?
3 In una più ampia visione di riprogettazione della città, come il grattacielo presentato contribuisce alla rigenerazione urbana?
Antonio Citterio Acpv Architects
1 _ Da circa quindici anni Acpv Architects è coinvolta in progetti di tall buildings in Europa, Asia e Medio Oriente. L’obiettivo è sempre quello di integrare l’edificio nel paesaggio urbano, estendendo l’idea di vivibilità anche in verticale. Nel nostro approccio l’edificio alto è uno strumento per interpretare in chiave contemporanea il tema dell’abitare, integrando architettura, interior design e qualità urbana. I progetti sviluppati in Estremo Oriente propongono un nuovo modello residenziale in cui la dimensione privata si affianca a una rete di spazi condivisi pensati per il benessere, l’incontro e la quotidianità: sale lettura, palestra, piscina e ambienti per la socialità si distribuiscono lungo i piani, contribuendo a generare nuove forme di comunità.
2 _ Due progetti molto diversi tra loro illustrano bene la nostra visione. A Taiwan The Sky Taipei è una torre multifunzionale che ospita due alberghi, un podio commerciale e una sala concerti: un’architettura verticale che unisce spazio privato e funzioni pubbliche in un sistema integrato, accessibile e aperto alla città. È una torre che offre non solo servizi ma esperienze collettive, inserendosi nel paesaggio urbano con un carattere iconico e generoso. A Milano, I Portali di via Melchiorre Gioia rappre-
sentano invece una risposta su scala urbana ‘milanese’: due edifici per uffici di altezze diverse, con facciate fotovoltaiche integrate nel disegno architettonico, che si collocano all’interno del contesto di Porta Nuova contribuendo a ridefinire il fronte urbano e le connessioni pedonali del quartiere. È un esempio di come anche un edificio per il lavoro possa restituire spazi pubblici e qualità urbana.
3 _ Un edificio alto, per sua natura, consuma meno suolo. Questo consente di liberare spazi a livello urbano e restituirli alla collettività sotto forma di aree pedonali, piazze, percorsi pubblici e servizi condivisi. Nei nostri progetti cerchiamo di ridurre al minimo l’impronta al suolo, aprendo il sito alla città e favorendo la compenetrazione tra spazio costruito e spazio aperto. In questo modo l’edificio non è un elemento chiuso ma diventa parte attiva del contesto: contribuisce a riattivare il quartiere, sostiene le attività di vicinato e crea nuove connessioni. La rigenerazione urbana, secondo noi, nasce da questa capacità di generare qualità e accessibilità, integrando architettura, paesaggio e vita urbana.
Render di Inspire, il lotto residenziale R8 di Milano Uptown progettato da Mab Arquitectura.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Come si colloca la progettazione di edifici alti nell’esperienza della sua società?
2 Qual è l’esempio di edificio alto da voi progettato e quali caratteristiche lo rendono emblematico?
3 In una più ampia visione di riprogettazione della città, come il grattacielo presentato contribuisce alla rigenerazione urbana?
Floriana Marotta Mab Arquitectura
1 _ Gli edifici alti rappresentano una sfida e al contempo un’opportunità per ripensare il nostro modo di vivere e interagire con lo spazio urbano. Nella nostra esperienza il ricorso ai tall buildings è una risposta alla necessità di densificazione urbana e di contenimento dell’uso del suolo a favore di spazi pubblici e parchi. In questo contesto lo sviluppo verticale non solo consente di massimizzare lo spazio ma invita anche a riflettere su temi cruciali come la sostenibilità, l’efficienza energetica e la fruizione di spazi pubblici e di aree di aggregazione, che influiscono direttamente sulla qualità della vita.
2 _ Inspire Uptown è un intervento residenziale che si inserisce nel più ampio contesto di Cascina Merlata, un ambizioso programma di sviluppo urbano a Milano. Il lotto Inspire sviluppa circa 30mila mq di superficie lorda su una fondiaria di 13.300 mq. Il progetto si organizza intorno a una corte centrale, in parte rialzata su un podio che accoglie un giardino pensile e varie amenities, elemento di connessione tra il boulevard e il parco. Intorno alla corte si articolano cinque edifici: due torri di 20 e 24 piani e tre unità in linea da 11 piani, per un totale di 428 appartamenti. Gli edifici in linea definiscono la cortina urbana verso il boulevard e le piazze a nord e a sud, mentre le due torri rivolte verso il parco generano un nuovo
landmark, aprendo l’isolato verso il verde, in un rapporto dialettico tra natura e costruito. Elemento fondante del progetto è il dialogo con la natura declinato, oltre che nell’apertura dell’isolato verso il parco, nel rapporto tra landmark e paesaggio e nel disegno del landscape, concepito per rafforzare il sistema degli spazi aperti e valorizzare le connessioni fisiche e visive con il parco di UpTown.
3 _ Inspire si inserisce in un modello di sviluppo urbano che ha interessato le grandi città europee, e dunque anche Milano, che vede nella densificazione e nello sviluppo in altezza una risposta concreta all’impermeabilizzazione e al consumo di suolo in chiave di rigenerazione. L’interesse di questo intervento risiede, dal nostro punto di vista, nel modo in cui i due grattacieli si rapportano con lo spazio pubblico al piano terra. Le due torri non definiscono un landmark avulso dal contesto ma nel loro differente e articolato attacco al suolo generano relazioni urbane, ibridano la propria tipologia e partecipano allo spazio pubblico. Inspire rappresenta la nostra visione di un’architettura che stabilisce una relazione profonda e consapevole con il contesto urbano. Non è solo un luogo dove vivere, ma un nuovo modello di abitare e creare relazioni sociali in grado di contribuire a una trasformazione positiva e sostenibile della città.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Come si colloca la progettazione di edifici alti nell’esperienza della sua società?
2 Qual è l’esempio di edificio alto da voi progettato e quali caratteristiche lo rendono emblematico?
3 In una più ampia visione di riprogettazione della città, come il grattacielo presentato contribuisce alla rigenerazione urbana?
Carlo Ratti
CRA-Carlo Ratti Associati
1 _ Ho sempre trovato affascinante la visione della ‘Garden City’ di Ebenezer Howard – quel tentativo utopico di integrare natura e ambiente urbano. Eppure, per quanto suggestivo, questo ideale orizzontale ha favorito proprio quella dispersione urbana che oggi cerchiamo di contenere. In CRA abbiamo dunque cercato di reinterpretare quel modello in senso verticale. Invece di espanderci verso le aree verdi esterne, consumando altro suolo, crediamo che la città debba crescere verso l’alto integrando vegetazione e spazi pubblici direttamente negli edifici. Due esempi che incarnano questo approccio sono CapitaSpring a Singapore, che abbiamo realizzato in collaborazione con BIG, un edificio che incorpora al suo interno giardini tropicali e terrazze aperte, sfumando il confine tra spazio costruito e paesaggio naturale, e la Jian Mu Tower in Cina, un concept che esplora l’agricoltura verticale come parte integrante dell’architettura.
2 _ A Torino con Flying Plaza Over the City, in collaborazione con IPI, ci siamo posti l’obiettivo di affrontare due grandi questioni urbane contemporanee: il riuso e la riattivazione degli spazi per uffici, tipici della metà del ‘900. Oggi molte città sono popolate da edifici iconici, ma spesso rigidi e inadatti alle esigenze contemporanee del lavoro flessibile. Per questo palazzo, già sede Rai, invece della demolizione abbiamo proposto una trasformazione delle strutture esistenti conservando la caratteristica facciata in acciaio, testimonianza della prefabbricazione italiana degli anni ‘60 e reinterpretandone la funzione interna. Gli spazi diventano così modulari e aperti, capaci di adattarsi progressivamente ai nuovi usi: una sala espositiva di oggi domani potrebbe ospitare ambienti di coworking o attività culturali seguendo l’evoluzione delle esigenze urbane. L’idea è mostrare come l’architettura modernista possa reinventarsi offrendo spazi urbani sostenibili e dinamici
che evolvono anziché cristallizzarsi in funzioni rigide. Centrale nella visione del progetto è la realizzazione di una piazza sospesa: uno spazio pubblico elevato, aperto alle attività collettive, agli eventi culturali e all’interazione sociale. 3 _ La rigenerazione urbana non può limitarsi al solo rinnovamento architettonico ma richiede anche di ricucire gli edifici esistenti con il tessuto sociale e spaziale della città: questo è l’obiettivo del nostro progetto. Ispirandoci alle gallerie torinesi, abbiamo aperto il piano terra creando una galleria pubblica che riporta la vita pedonale all’interno dell’isolato, in un punto prima impenetrabile, mentre ai livelli superiori nasce una piazza elevata proiettata verso le colline. Questo grattacielo cerca di contribuire alla rigenerazione urbana attivando nuove relazioni spaziali e sociali: non un monumento isolato, bensì un punto d’incontro capace di riconnettere architettura, paesaggio e cittadini.
1 Come si colloca la progettazione di edifici alti nell’esperienza della sua società?
2 Qual è l’esempio di edificio alto da voi progettato e quali caratteristiche lo rendono emblematico?
3 In una più ampia visione di riprogettazione della città, come il grattacielo presentato contribuisce alla rigenerazione urbana?
Michele Rossi Park Associati
1 _ Per noi progettare edifici alti significa avere l’opportunità di contribuire attivamente alla trasformazione e rigenerazione delle città in cui operiamo. Le torri ridisegnano non solo lo skyline urbano ma diventano punti di riferimento capaci di creare connessioni con il contesto esistente e di rispondere alle esigenze di sostenibilità e vivibilità contemporanee. Fin dalla fondazione di Park, 25 anni fa, il nostro approccio alla progettazione di edifici alti è stato guidato dalla volontà di integrare innovazione, sostenibilità e attenzione alla qualità dello spazio pubblico.
2 _ MI.C va oltre la semplice costruzione di una torre per uffici: nasce con l’obiettivo di ridefinire l’identità urbana dell’area attorno alla Stazione Centrale di Milano. Con i suoi 95 metri di altezza e 22 piani l’edificio prende il posto dell’ex-hotel Michelangelo con un’ampia visione di rigenerazione dello spazio pubblico. Il progetto si sviluppa attorno al concetto di
verde come protagonista della trasformazione urbana e ridefinisce il contesto attraverso un sistema di spazi pubblici e percorsi alberati che favorisce la pedonalità e crea punti di aggregazione sociale. La piazza ai piedi dell’edificio si integra con un giardino mentre una ‘spina verde’ attraversa l’interno del complesso salendo fino agli spazi comuni in sommità, creando continuità tra interno ed esterno. Distintivo è l’approccio sostenibile adottato per il cantiere: grazie a una decostruzione selettiva, parte significativa del calcestruzzo dell’ex-hotel Michelangelo verrà recuperata e riutilizzata sia nel nuovo edificio che nella riqualificazione della piazza. Questo processo di urban mining non solo riduce l’impatto ambientale ma valorizza le risorse esistenti in una logica circolare. Infine, la facciata è progettata per essere dinamica e in costante evoluzione. Gli elementi a cuspide che la caratterizzano cambiano inclinazione e trasparenza a secon-
da della luce e dell’uso degli spazi interni rendendo la torre un ‘organismo vivo’, in dialogo con la città.
3 _ Oggi la sfida nel progettare grattacieli è creare spazi che migliorino la vita urbana, offrendo nuove possibilità di socialità, connessione e sostenibilità. MI.C punta non solo a ridefinire lo skyline ma a riqualificare l’area attraverso interventi mirati come la creazione di spazi verdi, l’implementazione di percorsi pedonali e ciclovie o l’inserimento di servizi come velostazioni e aree di coworking. Gli edifici alti possono diventare motori di trasformazione urbana: non solo segni architettonici ma elementi capaci di migliorare il tessuto sociale ed economico della città. MI.C è un esempio di torre concepita non come oggetto isolato ma come nodo che connette spazi, funzioni e persone contribuendo a rendere Milano più inclusiva, resiliente e vivibile.
Render di MI.C, la nuova torre di Park Associati che sta sorgendo accanto alla Stazione Centrale di Milano.
3 DOMANDE a 6 architetti
1 Come si colloca la progettazione di edifici alti nell’esperienza della sua società?
2 Qual è l’esempio di edificio alto da voi progettato e quali caratteristiche lo rendono emblematico?
3 In una più ampia visione di riprogettazione della città, come il grattacielo presentato contribuisce alla rigenerazione urbana?
Carlo Terpolilli Ipostudio
1 _ Nella progettazione architettonica la costruzione di un edificio alto rappresenta sempre una straordinaria occasione per mettere alla prova la propria capacità di controllo di un volume nello spazio. Nella nostra esperienza le occasioni non sono state molte, ma quando è stato possibile ci siamo dovuti accordare a una condizione specifica della realtà urbana del nostro Paese: quella di non sfidare lo skyline consolidato.
2 _ Il progetto della nuova torre di Regione Toscana a Firenze definisce una forma unica non riconducibile ad altro come soluzione architettonica: una torre sicuramente ‘più alta del solito’ che sfiora i 65 metri. Le caratteristiche principali di questo edificio in sintesi possono essere: la prima, pur nella consapevolezza cartesiana che ogni livello nel suo sviluppo è
diverso dall’altro ma contemporaneamente sempre uguale, dare un carattere proprio alla natura delle funzioni in ogni piano; la seconda, spaccare l’edificio in due ali in modo da assegnare a ciascuna un verso e una geometria propria e di fatto snellire la torre nella sua scarsa altezza realizzando una lettura diversa a seconda della prospettiva percepita; la terza, negare la percezione in verticale attraverso la realizzazione di una seconda pelle con un modulo tripartito per ogni piano in modo da confondere la lettura stessa dell’altezza dell’edificio donando snellezza alla costruzione.
3 _ In un’area come quella di Novoli a Firenze, dove dal dopoguerra si è realizzato in maniera consistente e caotica lo sviluppo a ovest della città, da alcuni decenni hanno trovato collocazione alcune funzioni urbane vicine alle
autostrade e all’aeroporto: il Palazzo di Giustizia, l’Università, la sede della Cassa di Risparmio. Queste ultime, frutto della riconversione dell’ex-area industriale della Fiat. Proprio qui la Regione Toscana anni fa acquisì degli immobili per farne la sua sede, mentre la giunta e il consiglio furono collocati all’interno di complessi storici di rappresentanza. La nuova torre, oltre ad assumere un valore simbolico di punto di riferimento urbano, contribuisce a trasformare definitivamente l’area di Novoli, non più quartiere periferico prevalentemente residenziale della città ma polo urbano di eccellenza.
Ipostudio, render della nuova sede di Regione Toscana a Firenze, nell’area di Novoli.
Materiali, finiture e sensazioni tattili influenzano il carattere di ogni stanza. Per questo è sempre più importante che tutti i dettagli siano coordinati alla perfezione. I diversi sistemi di cerniere a scomparsa di SIMONSWERK consentono la massima libertà di progettazione unendo design, finiture e funzionalità ai massimi livelli adattandosi, in modo quasi naturale, alle esigenze dei diversi materiali.
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Sviluppo, design, produzione, consulenza e vendite sono concentrati negli Hq di Waidhofen an der Ybbs, ma Bene è presente in oltre 40 Paesi. Punto di forza dell’azienda austriaca la personalizzazione. Ne parliamo con Michael Fried, Managing Director Sales, Marketing & Innovation di Bene.
Bene è un’azienda con una lunga storia e una forte identità. Come si è evoluto il suo approccio nel rispondere ai cambiamenti nel mondo del lavoro?
Bene è sempre stata molto più di un’azienda di arredamento: siamo un partner orientato al design per l’evoluzione degli spazi di lavoro. Con la trasformazione del mondo del lavoro, anche Bene è cambiata. Abbiamo superato
Sopra, la collezione di sedie Noovo e la seduta Equo A destra un’ambientazione del nuovo Panel Rack
Bene trasforma l’ufficio in
un luogo dove è piacevole lavorare
l’idea convenzionale di ufficio per sviluppare ambienti capaci di adattarsi al cambiamento e di promuovere uno scopo. Questo con una profonda comprensione di come le persone desiderano lavorare oggi.
Cosa significa oggi progettare spazi di lavoro rispondendo a esigenze non solo funzionali, ma anche culturali e relazionali?
Oggi progettare uno spazio di lavoro significa molto più che scegliere scrivanie e sedie. Si tratta di cultura e comunità, di creare luoghi in cui le persone si sentano considerate e ispirate. Attraverso la sostenibilità e il design, Bene trasforma spazi funzionali in esperienze significative, luoghi in cui la creatività può fiorire e le relazioni crescere.
Quali sono le priorità che guidano oggi il vostro sviluppo prodotto?
Al centro dello sviluppo prodotto di Bene c’è una domanda semplice: cosa rende il lavoro significativo? La risposta guida ogni decisione progettuale, dalla modularità, che permette un costante rinnovamento degli ambienti, ai materiali che esprimono una responsabilità più profonda verso il pianeta. Creiamo prodotti che oltre a supportare la produttività favori-
scono anche creatività e benessere sul posto di lavoro.
Qual è il prodotto di Bene che preferisce? Beh, potrei essere di parte, ma li apprezzo davvero tutti! Tuttavia, per me Points by Bene spicca, non solo come prodotto, ma come concetto. È un sistema modulare che ridefinisce l’ufficio come un ambiente da vivere. Con configurazioni infinite, materiali tattili e un design che bilancia apertura e intimità. Non è solo arredamento, è architettura per il luogo di lavoro. Un altro mio preferito è Equo, una seduta girevole i cui componenti sono completamente tracciabili e provenienti esclusivamente dall’Europa. Equo riflette il nostro impegno sia verso il design che verso l’ambiente. Le sue caratteristiche ergonomiche sono adattabili individualmente, e i componenti principali sono sostituibili, garantendo sia longevità che comfort personale.
C’è una creazione recente che considera significativa per descrivere il valore aggiunto che Bene può apportare a un progetto di interior design?
Points è un esempio lampante del valore aggiunto di Bene. Con Points, architetti e desi-
Michael Fried, Managing Director Sales HR e Marketing & Innovation di Bene.
gner possono strutturare qualsiasi spazio. In combinazione con il pod Nooxs Think Tank, Points consente una zonizzazione fluida senza la necessità di costruzioni tradizionali. Ambienti chiusi e acusticamente schermati possono essere facilmente ampliati con aree meeting semiaperte, creando un equilibrio dinamico tra privacy e collaborazione. E last but not least Panel Rack, un sistema di scaffalature modulari che crea ambienti di lavoro e li suddivide perfettamente in zone funzionali. Quanto è importante per Bene il dialogo con gli architetti nella fase progettuale? E come riuscite a tradurre esigenze specifiche in soluzioni su misura?
La comunicazione è tutto. Bene non vede gli architetti come clienti, ma come co-creatori. Ogni collaborazione inizia con la comprensione non solo del brief funzionale, ma delle intenzioni che lo guidano. La flessibilità e modularità dei nostri sistemi permettono una vera co-progettazione, in cui le visioni si traducono in spazi personali e significativi. Si tratta di creare storie nello spazio, storie che appartengono a ciascuna organizzazione in modo unico. Guardando al futuro: quali trasformazioni
prevedete per l’ambiente ufficio, e quale ruolo immaginate per Bene in questo scenario? L’ufficio del futuro non è solo un luogo, è un’esperienza che ispira, connette ed evolve. Con il lavoro ibrido che ridefinisce le routine, l’ufficio diventa un punto di connessione dove le persone si ritrovano. Il nostro ruolo è progettare spazi che si adattino alle esigenze di domani, senza perdere di vista ciò che conta davvero: le persone e lo scopo.
www.bene.com
Sistemi modulari, materiali sostenibili, componenti che si possono sostituire e un look & feel domestico. Progettare un ufficio è molto più che scegliere sedie e scrivanie: significa raccontare una storia attraverso lo spazio con la collaborazione dell’architetto che secondo Bene è il co-creatore. Sia che il progetto riguardi una piccola azienda sia che si tratti di una multinazionale
Sopra, il sistema free-standing Points. Foto Bene Anna Lena Duschl.
Il grande auditorium al piano terra del nuovo edificio dell’Università è stato allestito con 176 poltrone Mura di Lamm design Gino Gamberini, con schienale basso
Il progetto della nuova sede dell’Università di Bolzano, che sorge all’interno del Noi Techpark, è dello studio Olivieri Office con T&D Ingegneri Associati e Simone Langiu. Foto Daniele Fiorentino.
Le poltrone Mura di Lamm per la nuova sede dell’Università di Bolzano
Un nuovo edificio fa crescere il Noi Techpark di Bolzano, il parco tecnologico che mette insieme imprese, start-up, centri e laboratori di ricerca sul sito dall’ex-Alumix. Dopo il primo nucleo che ha previsto tra l’altro la rifunzionalizzazione e il restauro dei due pregevoli edifici che un tempo ospitavano i trasformatori di energia, nasce un nuovo edificio, inaugurato lo scorso settembre, sede della Facoltà di Ingegneria della Libera Università di Bolzano. Il progetto, nato da un concorso di progettazione, è dello studio Olivieri Office con T&D Ingegneri Associati e Simone Langiu. Massima permeabilità per il piano terra, all’esterno caratterizzato da scultorei setti in cemento facciavista, dove si concentrano le attività di sperimentazione e
ricerca, l’auditorium e la biblioteca. Ai livelli superiori l’edificio è rivestito invece con una scura lamiera stirata di alluminio che allude alle origini produttive del sito. La compattezza del massiccio volume è rotta da patii e terrazze concepiti come oasi per il relax e l’incontro degli studenti, rivestiti da 700 mq di verde verticale. All’interno si distribuiscono laboratori all’avanguardia, centri di ricerca e aule ultra-moderne per studiare robotica, automazione e intelligenza artificiale. La forza del Noi Techpark è data dall’interazione tra realtà diverse e complementari, dove solo lo scorso anno sono stati portati avanti oltre 660 progetti di ricerca e sviluppo con un budget totale di 44,5 milioni di euro. Punto fermo del progetto: creare luoghi
accoglienti, come accogliente è l’auditorium ligneo allestito con 176 poltrone Mura (design Gino Gamberini), la compatta di casa Lamm vincitrice, nella sua versione originale, del Compasso d’Oro Adi. Minimo ingombro per le poltrone che, una volta liberato il sedile, si compattano grazie anche al movimento che abbassa e verticalizza lo schienale. È stata scelta la versione con schienale basso, rivestimento in similpelle Inca e piedino di fissaggio diretto a pavimento verniciato nero. Le sedute, ad esclusione di quelle che formano la prima e la settima fila, sono attrezzate con tavoletta di scrittura ribaltabile a scomparsa. Local dealer Lamm la Dyco Srl.
www.lamm.it
Due fontane per il Giubileo a Roma Piazza Pia
Il 23 dicembre 2024 è stata consegnata al pubblico di Roma una nuova Piazza Pia, riqualificata e pedonalizzata. L’intervento include l’installazione di due nuove fontane artistiche, realizzate da Forme d’Acqua Venice Fountains, collocate all’ingresso di via della Conciliazione, di fronte a Castel Sant’Angelo. Le fontane, circolari e rivestite interamente in travertino, sono state progettate per integrarsi con l’architettura storica della zona. Al centro di ciascuna, un ugello sommerso genera un flusso d’acqua continuo, creando un leggero sfioro che scivola nella vasca di raccolta. Il bordo delle fontane, anch’esso in travertino massello, funge da seduta per i visitatori.
