Un tipo poco raccomandabile

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Nandina Muzzi

Nandina Muzzi

Un tipo poco raccomandabile Si può uscire dall’emarginazione e dai pregiudizi?

È nata a Senigallia, in provincia di Ancona. Ha insegnato per diversi anni alla scuola primaria ed è stata una valida autrice di narrativa per ragazzi.

Un tipo poco raccomandabile Si può uscire dall’emarginazione e dai pregiudizi?

Lungo il fiume, in una casa abbandonata, vive un “tipo poco raccomandabile”, isolato da tutti e considerato pericoloso. Nonostante i divieti, Fabrizio e Luciana, due ragazzi sensibili, lo avvicinano. La loro diffidenza iniziale si trasformerà, a poco a poco, in una grande amicizia che condurrà il “tipo poco raccomandabile” fuori dall’emarginazione, e i ragazzi e gli adulti a superare ogni pregiudizio. Un racconto coinvolgente, in grado di regalarci con immagini intense una riflessione sul difficile mondo delle persone che vivono ai margini della società.

Un tipo poco raccomandabile

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I S B N 978-88-472-2513-8

Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n°633, art. 2 lett. d).

€ 8,30

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Collana di narrativa per ragazzi


Editor: Paola Valente Coordinamento redazionale: Emanuele Ramini Approfondimenti: Ivonne Mesturini Copertina: Mauro Aquilanti Team grafico: Benedetta Boccadoro Ufficio stampa: Salvatore Passaretta

IIIa Edizione 2016 Ristampa

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Nandina Muzzi

Un tipo poco raccomandabile Nuova edizione aggiornata



Capitolo

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Chiacchiere serali

A

vevano giocato fino a tardi. Il profilo del paese ora era scuro e netto contro il cielo rosso del tramonto. – Se arrivo dopo le sei mia madre di sicuro s’inquieta e domani mi proibirà di uscire a giocare – disse Fabrizio. – Perché non prendiamo la scorciatoia che passa lungo il fiume? – No, non possiamo, mia madre non vuole – rispose Paolo molto preocupato. – Cosa non vuole? – Che passi sulla stradina che costeggia il fiume. Dice che nella casa abbandonata c’è un tipo poco raccomandabile. Dai, prendiamo l’altra strada, è meglio stare alla larga da quella casa. – Ma Paolo! Non avrai paura di un poveretto che non dà fastidio a nessuno. È ancora giorno, fosse buio potrei capirti. E poi che vuol dire un tipo poco raccomandabile? – Mia madre dice sempre: “Non andare con quello, è un tipo poco raccomandabile”. Non lo so che vuol dire... Sono andato anche a guardare sul vocabolario: raccomandabile significa che merita un giudizio positivo per le sue qualità; poco raccomandabile vorrà dire che non ha buone qualità. – Ma tua madre conosce bene quello che abita nella casa abbandonata? Ci ha parlato? – Ma cosa dici, ti pare che mia madre possa andare a parlare con un barbone?! 5


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– E allora come fa a sapere che non ha buone qualità? Paolo alzò le spalle. – Mi piacerebbe tanto passare lungo il fiume e magari entrare nell’acqua fino alle ginocchia per pescare i girini – supplicò Fabrizio. – Ma non avevi detto che non devi arrivare tardi? Dai, smettiamo di discutere e andiamo subito a casa. Se camminiamo in fretta, di sicuro arriveremo prima delle sei. Non c’è bisogno di passare lungo il fiume. Si avviarono verso la strada principale, affiancati. – Vai più piano, Paolo, tu hai le gambe più lunghe delle mie. Non riesco a starti dietro. Fabrizio, benché avesse la stessa età di Paolo, sembrava più piccolo: era biondo e mingherlino mentre l’altro era alto e robusto. L’aria era un fiato caldo, appiccicoso. Sostarono soltanto sul ponte del vecchio mulino. Incastonato tra i campi di granoturco, il fiume aveva riverberi dorati. Arrivati in paese si salutarono: – Ciao, Fabrizio, a domani. – Ciao, Paolo, per questa volta te l’ho data vinta, ma la prossima voglio passare vicino alla casa abbandonata, proprio per vedere quel tipo poco raccomandabile! – sottolineò Fabrizio all’amico. *** Arrivato a casa, Fabrizio, non suonò il campanello del portone, ma passò per la porta del garage. Salì le scale in punta di piedi con la speranza di non incontrare la madre, che lo avrebbe sicuramente rimproverato per il ritardo, a voce alta, come faceva sempre. 6


