Lo scrigno delle farfalle

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Il libro è dotato di approfondimenti online su www.raffaellodigitale.it

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Cinzia Capitanio vive a Vicenza. È laureata e insegna da molti anni nella scuola primaria. Adora leggere e raccontare storie perché i libri sono un mezzo meraviglioso per viaggiare con la fantasia, sognare, ridere e pensare.

Cinzia Capitanio

Un racconto per scoprire il valore della corretta alimentazione e il funzionamento del corpo umano, ma anche per affrontare tematiche relative alla crescita, tra cui l’accettazione di sé e degli altri, la scoperta delle proprie emozioni e dell’universo affettivo.

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Questo volume sprovvisto del talloncino a fronte è da considerarsi copia di SAGGIO-CAMPIONE,­GRATUITO, fuori commercio. Esente da I.V.A. (D.P.R. 26-10-1972, n° 633, art. 2 lett. d).

“Bene Giulio, tu dovrai approfondire l’importanza dell’alimentazione per il benessere del corpo umano!“ esclama una mattina la maestra. L’alimentazione? Proprio a lui? Giulio odia sentir parlare di quello che si deve o non si deve mangiare! Odia la verdura, la frutta e tutte le cose considerate “cibo genuino”. Ama la cioccolata, le torte piene di crema, le caramelle, il gelato, le patatine fritte, le bibite gassate… Non vuole saperne di sana alimentazione! E se poi la ricerca deve farla con Ji, una coetanea cinese, e con il misterioso nonno Chan… la faccenda si complica davvero!

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Cinzia Capitanio

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Lo scrigno delle farfalle Il cibo sano nutre il corpo e fa volare le idee



IL MULINO A VENTO

IL MULINO A VENTO Per volare con la fantasia

IL MULINO A VENTO

IL MULINO A VENTO Collana di narrativa per ragazzi

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Editor: Paola Valente Redazione: Emanuele Ramini Approfondimenti e schede didattiche: Cinzia Capitanio e Paola Valente Ufficio stampa: Salvatore Passaretta Team grafico: Claudio Ciarmatori 1a Edizione 2015 Ristampa 7 6 5 4 3 2 1

2022 2021 2020 2019 2018 2017 2016

Tutti i diritti sono riservati © 2015 Raffaello Libri Srl Via dell’Industria, 21 60037 - Monte San Vito (AN) www.raffaelloeditrice.it www.grupporaffaello.it e-mail: info@ilmulinoavento.it http://www.ilmulinoavento.it Printed in Italy

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È assolutamente vietata la riproduzione totale o parziale di ­questo libro senza il permesso scritto dei titolari del copyright.


Cinzia Capitanio

Lo scrigno delle farfalle Il cibo sano nutre il corpo e fa volare le idee

Illustrazioni di

Marga Biazzi


Per Nicola, Gabriele, Giovanni e per tutti i bambini del mondo: non dimenticate mai di essere scrigni preziosi di idee, sentimenti, sogni e speranze.


Gita scolastica Una carezza morbida sul viso gli fece cambiare po-

sizione sul cuscino. Un tocco umido sulla guancia lo indusse ad aprire un occhio. Il solletico prodotto dalle vibrisse che gli entrarono nel naso lo costrinsero a svegliarsi. – Tigre, lasciami dormire ancora un pochino – brontolò avvolto dalla nebbia del sonno. Il gatto non si lasciò intimorire e continuò a strusciarsi sul viso di Giulio finché il ragazzino non reagì accarezzandogli il pelo. Per tutta risposta si sentì un sordo brontolio perché il micione amava tantissimo le coccole e non mancava mai di fare le fusa per ringraziare. – Dai, ora scendi dal letto. Lo sai che la mamma non vuole vederti tra le lenzuola! – gli disse Giulio spingendolo con delicatezza. Scostò le coperte, si alzò stiracchiandosi con indolenza. Se avesse potuto, sarebbe rimasto a letto tutto il giorno ma, purtroppo, doveva andare a scuola… Un pensiero gli balenò in testa come una saetta.