Elemento distintivo è il sistema di illuminazione dinamica: luci Led bianche, sia perimetrali sia focalizzate sul centro delle vasche, creano effetti pulsanti di luce e acqua che donano vitalità e atmosfera allo spazio urbano. Il progetto si inserisce in un più ampio piano di riqualificazione urbana volto a
valorizzare il collegamento pedonale tra Castel Sant’Angelo e Piazza San Pietro con l’obiettivo di offrire un’esperienza urbana più sicura, accessibile e suggestiva per pellegrini e turisti.
Committenti Roberto Gualtieri, commissario straordinario per il Giubileo 2025, Anas RUP Alessandro Malizia
Progetto architettonico Via Ingegneria, architetti Felipe Lozano Lalinde, Francesco Cellini, Luca Catalano, Lucia Migliori
Oltre al valore artistico, le fontane rappresentano un modello di sostenibilità: l’acqua utilizzata è sempre la stessa, mantenuta pulita tramite un sistema automatizzato di dosaggio di acido e cloro. Gianluca Orazio, titolare di Forme d’Acqua, ha commentato: « Le fontane di Piazza Pia sono un tributo alla bellezza e alla storia di Roma, ma anche un segno di innovazione. Ogni elemento è stato pensato per armonizzarsi con lo spirito del luogo». www.formedacqua.com
Progetto esecutivo Proger, Policreo Struttura Marco Moladori, Anas Lazio
Direttore dei lavori Sara Fadlun
Impresa Salcef
Progetto esecutivo Proger, Policreo Foto Francesca Maiolino
La pergola Kedry Prime di KE ha trasformato la terrazza al sesto piano dell’hotel in uno spazio fruibile 365 giorni all’anno. All’interno l’ambiente è particolarmente luminoso.
KE progetta lo spazio all seasons
dello sky bar di J44 Lifestyle Hotel a Jesolo
J44 è un nuovo hotel cinque stelle a Jesolo. In posizione privilegiata, è un luogo dove la qualità del servizio è evidente ma non ostentata. Al sesto piano, un’ampia terrazza panoramica sulla città fino alla laguna con un déhor con piscina all’aperto e uno sky bar. Per realizzare il progetto la proprietà si è rivolta al Project Management Office di KE, che in stretta collaborazione con l’architetto Michela Morsilli ha selezionato la tenda a pergola bioclimatica Kedry Prime, pensata per rendere fruibile lo spazio anche nelle stagioni più fredde, trasformando la terrazza in una
zona ristorazione utilizzabile tutto l’anno. Kedry Prime è una struttura in alluminio con copertura a lame orientabili che, grazie alla sua ampia modularità sia in larghezza che in sporgenza, è adatta per superfici di grandi metrature. Aperte, le lame favoriscono una corretta aerazione e la modulazione dell’illuminazione dell’ambiente. Una volta chiuse si trasformano in un tetto che offre una totale protezione dalle intemperie. Il colore della struttura, un elegante alluminio opaco, è stato scelto per armonizzarsi con l’architettura dell’hotel, minimale e rigorosa.
La geometria essenziale di Kedry Prime e i giochi d’ombra creati dalle lamelle orientabili sono l’elemento distintivo di questo progetto, reso funzionale dalla presenza di una sola colonna centrale che garantisce la massima fruibilità dello spazio del bistrot. A completare il progetto, le vetrate Line Glass sui tre lati della struttura chiudono lateralmente la pergola. L’ambiente, conservando la vista panoramica circostante, diventa così utilizzabile in ogni condizione meteorologica. www.keoutdoordesign.com
REZZATO
LA NUOVA SCUOLA DELL’INFANZIA DI EURO PROJECT ENGINEERING
Si avvia a conclusione a Rezzato, 30 minuti a est di Brescia, il cantiere per la costruzione della scuola dell’infanzia Don Minzoni. Il progetto del nuovo edificio, che sostituisce la precedente struttura con la medesima funzione, è di Euro Project Engineering Consulting, che ha curato sia l’architettonico definitivo e esecutivo sia l’impiantistico e la direzione lavori. La nuova scuola, su un solo piano, si compone di blocchi singoli con una matrice a padiglioni corrispondenti alle quattro sezioni da 30 alunni oltre al blocco destinato agli spazi accessori e si colloca al centro di uno spazio verde confinante con un parco cittadino. Il linguaggio architettonico, semplice ma riconoscibile, si fa evocativo con la copertura a falde alternate che donano ai padiglioni un profilo frastagliato. A partire dall’ingresso, protetto da una pensilina con intradosso in legno, ampie superfici vetrate consentono alla luce di fluire liberamente nelle aule e mettono gli ambienti in costante comunicazione con l’esterno favorendo il benessere, oltre che dei bambini, degli insegnanti e della comunità. La diretta relazione con il verde assume una funzione
pedagogica in chiave ecologica che si riscontra anche nelle scelte progettuali e costruttive che vanno nella direzione di un edificio Nzeb a ridotto impatto ambientale: struttura – tranne le fondazioni – in pannelli di tipo Xlam; isolamento in lana di roccia; riscaldamento a pannelli radianti; pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica ■
Committente Comune di Rezzato
Rup Maria Cristina Gentile
Progetto architettonico, ingegneria, impianti, coordinamento sicurezza Euro Project Engineering Consulting (capo progetto Antonio Bramante)
Collaboratore progetto architettonico Davide Del Bono
Dimensioni 1.741 mq
Costo 4,5 milioni di euro
Completamento estate 2025
PROSPETTO OVEST SU CORTILE INTERNO
DE AMICIS ARCHITETTI, ITIS LEONARDO DA VINCI
Dopo il completamento del primo blocco prosegue a Parma il cantiere del nuovo Itis Leonardo Da Vinci progettato dallo studio De Amicis Architetti. Una volta demolita, la palazzina esistente verrà sostituita da un nuovo edificio, connesso al blocco attuale tramite giunti strutturali. Si formerà così un unico corpo allungato, collocato lungo il confine est del polo scolastico, ponendosi come terminale di un sistema più ampio, a definire dal punto di vista urbano l’area di 5.000 metri quadrati delle scuole senza ricorrere a recinzioni antiurbane: un approccio che riduce l’uso di suolo e che ripropone modalità insediative di edifici già presenti sul territorio, come quelli della ex-Eridania trasformati da Renzo Piano nell’auditorium di musica Niccolò Paganini. Tale configurazione è inoltre garanzia che la sua architettura e posizione sarà sempre
coerente anche in presenza di modificazioni o sostituzioni di altri edifici del comparto. Il plesso dell’Itis si sviluppa su tre piani fuori terra, con l’intento di offrire un ampio spazio verde tra il nuovo edificio e quelli esistenti del comparto scolastico. L’edificio è organizzato in fasce funzionali per ciascun piano: partendo dagli spazi aperti collettivi che fronteggiano la facciata, si incontra la fascia della condivisione, quella dei servizi (distribuzione orizzontale e verticale), quella della didattica e infine la fascia filtro di interfaccia con la città, costituita dalle terrazze caratterizzate da ampie vetrate che garantiscono spazi comuni luminosi. Gli spazi di distribuzione sono progettati per favorire relazioni spontanee e organizzate tra docenti e studenti, con ampie rampe pedonali e gallerie anziché scale e corridoi.
Gli ambienti interni, progettati per accogliere metodologie didattiche, sono flessibili per adattarsi a futuri cambiamenti ■
Committente Provincia di Parma
Rup Paola Cassinelli
Progetto architettonico e direzione lavori
De Amicis Architetti
Local architect -ini architetti
Progetto strutture Alb Ingegneria; Sbf Studio Brambilla
Ferrari
Progetto impianti Pse
Geologo geoLog
Responsabile sicurezza e progettista antincendio
Stefano Galbiati
Impresa Allodi
Render vedo.visualisation
Foto Alberto Strada
PROSPETTO EST SU VIA TOSCANA
LUCCA
TOO STUDIO PER IL NUOVO CENTRO DELLE ARTI LUCCA
Prenderà il via entro la fine del 2025 il cantiere per la riqualificazione di un edificio di circa 2.500 metri quadrati, nel centro di Lucca, che diventerà un nuovo polo museale a vocazione internazionale. Promosso dalla Fondazione Centro delle Arti Lucca, nata lo scorso anno per iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e di Fondazione Ragghianti - Ets, il progetto è stato affidato a Too Studio di Reggio Emilia, scelto in una rosa di cinque per l’attenzione ai dettagli, l’aumento della superficie calpestabile e la predisposizione di ambienti adatti alla nuova destinazione d’uso.
Alla conservazione dei caratteri storici,
delle rilevanze artistiche e dell’identità dell’edificio, che per le diverse funzioni svolte nel tempo possiede un particolare significato per la comunità lucchese, il progetto aggiunge una nuova organizzazione funzionale e l’abbattimento di tutte le barriere architettoniche. L’ingresso su piazzale Verdi si aprirà su un grande ambiente voltato e con pareti affrescate dove saranno collocati biglietteria e bookshop; sulla sinistra una caffetteria offrirà un punto di ristoro e di incontro.
Le sale espositive, dislocate su vari livelli e ottimizzate attraverso l’inserimento di un soppalco, sono pensate per adattarsi a diverse esigenze espositive.
Le grandi finestre, oscurabili secondo necessità, permetteranno di modulare l’illuminazione naturale e creeranno un legame visivo con l’esterno, collegando lo spazio espositivo con il contesto urbano. All’interno della struttura, l’ultimo piano della torre che caratterizza l’edificio sarà riservato all’esposizione permanente dei pezzi più significativi della collezione d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, composta da capolavori legati alla storia cittadina.
L’investimento complessivo previsto è di oltre 10 milioni di euro ■
che avvolge gli spazi
FINESTRA DEF PER TETTI PIANI
La luce naturale che fluisce dal tetto piano avvolge e ravviva gli interni. Modifica la percezione degli spazi e regala nuove prospettive. Infonde vitalità ed energia, illumina gli attimi di vita quotidiana.
Le finestre per tetti piatti lasciano entrare la luce zenitale permettendo di ventilare i locali sottostanti e assicurando sia un’elevata funzionalità che ottimi parametri di isolamento termico.
BENEVENTO
IL PROGETTO DI OFFTEC PER PIAZZA DUOMO
Lo studio di progettazione era dei più prestigiosi (Gabetti & Isola, oggi Isolarchitetti) ma l’edificio che doveva sorgere sul vuoto lasciato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale in piazza Duomo a Benevento è diventato l’ennesima opera nazionale incompiuta: pur iniziati nel 2006 dopo avere vinto il concorso internazionale indetto sei anni prima, i lavori non sono mai stati completati e l’edificio è recintato da anni.
Recentemente lo studio Offtec di Flaviano Basile ha sviluppato un progetto di riqualificazione e valorizzazione attualmente all’esame della Struttura di missione della Presidenza del Consiglio
Investitalia che, conservando la facciata costruita antistante il Duomo, assume una dimensione urbana – liberando il livello zero dalle arcate che ne disegnavano il carattere morfologico ma ne limitavano le potenzialità – con l’intento di configurare nell’insieme una nuova piazza coperta capace di ospitare attività commerciali e di promozione dei prodotti agro-alimentari del Sannio.
Al primo piano gli ambienti, destinati ad attività legate alla sfera culturale, saranno invece organizzati mediante l’utilizzo di partizioni flessibili.
Il progetto si caratterizza inoltre per l’aggiunta sul piano di copertura di un nuovo volume che geometricamente trae
le sue origini dal dialogo tra il sagrato del duomo e il costruito circostante: una superficie di circa 500 mq in cui accogliere un bar-ristorante con terrazza panoramica vegetata.
Attraversato da una nuova strada percorribile, il complesso presenta, laddove non si ha relazione diretta con la cattedrale, una nuova facciata dall’aspetto scultoreo: una pelle tridimensionale formata da piccoli cubi vetrati sostenuti da un telaio metallico che, come ‘pixel’, si presta alla proiezione di video promozionali e divulgativi delle bellezze del territorio e delle arti in generale ■
SEZIONE A-A’
SEZIONE
SEZIONE
PIÙ DESIGN, PIÙ SOLUZIONI
Sistema ferramenta per alzante scorrevole minimale
Legno
Profilo da 50 mm per un minimalismo estremo. Il maniglione, posizionato lateralmente in corrispondenza del nodo centrale, non interferisce con l’impacchettamento delle ante e lascia il montante libero di essere incassato nel telaio.
Un’evoluzione del sistema ferramenta per Alzante Scorrevole in risposta alle tendenze future che mirano ad un’estetica sempre più raffinata e a performance di alto livello.
www.agb.it
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SPORTS CENTER ARENA ELEVATION
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PROGETTO DI ZAHA HADID ARCHITECTS
È prevista a giugno, a meno di due anni dall’avvio dei lavori, la consegna finale del complesso sportivo progettato con una modellazione 3D evoluta da Zaha Hadid Architects in collaborazione con il Guangdong Architectural Design & Research Institute. Già terminati i lavori edili – coperture e involucri esterni – del palazzetto indoor da 20.000 posti e del centro acquatico da 4.000 posti con piscina olimpionica e vasca per i tuffi, è in fase conclusiva il grande stadio da 60.000 posti le cui forme fluide richiamano le geometrie affusolate degli scafi delle tradizionali barche a vela della regione. Il centro sportivo è situato all’estremità meridionale del distretto di Nansha a Guangzhou, sull’estuario del Fiume delle Perle e al centro della più grande conurbazione del
mondo (si prevede che nel 2030 arriverà a 100 milioni di abitanti), la Greater Bay Area Guangdong-Hong Kong-Macao. Inserito in un parco di 70 ettari con zone umide che fungono anche da misura di protezione contro le inondazioni e le mareggiate, il centro include anche alloggi per atleti, campi di allenamento e piste di atletica. Le curvature degli edifici sportivi sono definite da trame di lamelle verticali che ottimizzano l’ombreggiatura e favoriscono il raffrescamento naturale sfruttando i venti estivi che soffiano dal Mar Cinese Meridionale.
La copertura a ventaglio dello stadio è formata da un sistema di strati che protegge gli spettatori e permette all’aria calda di uscire naturalmente dall’involucro dell’edificio. Le gradinate sono regolabili
SPORTS CENTER AQUATIC CENTRE ELEVATION
per offrire condizioni ottimali di visibilità e atmosfera per ogni tipo di evento, incluse rappresentazioni teatrali e concerti. Nel punto più basso, l’involucro si solleva in un grande arco che offre vedute panoramiche sul fiume ■
Committente Nansha District Bureau of Culture & Sports
Progetto architettonico ZHA, Patrik Schumacher
Zha Project Directors Lei Zheng, Nils Fischer
Zha Project Associates Jinqi Huang, Vishu Bhooshan, Jakub Klaska
Zha Project Architect Hung-da Chien
Ingegnerizzazione facciate Rice Francis Ritchie Engineers, Gdad, Cswadi
Progetto di paesaggio Aecom
Progetto illuminotecnico Lichtvision Design e Tsinghua
Urban Planning and Design Institute
General contractor China Construction
DIAMO AI PROGETTI
L’ECCELLENZA CHE MERITANO
Mitsubishi Electric è sempre più coinvolta in prestigiosi e avveniristici progetti, grazie alla qualità delle sue soluzioni tecnologiche e ad un’ampia gamma di servizi dedicati pre e post vendita. Oggi è il partner ideale perché ha a cuore non solo il rispetto ambientale, ma anche il risparmio energetico che si traduce in una significativa riduzione dei consumi.
Mitsubishi Electric, il piacere del clima ideale.
Nuovo Rettorato Università Roma Tre ha scelto Mitsubishi Electric per la realizzazione di sistemi per il riscaldamento e raffrescamento d’aria e la produzione di acqua calda sanitaria.
FABRIZIO
CON UNO STILE RIGOROSO E PRAGMATICO E UNA
VISIONE DELL’ARCHITETTURA ANTIDOGMATICA E EMPIRICA
ROSSI PRODI LAVORA
PRINCIPALMENTE SULLE LINEE
ORIZZONTALI. INTEGRANDO POI
CON LEGGEREZZA L’EDIFICIO NEL PAESAGGIO
Il social housing di via Cenni a Milano si basa sulla convinzione che a una varietà degli alloggi da un punto di vista tipologico corrisponderà una varietà dal punto di vista sociale. Foto di Pietro Savorelli.
FABRIZIO ROSSI PRODI
di Luigi Prestinenza Puglisi
Fabrizio Rossi Prodi frequenta la facoltà di architettura di Firenze sul finire degli anni Settanta. In un momento cioè di piena crisi di quella che era stata una delle realtà più vitali e innovative della cultura architettonica italiana, prima con la scuola di Giovanni Michelucci e dei due Leonardo, Ricci e Savioli, poi dei gruppi radicali quali Superstudio e Archizoom. Gli anni Settanta e Ottanta sono gli anni della così detta Tendenza, dell’Accademia, del ritorno allo storicismo. Un periodo poco creativo, se non involutivo, che però ha avuto il merito di porre un freno all’arbitrio spacciato come creatività e costretto i progettisti a confrontarsi con i temi della continuità della storia, della forma della città e del rapporto, come si diceva allora, tra la tipologia edilizia e la morfologia urbana. Poco propenso al dogmatismo, Rossi Prodi si indirizza verso queste problematiche, integrandole con altre ricerche, meno ingessate e più attuali, come per esempio sulle case per anziani e sulle strutture sanitarie. Temi che travalicano formalismi e tecnicismi e richiedono una particolare attenzione alle esigenze dell’utenza. «È attraverso questi studi, ricorda, che ho imparato a organizzare lo spazio in pianta, a capire che gli edifici, prima di tutto, devono funzionare». Il suo stile rigoroso e insieme prammatico è apprezzato da
Paolo Zermani, astro nascente della facoltà di architettura di Firenze, impegnato in prima linea a diffondere un approccio storicista, neokahniano, in linea con una presunta identità dell’architettura italiana che celebrerà attraverso convegni periodici dove chiamerà a raccolta l’ala conservatrice operante nelle diverse università del Paese. I due collaborano su alcuni concorsi. E un certo influsso zermaniano può essere notato in opere successive che Rossi Prodi realizzerà da solo. Vi è però tra i due una sostanziale differenza. Zermani ha una visione appassionata e categorica. Rossi Prodi antidogmatica e empirica. Zermani centrata sull’oggetto. Rossi Prodi sul paesaggio.
È proprio negli anni Novanta che quest’ultimo mette a punto la sua strategia che si attua attraverso due mosse. Lavorare sulle linee orizzontali, integrando l’edificio nel paesaggio. Scomporre l’oggetto edilizio in elementi volumetrici alla scala umana, ricomponendoli in insiemi articolati di pieni e vuoti. Da qui un rifiuto della monumentalizzazione dell’oggetto e la ricerca di forme empatiche e accoglienti. Negli anni Novanta accadono due eventi che cambiano l’architettura in Italia. Sono Tangentopoli e la legge dei sindaci. Tangentopoli, iniziata nel 1992, spezza i vecchi meccanismi
Parco pubblico
attraverso i quali venivano assegnati gli incarichi di progettazione. La legge dei sindaci, la n. 81 del 25 marzo 1993, dà maggiori poteri ai primi cittadini e li spinge a farsi promotori di opere pubbliche. Da qui numerosi concorsi di progettazione e incarichi a architetti giovani, al di fuori delle vecchie logiche spartitorie.
Rossi Prodi di concorsi ne fa molti, nazionali e internazionali, vincendone diversi: ad oggi oltre trenta primi premi. Da qui un crescente numero di incarichi e la costituzione nel 2006 dello studio di architettura
Rossiprodi Associati caratterizzato da una rapida crescita che lo ha portato a circa 40 professionisti ed ad aprire, oltre a Firenze, una sede a Milano.
È facile, guardando i progetti dello studio, intuire che il successo in tanti concorsi dipende da cinque ragioni.
La prima è la semplicità e il rigore. Non si trovano mai segni inutili. La macchina funziona evitando tutto ciò che potrebbe appesantirla.
La seconda è l’empatia e la misura umana. Rossi Prodi, come abbiamo visto a proposito della sua collaborazione con Zermani, è allergico alla monumentalità. Ed è geneticamente predisposto alla misura umana.
La terza è la durata. I materiali scelti sono durevoli e tali da invecchiare bene nel tempo: pietre, mattoni, legno.
La quarta è la sorpresa. È generata dai corpi scala che si trasformano in occasioni spaziali introducendo motivi curvilinei non usuali (tolti i progetti di chiese) nella ricerca di Rossi Prodi.
Vi è infine il rifiuto della condizione manierista per abbracciare una libertà a tutto campo, che definirei eclettica.
Negli anni Ottanta, nelle facoltà di architettura i professori di composizione insegnavano che dovevi sceglierti un Maestro ideale (poteva essere Le Corbusier o Mies van der Rohe o Louis Kahn o chi volevi purché all’interno di una lista selezionata) e progettare alla sua maniera, sino a che non si formava la tua, che comunque, per quanto autonoma, avrebbe sempre denunciato il suo debito.
A partire dagli anni duemila, molti progettisti hanno rifiutato questo indirizzo per rivendicare la libertà di muoversi a tutto campo. Con un approccio eclettico oltretutto stimolato dal gran profluvio di immagini che circolano attraverso internet.
Nel caso di Rossi Prodi i riferimenti a schemi, forme e materiali molteplici servono a creare edifici o complessi immobiliari caratterizzati da contrasti insieme decisi e calibrati. Avvengono accostando immagini forti e monumentali (per esempio i portici scanditi da pilastri) con altre a scala umana (per esempio spazi verdi o vetrati). Oppure contrapponendo materiali duri (per esempio la pietra) con altri morbidi (per esempio il legno).
Ho posto a Rossi Prodi la domanda: chi è l’architetto che ti ha ispirato di più? Rossi Prodi ci ha pensato a lungo ma non mi ha dato una risposta. E non per assenza di riferimenti. Credo che ciò dipenda, anzi, da un approccio onnivoro e politeista. A fine serata, però, mi ha detto: forse Franco Albini. Ho pensato: onnivoro e politeista ma amante della leggerezza.
Deposito ATM Via Gabetti Via Cenni Via Domokos
PLANIMETRIA
SEZIONI
Parcheggio pertinenziale
Foyer
F.C.R.
Percorso pedonale semipubblico
Percorso pedonale
Pista ciclabile
Percorso running Centro fisioterapia
Località Milano
Committente Polaris Real Estate
Progetto architettonico Rossiprodi Associati
Strutture Tekne, Borlini & Zanini SA Impianti Tekne
Superficie costruita 13.000 mq Cronologia 2010-2013
Percorso pedonale interno di collegamento alloggi-spazi
Per diversi anni il complesso in legno più alto d’Europa, il social housing di via Cenni a Milano (a destra, in una foto di Savorelli) è stato pluripremiato.