Chiacchiere serali

“Che bisogno c’è di alzare la voce?” pensava Fabrizio. “Tanto il senso delle parole è lo stesso”. Non gli garbava affatto che tutti gli inquilini fossero sempre informati di quello che gli accadeva. Specialmente la zia di Luciana, che abitava nel suo stesso pianerottolo. Il giorno dopo, infatti, quando arrivava a scuola la sua amica gli chiedeva immancabilmente con un sorriso un po’ malignetto, come se lui fosse un grande scavezzacollo: “E questa volta che cosa hai combinato?” Stava meditando su ciò, quando si aprì la porta e si affacciò suo padre che gli disse: – Siamo in ritardo, eh, giovanotto! E poi aggiunse con un sorriso di complicità: – Per fortuna tua madre è andata a fare la spesa e di sicuro avrà incontrato qualche amica chiacchierona. Cambiati subito quelle scarpe infangate e mettiti a studiare, prima che arrivi. – Sì, papà – rispose Fabrizio, – le pulirò dopo senza farmi vedere dalla mamma. Ho fatto tardi perché Paolo per tornare a casa non ha voluto prendere la scorciatoia. Sua madre non vuole che passi lungo il fiume perché dice che nella casa abbandonata c’è un tipo poco raccomandabile. Chissà cosa ne sa lei di quell’uomo se neanche lo conosce!? – È la solita storia – disse il padre spegnendo il televisore. – A parole siamo tutti molto tolleranti... ma nei fatti... – A me, invece, piacerebbe conoscerlo e parlare con lui. – No, non esagerare! Anche una curiosità eccessiva può offendere – rispose prontamente il padre. – Del resto quell’uomo non è un barbone senza fissa dimora. È da diversi anni che ha scelto di stare in quella casa, capanna, o stamberga, come la vuoi chiamare, e non ha mai dato fastidio a nessuno che io sappia. Non mi sembra una persona malvagia. Comunque, Fabrizio, mi dici perché avete scelto quel campetto così lon7


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tano per giocare? Perdete un sacco di tempo per raggiungerlo e i compiti sono sempre fatti troppo in fretta. Fabrizio gli sedette accanto. – In quel campetto, papà, ci vengono anche i ragazzi della scuola Collodi. La nostra squadra, la Leopardi, gioca sempre contro la Collodi. Ci divertiamo tanto e qualche volta vengono a farci il tifo anche le compagne di scuola. – Ero sicuro che c’era sotto qualche altra ragione... Per caso, ci viene anche Luciana? – Papà, non ricominciare a prendermi in giro – rispose Fabrizio visibilmente imbarazzato. – Non m’importa niente di Luciana. Non sono mica come Gianni il Bello che ha dieci fidanzate! Io non ne ho nessuna. Poi corse a nascondere le scarpe sporche in soffitta.

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Capitolo

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La partita Tornarono al campetto del fiume dopo una settimana.