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Quella non era una giornata qualunque: doveva fare una gita con la maestra e i compagni! Uscì dalla camera correndo. Andò in bagno per lavarsi il viso in tutta fretta. Si guardò appena sulla superficie appannata dello specchio. Non amava vedere la propria immagine riflessa. Del suo viso non gli piaceva niente. Appena si osservava, notava solo le guance rotonde e tempestate di lentiggini, il naso a patata e i capelli rossi irti sulla testa come se avesse sempre paura di qualcosa. Sembravano il pelo di Tigre quando si spaventava! Tornò in camera per infilare in fretta dei vestiti e si diresse a passo sicuro in cucina. – Ciao mamma – disse schioccandole un bacio sulla guancia. La madre restituì il suo gesto di affetto poi, stupita, gli chiese: – Sei già pronto? Di norma le discussioni al mattino erano tante. Giulio riusciva ad essere lentissimo nel prepararsi e la mamma doveva sgolarsi con decine di richiami prima che lui fosse pronto per andare a scuola. Quel mattino, però, le cose erano partite in modo diverso. – Oggi vado al Museo delle Scienze! Devo essere a scuola in orario altrimenti il pulmino scolastico partirà senza di me!

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Senza attendere neppure un secondo, si infilò nello sgabuzzino e ne uscì indossando le scarpe da ginnastica. – Cosa stai facendo? Non hai ancora fatto colazione! – commentò la mamma di fronte a tutta questa fretta. – Non ho tempo, devo andare. – La colazione è importante, lo sai. Arriverai sicuramente in orario a scuola. Siediti e mangia qualcosa – incalzò Carla sperando, senza fortuna, di rallentare il figlio che sembrava una scheggia impazzita. Giulio le sorrise e, mentre infilava nello zainetto tre succhi di frutta, due brioche confezionate e tre pagnotte di pane al latte, si limitò a risponderle: – Credo di avere abbastanza grasso nel corpo. Potrei andare in letargo come gli orsi! In ogni caso… ecco… ho fatto rifornimento. Non ci fu il tempo per altri discorsi. Il ragazzo indossò il giubbetto faticando un bel po’ a chiudere la cerniera. Trattenne il fiato, spinse indietro la pancia e finalmente la lampo si chiuse. – Ma è presto… dove vai così di fretta… – brontolò la mamma seguendolo sulla soglia di casa. Giulio stava già scendendo le scale. Si girò per salutarla con un sorriso e poi scomparve saltellando sui gradini. Carla rimase qualche minuto sul pianerottolo. La coda di Tigre le accarezzava le gambe. Il suo miagolio la distolse dai suoi pensieri:

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– Hai fame vero? Tu non hai nessuna intenzione di rinunciare alla colazione! Vieni, andiamo dentro. Lungo il breve tratto di strada che percorreva ogni mattina per raggiungere la scuola, Giulio faticò a non correre. Non voleva arrivare con il fiatone perché ciò avrebbe dato inizio ai commenti crudeli di Rocco. Non c’era giorno in cui non lo prendesse in giro. All’inizio Giulio aveva pensato che si trattasse solo di una fase iniziale ma, purtroppo, si era sbagliato. Quando aveva cominciato a frequentare la quinta in quella scuola elementare, tutti si conoscevano e per lui non era stato facile. Prima viveva in un’altra città e aveva tanti amici, adesso invece… le cose erano cambiate. Lui lo aveva detto subito ai suoi genitori che quel trasferimento sarebbe stato un disastro. Loro però non avevano voluto sentire ragioni. Michele, suo padre, aveva dovuto accettare una proposta di lavoro in quella città e così tutta la famiglia si era trasferita. Giulio aveva cambiato regione, città, casa, scuola, insegnanti… ma soprattutto aveva perso gli amici. La sua timidezza non lo aveva aiutato. Stare in disparte e non avere la risposta pronta lo avevano reso un facile bersaglio per gli scherzi e le battute crudeli di Rocco, un suo compagno di classe. I capelli rosso–fuoco di Giulio e il suo fisico piuttosto robusto erano stati subito l’oggetto principale delle burle. Quel giorno però non voleva pensarci.

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Aspettava da un mese questa uscita didattica al Museo delle Scienze. Avrebbero visitato una mostra interna chiamata Brain – cervello. La maestra aveva spiegato che, seguendo un percorso guidato, avrebbero avuto modo di scoprire le potenzialità del cervello attraverso giochi e attività interattive. Giulio era davvero molto curioso di provare questa nuova esperienza. Accelerò un pochino il passo assaporando la leggerezza che l’aria tiepida primaverile gli trasmetteva. Perfino in quella grande città la primavera riusciva ad insinuarsi fra i tubi di scappamento delle automobili portando una brezza carica del profumo dei fiori.