Centro sportivo La Triestina
Cascina Torrette di Trenno
Caserma Santa Barbara
Orti sociali
MAPPE SPAZIALI E PERCORSI
Viabilità esclusiva mezzi ATM
collettivi
Centro anziani e filiera corta alimentare
Parcheggio pertinenziale
MILANO.
UN LUOGO PER COSTRUIRE RELAZIONI
Il progetto Cenni di Cambiamento nasce dal concetto di comunità e come questa possa essere sviluppata e consolidata anche in un contesto urbanistico monofunzionale e con una presenza limitata di poli aggreganti quale quello dell’ambito di via Cenni. In particolare il progetto si basa su un’idea di mixed-development, e sulla considerazione che ad una varietà da un punto di vista tipologico degli alloggi corrisponde una varietà da un punto di vista sociale.
Il valore dello spazio pubblico come terreno su cui costruire delle relazioni è alla base della proposta. Si tratta di uno spazio pubblico verde, simbolo della sostenibilità intesa non solo come obiettivo da perseguire, ma anche valore culturale da condividere ed elemento di aggregazione e sviluppo.
L’intento specifico è il rafforzamento dell’identità del luogo, posto tra la città e la campagna, compreso tra densità e rarefazione. Il punto di partenza è desunto dalla tradizione, ben rappresentata dalla cascina presente nell’area, così come lo sono le regole compositive di generazione e di articolazione del volume, l’impianto a corte e il tema dell’incastellamento. L’espressione invece è contemporanea.
La continuità tra la dimensione privata dell’alloggio e quella pubblica degli spazi aperti è ben espressa dai temi architettonici dei ballatoi, delle terrazze e delle logge, elementi di caratterizzazione plastica del volume ma soprattutto espressione di una relazione tra il dentro e il fuori, tra la vita del singolo cittadino e quella dell’intera comunità.
Il sistema costruttivo a pannelli portanti in legno a strati incrociati è una soluzione adottata sia per motivi di carattere ecologico-ambientale e di risparmio energetico, sia per le potenzialità tecniche che consentono la realizzazione di edifici multipiano con elevate prestazioni in termini di sicurezza strutturale e comfort abitativo.
Il valore della flessibilità proposto nella distribuzione degli spazi interni dell’alloggio è garantito dallo stesso sistema costruttivo, che consente una personalizzazione dell’ambiente della casa secondo una modalità partecipata.
Il social housing Cenni di Cambiamento è stato per diversi anni il più grande e alto complesso costruito in legno in Europa.
VIA CENNI
Il fronte nord dell’edificio. Nella pagina di destra l’impronta urbana e la scalinata che conduce alla piazza sopraelevata. Foto di Pietro Savorelli.
Committente Fondo
Superficie spazi esterni 17.387 mq
Superficie lorda costruita 19.680 mq
Strutture e impianti Ingegneri Riuniti
Anno 2006
Località Modena
Aristotele. Fabrica Immobiliare
Unimore. Dipartimenti Scientifici
Il percorso di studi inizia dalla scalinata
L’impianto architettonico dei dipartimenti scientifici dell’Unimore (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia) si ispira alle strutture conventuali e universitarie storiche della regione, caratterizzate da maniche e corti che formano una traccia quadrilatera ripetuta, in sintonia con il paesaggio agricolo circostante. Gli elementi di distorsione, come un rio o un bosco, emergono come anomalie che definiscono la morfologia del progetto, dove l’analisi e la deduzione si mescolano con l’intuizione e la reinvenzione dei codici.
L’edificio si sviluppa in quattro corpi che definiscono due ampie corti orientate verso la città storica, visibili da una terrazza sopraelevata, una vera
e propria piazza pubblica accessibile tramite due gradinate. La scalinata di accesso, simbolo del percorso di studio, abbraccia il visitatore e rimarca il concetto di alma mater studiorum Il basamento, che sorge a un piano sopraelevato, radica l’edificio a terra, seguendo i margini dell’isolato lungo via Campi, ma con lievi rotazioni e variazioni. Qui si trova il fronte principale, orientato verso ovest, caratterizzato dal contrasto tra pieni e vuoti, con una dialettica tra spazi chiusi verso le aree residenziali e spazi aperti verso la città. Il sistema di corti, terrazze e scalinate è integrato da aree verdi e percorsi che creano una gradazione di spazi pubblici, semi-pubblici e istituzionali,
favorendo la permeabilità del complesso e incentivando l’incontro e la vita universitaria. L’ingresso principale, al piano primo, conduce a una galleria che fiancheggia le aule distribuite su due piani. I laboratori didattici sono concentrati verso via Braghiroli, mentre il primo piano ospita l’amministrazione.
Al piano terra si trovano altre aule e spazi dipartimentali, mentre il piano interrato include spazi per studenti, aule specialistiche, depositi e spogliatoi. Gli studi di docenti e ricercatori sono al secondo piano, mentre al terzo si trovano i laboratori di ricerca. Il quarto piano è dedicato ai locali tecnici e impiantistici.
Località Firenze
Committente San Gallo dvp
Progetto architettonico Rossiprodi Associati
Superficie lorda 16.200 mq
Strutture Studio Sertec
Impianti Executive Energy Cronologia 2016 - in corso
PIANTA
Via Sant’Anna
Firenze. Ex-ospedale militare San Gallo
Nuove funzioni, nuove spazialità
Il progetto di riqualificazione dell’ex-ospedale militare di San Gallo a Firenze prevede la trasformazione del complesso, situato nel centro storico, in strutture ricettive, residenziali e di servizio. L’intervento nasce da un approccio interdisciplinare che unisce architettura, urbanistica, restauro, tecnologia e un’approfondita ricerca storica, grazie alla quale sono stati individuati gli elementi originari di due conventi e di antichi magazzini, antecedenti la funzione di ospedale. L’analisi ha permesso di distinguere le componenti morfologiche, riconoscere i volumi, i percorsi e identificare le parti incongrue da eliminare per valorizzare i nuclei storici. Il complesso, chiuso rispetto alla strada, mantie-
ne una spazialità tipica della città storica. Tuttavia, nel contesto urbano circostante emergono strutture basate su moduli ripetuti che assumono una scala più ampia rispetto all’architettura individuale. Un tema centrale è quello del ‘taglio urbano’, legato alla storica separazione ottocentesca dei conventi a causa della creazione di via Cavour. Questo taglio viene reinterpretato nell’attuale progetto con l’introduzione di due nuovi attraversamenti tra via San Gallo e via Cavour, che frammentano l’isolato, creando spazi pubblici aperti e vitali. Accanto a questi collegamenti sorgono due nuovi edifici, uno dei quali concepito come galleria. Essi fungono da segnali urbani e riprendono
i principi dell’architettura fiorentina – geometria, ritmo, prospettiva – pur distinguendosi dal contesto storico per sottolinearne, per contrasto, il valore. La loro apparente modernità, in realtà, è radicata nella tradizione architettonica della città.
I render illustrano le diverse funzioni del complesso che sarà attraversato da nuovi percorsi urbani.
Schemi funzionali della piazza dell’Isolotto. A destra, il concept del progetto e la pensilina che protegge il mercato al centro della piazza. Foto di Pietro Savorelli.
Feriale mattina
Feriale
Eventi
Adulti
Bambini
ASSONOMETRIA
SEZIONE
Una composizione plurale come la comunità che accoglie
Il progetto di rigenerazione di una piazza in un quartiere di edilizia sociale degli anni Cinquanta, ispirato al modello della città giardino, diventa occasione per riflettere sullo spazio collettivo e sulla costruzione di centralità urbana. La storia del quartiere fiorentino dell’Isolotto, densa di tensioni sociali, politiche e religiose, è parte integrante della memoria del secondo Novecento e continua a vivere nei legami profondi che uniscono gli abitanti ai loro luoghi. La riqualificazione assume così come principio guida il valore del ‘Noi’, inteso come celebrazione della pluralità e delle differenze che compongono la comunità locale. Il progetto si ispira alla varietà naturale del paesaggio e alla figura simbolica della madre terra, rifiutando omogeneità formale e puntando
su una composizione articolata: volumi diversi disposti ai margini, zone alberate, un sagrato, affacci sul fiume e sul parco delle Cascine, un parcheggio e uno spazio per il mercato, oltre a numerose aree di sosta. Questi elementi rendono la piazza un luogo ricco di attività, visuali e sorprese. Il disegno del suolo riflette tale varietà attraverso un pavimento composto da campiture e materiali diversi – pietre provenienti da varie regioni italiane, con finiture eterogenee – che esprimono la ricchezza urbana e sociale del contesto.
Un elemento unificatore in pietra chiara attraversa la piazza collegando simbolicamente il ponte alla chiesa, orientando lo spazio e conferendo coerenza alla composizione. La piazza si confi-
gura così come piattaforma aperta a molteplici usi e destinata a differenti fasce di cittadinanza, adattandosi alle variazioni temporali della giornata e dell’anno.
Al centro, la nuova pensilina rappresenta il fulcro simbolico dell’intervento. Con una superficie specchiante che riflette la vita del mercato e dei passanti, si dissolve visivamente tra gli alberi, trasformando l’esperienza dello spazio. In questo gesto, lo sguardo sollevato invita ciascuno a riconoscersi parte di una comunità, riaffermando il valore simbolico e civico dello spazio pubblico come espressione del nostro bisogno di incontro.
Firenze. Piazza dell’Isolotto
Noi Madre Terra Smart Square
La nuova Piazza
Planimetria e immagini del polo
didattico di Pavia con una superficie
costruita di 4.700 mq.
All’interno l’edificio si caratterizza per una scala scenografica che agisce come luogo di scambio tra studenti e ricercatori. Foto di Eugenio Novajra.
PLANIMETRIA
Pavia
Committente Università di Pavia
Progetto architettonico Rossiprodi Associati e Studio Bargone
Progetto strutture Studio Sarti
Progettazione impianti Ingegneri Riuniti
Impresa costruttrice Iti
Località
Forme e ambienti per lavorare in purezza
Il nuovo polo della Scuola di Farmacia dell’Università di Pavia, completato nel 2017, si inserisce nel complesso dei padiglioni scientifici e comprende laboratori di ricerca, spazi per la didattica e studi per i docenti. Il progetto rinnova l’immagine dell’istituzione universitaria, superando la tradizionale severità per proporre un ambiente dinamico e attrattivo, aperto al parco circostante.
L’edificio è articolato in volumi distinti, ognuno dedicato a una funzione specifica, seguendo un approccio classificatorio ispirato alla logica scientifica. La forma e il colore dei volumi richiamano la purezza dei prodotti farmaceutici sviluppati al loro interno.
Elemento centrale è l’atrio vetrato, che sostitu-
isce l’ingresso tradizionale, estendendo visivamente e materialmente il parco all’interno dell’edificio. Questo spazio funge da mediatore tra l’ambiente pubblico e quello privato, favorendo trasparenza e continuità.
Cuore compositivo del progetto è una scala scenografica e sinuosa che attraversa l’atrio, creando un percorso articolato tra i piani. Essa genera paesaggi interni, incroci visivi e luoghi informali di sosta, promuovendo l’incontro e lo scambio tra studenti e ricercatori.
L’obiettivo è favorire la discontinuità e l’interdisciplinarietà nei processi scientifici, riconoscendo il valore delle interazioni spontanee. Accanto all’atrio si colloca l’aula studio, con uno sbocco verso l’esterno.
Entrambi questi spazi interrompono la massa compatta delle funzioni istituzionali, sospese attorno e sopra al vuoto, generando un effetto di leggerezza. I volumi murari, in materiale chiaro, si ispirano alla tradizione costruttiva pavese con richiami al laterizio, a un linguaggio essenziale e al ritmo regolare delle aperture.
Pavia. Polo didattico di Scienze del Farmaco
SEZIONE DD’ PIANTA
GALATEO URBANO
«La bellezza della città è plurima, fallace, occasionale – scrive Cino Zucchi – ma quando esiste, essa supera quella della natura; ci conforta nella sua assenza di perfezione, nel suo carattere stratificato e in continuo adattamento alle vite dei suoi abitanti». Poggia anche su questa convinzione l’approccio all’architettura del più colto degli architetti italiani cui la collana Imprinting dedica oggi la prima monografia, agile ma densa di contenuti. A parte la sede Salewa a Bolzano (2007-2011, con Park Associati) la maggior parte dei suoi lavori e delle sue ricerche, come quella sui cortili milanesi nel ‘600, riflette l’attitudine a considerare l’architettura un fatto eminentemente urbano, da affrontare con un atteggiamento educato perché attento a quella ‘fitta rete di codici non scritti che nell’accettazione dei limiti individuali permette la convivenza e la condivisione del lavoro di costruzione degli spazi in cui viviamo’. Che non impedisce di praticare ‘innesti’ (indimenticata la sua curatela del Padiglione Italia alla Biennale del
POETICA DELLA TERRACOTTA
Sembrano “strade e piazze d’oroceramico” e “cieli di ceramica irrigati da acque fresche” (citazioni dal Manifesto futurista della ceramica pubblicato, come ricorda Matteo Vercelloni nell’introduzione, nel 1938 da F.T. Marinetti e Tullio d’Albisola) gli spazi ricavati dalla trasformazione dei Docks di Marsiglia (2009-2015), illustrati in questo volume insieme ad altre 18 opere con le quali Alfonso Femia rinnova l’impiego della ceramica come materia dell’architettura e del paesaggio urbano. Con un’intelligenza – quella del titolo –che secondo Femia si declina in cinque forme, a partire dal rapporto con la luce che, specie nei piccoli blocchetti tridimensionali, genera l’emozione architettonica.
Vi è poi un’intelligenza plastica: la ceramica si dichiara come tale, non aspira al minimalismo o al camuffamento ma trasforma l’oggetto architettonico in un fatto urbano, talvolta anche con piccoli angeli e farfalle che sporgono inaspettati da una facciata.
E cromatica, e termodinamica, naturale alternativa ad altri materiali e che per questo appartiene, da sempre, a tutte le culture del pianeta. Infine, come tutte le
2014) a condizione di conoscere bene la fisiologia dell’organismo ospite –la città – perché un innesto non è il tranquillizzante adattarsi al contesto ma presuppone una certa dose di violenza e in ogni caso una ‘volontà di trasformazione delle cose e un prendersi cura del sistema più vasto’ al termine dell’operazione.
Da qui anche il suggerimento che Cino Zucchi rivolge agli architetti, che più che opporre costruito a natura, oggi privilegiando per ogni dove quest’ultima, dai giardinieri dovrebbero imparare le tecniche dell’innesto e della cura costante di un ambiente in perenne trasformazione. Casi esemplari il lavoro di microchirurgia alla ex-Junghans alla Giudecca (1995-2003), con nuovi edifici inseriti nella trama fitta (la città a ‘grana fine’ di cui parlava Colin Ward) dei percorsi esistenti o nuovi, e il progetto Nuvola Lavazza (2010-2018) a Torino, ma numerosi altri sono quelli qui documentati.
Organizzato non in ordine cronologico ma per temi, il libro tratta ampiamente
L’intelligenza della ceramica
Alfonso Femia Architectures
Marsilio Arte, Venezia 2024 240 pp, Ill, 35 euro ISBN 979-12-5463-244-4
intelligenze, quella della ceramica è per definizione aperta, all’invenzione e alla trasformazione.
Due dialoghi completano il volume, che raccoglie anche il giudizio di otto committenti: quello con il ceramista di Albissola Danilo Trogu e quello tra Alfonso Femia e Mauro Manfredini, che racconta il ventennale percorso di ricerca avviato dall’architetto con Casalgrande Padana.
anche il tema della facciata, che attraverso la ripetizione Cino Zucchi trasforma in una tessitura, come un tappeto appeso alle pareti del grande salotto collettivo che è lo spazio urbano.
Cino Zucchi
Luigi Spinelli
LetteraVentidue, Siracusa, 2025 168 pp, Ill, 20 euro ISBN 978-88-6242-980-1
FUNZIONALISMO SCANDINAVO
“Accettare la realtà esistente: solo così si può controllarla, averne padronanza, cambiarla e creare una cultura che sia uno strumento adatto alla vita”. Prima di Rem Koolhaas lo scrissero Gunnar Asplund, Wolter Gahn, Sven Markelius, Gregor Paulsson, Eskil Sundahl e Uno Åhré nel 1931 in conclusione di quello che è considerato il manifesto dell’architettura scandinava moderna ma che pochi hanno letto perché scritto in svedese. A LetteraVentidue il merito di proporlo per la prima volta in italiano, in un’edizione che riproduce fedelmente l’impaginazione originale. Preziosa l’introduzione di Marco Biraghi e le conclusioni di Luca Ortelli che ne delinea gli effetti in termini politici, economici e sociali, con la volontà di annullare le opposizioni tra qualità e quantità, tra individuo e massa. Ovvero le premesse teoriche della futura socialdemocrazia svedese.
Acceptera Eugenio Lux (a cura di) LetteraVentidue, Siracusa, 2024 240 pp, Ill, 35 euro ISBN 979-12-5463-244-4
ARCHITETTURE INTERMEDIE
a cura di Carlo Ezechieli
La polarizzazione dell’architettura tra grandi centri urbani e regioni interne. E la condizione dei territori intermedi tra questi due ambiti
Per un certo periodo, a partire dalla seconda metà degli anni ‘90, con il progressivo affermarsi di Internet come mezzo di comunicazione e lavoro, ci si era illusi che una maggiore connettività avrebbe potuto rivitalizzare le regioni più remote. Quello di cui in realtà mi resi conto come autore di un paper scientifico (dal titolo Shifting Boundaries: territories, networks and cities, pubblicato da Netcom nel 1998) era che all’aumento della connettività corrispondeva un paradossale e inesorabile processo di concentrazione insediativa focalizzata su pochi nodi – dai Central Business Districts, a università e ospedali –globalmente connessi e ubicati in aree metropolitane.
A distanza di trent’anni, l’evoluzione delle infrastrutture globali non ha fatto altro che accentuare un radicale processo di polarizzazione: da un lato il fermento edificatorio e architettonico dei grandi centri urbani, dall’altro la crescente esclusione delle regioni interne che, nonostante tutto, all’egemonia dei primi contrappongono piccole ma straordinarie opere di architettura le cui immagini circolano in tutto il mondo.
In questo panorama, le aree urbane intermedie – la cosiddetta Provincia italiana – da sempre vitale e produttiva, finendo nell’orbita e nell’ombra delle metropoli, sembra oggi perdere progressivamente terreno in termini di generazione di architettura di qualità. Eppure, è proprio in questi luoghi che può emergere una delle sfide più interessanti per l’architettura: restituire visione e qualità a contesti che hanno storicamente rivestito un ruolo di vere e proprie fucine di cultura e progettualità. Ripartire da qui non è solo un’opportunità, ma una responsabilità.
Guido Canali
Noto per il suo approccio rigoroso, sensibile e misurato all’architettura contemporanea. Il suo lavoro si distingue per l’equilibrio tra innovazione e rispetto del contesto storico e paesaggistico. Nel 2020 ha ricevuto la Medaglia d’Oro alla Carriera alla Triennale di Milano.
LA FABBRICA GIARDINO
In ogni progetto il programma è un elemento centrale, e può nascere da un’idea tanto semplice quanto efficace. È il caso della sede industriale del Gruppo Prada a Valvigna, in provincia di Arezzo, progettata da Guido Canali. Come racconta lo stesso architetto, l’edificio è stato pensato fin dall’inizio per migliorare la qualità della vita dei lavoratori, evitando scelte formali forzate e puntando invece su razionalità e funzionalità.
Canali sviluppa la propria idea di fabbrica in modo autonomo, senza riferimenti diretti o modelli precostituiti, conferendo al progetto una dignità architettonica spesso trascurata in edifici di questo tipo.
La sede di Valvigna non rappresenta un episodio isolato nella sua produzione, ma si inserisce in una serie di interventi che possono essere definiti ‘fabbriche-giardino’: architetture industriali dove lo spazio verde non è solo decorativo, ma parte integrante dell’esperienza lavorativa e del paesaggio. I giardini richiamano il contesto rurale toscano, in un dialogo continuo tra natura e industria.
Il linguaggio di Canali può ricordare, per essenzialità, il riduzionismo del Movimento
Moderno e la chiarezza strutturale di Mies van der Rohe, ma è arricchito da una costante ricerca sulla fluidità spaziale e sul rapporto tra interno ed esterno.
L’organizzazione dell’edificio si basa su una griglia compositiva cartesiana, rigorosa ma dinamica, in cui funzioni, percorsi, corti, vasche e superfici verdi si intrecciano, estendendo lo spazio architettonico oltre i suoi confini fisici. L’approccio progettuale riesce così a coniugare la funzione produttiva dell’edificio con un’elevata qualità ambientale e architettonica.
I volumi sono semplici, i moduli ripetuti, le tecniche costruttive essenziali. Nessun simbolismo, nessuna complicazione gratuita: l’architettura, afferma Canali, è come una macchina hi-tech umanizzata dall’integrazione con gli elementi naturali.
I materiali impiegati sono pochi e ben calibrati: cemento, acciaio e vetro. Le parti opache degli uffici sono rivestite con lastre di cemento, mentre i collegamenti verticali e gli elementi strutturali sono protetti da pannelli coibentati. Il corpo a gradoni è in cemento armato tinteggiato di bianco, e la facciata ovest, interamente vetrata, è schermata da una parete verde e da
IL PROGETTO DI GUIDO CANALI PER PRADA A VALVIGNA
A sinistra. Immagine del prospetto immerso nel paesaggio. Sotto.
La presenza dell’acqua lungo il porticato dell’edificio. Foto courtesy Prada Group.
Una delle corti verdi del complesso caratterizzato da un rapporto di sostanziale equivalenza con la componente paesaggistica.
Dall’alto. Gli spazi esterni immersi nella vegetazione che definiscono percorsi fluidi tra elementi vegetali e architettura.
L’interno di uno spazio di lavoro con le lunghe vetrate a nastro che inquadrano porzioni specifiche di paesaggio, amplificando la continuità visiva e percettiva tra interno ed esterno. Foto Moreno Maggi.
Località Valvigna, Italy
Committente Prada Area totale 93.125 mq
Progetto architettonico Canali Associati. Guido Canali con Paolo Simonetti e Pietro Zanlari (2005-2006)
Strutture metalliche Favero e Milan
Strutture di calcestruzzo Studio Dragoni
Strutture metalliche speciali e facciate Promo
Verde e impermeabilizzazione Euroambiente P. Ercolini Impernovo
un pannello cieco. Alcuni collegamenti verticali – scale, montacarichi, ascensori – sono collocati all’esterno, per non interferire con la continuità degli spazi interni. Al piano superiore, le travi a cassone si estendono oltre il muro di recinzione, formando tre landmark che portano il marchio Prada.