Fabrizio aveva il compito di sostituire Paolo, squalificato nella partita precedente perché aveva dato uno schiaffo al portiere della squadra Collodi. Per la prima volta Fabrizio era impegnato in una vera partita e aveva una tale paura di far perdere la sua squadra che non riusciva né a pensare né a respirare liberamente. Non poteva neppure confidarsi con Paolo, perché gli camminava a distanza chiuso nella sua indignazione, maledicendo ad ogni passo chi l’aveva squalificato. Da lontano si sentivano già le risate e le voci di tifosi e giocatori, ma Fabrizio invece di affrettarsi rallentava. – Sbrigati che farai tardi – gli gridò Paolo. – Io aspetto qui. Verrò solo quando il gioco sarà iniziato. Intanto palleggiava basso, con passaggi nervosi dal sinistro al destro per sfogare tutta la sua rabbia. Il campetto riusciva a stento a contenere tutti i ragazzi. Alcuni, infatti, si erano arrampicati sui gelsi vicini. Quando Fabrizio vide che tra gli scolari della Leopardi c’era anche Luciana, incominciò a provare un disagio così forte che rasentava la sofferenza. Tra fischi e battimani i giocatori si schierarono sul campo. La Collodi partì a razzo e stordì con tre reti consecutive gli avversari. “Accidenti, si mette proprio male” pensò Fabrizio. “Dovevano chiamarmi proprio oggi!” Non è che i Leopardini stessero a guardare; nonostante il morale sotto le scarpe, si davano un gran da fare. In realtà non mettevano mai in difficoltà la retroguardia avversaria. 9


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Fu Federico che al 20° segnò il primo gol della Leopardi. La palla, respinta dal portiere della Collodi, gli era carambolata proprio sui piedi. La ripresa, però, fu vibrante e nervosa. Per una mezz’ora il gioco dei Leopardini fu lucido e aggressivo e Gianni il Bello al 51° riuscì a raddoppiare. Poi ci fu mischia fino al 90°, con batti e ribatti, ma sempre al centrocampo. Il pallone stava per uscire, quando Fabrizio, non sapendo neppure lui come, segnò il gol del pareggio finale. – Fabrizio, sei un miiiito!!! – gli gridarono in coro. Quell’urlo gli passò dalle orecchie allo stomaco, raggiunse le gambe che divennero molli molli e si piegarono. Rimase in mezzo al campo fino a quando non vennero a tirarlo su. Avrebbe voluto gridare a tutto il mondo la sua gioia, ma doveva tenerla dentro per paura di umiliare Paolo. Anche se spesso non era d’accordo con lui, era pur sempre il suo migliore amico. Fu Luciana che parlò di vittoria. – Per festeggiare il tuo primo gol, Fabrizio, devi invitarci a casa tua. Ci puoi offrire quei dolci che fa tua nonna, i cavallucci. Li ho mangiati alla festa del tuo compleanno e non li ho più dimenticati. Io vado a prendere da mia zia la Coca Cola. – Ce l’ho anch’io. Se porti la roba tua, che invito è? – osservò Fabrizio. – Va bene – acconsentì Luciana, – ma per far presto passiamo lungo il fiume. Paolo, che li aveva seguiti muto e chiuso nei suoi pensieri, sembrò svegliarsi in quell’attimo. – Luciana, cosa hai detto? – chiese allarmato. – Ho detto che passiamo lungo il fiume, così arriviamo prima. 10


La partita

Paolo si fermò al centro della strada e disse con decisione: – Io non ci vengo. Il barbone della casa abbandonata potrebbe inseguirci e rubarci tutti i soldi. Fabrizio si mise a ridere. – A me non ruba niente di sicuro, ho le tasche talmente vuote... Luciana però non rise. Guardò Paolo con un lampo di collera negli occhi azzurri: – Se parli di Noè, ti sbagli di grosso – precisò, – quello non è un ladro. – E tu, saputa, che ne sai? Non fa nessun lavoro, se vuole mangiare deve rubare per forza – la rimbeccò Paolo inacidito. – Come sai che non fa nessun lavoro? “Ricominciano” pensò Fabrizio. “E adesso chi li frena? Ogni volta che si mettono a litigare tirano fuori un epiteto nuovo... Con quei riccioli biondi e quegli occhi azzurri Luciana sembra un angioletto, invece sa più parolacce degli ultrà”. – Per piacere, oggi non litigate – li supplicò, – mi rovinate tutta la festa. Luciana gli andò accanto. – Scusami – gli disse sorridendo, – ma non sopporto che la gente si metta a dir male di Noè... Neppure lo conoscono e dicono male di lui. – Perché, tu lo conosci? Come fai a sapere il suo nome? – domandò Fabrizio pieno d’interesse. – No, non lo so il suo nome – gli rispose Luciana. – Mia madre lo chiama Noè perché una volta è passata vicino alla casa abbandonata e ha visto tanti animali. Ogni volta che mio fratello piange perché vuole comperare un criceto, mamma si mette a cantare:

