AGENDA SCOLASTICA
20 25 - 20 26
Dedicata a Hans Christian Andersen (1805-1875)
IL PADRE DELLA FIABA MODERNA
Hans Christian Andersen è considerato uno dei più grandi scrittori di fiabe della letteratura mondiale e, cosa abbastanza rara, il suo nome godeva già di grande fama fin da quando era ancora in vita: Copenaghen, la sua città, come regalo di compleanno, gli aveva addirittura dedicato un monumento.
Una celebrità pienamente meritata se pensiamo alla diffusione internazionale delle sue opere.
Chi infatti non conosce Il brutto anatroccolo
La piccola fiammiferaia, La principessa sul pisello o La sirenetta? Si tratta di opere tradotte in oltre 150 lingue e trasposte in innumerevoli versioni cinematografi che, cartoni animati, rappresentazioni teatrali in tanti Paesi del mondo.
Le fiabe di Andersen sono tenute in grande considerazione nella produzione Raffaello: pubblicate nelle collane “Lo specchio di Alice”, “Fiabe Piccine” e - in un testo dedicato monografico - ne “Il Mulino a Vento”, i libri Raffaello rendono i suoi grandi classici accessibili anche ai più piccoli, grazie a illustrazioni mirate e ad un linguaggio fresco e attuale.
Tuttavia, se ci addentriamo più profondamente nella biografia e nella sua ricchissima produzione artistica, scopriamo che Hans C. Andersen si è cimentato in altre e molteplici forme d’arte: ha scritto raccolte in versi, romanzi, biografie, racconti di viaggio, testi per il teatro e scenografie. Eppure il vero successo, quello che lo ha reso immortale, lo ha raggiunto come scrittore di fiabe.
La sua fama risulta così, troppo spesso e ingiustamente, limitata a un Andersen scrittore per bambini e bambine. In realtà le sue fiabe sono anche per adulti o, meglio ancora, per adulti che accompagnano i più piccoli nell’interpretazione dei testi. Il contenuto originale di alcuni di questi, tra l’altro, spaventerebbe non poco i ragazzini. Basti pensare a Le Scarpette Rosse nella quale alla bambina protagonista vengono tagliati i piedi, alla Sirenetta tradita nel suo sogno d’amore e destinata a dissolversi in schiuma di mare oppure alla Piccola fiammiferaia che muore da sola per il freddo e la fame sul marciapiede della città.
Già da questo comprendiamo che Andersen ha introdotto nel genere fiabesco, molto diffuso nell’800, caratteristiche nuove che hanno in qualche modo rivoluzionato la definizione e la percezione stessa di questa forma letteraria.
Se consideriamo il corpus delle sue produzioni, vediamo intanto che egli ha sì attinto alla tradizione popolare, ma in misura assai modesta. Infatti, su 176 testi scritti tra il 1835 e il 1872, le fiabe popolari, secondo gli studi di Bruno Berni, sono soltanto 8 o 9. Proseguendo nell’analisi dell’originalità di Hans C. Andersen c’è da dire che nei suoi scritti fiabeschi mancano proprio alcuni degli elementi tipici della fiaba: non compare l’inizio con C’era una volta e spesso non troviamo neppure il lieto fine, sublimato in un’ascesa spirituale verso l’aldilà che ci attende dopo la morte.
Dunque le “fiabe” anderseniane differiscono profondamente da quelle tradizionali poiché riescono a coniugare gli elementi del fantastico con note di vita reale e aprono alla possibilità di una introspezione psicologica per affrontare temi universali come la diversità, l’abbandono, la solitudine, il sogno, la delusione, l’illusione, la morte e la tristezza.
Emozioni e sentimenti che Andersen conosceva bene e che trovano origine e spiegazione nel percorso esistenziale, difficile e tormentato, di un uomo segnato da delusioni profonde intrecciate a una vita davvero simile alla trama di una fiaba, come sostiene egli stesso nella sua autobiografia La fiaba della mia vita.
Infatti egli era nato nel 1805 nei quartieri poveri della città di Odense, sull’isola di Fyn, in Danimarca. La famiglia viveva in condizioni di estrema miseria, il padre Hans faceva il calzolaio ma adorava leggere e nutriva la fantasia del figlio leggendogli con entusiasmo storie e fiabe tratte da grandi classici come Le mille e una notte.
Il padre morì quando Hans Christian aveva solo 11 anni. Anche la madre, Anne Marie Andersdatter, incoraggiava le doti creative del figlio ma, costretta a fare la lavandaia per vivere, ben presto divenne alcolista e finì la sua vita in un ospizio.
