Lui e il figlio stanno compiendo un viaggio in Italia. Sono soli, la madre e la sorella di Wolfgang sono rimaste a Salisburgo. Leopold entra nella locanda a prendere accordi per il pranzo. Nel frattempo Wolfy si stiracchia guardandosi intorno e si gratta soprappensiero la testa senza parrucca (quei capelli fini e biondi riuniti in un codino sono i suoi, li riconosco). Figuriamoci se riesce a stare fermo e composto, a quell’età! La polvere della strada ricopre tutto come un velo di zucchero sul ciambellone. Wolfgang accenna a una corsetta, tanto per sgranchirsi, poi tamburella con le dita sulla superficie della carrozza, alla fine il padre lo chiama: il pranzo è in tavola. Cosa avranno mangiato, in quella dimenticata locanda? Devo domandarglielo, la prossima volta che lo vedo. Sempre che lo incontri di nuovo in sogno. E a proposito, come si chiamava la locanda e dove si trovava? Consulto la biografia, ma non c’è scritto. No, un momento, vedo una piccolissima nota a piè di pagina che dice: “I Mozart si fermarono nell’osteria Agnello alla griglia, nel centro della ridente cittadina di Spoleto”. E il cuore mi dà un balzo. Cosa ha detto il cliente con il neo sulla guancia? Anche lui parlava di un’osteria, Vitello e triglia. E se avessi sentito male? Se avesse parlato dell’Agnello alla griglia? Con la testa che mi gira, sto per uscire dalla libreria, quando Rino mi ferma. 26