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Capitolo 2

Partirà, la nave partirà, dove arriverà? Questo non si sa. Sarà come l’Arca di Noè: il cane, il gatto, il criceto, io e te... ... Poi si arrabbia e si mette a strillare e dice che la nostra casa diventerà più puzzolente e sudicia dell’arca di Noè. – Io quel barbone l’ho visto per la prima volta dall’auto, quando ero piccola – proseguì Luciana. – Mamma mi ha raccontato che mi sono messa a strillare che doveva fermarsi perché c’era Babbo Natale. Infervorati nei loro discorsi, non si erano accorti che Paolo non li seguiva. Si voltarono e lo videro fermo nello stesso punto. – Noi ce ne andiamo! – gli gridò Luciana. – Tu puoi fare come ti pare. Puoi star fermo lì o prendere l’altra strada da solo. E prese a camminare impettita senza aspettarlo. Fabrizio la fermò dicendole sottovoce: – Luciana, aspetta! Non possiamo lasciarlo solo, è già tanto dispiaciuto perché oggi non ha potuto giocare... – Non me ne importa niente... Si deve fare sempre quel che vuole lui. Non ti sei accorto che è un prepotente? – gli rispose con forza voltandogli le spalle. – Smettila di litigare. È mio amico, non posso lasciarlo solo. Guarda, ti prometto che domani, che è sabato, verrò con te lungo il fiume, senza dire niente a Paolo, ma adesso andiamo con lui – la pregò Fabrizio.

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Capitolo

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Lo sport fa crescere se... Prima di far entrare in casa i suoi amici, Fabrizio si rac-

comandò: – Se c’è mia madre, non dite che ho giocato anch’io, mi raccomando, altrimenti non mi manderà più al campetto. È convinta che il gioco del calcio faccia venire le gambe storte e tozze. Quando guardiamo una partita alla televisione, lei non si interessa minimamente del gioco, sta solo a ripetere “Guarda le gambe del numero tre, ci può passare in mezzo un pastore tedesco”, oppure “Guarda quanto sono tozze e corte le gambe del numero cinque...” e non ci fa capire niente. Mi raccomando, dite che stiamo festeggiando la vittoria della squadra della nostra scuola. Salirono al secondo piano. Fabrizio suonò, ma in casa non c’era nessuno. Allora disse che andava a prendere la chiave nascosta in soffitta. – E se la ritrovano i ladri? – disse Paolo meravigliato. – Io avrei paura di tenerla lassù. – Ma tu hai paura di tutto – si intromise Luciana sempre agguerrita contro di lui. – Hai paura del barbone, hai paura dei ladri, hai paura anche di guardarti allo specchio... E scoppiò a ridere. – Quanto sei stupida! – rispose lui impermalito. – Anch’io ho paura dei ladri – cercò di conciliare Fabrizio, – ma la chiave sta in un posto così segreto che qualche volta non la ritrovo neppure io. Non mi venite dietro. Torno subito. Poco dopo furono in cucina. Aprirono il frigorifero, presero la Coca Cola e una torta 13