All’interno, emerge uno sforzo progettuale evidente nel ricavare corti verdi, passaggi immersi nella vegetazione, coperture piantumate. La mensa, ad esempio, è un ampio
spazio vetrato immerso nel verde, coperto da un pergolato che restituisce l’impressione di pranzare all’aperto. I percorsi sono realizzati con grigliati permeabili, progressivamente ricoperti da tappezzanti fino a fondersi con il suolo. Anche dai piani superiori il legame con l’esterno rimane costante: le lunghe vetrate a nastro offrono viste precise e studiate, rafforzando la sensazione di continuità tra spazi di lavoro e paesaggio.
ARCHITETTURE DI EMERGENZA
IL PROGETTO DI SHIGERU BAN PER LA SALA CONCERTI TEMPORANEA DELL’AQUILA
Paradossalmente, un evento catastrofico come il terremoto dell’Aquila del 2009 si è rivelato un’occasione per portare l’architettura contemporanea in un territorio intermedio tra grandi metropoli e piccoli centri.
Un’opportunità che ha coinvolto anche architetti di fama internazionale, abituati a operare in contesti metropolitani, cosmopoliti e fortemente globalizzati.
È questo il caso della Sala concerti temporanea di Shigeru Ban, uno dei progetti simbolo della ricostruzione post-sisma. Inaugurata ufficialmente il 7 maggio 2011 con un concerto diretto dal celebre maestro giapponese Tomomi Nishimoto, la Paper Concert Hall rappresenta il primo intervento realizzato in Italia da Ban. La sua presenza all’Aquila fu promossa direttamente dal governo giapponese, come gesto di solidarietà verso la città colpita e per contribuire al suo rilancio culturale.
Ban, del resto, aveva già maturato una solida esperienza nella progettazione post-emergenza, avendo partecipato alla ricostruzione di Kōbe dopo il sisma del 1995.
Pensata inizialmente come struttura temporanea da smontare e ricollocare altrove, la sala è stata invece mantenuta in loco, divenendo nel tempo un vero e proprio punto di riferimento urbano.
Concepita come un moderno tempio della musica, la Paper Concert Hall si sviluppa su una superficie di 700 metri quadrati e include un foyer d’ingresso e spazi accessori che gravitano attorno a una sala concerti ellittica lunga 25 metri, delimitata da 44 pilastri che ne definiscono il perimetro.
Dall’alto.
L’ingresso al foyer che avvolge il volume ellittico del teatro.
Foto Didier Boy de la Tour. Schizzi di studio di Shigeru Ban sul sistema costruttivo del teatro realizzato con sacchi di argilla espansa e cartone precompresso. Courtesy Shigeru Ban.
L’intero edificio è realizzato con materiali semplici ed economici. La facciata è costituita da sacchi contenenti argilla espansa, rivestiti da pannelli in cartone precompresso, lo stesso materiale utilizzato anche per le partizioni interne.
Di notte, illuminata, l’architettura emerge nel paesaggio urbano e segna uno degli accessi simbolici alla città. Con questo progetto, Shigeru Ban dimostra come anche un’architettura costruita con risorse limitate possa raggiungere risultati significativi, affrontando non solo problematiche costruttive e ambientali, ma anche offrendo risposte concrete a urgenze di carattere sociale e culturale.
CE
Shigeru Ban
Foto
Qui accanto la sala del teatro durante un concerto.
Sotto. Esterno dell’ingresso alla sala concerti delimitata dai 44 pilastri in cartone precompresso.
Foto Didier Boy de la Tour.
Renato Rizzi
Si laurea nel 1977 allo Iuav, dove attualmente è professore ordinario di Composizione architettonica e urbana. Premio nazionale In/Arch nel 1992, nel 2003 riceve la menzione d’onore per la Medaglia d’Oro dell’Architettura Italiana, che vince invece nel 2009 con il progetto per la Casa Museo Depero a Rovereto. Nel 2019 ha ricevuto il Premio del Presidente della Repubblica Italiana all’Architettura.
In alto.
Estratti dei disegni esecutivi del progetto architettonico ed espositivo.
SPAZI VIRTUOSI
ALLA RISCOPERTA DEL PROGETTO DI RENATO RIZZI PER IL RESTAURO E LA RISTRUTTURAZIONE DELLA CASA MUSEO DEPERO DI ROVERETO
Negli ultimi anni, in Italia, gli esempi più interessanti di architettura sembrano concentrarsi prevalentemente nelle grandi città o, all’opposto, nei territori interni, dove piccole ma significative opere stanno contribuendo a ridefinire il paesaggio costruito. Questo ha finito per marginalizzare, almeno in parte, il ruolo storicamente centrale della cosiddetta provincia. Eppure, esistono esempi significativi che meritano di essere riscoperti. Uno di questi è Casa Depero a Rovereto.
Progettata in ogni dettaglio dall’artista stesso – dai mobili ai pannelli dipinti, fino ai mosaici – Casa Depero ha conosciuto negli ultimi trent’anni un importante intervento di restauro, promosso dal Mart in occasione del centenario del Futurismo. Il progetto fu affidato all’architetto Renato Rizzi nel 1991, ma i lavori
si conclusero solo nel 2009. L’obiettivo principale era quello di preservare l’identità originaria della casa, recuperando gli spazi storici progettati da Depero e ampliandoli con due nuovi livelli coerenti con il suo linguaggio artistico. L’intervento si inseriva in un più ampio programma museale che coinvolgeva l’intera città, comprendente la costruzione del nuovo museo in Corso Bettini e il potenziamento della sede degli Archivi del ’900.
Una delle sfide più complesse fu l’adeguamento tecnico e normativo dell’edificio per renderlo conforme alle esigenze contemporanee di sicurezza e fruizione pubblica. Era infatti necessario intervenire su uscite di sicurezza, percorsi per il pubblico, accessibilità, impianti di climatizzazione, riscaldamento, rilevazione fumi e controllo del microclima. Parallela-
Sotto, da sinistra.
Dettaglio della nuova copertura dell’edificio e del disimpegno, inteso quale parte integrante dell’esposizione.
Dall’alto in senso orario. Il nuovo ingresso al museo evidenzia l’integrazione del progetto con l’edificio storico preesistente.
Vista dalla corte interna, che mette in relazione gli spazi aperti e i fronti edilizi.
Dettagli del vano scala: l’articolazione degli elementi e la cura costruttiva ne fanno un volume integrato alla muratura, anziché un semplice elemento funzionale.
Località Rovereto
Progetto architettonico Renato Rizzi con Arch. Barbara Borgini
Completamento 2009
Grafica Renato Rizzi
Bassorilievi Renato Rizzi
Foto Pietro Savorelli, Raffaella Toffolo
mente, il restauro puntava a restituire qualità e leggibilità agli elementi decorativi e pittorici, e a garantire adeguati spazi espositivi per gli arazzi presenti nella collezione.
Per integrare questi requisiti senza compromettere l’equilibrio architettonico dell’edificio né sacrificare la superficie espositiva, venne acquisita la vicina Casa Caden. Grazie a questa estensione, il museo poté ampliare i propri servizi: l’ingresso fu spostato su via Portici attraverso una corte interna, e furono aggiunti ambienti come il guardaroba, un bookshop, una caffetteria e nuovi servizi igienici, anche per persone con disabilità.
Dopo un lungo periodo di chiusura, Casa Depero ha riaperto al pubblico con un percorso espositivo e didattico rinnovato. Lo spazio
destinato all’esposizione permanente è oggi di 300 mq: una superficie contenuta, ma organizzata in modo da offrire un display cronologico e tematico di grande efficacia. Il recupero di ambienti originariamente adibiti a deposito e la riorganizzazione dei collegamenti verticali hanno reso possibile una fruizione più fluida e coinvolgente. I visitatori possono così immergersi nello spirito visionario di Fortunato Depero, che non intendeva solo esporre le proprie opere, ma creare un luogo dinamico di formazione e incontro per la città. Il nuovo allestimento, infine, ha permesso di dare forma a molte delle architetture immaginate dall’artista, rendendo reale ciò che fino a quel momento era rimasto sulla carta. CE
A sinistra. Interno della mostra dedicata a Depero. Sotto. Modelli di studio in gesso descrittivi del rapporto tra pieni e vuoti e come gli spazi si susseguono tra loro in modo chiaro e dinamico.
Dall’ingresso su strada (sopra) si raggiunge l’ambiente della reception (pagina di sinistra) con le grandi volte in lamelle di ottone.
A destra, la Fresco Suite su due livelli dove il disegno organico della scala convive con le decorazioni restaurate del palazzo. Foto Chris Dalton Photography.
RISONANZE BAROCCHE
LE FORME FLUIDE E TRIDIMENSIONALI DEGLI
AMBIENTI DELL’HOTEL
ROMEO ROMA SUSCITANO
LA STESSA MERAVIGLIA
DEL BAROCCO ROMANO
E DELLE DECORAZIONI
D’EPOCA CHE IL PROGETTO
DI RIFUNZIONALIZZAZIONE
DI PALAZZO CAPPONI
VALORIZZANDOLE, HA
CONSERVATO E RESTAURATO
NELL’AUDACIA
PLASTICA DI ZAHA
HADID
Madame Zaha Hadid non aveva mai progettato gli interni di un albergo quando Alfredo Romeo, nel 2014, le propose di trasformare in hotel di lusso gli ambienti di Palazzo Capponi in via di Ripetta, nel cuore del Tridente sistino. Risalente al Cinquecento, dal 1951 l’edificio era stato sede dell’Inail che lo aveva profondamente alterato sia nella struttura, con l’aggiunta di due ali, sia negli interni, spesso a scapito delle decorazioni originarie.
Innumerevoli dunque le ragioni della durata decennale dei lavori, curati dallo studio Zaha Hadid Architects con la direzione praticamente
quotidiana di Paola Cattarin e la supervisione di Patrik Schumacher e conclusi nel 2024: ragioni strutturali, conservative e di fedele realizzazione del concept originario di Zaha Hadid. La visione dell’architetto iraniana, singolarmente coincidente con l’intento dell’architettura barocca di suscitare meraviglia modellando lo spazio, trova pieno compimento in questo intervento, che come una macchina del tempo ricrea lo stupore che quattrocento anni prima colpiva i committenti e i fruitori dei palazzi, delle chiese e degli edifici pubblici romani.
HOTEL ROMEO ROMA
Zaha Hadid Architects
Fondato 40 anni fa da Zaha Hadid e Patrick Schumacher, che oggi lo guida, lo studio londinese ha stupito il mondo con architetture che prendendo forma dalle strutture paiono librarsi nello spazio, liberandosi dalla forza di gravità. Negli anni l’intento di rendere concrete le visioni di Zaha Hadid si è evoluto in un metodo scientifico di progettazione digitale all’avanguardia. 950 ad oggi i progetti sviluppati e oltre 50 le opere costruite da un team di 400 professionisti di 55 diverse nazionalità.
Paola Cattarin (sopra, nella foto di Frederic Aranda) in Zaha Hadid Architects da 26 anni, ha guidato il progetto di rifunzionalizzazione di Palazzo Capponi. www.zaha-hadid.com
A cominciare dalle volte, che dall’ingresso di singolare altezza si moltiplicano e si deformano assumendo forme fluide, elastiche, spesso sorprendenti che conferiscono tridimensionalità agli ambienti comuni e ad alcune delle 74 camere e suite – ciascuna un universo a sé nel disegno contemporaneo, nel recupero di decorazioni e opere d’arte appartenenti alla storia del palazzo e nella realizzazione – di cui si compone l’albergo.
Dall’ingresso e dalla reception il percorso conduce alla lobby, in precedenza cortile interno ora coperto da un tetto retrattile in vetro, e al giardino, sul quale si apre il bar, il ristorante all-day dining Il Cortile e la spa Sisley Paris, dalla cui vasca con fondo in vetro è possibile osservare, a quattro metri di profondità, la bottega romana con pareti in opus reticulatum, la tipica muratura a losanghe dell’epoca imperiale, ritrovata nel corso dei lavori.
Sempre dalla lobby, oltre alla scala monumentale che conduce alle suite del piano nobile, si raggiunge il ristorante di alta gastronomia curato da Alain Ducasse. Un terzo ristorante, La Terrazza, è allestito in sommità, con viste inedite su Roma.
Di pregio ed elevate prestazioni funzionali i
materiali impiegati: marmi Carrara Statuarietto e Nero Marquina, legni di cedro ed ebano di Makassar, superfici in Krion di Porcelanosa, ottone cesellato per le volte della lobby, pavimenti in pietra lavica e dettagli in cenere e sale di roccia siciliano nella spa.
Un secondo aspetto essenziale del progetto, condotto in accordo con la Soprintendenza, è stato il restauro, la conservazione e la salvaguardia dell’edificio tutelato, anche con il recupero di alcuni affreschi del Seicento che, smontati e riportati su tela, sono stati integrati nelle suite del piano nobile.
Soprattutto, sotto l’aspetto funzionale, il divieto di intervenire sulle murature esistenti ha
portato alla progettazione e alla costruzione di una ‘seconda pelle’ interna. La sottile intercapedine così creata tra le pareti originali e le nuove superfici ospita gli impianti tecnici, integrando le funzioni attese da un’ospitalità moderna senza compromettere il patrimonio architettonico.
Spesso la rifunzionalizzazione di edifici d’epoca si risolve con l’inserimento di interni contemporanei e decorazioni ‘di design’ entro un contenitore storico: non è questo il caso. Con il Romeo Roma Zaha Hadid Architects dà vita a una narrazione spaziale che si dipana tra passato e futuro, in continuità morfologica con l’architettura di quattro secoli prima ■
DEVOTO DESIGN
Trasformare idee visionarie in un risultato tangibile e straordinario. Questo il compito di Devoto Design, che per il Romeo Roma ha realizzato tutti i rivestimenti e gli arredi su misura negli spazi comuni dell’hotel superando la sfida di integrare superfici in doppia curvatura e materiali complessi, coordinando un team multidisciplinare per ottenere risultati impeccabili. «Abbiamo trasformato il legno in plastilina, abbiamo messo a punto e sperimentato tecniche e tecnologie innovative di produzione per ottenere curve e forme quasi estreme – spiega Marianna Devoto. Abbiamo affiancato al legno materiali compositi, metalli, marmi, vetri. Questo progetto rappresenta l’apoteosi del nostro percorso ingegneristico e produttivo, del nostro confronto con le curve e le forme organiche»
creando armonia e ritmo allo stesso tempo.
La spa e la gym sono caratterizzate da grandi elementi di rivestimento a soffitto e a parete, grandi volumi in legno con andamento curvilineo.
Una menzione particolare per la scala esterna che conduce al rooftop, realizzata in solid surface. La particolarità consiste nelle fasce bianche che rivestono la parete di fondo alta circa 7 metri, scendono e curvano fino a farsi gradino e risalgono trasformandosi in balaustra, infittendosi man mano che la scala sale fino a creare un blocco unico di solid surface.
Sopra, due viste della scala esterna in solid surface che riveste la parete di fondo alta 7 metri e conduce al rooftop. Foto Chris Dalton Photography.
Gli arredi e i rivestimenti, infatti, sono stati realizzati con materiali e tecnologie diverse: nella lobby troviamo le volte in acciaio inox, nella reception le pareti curve in lamelle di ottone, mentre nel ristorante Ducasse e nel bar è protagonista l’ebano Amara, che crea colonne da cui si dipartono rami che rivestono il soffitto seguendo la venatura del legno, caratterizzati dall’alternanza di elementi pieni ed elementi scavati che lasciano passare la luce. Ebano Amara anche nella cigar room, caratterizzata da nicchie a parete curve e affusolate, che seguono la venatura del legno
«Dopo le prime call al tempo del Covid – ricorda Marianna Devoto, orgogliosa della commessa e felice del rapporto di stima e collaborazione instaurato con il committente e lo studio Hadid –siamo passati alle campionature e ai mock-up. È stato solo grazie a quest’attività di prototipazione che abbiamo capito che tutte quelle superfici complesse potevano effettivamente essere realizzate e non solo disegnate. Una volta approvati campioni e mock-up, siamo entrati nel vivo del progetto. Le attività di engineering, produzione e montaggio si sono sovrapposte in un processo non-stop che ci ha permesso di traguardare tempi e qualità attesi»
www.devotodesign.it
2.
3. Reception
4.
5. Ristorante
A destra, il ristorante di Alain
Amara
come
si dipartono lamelle che illuminano l’ambiente. Stessi materiali anche nel bar e nella cigar room, sopra, e nelle camere e suite, pagina di destra. Foto Chris Dalton Photography.
Ducasse con le colonne in ebano
dalle quali
una chioma
PIANTA SPAZI COMUNI
1. Galleria
Atrio
Sala dei giochi
6. Bar e Bistrot
7. Sala dei sigari
8. Giardino
9. Scala verso la terrazza del primo piano
10. Spa
11. Palestra
In queste pagine, la spa e il negotium di epoca romana ritrovato nel
corso del lavori, protetto in superficie dal fondo vetrato di una vasca d’acqua.
Contractor interni camere e suite Arte+Partners (gruppo Braga) e Barretta
Imprese di costruzioni Mannelli Costruzioni, GaReCo
Accanto, una camera Deluxe del Romeo Roma e, in alto, le viste che si colgono dal roof garden della Grand Suite. Foto Chris Dalton Photography.
FINSTRAL
Finstral ha contribuito al progetto del Romeo Roma con una selezione di serramenti sofisticati che rispondono a esigenze estetiche e funzionali, esaltando l’armonia tra il patrimonio storico del palazzo e le innovazioni architettoniche contemporanee. Per il cuore principale della struttura, Finstral ha fornito finestre FIN-Project Cristal, che si caratterizzano per il vetro privo di cornici visibili, e vetrate FIN-Vista, connubio di eleganza e tecnologia. Le vetrate scelte offrono un’illuminazione ottimale, con vetri speciali che riducono al minimo il passaggio del calore e migliorano l’isolamento acustico. L’impiego del Parsol Grey ha garantito, infine, la privacy per gli ospiti. Le vetrate della spa sono state modificate per avere un unico grande vetro che permette di osservare il giardino e i resti archeologici. Su tutto il perimetro esterno dell’edificio sono poi state montate altre vetrate, fisse e apribili, destinate ai vari locali, incluso il ristorante Ducasse. www.finstral.com
UTILIZZANDO PER LA PRIMA VOLTA L’ARGILLA COME MATERIALE PRIMARIO, KENGO KUMA CELEBRA L’ANTICA TRADIZIONE CINESE DELLA CERAMICA CREANDO UN’ARCHITETTURA IN PROFONDA RELAZIONE CON IL TERRITORIO E LA SUA STORIA
Il museo fa parte di un piano di riqualificazione dell’area densamente urbanizzata di Yixing considerata la capitale della ceramica cinese.
LA FORNACE DEL DRAGO PER IL MUSEO DELLA CERAMICA DI KENGO KUMA
Fondata nel 2007 dai collezionisti belgi Guy e Myriam Ullens de Schooten, Ucca - Ullens Center for Contemporary Art è tra le principali istituzioni indipendenti cinesi dedicate all’arte contemporanea, con diverse sedi dislocate nel Paese: la sede di Pechino, progettata da Oma, e i musei a Beidahie, lungo la costa del Mare di Bohai, con un progetto di Open Architecture, e quello di Shanghai studiato dagli architetti newyorkesi So-il.
A firmare la nuova sede museale nella provincia di Jiangsu è ora lo studio Kengo Kuma & Associates, che ha realizzato il nuovo Ucca
Clay a Yixing, città distante circa due ore da Shanghai e nota fin dal X secolo per l’argilla viola con cui ancor oggi vengono prodotte le tradizionali teiere per la cerimonia del tè. Il luogo era un tempo, e in parte tuttora, il centro della cultura e della produzione ceramica di Yixing, con numerose fabbriche e atelier. Il progetto si allinea al piano regolatore per la riqualificazione dell’area costeggiata dal Fiume Azzurro e prevede un centro culturale per la ceramica, con spazi espositivi e laboratori, preservando i resti delle fabbriche dismesse.
UCCA CLAY, YIXING
Kengo Kuma
Tra i più importanti e significativi architetti giapponesi contemporanei, ha fondato Kengo Kuma & Associates nel 1990. Lo studio è attualmente impegnato in progetti in corso in più di 50 Paesi: architetture che intendono aprire nuove relazioni tra natura, tecnologia e individui, combinando tecniche costruttive tradizionali con tecnologie avanzate. Kengo Kuma è professore emerito presso l’Università di Tokyo. In precedenza aveva insegnato presso la Keio University e l’Università di Tokyo. www.kkaa.co.jp
Ucca Clay ha una forma a punte rivestita di 3.600 piastrelle di ceramica fatte a mano smaltate in varie tonalità di marrone chiaro e scuro.
L’architettura di Kengo Kuma consiste in un volume dalla copertura curvilinea rivestita di piastrelle di grès che trae ispirazione dalla ‘fornace del drago’, un antico tipo di forno per la ceramica rimasto in uso per più di sei secoli. La forma sinuosa riproduce simbolicamente il profilo di una catena montuosa mentre una serie di aperture collocate lungo il volume si connette con le vicine fabbriche di ceramica e favorisce l’accessibilità del sito.
L’edificio si distingue per la particolare copertura a guscio rovesciato, modellata sulla forma di una sfera e sostenuta da quattro ordini di travi reticolari in legno. Questa struttura lignea, leggera ma robusta, grazie alla particolare disposizione dei suoi elementi orienta le linee visive degli interni del museo e crea un
ELEVATION NORTH
ELEVATION SOUTH
ELEVATION EAST
ELEVATION WEST
percorso ideale che induce i visitatori a esplorare i diversi ambienti espositivi.
L’involucro, la cui ricca varietà di texture e tonalità evoca i cambiamenti di colore che si verificano durante il processo di cottura della ceramica, è stato sviluppato in collaborazione con artigiani locali.
Composto da 3.600 elementi smaltati in diverse gradazioni cromatiche, il rivestimento assume differenti nuance a seconda dell’ora del giorno e della stagione. Caldi e leggermente ruvidi al tatto, come le stoviglie da tè cinesi, questi pannelli ceramici incarnano la storia della città e una cultura artigiana che si tramanda di generazione in generazione da più di mille anni.
L’edificio ospita, su due piani e un interrato,
spazi espositivi flessibili e modulabili, una sala polivalente, un auditorium, sale conferenze, una libreria, una caffetteria, aree ricreative e archivi.
All’interno, gli ambienti fluidi traguardano oltre le vetrate del piano terra verso specchi d’acqua i cui fondali rivestiti in piastrelle moltiplicano i giochi di riflessi.
L’articolato reticolo strutturale delle travi lignee di copertura crea un vivace dinamismo che dilata ulteriormente la percezione dello spazio interno oltre le dimensioni reali.
La proposta museale si concentra sulla ceramica come mezzo espressivo dell’arte contemporanea, ospitando ogni anno mostre che mettono a confronto opere di artisti cinesi e internazionali ■
Le aperture ad arco rivestite all’interno da canne di bambù attraversano il museo e offrono collegamenti visivi con il contesto ex industriale.
Gli ingressi e le aperture ad arco si specchiano in vasche d’acqua circolari poco profonde, il cui fondo è rivestito con le stesse piastrelle della facciata.
