Virtus Magazine 11/2013

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Virtus Lanciano 1924 | NelCuoredell’Azione

un momento delicato quello dell’ addio al calcio giocato, inizi ad accorgerti già qualche anno prima che non riesci più, che i giocatori più giovani ti camminano sopra e che la testa ti dice una cosa ma le gambe non ce la fanno più. Quindi come si affronta? Quello che ho consigliato anche a Roberto (D’Aversa nda) quest’estate quando ha smesso lui è di cercare di viverla serenamente, crearsi un altro obiettivo senza stare a pensare al passato. Anche perché poi ti si stravolge anche la vita familiare, da giocatore hai dei ritmi ben precisi, regolari e scanditi. Da direttore invece non ho orari, ho sempre la valigia pronta per partire e andare a parlare con qualcuno, visionare giocatori ecc.. E alla carriera di allenatore hai mai pensato? Non ne ho proprio avuto il tempo. Non ho avuto il classico periodo di pausa che si ha quando si smette di giocare per riflettere sul futuro. Come dicevo prima, quando ho

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smesso avevo ancora il contratto con il Pescara e l’allora direttore sportivo, prima di partire per le vacanze, mi disse che quando sarei tornato avrei potuto iniziare a dargli una mano, quindi l’idea di fare questo tipo di lavoro c’era. Come c’era anche quella di fare l’allenatore, anche se alla fine non sai se ne sei capace. Dopo una settimana mi ha chiamato Guglielmo e io stavo per partire per le vacanze, praticamente ho lavorato! Ho iniziato chiamando i calciatori che avevano giocato con me. Qual è stata la prima chiamata? Luis Alfageme che aveva giocato l’anno prima con me a Pescara. Era in Argentina e mi ha detto subito di si. Ti sei mai pentito? Lì per lì non ho avuto tempo di riflettere, solo dopo un po’ mi sono messo a pensare se avessi fatto bene o male e sono molto contento della mia scelta. Mi sono messo anche a studiare per completare la mia preparazione che ad oggi mi è fondamentale. Come si conduce un trattativa? Con Guglielmo e Valentina abbiamo sempre condiviso tutto, anche con Franco e gli allenatori. Io essendo stato giocatore conosco bene il meccanismo. La trattativa bisogna che sia serena, tutti devono essere contenti: il giocatore deve essere contento di venire, tu devi essere contento di avergli dato magari 5mila euro in più per farlo giocare qui. Le cose oggi non sono più come prima, ci vuole più tempo, solo per compilare un contratto ci vogliono due giorni e poi ci sono i procuratori. Insomma è un percorso

lungo. Hai una rete di osservatori? Come vi muovete quando un giocatore vi interessa? Ho tre osservatori grazie ai quali riusciamo a coprire quasi tutta Italia. Dopo una scrematura di trenta-quaranta giocatori visionati, ci muoviamo insieme: se un giocatore ha un profilo che può interessarci, viene visionato da tre persone differenti e cerchiamo di vederlo in diverse situazioni. Poi loro si confrontano e alla fine vado io. Rispetto ai primi anni è meno difficile convincere un giocatore a venire qui a Lanciano? I primi anni c’è stata una difficoltà oggettiva e abbiamo dovuto faticare parecchio. La famiglia Maio è stata molto brava a ridare un’ immagine pulita alla società dopo gli strascichi che, inevitabilmente, un fallimento porta e adesso anche le squadre importanti ci guardano con affetto, stima e credibilità e magari mandano più volentieri i loro ragazzi qui. E poi ci sono i giocatori che quando si trovano bene vogliono tornare. Il fatto che calciatori come Falcinelli, Minotti e Paghera siano voluti tornare quest’anno è stata per noi una grande soddisfazione. E alla possibile promozione in A ci pensate? La Serie A non fa per noi. In questo momento non ci pensiamo nemmeno. Stiamo cercando di costruire una base solida per consolidarci nella categoria, poi dobbiamo puntare sul settore giovanile che è fondamentale. Non possiamo assolutamente sprecare energie per pensare ad una cosa così

ci vuole tanta passione, collaborazione e senso di appartenenza


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