Fu solo più tardi, quando all’età di 14 anni, inseguendo il sogno di diventare cantante, attore e ballerino, si trasferì a Copenaghen, che Andersen poté iniziare un regolare corso di studi, grazie anche all’aiuto di Jonas Collin, influente personaggio pubblico dell’epoca. Anche in quel periodo incontrò comunque tante amarezze: a scuola, in mezzo a ragazzi più piccoli di lui, veniva deriso per il suo aspetto fisico, per il naso lungo e il tono di voce. Anche la sua vita sentimentale scorreva nella disperata ricerca di amore, tra relazioni mancate, desideri non corrisposti e una fluidità sessuale che lo porta a innamorarsi di uomini e donne che non ricambieranno mai i suoi sentimenti.
E qui incontriamo, a parer mio, il nucleo fondante della voce letteraria di Andersen, nella dolorosa storia di un ragazzo sognatore e introverso, che non si ritrova nelle leggi crudeli del mondo adulto, ma mantiene la freschezza e la dolcezza dello sguardo di un bambino e conserva in sé il sogno dell’infanzia come unica felicità possibile.
Patrizia Ceccarelli
IL VALORE DELLE IMMAGINI
Parlando di fiaba, pensiamo subito a libri illustrati, ricchi di immagini e di colori, ma ci siamo mai soffermati a riflettere sul loro valore?
Le immagini, se ben pensate nella forma, nei colori, negli spazi e nelle dimensioni, possono aiutare chi legge a comprendere un testo, un brano, un racconto, e promuovono l’immaginazione, il “volare con la fantasia” e il ricordare.
Il bambino, la bambina, la ragazza, il ragazzo, l’adulto, soprattutto quando il testo è complesso, possono essere supportati da un’immagine, che li possono aiutare in diversi modi.
Se osservata prima di leggere, può essere utile per entrare nel contesto, per immaginare l’argomento trattato, i contenuti, i personaggi, i luoghi e pertanto un’immagine giusta può motivare all’apprendimento di nuove conoscenze, incuriosire, stimolare la fantasia e la creatività.
Se osservate durante o dopo aver ascoltato o letto la fiaba, il racconto, le immagini possono arricchire il mondo descritto dando forma ai personaggi narrati e agli ambienti.
Se le immagini utilizzate sono accattivanti rendono la lettura più coinvolgente, facilitano l’apprendimento aiutando a riconoscere parole, espressioni ed emozioni, pertanto risultano molto inclusive sia perché sfruttando il canale visivo facilitano in diversi modi gli apprendimenti sia perché ciascuna persona può personalizzarne la percezione in base alle esperienze già vissute.
Infine, ma non meno importante, le illustrazioni hanno un valore artistico. Possono aiutare chi legge a cogliere il colore, il tratto, le diverse tecniche utilizzate e a immergersi nella storia. Non sono dunque solo elementi decorativi, ma possono arricchire la lettura con un valore culturale.
Le immagini possono migliorare anche la memoria sfruttando i meccanismi cognitivi legati alla visualizzazione, alla socializzazione e all’emozione, in quanto il nostro cervello elabora le immagini più velocemente di come elabora un testo, inoltre le informazioni visive rimangono impresse più a lungo rispetto a quelle verbali. Ancora le immagini aiutano a collegare le nuove informazioni a conoscenze già note, facilitandone così il ricordo.
Non dimentichiamo che con l’ausilio delle immagini possiamo anche introdurre tematiche importanti come la morte, la diversità, la parità di genere, l’amore, l’amicizia e molte altre, e dare spunti di riflessione ai bambini e ai ragazzi perché possano, attraverso il disegno, esprimere sentimenti, idee, conoscenze, ossia possano utilizzare le immagini per comunicare il loro vissuto.
LE F IABE DI ANDERSEN: UN PONT E T RA FANTASIE E REALTÀ
Le fiabe di Hans Christian Andersen sono state scritte nell’800, ma in modo sorprendente riescono ancora a parlare al mondo attuale. Molte delle sue storie, anche se sembrano semplici fiabe per bambini, hanno significati profondi, toccano temi universali che oggi sono più attuali che mai.
Le fiabe di Andersen, con le loro immagini vivide e i messaggi profondi, sono strumenti ideali per sviluppare il pensiero critico. Ogni simbolo, come la sirenetta muta, l’anatroccolo escluso, l’imperatore nudo, cela questioni morali, sociali e psicologiche che possono diventare un invito, un’occasione per alunni e alunne a porsi domande e a confrontarsi con i pari su diversi punti di vista.
L’insegnante, ogni mese, attraverso una frase dell’autore e un’immagine che rappresenta la fiaba, può introdurre il tema suggerito per avvicinare e approfondire tematiche importanti quali la diversità, la parità di genere, la morte, il bullismo e altre ancora. Sarà l’insegnante ad attivare confronti, dibattiti, proporre attività di scrittura creativa, avviare discussioni etiche, collegare tematiche relative all’Educazione civica, come ad esempio quella su diritti e doveri.
Le stesse fiabe possono essere lette, drammatizzate, illustrate, collegate a film o notizie attuali, utilizzate come spunto per introdurre argomenti di storia, filosofia e arte.
La vita di per sé è la favola più fantastica.
Hans Christian Andersen