1.1
Località Yixing
Committente Ucca – Ullens Center for Contemporary Art Progetto architettonico Kengo Kuma & Associates Superficie 2.400 mq Cronologia 2024 Foto Fangfang Tian, Eiichi Kano
Le aperture vetrate ad arco conducono all’atrio, alla sala espositiva e a un bar.
Caratterizzato da un reticolo di legno strutturale, il tetto lega gli uni agli altri i diversi ambienti del piano superiore del museo.
PIANTA PIANO INTERRATO
F+C House sorge nel verde delle colline veronesi, nella zona delle Torricelle. Sviluppata su due livelli, l’abitazione è circondata da ampie vetrate. L’inclinazione delle pareti perimetrali ricorda la forma di un cannocchiale rafforzando la connessione con il paesaggio circostante. Foto Francesco Scandinavo.
PROSPETTO SUD
UN MONOLITE IN SIMBIOSI CON IL PAESAGGIO
VOLUMI MONOLITICI
GRANDI VETRATE
GEOMETRIA ESSENZIALE.
IL PROGETTO DI MICHELE
PERLINI È UN’ABITAZIONE
MINIMALISTA DOVE
ARCHITETTURA E
PAESAGGIO DIALOGANO
ARMONICAMENTE
Dalla relazione progettuale
Situata in una posizione scenografica, la F+C House progettata da Michele Perlini, gometrica e scultorea, sorge nel verde delle colline veronesi, nella zona delle Torricelle.
La proprietà si estende su un’area di circa 2.500 metri quadrati e presenta una superficie abitabile di 300 mq. Il progetto si sviluppa su due livelli: al piano terra, un ampio open space ospita la zona living, separata dalla cucina e dalla sala da pranzo da un grande camino a vapore acqueo, realizzato custom su disegno dell’architetto.
Gli spazi si aprono verso il giardino grazie a grandi vetrate. Sul lato nord si trova il garage privato.
Una scala sospesa retroilluminata, progettata anch’essa su misura, conduce al primo piano, dove si trova la master suite, un ambiente elegante ed essenziale ispirato allo stile giapponese, con bagno a vista e cabina armadio. La camera padronale si affaccia su una spaziosa terrazza panoramica dotata di vasca idromassaggio. Completano il piano una seconda camera con bagno en-suite, uno studio e una zona lavanderia. Una grande terrazza con balaustra di vetro, parzialmente schermata da elementi verticali in legno, abbraccia tutto il piano superiore, caratterizzando il design della casa con il tratto distintivo di Michele Perlini. Le superfici inclinate delle pareti trasversali ri-
VERONA
Michele Perlini
Michele Perlini (1982), si è laureato in architettura all’Università Iuav di Venezia. Dal 2005 opera nello studio di famiglia, fondato a Verona nel 1974. Attualmente è impegnato nella realizzazione di progetti alla scala edilizia, urbana e paesaggistica, caratterizzati da innovazioni tipologiche e tecnologiche e da una forte attenzione alla sostenibilità ambientale, energetica ed economica. È l’ideatore di Smart House ®, un innovativo modello di abitazioni sostenibili certificate CasaClima, e ha realizzato il primo prototipo internazionale di Casa Farnsworth in versione sostenibile. www.arcstudioperlini.com
Località Verona
Committente Privato
Progetto architettonico Michele Perlini
Serramenti Schüco
Pavimenti in legno Listone Giordano
Cucina Modulnova
Piano a induzione Elica Nikolatesla
Arredi Cattelan Italia, Ditrè
Porte Lualdi
Termoarredi Antrax
Rubinetti Fantini
Illuminazione Flos, Lodes
chiamano, come strombature giganti, la forma di un cannocchiale, enfatizzando e incorniciando la vista sulle colline.
Negli interni, la stessa filosofia minimalista e funzionale caratterizza ogni dettaglio. Pareti in argilla regolano l’umidità, garantendo un microclima interno ottimale e una piacevole sensazione di comfort.
Il controsoffitto integra tende a rullo motorizzate, che scompaiono per creare continuità tra interno ed esterno, e un sistema di climatizzazione con diffusori lineari e prese nascoste.
La cucina, così come gli arredi interni, è progettata su misura per inserirsi armoniosamente nell’architettura. Pezzi di design e arredi personalizzati completano gli spazi. L’illuminazione è stata studiata con tagli di luce, gole e spot che emettono una luce calda (3000 K), creando un’atmosfera accogliente. Un impianto di ventilazione meccanica controllata assicura il ricambio d’aria a intervalli regolari, migliorando ulteriormente il comfort abitativo. Il fabbisogno energetico dell’abitazione è contenuto in 15 kw/m 2/anno ■
PIANTA PIANO PRIMO
CREDITI
PIANTA PIANO TERRA
La
retroilluminata
al primo piano, dove si trova la camera padronale ispirata a un minimalismo di impronta giapponese. Un ampio balcone abbraccia tutto il piano superiore. Foto Francesco Scandinavo.
Negli interni, ogni dettaglio è pensato in chiave essenziale e funzionale. In alto la cucina disegnata su misura.
scala
conduce
Il design dell’involucro restituisce una nuova immagine all’edificio ottimizza l’apporto di luce naturale negli ambienti, migliora le prestazioni energetiche e il controllo dell’irraggiamento solare.
Il Deep Retrofitting di Vittor Pisani 19
Una facciata scultorea, disegnata per creare giochi di trasparenze e per inondare di luce gli spazi interni, progettati da Lombardini22 per offrire massima flessibilità ed efficienza
VP19 è il progetto di rinnovo integrale di un edificio in via Vittor Pisani, asse monumentale che collega piazza della Repubblica con la Stazione Centrale di Milano. L’intervento di Deep Retrofitting è stato realizzato da L22 Urban & Building (Gruppo Lombardini22).
Costruito nel 1965 dal team MagnaghiTerzaghi, l’edificio aveva subito nel tempo diverse modifiche, tra cui l’aggiunta di un nuovo piano a destinazione residenziale caratterizzato da una terrazza verde in copertura.
Nel 2018 il palazzo viene acquisito da Dws Alternatives (Deutsche Bank) e destinato a uso terziario e commerciale. L’intervento ha previsto il rifacimento della facciata,
l’ottimizzazione degli ingressi e la creazione di spazi interni flessibili, adatti a diverse esigenze lavorative. Particolare attenzione è stata dedicata al verde, con nuove terrazze e un sistema di coperture in linea con il Pgt di Milano. L’edificio, di dieci piani fuori terra e due interrati, ospita uffici, locali commerciali, parcheggi e servizi condominiali. Il progetto strutturale e impiantistico è stato curato da Arup, con l’obiettivo di ottenere la certificazione Leed Platinum, garantendo massima efficienza e riduzione dei consumi. Il design dell’involucro è stato progettato con l’obiettivo di ottimizzare l’apporto di luce naturale negli ambienti, massimizzare la vista verso l’esterno e allo stesso tempo
migliorare le caratteristiche energetiche e di controllo dell’irraggiamento solare. In quest’ottica si inseriscono i vetri a tutta altezza in triplo vetro e gli elementi schermanti tridimensionali in Alucobond color bronzo che caratterizzano il prospetto principale, esposto a sud-est.
Le lame tridimensionali proteggono dai raggi solari e proiettano un’immagine grafica della facciata a montanti e traversi,
Il sistema di facciata strutturale a montanti e traversi è Schüco Fws 50 SG. I profili in alluminio bronzo spazzolato e anodizzato sono di Alucobond.
I partner di Lombardini22. Da sinistra Franco Guidi, Paolo Facchini, Marco Amosso, Elda Bianchi, Alessandro Adamo Roberto Cereda e Adolfo Suarez.
Nel complesso VP19 l’esigenza di comfort climatico individuale è stata risolta con il sistema idronico evoluto di Clivet, completo di tutti i componenti che negli impianti tradizionali vengono spesso forniti separatamente, con il vantaggio di ridurre i tempi di progettazione, i costi di installazione e gli ingombri. Al centro del sistema, 22 unità a tutt’aria esterna Zephir3, con recupero dell’energia contenuta nell’aria espulsa e filtri elettronici che purificano l’aria in entrata. In quanto unità autonome, permettono di eliminare l’impiantistica necessaria per il trasferimento dei fluidi vettore utilizzati in un sistema tradizionale con Uta. L’acqua calda o refrigerata centralizzata è fornita da due pompe di calore multifunzione acqua-acqua ElfoEnergy e da due pdp aria-acqua Spinchiller polivalente e reversibile, che alimentano le unità terminali a travi fredde. Il sistema adottato assicura un risparmio energetico globale di oltre il 30% nel ciclo di funzionamento annuale, abbatte del 35% le emissioni indirette (considerando la CO2 equivalente generata dalla produzione di energia elettrica) ed elimina completamente le emissioni dirette di CO2 www.clivet.com CLIVET
con moduli vetrati di 1,85 x 3,5 metri che riprendono la scansione regolare dei serramenti esistenti, rimarcando il posizionamento dei pilastri che sostengono il portico. Tutte le superfici trasparenti sono realizzate secondo i più elevati standard, con vetrocamera extrachiaro selettivo ad alte prestazioni termiche. Le palpebre color bronzo nelle ore serali animano in maniera quasi grafica il prospetto grazie a un sistema di illuminazione integrato nel bordo esterno dei profili. Composto da strip led, il sistema può essere gestito singolarmente sia come accensione sia come intensità, a creare potenzialmente infinite configurazioni di illuminazione notturna. La hall d’ingresso a doppia altezza, con pareti
controsoffitto metallico con sistema a bandraster fascia di compensazione trave fredda
di verde verticale e un ledwall scenografico, accoglie i visitatori in un ambiente elegante e luminoso. Il progetto ha eliminato i dislivelli esistenti per migliorare la connessione visiva tra l’ingresso e la corte interna di 240 mq, che da parcheggio è stata trasformata in un padiglione vetrato per incontri e relax. Le terrazze del quinto e dell’ottavo piano offrono spazi verdi per momenti di socialità. Gli uffici, progettati da Degw, brand del Gruppo Lombardini22, sono pensati per offrire massima flessibilità ed efficienza, con soluzioni che privilegiano il comfort acustico, visivo e luminoso. Completato nel 2024, VP19 si inserisce armoniosamente nel contesto urbano combinando design e qualtà ambientale ■
CREDITI
Località Milano
Committente Dws Alternatives Investments
Progetto architettonico Lombardini22
Ingegneria Arup Italia
Illuminazione Erco, iGuzzini
Pavimentazione Florim
Facciata Gualini
Profili facciata Schüco Italia
Vetri facciata Agc
Lame tridimensionali facciata Alucobond
Verde Vezzali - Living Green - Verde Profilo
Porte DormaKaba
Climatizzazione Clivet
Superficie 10.000 mq
Cronologia 2020-2024
Foto Andrea Martiradonna
PROSPETTO SU VIA PISANI
PIANTA PIANO TIPO
PIANTA DEI CONTROSOFFITTI PIANO TIPO
DORMAKABA Il terrazzo all’ottavo piano che affaccia verso piazza della Repubblica.
dormakaba offre sistemi di controllo accessi integrati e connessi e soluzioni per proteggere e gestire in modo efficiente il lavoro e il flusso delle persone.
In Vittor Pisani 19 dormakaba ha installato soluzioni di accesso innovative per garantire funzionalità, sicurezza ed eleganza alll’edificio.
All’ingresso principale è la porta girevole KTV ad assicurare un’accoglienza luminosa ed elegante, evitando dispersioni termiche e correnti d’aria, migliorando così il comfort degli ambienti interni. Per gli ingressi ai punti vendita al piano terra, la porta automatica ST Flex Secure offre la massima trasparenza e sicurezza: una porta automatica che, oltre a dare continuità estetica con le vetrine, elimina
la necessità di serrande grazie alla sua resistenza all’effrazione.
Allo sbarco ascensori poi, la porta automatica ST Flex permette un controllo intelligente degli accessi ai vari piani, adattandosi alle esigenze degli utenti. Infine, con l’azionamento CS80 Magneo, le porte delle toilette sono diventate automatiche e accessibili, offrendo un’esperienza più comoda, igienica e inclusiva per tutti.
Per questo progetto, dormakaba ha coniugato design e innovazione per un ambiente lavorativo contemporaneo e funzionale.
www.dormakaba.it
La hall d’ingresso a doppia altezza, con pareti in verde verticale e un ledwall scenografico, accoglie i visitatori in un ambiente ampio e luminoso.
Progetto CMR + Lombardini22
Il complesso per uffici
The Sign, nel quadrante sud-ovest di Milano, è il progetto di rigenerazione urbana promosso da Covivio.
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Disegno architettonico di Progetto Cmr. Sulla grande piazza centrale la nuova sede de L’Oréal progetto di interni di Degw/Lombardini22.
The Sign quattro edifici, due piazze e la nuova sede di L’Oréal Italia
Il masterplan e l’architettura di Progetto Cmr trasformano un’ex-area industriale in un nuovo business district. Tra le multinazionali insediate a The Sign anche L’Oréal Italia che ha affidato lo space planning e il progetto di interni a Degw, società del gruppo Lombardini22
Sviluppata da Covivio, la trasformazione dell’ex area industriale un tempo occupata dalla fonderia Vedani, nel quadrante sud-ovest di Milano, ha dato vita al nuovo complesso per uffici The Sign , così chiamato per il segno luminoso che come una linea tracciata nelle tre dimensioni percorre a terra le piazze interne e riappare nelle porzioni vetrate del curtain wall che riveste gli edifici: un unico semplice gesto che ricuce l’intervento con il contesto e lo rende riconoscibile.
Come il resto del complesso, anche l’architettura e la direzione artistica dei lavori della sede di L’Oréal Italia è firmata da Progetto Cmr secondo un metodo progettuale che Massimo Roj definisce
‘InsideOut’, dall’interno verso l’esterno: costruire paesaggi urbani polifunzionali e ricchi di verde per promuovere il benessere e la salute delle persone che abitano gli uffici. Concetto testimoniato dalla certificazione BiodiverCity, che incoraggia pratiche volte a favorire la diversità biologica, come gli spazi esterni, il boschetto di betulle e il laghetto pensati come habitat di farfalle, api, rane e ricci.
Dal punto di vista architettonico la nuova sede di L’Oréal presenta una facciata continua con un’alternanza vetro-opaco, in cui la parte opaca è caratterizzata da elementi metallici dalla superficie cangiante. Ampie terrazze al quarto e all’ottavo piano offrono una vista
L’involucro architettonico si distingue per il design contemporaneo caratterizzato da uno sfalsamento tra i piani e da una cellula a davanzale ad alte prestazioni.
The Sign_L’Oreal
Massimo Roj. Progetto Cmr
Con un portfolio di oltre 4mila progetti, la società di progettazione integrata
Progetto Cmr ha dimostrato nei suoi oltre trent’anni di attività la capacità di spaziare dai masterplan agli uffici, dagli ospedali agli impianti sportivi fino all’industrial design. Nel ritratto, Massimo Roj, socio fondatore e amministratore delegato della società. www.progettocmr.com
Con oltre 600 postazioni operative e più di 1200 sedute distribuite tra le aree di supporto il nuovo headquarter
L’Oréal garantisce un ambiente di lavoro versatile, dove la tecnologia diventa un facilitatore della connessione e della produttività.
panoramica sul centro della città e sulle due piazze del complesso, connesse dall’ampio varco alla base dell’immobile che con un controsoffitto metallico specchiante riflette il segno di luce a terra.
Innovative soluzioni impiantistiche e un impianto fotovoltaico hanno permesso di conseguire efficienza energetica e comfort al di sopra dei requisiti normativi, così da ottenere la premialità prevista dal ‘decreto rinnovabili’: la climatizzazione avviene tramite soffitti radianti, mentre il ricambio d’aria è gestito da unità di trattamento ad alta efficienza.
L’efficienza della connettività digitale e
dell’infrastruttura tecnologica interna sono testimoniate dalla WiredScore Certification Platinum conseguita. Sistemi di gestione intelligente degli spazi e dispositivi che monitorano e ottimizzano l’uso delle risorse energetiche contribuiscono a migliorare la qualità del tempo trascorso in ufficio. Il sistema Bms consente la gestione integrata di tutte le funzioni tecnologiche, inclusi controllo accessi, sicurezza, rilevazione incendi, illuminazione e climatizzazione. Tutte le informazioni relative ai vari sottosistemi sono visionabili da una postazione di supervisione nella control room dell’edificio.
Firmato da Degw, la business unit del Gruppo Lombardini22 specializzata nella consulenza e progettazione degli spazi ufficio, il progetto degli interni di L’Oréal Italia ha preso avvio con l’analisi delle modalità di utilizzo degli spazi nella sede precedente e con workshop dedicati che hanno coinvolto team interni e rappresentanti dei diversi gruppi di lavoro dell’azienda.
600, senza uffici dedicati, le postazioni operative manflex e 1.200 la sedute distribuite tra le aree di supporto di ambienti luminosi, articolati in open space che favoriscono la collaborazione
SEZIONE
Dal punto di vista architettonico la nuova sede italiana di L’Oréal presenta una facciata continua con un’alternanza vetroopaco in cui la parte opaca è caratterizzata da elementi metallici dalla superficie cangiante. A destra, il controsoffitto metallico del varco di accesso riflette il segno di luce che corre a terra.
Metra Building è tra i principali player nella produzione di sistemi integrati in alluminio per l’architettura, sinonimo di innovazione tecnologica, qualità progettuale e sostenibilità. Grazie a un knowhow industriale avanzato e a una filiera produttiva verticalizzata, l’azienda sviluppa soluzioni ad alte prestazioni per involucri edilizi contemporanei, combinando efficienza energetica, precisione tecnica ed estetica minimale.
Nel progetto The Sign - L’Oréal, Metra Building ha fornito i sistemi in alluminio per le facciate, progettate per coniugare estetica, efficienza energetica e sostenibilità. I profili, realizzati su misura, accolgono moduli vetrati e pannelli opachi secondo una composizione ritmica, con cellule a davanzale e sfalsamenti tra i piani. Ciascun pannello, largo 135 cm, riflette la maglia funzionale dell’edificio e segue una logica inside-out, dove la distribuzione delle
aperture regola luce e comfort interno. L’alternanza tra superfici trasparenti e schermate genera un effetto dinamico che si trasforma con il variare della luce naturale, mentre le finiture metalliche cangianti evocano l’identità industriale del sito e dialogano con gli elementi dorati del complesso. Un disegno di facciata che, oltre alla funzione tecnica, diventa linguaggio architettonico in movimento. www.metrabuilding.com
METRA BUILDING
Foto Esperienza Drone, courtesy Metra Building
The Sign_L’Oreal
Lombardini22
Lombardini22 ha introdotto per primo un metodo multidisciplinare e multiautoriale, basato su un’attività di analisi e consulenza strategica pre-progetto. Oggi il gruppo è specializzato nei settori Office, Retail, Urban, Living, Hospitality, Education, Data Center, Fair. Nella foto da sinistra: Franco Guidi, Paolo Facchini, Marco Amosso, Elda Bianchi, Alessandro Adamo, Roberto Cereda, Adolfo Suarez. www.lombardini22.com
e la condivisione. L’adozione di layout dinamici, come open desk tradizionali e open desk round, e la presenza di aree di co-working, danno vita a una varietà di configurazioni adattabili alle esigenze operative. Completano l’ecosistema spaziale sale meeting modulari, con pareti riconfigurabili, e aree espositive dei prodotti.
L’approccio del progetto è paperless, con una sola sala copy per piano. Locker personali per ogni dipendente favoriscono una gestione efficiente degli spazi e una riduzione degli sprechi.
Il design degli interni, elegante e caldo, presenta varietà visiva alternando materiali, forme e colori rappresentativi dei valori aziendali – il verde per la sostenibilità, il rosa per i prodotti di bellezza, l’azzurro per la divisione farmaceutica.
Aree break tematiche, una per piano, riflettono l’essenza delle diverse divisioni, mentre in corrispondenza con la terrazza del quarto piano il ristorante aziendale, progettato con un concetto di free flow a isole, presenta aree dedicate a pasti veloci e zone pensate per momenti di pausa più lunghi.
All’ottavo piano, La Terrazza L’Oréal, con la caffetteria, un luogo ideale per incontri informali e meeting con clienti e partner ■
Cardex ha affiancato Lombardini22 nella selezione delle soluzioni informali d’arredo per gli ambienti della nuova sede L’Oréal.
PLANIMETRIA PIANO TERRA
PLANIMETRIA PIANO TIPO
Tra gli elementi distintivi del progetto, i tavoli organici: superfici condivise dalle forme rotonde o esagonali che spezzano il ritmo regolare dei bench a sei posti, introducendo varietà e fluidità visiva.
Realizzati da Estel per ospitare fino a otto persone, al centro accolgono elementi vegetali, integrando i principi della biofilia e contribuendo a creare un ambiente più rilassante e naturale.
Estel ha affiancato il team di Lombardini22 nella realizzazione degli arredi della nuova sede L’Oréal, contribuendo con soluzioni pensate per favorire la fluidità degli spazi e la relazione tra le persone, grazie all’uso di materiali caldi, colori morbidi e arredi che si adattano alla morfologia di ogni area. Una palette cromatica nei toni del rosa, verde e blu definisce l’identità degli ambienti, declinata con coerenza nei pannelli fonoassorbenti e in oltre mille lockers personalizzati, realizzati con laccatura super matt. I lockers sono dotati di tecnologia avanzata per l’apertura con badge e sistemi di prenotazione, integrando estetica e innovazione. Le sale riunioni sono arredate con tavoli P045 dalle geometrie diverse che introducono varietà e dinamismo. Le postazioni operative includono tavoli sit-stand Evo HP. Tra gli elementi distintivi del progetto, i tavoli organici: superfici condivise dalle forme rotonde o esagonali che spezzano il ritmo regolare dei bench a sei posti, introducendo varietà e fluidità visiva. Pensati per ospitare fino a otto persone, favoriscono sia il lavoro collaborativo che quello individuale, offrendo massima flessibilità d’uso. Al centro sono disposti elementi vegetali che, integrando i principi della biofilia, contribuiscono a creare un ambiente più rilassante e naturale. Nel cuore delle aree operative, gli elementi contenitori svolgono una doppia funzione: offrono spazio per l’archiviazione e diventano al tempo stesso supporti per l’inserimento di vegetazione. Posizionati strategicamente tra le postazioni, contribuiscono a definire i percorsi, migliorano l’acustica e introducono una presenza naturale che dona equilibrio e benessere visivo agli ambienti di lavoro.