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Brain–cervello Sopportare Rocco e il gruppetto di suoi seguaci,

durante il breve viaggio in pulmino, non fu facile. Molto abili nel non farsi sentire dalla maestra, si prodigarono in ogni genere di “gentilezza”: – Ehi! Pesce Palla! Cosa ci vieni a fare con noi? Speri forse di trovare il tuo cervello perduto? Non preoccuparti, non hai speranze… non esistono cervelli per i pesci palla! Ogni frase era seguita dalle stupide risate del gruppetto che considerava Rocco come un leader. Gli altri compagni se ne stavano alla larga. Non difendevano mai Giulio perché, tutto sommato, faceva comodo che fosse lui il bersaglio di scherzi e offese. Da quando era arrivato, infatti, nessuno si era più occupato delle orecchie a sventola di Luisa o degli occhi a mandorla di Ji. A nessuno era più interessato il naso largo di Geremia o la balbuzie di Luca. Rocco si era concentrato solo su Giulio, il nuovo arrivato, che era diventato il suo unico bersaglio. Quando finalmente il pulmino li portò a destinazione, il ragazzo scese in fretta e si “incollò” alla maestra.

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Era l’unico scudo che aveva per ripararsi dalle frecciate dei bulli. La visita alla mostra superò ogni aspettativa. Giulio non si accorse nemmeno dello scorrere del tempo. Sperimentò tutte le attività interattive presenti nello spazio espositivo. Seguì un percorso per comprendere il funzionamento e le abilità del cervello… si divertì moltissimo. Scoprì, per esempio, quali differenze c’erano fra il cervello umano e quello di una scimmia o di una lucertola. Sorrise fra sé pensando che forse le attività celebrali di Rocco erano più simili a quelle del rettile. Si entusiasmò quando comprese come nel cervello siano presenti aree specifiche dedicate all’udito, all’olfatto, al gusto, alla vista e al tatto. Giocò a costruire un puzzle visivo, formato da colori, angoli, figure, per creare l’immagine di un dipinto. Ascoltò con attenzione degli indovinelli basati sull’udito. Insomma, scoprì che si poteva imparare divertendosi! Evitò la compagnia degli altri per tutto il tempo finché non finì in uno spazio dedicato all’attività di gruppo. Neanche a farlo apposta, nella sua squadra c’era Rocco. Furono disposti intorno a quello che sembrava un grande tavolo. In realtà si trattava di uno schermo interattivo dove si muovevano tante sfere luminose. Ciascuno di loro doveva cercare di “catturarne” una,

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appoggiando la mano sulla superficie, e condurla verso altre cellule celebrali per creare dei collegamenti. La simulazione aveva lo scopo di far comprendere il meccanismo neuroni–sinapsi ma si trasformò, in breve tempo, in una specie di battaglia dove Rocco cercava di interrompere i collegamenti creati dai compagni. Questa volta, però, ebbe la peggio perché uno dei responsabili della mostra lo allontanò dal gioco e lo costrinse a stare seduto in un angolo della sala. Durante il viaggio di ritorno Giulio si sentiva elettrizzato. Quello che aveva scoperto sul cervello gli aveva fatto venir voglia di scoprire altro e di imparare ancora. Quando in classe la maestra propose di fare una ricerca sul corpo umano, per la prima volta, provò un lampo di gioia che però si spense dopo qualche minuto. Per suddividere gli argomenti l’insegnante sorteggiò a caso dei bigliettini da un barattolo. Giulio chiuse gli occhi quando fu il suo turno. Sperava di sentirsi dire che avrebbe fatto una ricerca sul cervello ma la maestra esclamò: – Bene Giulio, tu dovrai approfondire l’importanza dell’alimentazione per il benessere del corpo umano! Lavorerai in coppia con Ji visto che abitate nello stesso condominio. Mi raccomando ragazzi non voglio che scopiazziate dai libri o da siti internet, le vostre ricer-

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che dovranno essere molto personalizzate e avere… un tocco di fantasia! La luce dell’entusiasmo si spense in un baleno. L’alimentazione? Proprio a lui? Odiava sentir parlare di quello che si doveva o non si doveva mangiare! Odiava la verdura, la frutta e tutte le cose considerate “cibo genuino”. Amava la cioccolata, le torte piene di crema, il gelato, le patatine fritte, le bibite gassate… Non voleva saperne di sana alimentazione!