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coperta di cioccolato e misero sul tavolo bicchieri, piatti e tovagliolini di carta. – Peccato che non hai i cavallucci – disse Luciana. – Ma questa è più buona – mugugnò Paolo già con la bocca piena. – Peccato che non abbiamo una bottiglia di liquore da scolare. – Gli sportivi non bevono superalcolici, ma latte e succhi di frutta – precisò Fabrizio. – Impara, se vuoi diventare un calciatore di grido. – Sì, di urlo! – corresse Luciana. – Un urlo di spavento. Quando si rimbeccavano così, Fabrizio si sentiva sempre a disagio tra di loro. Quella sera, dopo che Fabrizio si era messo a letto, il padre andò a salutarlo e si fermò a parlare con lui come al solito. Accese l’abat-jour, spense la luce centrale e si sedette sul letto. Ma il ragazzo era tanto stanco e avrebbe voluto dormire. – Com’è andata la partita? – chiese il padre. – Papà, questa sera ho tanto sonno. Spegni l’abat-jour – rispose mezzo addormentato. – Comunque... abbiamo pareggiato per merito mio. – Come, per merito tuo?! Fabrizio riaprì gli occhi. – Papà, parla piano, non farti sentire dalla mamma, ti prego. Ho sostituito Paolo che era stato squalificato, perché aveva dato uno schiaffo al portiere. Ho fatto gol. Il primo gol della mia vita! – E perché non mi hai detto niente? – chiese il padre aggrottando la fronte. – Perché non mi hai detto che facevi parte anche tu della squadra? Non mi piacciono i sotterfugi e le bugie. – Ma non è un sotterfugio. Non ti ho detto niente perché non era una partita importante... Se ho giocato una volta, 14


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che male c’è? Chissà quando mi richiameranno. Papà, ma credi anche tu che mi verranno le gambe storte come dice la mamma? – Io credo ad altre storture molto più gravi – rispose il padre serio serio. Fabrizio, ormai completamente sveglio, si sedette sul letto e lo guardò con incredula meraviglia. – Quali storture, papà? – Ad esempio quella di perdere la testa perché la propria squadra non ha segnato, o perché l’arbitro non ha concesso un gol... E andare in giro a minacciare di spaccar la testa a quello o a quell’altro... E farlo, anche se si è una persona adulta, con tanto di moglie e di figli da educare... Ormai parlava senza chiedersi se il figlio lo seguiva oppure no. – Ma noi, papà, siamo ragazzini... – E già cominciate – l’interruppe il padre. – Mi hai detto che Paolo ha preso a schiaffi il portiere... – Ma io... – Vedi – l’interruppe il padre, – far parte di un gruppo calcistico spesso significa condividere lo stesso ardore, ma anche la stessa aggressività... Di questo ho paura. – ... Ma io non farò mai queste cose. – Lo spero. Tu sei un ragazzo sensibile e intelligente, cerca di non farti mai trascinare dal fanatismo di certi gruppi. – Fanatismo? – domandò Fabrizio con la speranza che il padre cambiasse argomento. – Fanatismo vuol dire intolleranza, rabbia. – Quelli spavaldi e prepotenti, papà, non mi piacciono proprio, specialmente quando insultano le persone. Io li disprezzo. – Perché, hanno insultato anche te? – chiese il padre con tono più pacato. 15


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– Sì – ammise Fabrizio un po’ rattristato. – Cosa ti dicevano? – Finché non abbiamo segnato il primo gol, ci gridavano in coro: “Leopardi, se ci sei, batti un colpo!” Il padre nascose la sua risata dietro il giornale che aveva in mano. – Ti è andata bene – continuò, – sanno dire anche di peggio. – Mi hanno detto anche tante parolacce – ammise Fabrizio un po’ riluttante. – Vedi!? Il calcio può esaltarti o sprofondarti all’inferno... Cresci ancora un po’ prima di far parte di una squadra. Dammi retta, per ora accontentati di guardare.

*** Fabrizio stentava a prender sonno con quella folla di pensieri e con il desiderio che arrivasse presto il mattino. “Chissà se Luciana riuscirà a stare zitta? Lungo il fiume dovrà fare piano se vuole vedere quegli uccellini verdazzurri che volano rasentando il greto” pensava rigirandosi tra le lenzuola. “Voglio mettere nello zainetto un secchiello... Se riuscirò a prendere qualche girino lo porterò all’insegnante di scienze, così mi loderà davanti a tutti e Carlo non mi guarderà più con quel sorrisetto di superiorità che lo rende tanto antipatico... E Luciana smetterà di andare in brodo di giuggiole per lui... Un giorno voglio portarla col mio canotto lungo il fiume, lontano lontano fino al mare”. Gli piaceva spesso abbandonarsi ai suoi pensieri, inseguire le sue fantasie, finché tutto non dileguava nel sonno. Ma ora era completamente sveglio e non riusciva a rilassarsi. 16