Infine, l’ufficio del Ceo è arredato con un tavolo riunione P016: piano ovale color corda, gambe in alluminio estruso verniciate porpora. www.estel.com
The Sign_L’Oreal
Per la sede L’Oréal, il progetto del verde è stato sviluppato da HW Style in piena sintonia con i requisiti delle certificazioni del building, contribuendo alla qualità ambientale e al benessere degli utenti. All’interno, il verde è stato integrato negli arredi: librerie, vasche, lockers e pareti divisorie, e rafforzato con elementi free-standing come vasi da terra e inserti di verde cascante a soffitto. Le piante scelte, tra cui Monstera, Aglaonema, Strelitzia, Kentia, Dracaena, Philodendron, Sansevieria, Zamioculcas, Pothos e altre specie tropicali, sono state selezionate per le loro forme espressive, la texture del fogliame e la capacità di adattarsi agli ambienti indoor. Anche gli spazi esterni, come la terrazza, sono stati progettati per offrire momenti di relax e socialità, con allestimenti che trasformano l’outdoor in veri e propri salotti verdi, in continuità con il progetto degli interni. www.hw-style.it
THE SIGN
Committente e project manager Covivio
Progetto architettonico e direzione artistica dei lavori
Progetto Cmr
Progettazione integrata esecutiva e costruttiva Sce Project
Progetto impianti Tekser
Profetto facciate Isa
Direzione lavori Siis; B Cube (strutture); Studio Rigone
Facciate Metra Building
Vetri Agc
Superficie dell’area 27.100 mq
Superficie lorda edificata 33.195 mq
General contractor Ati. Costruzioni Generali Gilardi e Elettromeccanica Galli
Foto Andrea Martiradonna
Committente L’Oréal Italia
Space planning e progetto di interni Degw, Lombardini22
Pavimenti Interface, Liuni, Marazzi
Arredi ufficio, postazioni operative e lockers Estel Group
Selezione e fornitura arredi informali Cardex
Arredi Corradi, Sedus, Pedrali
Verde HW Style
Superficie 10.000 mq
L’ORÉAL ITALIA
HW STYLE
Le sedute, le poltrone e i tavoli che arredano la nuova sede di L’Oréal sono di Pedrali, azienda che si distingue per la ricerca rigorosa e attenta della propria gamma di prodotti dal disegno industriale funzionali e versatili, in metallo, materiale plastico, legno e imbottito, anche in combinazione tra loro. Nella foto a sinistra, le poltrone Malmö di CMP Design con scocca imbottita, struttura e braccioli in massello di frassino sono accanto ai tavolini Stylus Nella foto in alto a sinistra, le poltrone lounge Ila di Patrick Jouin. Spazio anche alle sedute Héra in frassino o noce americano, dallo schienale in multistrato curvato tridimensionale.
www.pedrali.it
Luminosa e rilassante la zona ristorante. Tavoli e sedie lounge Blume di Pedrali, design Sebastian Herkner, con profilo a forma di fiore in estruso di alluminio e imbottitura in schiumato poliuretanico.
Gli accoglienti divani Reva Twist di Patrick Jouin, in diversi colori per la cafetteria della Terrazza L’Oréal.
PEDRALI
Al centro del layout l’ingresso coincide con lo sbarco ascensori. L’intero 12° piano caratterizzato da un sistema sospeso di wayfinding, è simmetricamente diviso in open space e ambienti chiusi da partizioni vetrate. Foto Matteo Cirenei.
Consulenza legale immobiliare dall’alto della Velasca
Per la sua nuova sede SI - Studio Inzaghi sceglie un intero piano dell’iconico grattacielo milanese recentemente riqualificato e lo studio 967arch per il progetto di interni
“Ritirata italiana dall’architettura moderna” (Reyner Banham) o “grattacielo milanese che rifiuta la standardizzazione dell’International Style” (Stefano Boeri)? Pur divisiva nei giudizi, con i suoi 28 piani la Torre Velasca dei Bbpr incarna lo spirito della ricostruzione e una modernità ancora oggi attuale, sia nel programma mixed-use di uffici e residenze sia nelle dotazioni tecnologiche, all’avanguardia per l’epoca. Tutelato e riqualificato nell’involucro e negli interni dallo studio di Paolo Asti, l’edificio, oggi di proprietà di Hines, per il quale il termine ‘iconico’ per una volta non suona esagerato, è tornato sul mercato. Un’occasione imperdibile per l’avvocato Guido Alberto Inzaghi, che ha scelto il dodicesimo
piano come sede del nuovo studio legale specializzato in urbanistica e real estate che guida insieme a due socie.
Curato da 967arch, il progetto di interni si confronta con umiltà e sensibilità con l’eredità storica dell’edificio e bilancia efficacemente funzionalità, rappresentatività, identità visiva e rispetto dei vincoli architettonici. Dei materiali del progetto originario, lo studio guidato da Stefano Maestri e Cesare Chichi valorizza maggiormente quelli intangibili: la luce e l’affaccio unico sul Duomo e sul centro storico di Milano.
Il progetto trasforma i vincoli monumentali – come l’impossibilità di intervenire su controsoffitti, imbotti e finestre – in
opportunità, privilegiando soluzioni leggere e non invasive che valorizzano gli spazi senza comprometterne l’integrità storica. Distribuiti sulla superficie dell’intero piano, circa 780 metri quadrati, gli spazi di lavoro sono organizzati in uffici privati, open space e aree di condivisione, secondo l’esigenza di creare un ambiente che favorisca la collaborazione tra avvocati di diversa seniority, garantendo al contempo ambienti riservati per le attività individuali. Disposti su uno dei lati longitudinali del piano, gli uffici dei soci e dei partner sono chiusi da pareti vetrate che garantiscono massima luminosità, mantengono continuità visiva con l’intero ambiente e migliorano la percezione di ampiezza dello spazio.
967arch
Fondato 25 anni fa a Milano da Cesare Chichi e Stefano Maestri, 967arch si avvale della competenza di architetti e designer per sviluppare progetti alle diverse scale nei settori terziario, industriale, residenziale e ricettivo, conservando un approccio da ‘bottega creativa’. Le proposte di 967arch, caratterizzate da semplicità, sobrietà e sottile ironia si basano su una matrice narrativa intesa come supporto logico a ogni scelta stilistica e di identità. Lo studio ha realizzato edifici e spazi di lavoro per aziende come Accenture, Google, Petronas, Campari, Ferrero, Cisco, WPP, Amplifon, Fc Internazionale e Loro Piana. Collabora inoltre con marchi dell’arredo e della luce e opera in qualità di direttore creativo per Fim Umbrellas, Coro Italia e il contract di Mdf Italia. www.967arch.it
Partizioni vetrate a doppio vetro di VetroIn. Per le porte degli uffici le maniglie Blend di Dnd, design 967arch in finitura nero.
In alto.
Il verde, realizzato da HW Style, accompagna l’ingresso e le zone d’attesa con una presenza discreta che definisce lo spazio ammorbidisce le geometrie e genera un senso diffuso di ordine, benessere e accoglienza. Foto Matteo Cirenei.
In posizione invidiabile, con doppio affaccio e vista diretta sul Duomo, l’ufficio d’angolo del managing partner. Il lato nord-ovest, organizzato in più postazioni da 6/8 posti ciascuna, è destinato ai collaboratori. Il layout prevede inoltre, disposte sui lati corti, organizzate con arredi flessibili come tavoli all’occorrenza richiudibili, quattro sale meeting, oltre a una sala break arredata con tavoli e sgabelli bianchi.
I bagni sono stati mantenuti nella configurazione originale, aggiornando
solo gli oggetti di utilizzo frequente per armonizzarli con l’estetica storica.
I colori blu e oro dell’identità visiva di SI - Studio Inzaghi ricorrono nei materiali e nelle decorazioni discrete, che convivono con la storicità della Torre Velasca e delle finiture interne, conservate in quanto parte integrante del progetto di riqualificazione dell’edificio. In particolare, le imbotti delle aperture che conducono all’open space si ispirano a quelle degli ascensori, ridisegnate con coerenza stilistica rispetto all’architettura della torre.
Caratteristica la segnaletica interna, realizzata in tubolare dorato che corre lungo i soffitti creando un legame visivo tra funzione e design, e la grafica in ottone posta sulle pareti.
Il comfort dell’ambiente è dato da pannelli fonoassorbenti di Arper – forniti, come il resto degli arredi, da Cardex – integrati nell’open space e nelle sale riunioni, e dal progetto illuminotecnico, con corpi illuminanti di Nemo scelti per accenti decorativi in corridoi, aree break e ingressi e luci tecniche di Zumtobel per le zone operative ■
General contractor di SI - Studio Inzaghi è stata Biesse, l’azienda guidata dall’architetto Alberto Savarola specializzata in office e retail fit-out, che qui ha curato tutti gli aspetti esecutivi e costruttivi del progetto, dal civile all’elettrico e meccanico fino all’originale sistema di wayfinding sospeso, eseguito nascondendo tutti gli ancoraggi a controsoffitto e a parete.
Con un’operatività di tre mesi, malgrado le difficoltà logistiche legate al contestuale rifacimento della piazza pubblica e al fatto di operare in un edificio di pregio e abitato, il team tecnico di Biesse ha trasformato in realtà il progetto sviluppato da 967arch. I vincoli di tutela legati alla storicità dell’edificio sono stati trasformati in opportunità, specie con la cura dei dettagli, per stabilire un dialogo con il carattere della Velasca e tra gli spazi dell’ufficio e le parti comuni del palazzo.
Per l’impiantistica, dato il vincolo esteso anche al pavimento, da preservare nella sua originalità, Biesse ha fatto ricorso ai carter dei fancoil dove, oltre all’aria della climatizzazione, corrono i cavi corrugati delle linee elettriche e dati. Interventi importanti hanno riguardato i controsoffitti, sia per l’adeguamento dei sensori al sistema di Bms centrale sia per uniformare – con velette nell’open space – le diverse altezze che gli ambienti presentavano.
Attiva dal 1992, Biesse presenta un portfolio di interventi di pregio, specie a Milano, come la sede di Statkraft in Foro Buonaparte 60, gli uffici Pomellato in via Solferino e Wellio Duomo. www.biessesrl.it
Le partizioni vetrate di SI - Studio Inzaghi sono state realizzate e installate da VetroIn. Alti 240 cm, i profili minimali di alluminio in finitura bronzo anodizzato reggono un doppio vetro di 74x40 mm la cui camera d’aria fornisce un eccellente abbattimento acustico di 41 dB, adeguato all’esigenza di riservatezza dello studio legale. In doppio vetro anche le porte sulle quali sono state montate maniglie Blend di Dnd, design 967arch.
Fondata nel 2005, l’azienda di Castelmella (Brescia), dove si trovano uffici e produzione, opera su tutto il territorio nazionale e, attraverso maestranze locali, anche all’estero. www.vetroin.it
VETROIN
BIESSE
PIANTA E LAYOUT
SI - Studio Inzaghi
OMNITEX
Particolarmente rilevante l’intervento di Omnitex, azienda con oltre 40 anni di esperienza nel settore delle schermature solari, che ha selezionato e fornito soluzioni personalizzate per il controllo della luce naturale, utilizzando le tende manuali RulCat001 abbinate ai tessuti Screen 3000 e Santiago. Per rispondere a una maggior esigenza di oscuramento, in alcune zone la tenda è stata abbinata al tessuto filtrante Screen 3000, con un open factor del 3%. Questa combinazione consente di ottenere una protezione adeguata alla luce diretta con un’illuminazione diffusa e confortevole, creando un ambiente di lavoro accogliente, funzionale e in linea con le necessità moderne.
www.omnitex.it
Cardex è una società che opera da più di 25 anni nel campo del contract di arredo per gli spazi del lavoro. È una realtà dinamica e originale nella quale la contaminazione di idee, esperienze e persone ha generato un nuovo modo di progettare e vivere gli spazi, secondo i nuovi paradigmi del comfort e della sostenibilità. Con un pull di brand partner, leader nel campo dell’interior design e del contract, affianca studi di architettura e ingegneria e aziende per offrire in qualsiasi fase della progettazione una consulenza e pianificazione specifica, con soluzioni d’arredo per l’office, l’hospitality e l’outdoor. www.cardex.it
Località Milano
Committente SI - Studio Inzaghi
Progetto di interni 967arch
Stefano Maestri e Cesare Chichi
General contractor Biesse
Partizioni vetrate Vetro In Tende Omnitex
Fornitore arredi ed elementi acustici Cardex
Corpi illuminanti Zumtobel, Nemo
Maniglie Dnd
Verde HW Style
Superficie 850 mq
Dall’alto, la sala break e una sala riunioni. A destra, l’ufficio dell’avvocato Inzaghi.
CREDITI
CARDEX
Una conversazione con Guido Alberto Inzaghi, avvocato specializzato in materia di real estate
CONSULENZA LEGALE ALL’OMBRA
DELLA MADONNINA
Con un’esperienza trentennale nella consulenza immobiliare per il real estate, nel 2024 Guido Alberto Inzaghi fonda lo studio che porta il suo nome e come sede sceglie l’edificio più iconico di Milano. In questa conversazione ci spiega perché.
Voleva proprio stupire i clienti, avvocato?
Non nego che nella scelta della Velasca vi siano ragioni di rappresentanza, soprattutto per la clientela di SI - Studio Inzaghi, una clientela prevalentemente internazionale e istituzionale, ma di questo luogo mi piace soprattutto la luce e le viste sulla città. Quando volgo lo sguardo, dalla mia scrivania vedo le guglie del Duomo e la Madonnina.
Non sono molti gli studi legali italiani che possono contare su una clientela internazionale e istituzionale. Come ha maturato questa espe-
rienza, o forse dovrei dire abilità?
Forse tutto nasce dal mio spirito pratico. Da giovane mi piacevano gli studi umanistici ma non l’idea di finire a insegnare in qualche liceo, quindi scelsi giurisprudenza. Ero innamorato di diritto amministrativo ma non volevo aspettare troppo per iniziare la professione. E quando entrai nel primo studio [Achille Lineo Colombo Clerici, ndr ] mi accorsi che in Italia mancava qualcosa. Molto banalmente, la conoscenza della lingua inglese, che avevo studiato bene. Che fosse indispensabile divenne chiaro nel 2000, quando entrai in Carnelutti. Due anni dopo lo studio si fuse con McDermott Will & Emery e da Chicago cominciarono ad arrivare gli investitori internazionali. Tra loro Jerry Hines.
Il promotore dello sviluppo di Porta Nuova con Riccardo Catella
Proprio lui. Porta Nuova era un’idea accarezzata da molti ma nessuno era riuscito a concretizzarla perché sull’area insistevano 54 diversi proprietari ed era impossibile accordarsi con tutti. Quando gli proposi la mia soluzione Hines non ci credeva, ma l’idea di ottenere l’approvazione di un piano attuativo, che avrebbe trasformato l’operazione in un progetto di pubblica utilità, si rivelò vincente. Naturalmente quel successo fece notizia, l’Italia appariva finalmente accessibile anche agli investitori internazionali che la burocrazia e le incertezze giuridiche fino a quel momento avevano tenuto lontani.
Un successo per il Paese, per Milano e anche per la sua carriera
Sì certo, anche nelle difficoltà. Era il 2008, l’anno di Lehman Brothers e della crisi finanziaria quando entrai in DLA Piper. Era forse il più grande studio del mondo e io ne ero partner, respon-
sabile prima per il diritto urbanistico e in seguito per tutto il real estate. Ci rimango con soddisfazione fino al 2017, quando decido di creare un dipartimento di real-estate indipendente, vale a dire autonomo, non incardinato in uno studio legale multipractice sul modello delle grandi lawfirm. Dopo una fortunata parentesi con Antonio Belvedere (lo Studio si è chiamato BIP – Belvedere Inzaghi & Partners), apro in Torre Velasca SI – Studio Inzaghi assieme alle socie Ivana Magistrelli e Silvia Gnocco, 4 partner (Carolina Romanelli, Paolo Marensi, Tommaso Fiorentino, Gabriele Paladini), 28 professionisti e 5 dipendenti. Lo Studio in particolare opera nella contrattualistica, nel fiscale e nel diritto urbanistico. Impossibile per me concludere questa conversazione senza chiederle un parere sull’attuale situazione dell’urbanistica milanese
Al contrario di quanto pensa la Procura (il cosiddetto ‘rito ambrosiano’ è perfettamente legittimo), secondo me non mancano tanto i piani attuativi quanto una reale e chiara interlocuzione con la cittadinanza cui era negata la conoscenza e la partecipazione alle scelte della trasformazione urbana. È ovvio che il ricorso alla segnalazione di inizio attività è legato soprattutto ai tempi: allo stato attuale l’iter per arrivare all’approvazione di un piano attuativo dura tre anni, un tempo troppo lungo per considerare sicuro l’investimento, specialmente se non c’è visibilità sulle scelte pubbliche nel medio termine. Ma ormai per uscire dall’impasse vedo solo una strada: riscrivere il Pgt e rendere il piano attuativo obbligatorio per gli interventi più rilevanti. Solo che gli uffici devono essere profondamente riorganizzati per renderlo più veloce.
di Antonio Morlacchi
Foto Matteo Cirenei
In alto, il prospetto su via Veneto. Rispettando il progetto originale, l’intervento di Scandurra rende l’edificio più aperto alla città, a partire
dal luminoso ingresso. Realizzate su disegno di Alessandro Scandurra, le lampade a parete Roma di Panzeri richiamano la purezza delle colonne
doriche. Un progetto dalla forte espressività che crea un ponte tra età classica e mondo contemporaneo. Foto Filippo Romano.
Tra storia e innovazione Deloitte e Amazon
nell’ex-sede INA di via Veneto
Partendo dai disegni originali di Carlo Broggi risalenti agli anni Venti, Scandurra Studio riqualifica uno dei primi esempi italiani di edificio interamente destinato a uffici. Medesima la funzione, nuova l’esperienza dello spazio e il rapporto con la città
La riqualificazione dell’ex Palazzo dell’Istituto Nazionale delle Assicurazioni di via Veneto, progettato da Carlo Broggi negli anni Venti, è il risultato di un intervento che combina memoria ed evoluzione, ridisegnando spazi e funzionalità per rispondere alle esigenze del lavoro contemporaneo. Il progetto di Scandurra Studio Architettura ha preso ispirazione dai disegni originali di Carlo Broggi, adattandoli alle necessità delle moderne dinamiche del lavoro. Su incarico di Ardian, l’edificio è ora occupato dalle sedi italiane di Deloitte e di Amazon grazie a una riorganizzazione degli spazi interni che lo ha reso altresì più aperto e permeabile. Una corte centrale coperta e una lobby trasparente creano un dialogo
costante tra interno ed esterno. La doppia anima, storica e contemporanea, degli spazi è evidente nella scelta di riorganizzare i flussi, valorizzando gli ampi accessi monumentali e le connessioni verticali per distribuire gli utenti e le rispettive attività in modo ottimale all’interno di un volume di circa 19.000 metri quadrati. Dai due fronti urbani, posti su quote differenti, flussi e attraversamenti si raccordano ai primi livelli, interrato, piano terra e ammezzato, grazie a un sistema di collegamento distribuito lungo e ai lati della corte centrale – uno spazio di circa 200 mq – dell’impianto originario. Questa razionalizzazione assegna nuova centralità al corpo scala, evidenziandone
il carattere monumentale, mentre per altri collegamenti verticali si è scelto di operare con piccoli interventi puntuali dal gusto più contemporaneo, con elementi decorativi e illuminazione custom.
Negli spazi di lavoro e di rappresentanza, la luce naturale è massimizzata grazie a un’attenta disposizione degli ambienti, integrando l’impianto strutturale in uno spazio articolato e flessibile con configurazioni molteplici: da sale riunioni
Coperta da un lucernario la corte interna è diventata una lobby luminosa. Foto Scandurra Studio e (a destra) Stefano Anzini.
SSA-Scandurra Studio Architettura
Fondato da Alessandro Scandurra nel 2001, lo studio, con sedi a Milano e Torino, opera a livello globale (dal 2024 anche nei Paesi Baltici) in architettura, pianificazione urbana e design di prodotto con un team multidisciplinare di più di 60 professionisti. La ricerca parte dall’esperienza della scenografia e delle installazioni per poi confluire nella progettazione, dall’architettura agli interni al design. Direttore artistico per aziende di design italiane, Alessandro Scandurra (1968) è stato direttore scientifico della fondazione Portaluppi e curatore per il Palladio Museum di Vicenza. Per il suo lavoro ha ricevuto diverse nomine e menzioni
(Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana, Eu Mies Award, Compasso d’Oro). Da anni svolge attività di docente in scuole di architettura e università. Attualmente è visiting professor all’università di Mendrisio. www.scandurrastudio.com
CREDITI
Località Roma
Committente Ardian
Progetto architettonico Scandurra Studio
Project management Perelli Consulting
Direzione Lavori Artelia
Coordinamento urbanistico Studio Tamburini
Progetto illuminotecnico Silvia Perego
Rivestimenti Axalta
Serramenti Secco Sistemi
Pavimento flottante Liuni
Rivestimenti interni Alpi
Illuminazione interna ed esterna Panzeri
Illuminazione interna Flos, Cini&Nils, 3F Filippi
Ascensori Schindler
GBA 20.715 mq
SUL 19.716 mq
Proposta
ristrutturazione
PIANTA PIANO TERRA
Accanto, i serramenti impiegati nel progetto sono di Secco Sistemi. Si tratta dei sistemi a bilico Ebe a taglio termico, con profondità 85 mm per vetri fino a 66 mm, qui nell’elegante finitura zincato verniciato.
Sotto, ambienti che ai primi livelli e all’interrato raccordano le differenti quote dei due fronti urbani.
Nella pagina di sinistra il corpo scale, che con l’intervento assume nuova centralità.
Anzini.
multifunzionali, ad ambienti open-space, a spazi più raccolti o ambienti più ampi per riunioni informali e creative. L’apporto esperienziale è evidenziato anche da un sistema di circolazione che incoraggia lo scambio di idee e gli incontri casuali, per arricchire l’ambiente lavorativo di socialità e condivisione, elementi che sono alla base dell’innovazione.
Proseguendo verso l’alto, il principio di arretramento progressivo dei fronti che caratterizza il progetto originale viene recuperato e rafforzato grazie a una serie di calibrate rimozioni e aggiunte volumetriche. Al centro c’è un’idea di architettura come spazio aperto e connesso con la città: la nuova lobby trasparente, sormontata da un lucernario che cattura la luce e la vita urbana, invita il pubblico a entrare in dialogo con l’interno.
L’edificio è stato progettato per ottenere le certificazioni Leed Gold e Breeam, confermando l’impegno verso l’ambiente e il benessere degli occupanti.
Naturalmente la ristrutturazione ha rispettato i vincoli imposti dalle Soprintendenze, restaurando gli elementi storici e garantendo un’armoniosa coesistenza tra il patrimonio architettonico e le esigenze di un moderno spazio di lavoro. Il progetto rappresenta un landmark nella trasformazione della zona di Via Veneto, promuovendo una visione più moderna e interconnessa del lavoro in un contesto storico e dinamico ■
Foto Stefano
Peter Pichler
buspio con CROSS
Un involucro plissettato che avvolge la corte
Aperto a nord e protetto sugli altri fronti da fitte lesene di alluminio, il progetto di Peter Pichler Architecture per la nuova sede di Bonfiglioli trasforma la copertura in una quinta facciata dotata anche di spazi esterni
Nonostante l’edificio si trovi fuori dalla città di Bologna e non sia soggetto ad alcun vincolo storico o urbanistico, il punto di partenza del progetto di Peter Pichler è stato la ripresa del tipo a corte, identificativo dell’immediato contesto edificato.