Fare una ricerca con Ji oltretutto! Ma se non la conosceva neppure! Da quando era arrivato si erano a malapena salutati. Alla fine delle lezioni, nel breve tragitto fra l’aula e il cortile, mentre erano in fila per uscire, Rocco non perse l’occasione per sussurrargli all’orecchio: – Pesce Palla che bella ricerca ti è capitata! Chissà, forse adesso imparerai a vederti per quello che sei: un orribile grassone! A lui, ovviamente, il destino aveva assegnato una ricerca sull’importanza dello sport per lo sviluppo e la crescita del corpo. Inutile a dirsi che Rocco era uno sportivo senza eguali: praticava calcio e nuoto ad ottimi livelli, era competitivo e vinceva quasi sempre… un fenomeno, insomma! Che disastro! Quel mattino Tigre non avrebbe dovuto svegliarlo. Adesso Giulio sarebbe stato ancora sotto le coperte a godersi il calduccio e il riposo. Se fosse rimasto a casa, forse quella terribile ricerca sarebbe capitata a qualcun altro!

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Ji Nei giorni seguenti Giulio si tenne alla larga da Ji e

cercò di non pensare alla ricerca di scienze. Non aveva un bel rapporto con le femmine e l’idea di lavorare con la compagna non lo divertiva affatto. La maestra aveva lasciato due settimane di tempo per eseguire il compito e il ragazzo sapeva che, prima o poi, avrebbe dovuto cominciarlo. Fu Ji a rompere il ghiaccio per prima avvicinandosi a Giulio durante il percorso verso casa. – Dobbiamo fare la ricerca – fu il semplice commento della ragazzina. – Lo so! – le ripose in modo brusco Giulio. Di solito non era scortese con gli altri ma questa storia del compito di scienze lo aveva davvero infastidito. Se a ciò poi si aggiungevano le battute sciocche di Rocco, il suo nervosismo era comprensibile. – Se vuoi, puoi venire a casa mia oggi pomeriggio, così cominciamo a fare qualcosa – propose lei senza badare alle maniere scortesi del compagno. – Prima o poi dovremo cominciare questa tortura perciò d’accordo, passerò da te verso le quindici.

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– Abito al primo piano… – aggiunse lei. – Ok – grugnì Giulio allungando il passo per allontanarsi da Ji e dalla sensazione di non essere stato per niente gentile. Da qualche parte aveva letto che i cinesi ci tengono molto alla puntualità, perciò si presentò alla porta di Ji alle quindici in punto. La compagna gli aprì sorridendo, lo fece entrare e lo invitò a togliersi le scarpe. “Cavolo! Cominciamo bene!” pensò tra sé e sé Giulio sentendosi subito in imbarazzo. Quel mattino aveva indossato un paio di calzini bucati sulla punta dell’alluce. Per la fretta e la pigrizia non li aveva cambiati e adesso avrebbe fatto una figuraccia. Tolse le scarpe e tirò la calza in modo che il buco si notasse meno. Aveva il viso in fiamme. Ji sembrò non accorgersene e lo accompagnò in salotto. Era un ambiente un po’ strano. C’era una mescolanza fra mobili moderni e oggetti cinesi. Sul pavimento troneggiava un grande tappeto orientale. Alle pareti si vedevano stampe con paesaggi della Cina. Qua e là, lungo i muri, pendevano strisce con caratteri cinesi. Sopra al tavolo e sulla credenza moderni erano stati riposti vasi di varie dimensioni e oggetti che a Giulio sembrarono strani.