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“Stasera non c’è verso di dormire. Proverò a contare le pecore che camminano: uno... due... tre... cinquanta... cinquantuno... novantadue... novantatré... ma quante sono stasera!” L’ultima a svanire fu la centesima, ma alle sette della mattina era già sveglio e non vedeva l’ora di alzarsi. “Devo aspettare un’altra mezz’ora perché l’appuntamento con Luciana è alle nove. Chissà se lei dormirà ancora?” si domandò fra sé. – Rileggerò la storia – disse scendendo dal letto, ma come mise i piedi a terra inciampò sullo zainetto che aveva lasciato sullo scendiletto, si sbilanciò e diede una zuccata sull’armadio rimasto aperto. L’ordine era per lui più una pignoleria che una virtù. Ritornò subito sotto le coperte... Ma dopo un quarto d’ora era già in bagno. Si lavò. Uscì a piedi nudi e andò in soffitta a cercare in un vecchio armadio. Trovò un paio di jeans corti e sfrangiati. Dal sacco che la madre aveva preparato per la Caritas prese un paio di sandali di plastica trasparente che andavano bene per entrare nell’acqua del fiume e una maglietta a strisce bianche e nere della Juve. “Mamma non mi lascerebbe uscire così conciato. Per fortuna che il sabato mattina esce prima per andare al lavoro”. Si vestì in fretta. Preparò da solo la colazione e lasciò un biglietto sul tavolo. Vado al campetto con Luciana. Ritornerò prima delle due per fare i compiti di inglese. In fondo non era una bugia. Dopo essere stati lungo il fiume, sarebbero andati al campetto. 17


Capitolo 3

Arrivò in via Rinascita n. 5 alle otto e tre quarti. Luciana gli aveva detto di non suonare il campanello, ma di aspettarlo accanto al garage, sotto la finestra della sua camera che stava al primo piano. Si sedette su un vaso di fiori rovesciato e tenne d’occhio l’orologio e la finestra. La serranda era chiusa a metà, ma da lì non si vedeva proprio niente. Alle nove si alzò in piedi spazientito e incominciò a passeggiare avanti e indietro. “Chissà se si sarà svegliata? Le femmine ci impiegano tanto tempo a prepararsi... Mia madre ogni volta che dobbiamo uscire, ci fa aspettare un’ora... Adesso le faccio qualche segnale, così si sbriga” pensò. Vide appoggiata al garage una lunga canna. Si accostò al muro, mise un fazzoletto bianco in cima alla canna e incominciò a manovrarla in su ed in giù, strisciando sui vetri. Dopo pochi minuti la finestra si aprì. Una signora anziana con grossi bigodini in testa gli gridò: – Ohé! Vù cumprà, va via. I vetri ce li puliamo da soli, capito? Rimetti a posto la canna e vai a lavare i vetri delle macchine al semaforo. Luciana era già in giardino, nascosta dietro un albero, che rideva senza voce.

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Un tipo poco raccomandabile

Indice 1 Chiacchiere serali ................................................................................. 5 2 La partita....................................................................................................... 9 3 Lo sport fa crescere se... .................................................................. 13 4 In perlustrazione ................................................................................... 19 5 L’incontro ..................................................................................................... 27 6 Un segreto particolare ...................................................................... 35 7 La parete dipinta ................................................................................... 41 8 Barboni non si nasce ......................................................................... 47 9 Un tifoso non sfegatato .................................................................... 53 10 Il veleno ......................................................................................................... 60 11 Bugie, bugie ............................................................................................... 68 12 Una stravagante lezione .................................................................. 73 13 Un amico ritrovato .............................................................................. 80 14 Spiegazione in famiglia ................................................................... 83 15 Una storia dolorosa ............................................................................. 87 16 La verità ........................................................................................................ 92 17 Tutti da Noè ............................................................................................... 98 18 Una nuova vita ........................................................................................ 103 19 L’invito a cena .......................................................................................... 105 Approfondimenti ............................................................................................... 111


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