L’architetto dimostra una particolare attenzione al contesto, traendo ispirazione dalla geografia urbana locale e integrandola con una nuova dimensione funzionale, capace di mettere al centro il comfort e il benessere dei dipendenti. Il risultato è un’architettura di qualità, tutt’altro che marginale, in netto contrasto con quanto ci si potrebbe attendere in una zona produttiva di periferia.
L’edificio non solo riprende alcuni elementi
della tradizione formale, ma rappresenta anche un esempio virtuoso di sostenibilità e innovazione nel settore industriale. Organizzato attorno a una corte centrale che favorisce la ventilazione naturale, presenta una pianta libera e un tetto inclinato in risposta all’irraggiamento solare: un espediente che amplia la facciata nord e massimizza l’apporto di luce naturale indiretta negli ambienti di lavoro. Elemento distintivo è il suo involucro: sorta di esoscheletro in alluminio plissettato che avvolge l’edificio, proteggendo le vetrate e filtrando la luce solare, contribuendo così alla riduzione dei consumi energetici. Progettato secondo i criteri Nzeb (Nearly Zero Energy Building), l’edificio integra pannelli fotovoltaici, pompe di calore geotermiche
e soffitti radianti, raggiungendo elevate prestazioni energetiche e basse emissioni di carbonio.
Anche gli interni sono pensati per incentivare la collaborazione e la connessione tra i dipendenti. I vari piani sono collegati da due scale a chiocciola scultoree in acciaio, mentre al terzo livello un ponte sospeso attraversa il cortile interno, collegando i reparti e facilitando il flusso di lavoro. Particolare attenzione è posta al benessere delle persone, attraverso l’inserimento di spazi verdi e l’uso abbondante di luce naturale indiretta per migliorare la qualità dell’ambiente lavorativo. Il tetto inclinato culmina in sei terrazze, tutte orientate a sud, offrendo aree esterne fruibili da tutti ■
La forma stereometrica dell’edificio, collegato da una passerella coperta allo stabilimento produttivo ricorda il core business dell’azienda, che produce motoriduttori e inverter per una vasta gamma di applicazioni. Foto Gustav Willeit.
Ppa - Peter Pichler Architecture
Fondato nel 2015 a Milano da Peter Pichler (Bolzano, 1982) e Silvana Ondinas (Mallorca, 1987), lo studio si caratterizza per un approccio basato su sperimentazione, rispetto per l’ambiente e studio delle tradizioni culturali. Già Premio Giovane Talento dell’Architettura Italiana nel 2015, lo studio ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui due premi Inarchitettura (nel 2017 con l’Oberholz Mountain Hut e nel 2020 con l’hotel Schgaguler). Nel 2024 i Bonfiglioli Hq hanno vinto l’Architecture Masterprize nella categoria Industrial building www.peterpichler.eu
Con sette piani per 40 metri nel punto più alto, il nuovo edificio sviluppa una superficie utile di circa 5.500 metri quadrati.
La costruzione consiste in una struttura di carpenteria in acciaio, con colonne portanti esterne a sostegno degli impalcati, che compenetrano la facciata in ogni piano e garantiscono maggiore flessibilità.
Il processo di customizzazione spinta dei sistemi in alluminio Schüco – portato avanti a quattro mani da Pichler Project in qualità di serramentista e dal Custom Engineering di Schüco Italia – si è concentrato nello studio di una soluzione di facciata strutturale capace al contempo di isolare ciascun piano limitando i ponti termici caldo/ freddo e di assorbire i movimenti dell’edificio dovuti a dilatazione/compressione o alle sollecitazioni degli agenti atmosferici. 629 le ore di progettazione e laboratorio impiegate, sei i nuovi codici di componenti speciali fuori standard creati affinché le facciate in alluminio interagissero sinergicamente tra loro e con gli altri elementi strutturali dell’involucro, per realizzare il design unico e dotato di una quinta facciata immaginato da Ppa-Peter Pichler Architecture. Dopo un attento studio di fattibilità, si è optato per una soluzione mista – cosiddetta ‘a montanti e traversi sdoppiati’ – che vede l’integrazione del sistema in alluminio standard Schüco FWS 60 con il sistema Schüco FWS 60 SG (Structural Glazing) custom.
La soluzione prevede montanti laterali avvitati a traversi che sono stati appositamente modificati con una serie di occhielli, così da collegarli e fissarli ai montanti tramite viti; il montante
intermedio, sfalsato in maniera sistematica e speculare a ogni piano per dare più movimento alla facciata, viene anch’esso collegato ai traversi ‘sdoppiati’ sempre tramite viti. Il sistema con traversi sdoppiati prevede altresì appositi giunti di dilatazione che evitano il propagarsi di spostamenti o pressioni tra i diversi livelli e mantengono la linea di tenuta a ogni piano. Un accorgimento adottato per consentire ai sistemi custom di eseguire movimenti orizzontali di dilatazione fino a ± 5 mm per ogni piano, adattandosi a quelli della struttura portante in acciaio.
In questo modo, i sistemi in alluminio Schüco custom garantiscono un isolamento termico ottimale <1,2 W/m2K, una resistenza al carico del vento di 2 KN/m² e sono in grado di sostenere i vetri di grandi dimensioni che caratterizzano l’aspetto della facciata (fino a 2010 x 4050 mm e 465 kg di peso nella parte nord).
La configurazione Structural Glazing, infatti, permette la sigillatura davanti al vetro stesso, ideale per preservare la complanarità, l’uniformità estetica e la pulizia formale in facciate di grandi dimensioni come questa, dove l’effetto ‘tutto vetro’ accresce il valore dell’architettura. L’integrazione in facciata dei sistemi per finestre in alluminio Schüco AWS 114 SI a sporgere e Schüco AWS 75 BS garantisce ulteriore omogeneità.
Infine, la personalizzazione con finitura nero ossidato dei profili in alluminio Schüco, resistente e duratura nel tempo, contribuisce a rendere l’involucro ancora più elegante. www.schueco.com
Località Calderara di Reno
Committente Bonfiglioli Riduttori
Progetto architettonico Ppa-Peter Pichler Architecture
Progetto strutture e impianti Arup
Studio facciata Pichler Projects, Schüco Custom Engineering
Geze Italia ha contribuito al progetto con l’installazione di due sistemi per porte scorrevoli lineari della serie Slimdrive SL NT: soluzione che unisce design, prestazioni elevate ed efficienza energetica. Per la porta principale di ingresso è stato scelto un sistema dotato di profilo Iso; per quelle interne il profilo FL, una soluzione tutta vetro, fissata tramite un elegante sistema a pinza. L’adozione di entrambe le soluzioni ha permesso di creare un sistema a bussola che ottimizza l’accesso e garantisce un importante effetto di compartimentazione termica. Questo sistema separa gli spazi esterni da quelli interni, migliorando l’efficienza energetica dell’edificio e aiuta a ottimizzare il riscaldamento e il raffreddamento degli ambienti, riducendo i consumi energetici e contribuendo al comfort degli utenti. www.geze.it
In alto a sinistra, l’edificio visto dalla corte interna e, a destra le porte scorrevoli lineari dell’ingresso.
Sopra, la scultorea scala a spirale in acciaio e legno che collega il sesto e il settimo piano. Foto Gustav Willeit.
Gianluca Ficorilli
Lo
professionale occupa
studio
uno spazio di 180 mq al piede di una palazzina residenziale progettata a fine anni Cinquanta da Venturino Ventura.
Studio professionale in una palazzina romana degli anni Sessanta
Al piede di un edificio residenziale progettato da Venturino Ventura, il progetto di ristrutturazione rilegge la qualità spaziale originaria adeguandola agli standard energetici odierni e alle esigenze professionali del committente
Già l’anno successivo alla sua costruzione, questo splendido esempio di ‘palazzina romana’ riscosse l’attenzione di Bruno Zevi, che la pubblicò su Architettura Cronache e Storia. Completato negli anni Sessanta, l’edificio residenziale di cinque livelli di via Montanelli venne progettato da Venturino Ventura, architetto della borghesia romana del dopoguerra riscoperto solo di recente per il marcato carattere espressionista delle sue opere, caratterizzate da grandi balconi aggettanti cui qui si aggiungono vasche circolari in calcestruzzo a vista, con una forma a ombrello come la chioma del grande pino marittimo che affianca la costruzione. A dimostrazione del fatto che la ‘connessione tra architettura e natura’ tanto in voga oggi
era un elemento della buona architettura già negli anni Cinquanta (e ben prima). Lo studio professionale che occupa il piano terra della palazzina è stato oggetto di un attento intervento di ristrutturazione ad opera dell’architetto Gianluca Ficorilli. Il progetto ha guardato alla storia, con interventi conservativi di ordine filologico, e alla qualità degli ambienti, valorizzando l’organicità della pianta e migliorandone la luminosità e l’apertura verso l’esterno. Determinante lo sviluppo longitudinale dello studio, che con una sequenza regolare di finestre – nuove, con profili in alluminio color bronzo – si apre sul giardino in pendenza che lo ricollega alla strada. Lo spazio esterno corre sotto l’aggetto di 1,80 metri del balcone
Le forme curve dei solai (sotto, l’ingresso) conferiscono alla pianta una forma organica. A sinistra una vista della sala riunioni, che si affaccia sull’ingresso esterno attraverso una vetrata scorrevole Perfektion Slide (anche sopra). Foto courtesy Eku.
Gianluca Ficorilli
Gianluca Ficorilli
Architetto e ingegnere, Gianluca Ficorilli vive e lavora a Roma dove, oltre che di nuove costruzioni, si occupa prevalentemente di progettazione di interni, ristrutturazione e recupero edilizio. Ha partecipato a numerosi concorsi di progettazione nazionali e internazionali, e in passato è stato professore a contratto e docente e membro del comitato scientifico del Master di II livello “Housing: nuovi modi di abitare tra innovazione e trasformazione”, presso la facoltà di Architettura dell’Università Roma Tre.
1. ingresso / reception
2. segreteria
3. archivio / segreteria
4. sala riunioni
5. ufficio
6. bagno
7. angolo cottura
8. archivio / ripostiglio
A destra, l’ufficio direzionale si apre sul giardino con una finestra scorrevole. Da notare i vetri fissi che ‘staccano’ lo spazio dalla struttura in cemento a vista delle vasche/terrazze superiori.
superiore, la cui ‘chiglia’ di legno è stata recuperata smontando una ad una, per restaurarle, le doghe che la compongono. All’interno, conservato anche l’ingresso, caratterizzato da una piccola cupola, mentre la boiserie è stata ricostruita in conformità con l’originale. Il fatto che il legno coincida direttamente con i già minimali profili dei serramenti amplifica la percezione delle finestrature e della luminosità dell’insieme, accentuata anche dai vetri fissi che delimitano la porzione superiore delle murature, quasi staccandole dal resto dell’edificio.
La pianta organica è stata valorizzata anche da particolari curati nei dettagli, come
le porte curve che conducono alla sala riunioni e un battiscopa formato da strati successivi di compensato curvati e incollati per seguire con precisione le curvature delle pareti. Pavimenti in limestone chiaro contribuiscono alla luminosità degli ambienti e confermano la modernità del progetto originale.
La luce del resto è attributo essenziale degli ambienti: quella naturale favorita dalle nuove finestre – tutte Eku, inclusi due minimali scorrevoli Perfektion Slide – e quella artificiale, con sorgenti Zumtobel regolate da un sistema che ne varia l’intensità e la temperatura colore in funzione dell’apporto luminoso esterno e dell’ora del giorno ■
CREDITI
Località Roma
Progetto architettonico Gianluca Ficorilli
Interior design Home, Made Infissi Eku
Illuminazione Zumtobel
Superficie commerciale 210 mq
Cronologia gennaio/maggio 2024
Foto Andrea Angelucci
PIANTA DI PROGETTO
Lo sviluppo longitudinale offre un affaccio sul giardino a tutti gli uffici. Le finestre sono schermate da un sistema di tende a rullo interne. A destra, uno degli uffici d’angolo.
EKU
Per conseguire performance energetiche e di isolamento adeguate tutti i serramenti sono stati sostituiti con finestre e scorrevoli a taglio termico Eku Perfektion. La finitura color bronzo scelta è del tutto coerente con il progetto originario e all’interno si integra con la boiserie in legno scuro. Foto courtesy Eku.
I profili delle nuove finestre, dei due scorrevoli e dei vetri fissi dello studio professionale di Roma forniti da Home, Made sono stati realizzati con le serie Eku Perfektion Hps ed Eku Perfektion Slide in alluminio, con una finitura effetto bronzo, coerente con l’aspetto delle finestre originali. All’interno la sequenza di finestre a battente, a diretto contatto con la boiserie scura, insieme allo spessore ridotto dei profili (70 mm) e alle cerniere a scomparsa, annulla la percezione della finestra e aumenta quella dello spazio vetrato. Il sistema di tenuta (classe di permeabilità all’aria 4, tenuta all’acqua 1200E e resistenza al vento classe C5) si compone di una guarnizione centrale a giunto aperto e di una
guarnizione fonoisolante interna che raggiungono valori di trasmittanza termica Uf compresi tra 1,6 e 2,0 e di isolamento acustico di 45 dB. Perfektion Hps è sinonimo di eccellenza nei serramenti in alluminio con linee snelle che definiscono un’estetica contemporanea senza rinunciare alle alte prestazioni. Gli scorrevoli Perfektion Slide hanno linee essenziali con una mostra centrale di soli 30 mm e contenuti tecnici innovativi, come i carrelli di movimentazione registrabili, a ruote parallele, in grado di sostenere carichi anche fino a 800 kg per ciascuna anta.
www.eku.it
Carlana Mezzalira Pentimalli
Spazi di lavoro per nuove relazioni
In provincia di Treviso un organismo aperto ai cambiamenti e orientato al futuro grazie a un’architettura che prevede molti usi e funzioni.
Progetto di Carlana Mezzalira Pentimalli
Tra i capannoni industriali di Vascon di Carbonera, a nord di Treviso, il nuovo edificio per uffici progettato dallo studio Carlana Mezzalira Pentimalli si distingue per la sua capacità di ripensare il concetto di spazio lavorativo contemporaneo. Commissionato da quattro aziende –Itagency, Faba, Maikii ed Exclama – il progetto nasce dalla volontà di superare la logica funzionale e chiusa tipica delle architetture produttive per dar vita a un hub condiviso, aperto e flessibile.
L’intervento ha comportato la costruzione ex novo di un edificio direzionale su quattro livelli, la riconversione degli uffici esistenti in magazzini, con una nuova area di carico e scarico merci, e un ampliamento
dell’impianto generale verso nord. Il disegno planimetrico è orientato a garantire la massima efficienza logistica, ma anche una radicale trasformabilità: il nuovo edificio è concepito come una struttura reversibile, con elementi architettonici e impiantistici pensati per essere smontati, riassemblati e riconfigurati nel tempo. La struttura portante è un telaio in cemento armato a vista, esile e modulare, trattato con più velature di colore minerale completato da una corona perimetrale a sbalzo che libera la pianta interna. «Consideriamo ogni progetto un’opportunità per ricercare e sperimentare. Vediamo in ogni edificio un manufatto generoso, capace di proporre luoghi di incontro e accogliere momenti
collettivi, scoprendone la vocazione comunitaria», spiegano i fondatori dello studio. Al piano terra, infatti, si trovano gli ambienti più pubblici e multifunzionali: sale per riunioni, showroom, spazi espositivi e di incontro, pensati per essere riconfigurati rapidamente grazie a pareti mobili e divisori traslucidi in tessuto e vetro. I piani superiori sono invece dedicati alle attività operative con un’organizzazione che evita gerarchie rigide e agevola modalità di lavoro ibride. Postazioni aperte, phone booth, pareti mobili, arredi modulari e componibili: ogni elemento è progettato per adattarsi a esigenze individuali o collettive, favorendo la socialità e il benessere quotidiano. Un’attenzione particolare è riservata agli
Veduta serale del prospetto sud e l’intervento visto da una proprietà adiacente. Nella pagina di sinistra sullo sfondo, una parte degli ex uffici, ora convertiti in magazzini adibiti alla logistica. Foto Marco Cappelletti.
Carlana Mezzalira Pentimalli
Lo studio, fondato nel 2010, ha l’ambizione di fare dell’urbanistica e dell’architettura un’attività semplice e duratura, organica, precisa e necessaria. In ogni progetto, il dialogo con la tradizione è inteso come occasione di confronto e rilettura, per costruire risposte contemporanee radicate nel contesto. L’architettura è così interpretata come un mezzo per valorizzare e reinterpretare i luoghi, nel rispetto della loro identità. Tra i principali lavori, il progetto vincitore del concorso internazionale per la biblioteca civica e il progetto vincitore del concorso internazionale per la nuova scuola di musica, entrambi a Bressanone (Bolzano).
www.carlanamezzalirapentimalli.com
Gli impianti sono schermati da un grigliato metallico modulare, permettendo aggiornamenti tecnologici rapidi in caso di riconfigurazione degli spazi. Foto Marco Cappelletti.
impianti: lasciati a vista, ma ordinati e schermati da grigliati metallici modulari, in linea con il linguaggio tecnico dell’edificio e pensati per semplificare manutenzione e futuri aggiornamenti rapidi in caso di riconfigurazione degli spazi.
La materialità complessiva riflette un equilibrio tra funzionalità e calore: cemento pigmentato, vetro, alluminio, superfici continue che dialogano con il paesaggio esterno, ma anche finiture curate come il legno multistrato nei dettagli interni.
Elemento simbolico e funzionale dell’intero progetto è la copertura, intesa dai progettisti come un’autentica quinta facciata: un tettopiazza accessibile pensato come spazio aperto alla socialità, alla pausa, al gioco.
Un’estensione dell’ambiente di lavoro che rompe la verticalità isolata degli uffici e genera una nuova dimensione collettiva. A rafforzare questa visione è l’intervento artistico site-specific di Lorenzo Mason, che ha interpretato la copertura come una tela. L’opera, in bilico tra arte e land art, dialoga con la materia costruttiva e con la visione dello studio, che da sempre integra linguaggi espressivi differenti. La sinergia è infatti già stata sperimentata in altri progetti, come la Scuola di Musica di Bressanone, dove architettura e arte coesistono in modo integrato ■
Località Carbonera (Treviso)
Committente Privato
Progetto architettonico Carlana Mezzalira Pentimalli
Facciate e rivestimenti, pareti vetrate interne Greenstyle
Impianti tecnologici ITF Group
Rete metallica copertura Risp
Elementi prefabbricati Pellizzari Building
Opere in legno Falegnameria Longato
Superficie 3.070 mq (edificio uffici), 13.255 mq (lotto)
Cronologia 2020 (concorso privato a inviti) 2025 (completamento)
CREDITI
PIANTA GROUND FLOOR
PIANTA FIRST FLOOR
PIANTA SECOND FLOOR B
PIANTA THIRD FLOOR
AXONOMETRIC
Il corrimano in metallo e la scala in cemento armato prefabbricato pigmentato nel color terra rossa.
In alto, vista dalla strada del fronte sud. Lo spazio ristoro e l’accesso al piano terra visto dal corpo scala est.
L’ARCHITETTURA È UNA FORMA DI RESISTENZA
Merita un elogio la collana Figure di LetteraVentidue che con la riscoperta di argomenti e personaggi fin qui poco esaminati aiuta a produrre approfondimenti e aggiornare lo stato degli studi. Tra questi quello dedicato a Luigi Snozzi, nel 2020 vittima del Covid. Studia architettura a Zurigo. Dal 1971 si associa con Livio Vacchini, poi fonda il suo studio professionale. Diviene professore al Politecnico di Losanna e tra i protagonisti della scuola ticinese con Vacchini, Galfetti e Botta. Si segnalano i progetti urbani, le case unifamiliari come Snider a Verscio (1965-66), Kalmann a Brione sopra Minusio (1974-76) Bianchetti a Locarno (1975-77) e i restauri di complessi monumentali: il Santuario della Madonna del Sasso, l’antico convento a Monte Carasso. Curato da Giorgio Peghin del Politecnico di Milano, il volumetto esplora opere e progetti tra i più stimolanti, iniziando con un esergo a lui caro. Indica il rapporto tra opera e contesto. «Quando progetti una casa, un quartiere, un sentiero, pensa sempre alla città». Da ciò nasce l’idea di progetti ‘guerriglia’ che si oppongono alla burocrazia e alla cultura della conservazione. Promuovono il riconoscimento dei principi insediativi del luogo per trovare la soluzione nella morfologia, nella geografia, nella storia dei materiali. Di sicura rilevanza le proposte di ‘costruire sul costruito’ che interpretano la struttura del luogo segnalando la forte affinità tra la forma architettonica e il sito, in particolare nella proposta per il Monte Carasso e per gli altri che seguono a Braunschweig, a Pordenone e a Cabra, dove Snozzi pone il vuoto nel centro urbano e riscopre il valore dell’architettura per fermare la perdita della forma urbana.
Mario Pisani
La città di Snozzi
Giorgio Peghin
LetteraVentidue, Siracusa 2025
128 pp, 13,50 euro
ISBN 979-12-5644-041-2
LA PAROLA AL COMMITTENTE
Di fronte al gran numero di architetture nate sotto il segno della qualità viene da chiedersi quale sia il segreto del successo di Archea, che continua a macinare incarichi. Citando il Filarete, Luca Molinari ne rivela uno: l’architettura ha bisogno di un padre e di una madre. Il padre è il committente, che mette in campo l’intenzione e le risorse. Al progettista il ruolo della madre che partorisce l’opera. La novità nel volume consiste in un percorso a tappe sui luoghi. Il team di Archea e il fotografo Pietro
Tribute. L’architettura come forma di dialogo
Luca Molinari (a cura di)
Forma Edizioni, Firenze, 2024
288 pp, Ill, 49 euro ISBN 978-88-5521-182-6
INTELLIGENZA DIFFUSA
L’obiettivo di The New Design Museum è di comprendere come si stiano trasformando, in tutto il mondo, gli spazi della cultura dedicati al design e all’architettura – con quali compiti, programmi e piattaforme di divulgazione – dando vita a un campo di ricerca estremamente ampio che tenta in maniere diverse di rispondere alla complessità del presente in un mix di tecno-socialità, politica e natura materiale. Dai programmi di ricerca ai festival e alle piattaforme cooperative emergono nuove comprensioni del ruolo e delle azioni prodotte nelle e attraverso le istituzioni.
Le conversazioni di Beatrice Leanza con direttori e curatori di istituzioni culturali e una selezione di 16 casi di studio di organizzazioni e entità indipendenti tracciano una mappa critica della direzione verso la quale si orienta la produzione culturale della società contemporanea. Una direzione che, anche se minacciata da agende politiche conservatrici e dal taglio di fondi pubblici, può mobilitare l’azione collettiva verso un futuro di resilienza, speranza e partecipazione.