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– Ti presento Ling Chan, mio nonno – disse Ji interrompendo l’osservazione incuriosita dell’ambiente. – Nonno Chan, questo è Giulio. Il ragazzo afferrò la mano dell’anziano sentendosi stringere le dita per un tempo che gli parve interminabile. L’uomo non parlò e si limitò a chinare leggermente il capo in avanti. – Bel nome! – commentò Giulio sentendosi un po’ imbarazzato. Sorridendo Ji gli spiegò: – In Cina i nomi hanno sempre un significato. Chan significa “veritiero” cioè che dice la verità. Bello vero? Anche il mio nome ha un significato. Ji vuol dire “felicità”. Il nonno si avvicinò al ragazzo e, guardandolo fisso negli occhi, lo prese per i polsi. Giulio si sentì avvampare. Cosa voleva fargli? Gli occhi di nonno Chan erano stretti in piccole fessure ma si percepiva la forza di quello sguardo indagatore al quale si accompagnava la stretta dei polsi. Quando liberò il ragazzo, rivolse qualche parola in cinese alla nipote. – Cosa dice? – chiese Giulio piuttosto agitato. – È mandarino – gli rispose Ji sorridendo. – Mandarino? Cosa c’entra il mandarino adesso?

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Perché mi ha stretto le braccia in questo modo? Il volto di Ji si allargò in un sorriso dolce. Capiva i pensieri che stavano attraversando la testa di Giulio. Il nonno faceva spesso una strana impressione a chi non lo conosceva. Mentre l’uomo abbandonava la stanza con piccoli passi silenziosi, la ragazza spiegò: – Il mandarino è la lingua nazionale cinese. Mi dispiace che il nonno ti abbia spaventato. È più forte di lui comportarsi così. L’osservazione degli occhi e la palpazione del polso sono tecniche della medicina cinese… – Vuoi dire che tuo nonno è un dottore? – Sì è… La risposta di Ji fu interrotta dall’ingresso del nonno che sorreggeva un pesante vassoio dove danzavano vibrando tre tazze e una grossa teiera. – Il nonno vuole offriti del the – gli spiegò Ji aiutando l’anziano a riporre tutto sul tavolo. – Non è che per caso hai un succo di frutta? – chiese sfacciatamente Giulio che di usanze cinesi non sapeva molto. Lo sguardo severo che gli rivolse nonno Chan, gli fece intuire di aver posto la domanda sbagliata. Si sedette e rimase in religioso silenzio durante quello che gli apparve, fin dall’inizio, una specie di rito. L’acqua calda, filtrando tra le foglie di the, venne fatta passare più volte dalla teiera alle tazzine con un proce-

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dimento che durò a lungo. Quando il the fu finalmente pronto Giulio lo bevve con calma perché era bollente e si era già scottato la lingua. Aveva un gusto strano ma era buono. Quando ebbero finito il nonno parlò ancora a Ji in mandarino. Lei, rivolgendosi all’amico, disse: – Il nonno dice che potremmo cominciare domani la ricerca. In biblioteca ci sono molti libri interessanti. Ci accompagnerà lui. – Ok – non poté far altro che rispondere Giulio alzandosi dalla sedia. Aveva una certa fretta di lasciare quella strana casa. Il suo appartamento si trovava solo due piani più in alto ma gli sembrava che la distanza fra loro fosse quasi incolmabile. Raggiunse le scarpe e, infilandole, si accorse che l’alluce aveva riconquistato l’aria aperta. Questa volta Ji se n’era accorta perché lo guardava ridendo. Per un attimo gli sembrò che anche nonno Chan avesse abbandonato il suo sguardo severo e composto per lasciare spazio ad un sorriso.

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In biblioteca Il giorno seguente alle quindici in punto Giulio si ri-

trovò nuovamente nel pianerottolo di fronte alla porta di Ji. Non aveva nessuna voglia di entrare perciò se ne rimase lì ad aspettare: prima o poi sarebbe pur uscita! La mamma non aveva avuto da ridire su quel pomeriggio fuori casa. La biblioteca era vicina e non sarebbero stati soli. Il tempo sembrava non passare mai. Giulio spostò il peso del corpo da un piede all’altro seguendo una specie di ritmo interiore. Sbuffò e sbadigliò: che noia! Finalmente la porta dell’appartamento di Ji si aprì. La ragazzina gli sorrise e lo salutò. Si avviarono lungo le scale correndo per fermarsi solo nel marciapiede sul quale si affacciava il grande condominio. – Tuo nonno non viene? – le chiese Giulio. – Sì, sta arrivando. Ci accompagnerà in biblioteca e verrà a riprenderci tra due ore. – Bene! – esclamò il ragazzo senza riuscire a nascondere l’entusiasmo. Era felice che nonno Chan non restasse con loro perché lo faceva sentire a disagio. – È andato a prendere la macchina? – chiese allora incuriosito.

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