Savorelli accompagnano Luca Molinari a esplorare e comprendere la sostanza delle opere e dare la parola, oltre alle abituali relazioni di progetto, al committente, consapevole e spesso entusiasta del valore di ciò che ha contribuito a realizzare, spesso sedotto dal capolavoro della Cantina Antinori, “un taglio nella terra e la costruzione innovativa di una forma di paesaggio che non offenda il territorio circostante ma che, piuttosto, continui l’idea della costruzione attenta di un luogo fortemente antropizzato e naturale”. Si tratta proprio dell’apripista dei successivi incarichi. Ovviamente non tutto raggiunge quel livello, ma va segnalata una qualità diffusa. L’idea che spesso sottende la costruzione e permette di superare il rischio del già visto e del banale – alludo al Parco Viola o alla Salvatore Ferragamo Factory. A ciò si aggiunge il colpo d’ala del dettaglio e l’uso intelligente del materiale, come nell’Alban Tower o nell’Air Albania Stadium. Edi Rama loda il tetto che ricorda un tessuto, una tenda, e l’esterno per l’aspetto criptico e il suo essere un landmark, non semplicemente uno stadio. E ancora, la ricerca di una espressività che ferma lo sguardo e buca gli schermi degli smartphone, sedimentandosi nell’immaginario pop.
Mario Pisani
Critica e direttrice di musei, Beatrice Leanza ha co-fondato The Global School, il primo istituto indipendente di design e ricerca creativa in Cina. È curatrice del padiglione dell’Arabia Saudita alla 19. Biennale di Architettura di Venezia. Sostenuta da Golden Goose, recentemente la pubblicazione è stata presentata presso lo spazio della società a Marghera.
The New Design Museum Co-Creating the Present, Prototyping the Future Beatrice Leanza Park Books, Zurigo, 2025 332 pp, En, 29 Chf ISBN 978-3-03860-438-9
elements
Cucina
Le cucine, gli elettrodomestici e gli accessori di nuova generazione puntano su soluzioni pratiche e avanzate pensate per adattarsi ai cambiamenti nello stile di vita e nell’organizzazione degli spazi. In queste pagine la nostra selezione che esplora le ultime tendenze del settore tra forme essenziali e innovazioni tecnologiche che uniscono estetica e funzionalità. a cura di Elena Riolo
Nella foto. Telo cotone Ibisco Green Pink. Lisa Corti Milano.
ZAZZERI
Z316. La collezione disegnata da Roberto Innocenti, interamente realizzata in acciaio inox AISI 316/L, è sviluppata per la rubinetteria sia da bagno sia da cucina con finitura spazzolata o nelle finiture speciali PVD Antracite, Bronzorame, Carbon, Rame, Cognac e Orobianco. È disponibile anche per installazioni da pavimento, parete e doccia outdoor. Nell’immagine, la versione con collo girevole e doccetta estraibile spray. www.zazzeri.it
ANTOLINI
AZEROCAREPLUS. L’innovativo processo amplifica la qualità visiva delle pietre naturali – marmi, onici e soft quarziti – proteggendone la superficie da aggressioni di agenti esterni, come macchie e corrosioni senza alterazioni cromatiche o tattili. Anticorrosivo, antimacchia, igienico e facile da pulire, è ecologico e idoneo al contatto con gli alimenti. Nell’immagine, Dalmata della Exclusive Collection. www.antolini.com
BULTHAUP
BULTHAUP B3. Gioca sul contrasto tra colonne verticali impiallacciate in noce e isola in laminato ghiaia. Completamente integrate nella parete, le colonne creano un quadro che può essere interrotto da ante a scomparsa. Il piano semicircolare enfatizza la struttura orizzontale dell’isola, offrendo un tavolo dove condividere i pasti. www.bulthaup.com
BOFFI
COVE KITCHEN. La cucina monoblocco rappresenta appieno l’inconfondibile estetica architettonica di Zaha Hadid Design, caratterizzata da forme fluide e dinamiche. Presentata nel 2017 in limited edition, e rinnovata nel 2024 per i 90 anni di Boffi, quest’anno è stata implementata ulteriormente. I piani di lavoro sono disponibili nella caratteristica smussatura o in versione squadrata. In foto, la cucina nelle finiture Clay e marmo Emperador Dark. www.boffi.com
Foto courtesy Modulnova
Fabrizio Crisà dirige il Design Center di Elica, dove guida la progettazione di prodotti che coniugano estetica essenziale, funzionalità e attenzione all’utente. Il suo approccio integra tecnologie avanzate in soluzioni inedite, premiate a livello internazionale.
Innovare ripensando il quotidiano: tecnologia accessibile per la cucina di domani
Lhov rappresenta un’evoluzione radicale, frutto dell’osservazione delle persone e delle loro esigenze quotidiane in cucina. L’idea di integrare aspirazione, piano cottura e forno è nata da questa analisi e da un percorso di sviluppo tra bozzetti e progettazione, fino a ottenere una sintesi tra funzionalità ed estetica. È la dimostrazione che innovare significa ripensare il quotidiano con uno sguardo al futuro. Lhov è simbolo della trasformazione di Elica nel mondo della cottura.
SUPEROVEN MODEL 1. Il forno high-tech con due camere di cottura di Unox Casa coniuga design e prestazioni professionali per il residenziale d’élite, in quanto vanta alle spalle la competenza dell’azienda nel mercato dei forni professionali. Viene ora proposto in una nuova finitura in acciaio verniciato nero opaco che garantisce le stesse performance della controparte in acciaio satinato. www.unoxcasa.com
ELICA
Oggi il design deve rendere la tecnologia accessibile, semplice ed emozionante, trasformandola in un elemento naturale della cucina. Non si tratta solo di estetica, ma di creare un legame tra innovazione e persone, affinché le nuove soluzioni diventino intuitive e desiderabili. Il nostro obiettivo è integrare la tecnologia nella vita di tutti i giorni, rendendola empatica e parte integrante dell’esperienza domestica.
Fabrizio Crisà
LHOV. Il sistema che integra forno, piano cottura e sistema aspirante in un unico volume compatto, progettato da Fabrizio Crisà. Connotato da un’estetica lineare in vetro nero, Lhov coniuga alte prestazioni, funzioni ispirate al mondo professionale e un potente sistema di aspirazione che, per la prima volta, rimuove odori e vapori non solo dal piano, ma anche dal forno. www.elica.com
UNOX CASA
GAGGENAU
EXPRESSIVE. La nuova serie di forni combina estetica e funzionalità professionale, tecnologia e maestria artigianale. Tra i suoi elementi caratteristici: l’anello di controllo posizionato sul vetro frontale; temperature che raggiungono i 300°C; l’interfaccia utente intuitiva che si illumina quando ci si avvicina. Inoltre, i forni sono dotati di programmi automatici avanzati e di un sistema di autopulizia pirolitica. www.gaggenau.it
VERY SIMPLE KITCHEN
Il marchio nasce dalla reinterpretazione del concetto di cucina modulare, riducendone la complessità introducendo un approccio semplice basato su moduli freestanding in acciaio inox ottenuti con le tecnologie del taglio al laser e della piegatura della lamiera. Processi che permettono di ridurre al minimo le saldature, mentre i profili sono uniti con bulloni in metallo.
www.verysimplekitchen.com
SKINNY. Il miscelatore della divisione Fima Kitchen disegnato da Meneghello e Paolelli Associati si caratterizza per il suo corpo affusolato che si slancia per 220 mm, collegando il diametro della canna con la basetta integrata. Proposto in finitura cromo, bianco opaco e nero opaco, monta una doccetta doppio getto dal diametro di 28 mm. www.fimacf.com
ARAN CUCINE
BIJOU. La collezione si amplia con l’introduzione dell’anta in vetro cannettato dalla fitta trama di linee in rilievo, disponibile nelle finiture bianco smeraldo, grigio aragona e tortora. È possibile assemblarlo su un frame in titanio con profili verticali per l’apertura. Nell’immagine, il vetro cannettato tortora insieme al legno di rovere barrique, con gola e zoccolo in titanio. www.arancucine.it
FIMA CARLO FRATTINI
FABER
BEAT XL WALL. Nata come modello sospeso, Beat è oggi una famiglia completa di cappe dal carattere contemporaneo. Novità del 2025 è il modello a parete in dimensione XL, che può essere utilizzata in modalità aspirante e filtrante. Due le finiture disponibili, entrambe ultra matt, bianco e nero, che ne valorizzano l’estetica minimale e monocromatica in assenza di cornici e maniglie a vista. Per celebrare i 70 anni di attività, Faber propone infine la limited edition in finitura Dark Forest. www.faberspa.com
MARGRAF
FIOR DI PESCO CARNICO. Il marmo viene estratto nella cava di Forni Avoltri, in provincia di Udine, che sin dal 1927 è una esclusiva di Margraf con 3.427 tonnellate di blocchi estratti nel 2023. Caratterizzato da toni chiari – che variano dal bianco al grigio, al rosa – e da diverse venature, è un materiale resistente e adatto a molteplici applicazioni, sia indoor sia outdoor.
www.margraf.it
FRANKE
MYTHOS T-SHELF EVOLUTION. La cappa a isola combina aspirazione e illuminazione in un unico elemento: integra infatti due pannelli luminosi regolabili tramite la funzione dimmer e Tunable White, che permettono di regolare rispettivamente intensità e temperatura della luce. I comandi a sfioramento, presenti su entrambi i lati della cappa, e l’utile telecomando in dotazione permettono un utilizzo pratico e immediato. Compatibile con i piani a induzione Mythos grazie alla tecnologia K-Link. www.franke.com
SCHIFFINI
CINA. L’azienda, che quest’anno celebra il suo primo secolo di storia, ripropone oggi il modello progettato nel 1986 da Vico Magistretti reinterpretandolo con materiali e tecnologie contemporanee. Elemento chiave della cucina è la cappa in acciaio insieme alla maniglia incassata, ottenuta dalla scanalatura della parte superiore dell’anta con profilo stondato o di quella inferiore dei pensili. www.schiffini.it
RITMONIO
DIAMETRO35 CUCINA INOX
Progettato da Davide Vercelli, il sottile miscelatore monocomando per lavello fa parte di una collezione completa per l’ambiente cucina caratterizzata dalla finitura in acciaio inox. Nell’immagine, la versione con canna tonda flessibile in gomma nera girevole 360° e sganciabile e con doccetta 2 funzioni. www.ritmonio.it
DOIMO CUCINE
C4K CARBON FOR KITCHEN
Per il progetto l’azienda introduce per la prima volta la fibra di carbonio; leggera e resistente viene affiancata a materiali altrettanto pregiati e tecnici. Parte del sistema All-arounD, si sviluppa sull’anta Aspen, con telaio in alluminio riciclabile; l’isola e le colonne a parete sono rivestite con pannelli in fibra di carbonio, mentre le colonne centrali sono realizzate in finitura MDi Ananda. www.doimocucine.com
ARCLINEA
ITALIA. La cucina progettata da Antonio Citterio nel 1988, ispirata al mondo professionale, si è evoluta nel tempo con l’aggiunta di nuovi dettagli tecnici mantenendo l’impostazione originale. È proposta sia con doppia isola sia a isola singola, con maniglia integrata, piani di lavoro profondi con grandi piani cottura in ghisa, doppio lavello e materiali come acciaio inox, pietra e legno. www.arclinea.com
L’esperienza di Giuseppe Bavuso spazia dall’architettura all’interior design di grandi spazi comuni, dall’automotive alla progettazione di interni per treni e vagoni letto, dal product design per aziende di apparecchiature biomedicali fino all’arredo. www.bavuso-design.com
La cucina come cuore dinamico della casa tra innovazione e convivialità
I miei progetti partono dall’idea che la cucina sia un luogo di socialità, in cui si prepara, si degusta, ci si confronta, vero e proprio baricentro della vita domestica. La cucina è per me una vera e propria estensione del living, uno spazio “speciale” dedicato alla convivialità, un ambiente che accoglie, che evolve insieme alle persone che lo abitano.
La volontà di creare innovazione stilistica parte dal massimo rispetto nei confronti delle persone che ne saranno i fruitori, dall’osservazione del cambiamento degli stili di vita e dell’approccio all’utilizzo della casa che deve
COSENTINO
LE CHIC BOHÈME BY SILESTONE XM. La nuova collezione di superfici viene proposta con quattro colori: Jardin Emerald, Rivière Rose, Château Brown e Blanc Élysèe. Realizzate con almeno il 20% di materie prime riciclate e meno del 10% di silice cristallina, offrono dettagliate venature e striature e continuità grafica anche su bordi e rientranze anche in tagli curvi, fustellati e fresati grazie al nuovo sistema di stampaggio. www.cosentino.com
rispecchiare il modo di vivere contemporaneo. Nel mio lavoro, l’innovazione tecnologica non è mai fine a se stessa, ma è al servizio di un’idea, e questo vale per ogni particolare e ogni dettaglio.
Le nostre cucine sono pensate per avere dei contenuti dall’alto valore formale ed estetico, senza tralasciarne l’aspetto funzionale, per il quale è sempre più importante che i livelli prestazionali siano sempre più vicini a quelli delle attrezzature professionali.
Giuseppe Bavuso
ERNESTOMEDA
SIGN ROUND. La cucina viene reinterpretata da Giuseppe Bavuso, art director dell’azienda, come spazio conviviale e dinamico: linee morbide e avvolgenti e volumi fluidi si fondono con elementi curvi come il tavolo penisola che si protende come un’ala e l’alzatina in vetro curvato a caldo. Il progetto enfatizza la leggerezza formale, con materiali ricercati e soluzioni flessibili che riflettono una visione contemporanea dell’abitare. www.ernestomeda.com
ABIMIS
EGO. La collezione si amplia con l’introduzione dei pensili in acciaio inox, progettati e realizzati su misura. Riprendono le caratteristiche formali della linea: ante stondate a filo struttura con cerniere invisibili brevettate, maniglie ad anello e angoli raggiati per facilitare la pulizia. All’interno, i pensili possono essere equipaggiati con ripiani fissi o estraibili, anche ad alta portata. www.abimis.com
CEADESIGN
CARTESIO. La collezione di rubinetteria in acciaio inox AISI 316L si caratterizza per la bocca di erogazione con curvatura ad angolo retto ottenuta tramite una tecnica di micro incisioni che sottrae materiale nel punto della curvatura. È disponibile nelle varianti satinato e lucidato e in tutte le finiture speciali del marchio (Black Diamond, Bronzo, Rame e Light Gold) ecologiche e biocompatibili.
www.ceadesign.it
BOSCH
SCIC ITALIA
ATRIUM. Progettata da 13.1 Design e Scic Italia, la novità dal design minimalista prodotta interamente in Italia esprime una visione contemporanea della cucina come spazio fluido ed elegante. Le ante con telaio in alluminio possono infatti accogliere specchi anticati e superfici in marmo Paonazzo. Oltre ai materiali di pregio, il progetto integra ergonomia e praticità.
www.scic.it
HMG7361B1. Il forno combinato con microonde da incasso, in finitura nera, è dotato di anello rotante digitale per una gestione semplice e veloce, display con interfaccia intuitiva e spegnimento automatico del programma a cottura terminata. L’assistente alla cottura seleziona il programma ideale e la funzione Aria Calda 4D garantisce una distribuzione uniforme del calore su tutti i livelli. www.bosch-home.com
KEY CUCINE
HAIKU OUTDOOR. La versione per esterni della cucina Haiku, composta da un’isola realizzata in Ecomalta, una resina ecosostenibile e resistente, con top in marmo Emotion Grey, è progettata per resistere agli agenti atmosferici. Le ante, pulite e minimali, hanno forme arrotondate e maniglie sottili che dividono l’anta stessa dal cassetto soprastante.
www.keycucine.com
CARIMALI
NAVIS316. La collezione in acciaio inox AISI 316L con finitura spazzolata, progettata per applicazioni indoor e outdoor, si distingue per le linee semplici che valorizzano la funzionalità e le caratteristiche del materiale riciclabile, resistente alla corrosione, igienico, facile da mantenere e durevole nel tempo. www.carimali.it
MODULNOVA
ART. Nel nuovo sistema cucina, progettato da Carlo Presotto e Andrea Bassanello, la purezza delle forme e dei volumi è amplificata dalla naturalità dei materiali lavorati artigianalmente: il legno oliato della finitura Noce Classic per basi e scocca e la riproduzione in grès del marmo Appennino per il rivestimento di fianchi e top e per schienali, mensole e basi interne.
www.modulnova.it
PIETRA DOLOMIA
Estratta nella cava I Piegn a San Tomaso Agordino (Bellluno), pietra Dolomia è un marchio registrato e commercializzato da Sevis. Per pavimentazioni, rivestimenti, fontane, scale, portali, stipiti, davanzali, piani cucina, top bagno e tavoli: la pietra dalla particolare brillantezza calcarea è versatile e adatta per ambienti interni ed esterni. Il suo tono grigio medio si abbina a materiali come legno, acciaio e corten. www.pietradolomia.com
SIEMENS
IQ700. Tecnologia, connettività e funzionalità potenziate dall’intelligenza artificiale sono i plus del forno combinato da incasso con microonde, impulsi di vapore e telecamera interna della linea premium studioLine. La maniglia in vetro modellata per fondersi con il profilo della porta del forno sino a risultare pressoché invisibile ne esprime il design minimalista. www.siemens-home.bsh-group.com
QUADRODESIGN
OTTAVO. La collezione di rubinetteria in acciaio inox, disegnata da Hans Thyge vent’anni fa, continua a testimoniare la potenza del pensiero che l’ha generata. La linea si ispira alla forma della goccia d’acqua in caduta, che si evolve nel simbolo dell’infinito, come a indicare la complessità che si cela dietro un semplice gesto quotidiano. www.quadrodesign.it
ATLAS PLAN
BAOBAB. Ispirata alla pietra naturale, la lastra ceramica in grès porcellanato con effetto lucido presenta uno sfondo che varia dal beige al grigio, arricchito da accenti marroni e neri. La superficie, per un’ampia varietà di applicazioni interne ed esterne, è impreziosita da gemme in sfumature di verde e blu, distribuite in modo irregolare per creare un effetto visivo di profondità e tridimensionalità. www.atlasplan.com
SMEG
CVI040BE. La cantina vino da incasso da 88 cm con due zone di temperatura indipendenti si apre con il sistema E motion che sblocca automaticamente la porta al semplice tocco della porta. Il display touch consente il controllo della temperatura; il vetro della porta, con protezione dai raggi UV, scherma le bottiglie dal passaggio della luce all’interno della cavità. www.smeg.it
Franco Driusso con il suo studio DAA DriussoAssociati | Architects sviluppa un linguaggio progettuale fondato sull’idea di “semplicità complessa”: forme pulite e leggibili che nascono da una ricerca profonda su materiali, sostenibilità, funzioni e innovazione. www.driussoassociati.com
Tra cucina e sala: l’esperienza gastronomica come spettacolo quotidiano
Negli ultimi anni, nel mondo della ristorazione professionale, si sta di ffondendo sempre di più la tendenza a creare ambienti in cui la cucina sia visibile dalla sala. Questo approccio permette ai clienti di assistere in prima persona allo spettacolo culinario, osservando ogni fase della preparazione dei piatti, spesso creati da rinomati chef stellati. Si tratta di una vera e propria mise en place su larga scala che coinvolge l’intero layout del ristorante. Questo tipo di coinvolgimento arricchisce l’esperienza gastronomica e crea un legame più forte tra il ristorante, lo chef e i suoi clienti.
Cooking Suite rappresenta l’evoluzione di questo concetto, unendo funzionalità ed estetica. Il design gioca un ruolo fondamentale nella cucina professionale, ottimizzando l’utilizzo dello spazio, agevolando le operazioni quotidiane di preparazione. Una disposizione strategica consente agli chef di muoversi con agilità, riducendo i tempi e migliorando la produttività. Non dimentichiamo che il design genera bellezza, trasformando il nostro stato d’animo, alimentando benessere, creatività e facilitando l’ispirazione e il pensiero innovativo.
Franco Driusso
PRISMA
COOKING SUITE. Disegnata da Franco Driusso, la cucina razionalizza la preparazione dei piatti, semplifica le attività di cottura e ridefinisce lo spazio di movimento in cucina grazie a funzioni, tecnologie, volumi e proporzioni studiati per rispondere alle esigenze più specifiche e complesse della ristorazione. Realizzata in acciaio AISI 304, come isola o a parete, è altamente personalizzabile. www.prismaitalia.com
OIKOS
CUCINA ZERO. Il sistema modulare progettato da Debonademeo Studio si distingue per il materiale composito costituito da fibre di canapa riciclata post-consumo e resine di nuova generazione arricchite con frammenti di travertino selezionati tra gli scarti della lavorazione lapidea. Il composto, disponibile in sei varianti cromatiche oltre ai colori ral, ha un’elevata resistenza a trazione, compressione, impatto, flessione, abrasione, acidi e calore.
www.oikoscucine.it
NEOLITH
RAPOLANO. Prende ispirazione dalla pietra Rapolano italiana la nuova superficie in pietra sinterizzata dalla tonalità delicata che rappresenta un tributo all’eleganza e alla raffinatezza degli antichi palazzi rinascimentali italiani. La proposta si affianca alle versioni WhiteSands, Artisan e Ignea che insieme compongono la collezione Atmosphere: Breeze of Innovation. www.neolith.com
REMEMBERING, ARPITA
SINGH ALLA SERPENTINE NORTH DI LONDRA
La Serpentine North di Londra ospita fino al 27 luglio Remembering, la prima mostra personale istituzionale nel Regno Unito dell’artista indiana Arpita Singh, attiva da oltre sei decenni.
Nata a Baranagar nel 1937, Singh ha sviluppato uno stile che fonde surrealismo, figurazione e tradizione pittorica indiana, sperimentando anche con l’astrazione e l’uso di tecniche miste come penna, inchiostro e pastelli.
L’esposizione esplora la sua vasta produzione: grandi oli su tela, acquerelli e disegni a inchiostro che riflettono le sue reazioni emotive a crisi sociali e umanitarie. Singh afferma: «Queste opere nascono da ricordi profondi, anche inconsci. Avere una mostra alla Serpentine è un onore e una sorpresa».
Dal 1990, Singh ha affrontato temi legati al
genere, alla maternità e alla sensualità femminile, rappresentando anche la violenza e l’instabilità politica. Tra le opere in mostra: Devi Pistol Wali (1990), dove una dea indiana armata sfida i ruoli di genere; e A Feminine Tale (1995), realizzata sul retro di una lastra di plexiglass, che esplora l’identità femminile attraverso simboli e parole.
Altre opere, come My Lollipop City: Gemini Rising (2005), sono affollate di mappe urbane, simboli astrologici e figure tra realtà e immaginazione, spesso contraddittorie, lasciando libero il visitatore di interpretare.
La mostra è accompagnata da una pubblicazione che raccoglie contributi di figure di spicco come Geetanjali Shree e Geeta Kapur, celebrando il ruolo di Singh nell’arte contemporanea globale ■